Artintime - N.2 Febbraio 2013

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TEATRO

IL TEATRODANZA DEGLI ZEROGRAMMI Raccontare il teatro attraverso personaggi danzanti Questo mese vogliamo concentrare l’attenzione di voi lettori verso un’espressione del tutto moderna della danza occidentale: il teatro danza. Questa forma di spettacolo contemporaneo nasce in Germania negli anni Settanta del Novecento. La caratterizzano una totale riscoperta del corpo, il ritorno alla definizione “primitiva” di teatro quale arte totale e la percezione del teatro come un luogo all’interno del quale tutto è in accadimento. In terra tedesca è Pina Bausch, recentemente scomparsa e di cui si ricorda la pellicola di Wim Wenders Pina, a gettare le fondamenta che verranno poi seguite in tutta Europa. In Italia, il teatrodanza giunge con la compagnia Solsta Palmizi circa un decennio dopo l’avanguardia tedesca. Volgendo lo sguardo a una compagnia giovane - e di giovani - non si può non parlare degli Zerogram-

mi. Compagnia nata nel 2006, i suoi componenti riportano in palcoscenico, attraverso la danza, personaggi ben determinati che raccontano storie, quelle quotidiane di ciascuno. Il desiderio è quello di rendere partecipe il pubblico di una vicenda che sentita come propria, dunque di rispondere, attraverso una drammaturgia più teatrale che coreutica, alle esigenze umane. Gli Zerogrammi propongono un tipo di danza che si fa linguaggio diretto, semplice e facilmente riconoscibile dallo spettatore; nei personaggi in scena, chi guarda ritrova se stesso, perché la limpidezza della narrazione e l’obiettivo artistico si fondono così profondamente da creare un filo diretto con il vissuto personale. La danza degli Zerogrammi mantiene l’autonomia del proprio linguaggio, ma aiuta il teatro a mantenere la chiarezza e l’onestà

comunicativa. Zerogrammi toccano le corde dell’interiorità, smuovendo le emozioni più profonde. Non solo il gesto, ma anche la parola che rischiara e porta in superficie vissuti e ricordi. Davanti a un loro spettacolo bisogna semplicemente lasciarsi andare: non pretendere di interpretare troppo, ma lasciare che il significato della performance si sveli attraverso se stessa.

Barbara Mastria

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