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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano

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IPSE DIXIT E poi credono a ciò che leggono - «Come è governato il mondo e come cominciano le guerre? I diplomatici raccontano bugie ai giornalisti e poi credono a ciò che leggono». – Karl Kraus Ordinalità - «Non so con quali armi verrà combattuta la Terza guerra mondiale, ma la Quarta sarà combattuta con i bastoni e le pietre.». – Albert Einstein

1 Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24). L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

EDITORIALE

La Politica dopo l’antipolitica? Alcuni esperti di cose geo-politiche sostengono che la costituzione degli Stati Uniti d'Europa stia e cada con la costruzione di un esercito comune. Può darsi, purché qui s'intenda un Esercito del lavoro, come lo chiamerebbe Ernesto Rossi: un servizio civile universale capace di unire i Paesi europei in un nuovo “Erasmus” rivolto a tutti i giovani del nostro continente e finalizzato ad affrontare i problemi sociali e ambientali che ci attanagliano. di Andrea Ermano «Siamo come i passeggeri di un aereo quando scoprono che la cabina di pilotaggio è vuota e che la voce rassicurante del capitano era solo la


ripetizione di un messaggio registrato molto tempo prima». Così Zygmunt Bauman in una celebre diagnosi sulla conditio humana nell'età globale.

Zygmunt Bauman al Festival di filosofia di Modena (2014)

Ognun vede quanto la nostra contemporaneità risulti sgovernata e, in effetti, il problema più grande – "come Europa" e "come umanità" – è dato proprio dall'incapacità di pilotare il velivolo planetario: non sufficientemente abili da riuscire a guidarlo, ma numerosi e conflittuali quanto basta per provocarne, prima o poi, la caduta a precipizio. È questa la questione delle questioni: una questione eminentemente politica che riemerge con prepotenza dopo un trentennio di deregulation. Frattanto, la catastrofe è avanzata e avanza, parafrasando Renan, come un plebiscito che si rinnova ogni giorno, nelle narrazioni degli opinionisti, nei sacri furori dei profeti, nei salti di qualità degli ideologi, nelle strategie seduttive di lobbisti e "creativi", negli autoinganni di tutti noi. Non che la Politica non vada ripensata. E la prima cosa da fare qui sarebbe superare l'idea che essa possa definirsi come il luogo della decisione sovrana "circa lo stato d'eccezione". Quest’idea di Carl Schmitt ci pare un folle errore, un prodotto di pazzia estrema. Lo stato d'eccezione globale avanza, come vediamo, senz'alcun bisogno di "decisioni" da parte di nessuno. Avanza sul piano inclinato dei nostri ciechi oggidì occidentali, sempre più normalizzati, sempre più sgangherati. E ognun comprende che, giunti al punto in cui siamo, sarebbe oltremodo rischioso ritenere evitabile la catastrofe in forza di una decisione sovrana, divenuta potere che… accelera. E allora l'unica Politica rimastaci – rimastaci, beninteso, non già come un "dato" acquisito, ma solamente come un "compito" possibile – consiste nel tentare di trasformare la nostra normalità in qualcosa di meno distruttivo. Il che può essere fatto soltanto se i più si persuadono a farlo: la Politica è l'uso collettivo della libertà che ci resta. <> Oggi, in Europa, assistiamo al dilagare di chiusure nazionali, nazionalregionali e nazional-provinciali, alimentate da ogni genere di paura;

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nell'aspettativa – consapevole o inconsapevole – che il sistema possa occultare “ancora una volta per la prima volta” la propria megainsolvenza dentro una mega-reazione d'odio sacrificale contro i nemici di turno, perfidi, subdoli, brutti e cattivi. Sia lecito tuttavia dubitare che lo scioglimento dei ghiacciai svizzeri potrà fermarsi per una qualche "iniziativa" della destra xenofoba alemanna supportata della Lega dei Ticinesi. O che le relazioni con la Russia di Putin verranno gestite bene dal nazionalismo neo-clericale oggi egemone a Varsavia. O che l'incendio mediterraneo e le spallate migratorie subsahariane interpellino solo gli abitanti di alcune poche piccole isole. E sia lecito altresì dubitare che la pace in Medio Oriente possa considerarsi un mero affare interno al “dialogo” tra le religioni monoteiste figlie di Abramo, in cui nessun laicista ha diritto d’intromettersi. Per non parlare della Cina, divenuta ormai la prima economia mondiale. È perimetrabile il posto di questo enorme paese dall'esercito nipponico restituito al suo ethos originario? Oppure sarà inevitabile che intervenga la superpotenza americana con la Nato al seguito? Oppure Pechino potrà essere ipnotizzata e addomesticata da una qualche portentosa prestidigitazione finanziaria? In tutti questi casi (e in numerosi altri) in cui la Politica con la "p" maiuscola è implicitamente quanto drammaticamente invocata dalla trentennale bancarotta dell’antipolitica, l'unica nostra ipotesi di uso collettivo e responsabile della libertà si chiama, qui e ora, Europa. <> Ottima notizia, dunque, che la Francia e l'Italia abbiano sottoscritto un accordo di collaborazione volto a creare forme di Servizio civile europeo. Nell'accordo italo-francese – siglato dai ministri Luigi Bobba, Harlem Desir, Sandro Gozi e Patrick Kanner a Parigi il 16 ottobre scorso – si compie un primo passo sulla via lungo la quale l’Europa potrebbe rimettersi a fare Politica.

I ministri Patrick Kanner, Luigi Bobba, Sandro Gozi e Harlem Desir a Parigi il 16 ottobre scorso

Si tratta di un primo passo ancora molto insufficiente. Ci vuole un grande servizio civile europeo. Occorre progettare e realizzare su scala continentale un vero e proprio "Esercito del lavoro", secondo la

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formulazione coniata da Ernesto Rossi nel suo saggio del 1945, Abolire la miseria: "In luogo dell'imposta noi proponiamo le prestazioni personali, cioè l'esercito del lavoro" (§ 50). Un "Esercito del lavoro" sarebbe soprattutto necessario al duplice scopo di debellare la disoccupazione e di realizzare tutti quegli interventi indispensabili a governare la società e il territorio che però, data la loro scarsa redditività, non attraggono gli appetiti dell’iniziativa privata né possono più essere finanziati tramite lo strumento fiscale. La progressiva introduzione ed estensione di una leva civile obbligatoria realizzerebbe lo strumento degli strumenti tramite il quale l'Europa e la Politica metterebbero se stesse in grado di ricominciare a compiere azioni di sostanza. Saremo capaci, "come Europa" e "come umanità", di attuare grandi scelte collettive volte a orientare la nostra vita nella direzione giusta? A nostro sommesso parere l'ora si avvicina in cui ciascuno dovrà iniziare a verificarlo concretamente.

Istituzioni democratiche

Contro l’Italicum Dopo avere portato il “Porcellum” all’abrogazione, nel silenzio quasi assoluto dei mass media italiani, l’avvocato socialista Felice Besostri sta ora coordinando la presentazione di una raffica di ricorsi contro il cosiddetto “Italicum”, affinché anch’esso venga sottoposto al vaglio costituzionale della Consulta.

Felice Besostri durante un’intervista rilasciata nel Palazzo della Consulta a margine dell’udienza sul “Porcellum”

Vai all’intervista con Felice Besostri su Radio Radicale I ricorsi in preparazione, finalizzati ad ottenere una pronuncia della Corte Costituzionale, hanno già prodotto un risultato, quello di rompere il muro del silenzio che era calato per anni sul “Porcellum”. Stavolta la stampa nazionale si è accorta che esiste una vasta e articolata opposizione al tentativo, l’ennesimo, di stravolgere gli

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equilibri costituzionali a colpi di legge elettorale. Così i giornali italiani hanno diffusamente riferito dell’iniziativa portata avanti da Besostri e dai Comitati in difesa della Costituzione (di seguito una rassegna stampa). Due rettifiche sono tuttavia necessarie perché contrariamente a quanto annunciato dai mass media: 1) I ricorsi contro l’Italicum non sono stati ancora presentati. 2) Essi riguardano i tribunali civili e non le corti d’appello. RASSEGNA STAMPA SULL’ITALICUM Cliccando sulla testata (sottolineata in rosso) si accede all’articolo sul sito corrispondente

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Rai news24 - Legge elettorale. Italicum, raffica di ricorsi in corti d’appello. ANSA - Italicum: in arrivo raffica di ricorsi su premio e ballottaggio. Anche M5S li sostiene l’iniziativa del coordinamento democrazia costituzionale. AGI - Italicum, pioggia di ricorsi “è incostituzionale”. La Repubblica - Referendum contro Italicum, pronta anche raffica di ricorsi. Renzi: “Darà stabilità”. La Stampa - Raffica di ricorsi e due referendum in Cassazione contro la nuova legge elettorale. Il Messaggero - Italicum, una raffica di ricorsi in quindici Corti d’Appello sulla nuova legge elettorale. Il Mattino - Italicum impugnato: presentati ricorsi a raffica in una quindicina di Corti di appello. Il Giornale - Bomba sull’Italicum: ricorsi in tutta Italia. Il Fatto quotidiano - Italicum, 15 ricorsi in Corte d’appello su premio di maggioranza e ballottaggio. Due quesiti referendum in Cassazione. Avvenire - Ricorsi anti Italicum in 15 tribunali. Secolo d’Italia - Fioccano i ricorsi contro l’Italicum: la legge impugnata in 15 Corti d’Appello. L’Espresso - Italicum, è in arrivo una pioggia di ricorsi. Il Coordinamento per la democrazia costituzionale, che raccoglie i critici alla riforma elettorale targata Renzi, presenterà ricorsi nelle Corti d’Appello di tutto il Paese. Adesioni in arrivo anche da sinistra Pd e Cinque stelle. Panorama - Guerra sull’Italicum: i punti contestati nei ricorsi. Huffington post - Scatta l’assedio all’Italicum: tra ricorsi e referendum, prove generali per fermare l’asse portante del renzismo. Lettera43 - Italicum, rivolta a suon di ricorsi.

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ArticoloTre - Italicum. Pioggia di ricorsi in tutte le Corti d’Appello. Rassegna stampa curata da: Comitato in Difesa della Costituzione di Ravenna

SPIGOLATURE

Anche il Ritorno al futuro… non è più quello di una volta di Renzo Balmelli VIRUS. Se nel 1985 "Ritorno al futuro" di Zemeckis era stata una delle più divertenti e intriganti intuizioni cinematografiche dell'epoca, oggi, trent'anni dopo, bisognerebbe parlare di "Ritorno al passato". D'accordo: detto così può apparire banale. Ma se osserviamo il dolente corteo dei vinti che si accalca alle frontiere, ci rendiamo conto con un brivido che quel passato è già li sullo schermo della quotidianità, tra figuri dallo sguardo torvo e idiozie cosmiche "sulla congiura internazionale ebraica". E' una storia che abbiamo già vissuto e che ci riempie di angoscia nell'immaginarne le conseguenze. Eppure il virus del bieco revanscismo si diffonde ovunque. I partiti xenofobi e nazionalisti si affermano anche dove meno te lo aspetti con esiti elettorali che dovrebbero mettere sull'attenti ogni sincero democratico. VONGOLE. Come spegnere i focolai dell'indecente populismo etnico e persino razziale è l'impegno che l'Europa dovrebbe collocare in cima alle sue priorità a cominciare dalle classi elementari, nel solco di una nuova rinascita culturale. Da come si stanno sbriciolando i principi etici fondamentali, si tratta di una battaglia che non è esagerato definire epocale, di sicuro di ben altra consistenza rispetto alle sciocche diatribe sulla misura delle vongole. Quella negazione completa dello spirito solidale che istiga i populisti di bassa lega a speculare persino in modo abbietto sulla fine di un bimbo morto in riva a una spiaggia greca è il segnale di una brutale degenerazione dei sentimenti . Una pratica odiosa che se lasciata in balia ai professionisti della paura, isolando chi invita a resistere, potrebbe davvero significare la fine dell'umanità. CORTINA. Agli albori del clima di guerra fredda che per quasi mezzo secolo avrebbe avvelenato le relazioni est-ovest, Churchill affermò che una cortina di ferro era caduta sull'Europa. Anni dopo, la cosa preoccupante é che i rapporti tra le parti continuano a essere tesi pur avendo perso la carica ideologica. Ma la cortina resta, però fatta non più di ferro bensì dall'imbarbarimento del costume politico che come una barriera invalicabile ha trasformato il dramma dei rifugiati in un tema di voto col quale la destra di oriente e occidente riesce a raccattare consensi a buon mercato. Basta un rapido giro d'orizzonte per rendersi conto che il fenomeno si è impadronito anche dei Paesi benestanti e immuni dal flusso dei migranti. Ne esce un quadro

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disturbante che minaccia derive ancora più pesanti quando a scendere in campo saranno i duri della xenofobia euroscettica. ATTESA. Paese depositario di un patrimonio culturale unico al mondo, l'Egitto , con i suoi 82 milioni di abitanti, fatica a uscire dalle secche degli sterili giochi di potere che da tre anni lo privano della normale vita parlamentare senza la quale l'attività politica resta un soggetto di debole costituzione. Invece di porsi agli occhi del mondo quale leader della primavera araba come le competerebbe per storia e tradizione, la nazione nubiana sperpera risorse preziose dietro gli accorgimenti del regime per diluire il processo elettorale, da poco iniziato, spingendosi oltre ogni logica. Per i risultati ci vorranno almeno due mesi, lasso di tempo che il Cairo considera l'ultimo gradino per il ritorno alla democrazia. Ma la snervante attesa diffonde tra la gente la sensazione di un voto privo di significato. VERITA'. Da Kennedy a Moro, nella storia contemporanea ci sono stati delitti " eccellenti" per i quali nemmeno l'emulo con l'intuizione del mastodontico Nero Wolfe è riuscito a trovare il vero colpevole. Tra macchinazioni e indizi che molti, troppi, hanno finto di non vedere, gli anni sono passati senza mai fare luce sulle torbide vicende. Nella casistica delle morti violente e insolute rientra a pieno titolo l'uccisione di Pier Paolo Pasolini, uno degli intellettuali più significativi del dopoguerra, sbrigativamente liquidata come la fine di un omosessuale che era andata a cercarsela lungo il crinale di una vita pericolosa. A quarant'anni dall'omicidio dello scrittore, la " verità ufficiale", figlia della strategia della tensione di nero vestita, traballa in modo vistoso, tanto da rilanciare la tesi di un odioso delitto politico. Insomma, Pasolini come Matteotti. DUBBIO. Quest'anno Charlie Brown di primavere ne fa sessanta regalandoci sempre tante piacevoli letture, ma lasciandoci anche un amletico dubbio che purtroppo è destinato a restare senza risposte. "Colpa " di Charlie Schulz, l'autore conosciuto in tutto il mondo per avere creato le strisce dei Peanuts, che se n'è andato nel 2000 portando con se il segreto dell'incipit diventato un vero e proprio tormentone universale: quello che il cane Snoopy pone all'inizio del suo romanzo mai scritto con la famosa frase "Era un notte buia e tempestosa..." Ma a pensarci bene forse un seguito non era necessario. L'enigmatico inizio parla da sé. Messo a confronto con la realtà odierna quell'esordio narrativo mai completato ma carico di presagi dice che nella notte buia e tempestosa ormai già ci siamo dentro, immersi fino al collo.

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

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LAVORO E DIRITTI a cura di www.rassegna.it

Lo smart work nella legge di stabilità Attorno al telelavoro (smart work) qualcosa si muove. Dopo molti anni in cui le parti sociali hanno preferito stipulare accordi nazionali, locali e di impresa, temendo che ogni legge avrebbe irrigidito una forma di lavoro da sperimentare di Patrizio Di Nicola Tra le molte innovazioni presenti nella legge di stabilità 2016 vi è anche la possibilità per le aziende di utilizzare una nuova forma di prestazione lavorativa, definita “lavoro agile”, che consiste nello svolgere la propria opera fuori dei locali dell’azienda, sfruttando l’elevato livello di digitalizzazione che caratterizza ormai una grande quota di attività produttive. L’articolato, che prende la forma di decreto collegato alla norma principale (e che per inciso innova anche le tutele previste per il lavoro autonomo, proponendosi di sanare alcune eclatanti ingiustizie previdenziali che colpiscono i professionisti senza albo), deriva in buona parte dalla proposta di legge sullo Smart Work presentato a inizio 2014 dalla deputata Alessia Mosca e altre colleghe. Tale proposta prendeva spunto a sua volta da una ricerca condotta dal Politecnico di Milano, la quale sosteneva come fosse giunto ormai il momento di andare oltre l’idea tradizionale di telelavoro, che veniva percepito come troppo “pesante” per aziende che fanno della flessibilità il loro modo di operare. Allo Smart Work faceva esplicito riferimento anche il testo originale dell’art. 14 della Riforma della Pubblica Amministrazione (Legge 7 agosto 2015, n. 124), che prevedeva il coinvolgimento di almeno il 20% del personale. Nell’iter parlamentare l’articolo ha poi perso il riferimento anglofilo, affermando invece che gli enti avrebbero dovuto utilizzare telelavoro e “nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa” per almeno il 10% del personale nei successivi tre anni. Insomma, attorno al Telelavoro/Smart Work/Lavoro Agile qualcosa si sta muovendo anche a livello legislativo. E ciò dopo molti anni in cui le parti sociali hanno preferito stipulare accordi nazionali, locali e di impresa, temendo che ogni legge in materia avrebbe irrigidito una forma di lavoro emergente e ancora da sperimentare, lasciando alla sola pubblica amministrazione il compito di regolare il telelavoro per i propri dipendenti in via legislativa. Chi scrive segue le vicende del telelavoro sin dalla metà degli anni ’90, avendone studiato vari aspetti sociologici (come ad esempio il problema dell’isolamento dei telelavoratori domiciliari o le innovazioni organizzative legate alla necessità di modificare i compiti del management intermedio) sia in Italia che con studi comparativi internazionali, e soprattutto avendo “aiutato” aziende grandi e piccole e varie pubbliche amministrazioni a implementare il telelavoro nella propria pratica organizzativa. Ciò, in qualche modo mi permette di fare

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alcune considerazioni sulla metamorfosi del telelavoro tra oggi, ieri e domani…. Continua la lettura sul sito rassegna.it

Da Avanti! online www.avantionline.it/

Dimissioni di Marino: il tormentone continua C’è davvero da chiedersi se il Sindaco (quasi) dimissionario abbia coscienza degli effetti delle sue iniziative o se sia solo in una fase di grande confusione determinata dalla crisi politica che sta attraversando la Giunta capitolina. (C.Co.) - L’unica notizia positiva per i romani è che almeno per ora la giunta capitolina ha preso tempo per ragionare sulla pedonalizzazione integrale di via dei Fori Imperiali, iniziativa lunare, sostanzialmente inutile per i romani e dal sapore propagandistico, che alimenta solo la rabbia dei cittadini nei confronti delle colossali inefficienze del Comune. A oggi tutte le ipotesi sembrano in campo, nessuna esclusa, ma tutte debolissime. Dalla conferma delle dimissioni – il 2 novembre – al ritiro delle stesse (annunciato in un tweet), dalle dimissioni in massa dei consiglieri del PD alla formazione di una giunta formata tutta da ‘tecnici’. Un pasticcio originato dallo stesso partito di maggioranza relativa il cui segretario – che è anche il Presidente del Consiglio – annunciò inopinatamente tramite la sua giornalista di fiducia al Corriere della Sera, che Marino se ne doveva andare. Dopo di allora Renzi scelse di non parlare più direttamente della questione affidando la pratica politica “Roma, il PD e il suo Sindaco” prima a Fabrizio Barca e poi a un commissario straordinario, Matteo Orfini… Continua la lettura sul sito dell’avantionline

Da l’Unità online http://www.unita.tv/

Privatizzare le Ferrovie? I dubbi della Uil in vista della privatizzazione di Ferrovie dello stato, la Uil organizza una tavola rotonda ed espone le proprie criticità. Uil-trasporti avverte: nel giro di dieci anni si rivelerà un’operazione in perdita Archiviata la privatizzazione di Poste italiane, il cui esito ha portato nelle casse dello stato 3,4 miliardi di euro, il governo sta già pensando a Enav e Ferrovie dello Stato. Nel disegno complessivo di Palazzo Chigi, le prossime privatizzazioni serviranno a ridurre il debito

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pubblico, come promesso anche all’Ue, e renderanno più efficienti le aziende coinvolte, aumentandone la produttività. Tuttavia, “privatizzando le Ferrovie dello stato – denuncia il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo a Unità.tv – non si tiene conto dei costi sociali connessi”. “Ho qualche dubbio che tramite questa operazione si possa raggiungere il collegamento con la popolazione più debole” sottolinea il sindacalista a margine del convegno di Uiltrasporti che si è tenuto stamane a Roma. Nell’incontro dal titolo ‘Privatizzazione del Gruppo FSI: dove va la ferrovia?’, organizzato dal sindacato di categoria dei trasporti, si è discusso sull’utilità di privatizzare o meno le Ferrovie dello stato; una tavola rotonda in cui l’organizzazione sindacale ha espresso la propria contrarietà a un eventuale spacchettamento del gruppo, invitando Ferrovie e governo a un ripensamento. “Quando le privatizzazioni si fanno per fare cassa – evidenzia Barbagallo – vuol dire che non sono tarate per sviluppare il trasporto ferroviario di questo paese“. “Piuttosto – aggiunge – bisogna eliminare gli sprechi, le ruberie e non far pagare il trasporto pubblico locale a prezzo di mercato” Quanto alla maggiore competitività che si potrebbe raggiungere con la privatizzazione, il leader della Uil spiega che “nel gruppo è stata già fatta un aziendalizzazione, tant’è che si è recuperata efficienza, competitività, ed economicità”. Le criticità di Barbagallo vengono poi ribadite anche dal segretario generale di Uiltrasporti, Claudio Tarlazzi: “Riteniamo che nel giro di 10 anni la privatizzazione delle Ferrovie si rilevi un’operazione in perdita per lo stato, soprattutto perché gli utili non verranno più reinvestiti nella rete per ammodernarla, nell’interresse del Paese. Se cedessimo il 40% dell’azienda – aggiunge Tarlazzi -, gli utili generati verrebbero infatti redistribuiti agli azionisti”. Vai al sito dell’Unità

Verso il festival di Pescara

MEDITERRANEO LAICO Due film a Pescara, presso la libreria la Feltrinelli. NÌGURI di Antonio Martino, 47’, 2009 Lunedì 2 novembre 2015 ore 17.30 Il microcosmo di un piccolo villaggio calabrese di Sant’Anna, dove ha sede uno dei più grandi campi d'accoglienza d'Europa, “invaso dai Nìguri”, cioè i “neri” in dialetto calabrese Antonio Martino, calabrese, giovane regista indipendente realizza da anni film documentari sul rapporto complesso tra uomo e ambiente.

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Nìguri

Il MONDO DI NERMINA di Vittoria Fiumi, 54’, 2014 Lunedì 9 novembre 2015 ore 17.30 Durante la guerra in Bosnia gli abitanti di un villaggio mussulmano vengono in gran parte deportati o uccisi. I sopravvissuti fuggono all'estero e solo tre famiglie decidono molti anni dopo di tornare… Vittoria Fiumi é una regista e produttrice laureata in Antropologia Visuale all'Università di Manchester (UK). Ha lavorato come produttrice e regista di documentari per alcune OnG impegnate in progetti in India, Africa dell'Est e Yugoslavia. L’appuntamento successivo saranno le giornate centrali dell’ottavo Festival mediterraneo della laicità sul tema

Laicità e Cosmopolitismo che si terranno presso l’Aurum di Pescara nei giorni 13/14/15 novembre 2015. Vai al sito di ItaliaLaica

Sinistra per Israele Milano vi invita a partecipare a una

MARATONA PER YITZHAK RABIN

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La memoria di un uomo di pace nell’avvicendarsi delle immagini, dei suoni e delle parole. Serata in ricordo del Primo Ministro di Israele e Premio Nobel per la pace nel ventennale del suo assassinio. Mercoledì 4 novembre 2015, ore 20.30 MILANO, PALAZZO MARINO, SALA ALESSI, PIAZZA DELLA SCALA 2

La Sinistra per Israele celebra Yitzhak Rabin a vent’anni dal suo brutale assassinio avvenuto per mano di Yigal Amir, un ebreo israeliano religioso fanatico al punto di sentirsi investito dalla missione di “salvare il progetto della Grande Israele”, che Rabin aveva cominciato a smantellare. L’appuntamento è per il 4 novembre, alle 20.30, nella Sala Alessi di Palazzo Marino, dove politici, giornalisti e cittadini leggeranno un’antologia di testi in onore di Yitzhak Rabin. Durante la serata Miriam Camerini e Manuel Buda proporranno brani musicali, sarà proiettato un breve filmato del Centro Rabin di Tel Aviv e verrà illustrata l’iniziativa della Sinistra per Israele per intitolare a Milano una via a Yitzhak Rabin, premio Nobel per la Pace. A vent’anni dalla sua morte in Israele nessuno è stato capace di raccoglierne l’eredità, fatta di coraggio, lealtà e credibilità. Ci hanno provato prima Barak e poi Olmert, ma le loro iniziative di pace sono fallite. Oggi lo stato ebraico è governato da chi non solo non crede nella pace con i palestinesi, ma anche si attiva per screditarne la prospettiva. Al popolo israeliano si prospetta un conflitto infinito da gestire con la forza delle armi e iniziative politiche fasulle. Il contrario di quello che proponeva Rabin. Oggi il Medio Oriente non è più lo stesso, ma la necessità di pace e conciliazione non è venuta meno, è ancora più necessaria. Serve visione politica, capacità di leadership. In Rabin avevamo visto tutto questo e come Sinistra per Israele auspichiamo che in Israele qualcuno

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finalmente ne raccolga l’eredità per riprendere il cammino della pace oggi lontana più che mai. Hanno aderito tra gli altri: Silvia Brasca, Luciano Belli Paci, David Bidussa, Paola Bocci, Manuel Buda, Miriam Camerini, Janiki Cingoli, Silvia Cohen, Silvia Cuttin, Franco D’Alfonso, Gabriele Eschenazi, Emanuele Fiano, Giuseppe Franchetti, Ruggero Gabbai, Stefano Jesurum, Piergaetano Marchetti, Francesco Maria Mariotti, Anna Momigliano, Daniele Nahum, Gabriele Nissim, Lia Quartapelle, Andrea Riscassi, Milena Santerini, Arturo Schwarz, Bruno Segre, Liliana Segre, JacopoTondelli, Simone Zambelli. Si ringrazia il Gruppo consiliare milanese del PD per la collaborazione

Da vivalascuola riceviamo e volentieri pubblichiamo

Cos’è questa associazione? Chi ne fa parte? Cosa vuole? di Giorgio Morale Segnalo una puntata di vivalascuola dedicata all'Associazione TreeLLLe, quella che detta a Renzi le linee della politica scolastica: https://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2015/10/19/vivalascuola-202/

I governi dell’ultimo ventennio stanno realizzando la scuola pianificata da industriali e finanzieri, per i quali l’Associazione TreeLLLe si è assunta il ruolo di “esperta” in faccende scolastiche. Ecco allora la scuola modellata sull’azienda per rispondere agli interessi dell’azienda. Aziende italiane, cioè aziende a bassa tecnologia, che chiedono scuole e lavoratori a bassa cultura. In altri tempi si sarebbe detto: la scuola dei padroni. Oggi diciamo: la scuola di Renzi e dell’Associazione TreeLLLe. Cos’è questa associazione? Chi ne fa parte? Cosa vuole? La presentano in questa puntata di vivalascuola Pietro Ratto e Michela Di Paolo. Mentre Giuseppe Nicolao, Massimo Calcalella e una nota congiunta di Alvaro Berardinelli, Francesco Mele, Vincenzo Pascuzzi e altri dimostrano la falsità di alcune affermazioni del suo presidente Attilio Oliva.

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

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(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

La finanziaria del 2016

Tra propaganda e recessione La finanziaria del 2016 corrisponde a quanto dichiarato dal Capo del Governo, e cioè che è una norma volta a favorire lo sviluppo? di Dario Allamano, Labouratorio Buozzi Torino, Aderente al Gruppo di Volpedo e a Rete Socialista

La finanziaria del 2016 corrisponde a quanto dichiarato dal Capo del Governo, e cioè che è una norma volta a favorire lo sviluppo? In piccola parte si, ma soprattutto è una finanziaria molto attenta al breve periodo, alla propaganda utile per una eventuale campagna elettorale, che rinvia a tempi lontani il necessario risanamento dei conti italiani, unica soluzione per riconsegnare all’Italia le leve per avere risorse da redistribuire e da investire, e per poter realmente avviare il circolo virtuoso della “domanda aggregata”. A tutt’oggi il costo del debito è superiore a più di 80 miliardi di euro annui, e per il pagamento degli interessi si utilizzano risorse pubbliche che dallo Stato vanno ai sottoscrittori del debito. È un atto che conferma che la redistribuzione c’è, ma sta avvenendo in una direzione prevalente: verso le grandi strutture finanziarie. Proviamo a spulciare nei vari capitoli che il capo del Governo ha magnificato e cerchiamo di capire perché non si può dire che questa finanziaria provveda ad una equa redistribuzione delle poche risorse disponibili. Innanzitutto il primo dato che balza all’occhio è che è una manovra basata soprattutto su un aumento del debito, un 2,2% virtuale di deficit , che, se non riequilibrato da un consistente sviluppo economico (una crescita del PIL superiore all’1,5%), non genererà nuove risorse, trasformandosi inevitabilmente in un ulteriore aumento del debito. Il secondo atto messo in cantiere, l’abolizione di IMU e TASI, conferma la direzione sbagliata (o meglio propagandistica) di questa finanziaria. È sbagliata sia dal punto di vista finanziario, perchè sottrae agli Enti Locali le uniche fonti di reddito autonome, sia dal punto di vista politico: è l’ennesima operazione centralizzatrice messa in atto in questi anni, che consegna nelle mani del Governo un formidabile mezzo di pressione: la copertura (promessa) del mancato gettito con fondi pubblici. Gli Enti Locali saranno sempre di più terminali del potere esecutivo e sempre meno Enti autonomi. Taluni obietteranno che il caso Roma (ma non solo) autorizza questo “commissariamento” di fatto dei Comuni. Anche in questo caso però la soluzione doveva essere più autonomia e più responsabilità e meno ristorni dal centro. L’esperienza di questi anni dovrebbe averci insegnato che le coperture dei deficit a piè di lista (casi Roma, Napoli

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ecc.) non hanno mai funzionato. Solo la responsabilità di dover richiedere ai residenti sul proprio territorio le fonti necessarie per coprire i buchi (e le buche) può rendere responsabili quegli amministratori che vivono di spese ad libitum. L’abolizione di IMU E TASI è poi un problema anche da punti di vista dell’ipotetico rilancio dei consumi, la quota di imposte risparmiata è bassa, soprattutto per chi avrebbe bisogno di redditi aggiuntivi per riprendere a consumare di più e meglio. La media nazionale è di 180 euro pro capite, per cui molto limitata, ma soprattutto perché, come dice Banca d’Italia, è percepita come una imposta ballerina, e l’eventuale risparmio tende ad essere accantonato a copertura di future nuove tasse. Sarebbe stato molto più serio, ed in grado di incidere molto di più sui consumi (e sull’evasione), un intervento sull’IVA che oggi ha raggiunto aliquote in grado di uccidere qualsiasi propensione al consumo, e nel contempo agevola i furbetti dell’evasione. Alzi la mano chi non ha mai ricevuto in Italia la tipica domanda dall’evasore di turno: “vuole la fattura o no? Se la vuole il servizio costa il 20% in più”. Personalmente sono sempre più convinto che nell’ultimo passaggio, dal fornitore di servizi al consumatore, l’IVA debba avere una aliquota bassissima, meglio ancora nessuna aliquota. È forse tempo di ritornare a ripensare la vecchia IGE (Imposta Generale sulle Entrate) in vigore sino al 1973, che faceva pagare l’imposta sul giro d’affari. Una Imposta sulle attività economiche l’Italia la si sta tra l’altro sperimentando da anni sulla pelle delle aziende che non possono eludere l’emissione della fattura, si chiama IRAP. Mantenendo poi in vigore (invece di eliminarlo) l’obbligo di pagamenti tracciabili per le transazioni superiori ai 1000 euro, e l’obbligo della ricevuta (o scontrino fiscale di revigliana memoria) per quelle fino a 1000, si riuscirebbe a tracciare, se non a definire con precisione, i giri d’affari di quella “buona borghesia” dell’evasione (dentisti, cliniche private ecc.), che ognuno di noi conosce ma non ha la forza di denunciare. La cancellazione di quell’obbrobrio delle clausole di salvaguardia della finanziaria del 2015 (aumento di IVA e accise al mancato raggiungimento degli obiettivi) è solo un fatto di semplice buon senso, non la si può spacciare come azione per il “rilancio” dello sviluppo, comunque anche in questo caso la cancellazione avviene a “debito” utilizzando quell’aumento di deficit che l’Europa ci concede. A questo punto immagino che leggendo questa mia riflessione molti penseranno che il sottoscritto si è iscritto al club dei tedeschi (a parte il fatto che già il mio cognome può essere sospetto) , ebbene io credo che solo uno Stato non sottoposto al ricatto dei sottoscrittori del debito può avere una sua vera autonomia. Non è l’euro che ci uccide, bensì l’aver finanziato, in nome di un keynesismo d’accatto, spese improduttive ed una burocrazia pervasiva ed inefficiente. Il non aver saputo fare per tempo quelle operazioni necessarie nel momento in cui spariva l’unica leva che per decenni aveva “salvato” l’Italia: le svalutazioni competitive che davano fiato all’export italiano, ha contribuito e non poco all’affossamento della nostra economia.. È questo l’errore tremendo che i governi che si sono susseguiti in

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questi vent’anni hanno scaricato sulle spalle degli italiani, non aver raccontato la verità ai cittadini, imbonendoli come Berlusconi (o rabbonendoli come Prodi) sull’idea di vivere in un paese tra i più solidi nel mondo. In conclusione oggi ci troviamo di nuovo di fronte ad una ennesima manovra fintamente “espansiva”, utile al massimo per una buona propaganda a base di slides, ma non in grado di portare l’Italia fuori dal tunnel, anche perché, se sono vere le ipotesi di prossima recessione, derivante dalla latente crisi cinese e dal suo impatto sui consumi globali, tutto il castello costruito in questi mesi rischia di rivelarsi per quel che è: un castello di sabbia.

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in coedizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

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