Settembre 2009

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ANNO 1, NUMERO 9

PERIODICO D’INFORMAZIONE DELLA UILTRASPORTI CAMPANIA

SETTEMBRE 2009

“Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale” (art. 16 Cost.)

Editoriale L’estate nera dei trasporti e non è finita... Hanno pigliato Napule pe’ Galleria Andando indietro nel tempo ma non troppo anche per evitare ricordi ed eventi che rischierebbero di non essere noti a tutti - c’è da chiedersi se è mai successo che in una sola estate si sia riusciti, tutti insieme, a dare il peggio in ogni settore ed in ogni comparto dei Trasporti! Le cronache di Agosto ed anche di Settembre narrano di disservizi, di utenti cittadini e turisti abbandonati al solleone, di raggiri mai controllati, di ritardi, blocchi e riduzioni di esercizio che potevano caratterizzare una discreta realtà del terzo mondo, altro che regione all’avanguardia, esempio di efficienza ed efficacia; ma dove? ma quando? ma chi? vuoi vedere che abbiano scambiato… “Napule pe’ Galleria”? In questa folle gestione dei trasporti abbiamo ricordato con nostalgia, ma anche con un pizzico di rabbia, i tempi in cui il litorale Domitio, Flegreo e la “Costiera” erano serviti da corse “riservate” anche per le famiglie dei dipendenti delle aziende di trasporto, che affollavano le spiagge ed i “lidi” da Bacoli a Capo Miseno, da Licola a Varcaturo, per finire alla Costiera Sorrentina, e tutti si servivano di corse speciali di bus, appunto “riservate”, e fermate e corse straordinarie di treni, che intensificavano il servizio proprio per i tanti cittadini e turisti che trovavano un po’ di ristoro nelle indigene acque, anche grazie a quello che allora era veramente un servizio di trasporti. I macchinisti e gli autisti in servizio tante volte accompagnavano la loro stessa famiglia al mare ed erano soddisfatti del fatto che il proprio lavoro servisse direttamente alle esigenze anche degli stessi figli. Ci si sentiva parte rilevante di un processo che veniva immediatamente apprezzato nella sua importanza e nella sua normalità, perché lavorare per una parte dell’estate, per gli operatori dei trasporti, era una normalità, non una concessione né una sofferenza, esattamente come in tutti i giorni di festa e la Domenica. Lavorare in qualunque giorno dell’anno è consuetudine ben nota agli operatori dei trasporti, fa parte del proprio lavoro, che come tale viene vissuto e non sopportato; basta saperli organizzare e non esporli al pubblico vilipendio ed aggressioni lasciandoli irresponsabilmente in balia del caso, del caldo e del giusto disappunto di chi viene a Napoli e si aspetta di trovare l’efficienza che legge sui siti e sui giornali. Nel mese di Agosto non ci siamo fatti mancare niente, questi alcuni titoli che fedelmente riportiamo: “Ritardi e blocchi a Capodichino”; “Ressa agli imbarchi per le isole, turisti raggirati ed anarchia al Beverello”; “ANM bus dimezzati L’orario estivi dei bus? Prendete l’auto!”; “Napoli si moltiplicano le aggressioni ai guidatori: sei in 15 giorni”; “Disagi anche per Cumana e Circumflegrea!”; “Cilento pendolari e bagnanti in rivolta: Trenitalia soppressi ad Agosto treni Regionali!”; “Napoli linea 1 biglietterie fuori servizio….” e ancora: riduzione dei varchi in linea 1; rallentamento della tratta Montesanto Piazza Garibaldi della Linea 2 e chi più ne ha più ne metta. In questi giorni la storia non poteva che ripetersi, così come in occasione delle partite serali del Napoli calcio dello scorso campionato, anche in quella della festa di Piedrigrotta sono state lasciate a piedi centinaia di migliaia di persone, visto che solo per la Linea 1 e per le Funicolari si è riusciti a organizzare, in extremis, un servizio straordinario (che tale non dovrebbe essere) per riportare a casa quanti, aderendo all’invito dell’Amministrazione ComunaPag. 2 le, hanno lasciato a casa l’auto!

La chiusura delle compagnie low cost e la crisi del trasporto aereo Migliaia di passeggeri lasciati a terra e centinaia di lavoratori che hanno perso il lavoro Il trasporto aereo, sebbene rappresenti una delle soluzioni che soddisfano il bisogno primario di mobilità dell’individuo, sta attraversando una lunga fase di crisi. Una crisi esasperata tra l’altro dallo scoppio della bolla speculativa della “New Economy”, dalle tensioni militari internazionali, dal pericolo di attacchi terroristici e, tanto per non cambiare, dalle nuove malattie infettive. L’aumento del prezzo del carburante e la contrazione della domanda hanno messo in ginocchio una parte importante del comparto aereo, che da anni sta registrando livelli di marginalità, declino e fallimento di numerose compagnie. Non ultime le chiusure della vicentina Myair e della slovacca Sky Europe, che si aggiungono al lungo necrologio di compagnie low cost che sono state costrette a chiudere i battenti per l'impossibilità di far fronte alle spese di gestione. Senza contare le diverse licenze sospese dall’ Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, a causa della presenza di debiti per milioni di euro e dell’insolvenza di alcune società di trasporto aereo. Bilanci in rosso e fallimento sono gli spettri che aleggiano sulla fine delle compagnie low cost, per lo più costituite da piccole imprese nate da poco e prive di liquidità. Ecco dunque crescere, da parte delle compagnie, l’esigenza di arginare le perdite da un lato e smuovere il mercato dall’altro, ormai statico e tendente verso un costante ribasso con ridotti margini di profitto a causa della concorrenza spietata tra le diverse compagnie, avviata proprio dalle feroci politiche di prezzo delle società low cost.

Un fenomeno, quello delle Low Cost, che riuscì a scalfire non solo il potere delle grandi compagnie aeree, grazie ad una politica di costo aggressiva in grado di tagliare in modo radicale i prezzi e quindi incrementare le proprie quote di mercato a scapito delle big company, ma di rilanciare l’importanza degli aeroporti minori, con voli diretti a costi contenuti. Tuttavia abbattere i prezzi in una fase di recessione economica non è facile, soprattutto se si è costretti a fare acquisti in condizioni di

oligopolio o addirittura monopolio. Questo vale per l'acquisto dei mezzi, del carburante, della concessione di un leasing, dei software ecc. A prima vista può sembrare contraddittorio, ma in tempi di crisi le compagnie low cost sono particolarmente fragili, non solo per le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, ma anche per la forte correlazione tra l’andamento dell’economia e quella del traffico aereo. Questo si deduce dal fatto che nella fase ascendente del ciclo economico, il trasporto aereo ha un ritmo maggiore di espansione, mentre nella fase

discendente ha un ritmo minore o addirittura una contrazione. Pertanto, in una fase di crisi economica, venendo meno una parte consistente della domanda e quindi di clienti, i margini di guadagno, già esigui, si riducono ulteriormente, portando in perdita i bilanci delle società. Inoltre, anche nelle prime fasi di rilancio del ciclo economico, il settore del trasporto aereo presenta caratteristiche peculiari. Infatti, la ripresa è assai più lenta rispetto a quella di molti settori industriali ed in particolare rispetto a quella dei beni di consumo durevoli. Ciò dipende dal fatto che la domanda di trasporto, può essere rinviata a lungo contrariamente a quanto accade per gli altri beni. Con le compagnie aeree che dichiarano uf fi cia lmente fallimento con un semplice comunicato, con inevitabili disagi per migliaia di passeggeri bloccati in diversi aeroporti europei, il trasporto aereo inizia a perdere credibilità e fiducia, innescando quel circolo vizioso che va ad intaccare quei fattori critici che concorrono al successo e al buon funzionamento del settore. Ecco dunque che un pensiero e una domanda cominciano a prendere forma. Ma le low cost hanno veramente un futuro, una solida base sulla quale ergersi? Oppure sono solo uno specchietto per le allodole, che al primo soffio di vento un po' più deciso perdono quota per schiantarsi malaPag. 2 mente al suolo? La domanda

La guerra dell’appalto in Trenitalia: le pulizie ad un’azienda tedesca La “Dussmann Service” si prepara a migliorare le condizioni dei treni italiani Settembre 1943. La guerra incombe. Il popolo napoletano è stremato dalle privazioni e dalla fame, dai bombardamenti, dalle razzie e dalle barbare rappresaglie dei soldati tedeschi. Ma dopo quattro giorni di duri e sanguinosi combattimenti i tedeschi sono costretti a ripiegare e a lasciare la città. Sono queste, le storiche Quattro giornate di Napoli. Settembre 2009. Dopo la guerra consumata tra le aziende di pulizia che ambivano ad accaparrarsi gli appalti di Trenitalia, la fatidica gara viene vinta dai tedeschi. Già, perché i vagoni delle vetture Trenitalia, delle tratte regionali campane e molisane saranno nelle mani delle imprese di puli-

zia italiane ma con il “marchio” di una ditta tedesca, quello della «Dussmann Service». Questa volta necessitava proprio rivolgere gli occhi altrove. Questa volta, dopo più di sessanta anni di storia, era necessario chiedere l’aiuto ad un’azienda tedesca. Un’operazione avventurosa ma non si parla di storia, che è sicuramente assai più complicata e brutale; è forse con l’ironia verso i miti fondanti della repubblica italiana che questa volta ci accingiamo a risolvere una questione nazionale. Perché non erano più tollerabili le condizioni dei lavoratori lasciati anche senza stipendio, le condizioni igieniche dei treni italiani; disagi, sporcizia, disservizi sopportati ormai da troppo tempo dai passeggeri. Sembrava quasi che i viaggiatori, pendolari, turisti italiani e stranieri, stessero subendo una guerra non loro. Una guerra che hanno troppe volte pagato a causa di viaggi in vagoni sporchi o mal puliti. Va fatta pulizia quindi, proprio nel settore pulizia. Una musica che potrebbe cambiare, o almeno così si spera visti i numeri e il background che può vantare il colosso teutonico che ha vinto l’appalto. Una delle Pag. 2 principali aziende operante

All’interno “Comm’è bella ‘a città ‘e Pullecenella”. Ma Petito era un’altra cosa

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Videoterminal in stazione Pag. 4

C.T.P. prima azienda vagabonda Pag. 5

La tassazione separata Pag. 6

Fortapàsc, l’ultima stagione di Siani Pag. 7


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La guerra dell’appalto in Trenitalia: le pulizie ad un’azienda tedesca - segue da pag. 1 nei servizi di pulizia e di facility, presente in 26 Paesi con oltre 50 mila addetti e presente in Italia da 40 anni. E questa volta il grande colosso teutonico non è italiano, bensì tedesco. Ormai gli enti verificatori avevano costatato l’inefficacia del servizio che le imprese di pulizia svolgevano, per non parlare dei viaggiatori che si trovavano in situazioni insopportabili e che addirittura lamentavano la chiusura dei servizi igienici, probabilmente per evitare di farli sporcare o per non far vedere in quale stato riversavano; Trenitalia aveva assolutamente bisogno di risolvere il problema, che per la Campania riguarda i servizi di pulizia in 13 impianti di Trenitalia dislocati tra Avellino, Benevento, Campobasso, Napoli, Pozzuoli, Battipaglia, Salerno, Sapri e Torre Annunziata, dove si sta facendo di tutto per disinnescare una situazione diventata troppo esplosiva. Basta pensare infatti al malcontento di tutti quei lavoratori che non vedevano pagarsi gli stipendi dalle precedenti ditte, agli atti di protesta in alcune stazioni legati proprio all’avvicendamento tra le vecchie ditte e la nuova vincitrice dell’appalto e di quanti ancora non hanno visto realizzato il “passaggio di cantiere”. Molti lavoratori avevano posato gli spazzoloni e imbracciato plichi di volantini che venivano distribuiti ai viaggiatori che salivano e scendevano dai treni: i convogli sarebbero rimasti sporchi sino a quando Trenitalia avrebbe fatto gare d’appalto al ribasso, non inserendo la clausola sociale prevista dal contratto di lavoro delle attività ferroviarie. E si sa, il pensiero di perdere un posto di lavoro induce alla paura, paura che alimenta la protesta, mobilita la rivendicazione della cosiddetta clausola sociale, che nei contratti

La chiusura delle compagnie low cost… - segue da pag. 1 è inquietante e il rischio che nei mesi a venire si possa assistere al tracollo di qualche altra compagnia potrebbe non essere poi così irreale. In fondo non è la prima volta che migliaia di passeggeri rimangono a terra e centinaia di lavoratori da un giorno all’altro perdono il loro impiego; sono proprio loro le uniche vere vittime del declino economico che investe oramai il mondo intero e dal quale si sta cercando di uscire con modeste manovre di correzione dei mercati da parte dei governi locali. Una categoria, quella dei lavoratori, destinata a pagare i costi di una politica che tiene insieme perdita di competitività e rottura dei vincoli di solidarietà sociale; che vive sulla propria pelle le trasformazioni del lavoro imposte dalla globalizzazione dei mercati, con rapporti di lavoro più flessibili in cambio di una maggiore partecipazione, formazione e informatizzazione, per poi perdere il lavoro non appena la domanda di mercato si contrae. L’introduzione di politiche di Low Cost ha sì stimolato l’innovazione nelle compagnie tradizionali, ma le stesse società non possono limitarsi ad una fragile strategia di competizione sul prezzo ma dovranno essere capaci di sopravvivere alle crisi cicliche dell’economia, con politiche che mirano ad innalzare il livello qualitativo del servizio erogato a prezzi contenuti, mantenendo le rispettive quote di mercato. In questo modo anche il lavoratore più precario o flessibile sarà tutelato quando l’economia stenta a riprendersi. Francesco Di Palma

garantisce il mantenimento dei dipendenti nel caso in cui cambi l’appalto. Ma per Trenitalia, la principale società italiana di gestione del trasporto ferroviario, era prioritario aprire il servizio a tutto il mercato europeo delle imprese specializzate, elevando gli standard di qualità attraverso contratti legati ai risultati ed alla soddisfazione dei clienti, attraverso più efficaci processi lavorativi. Soddisfare le richieste dei viaggiatori, perché si sa, il cliente ha sempre ragione. Ed anche per questo che, do-

po duri e difficili confronti sindacali, le gare hanno previsto come criterio di aggiudicazione quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non del massimo ribasso. È utile continuare a tenere alto il livello di guardia, visto che per ora sono stati assunti dalla Dussman Service, solo una parte dei 103 addetti, anche per tener fede all’accordo nazionale che prevede il totale impiego, nel rispetto della clausola sociale previsto dal CCNL di settore. Infatti nel verbale di accordo per il cambio di appalto siglato dalle Segreterie Nazionali delle Organizzazioni Sindacali presso la sede di Trenitalia, era stato stabilito il “transito” di tutti quei lavoratori precedentemente impegnati sui servizi interessati dalla società

Dussman Service, con passaggio diretto e con contratto di lavoro subordinato, mantenendo i trattamenti economici, normativi e retributivi in atto al momento del passaggio, comprese le anzianità di settore maturate, e senza alcuna riduzione di orario. Entro trenta giorni dal cambio di appalto si procederà inoltre ad una verifica dell’effettiva rispondenza dei lavori all’attività e ai cantieri oggetto dell’appalto ed alla determinazione delle integrazioni organiche necessarie. È chiaro che fino a completa definizione del processo, non si potrà considerare evasa e rispettata la procedura definita nei bandi e ricompressa nell’accordo nazionale. Una guerra a lieto fine? Almeno così si auspica, per evitare che avvenga ciò che è successo con le aziende precedenti che erano subentrate negli appalti ma non avevano mantenuto gli impegni assunti con Trenitalia. In una situazione economica già di per sé insostenibile non è immaginabile scaricare sul lavoro costi e responsabilità che ad altri vanno ascritte. È necessaria la presenza di un organismo bilaterale in grado di verificare la qualità e l’effettiva fruibilità dei servizi resi, istituire Comitati di vigilanza e controllo congiunti, realizzare Help desk permanenti nelle stazioni ferroviarie, informativi sui diritti del passeggero, in grado di raccogliere e attivare procedure conciliative. Questo è dunque solo l’inizio. Una guerra conclusa a metà. L’ottimismo sulle prospettive di crescita c’è, unito alla fiducia di ottenere risultati efficaci sul nuovo management; ora si aspetta che gli effetti di questo cambiamento di gestione non restino una chimera, che non segna il cambiamento ma un’ulteriore involuzione dei diritti di tutti lavoratori e del servizio. Paola Arrighini

Ma dove sono stati i bus di ANM? Questa volta i dipendenti erano ancora in ferie? Quale contratto di servizio lega l’azienda al Comune, se non si prevede il servizio per eventi organizzati dalla stessa proprietà? La linea 2 gestita da Trenitalia, che ha appena rinnovato un oneroso contratto di servizio con la Regione, perché ha interrotto il servizio normalmente? Avevamo letto che erano stati previsti tutti gli eventi e molti cittadini ci avevano creduto, ma forse non sapevano che il servizio resta ancora una variabile indipendente dai contratti? Ormai appare evidente a tutti, anche agli stranieri, che la Campania non è affatto l’isola di efficienza nel settore dei Trasporti, lo iato che esiste tra gli annunci e la realtà quotidiana non è più celabile e non si possono trasfigurare in occasionali ed imponderabili, quelle carenze organizzative, gestionali e strutturali delle Aziende di trasporto, che, in questi anni, lasciate irresponsabilmente sole al loro declino, segnano inequivocabilmente la sconfitta in un settore che invece si continua a magnificare come efficiente e da portare ad esempio. L’efficienza e l’efficacia di un comparto non si può assolutamente misurare solo con la capacità di spesa nella realizzazione delle infrastrutture, non sono le gallerie che interessano, ma la qualità e la quantità di servizi offerti. Se si legge che offriamo la possibilità di fornitura dei bus ad altre regioni, ci aspetteremmo di averne prima in Campania! Se leggiamo di ultramoderni treni regionali, ci aspetteremmo di trovarne di normali ed accessibili sulle nostre linee regionali! Se c’è grande sinergia tra Trenitalia e la Regione ci aspetteremmo di accorgercene quando i treni servono ai molti! Ma questa è la realtà che tutti i giorni ci troviamo di fronte e non ci piace, questo è il trasporto che troviamo la mattina per andare a lavoro o a scuola e non soddisfa, purtroppo pare che nessuno voglia prendere in esame che una cosa sono gli annunci altro è la produzione, che, a differenza dei primi, si verifica in tempo reale e, sventuratamente, da troppi anni le due cose non corrispondono mai! Luigi Simeone

A S. Maria la Bruna il lifting dei treni regionali Il revamping riguarderà 243 vetture e rinnoverà completamente i convogli Nella residenza napoletana di Villa Ferrigni, nel lontano 1835, Giacomo Leopardi compose i suoi ultimi versi. Ora, a meno di due secoli di distanza, ma a pochissimi metri di lontananza, i tecnici delle officine di Santa Maria La Bruna sembrano quasi voler sfidare il suo ultimo pensiero. Ne “La Ginestra” il poeta descrisse il suo concetto di natura, spietata e deputata a rovinare ogni opera umana con la sua inarrestabile forza. Le maestranze di Torre del Greco, invece, negli ultimi mesi e nei prossimi a venire, lavoreranno giorno e notte sfidando proprio le sue leggi, riportando a nuova luce vagoni usurati dal tempo. A breve saranno 117 le vetture sottoposte al revamping (gergo tecnico per definire il lifting dei vagoni ferroviari) che saranno destinate a viaggiare tra la Campania e la Puglia. Le operazioni, però, riguarderanno 243 vetture in totale, e verranno tutte eseguite nelle officine di Santa Maria La Bruna, specializzate nella manutenzione e nelle grandi ristrutturazioni di carrozze ferroviarie. Lo stabilimento di Torre del Greco è una realtà produttiva che da anni si segnala come polo di eccellenza e che, con i suoi 172mila metri quadrati di superficie, di cui 57mila coperti, costituisce la prima officina in Italia per la manutenzione delle carrozze.

Ogni anno sono circa 300 quelle sottoposte ad interventi di manutenzione, eseguiti in un impianto sempre al lavoro che conta 445 addetti e che nel 2008 ha realizzato un valore produttivo pari a circa 83 milioni di euro. Il progetto di revamping rientra tra le attività previste dagli accordi inclusi nei Con-

tratti di Servizio siglati tra Regioni e Trenitalia (la Campania è stata la prima a firmare l’intesa, per sei anni). Lo scopo è quello di migliorare le condizioni di viaggio dei pendolari, incrementando il comfort e perfezionando l’affidabilità dei viaggi futuri. Le carrozze interessate saranno oggetto di un completo rinnovamento. Tra le novità si segnalano la testata in vetroresina, che consentirà una maggiore visibilità, e soprattutto l’installazione del controllo di marcia del

treno con il sistema tecnologico di bordo. In merito al miglioramento del comfort, sono previste l’installazione del sistema di climatizzazione su ogni carrozza e la sostituzione dell’impianto di riscaldamento con uno più efficace e meno rumoroso. Infine saranno montate a bordo prese elettriche e gli interni saranno completamente rigenerati, con arredi antigraffio e sedili antivandalo. Il costo dell’operazione di rinnovamento delle 41 carrozze destinate alla Campania sarà di circa 720 mila euro (3200 euro a posto offerto). Entro il 2010 saranno pronti i primi cinque convogli, composti da una carrozza attrezzata con cabina di guida e da quattro vagoni. Il primo, riservato alla Campania, sarà consegnato questo mese e sarà destinato alla linea Napoli-Salerno. Giancarlo Laguzzi, direttore della divisione passeggeri regionale di Trenitalia, in occasione della presentazione del primo convoglio ristrutturato ha sottolineato che il revamping non esclude l’acquisto di convogli totalmente nuovi, per il quale, in conseguenza della ricapitalizzazione, il CdA ha già deliberato a favore. Parte dunque da S. Maria La Bruna un esempio di eccellenza lavorativa tutta campana e la sensazione che finalmente l’attenzione si stia spostando anche verso quei viaggiatori finora oscurati dalla luce dai riflettori dell’Alta Velocità. Umberto Esposito


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Più trasparenza negli appalti pubblici L’arcipelago della logistica ferroviaria Crisi nel settore delle pulizie, quale futuro per gli operatori? La rapidità accompagnata dall’obiettivo di crescita La domanda sale, le risorse calano ed i servizi finiscono sempre più appaltati al privato. Un privato che spesso non opera dignitosamente. Cooperative e soprattutto terzo settore. Un dato non negativo di per sé, se non fosse che si accompagna ad un sistema di controllo carente e a procedure di affidamento non sempre trasparenti. Soprattutto il settore delle imprese delle ditte di pulizia è ormai in fermento da numerosi anni, a causa dell’incertezza che ha sempre caratterizzato la fase di cessazione dei rapporti di lavoro in occasione della scadenza degli appalti. Problemi sempre crescenti per quei lavoratori che si occupano del servizio di pulizia presso specifiche aziende, che dopo il fatidico cambio d’appalto, si trovano a fare i conti con la diminuzione del monte ore settimanali e con la conseguente riduzione di stipendio. Nonostante il Contratto Nazionale delle imprese di pulizia preveda, al cambio d’appalto, l’assunzione obbligatoria da parte del subentrante di tutto il personale alle medesime condizioni del contratto precedente, il più delle volte tutto questo non succede. Non sempre le aziende subentranti sembrano volersi assumere tutte le responsabilità necessarie. E la difesa occupazionale sembra ancora una volta, obiettivo da tener ben prefisso. Collasso del settore? Forse si, forse è da attenderlo. Ad aggravare ulteriormente il destino delle imprese del settore delle pulizie sono i ritardati pagamenti della Pubblica Amministrazione, la crisi della liquidità e gli effetti della crisi industriale. Ma la lotta più urgente rimane sempre quella di cercare di rendere più trasparente il mercato degli appalti di servizi pubblici e privati, di impedire e scoraggiare l’applicazione di contratti pirata sottoscritti da associazioni senza alcuna rappresentatività che favoriscono la concorrenza sleale da parte delle migliaia di false imprese e false cooperative, che operano indisturbate e senza controlli sul mercato degli appalti pubblici. Ci sono imprese che sino ad oggi hanno gestito questo

grande “business” quasi in regime di monopolio, spingendo per ottenere il rinnovo degli appalti ai consorzi che li hanno sempre gestiti, scaricando sui lavoratori la loro incapacità a stare sul mercato e di fornire servizi di qualità adeguata. E capita a volte che dove ci si aspetta il rispetto delle regole è proprio dove invece accade di tutto ed era prevedibile un periodo così difficile per gli appalti nel settore delle pulizie, proprio dove i lavoratori sono più deboli. Ed intanto il malessere generale cresce. La contraddizione più incredibile è che nella stragrande maggioranza delle aziende non si è riusciti a garantire una gestione del cambio di appalto nel rispetto delle regole e succede quindi che il personale lavora senza che sia stato firmato un regolare contratto, né fornito il materiale, senza percepire un regolare stipendio e perdendo ore o salario dal cambio di appalto. Non resta che affidarsi alla normativa di riferimento, anche se risulta piuttosto stratificata e complessa, una normativa che a volte non favorisce affatto la definizione del contratto collettivo di settore che è divenuto sempre più pregnante e che richiede necessariamente un repechage dei lavoratori già operanti presso l’appalto e che invece oggi, detta regole fra loro diametralmente opposte. L’attuale normativa, nella sua moderna configurazione, mal si attaglia al dinamico mondo delle imprese dei servizi, e la perdita di un determinato appalto non deve assolutamente comportare una riduzione di attività, soprattutto quando gli appalti sono poi aggiudicati a breve distanza temporale. Bisogna evitare dunque di alimentare quell’incertezza del diritto che in Italia pervade quasi tutti i settori della vita civile e che ogni buon sistema normativo dovrebbe contribuire a fugare. È vero, il comparto ha numerosi problemi, ma è necessario avviare una serie di iniziative per fornire alle aziende strumenti adeguati per reagire alla crisi, una crisi che attanaglia chiunque e che si è stanchi di sopportare. Carmine Nesi

Nel 1929 iniziò la sperimentazione della logistica ferroviaria con l’I.N.T. (Istituto Nazionale Trasporti), SpA di completa appartenenza a quella che fu l’antica Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato. In seguito, prima di cedere il passo a nuove stagioni con altri “knowhow”, dal cilindro magico di FS sbucò un treno multimerci denominato Omniaexpress, che giornalmente per una manciata di anni salpò le rotaie dello stivale, attraversando con andata e ritorno l’intera dorsale appenninica (da Milano a Napoli). Trasportava di tutto, in ausilio a FS: dal classico collettame, ai colli espressi e messaggerie (alimentari, fiori freschi, medicinali, ecc.). Con la riforma del 1991, FS cedette in blocco queste attività all’I.N.T., cosicché duecento persone fecero bene ciò che prima veniva fatto da 3000 dipendenti. Dopo qualche anno dal treno superveloce, veniva mutuato il nome della società (Omniaexpress) che successe al glorioso I.N.T.. Tuttavia, ulteriori specifiche attività di logistica erano e sono ad oggi svolte da altri operatori, il tutto nell’ambito di un sistema osmotico controllato dalla Capogruppo FS. L’Ailog, che è l’associazione degli imprenditori di questo settore, intende per logistica: l’insieme delle attività organizzative e gestionali che governano aziendalmente i flussi di merce dalle origini (presso i fornitori) fino alla consegna dei prodotti. Il termine evoca la sua chiara origine militare, sottendendo l’organizzazione che realizza il trasferimento delle vettovaglie. Tale richiamo antropologico ha fatto sì, nello spirito imprenditoriale, di velocizzare al massimo il trasporto. Quanto la rapidità sia accompagnata sempre dalla sicurezza degli addetti, dall’autista ai magazzinieri, bisognerebbe capirlo. Tornando all’arcipelago di FS, è possibile comprendere il ruolo delle società controllate o operanti in partnership, la cui visione sistemica resta improntata al paradigma principale: ricevere l’ordine dal fornitore, implementare la catena o filiera con la conse-

gna in tempi stretti, utilizzando strada, ferrovia o entrambe (intermodalità) con resa door to door e magazzino zero (niente in giacenza), avendo cura, fra l’altro, di poter o dover gestire lo stoccaggio, particolarmente complesso. Queste le aziende capaci di creare un network della logistica, controllate o nate da scorporazioni: si va da Cemat con i suoi treninavetta detti “shuttles” che sviluppano gli scambi commerciali fra i paesi europei, a Intercontainer che effettua trasporti combinati di casse mobili, con sede in Svizzera; a Serfer che si occupa di servizi di trazione ferroviaria, di manovra e progettazione raccordi. Vi è ancora una miriade di aziende fatte da dipendenti che danno letteralmente l’anima per il buon risultato. La new entry Italia Logistica, da non confondere con altri operatori, nasce come joint venture fra Ferrovie dello Stato e Poste Italiane, nel febbraio 2008. Gran parte del personale proviene dalla B.U. Omnialogistica ed ha grande esperienza nel settore, affiancato dai colleghi di SDA, azienda del Gruppo Poste Italiane. L’operazione viene sancita e benedetta dai vertici dei due colossi italiani del trasporto e delle comunicazioni. Missione: diventare nel giro di qualche anno uno dei maggiori operatori del trasporto merci e della logistica industriale a livello europeo. La nuova realtà imprenditoriale si propone, fra l’altro, di sviluppare la cosiddetta logistica inversa, ossia il flusso di merci che ritornano dal cliente al produttore, oltre alla logistica urbana. In pratica, lo spedizioniere entra in totale simbiosi con i committenti e i destinatari; ogni passaggio è monitorato con la dovuta attenzione. Ci si augura che venga scritta in un giorno non lontano una vera e propria magna carta di tutti i diritti e doveri, in ogni caso innovativa, che tenga conto dei carichi di lavoro (oltremodo onerosi rispetto alle attese dei committenti) aggravati talora da nastri lavorativi stressanti e con risorse umane minime. Arcangelo Vitale

“Comm’è bella ’a città ’e Pullecenella”. Ma Petito era un’altra cosa Pazza estate al Comune di Napoli, Vigili Urbani ed Ausiliari senza verbali, parte con ritardo la gara per la stampa dei blocchi Succede che nella città degli sprechi, del permissivismo ad oltranza, della politicizzazione estrema, dell’uso e abuso del cittadino, ci si possa concedere il lusso di una “leggera” distrazione ed omogeneizzare alla decadenza generale due voci fondamentali del settore mobilità, il corpo dei vigili urbani e quello degli ausiliari del traffico. In questa città, dove la maschera di Pulcinella perde il significato intrinseco passando dall’arguta ironia del vessato servo che denuncia il malcostume, alla mediocre interpretazione del “padrone” che s’improvvisa fine dicitore nel tentativo di plagiare lo stesso servo, sparisce Pulcinella ed appare il giullare, persona “eletta” che indossa di “diritto” la “trasformata” maschera di Silvio Fiorillo e successivamente del più noto Petito. Le “pulcinellate” vengono negli anni collegate ai politici che si alternano alla guida della nostra città, quindi chi più di ogni altro si distingue per scelte scellerate, incompetenza o, peggio, può (in realtà gli viene riconosciuto) arrogarsi il diritto di indossare la maschera. In questa città dove il contribuente viene puntualmente deluso, deriso e offeso, l’impunità spinge i politici, e, non solo quelli, ad una concorrenza feroce. Di conseguenza: lavori eseguiti più volte perché in fase di progetto non vengono interpellate le aziende che operano nel sottosuolo, poteri speciali vanificati, la continua vessazione verso i cittadini, l’impoverimento culturale, il turismo che non decolla, marciapiedi che diventano sale ristorante o da tè (sembra giusta l’ordinanza di liberare il lungomare dalle auto in sosta perché chi spende per pranzare nella “sala marciapiede” ha il diritto di godersi il panorama che è proprio di fronte), l’elenco potrebbe continuare all’infinito. Occasioni di rilancio perse con una puntualità svizzera, da noi, “napoletani”, che, nonostante l’immaginazione, proprio “svizzeri” non siamo. C’è da dire che le commissioni permanenti lavorano alacremente, gli studi di fattibilità e relative consulenze (documentate a bilancio e supportate da regolari fatture) dimostrano che c’è una straordinaria attività da parte della tanto vituperata classe politica. Lo spreco del denaro pub-

blico è un crimine, ma, incomprensibilmente nella nostra città non si riesce mai a trovare un responsabile (capri espiatori tanti) mai nessuno che paghi in prima persona in conseguenza al danno procurato. Cronologicamente, l’ultima geniale trovata per indossare la maschera dal naso adunco? Una semplice gara d’appalto per la stampa dei blocchi verbali utilizzati dalla polizia municipale e dagli ausiliari del traffico. È bastato resta-

questa pazza estate è stata penalizzata due volte: con la questione dei rinnovi permessi sosta per residenti, che una decisione mai presa ha fatto slittare a giugno regalando alla società, finora sempre puntuale, un danno d’immagine ed economico che diventa “trascurabile” se confrontato alle conseguenze dovute alla mancanza di blocchi verbali. Nella nostra città il pagamento della sosta è garantito dalla costante

re sordi agli allarmi lanciati dai responsabili che denunciavano il prossimo esaurirsi delle scorte. Le conseguenze sono facilmente intuibili: P.M. e ausiliari sono ormai da circa due mesi nell’impossibilità di sanzionare le infrazioni, il danno d’immagine va di pari passo a quello economico che, per chi ama quantificare, è rappresentato da diverse centinaia di migliaia di euro, potenziali incassi del Comune. Napolipark, riconosciuta tra le aziende municipalizzate, in continua evoluzione, che fa della sosta il suo core business, in

presenza degli ausiliari del traffico che sanzionano i trasgressori. I “soli” 320.000 verbali elevati lo scorso anno sono la palese testimonianza di quanto la professionalità e la diligenza di questi uomini sia riuscita a realizzare. Il lavoro fin qui svolto rischia di essere vanificato dall’incompetenza e la superficialità del nostro “ignoto” responsabile, che avrà ben poca soddisfazione ad indossare l’ambita maschera perché “costretto” dalle circostanze a restare anonimo, non così tutti i napoletani che sono da sempre acco-

munati alle “stravaganze” del rivisitato Pulcinella. Fin qui le responsabilità di chi amministra la cosa pubblica e non meno significative e palesi sono quelle del management della Napolipark. A fine giugno il responsabile del personale ha dato disposizioni ai suoi collaboratori di accettare richieste di ferie solo per i seguenti periodi, 1/15 e 16/30 agosto. Un atteggiamento vessatorio che si perpetra negli anni senza la possibilità di un confronto che possa risolvere il problema. Poi qualcuno si è reso conto di quanto stava per succedere e quindi ha suggerito un “dignitoso” dietrofront raccomandando ai collaboratori di accettare tutte le richieste di ferie. Anche in questo caso le responsabilità restano ignote; l’azienda avrebbe potuto tenere da parte un numero di blocchi sufficienti per poter “testimoniare” la presenza fattiva sul territorio anche nel periodo di carenza. Sarebbero bastati pochi blocchi ed un pugno di uomini. I lavoratori si dicono perplessi dall’atteggiamento aziendale, si sarebbero aspettati una strategia diversa che avesse visto azienda e sindacati seduti ad un tavolo al fine di trovare una soluzione transitoria in grado di baipassare il momento critico. Il suggerimento o indicazione che giunge dai lavoratori è una sorta di banca ore, un sistema proposto da alcune aziende che ne concerta i contenuti con le OO.SS.; nella fattispecie l’azienda avrebbe potuto proporre un’anticipazione di ferie (esclusivamente ad ausiliari, assistenti e coordinatori) per poi recuperarle in pochi mesi. La soluzione avrebbe potuto rivelarsi, oltre che un intelligente compromesso per il momento critico, un’opportunità per istituire un nuovo strumento d’incentivazione dove le parti avrebbero potuto trovare reciproca soddisfazione. Invece, per motivi sconosciuti ai più, Napolipark, in un momento simile paga ore di straordinario agli operatori della sosta. Difficile da spiegare, la fantasia degli ausiliari ha un limite. Al momento non si ha alcuna notizia sui tempi di consegna dei blocchi verbali, difficile fare una valutazione del danno complessivo ancor più immaginare i tempi di ripresa, il tentativo di omogeneizzazione è in atto. Vincenzo Montesarchio


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Videoterminal in stazione Stile underground, stile metropolitano …e se le aziende di TPL potessero farne un business? Guerra ai graffiti, Metronapoli azienda promossa Di certo vi sarà capitato di trascorrere qualche minuto, in una qualsiasi stazione, in compagnia di uno schermo tv che trasmette pubblicità, brevi notiziari o altro. Sempre di più, i videoterminali pubblicitari stanno diventando parte delle stazioni. Si tratta di un nuovo veicolo pubblicitario, ormai da tempo presente nelle principali stazioni ferroviarie delle aziende del gruppo EAV e funziona così: uno schermo televisivo, installato nelle aree di “attesa” dedicate ai viaggiatori, proietta a ripetizione diversi videoclip ai telespettatori di turno. Sia che venga usato per spot pubblicitari, o per notiziari flash, per gli oroscopi o per altri tipi di intrattenimento, è un mezzo di comunicazione che si adatta superbamente agli ambienti del trasporto pubblico. Questo perché la stazione è un luogo di passaggio per migliaia di persone ed è allo stesso tempo un luogo di attesa, dove ogni forma di intrattenimento e comunicazione viene ben accolta. Sono tante le potenzialità di utilizzo di questo mezzo, tanto che in alcune città italiane ed europee questi videoterminali si trovano anche all’interno dei treni stessi. Ma c’è da chiedersi a chi e a che cosa servono? Sono solo uno spot ingannevole, come spesso capita? Innanzitutto il videoterminale potrebbe essere un buon mezzo per interagire di più, e meglio, tra l’azienda e una clientela sempre distratta ma pronta a fare reclamo. Avendo a disposizione un simile strumento, la trasmissione di informazioni ai viaggiatori risulterebbe veloce, diretta ed efficace: si pensi a quanto un avviso alla clientela, o un videoclip aziendale sulle novità adottate a favore dei viaggiatori, o ancora un annuncio sugli eventi locali sponsorizzati dall’azienda stessa, potrebbero avvicinare l’azienda a coloro che sono fruitori e clienti…. Lo strumento potrebbe spingere più di un’impresa a pubblicizzare i propri prodot-

ti, non più con il solito manifesto alle pareti ma con un sistema interagente in cui anche il messaggio sarebbe più interessante, realizzando una gestione efficace che porterebbe, perché no, anche liquidità nelle magre casse aziendali. Tenendo presente che la sola Circumvesuviana, ad esempio, possiede un bacino di utenza pari a circa 36 milioni di persone l’anno, allora una gestione “in house” di un simile servizio sarebbe addirittura profittevole. Eppure, allo stato attuale, le aziende ferroviarie EAV non ricevono alcun vantaggio dalla presenza dei videoproiettori, né sotto l’aspetto di introiti finanziari, ma cosa ancora più incomprensibile, nemme no s ot to l’aspetto del servizio reso alla clientela, che vede e ascolta ma non sa che l’azienda di cui si serve non ci “azzecca”. Questo perché il business dei videoterminali è gestito interamente da Società esterne, che probabilmente, ci auguriamo contrattualmente, pagano una sorta di franchigia all’EAV. Va da sé che tutti i contenuti trasmessi, gli sponsor pubblicitari ed il resto sono ad appannaggio completo delle suddette Società, che non sono soggette a nessun controllo della società che li ospita. In altre parole, le società di trasporti, semplicemente, ospitano i videoterminali, non possono usarli per interagire con la propria clientela, né possono selezionare i contenuti delle trasmissioni, e tantomeno possono stipulare contratti di pubblicità con aziende sponsor. Ma allora che società sono diventate? Che ruolo commerciale possono svolgere se oltre ai biglietti non dispongono nemmeno degli spazi vitali di cui sono responsabili? Ma questa è solo un’altra occasione mancata di crescita economica per un settore che, notoriamente, oggi, attraversa una fase organizzativamente difficile ed economicamente drammatica. La redazione

La tribù armata di zainetto, lettori mp3, libri e una moltitudine di oggetti di svariato uso è pronta a scendere in una delle culle del nostro stile, la metropolitana, lo spazio undergound. Qui si incontrano persone di tutte le tendenze e gusti: qualcuno, noncurante delle telecamere presenti un po’ ovunque nella struttura metropolitana, scende in metro per fare tag, con le mani sporche di vernice colorata, intento a realizzare iscrizioni e disegni variopinti sulle porte dei treni. Qualcun altro, munito di bombolette ad inchiostro colorato gira tra i vagoni, per lasciare scritte sui sedili. Altri si esibiscono addirittura nella realizzazione di vere opere d’arte, su qualche muro, semmai all’ingresso della stazione, in qualche angolo ben visibile ai viaggiatori, per lasciare la propria impronta. Questo è un mondo variegato, fatto anche da artisti di strada, persone che rendono cool le fermate metropolitane, rallegrando i viaggiatori con stili di vita e tendenze, orientamenti nati e conosciuti proprio lì sotto, nelle metropolitane cittadine. Un mondo nascosto, fatto di snodi sotterranei che pulsano frenetici e convulsi. Studenti e a volte anche lavoratori, spesso veri e propri artisti. Basta guardarsi intorno per capire come la loro espressione sia arrivata anche qui: murales, graffiti, mosaici e scritte. Proprio come ogni luogo postmoderno, anche la metropolitana è diventata la nuova location per la trasmissione del lifestyle cittadino, influenzando lo stile urbano, contaminandolo e ricreando uno nuovo, lo stile underground. Stile che nasce e si contamina ogni giorno del vissuto quotidiano, sempre in continua evoluzione, come le diverse tendenze che lo animano: una “sottocittà” che vive frenetica e prospera di trend e novità. Ma non tutti amano queste nuove forme d’arte. Spesso i viaggiatori della metropolitana non apprezzano gli artisti underground, soprattutto quando,

più che arte, la loro risulta solo imbrattamento dei convogli metropolitani. Si deturpano pareti, si sporcano mura dei mezzanini con scritte, si rovinano le porte delle vetture metropolitane. Una vera e propria guerra dei graffiti. Un conflitto di improbabili interpretazioni artistiche, ma un conflitto costoso se si pensa a tutti i soldi che un’azienda si trova a spendere per rimediare ai danni inflitti alle opere e alle strutture. E in una struttura metropolitana come quella di Metronapoli, dove pullulano opere d’arte di enorme pregio e valore, sarebbe davvero un peccato se si verificassero episodi del genere. Ma per fortuna questi risultano sporadici; per fortuna a Metronapoli, grazie al personale di sorveglianza, si tutela tutta la struttura metropolitana garantendo, per quanto possibile, le linee metropolitane pulite e indenni da danni irreparabili. E per quanto i viaggiatori siano inclini a lamentarsi di servizi scadenti e inadeguati alle loro esigenze, questa volta c’è da dire che le linee metropolitane di Metronapoli sono state promosse: i viaggiatori cittadini che utilizzano il metro per i loro usuali spostamenti ammettono che viaggiare su un treno della linea 1, linea 6 o delle funicolari, è diverso dal viaggiare su un treno della linea 2, soprattutto in termini di comfort, sicurezza e affidabilità. Vagoni molto più puliti, stazioni d’arte ben tutelate, ambiente metropolitano più vivibile e salubre: la salvaguardia della struttura metropolitana è sicuramente un dato di fatto a Metronapoli. La dimensione del fenomeno delle tag è dunque gestita in maniera ottimale grazie alla sorveglianza sistematica e organizzata, all’azione di contrasto agli imbrattamenti, instaurando nei viaggiatori il senso di presenza e di attenzione dell’azienda, invogliandoli così, all’utilizzo del mezzo pubblico. P. A.

L’evoluzione di una figura professionale in Sepsa Da “storico bigliettaio” a “tuttofare”, sempre pronto al servizio dei viaggiatori e dell’azienda “È possibile avere un biglietto cortesemente?” La più classica e reiterata domanda rivolta dagli utenti agli operatori di stazione S.e.p.s.a. che presenziano i punti vendita lungo la linea ferroviaria, ha subito negli ultimi anni un processo involutivo di larghissima portata; un processo figlio delle logiche e dovute strategie aziendali orientate al potenziamento delle tecnologie strutturali che rientrano in un più grande piano di ammodernamento, teso a migliorare la qualità del servizio erogato. Scelte obbligate "per tenersi al passo con i tempi", caratterizzate dall'approfondimento di quel know-how che garantisca la giusta sicurezza degli/negli impianti, nonché gli adeguati comfort per l'accesso e la sosta degli utenti all'interno di essi. Scelte che aggiunte alla nascita nel dicembre 1994 del Consorzio Unicocampania (denominato all'epoca Consorzio Napolipass) che gestisce l'integrazione tariffaria in Campania delle 13 aziende di trasporto pubblico che ne fanno parte, rendono semplice comprendere quanto possa essere mutata o, chi preferisce, aggiornata nel tempo una figura professionale creata e retribuita per una sola ed unica mansione: la vendita dei titoli di viaggio. A molti potrà sembrare che oggi sia ancora così, ma allo stato attuale codesta, tra le diverse mansioni che competono agli "storici bigliettai", è quella che, sempre più spesso, porta loro via meno tempo, fatica e soprattutto responsabilità. Operazioni di gestione e controllo della cassa diventano così pura e mera routine; perfetti automati-

smi che il lavoratore inconsciamente declassa ad un secondo stadio di attenzione. Gli impianti in cui si presta servizio non sono gli stessi di un decennio fa, oggi li troviamo drasticamente cambiati, migliora-

così come le responsabilità annesse; se un tempo bastava "dividersi" solamente tra cassa e titoli di viaggio, oggi servirebbe quasi autoclonarsi per riuscire nel non più semplice intento di controllare (ed interve-

Interno della biglietteria della Stazione Mostra Sepsa ti, tecnologicamente avanzati; strutturati in modo tale da esigere rigide abilitazioni e formazioni per il personale addetto alle loro gestioni. A rigor di logica il lavoro aumenta,

nire laddove necessiti) impeccabilmente l'impianto di propria competenza. C'è da osservare, attraverso i monitor che proiettano le immagini delle telecamere di control-

lo, il regolare funzionamento ed utilizzo, da parte dell' utenza, di scale mobili ed ascensori; c'è da intervenire, attraverso operazioni manuali sui pannelli di controllo, in caso di loro anomalie e/o irregolarità; c'è da effettuare tempestivamente precise e rigide manovre di soccorso (allontanandosi dalla propria postazione) qualora un ascensore vada in blocco per qualsivoglia motivo durante il suo funzionamento. Bisogna controllare e gestire, dalla consolle di comando, il regolare utilizzo dei varchi di accesso in stazione intervenendo (allontanandosi dalla propria postazione) qualora un titolo di viaggio "decida" (e non così di rado) di bloccarsi durante la sua operazione di lettura e convalida. Resta infine la gestione dei punti di accesso secondari, per favorire ed agevolare gli utenti diversamente abili, e l'attento controllo dei sistemi anti-incendio rammentando sempre le dovute procedure da applicare sistematicamente in caso di primo intervento. Ed è proprio tra tutto questo porre attenzione ed essere vigili che capita di tanto in tanto di rispondere a quella vecchia e retorica domanda, accontentando l'utente, che ancora chiede soltanto un biglietto, ignorando di specificare la fascia territoriale di competenza, perché ovviamente riterrà che un personale così altamente qualificato abbia di certo, oltre il dono dell' ubiquità (richiamando gli interventi lontani dalla propria postazione) anche quello della telepatia. Roberto Intermoia


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Agosto nel trasporto napoletano. A.N.M., chiusi per ferie! I servizi pubblici nel periodo estivo per la città di Napoli sono diventati un miraggio Dopo un anno di lavoro e di stress, tutti aspettano le ferie estive, che nella maggior parte dei casi, coincidono con i mesi di luglio ed agosto. E proprio quando giungono queste agognate vacanze c’è chi preferisce andare a rilassarsi al mare, o in montagna, ma c’è anche chi per indisponibilità economica, per lavoro, per semplice scelta o per altri svariati motivi, resta in città. Purtroppo per costoro, per i poveri “vacanzieri della città”, in questi periodi iniziano dei problemi non poco rilevanti, perché si trovano a fare i conti con servizi al cittadino non semplicemente dimezzati, ma quasi del tutto annullati. Si pensi a quelle persone che hanno bisogno di cure mediche e che recandosi negli ospedali si rendono conto che la maggior parte degli operatori sanitari (medici, infermieri ecc.) sono in ferie, ci sono pochi sostituti e curarsi d’estate sembra quasi un’utopia. Si pensa di voler sbrigare una pratica in un ufficio pubblico? Ed ecco che la risposta è sempre la stessa: il personale addetto è in ferie e quindi tutto è rimandato a settembre. E se si parla del trasporto pubblico locale la situazione non cambia. Spostarsi in città d’estate è diventata impresa ardua. Quest’anno, (non che negli anni passati sia stato diverso), l’organizzazione estiva del sistema di trasporto pubblico locale dell’ANM ha ridotto in maniera evidente molte corse, ne ha soppresso alcune e ne ha infine create delle nuove riunendo insieme i percorsi delle

stesse linee soppresse. Inoltre nei mesi di luglio ed agosto, l’ANM ha totalmente abolito, senza creare alternative valide, le linee cimiteriali. Uno stato di cose che ha generato grosse lamentele da parte dell’utenza, sia per le lunghe attese alle fermate, nell’ordine dei 30-40 minuti sotto un sole infuocato, sia perché i cittadini lamentavano la scarsa informazione sui cambiamenti in corso. Una situazione paradossale che ha

fatto muovere non poche associazioni di consumatori, che hanno chiesto spiegazioni all’azienda. Un grave disservizio, che era evidente agli occhi di tutti, ha creato non pochi problemi anche agli operatori di esercizio, che sono stati costretti a mediare con l’utenza inferocita, che inveiva contro anche con minacce di vario genere. È assurdo pensare che una città come Napoli, che ospita nel periodo

estivo numerosi turisti, resti chiusa per ferie. È comprensibile che ogni lavoratore cerchi di scappare in vacanza nei mesi estivi, ma i periodi di ferie devono essere gestiti in maniera più oculata e manageriale, preparandosi per tempo ai momenti di ferie e non annunciando cosa fare per gli anni successivi scaricando le proprie responsabilità sui lavoratori, in ferie o in servizio, soprattutto quando si tratta di servizi pubblici come ospedali, uffici comunali e trasporti pubblici. È un eccessivo disservizio per una città a vocazione turistica come Napoli, a causa soprattutto della mancanza di una efficace programmazione giornaliera; le società partecipate del Comune di Napoli, che tanto costano in termini di risorse finanziarie all’Amministrazione, si permettono di eludere qualsiasi progettazione dell’ordinaria attività, determinando gravi emergenze in un periodo già di per sé disagiato. Ed è grave che un’azienda di mobilità urbana come A.N.M stabilisca la cancellazione di corse ed insopportabili attese di cittadini e turisti alle fermate, sfiancati dal caldo afoso. Giusto concedere ferie ai lavoratori e ancora più giusto garantire un efficiente servizio ai viaggiatori. Se si vuole che questa città rinasca riappropriandosi della sua dovuta dignità bisogna quindi programmare l’ordinario, affinché si scongiurino quelle emergenze che da troppo tempo affliggono la metropoli napoletana. Andrea Ausiello

C.T.P. prima azienda vagabonda Autoferrotranviere? Signorsì Signore! Il degrado del suo terminal bus è un’offesa all’intelligenza Le sanzioni disciplinari, una normativa da riesaminare Immaginate una città, ora immaginate, una piazza, una qualsiasi, adesso provate a mettere al centro della stessa città una stazione ferroviaria. Il prossimo pensiero, a logica umana, dovrebbe essere quello d’immaginare un terminal bus efficace ed efficiente vero?...Sveglia non siamo mica altrove, siamo nella capitale dei controsensi: Napoli! Ed ecco che dinanzi agli occhi appare un film già visto, gia passato e riscritto nelle menti di persone nate professionalmente in questa azienda! Scenari come demolizioni, spostamenti, dismissioni di depositi e succ e s s i v a (presunta) riorganizzazione, fanno parte oramai del DNA di chi lavora da tempo in CTP. C’è una lieve ma determinante differenza fra la realtà e il cinema. Difatti i film sono ciò che la mente può immaginare nel guardare scene girate ad arte da un abile regista, in CTP, invece, l’allucinante viaggio all’interno del terminal bus di piazza Garibaldi è un’infinita verità, creata e dimenticata a se stessa, una cruda realtà degna di un thriller. Forse qualcuno fa fatica a comprendere un quadro, una canzone, una fotografia, ma è chiaro alla mente e agli occhi di tutti l’abbandono in cui si trovano personale viaggiante, clienti e patrimonio aziendale. Un’azienda che si fregia di certificazioni di qualità di ogni genere e ordine, come può non tener conto di una situazione al limite della decenza? Sicurezza sul lavoro? Nemmeno a parlarne lontanamente! Non c’è una cosa che alla legge 626 non faccia ribrezzo. Non avventuriamoci poi lungo le strade che portano dritto alla questione dei servizi igienici! Ce ne sono due “volanti” per oltre 400 persone, ma non sono avvicinabili per le loro condizioni igieniche nemmeno dalla squadra antiterrorismo biologico, figuriamoci dal personale addetto. E la luce elettrica? C’è! Quella c’è! Ma solo grazie ad un cavo sospeso ed allacciato al contatore di un bar nelle vicinanze. Ma anche qui si deve stare attenti all’utilizzo dell’energia perché potrebbe

saltare il contatore. Ridicolo! Tante e troppe chiacchiere sbandierate ai quattro venti sono volate via assieme ai progetti, alle idee e alle speranze. Ordinanze sindacali (emesse dalla giunta del Comune di Napoli) in giacenza nelle scrivanie e pseudo minacce di sgombero forzato arricchiscono il panorama di schizzi di follia. Ma un dato è certo: ad oggi l’ipotetico luogo in cui dovrebbe essere trasferito “momentaneamente” il terminal bus CTP, non è stato ancora adibito e messo in sicurezza. Di chi le responsabilità? Di chi la competenza? Certamente il Comune di Napoli la fa da padrone, pronto solo a dettare sentenze senza mai dare risposte concrete. Del resto è sua consueta abitudine governare la città in questi modi e mandare allo sbando, non solo, i propri cittadini, ma anche i servizi a loro dedicati. Ma il Comune trova terreno fertile in un’azienda rilassata sui suoi enormi problemi e addormentata placidamente sui suoi deficit, disponibile e pronta solo allo sfaldamento delle sue linee e al loro spezzettamento. Una situazione al limite del paradossale insomma, una di quelle che fa rabbia e che produce nervosismo. Una delle tante potrebbe dire qualcuno, ma quel qualcuno non sa che non si è più disposti a correre dietro a mancanze. Gennaro Gambardella Ottenuto il Premio di Risultato in CTP dopo una lunga trattativa con la Dirigenza aziendale. Il Premio di € 977,00 sarà erogato il prossimo 27 settembre. Si è altresì concordato l’inizio della ristrutturazione aziendale con i prossimi concorsi interni di n. 20 Addetti all’Esercizio e n. 30 Verificatori Titoli Viaggio.

Ordine e disciplina. Queste le due parole che caratterizzarono un periodo politico particolarmente infelice per la nostra nazione, e fu con quello spirito che il legislatore scrisse il regio decreto148 del 1931. Questo articolato, come è ben noto, regola il trattamento giuridico degli autoferrotranvieri e alcune importanti positività come la stabilità d'impiego o la clausola di salvaguardia dell'art. 26, al netto della frase in esso contenuto “per quanto è possibile”, non possono essere disconosciute, ma anche il lettore più distratto nota la tendenza, da cui il legislatore si lascia prendere la mano, di militarizzare una categoria. Gradi per definire le gerarchie, missioni di qualunque durata all'interno del Regno e missioni all'estero, obbligo di indossare il vestiario uniforme e finanche un comma che legittima la precedenza a coloro che appartenevano al partito nazionale fascista, chiaramente abrogato in seguito. Ma dove il legislatore si è superato è nel paragrafo riservato alle disposizioni disciplinari. Questo titolo inizia con l'art. 37 che al primo capoverso recita “Le punizioni che si possono infliggere agli agenti sono le seguenti...”. Con questa manifesta espressione di sadismo comincia un'analisi delle possibili mancanze dettagliata in maniera certosina e le relative punizioni da applicare ad esse. Questa la legge, ma come al solito quello che conta è il buonsenso nella sua applicazione, infatti nella naturale evoluzione dei tempi, quasi tutte le aziende, consapevoli dell'anacronismo di applicare una legge del 1931 ai nostri tempi, hanno rielaborato la stessa con sistemi più logici per la nostra epoca. Quasi tutte dicevamo, ad eccezione di qualche piccola azienda che ritenendo onerosa la corretta applicazione dei contratti di categoria o del testo unico ritiene invece di seguire pedissequamente l'articolato del 148 usando il suo disciplinare come una clava. Tra queste eccezioni ritroviamo anche una grande realtà del TPL, la SITA. Questa azienda che esercita il trasporto extraurbano su gran parte del territorio nazionale, e che ha alle spalle una grande storia - che già abbiamo raccontato dalle pagine di questo giornale - diversamente dalle piccole aziende a cui ci riferivamo è molto attenta nel rispettare tutte le leggi e gli accordi

sottoscritti. Quindi la logica vorrebbe che anche essa, in quel processo osmotico di modernizzazione, avesse un po' addolcito l'applicazione disciplinare del 148. Ma così non è. La SITA rispetto al Regio Decreto 148 è rimasta al 1931, già nelle contestazioni di addebito essa si rivolge ai propri dipendenti con una forma impersonale tipica di quei tempi “ella”, rimarcando così quel concetto tipico di tenere a distanza che i militari usano nel rivolgersi ai propri subordinati. Anche le gerarchie assumono un aspetto determinante nella vita aziendale, infatti gli addetti all'esercizio hanno un potere diverso rispetto alle altre aziende, molte volte intraprendono azioni di rivalsa verso il personale solo per ribadire la propria autorità, con modi spesso discutibili, e l'azienda, anche di fronte ad evidenti errori da parte di questi ultimi, difende a prescindere i suoi “caporali” applicando sanzioni disciplinari in maniera spropositata. Negli ultimi tempi poi, con l'aumentare delle comunicazioni telematiche, basta un

qualsiasi esposto di un viaggiatore per contestare e condannare immediatamente il Lavoratore, che, contrariamente allo spirito del nostro sistema giudiziario, è colpevole fino a prova contraria. E allora fioccano gli art. 42 del 148 con giornate di sospensione che ledono le economie ma sopratutto la dignità di chi le subisce. Nasce così tra il personale quel sentimento di rivalsa che contrasta la fidelizzazione di cui ogni azienda dovrebbe far tesoro. Forse è giunto il momento di scrivere nuove regole, non dimenticando quanto di buono è scritto nella 148, mettendo da parte però quegli atteggiamenti e quelle costrizioni appartenenti per fortuna a tempi ormai lontani Antonio Aiello


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La tassazione separata

Non ti ascoltano? Niente multa!

Le aliquote differenziate, quando e perché

La sanzione è nulla se il Prefetto non riceve

Spesso tra i lavoratori, soprattutto nei periodi di rinnovo contrattuale, si sente parlare di “tassazione separata”, intuendo che una parte indefinita dei propri guadagni viene sottoposta ad una diversa tassazione. Ma quando e perché si applicano aliquote differenziate, e soprattutto, rappresentano un beneficio o un danno per il lavoratore dipendente? Innanzitutto è bene sottolineare che sono soggetti a tassazione separata esclusivamente i redditi che pur assumendo rilevanza fiscale al momento in cui sono percepiti, si formano nel corso di uno o più periodi d’imposta antecedenti a quello in cui sono riscossi. In questo modo per evitare che il contribuente, all’atto della liquidazione degli arretrati, subisca un carico fiscale elevato a causa della progressività delle aliquote Irpef, si adotta un criterio di tassazione in base al quale una parte dei redditi si considerano separatamente dagli altri redditi posseduti nello stesso periodo d’imposta. Questo può essere il caso del Trattamento di Fine Rapporto, che trattandosi di somme di denaro a formazione pluriennale percepite, una volta cessato il rapporto di lavoro dipendente, è soggetto a tassazione separata in base ad un’aliquota media, calcolata secondo specifici criteri stabiliti dall’art. 19

del Testo unico delle imposte sui redditi ed in relazione ai cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione. A riguardo, si ricorda che poiché il TFR è riscosso al netto dell’imposta dovuta, chi lo riceve non è tenuto a dichiararlo nella dichiarazione dei redditi per effetto della ritenuta alla fonte al momento della liquidazione. Mentre per gli emolumenti arretrati, che comprendono tutte quelle somme corrisposte per anni precedenti a quello in cui vengono percepite per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, si applica un’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all’anno in cui sono percepiti. Tuttavia, se in uno dei due anni anteriore non vi è stato reddito imponibile, il datore di lavoro applicherà un’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto dell’altro anno. Infine nel caso in cui non vi è stato reddito imponibile in nessuno dei due anni precedenti alla liquidazione degli arretrati, si applica l’aliquota prevista per il primo scaglione di reddito. F. D.

Dopo una lunga e travagliata diatriba che ha visto in campo Giudici di Pace e Prefetti, è intervenuta la Suprema Corte per ristabilire un principio sancito anche dalla legislazione Italiana (legge 689 del 1981). Le legge stabilisce il diritto di chi subisce una multa a fare ricorso e ad essere convocato dal Prefetto per spiegare i motivi dell’opposizione. In più, il Codice della strada, modificato nel 1992, prevede che il Prefetto emetta l’ordinanza (ovvero la decisione sul ricorso) solo dopo avere sentito gli interessati che ne abbiano fatto esplicita richiesta (art. 204). Spesso, però, il diritto del conducente alla convocazione non viene rispettato. Capita, per esempio, che gli uffici prefettizi (già surclassati di lavoro) spediscano l’invito a comparire ad un indirizzo sbagliato, con il risultato che il vero

destinatario della lettera non la riceve. Da qui l’intervento della Corte Suprema. Infatti la Cassazione ha dovuto ribadire un concetto fondamentale: “il rifiuto di ricevere un cittadino che ne faccia richiesta viola le regole”, rendendo addirittura illegittima l’ordinanza (sentenza 13622 depositata 11 giugno 2009). Quindi, chi, nonostante l’espressa richiesta, non è convocato da un Prefetto, può fare ricorso al Giudice di Pace e la multa verrà annullata. Di seguito verranno elencate, in specchietti esemplificativi, quali sono le strade per l’opposizione di un verbale. Per ricorrere contro una multa, ci si può rivolgere al Giudice di Pace o al Prefetto della città dove è avvenuta l’infrazione, entro 60 giorni dalla notifica del verbale. G. G.

Ecco cosa può succedere se ricorrete al Prefetto, chiedendo di essere ricevuti:… Vi convoca ma…

Non vi riceve e vi boccia

Vi da ragione senza vedervi

Il prefetto vi convoca, però respinge il ricorso, raddoppiando l’importo della multa. L’eventuale taglio dai punti patente viene confermato.

Non ricevete la lettera di convocazione del prefetto, che respinge il ricorso, raddoppia la multa e conferma il taglio dei punti patente.

Il Prefetto non vi convoca; tuttavia accoglie il ricorso, annullando la multa: niente sanzione né eventuale taglio punti patente.

MEGLIO ARRENDERSI

VITTORIA SICURA

LO AVETE CONVINTO SUBITO

Potete ricorrere al Giudice di pace della stessa città entro 30 giorni dall’ordinanza prefettizia. Molto probabilmente, verrà confermata la multa fissata dal Prefetto.

Un ultimo sforzo per fare cancellare la multa: ricorrete al Giudice di Pace della stessa città entro 30 giorni dall’ordinanza, citando la sentenza 13622/2009 della Cassazione.

Vittoria istantanea, cancellazione del verbale. I motivi scritti nella vostra lettera del ricorso erano più che sufficienti.

Respira bene e vivi meglio!

Scompare un po’ di “allegria”

La respirazione addominale per prevenire ansia e dolore

Addio ad uno dei creatori della TV italiana

La respirazione è un processo vitale mediante il quale assumiamo ossigeno dall’ambiente esterno. Essa si compone di due meccanismi: inspirazione ed espirazione. L’inspirazione è un processo attivo in cui si contraggono i muscoli inspiratori che di lata no il tora ce p er mettend o l’introduzione dell’aria nei polmoni. L’espirazione è un fenomeno normalmente passivo in cui i muscoli inspiratori si rilassano e gli organi tornano alla loro posizione originaria. La frequenza respiratoria media è di circa 14 atti al minuto; nelle donne è superiore perché la respirazione non è addominale o diaframmatica (costoinferiore), bensì prevalentemente costosuperiore.

Normalmente la respirazione non dipende dalla nostra volontà, ma è influenzata dagli stimoli provenienti dai siti cerebrali che ne controllano i movimenti. Tuttavia, è noto

che le emozioni possono modificare profondamente la respirazione, influenzando in tal modo anche la qualità della vita del soggetto. Infatti, lo stile di vita odierno, caratterizzato da frenetici ritmi stressanti, incide inevitabilmente sul nostro modo di respirare, ne consegue che la stragrande maggioranza della popolazione occidentale esegue una respirazione di tipo costo-superiore, caratterizzata da espirazione accelerata o prettamente orale: in tal modo si mantiene per tutta la giornata un blocco inspiratorio per cui è come se trattenessimo sempre l’aria dentro, senza buttarla fuori mai. Questo determina una retrazione del diaframma e dei muscoli inspiratori che degenera in altri tipi di disturbi come l’asma, problemi all’apparato digerente (cattiva digestione, gastriti, stitichezza), difficoltà circolatorie, dolori lombari, ecc. La respirazione addominale o diaframmatica rappresenta la risposta preventiva nei riguardi delle patologie sopra elencate, che ristabilisce il benessere dell’individuo sia fisico che mentale, infatti la respirazione adeguata consente di migliorare i processi metabolici dell'intero organismo, nonché circolatori, e inoltre di prevenire l'insorgenza degli stati di ansia tramite un maggior controllo dell'emotività e dello stress. Essa infine consente una maggiore capacità di concentrazione e rilassamento, non a caso è una degli esercizi centrali della tecnica di rilassamento per eccellenza, il training autogeno. Il ripristino della corretta funzionalità diaframmatica è pertanto di grande importanza per la salute psicofisica, ogni persona dovrebbe, dunque, esercitarsi ad una rieducazione respiratoria partendo dalla presa di coscienza della propria respirazione. M. Rosaria Porcaro La Dottoressa Porcaro (Psicologa) è a disposizione per ogni Vs. quesito che potrete inoltrare al seguente indirizzo e-mail: maraporcaro@yahoo.it

Vi dirò, è la prima volta che mi capita di scrivere un articolo di questo tipo, grezzamente definito necrologio. Un pezzo motivato dalla morte improvvisa di una figura importante, ma ciononostante non voglio e non vi angustierò con considerazioni sulla morte improvvisa di Mike Bongiorno, ma preferisco celebrarne la vita e i traguardi, 85 anni di vita vissuta splendidamente, appieno, e anche con qualche colpo di fortuna. Nato in America, italiano per discendenza grazie ad un nonno siciliano, Mike Bongiorno ne ha passate prima di approdare in televisione. Tornato in Italia a causa della separazione dei genitori, si trasferì a Torino, dove cominciò la sua esperienza nel mondo del giornalismo come ‘galoppino’ per La Stampa. Impossibile non menzionare il fatto di come abbia combattuto la seconda grande guerra nei gruppi partigiani. Catturato e detenuto prima a San Vittore, dove conobbe Indro Montanelli, e poi in un campo di concentramento, venne liberato grazie ad un operazione di scambio di prigionieri. Dopo la guerra ritornò in America, e il suo grande ritorno nello stivale fu nel 1955, quando cominciò a condurre la versione italiana del ‘The 64.000$ Question’, Lascia o Raddoppia, quiz televisivo che ha fatto la storia della televisione italiana e lo ha reso nuovo mezzo principe tra i media in Italia. I più maturi tra i nostri lettori forse ricorderanno delle folle che si radunavano nei locali e nelle stesse case munite di televisori all’ora fatidica. Per elencare i successi e tutte le trasmissione di Mike ci vorrebbe un numero intero di questo giornale. Basti sapere che la sua portata sociale spinse Umberto Eco a dedicargli un saggio già nel 1962, e fu certamente una delle figure che portarono al successo la televisione commerciale, con il suo approdo a Telemilano (futura Canale 5). Il connubio con le reti Mediaset è durato fino al 2008, dato che Mike aveva in programma di seguire l’esempio di Fiorello e passare a Sky, dove avrebbe condotto una

nuova versione del Rischiatutto, ribattezzato ‘RiSKYtutto’, ma purtroppo adesso non vedrà mai la luce. Abbiamo perso una personalità del mondo dello spettacolo che non ha mai smesso di fare audience e simpatia, il cui talento è stato riconosciuto e premiato continuamente, una persona che ha saputo fare suo strumento anche la gaffe (indimenticabile il chiedere ad una vedova dello stato di salute del marito), ‘sintomo’ questo di una forte autoironia, come dimostrato nel suo raccontare dell’incontro con Fiorello (attraverso i cui sketch radiofonici Mike è noto anche ai più giovani): sostituto di un cane testimonial; il suo più grande pregio è stato tuttavia quello di non essere mai cambiato, di non aver mai cambiato il suo modo di fare televisione.

In un’Italia dove ogni cosa sembra dividere e voler essere divisa, in cui ogni scena sembra incentrata sul volere creare schieramenti di pro e contro, Mike è sempre riuscito a mettere d’accordo tutti sui suoi programmi, sulla loro conduzione e sulla loro qualità. Una televisione semplice, piacevole, gradevole, perché Mike ha sempre fatto televisione semplicemente per fare televisione: per intrattenere e divertire, e per quasi sessant’anni di “questa” televisione, non possiamo che ringraziare. Ciao, Mike... Simone Simeone


ANNO 1, NUMERO 9

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Michelangelo sbarca ad Amalfi Una straordinaria mostra agli Arsenali della Repubblica Il Vasari, uno dei più grandi storici dell’arte italiana, racconta che Michelangelo Buonarroti aveva bruciato un numero cospicuo di disegni, schizzi e cartoni realizzati da lui, affinché nessuno potesse vedere i suoi lavori, le sue prime “fatiche”, il suo ingegno, perché voleva apparire perfetto. Probabilmente proprio per quest’ansia di perfezione, la sua opera grafica risultò subito rara e ricercata. Poiché precisi motivi di conservazione invitano a non esporre permanentemente le opere grafiche, di tanto in tanto vengono allestite mostre in cui è possibile ammirare le prime opere, i primi “getti” artistici del grande pittore rinascimentale. Non si potrà certo ammirare la vera anima delle opere di casa Buonarroti, ma la mostra che si terrà sino al 22 novembre presso gli Antichi Arsenali della Repubblica di Amalfi è una esposizione dedicata al celebre Michelangelo, sommo artista e celebre pittore. Sarà dunque possibile visionare sei opere, disegni a matita nera, con poco inchiostro, appena acquerellati che raccontano la maestria di Michelangelo, la sua storia e la sua vocazione artistica. Un piccolo nucleo della collezione fiorentina di Casa Buonarroti, ed ognuno dei sei disegni racconta i momenti singolari della carriera di Michelangelo, dal 1516 al 1535, tra i dipinti della Cappella Sistina al celebre Giudizio Universale. Tra i

disegni, di particolare bellezza risultano due studi a penna con figure in movimento e la famosa Cleopatra, eseguita per un patrizio romano nel 1532, Tommaso Cavalieri. Un evento culturale di eccezione che vedrà protagonista Amalfi e che darà la possibilità agli amanti di Michelangelo di visitare gli Arsenali, completamente ristrutturati, unica testimonianza medievale del Mezzogiorno. Dal 29 agosto al 22 novembre un’esposizione a cui non si può proprio mancare, con disegni di incomparabile bellezza, un appuntamento con la cultura senza tempo, tale da delineare uno spaccato dell’opera di un genio rinascimentale, considerato uno dei massimi artisti di tutti i tempi. Tra gli artisti del Rinascimento, Michelangelo Buonarroti espresse la sua unicità di artista geniale conquistando il riconoscimento universale di protagonista dell’arte. La sua attività, nelle sue molteplici espressioni, anche in questi disegni, consente di scoprire e riappropriarsi di una delle più profonde forme di bellezza che l’animo umano può esprimere. Vale dunque la pena di godersi lo spettacolo culturale offerto negli Arsenali della Repubblica di Amalfi, dove il presente attraversa il futuro, torna al passato, viaggiando da opera ad opera. P. A.

1967: Hippies, Amore e Pace Esce “Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band ” dei Beatles Appena salutato il 1966 come l’anno del cambiamento, delle novità, non perde tempo a passare nella storia sia del rock che delle giovani generazioni l’anno 1967: nasce il movimento hippy e l’etica “amore e pace”, a San Francisco, nelle strade di Haight Ashbury. È un’epoca di estrema sensibilità per i giovani; lottano per salvare il mondo da un triste destino, fatto di inquinamento, sovrappopolazione e squilibri. Nel ’67, il primo singolo dell’anno dei Beatles, “Penny Lane”, è la loro 13° hit al posto numero uno, mentre i loro “cugini” cattivi del rock, gli Stones, pubblicano “Let’s Spend The Night Together”, e risulta per loro, il brano di minor successo. Una hit completamente diversa rispetto alle canzoni che giravano e venivano ascoltate nell’ambiente rock. Ma ecco che arriva un brano completamente innovativo: “A Wither Shade Of Pale” dei Procol Harum, inglesi, una combinazione di una cantata di

Bach con dei testi surrealistici, un nome latino, ed un suono straziante dell’organo. Il classico successo (il disco perfetto), cui è impossibile ripetersi. Successivamente i Procol Harum si dedicano alla musica progressista riscuotendo scarsi successi. Sempre in Inghilterra, il 1967 vede l’esordio discografico di un quartetto che avrebbe riscosso un successo enorme, anche se con qualche sostituzione all’interno della for-

mazione originale: i Pink Floyd, con l’album “The Piper at the Gates of Dawn”, album di pura musica psichedelica. I testi sono scritti da Syd Barrett, elogiato sia dalla critica che dal pubblico. Musicalmente parlando l’album rappresenta l’inizio di una nuova era tecnologica: l’uso di sintetizzatori. Nonostante ciò, il gruppo comincia ad avere problemi interni: Barrett è affetto da schizofrenia. In un concerto arriva addirittura a suonare la stessa nota sulla chitarra per tutti i brani dello show. Barrett viene prima affiancato e poi sostituito dal chitarrista e cantante Dave Gilmour nel 1968. Ma il vero capolavoro discografico del ’67 viene pubblicato a giugno. Dopo 3 mesi di lunghe sessions in studio, e dopo un periodo di avventure di droga esce “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles. Quest’album ancora oggi è considerato dalla critica non solo il miglior lavoro della band, ma anche il più grandioso album della storia del Rock. La raccolta risulta una suite (composizione strumentale in più tempi) di canzoni, anche se per alcuni fans, sembra tradire il Rock’n’Roll. L’album invece, è un classico disco di pop-music e dimostra quanto può andare lontano il rock. Da quel momento, il genio dei Beatles brilla come non mai in tutto il globo. - 14 - continua Rosario Mammola

Il Palabarbuto si riempie di passione Rinasce il nuovo sogno napoletano con la palla a spicchi Pronti…via! La nuova Napoli basket inizia il suo cammino verso la passione del popolo partenopeo. Sin dal 9 agosto è ufficialmente partito il progetto della nuova Napoli. Il presidente Papalia e Alessandro Pasi si sono messi subito a lavoro per recuperare il tempo perduto, così si sono susseguiti una serie di colpi, uno dopo l'altro. È dal Coach Franco Marcelletti che Pasi e Papalia sono partiti, un allenatore con un glorioso passato e capace di trasmettere ai propri ragazzi sempre una grossa volontà e determinazione, quanto mai fondamentale per il duro campionato che aspetta questa nuova società. Subito dopo l'annuncio del suo arrivo a Napoli, coach Marcelletti ha subito assistito Pasi nella scelta dei giocatori che, più di altri, risultavano idonei alla piazza azzurra. Gigena e Spippoli sono oramai i punti di partenza di questa nuova squadra, e scartati tutti quei nomi che volevano il ritorno dei vari Spinelli, Malaventura e Monroe il primo colpo di Napoli è stato il giovane centro Lance Allred, il quale è stato poi raggiunto dallo stagionato playmaker Davide Bonora, preferito (probabilmente per una ragione di ingaggio) al più quotato Gennaro Sorrentino. Dopo l'acquisto, quindi, del centro titolare e del playmaker di riserva, la società azzurra mette le mani sulla giovanissima (classe 1988), e molto promettente, guardia statunitense (con passaporto Norvegese) Terrence Oglesby. Dopo il giovanissimo Oglesby, è stato il turno dell'ala grande e di nazionalità slovena, Dragisa Drobnjak. La panchina inizia a prendere forma ma al 21 di Agosto la squadra conta solamente un titolare in rosa, il già citato centro Allred, così nei due giorni seguenti il duo Pasi-Marcelletti mette a segno un “uno-due” tutto statunitense por-

tando all'ombra del Vesuvio prima la guardia JR Reynolds, e poi il promettente regista Kevin Kruger. Due giocatori, Kimmo Muurinen e Zygis Sistokas, verranno in prova a Napoli durante il ritiro. Il primo è un'ala grande di 2,02 m., 28 anni, nazionale finlandese in evidenza anche contro l'Italia nelle recenti qualificazioni europee, l'altro un «tre» lituano di 1,98 m., 23 anni.

La squadra a questo punto sarebbe così composta: Playmaker: Kruger e Bonora Guardia: Reynolds e Oglesby - Ala Piccola: ? e Gigena - Ala Grande: ? e Drobniak - Centro: Allred e Spippoli. Tre quinti della squadra titolare ci sono, restano ancora da definire il 3° e 4° titolare che daranno la quadratura definitiva al cerchio. La nuova Napoli promette di essere una squadra che potrà dire la sua e raggiungere il personale scudetto della salvezza solo se a questi spregiudicati ragazzi saranno aggiunti giocatori importanti, capaci di trasmettere sicurezza al resto della squadra e capaci di infiammare la piazza. G. G.

Fortapàsc, l’ultima stagione di Siani Dal 5 settembre esce a noleggio il DVD del film di Risi Se qualche mese fa, un amico ci invitava al cinema a vedere il film “di Siani”, per la maggior parte dei napoletani non ci sarebbero stati dubbi, risate assicurate, Alessandro è “una forza”. Pochi sapevano che Napoli aveva conosciuto un altro Siani, con una storia alle spalle, però, molto meno divertente. Marco Risi nel 2009 ha dedicato a Giancarlo Siani un film, spesso unico mezzo per assegnare ad una persona un volto che resti impresso nella memoria delle ultime generazioni. Fino a quel momento non erano bastati un lungometraggio indipendente, l’istituzione di un importante Premio giornalistico, una cerimonia di commemorazione presenziata dal Presidente della Repubblica, un’aula dell’Università Suor Orsola Benincasa con il suo nome e soprattutto l’impegno dello stesso cronista per ricordare a molti napoletani che al cognome Siani non sono associate solo risate, ma anche tante lacrime e dolore. Questo dunque il primo merito di Marco Risi, regista di Fortapàsc, film che da questo mese sarà possibile trovare anche a noleggio in DVD. Il titolo fa un chiaro riferimento al noto film western di John Ford (Il massacro di Fort Apache) che bene descrive la situazione drammatica che si registrava nella Napoli degli anni ’80. Era in quella città assediata da criminalità e corruzione che viveva un giovane redattore (abusivo, come soleva definirsi) impegnato a Torre Annunziata per la testata giornalistica “Il Mattino”. Una città dove era bene saper scegliere se essere solamente un giornalista o un “giornalista giornalista” con tutti i rischi del

caso. Informarsi, verificare, indagare e soprattutto avere la forza di saper e voler raccontare i fatti non era da tutti, lui sapeva farlo ed è solo per questo che a soli 26 anni è stato il primo ed unico giornalista ucciso dalla camorra. Durante la lavorazione del film, la famiglia Siani è stata molto vicina ai realizzatori e questo si avverte nella cura con la quale sono descritti gli ultimi mesi di vita del giornalista. Il film nasce con la sola pretesa di raccontare la sua storia senza scadere nella retorica o di ricercare la teatralità. Nonostante ciò, non mancano momenti collettivi d’impatto, come la cerimonia di comunione del figlio del boss o la mattanza del clan con la cronaca di una partita del Napoli come colonna sonora. La recitazione di tutti i personaggi è esemplare in particolare Libero De Rienzo riesce a donare alla figura di Siani la sua determinazione e genuinità. Il regista, durante la presentazione napoletana del film, è riuscito a cogliere l’essenza del protagonista con una metafora di forte impatto: “Giancarlo Siani era come l'acqua pura che dal Vomero scendeva fino a Torre Annunziata dove in molti tentavano di trasformarla in fango. Non ci sono riusciti e per questo lo hanno ammazzato. Era solo e, si sa, poca acqua non porta via il fango e, di solito, diventa fango. Ma se in tanti facessimo come lui, se una cascata d'acqua scendesse giù, riuscirebbe a spazzare via il fango". Insomma, Fortapàsc è un film che deve essere visto e soprattutto divulgato affinché la memoria di un giovane eroe resti viva e possa ispirare le generazioni passate e future. U. E.


Napul’è…. monumenti lapidati Preservare il patrimonio inestimabile … un imperativo da seguire

Riceviamo e pubblichiamo : La frase che più si ascolta tra la gente in questi giorni è: “Dopo questa vacanza, ci vorrebbe un’altra vacanza per rilassarsi un po’!”. È facilmente costatabile sui volti delle persone che ritornano ad affollare la città il bisogno di un po’ di relax. Ritornano i volti arrabbiati e sudati, se pur un po’ più abbronzati, ritorna quella colonna sonora fatta di clacson di tutte le tonalità che perforano i timpani, ritornano le resse ai supermercati, le code in tangenziale. Ritornano anche coloro che, come l’anno scorso, dicono: “Mi sono goduto la solitudine della città in questi giorni d’agosto, che relax!”. Sono gli stessi che fino all’ultimo hanno tentato, invano, di assicurarsi un posticino in riva al mare senza trovare nessuna offerta vantaggiosa. Ritornano anche coloro che si dicono soddisfatti delle loro vacanze e ne parlano con gli amici: “Una settimana molto rilassante”. Ma sono gli stessi che non riuscivano a stare lontani dalla città, che non sopportavano il caldo e le spiagge affollate, e le code chilometriche in autostrada: la stessa storia dell’anno scorso, dell’anno prima ancora e così via. Tutti sembrano aver passato una vacanza da sogno, sia chi è rimasto in città a godersi il “deserto cittadino”, sia chi è stato al mare. A settembre dovrebbero essere tutti contenti allora: peccato che basta affacciarsi dalla finestra per vedere che non tutti sono poi così tranquilli e rilassati. Ma questo ci potrebbe stare; in effetti se hai passato un’estate da sogno, il ritorno alla normalità è traumatico. Se si tratta di un’estate da sogno allora non si spiegano tutte le lamentele dei clienti che intasano le agenzie di viaggio per esprimere le loro proteste, la rabbia di tutti gli utenti dell’autostrada che inveiscono persino contro la segnaletica stradale, l’indignazione di chiunque abbia preso il treno regionale o l’Intercity Plus diretto a Cosenza, la vergogna nel vedere ragazzini di quindici anni ubriachi e collassati dopo dei falò sulla spiaggia. È stata un’estate da sogno, si dice. Ma l’estate è tutto tranne che rilassante; è ormai nell’indole degli italiani concentrare tutte le attese di felicità nell’estate; la voglia di fare tutto, di divertirsi, di rilassarsi, si trasforma in ansia e corsa al “fare” che diventa uno stress immane. Tutti in vacanza ad agosto, tutti si riversano sulle spiagge, e chi voleva sfuggire alla città, ritrova tutti in riva al mare, e succede spesso che si ritrova anche il vicino antipatico seduto sulla sedia a sdraio affianco proprio alla tua. Non sarebbe forse meglio scaglionare le vacanze durante l’anno? Perché si va in ferie ad agosto e non a settembre, o a maggio, uno dei mesi più belli dell’anno? Tutti partono stressati, e tutti tornano stressati, e chi non parte resta stressato. Le vacanze estive sono un po’ come il sabato sera, se proprio vogliamo dirla tutta! Non ci si sa divertire, non ci si sa rilassare, eppure un po’ di relax, farebbe proprio al caso di questa società. Claudio Minichino

L’Europa viaggia in autobus Una proposta di legge per i diritti dei passeggeri Il trasporto effettuato con autobus, riguardo al rapporto passeggeri/chilometro, rappresenta il 9,3% di tutti i servizi di trasporto terrestre nell'Unione Europea e, dopo l'automobile privata, costituisce il principale mezzo di trasporto di persone. Il settore è protagonista, a livello internazionale, di una crescita costante tanto da far registrare un volume di viaggiatori pari a 72,8 milioni di persone all'anno. Attualmente, però, non esiste una disciplina comune relativa al trattamento dei reclami e alla composizione delle controversie tra i viaggiatori e le imprese di trasporto e vi sono notevoli differenze tra le norme sulle responsabilità di queste ultime. A tal proposito il Parlamento Europeo ha accolto con favore la proposta legislativa volta a definire i diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus, allo scopo di migliorare l'attrattiva e la fiducia del pubblico in questo tipo di trasporto e istituire pari condizioni di concorrenza tra i vettori dei vari stati membri. I principali emendamenti proposti volgono fondamentalmente a rafforzare i diritti dei passeggeri; fissano gli obblighi dei vettori, compresi gli indennizzi in caso di cancellazione o ritardo, smarrimento o danneggiamento dei bagagli e decesso o lesioni degli utenti. Sanciscono i diritti dei disabili, incluso quello dell'assistenza, e garantiscono informazione e possibilità di reclamo. Analizzando i principali dettagli, la proposta stabilisce che un vettore è responsabile delle cancellazioni e dei ritardi alla partenza superiori a due ore; precisa che tale responsabilità sia imputabile unicamente se questi ultimi derivino da circostanze controllabili, escludendo ingorghi e controlli di frontiera. Nei suddetti casi il vettore è tenuto ad offrire, senza alcun costo aggiuntivo, servizi di trasporto alterna-

tivi, rimborsando invece il prezzo del biglietto a coloro che non accettano tale soluzione. Altri emendamenti propongono l'introduzione di un'assistenza supplementare "in natura", imponendo ai vettori di offrire pasti e bevande in rapporto al tempo di attesa e, qualora fosse necessario un pernottamento, prima di proseguire il viaggio la sistemazione in albergo; sostengono la proposta di attribuire al vettore la responsabilità per lo smarrimento o il danneggiamento del bagaglio posto sotto la sua custodia, prevedendo un indennizzo massimo di 1.800 euro per passeggero. Prevedono che gestori dei terminali e vettori stessi forniscano informazioni adeguate e comprensibili per tutto il viaggio, nel formato più appropriato; inoltre, un emendamento chiede loro di pubblicare annualmente una relazione in cui figurino il numero e l'oggetto dei reclami ricevuti, il numero medio di giorni per rispondervi e soprattutto le misure correttive adottate. Infine, il disegno impone ad operatori turistici, venditori di biglietti e conducenti di autobus di non rifiutare, per motivi di disabilità o di mobilità ridotta, la prenotazione per un servizio di trasporto o l'emissione di un biglietto, né tantomeno un eventuale imbarco; impone loro anche di prestare gratuitamente alle persone con suddetti handicap un'adeguata assistenza (notificata almeno 24 ore prima), prima, durante e dopo il viaggio. Tralasciando ottimisticamente di specificare i diritti, intrisi di cavilli legali, elargiti ai passeggeri in caso di lesioni o decesso. A questo punto, non ci resta che prenotare in autobus il nostro prossimo viaggio, sperando vivamente che questa volta tra il dire e il fare non ci sia, come sempre, di mezzo il mare. R. I.

La città di Napoli dal basso Medioevo fino all'Unità d'Italia per motivi storici ed artistici è stata vista tra i principali centri di riferimento artistico culturale mondiale. Oggi il suo centro storico, caratterizzato da chiese, piazze e palazzi è stato dichiarato dall'Unesco patrimonio dell'umanità. Se solo leggiamo queste notizie ci sentiamo fieri e felici di appartenere a questa bella città, ma se distogliamo lo sguardo dalla lettura e ci incamminiamo per andare a toccare con mano ciò che si dice e che si è detto abbiamo un crollo morale. Attualmente in alcune zone di Napoli vi è stata una progressiva perdita di identità caratterizzata dal degrado dell'antica città: fra vicoli, case cadenti, chiese profanate, cortili inaccessibili, tutto ciò fa parte di un patrimonio immenso, ma sconvolto, turbato, abusato. Stupisce tra amarezza e sorpresa la sopravvivenza di bellissimi palazzi antichi ma stravolti dal tempo, erba che cresce dietro cancellate di chiese che conservano lapidi di uomini illustri, sculture deturpate da mancanza di tutela e amore. Ci chiediamo: "Ma cosa è successo?"... La risposta non c'è, scende un desolante silenzio, forse appartiene alla povertà d' animo, una povertà interiore, una mancanza di saggezza che sovrasta la grande ricchezza

che c'è in ognuno di noi; ci assale un lassismo totale verso quello che appartiene alle nostre radici, l'amore per la bellezza che ci rianima e diviene un ponte che permette di dare emozioni, cura della relazioni e degli ambienti. Il fatto che Napoli abbia tanti tesori, una superba arte, ci fa rendere conto e sottolinea l'importanza del nostro patrimonio storico-artistico, inoltre tutto ciò ci obbliga a considerare questi beni non solo come vestigia, ma sopratutto come garanzia del futuro. Oggi la nostra Napoli è una città in cui antico e moderno, sacro e profano, storia e mito condividono le due facce della stessa m edagl ia. Una città dai due volti: quello radioso e quello occulto. L'uno sempre curato e al centro di espansione e miglioramenti, l'altro più importante perché storico e centrale ma trascurato dal mondo intero. Quindi è di fondamentale importanza una valorizzazione estetica e una sicurezza maggiore del bene storico, un maggior rispetto del bene comune. La bellezza rende la città non solo interessante ma anche inviolabile. E come dice un famoso napoletano: "Napul'è mille culure - Napul'è mille paure Napul'è na carta sporca - e nisciuno se ne importa". Monica Sannino

CONFETTI IN REDAZIONE Il 24 Settembre la nostra Paola Arrighini convolerà a nozze con Dario Riccio. Noi della Redazione e tutti i Collaboratori di “Articolo 16” con questo semplice messaggio, vogliamo augurar loro tutta la felicità che meritano.

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Direttore Editoriale Luigi Simeone Direttore Responsabile Gennaro Gambardella Comitato di Redazione Paola Arrighini - Andrea Ausiello - Francesco Di Palma - Umberto Esposito Fabio Gigli - Rosario Mammola - Simone Simeone Coordinamento e Grafica: Annalisa Servo Foto: Gianni Biccari Hanno collaborato: A. Aiello - R. Intermoia - V. Montesarchio - C. Nesi M. Porcaro - M. Sannino - A. Vitale P.le Immacolatella Nuova n. 5 - 80133 Napoli Tel.: 081203424 Fax: 0815543604 E-mail: articolo16@uilt.campania.it Stampato da EFFEGI Via Salute 1—Portici (NA) In attesa di registrazione

In stampa il 14/09/09


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