Artribune Magazine #24

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Crei abiti ma la fattezza è sempre volutamente artigianale e ogni pezzo è unico. Sei un autentico anti-fashion. Non sono in molti a chiamare un pullover “collage di lana”. Libertà è una condizione che cerco. Alimentarsi con gusto e cambiare. Sentire un abito come tuo, come pelle. Ritengo l’imperfezione una variabile sana. Elasticità, respiro e – perché no? – vedere il tempo come una rana. Mi sembra che a unire tutti i tuoi lavori ci sia un elemento fondamentale: il disegno. Disegno come gesto. Dar forma a una necessità attraverso l’una o l’altra tecnica. La carta è stata uno dei primi ambienti, anche se ricordo bene quanto cantassi da bambino. Non trovi sensato disegnare con la voce? Si può fare… Stampe su magliette, carta, stoffa, tela e collage di lana, il tuo lavoro “tipografico” sembra avere un ruolo molto importante. Mi piace considerarle come azioni primitive. È apprezzabile lasciare dei segni. Al MAMbo l’anno scorso, nell’ambito del Live Arts Week III, hai realizzato una videoinstallazione ambientale per la quale hai raccolto più di 2mila video su Youtube sul tema dell’efflorescenza. Hai anche realizzato una serie di sedute multiuso che hai messo all’asta alla chiusura della mostra. Vivo Youtube come un ritratto organico che ci osserva. Live Arts Week è un momento dove provare, in parte capire e crescere. È un contesto che, rigenerandosi, cerca di restare ibrido. Io ci vedo un’ottima sensibilità musicale, una provata esperienza per le performing arts, un’importante attenzione per gli ambienti, un’elogiante propensione al dubbio e una gentile volontà di seminare. Com’è nata l’immagine inedita che hai creato per la copertina di questo numero? Dal rispondere alle domande, ho contato fino a sette, ho scelto tre dischi, mi sono messo al lavoro e forse ho anche ballato un po’. @perradaniele

NOW

di ANTONELLO TOLVE

CORTESI GALLERY lugano

/ londra

In grado di coniugare spazio fisico e metaforico, ambiente espositivo e riflessivo, la Cortesi Gallery di Lugano si presenta come una vetrina che mira a “diventare un punto d’incontro per collezionisti, studiosi e appassionati oltre che un luogo in grado di coniugare il mondo culturale e quello del mercato, promuovendo e stimolando la conoscenza dei movimenti artistici sviluppatisi in Europa dagli Anni Sessanta a oggi”. Con una strategia che attraversa le trame dell’archeologia contemporanea e delle ultimissime tendenze, la Cortesi Gallery propone infatti uno spaccato artistico che disegna il panorama estetico europeo del secondo Novecento. Inaugurata il 16 maggio 2013 con la mostra Arte Italiana ‘60-’90, la Cortesi Gallery – diretta da Stefano Cortesi, “coadiuvato nella gestione dai figli Andrea e Lorenzo, con cui ha condiviso la passione e l’esperienza nell’arte contemporanea” (al loro progetto si è unita, successivamente, Vera Canevazzi) – la galleria mette in campo un percorso necessariamente storico e filologico che si allunga, via via, su arterie espressive attuali con esposizioni pronte a esercitare, appunto, una serie di esplorazioni nel ricettario creativo contemporaneo. Ne è esempio la collettiva Out of the Blue (2013) curata da Alberto Salvadori, che presenta un plotone di artisti internazionali – Rosa Barba, Will Benedict, Kerstin Braetsch, Matthew Brannon, Maurizio Cattelan, Dan Colen, Roberto Cuoghi, Elmgreen & Dragset, Haris Epaminonda, Wade Guyton, Elad Lassry, Jacob Kassay, Jason Martin, Paola Pivi, Anselm Reyle, Markus Schinwald, Ned Vena e Francesco Vezzoli – per offrire un bilancio felice delle ultime generazioni che hanno contribuito e stanno “contribuendo a un cambiamento importante e ineludibile nel mondo dell’arte e della rappresentazione” (Salvadori). Accanto ad una doppia-personale di Paolo Scheggi e Lucy Skaer (2014) curata da Eva Fabbris e a una personale di Edo Bertoglio (2014), curata da Mariuccia Casadio, la galleria continua la sua e ricognizione con Great Expectations #1. Il pensiero del futuro nell’arte degli anni ‘60 (2014) che propone un itinerario – curato da Marco Meneguzzo – tra le opere di Getulio Alviani, Marina Apollonio, Bernard Aubertin, Alberto Biasi, Gianni Colombo, Toni Costa, Dadamaino, Gabriele De Vecchi, Franco Grignani, Heinz Mack, Marcello Morandini, Jesus Rafael Soto, Grazia Varisco, Victor Vasarely, Nanda Vigo e Ludwig Wilding. Ad allargare il processo di riflessione sugli statuti dell’arte e sulle maglie di gusti polifonici, la Cortesi Gallery è pronta ad aprire un nuovo spazio a Londra, per offrire al suo pubblico, da un doppio avamposto, percorsi esclusivi, sempre più aperti a modelli di varia estrazione e natura. Via Frasca 5 – Lugano 41-43 Maddox Street – Londra press@cortesicontemporary.ch – www.cortesigallery.com

OSSERVATORIO CURATORI

a cura di MARCO ENRICO GIACOMELLI

ATTILIA FATTORI FRANCHINI Come descrivere il mio percorso e la mia visione senza supportarlo con aneddoti personali, luoghi, immagini e web-link, strumenti spesso fondamentali nel mio lavoro? Da sempre sono attratta dal concetto di ibrido e di elementi non finiti, aperti alla discussione, contesti misti di produzione e distribuzione. La mia formazione inizia a Milano, in Bocconi, nel corso di Economia per Arte Cultura e Comunicazione. Uno scambio in Argentina all’età di ventun anni mi ha cambiata, affinando anche sogni e obiettivi di vita. Appena laureata sono partita per Londra. Ho studiato un anno al Goldsmiths College e ho iniziato a curare progetti indipendenti. Un fortunato incontro con l’artista Rhys Coren e la mancanza di fondi per l’organizzazione di mostre mi ha portato a fondare bubblebyte.org e a lavorare con più di duecento artisti internazionali tra il 2011 e il 2013, contestualizzando il loro lavoro (e focalizzando il mio) su piattaforme online. Il mio approccio, da sempre indipendente, proviene dalla tradizione DIY e si incentra sulla creazione di contesti alternativi per il supporto di pratiche emergenti ancora non consolidate dal successo di mercato. Il contemporaneo in tutte le sue forme in continuo divenire mi ha sempre affascinato e con esso la possibilità di interpretare la realtà che ci circonda. Approccio la curatela come percorso di vita in tutte le sue forme, e ritengo ogni passaggio, dall’incontro con l’opera dell’artista alla sua presentazione e

distribuzione, generativo di dinamiche interessanti, ogni volta differenti. Ogni progetto si sviluppa in maniera autonoma, posizionandosi come crescita ed esperimento. Credo nella commistione di generi e nella rivoluzione digitale, la quale ha creato scenari nuovi, con possibilità di scambio e sperimentazione artistica prima inimmaginabili. Dal 2013 a oggi il mio lavoro è evoluto attraverso tante

mostre e progetti indipendenti in spazi commerciali e non profit. Tra le più importanti: la stretta collaborazione con la galleria Paradise Row, per la quale ho fondato The Basement (2012-2013), un programma alternativo dedicato ad artisti ancora non rappresentati in Gran Bretagna; quella con Seventeen Gallery, nella quale oggi lavoro come direttore associato; la nascita di Opening Times, fondazione per il supporto e ricerca dell’arte digitale supportata da fondi culturali inglesi. Al momento sto lavorando a Helsinki presso l’Università d’Arte Kuvat, partecipando come guest curator alla presentazione di fine anno degli studenti dell’MFA – Master in Fine Arts. Non ritengo ci sia una formula unica per essere curatori. In tante occasioni il curatore è un consigliere o facilitatore, qualcuno capace di supportare l’artista durante fasi differenti dalla mera creazione dell’opera e di guidarlo nella navigazione del cosiddetto sistema; altre volte il curatore è un narratore o un iniziatore di processo. Dipende tanto da elementi quali energia e proattività, dalla voglia di cambiare le norme e creare le circostanze adeguate. Io ho adattato la mia visione alla mia personalità, spesso cercando approcci meno canonici, scoprendo attraverso ogni progetto nuove frontiere da attraversare. www.attiliaff.com @attiliaff

TALENTI

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