Artribune magazine #15

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Servizio di piatti progettato da Nathalie Bruyère

mente voluto dai makers è la condivisione: chi infatti non fosse in grado di progettare può attingere ai file, ovvero a disegni già pronti realizzati dai designer, acquistando così l’idea e poi costruendola a proprie spese. La situazione attuale dei FabLab nel mondo è censita in un elenco ufficiale, la Fab Lab List, Operating Planned (6 maggio 2012) e, stando a questo documento, l’Italia esce sempre zoppicante e un passo indietro. Ma qual è la realtà dei fatti? L’Olanda mantiene il primato in campo di laboratori autonomi di fabbricazione grazie ad esempi eccelsi come il FabLab di Amsterdam, ospitato dall’organizzazione non profit Waag; seguono a ruota Tolosa, Boston e persino l’India e il Sudafrica. L’Italia si presenta con soli tre FabLab attivi (il quarto ha aperto il 19 luglio 2013 a Roma), di cui l’unico rinomato è il FabLab di Torino. Ma la scena italiana, se la si osserva da vicino, è comunque in fermento. Prendiamo l’esempio degli autoproduttori più attivi, i Milano Makers. Capeggiati da Alessandro Mendini, Cesare Castelli, Duilio Forte, Alessandro Guerriero e Maria Christina Hamel, molto interessati alla scena internazionale, ne hanno però individuato anche i punti deboli e stanno cercando di non replicare gli errori commessi dai colleghi europei. “Milano Makers è in costante dialogo con il Comune di Milano per la concessione di uno spazio pubblico”, spiega il presidente Cesare Castelli. “Giusto in questi giorni è uscito un bando molto interessante a cui MiMa parteciperà”. Come primo passo, MiMa deve infatti ottenere uno spazio per potere aprire non un classico FabLab, ma un Hub. La

prima grande distinzione tra un laboratorio di stampo europeo e quello milanese sarà l’introduzione di uno spazio per vendita al pubblico. “Siamo stati recentemente a visitare i

colleghi di Tolosa che, nonostante abbiano uno dei FabLab più attivi, sono in crisi perché non vendono nulla”, spiega Castelli, “in parte perché spesso non hanno un canale di vendita diretta, e in parte perché la funzionalità del design non è sempre ben espressa”. Fattore fino ad ora trascurato, nell’elogio di questi nuovi spazi di progettazione diffusa, è proprio la qualità dei prodotti realizzati, che viene spesso messa da parte a fronte delle procedure tecnologiche utilizzate per realizzarli. E da questa riflessione parte il secondo aspetto innovativo degli autoproduttori milanesi: “Milano Makers vuole prima di tutto affiancare ai macchinari le capacità artigianali e puntare non solo sul 3d ma su quello che noi chiamiamo 10d. Lo scambio tra un artista/artigiano e un makers digitale può creare una vera contaminazione di saperi”.

PICK-A-PACK

di SONIA PEDRAZZINI

NON TUTTO SI COMPRA Anni fa avevo letto del geniale matematico russo Grigorij “Grisha” Jakovlevic Perel’man, classe 1966, a cui si deve la dimostrazione di uno dei più complessi problemi della topologia, la leggendaria Congettura di Poincaré, e ne ero rimasta affascinata. A parte una vita condotta fuori da ogni schema e dedicata totalmente alla ricerca, ciò che maggiormente impressiona è che Perel’man, pur ricevendo premi e onorificenze, ha sempre rifiutato qualunque riconoscimento, preferendo addirittura dimettersi dal suo posto all’Università di San Pietroburgo per decidere di vivere in condizioni di quasi indigenza. Avrebbe poi spiegato la sua scelta in questo modo: “Non voglio essere uno scienziato da vetrina e troppi soldi in Russia generano solo violenza. Perché ho bisogno di un milione di dollari se posso controllare l’universo?”. Decisioni così estreme al giorno d’oggi appaiono quasi inspiegabili e sicuramente toccano l’immaginario di tutti. Così è stato anche per l’agenzia moscovita The Bold Studio, che ha pensato bene di rendere omaggio al compatriota ideando una bella scatola di matite a lui dedicata (il design è di Alan Temiraev e Volodya Zotov, le illustrazioni di Julien Jules e Philip Morris). Il cartoncino esterno della confezione è fustellato in modo da mostrare il ritratto di Perel’man stampato sulle matite, mentre all’interno del packaging c’è l’immagine della nascita di una nuova stella catturata dal telescopio Hubble. Il messaggio è chiaro e spiega anche cosa c’entra il packaging con un grande matematico. Il packaging è infatti lo specchio dei nostri tempi ed è una guida per leggere la contemporaneità “tra le righe”. In questo caso, un astuccio portamatite si è fatto promotore di una comunicazione non commerciale ma culturale, è diventato il veicolo di un’azione informativa e politica. Probabilmente Perel’man, con il suo spirito profondamente antimaterialistico, non approverebbe neppure questo piccolo omaggio, ma noi ringraziamo i Bold che hanno citato e fatto circolare un genio straordinario e la sua etica. P.S.: Sembra che a San Pietroburgo non sia difficile vedere in giro magliette con il volto di “Grisha” e la scritta “Non tutto si compra”. www.thebold.ru

L’AZIENDA

di GIULIA ZAPPA

MGX E IL FUTURO DEGLI OGGETTI Questa rubrica avrà ancora occasione di esistere tra dieci o vent’anni? Al di là delle fortune del nostro giornale, i fanatici della personal fabrication sostengono di no. E questo per un semplice motivo: l’esistenza stessa delle aziende manifatturiere potrebbe essere messa in crisi dalla diffusione dei FabLab e dalla possibilità di realizzare noi stessi i nostri oggetti personali, grazie al ricorso - tra gli altri - a una stampante 3d. Impossibile, al momento, stabilire se lo scenario è avventato o se la possibilità di passare dai byte di un file 3d agli atomi di un qualsiasi artefatto escluderà i protagonisti dell’economia reale così come li abbiamo conosciuti finora. Nel frattempo, a crescere a ritmi vertiginosi è un’azienda che prima degli altri ha fatto della stampa 3d il proprio cavallo di battaglia. Stiamo parlando di MGX, costola design-oriented della corporation belga Materialise, specializzata nella prototipazione rapida per stereolitografia e Selective Laser Sintering nei campi del design e del fashion in senso lato. Arredo, abbigliamento, gioielleria e architettura di interni [nella foto: Necklace Black by Bathsheba Grossman]: non c’è settore con cui MGX non si sia confrontata per ripensare la configurazione formale di tipologie di oggetti che davamo per assodati. E se la grande massa di consumatori è ancora inconsapevole di questo fermento, i grandi musei di design hanno già cominciato a fiutare la novità: non certo in veste di novelli produttori on demand (magari per il loro shop?), quanto più tradizionalmente in qualità di collezionisti di queste nuove avanguardie. www.mgxbymaterialise.com

DESIGN 69


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