Maggio 2013

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PERIODICO D’INFORMAZIONE DELLA UILTRASPORTI CAMPANIA

ANNO 5, NUMERO 5

MAGGIO 2013

“Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale” (art. 16 Cost.)

Salviamo Napoli, una città sull’orlo di una crisi di nervi

Editoriale

Campania, una terra di mezzo

Tra treni vandalizzati ed infrastrutture depredate si acuisce la crisi dei trasporti

Mai arrendersi, nemmeno alla realtà

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on potendo fantasticare e dovendo necessariamente cercare di intravedere l’approdo per questa barca sempre più alla deriva, senza controllo e soprattutto senza un timoniere in grado almeno di identificarne la rotta utile, assistiamo non già a fantastiche lotte tra elfi e orchi, ma a reali e tangibili teatrini affollati da soli figuranti, che nel vano tentativo di diventare protagonisti di un tempo che sembra non appartenergli, tanto ne sono distanti ed indifferenti, finiscono per essere i rappresentati statuari dello sfascio di una comunità in fuga. La situazione ha una sua tragicità diffusa che non risparmia nessuno, le difficoltà coinvolgono interi Paesi senza distinzione di latitudine né di colori politici, ma se è vero che in Europa dal 2008 si sono persi 5 milioni di posti di lavoro vi è anche da dire che in controtendenza Tedeschi, Inglesi, Austriaci e Belgi hanno ripreso ad aumentare la base occupazionale, con buona pace di quanti in Italia continuano a professare rigore quale unica strategia per uscire dalla crisi, che ad ogni valutazione viene aggiornata e spostata in avanti per la sua oramai incredibile soluzione. In Italia abbiamo perso dal 2008, oltre mezzo milione di posti di lavoro ma la cosa ancora più grave tra le tante, è che il divario tra nord e sud si è allargato nel 2012, con una disoccupazione al 7,4% al Nord con un 17,2% al Sud e una durata della disoccupazione, il doppio del Sud sul Nord. Appare evidente che c’è una manifesta incapacità da parte della classe dirigente del mezzogiorno a far realmente diventare la questione meridionale come una vera e propria emergenza nazionale, anche perché non offriamo nessun elemento di affidabilità a sostegno della esigenza di essere la parte più importante del Paese a cui dare le attenzioni della politica. L’indeterminatezza con cui sono affrontate le questioni sia buone che negative, continua ad essere una costante dell’azione di governo nella nostra regione che è una delle criticità più avanzate del Paese, caratterizzata dalle lotte continue, insensibili allo stato di degrado della Campania e delle sue popolose città. La caratteristica di connotare ogni evento necessariamente evidenziando ogni negatività, fino a far passare in secondo piano anche quel che di buono la cosa possa rappresentare, non fa altro che ingigantire l’isolamento e l’emarginazione che non ci abbandona mai. La sensazione della fuga verso lidi, talvolta solo apparentemente più sani, oramai sta interessando ogni espressione della regione, per cui siamo costretti ogni giorno a registrare minacce di trasferimenti di aziende, realtà produttive e quant’altro possa essere in grado di segnare un’inversione di tendenza credibile. Avevamo sperato che le bellissime immagini dell’America’s Cup e del Giro d’Italia avessero acceso una luce positiva su Napoli, ma i saggi mestieranti della politica nostrana hanno provveduto Pag. 2

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apoli in cartolina è una città splendida, unica, ammaliante e le vele dell’America’s Cup o le bici del giro d’Italia hanno rappresentato solo la bella cornice di un’opera d’arte già affermata. La nostra città, però, non si limita ad una semplice foto su carta lucida, silente ed incapace di gridare i suoi disagi, ma è una metropoli che respira le nostre emozioni e le nostre azioni. Napoli non vive una settimana, ma mostra i segni di ogni singolo giorno ed è per questo che è indispensabile capire che l’impegno per rendere merito a quelle bellissime cartoline deve essere costante e permeante. Basta voltare la cartolina e leggere le righe che raccontano della città, per capire che il bagliore di pochi giorni ha rapidamente ceduto il passo all’oscurità latente. La crisi di un popolo sul baratro di un precipizio è quotidianamente raccontata dalla cronaca locale, non solo rapine in pieno giorno, suicidi di disperati ed immense file alla Caritas, ma addirittura episodi surreali come padri di famiglia armati, che si muovono tra l’oscurità dei Decumani, pronti a rubare cartoni di pizza ancora fumanti per assicurare ai propri figli il pane quotidiano. Il settore dei trasporti rispecchia piena-

Anm, la speranza di un’azienda messa in ginocchio dalla crisi Pag. 2

mente questo disagio, con i continui tagli alle corse, i ritardi nel pagamento dello stipendio ed il suo piccolo esercito di esodati e cassaintegrati in bilico tra soluzioni inadeguate e la minaccia dell’esaurimento delle risorse. Solo negli ultimi giorni si possono raccontare decine di episodi: il caos sui treni della Circumvesuviana assaltati dai vandali e da cui, il primo maggio, è stato costretto a fuggire il neoministro Bray, lo sradicamento della cassaforte della stazione della Cumana di Fuorigrotta, i continui furti di rame sulla linea alta velocità Napoli – Roma, il ridicolo numero di autobus a disposizione (duecento) per servire l’intera tratta del servizio pubblico urbano, l’atavico problema del dissesto delle strade sempre più simili ad un campo di battaglia e la lista potrebbe continuare ancora. Per questo si chiede alle istituzioni di non limitarsi a pensare alla nostra città come una bella cartolina da spedire in giro per il mondo, basterà affacciarsi per rendersi conto dello stato reale delle cose. Una condizione che potrebbe crollare definitivamente se dovessero attuarsi anche gli annunciati, ulteriori, tagli al TPL. Per questo, dalla sensibilità di chi lavora nei trasporti e dal disagio di chi ogni gior-

Violenza in linea 1: Metronapoli li definisce “episodi circoscritti” Pag. 3

Speciale: La VII Conferenza di Organizzazione della UIL Campania Da pag. 4

no si affida ad essi sono stati istituiti dei gazebo per raccogliere le firme contro questa scellerata politica. Quello che si chiede alle istituzioni è semplicemente di ricevere risposte immediate e che ci sia una presa di coscienza reale della drammatica situazione. Il risultato di queste considerazioni è semplice, ormai la tenuta sociale è a rischio e controllare l’effetto di questo disagio è impossibile. Perfino il Presidente della BCE, Mario Draghi, ha annunciato chiaramente che la tensione sociale è arrivata ad un punto di non ritorno e che, in particolare, la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli che rischiano di innescare forme di protesta estreme e distruttive. In una città dove il tasso di disoccupazione medio supera il 30% ed in particolare quello della classe d’età 25-29 anni è al 47,33 (nel resto del Paese è al 17,18) è logico pensare che chi ogni giorno si impegna per garantire un servizio di trasporto dignitoso, esponendosi in prima persona ed affrontando direttamente i cittadini, deve considerarsi ormai a rischio. Quello su cui ci si interroga ora è se sarà possibile vincere questa battaglia senza bisogno di un martire. Umberto Esposito

Cambia la disciplina sul condominio

Dichiarazione dei redditi 2012

Tornare a casa in sicurezza Una passeggiata in un borgo magico


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La rete filoviaria Ctp, un vanto per l’azienda Una lenta ma incompleta ripresa, occorre ancora tanta manutenzione Quante volte è stata decantata una delle ricchezze del Ctp, uno dei vanti che inorgogliscono questa azienda ormai bistrattata, la rete filoviaria. Più volte si è anche tracciato un disegno chiaro di quello che potrebbero essere i problemi riguardanti i percorsi sulle linee di suddetti mezzi, ma negli ultimi tempi si è notato, almeno in parte, un “ripristino” dei vari filobus a disposizione dell’azienda, un riutilizzo di questi filobus che tanto “servono”ai percorsi Ctp. Da sempre c'è stata la ferma volontà da parte della dirigenza di far impiegare i costosi e acclamati mezzi ecologici. A giusta ragione. Ma bisogna considerare il fatto che molti di questi filobus, per varie azioni strategiche di budget e di risparmio economico, furono acquistati in Ungheria da un’azienda ormai fallita e confluita poi successivamente in altre più potenti. Quindi pensare di effettuare interventi di manutenzione su questi mezzi significa mettere in conto un dispendio economico di ingenti cifre, a volte operazione quasi impossibile da fare, cosicché reperire pezzi guasti o da sostituire è ardua impresa. Tutto faceva presagire al peggio, ma non mancava altro da fare per l’azienda che rinnovare contratti o stipularne ex novo verso nuove ditte, per garantire la necessaria manutenzione ai mezzi “malati”. Operazione ormai divenuta quotidiana-

mente necessaria, visto lo stato attuale dei filobus. Ma non è solo questo a preoccupare: anche la rete filovaria da tempo necessita di un controllo generale, anche la rete, come del resto i filobus è destinata ad invecchiare e si dovrebbe garantire quella manutenzione che più purtroppo manca da tempo immemore. Ma l’azienda finge di non conoscere quali siano gli elementi che

la costituiscono e quali gli accorgimenti necessari affinché si garantisca una regolare circolazione, per non parlare dello storico problema dell'impercorribilità del caotico comune di Melito e la mancanza di rete proprio sul capolinea di piazza S. Francesco. Molti dei problemi sarebbero di facile risoluzione, basterebbe solo un po' di buona volontà, ma a casa Ctp la buo-

na volontà sembra scarseggiare. Andrebbe effettuato un ripristino di tutte le segnaletiche relative ai vari isolatori, agli scambi, con cui gli operatori di settore riescono a lavorare solo grazie all’esperienza quotidiana. Oppure la necessaria riparazione dei tegolini necessari per l'aggancio alla rete elettrica, tegolini che attualmente risultano dissaldati o addirittura rotti da eccessivo tempo. Si dovrebbe rivalutare il posizionamento di questi tegolini che in alcuni casi non consentono il facile approntamento in rete, perché creano un blocco della viabilità, come nel caso di via Cesare Rossaroll. Non ultima il ripristino della segnaletica pavimentale, dove in alcuni punti manca completamente, o non c'è mai stata. Non sempre si riesce ad “approntare” un mezzo ad occhio, non sempre è semplice inserirsi sotto la rete elettrica. Molti dei pendini, cioè quei fili che reggono il cavo elettrico al trasversale di sostegno, sono ancora in ferro. Pericolosi sia per l'isolamento dall'alta tensione, sia per eventuali strappi durante la marcia. Questo è il vanto dell’azienda Ctp, una rete filoviaria che necessita di tanta, ma tanta attenzione e manutenzione quotidiana. Nel corso degli anni, l’azienda ha tanto investito nella formazione nelle risorse umane, sarebbe ugualmente giusto preservarle. “Noi, speriamo che ce la caviamo..”. Vincenzo Pacella

Anm, la speranza di un’azienda messa in ginocchio dalla crisi Contratto di rete: Anm collaborerà con Ctp ed Eav Bus per la futura azienda della rete metropolitana “Più nera della mezzanotte non può venire”… ed invece, per una volta, possiamo sostenere che per l’Anm così nera non è, anzi, l’azienda sta incominciando ad intraprendere, ma siamo solo ai primi passi, una lenta via di ripresa. Un piccolo barlume di luce: il Comune finalmente concede all’azienda di trasporto pubblico i primi tre dei cinque milioni di euro che serviranno a risollevare, sebbene di poco, le sorti dell’azienda. Ovviamente, nonostante sembri che le cifre siano da capogiro, questi fondi non sono poi così cospicui, non risolveranno del tutto la situazione disastrosa in cui versa la società, ma l’unica cosa sicura è che dovranno essere spesi attentamente, in maniera oculata; questi soldi occorreranno per intraprendere un iniziale discorso con quelle ditte creditrici che da tempo immemore aspettano di essere pagate, aspettano pagamenti cash, per poi riaprire le linee di credito, perché ormai si sa, il problema più grande per l’azienda Anm, negli ultimi periodi, era proprio quello relativo a queste ditte creditrici che non fornivano più materiali senza che venissero pagati gli arretrati. Un tiepido segnale di ripresa c’è; qualcosa sta cambiando in meglio e qualcosa si tenta di fare anche se non in termini risolutivi. Nel mentre, il sindaco di Napoli, riferendosi allo sblocco del decreto Salva Comuni e parlando di fondi che dovrebbero giungere dal Governo, ha dichiarato che la priorità in assoluto è quella di risollevare le sorti del trasporto pubblico e questo dovrebbe far ben sperare. Ma non è tutto. Ancora novità da un accordo siglato, il contratto di rete, che è uno strumento nuovo, introdotto da circa un anno nel mondo dei trasporti, un accordo tra tre aziende, Anm, Ctp ed Eav Bus che riguarda la gestione di pezzi di rete. Un contratto di

rete che sancisce un principio fondamentale per il futuro del trasporto pubblico a Napoli, una collaborazione tra tre aziende che operano tutte nell’area metropolitana. Se questo governo abolisse le province, cosa che dice di fare, significherebbe che questo contratto sta gettando le basi per quello che potrebbe essere la futura azien-

da della rete metropolitana e non più rete urbana. Un pezzo si occuperà del trasporto urbano, altri due pezzi guarderanno al trasporto dell’area metropolitana. Un contratto tra tre aziende che sembra mettere una pietra su quello che sarà il futuro del

trasporto, proprio perché il futuro potrebbe essere un’ati, associazione temporanea di imprese; se la regione individuerà un solo bacino regionale per poi determinare all’interno di esso dei contratti di servizio, allora la collaborazione tra le tre maggiori aziende che fanno trasporto su gomma per acquisire il contratto di servizio sull’area metropolitana dovrebbe essere un’alternativa molto valida per acquisire quel pezzo di servizio. Accanto a questo contratto è stato siglato un altro contratto di rete tra Anm e Ctp, per alcune linee a concessione provinciale che l’Anm non riesce attualmente a soddisfare. Piuttosto che cedere le concessioni, l’azienda su gomma ha preferito stipulare un contratto di rete che prevede che l’azienda Ctp possa esercitare il trasporto con autobus e uomini mentre Anm manterrà la concessione della linea e la programmazione ed il controllo delle stesse. Questo contratto prevede che a Ctp venga corrisposto l’equivalente in corrispettivo da contratto di servizio, e ad Anm venga invece corrisposto l’introito da traffico. È questo solo l’inizio di una collaborazione che potrebbe portare all’interno dell’area metropolitana un’organizzazione sul trasporto pubblico che renda più efficiente e più efficace lo stesso trasporto, evitando sovrapposizione di linee. Per l’Anm ci saranno due vantaggi. Il primo è che si avrà un ricavo da traffico per un servizio che in realtà non si eroga ma che si mantiene solo in concessione; il secondo è che le risorse che oggi vanno destinate a queste linee saranno reperite per destinarle al servizio urbano. Cioè i mezzi e gli uomini attualmente a disposizione dell’azienda verranno utilizzati per migliorare la mobilità all’interno dell’ara urbana. Staremo a vedere. I primi passi sono stati fatti. Antonio Aiello

da pag. 1 quasi subito a relegare

anche quelle che in molte altre realtà, sarebbero state un vanto, in un’altra occasione per evidenziarne la caratteristica effimera ed insignificante a fronte dei problemi di traffico, di buche, di disagio sociale ed ogni altra vera emergenza che certamente sono drammatiche, ma che sicuramente non sarebbero diverse se non si fossero portate a Napoli barche e biciclette. Non si tratta di mettere la testa sotto la sabbia, né di sottacere le incredibili responsabilità di un’Amministrazione comunale sempre più in balia degli eventi, ma solo di provare con un po’ di orgoglio autoctono a esaltare quello che potrebbe tornare utile per il rilancio di Napoli e della regione. I tempi e i modi con cui si prendono le decisioni possono caratterizzare molto spesso la bontà delle scelte, ma se dopo l’evento tragico di Città della Scienza c’è una città che si divide, se per dotare Napoli di uno stadio degno di tale nome ci si divide fino a rischiare di andare a giocare a Palermo, se nella più grande città metropolitana per densità abitativa non vi è più un palazzo dello sport, se con due squadre nella massima serie di pallanuoto non abbiamo una piscina idonea (e la lista potrebbe essere lunga e anche lunghissima) allora la sensazione di abbandono e di fuga resta l’unica connotazione anche quando si raggiungono risultati che altri sono evidentemente, molto più bravi a capitalizzare. Le caratteristiche della nostra Regione, naturali, artistiche, culturali, dovrebbero essere il fulcro su cui poggiare la leva per il rialzo, attorno a questi doni della natura si devono necessariamente costruire realtà produttive ed industriali che ne segnino il rilancio, ma se ogni volta si ricomincia con il teatrino dei figuranti allora siamo segnati e senza speranza. I servizi offerti devono costituire un elemento finanche neutro ma sicuramente non disincentivante, tutte le realtà industriali che possono partecipare alla ripresa devono recuperare protagonismo, abbandonando espressioni di vittimismo e minacce di delocalizzazione, abbiamo la più grande industria di produzione di autobus, a rischio chiusura, e il più alto numero di mezzi pubblici che abbisognano di manutenzione, siamo ridotti ai minimi termini con i treni metropolitani anche avendo una delle industrie ferroviarie più accreditate nel mondo, eppure la politica e quanti possono e devono decidere si rassegnano alla gestione delle emergenze senza mai traguardare una prospettiva, che se mai definita mai arriverà. In Campania la sinergia istituzionale è vissuta come una pericolosa infezione che rischia di prendere quanti a essa si avvicinano, il non voler necessariamente aggredire gli amministratori di parti politiche diverse, è vissuto come una debolezza non già come una virtù, e quando il Presidente della regione, quasi come parte terza, minaccia di ritirare gli investimenti sul Grande Progetto del Porto di Napoli, per manifesta avversione di ignoti, allora c’è da chiedersi dove è il fondo che tutti raschiano, se non nella disperazione di milioni di cittadini che ogni giorno si vedono sottratte prospettive e finanche le piccole soddisfazioni e speranze. Non ci possiamo arrendere, ma ogni giorno diventa sempre più difficile, e sembra veramente di essere nella terra di mezzo dove Tolkien dice che “Sempre, dopo una disfatta o una tregua, l’ombra si trasforma e si ingigantisce nuovamente” ma la sua era immaginazione la nostra non più! Luigi Simeone


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Salvare il tpl campano si può Il paradosso organizzativo di Eav Il grido di sindacati, lavoratori e cittadini contro i tagli Salvare il trasporto pubblico locale in Campania si può, si deve. Questo è lo slogan che ha accompagnato nei giorni addietro una serie di iniziative promosse dalle organizzazioni sindacali della Campania per sensibilizzare la cittadinanza e la politica affinché il suddetto comparto possa tornare ad avere massima priorità nelle attuali agende istituzionali. In soli quattro giorni (dal 6 al 9 maggio) oltre trentamila firme sono state raccolte tra lavoratori e cittadini per richiedere le giuste risorse in grado di consentire la sopravvivenza del comparto locale. Ad essa è seguita inoltre la manifestazione del giorno 13 in cui oltre mille partecipanti, tra lavoratori del tpl, dell'indotto e delle attività ferroviarie della Campania, hanno ribadito forte la richiesta che dalla marcia pacifica si è concretizzata nella consegna finale dei documenti al Presidente della Giunta Regionale. I livelli di drammaticità che si raggiungeranno in seguito all'approvazione della legge di bilancio preventivo da parte del Consiglio Regionale, che in numeri reali vorrà dire una riduzione di circa cento milioni rispetto alle risorse (già sottoposte ad un taglio del 25% negli ultimi tre anni) necessarie a garantire i servizi minimi attuali, sembrano finalmente esser chiari a tutti. Anche se, nel mentre lavoratori e cittadini ne pagano quotidianamente le conseguenze, lassù, nella schiera delle poltrone istituzionali, ancora si temporeggia nel tamponare l'emorragia che dissangua il tpl. In un tale scenario e con le suddette premesse, diviene perfino superfluo affidarsi ad una fervida immaginazione per ipotizzare le

sorti che segneranno il futuro prossimo del settore. Guardare al presente già basterebbe, ma proiettarlo al domani con cento milioni in meno a disposizione non porterebbe alla mente altro che cancelli chiusi, treni (quei pochi che resterebbero) in deposito, utenti a piedi e personale tragicamente a casa. Ma senza andare così oltre, volgendo lo sguardo ai giorni correnti, già si constata una drammatica situazione che narra di corse ridotte, saltate ed in perenne ritardo, di manutenzione utopica, pezzi di ricambio assenti, officine svuotate e necessarie operazioni di "cannibalismo" delle vetture. Ed ancora, varchi d'accesso e filtraggio spenti ed incerottati, scale mobili ed ascensori in continuo stato di fermo, vigilanza assente e reiterati furti con scasso agli uffici di biglietteria (dopo Quarto Centro e Quarto Stazione perfino la blindatissima Fuorigrotta è stata espugnata). E da lassù continuano a tagliare. Ma cosa si attende, davvero di infrangere la Costituzione negando il diritto alla mobilità? O peggio, se pensiamo che a b r e v e inizierà la stagione estiva e che sulla ferrovia Cumana si riverserà la solita ed abnorme onda anomala di bagnanti incivili per raggiungere ed invadere le coste flegree, senza corse regolari, nè un sistema di filtraggio funzionante, nè un servizio di vigilanza per il controllo e l'ordine del flusso viaggiatori, cosa si attende, che si arrivi perfino a perdere il controllo della situazione, sforando ogni qualsivoglia soglia di sicurezza? Cosa si attende, davvero la controprova che al peggio non ci sia mai fine? A. A.

A sei mesi dalla fusione tutto fermo per gli amministrativi Una scissione dalle incerte sorti, tanti traslochi ufficiosi e ancora zero organigramma. Come vi sentireste se qualcuno vi dicesse “Da domani, tu cambi sede di lavoro… ma ancora non è dato sapere dove andrai!”? Succede questo, ancora alle soglie di giugno, a fusione inoltrata… succede nella oramai fusa azienda EAV, che ad oggi è in preda a uno spietato, irresponsabile, doloso immobilismo organizzativo. Parliamo naturalm e n t e della ex Circumvesuviana, della ex Metrocampania NordEst, della ex Sepsa, le tre società che, con la fusione del 28 dicembre scorso, sono diventate un’azienda unica e paradossalmente biforcata, come un mostro a due teste: EAV, quella che sarebbe potuto essere un’azienda leader nel settore TPL. Un mostro che allo stato attuale, possiamo affermare, quasi non lavora, quasi non produce, quasi non rende… perché sospeso nell’attesa di ogni cosa. “Aspettiamo il nostro Godot”, si sente spesso sospirare tra gli impiegati amministrativi. Ed infatti, tra tutte le categorie, sono questi ultimi a soffrire maggiormente dell’attuale limbo. Buona parte di essi, in primo luogo, sta affrontando il penoso dubbio sulla prossima ricollocazione e/o sull’applicazione di un contratto di solidarietà difensivo. Non solo: gli stessi si stanno ancora domandando dove saranno fisicamente ubicati, e addirittura ancora non tutti conoscono la propria collo-

cazione nell’ambito dei due rami d’azienda! Infrastruttura o Trasporto? Via Don Bosco o Fuorigrotta? Poggioreale o Porta Nolana? A dissipare tutte queste nubi, basterebbe la pubblicazione (annunciata da mesi) del famigerato “organigramma di secondo livello”: sarebbe un passo essenziale, per restituire una parvenza di ordine, di funzionamento e, perché no, di dignità al lavoro degli impiegati. Dunque ad oggi, a quasi sei mesi dalla fusione, lo stallo è imperante… ed è diventato oramai u n a condiz i o n e inaccettabile. È inaccettabile non avere la conoscenza di un organigramma aziendale completo, così come non è più accettabile che si resti ancora in attesa del famigerato “piano di rientro” del commissario Voci. Intanto, dati i tagli ed il crescente indebitamento, gli standard qualitativi, quelli di sicurezza e igiene del lavoro delle tre ex aziende si stanno sì uniformando… ma livellandosi violentemente verso il minimo storico! Basti pensare al presenziamento infermieristico, ai servizi lavanderia in officina, etc. Sarebbe il caso di ripensare a tutto, a una ristrutturazione che tenga conto dello standard qualitativo di lavoro. Così come della qualità di vita dei lavoratori. Così come degli sprechi da evitare. Così come… del fatto che, a valle di tutto, bisogna garantire un servizio dignitoso per i viaggiatori. Rossella Fornaro

Violenza in linea 1: Metronapoli li definisce “episodi circoscritti” Q u e l s e r v i z i o p u b b l i c o c h e d a e c c e l l e n z a e m o t i v o d i v a n t o d i v e n t a i n s i c u r o e d i n e ff i c i e n t e Con incredibile puntualità si ripresentano problemi e ancora difficoltà per quell’azienda che “una volta” era considerata il vanto del trasporto pubblico locale. Narrare il passato di Metronapoli dà quel sapore in bocca quasi fiabesco, una sorta di bella favola in un contesto letterario piuttosto grottesco. Oggi, quel “c’era una volta” può anche essere messo da parte in una storia che di lieto fine non ha proprio nulla. La crisi che imperversa? L’azienda che subisce i contraccolpi di questa congiuntura economica che consegna prospettive solo di enorme incertezza? Peggio, molto peggio. Nulla è ormai più come prima, nulla è certo. E questo stato di cose spaventa. Spaventa sempre di più che i viaggiatori paghino lo scotto di vivere in una città dove prendere una metropolitana significa fare i conti con le ore che passano senza vedere neanche l’ombra di un treno o sperare di non restare compressi in quei pochi vagoni che circolano lungo i binari, schiacciati come sardine ma felici di avere almeno intrapreso il viaggio. L’aumento del prezzo dei biglietti indigna anche coloro che sanno che si tratta di un adeguamento previsto dalle leggi regionali sulla base di indici Istat, i treni non passano, le vetture diminuiscono, c’è impossibilità a spostarsi con i mezzi pubblici, l’esasperazione cresce a dismisura e, ciliegina sulla torta, gli atti vandalici e di violenza diventano sempre più frequenti.

Casi circoscritti? Massima allerta? Intanto i lavoratori sembrano presenziare le loro postazioni operative con angoscia sempre crescente, nei viaggiatori diminuisce verti-

zienda sembra essere sorda alla richiesta sempre più pregnante di quella parte di frequentatori della linea metropolitana che auspicano solo ad usufruire di un servizio

ginosamente la percezione di sicurezza quando si è all’interno della struttura metropolitana e, cosa ancora più grave, l’a-

pubblico più efficiente, perché migliorarlo è diventata una battaglia importante, vincerla significa recuperare un sano rappor-

to con una città finalmente umanizzata. Nonostante tutte le lamentele, tutti gli sforzi fatti, i ripetuti atti vandalici e le aggressioni, a cui soprattutto nei week end si assiste nei luoghi di transito metropolitani della linea 1, terrorizzano gli utenti e gli stessi lavoratori. L’azienda prima aveva disposto un servizio di vigilanza che presenziava ogni giorno tutte le stazioni della tratta dalle ore 16 sino a termine del servizio. Si sa, la situazione economica contingente ha costretto a dei tagli che sono andati ad incidere proprio sulla sicurezza, cosicché, lungo la linea 1 sono rimaste solo delle pattuglie di ronda che hanno il compito di vigilare sull’intera struttura. In caso di problemi, e ultimamente sembra che ce ne siano tanti, alle povere guardie in servizio resta solo il dono dell’ubiquità, agli operatori di stazione la fede, ai viaggiatori la speranza che nulla accada. È indubbio che occorre un presidio fisso all’interno delle stazioni, è necessario l’intervento assiduo delle forze dell’ordine, perché la gente è stanca di vivere nell’incubo, i lavoratori sono esasperati da questa situazione di insicurezza generale; mentre l’azienda definisce questi “episodi circoscritti” c’è la consapevolezza di dover constatare che la sicurezza non è più di casa a Metronapoli; ormai la speranza è quella di non vivere la metropolitana come un film di Kubrick. Annalisa Servo


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Un sindacato moderno per ricostruire Strutture sindacali più snelle ed efficienti Bartolo: la relazione alla VII Conferenza d’Organizzazione Uil Campania Ricostruire, questo il leitmotiv della settima conferenza di organizzazione della Uil Campania tenutasi all'Accademia Aeronautica di Pozzuoli il 15 e 16 maggio. L'invito a Ricostruire è rivolto dal segretario organizzativo Fulvio Bartolo nella sua relazione introduttiva alla conferenza. Ricostruire soprattutto quel tessuto sociale per il miglioramento delle condizioni di lavoratori e pensionati, con la consapevolezza di vivere oggi una situazione nazionale, e particolar-

mente regionale, ormai tanto degenerata da ricordare quella economica e produttiva propria del dopoguerra. Lo testimoniano anche i dati delle ultime indagini Istat sull’occupazione: in Campania sono 500.000 i senza lavoro, di cui il 40% giovani; il 70% dei contratti di lavoro sono precari; abbiamo 30.000 cassaintegrati e oltre 100.000 persone hanno perso il posto di lavoro negli ultimi anni. In questo quadro di degrado e di instabilità politica la crescente tensione sociale viene giustamente manifestata con azioni di protesta che troppo spesso, però, hanno ripreso ad essere strumentalizzate da provocatori e facinorosi, come nel caso del 1 maggio a Città della Scienza. “Dobbiamo governare le tensioni sociali, incanalare le giuste proteste e avere grande attenzione verso provocatori che ci hanno messo nel mirino” afferma Bartolo. Il sindacato deve essere il punto di riferimento, indicando percorsi di uscita dalla crisi a difesa dei più deboli, salvaguardando livelli di convivenza civile e di democrazia partecipata.

Rafforzare l’unità sindacale per imporre, insieme a Cgil e Cisl, una radicale riforma della politica. La Uil propone una politica economica che delinei il Sud quale volano di crescita e sviluppo della nazione; una maggiore attenzione al Mezzogiorno, scelte di buoni investimenti, detassazione del costo del lavoro ed un arresto degli sprechi nelle pubbliche amministrazioni. Non basta difendere gli ammortizzatori sociali, sono necessarie delle politiche attive per il lavoro. Ricostruire, quindi riformare, iniziando proprio dall’interno della Uil, adeguando il modello organizzativo ai cambiamenti che la società moderna richiede. Recependo, dunque, le riforme organizzative dibattute nella Conferenza Nazionale di Bellaria ed in particolare quella sul “Sindacato a rete”, la Uil Campania ritiene determinante costituire una banca dati delle Rsu/Rsa/Rls e dei gruppi dirigenti, in prospettiva di una vera e propria anagrafe degli iscritti. Ciò per ottenere una maggiore sinergia e collaborazione tra Confederazione e Categorie anche nella costruzione dei centri servizi. È fondamentale favorire l'ingresso di giovani nei gruppi dirigenti e garantire almeno una presenza femminile in ogni struttura dirigente dell'organizzazione. Al fine di una razionalizzazione degli apparati e dei gruppi dirigenti è necessario operare dei processi di accorpamento categoriali (Uimec/Uila e Uilcem/Uilta) e territoriali (Avellino con Benevento). È prevista la creazione di un giornale on line della Uil Campania, atto a diffondere le idee e le iniziative della Confederazione e di tutte le Categorie. Questi gli obiettivi focali illustrati nella relazione introduttiva alla Conferenza, perseguibili per avviare un processo di crescita della nostra organizzazione a partire dalla Campania. A. S.

Barbagallo: migliorare i servizi offerti per “ricompensare” gli iscritti La VII assise regionale di Organizzazione UIL Campania non poteva non registrare la presenza del carismatico segretario organizzativo Carmelo Barbagallo, vera e propria icona della confederazione sindacale di via Lucullo. Con il solito colore che da sempre lo contraddistingue e l'arguta proprietà nello spaziare con chiarezza tra le diverse argomentazioni, il segretario catanese pone subito il focus sulle modifiche apportate allo statuto nel dicembre scorso a Roma. Fondamentali rettifiche che siano in grado di supportare quel processo di riforma che vede il sindacato sempre più imperniato sull'unificazione dei servizi e l'aumento delle sinergie tra le categorie e le strutture territoriali. Ricostruire non più dalle troppe deroghe, ma dai più essenziali processi di specializzazione delle persone e di alternanza delle cariche, uniche vere possibilità a cui affidarsi per far crescere e migliorare l'intera Organizzazione. "Noi stiamo procedendo con un'impostazione che abbiamo stabilito al vertice e che a poco a poco dovrà essere trasmessa a tutte le strutture territoriali. Tanto per farvi capire, abbiamo scritto nello statuto che una serie di cariche devono essere a termine; per il segretario, ad esempio, saranno tre i mandati a partire dal prossimo congresso. Pertanto, chi sarà eletto ed avrà 40 anni, alla fine dei tre mandati, ovvero a all'età di 52 anni, dovrà vedere poi cosa fare". Nuove regole, dunque, in grado di fungere da deterrente per tutti

coloro che hanno intenzione di fare sindacato a vita, alla stregua di un mestiere. A tal riguardo, non saranno più tollerate infatti quelle sovrastrutture sindacali che presenteranno più segretari che sindacalisti tra i lavoratori. Strutture più snelle ed efficienti, questo in definitiva l'obiettivo a cui tendere e soprattutto da raggiungere. Ricostruire dai sei milioni di persone (a fronte invece dei due milioni di iscritti) che già usufruiscono dei servizi UIL, per migliorarli e crearne sempre nuovi per far fronte, appunto, ai grandi numeri che caratterizzano l'importante domanda. In sintesi, dar vita ad un sindacato globale per superare la crisi, ovviamente senza poter prescindere dall'azione del neo governo eletto, doverosamente obbligato ad orientarsi, in primis, secondo il segretario organizzativo, verso il tentativo di riequilibrare il rapporto distorto ed inappropriato che il Paese presenta tra tasse e servizi. Incentivare, inoltre, la lotta all'evasione fiscale ed alla corruzione, che costano ogni anno alle casse statali, riempite per il 77% dai lavoratori dipendenti e dai pensionati, decine e decine di miliardi. Ecco perché il sindacato, assieme ai lavoratori tutti, dovrà riappropriarsi della previdenza di questo Paese, per farne da subito il tema portante da proporre e riproporre nelle manifestazioni locali e nazionale che verranno, a partire dalla prossima che si terrà a Roma in data 22 giugno. A. S.

Caldoro: ruolo del sindacato essenziale per produrre nuove politiche di sviluppo per la Campania La necessità di una concreta politica riformista, fatta non di parole ma di azioni dirette a ridurre il divario tra Nord ed Sud Potersi confrontare con le parti sociali in presenza di un minimo di ripresa economica per poter guardare con maggior ottimismo al futuro. Questa la premessa del Presidente della Regione Campania intervenuto alla Conferenza d’organizzazione della Uil Campania dopo aver attentamente ascoltato gli interventi su Sanità e Trasporti. Il primo tema trattato è stato quello della rappresentanza che, in un momento di crisi, è il nodo vero da cui ripartire e che, nella parte dell’azione sindacale, si incrocia con le responsabilità di governo per costruire qualcosa che sia vantaggioso per il Paese e per le generazioni future. Ciò che manca alla politica di oggi è un vero e proprio partito socialista, di stampo europeo, riformista, garantista, modernizzatore e meritocratico che sia percepito dagli elettori, anche alla luce del nuovo governo di larghe intese, formato per lo più da un nuovo quadro dirigente di persone poco più che quarantenni, molto preparati e ben intenzionati, con il limite, però, che le poche persone che contano di più nel governo attuale vengano dall’esperienza della democrazia cristiana, e una gran parte di loro dalla stessa corrente. Sembra naturale che il Presidente si domandi se questo governo sia in grado di affrontare il tema delle riforme istituzionali e le riforme della politica anche perché un altro pezzo di rappresentanza politica si esprime prevalentemente con la protesta e non ha capacità di governo, sopratratutto perché in questo momento governare significa molte volte fare scelte difficili ed impopolari e quindi è più facile derogare ad altri la risoluzione dei problemi, in un clima ostile, dove si individuano solo le responsabilità degli altri ma mai le proprie. E sempre in tema di rappresentanza il Governatore rammenta che in que-

sto momento il ruolo del sindacato in Campania è un compito terribile ma essenziale per produrre politiche di sviluppo, ed è indispensabile la condivisione con le forze sociali per affrontare tutte le difficoltà che affiorano da tutti i settori; Caldoro auspica che il Contratto Campania diventi qualcosa di più di un documento d’impegno sottoscritto, bisogna trovare le forme per farlo diventare più strutturale per il futuro, non dimenticando che quella è la base che contiene le soluzioni per trovare un punto comune da cui partire, modulando le soluzioni da relazionare al nuovo governo delle grandi intese, tenendo presente che bisogna sintonizzare le proprie azioni con Ministri, di questo Governo, che molte volte hanno provenienze politiche opposte. Sanità, trasporti, ambiente e sociale, queste le quattro emergenze per le quali trovare soluzioni immediate, e su questi temi la Campania deve portare avanti una battaglia di giustizia e di equità, sostituita dalla logica di meno trasferimenti economici ordinari e più trasferimenti aggiuntivi, cosiddetti fondi pere-

quativi, che man mano spariscono, sostituiti da un sistema di ripartizione che certifichi la virtuosità di sistema, nel breve, per recuperare più risorse. Il Presidente porta come esempio quello che sta succedendo nei Trasporti, dove una politica troppo spinta verso le infrastrutture a sfavore dell’esercizio ha fatto saltare i costi standard ed oggi il sistema di valutazione sulla premialità nazionale è basata sui costi standard, e gli errori del passato, purtroppo, oltre a provocare l’involuzione del sistema, potrebbero determinare meno risorse nazionali per i trasporti alla Campania. Nella Sanità non va meglio, la Campania si vede riconosciuti circa 400 milioni all’anno in meno, con un unico criterio che pesa l’anzianità della popolazione e la Campania, che ha una popolazione giovane, soffre un taglio che in dieci anni significa 4 miliardi di euro in meno. Ulteriore questione affrontata da Caldoro è il divario che esiste tra Nord e Sud, un sistema duale del paese che è sempre stato compensato con un assistenzialismo che

non regge più, lo schema da intraprendere è quello attuato dalla Germania che in meno di dieci anni è riuscita a colmare un divario duale maggiore di quello che abbiamo noi tra Nord e Sud, agganciando l’est e l’ovest, facendo così diventare la Germania la locomotiva che traina l’economia in Europa. Questo è possibile anche in Italia, soprattutto perché l’economia punta verso il mediterraneo, l’unico mercato internazionale che ha qualche segno positivo, ed in una geopolitica economica l’ultima occasione in termini di crescita è puntare a dare risorse là dove, come al sud, la possibilità di crescita è maggiore. Sui temi della disoccupazione e degli ammortizzatori sociali, e le misure del lavoro come il costo del lavoro ed il cuneo fiscale, dove il sindacato è impegnato in prima linea sui tavoli nazionali, Caldoro chiede alle parti sociali un profondo impegno su questi argomenti che inevitabilmente si ripercuoteranno sul nostro territorio. L’ultimo punto toccato nel lungo intervento è quello della città metropolitana: Napoli dovrebbe essere perimetrata, relativamente al riequilibrio territoriale delle funzioni, abitative o di gestione di servizi, anche più ampiamente dei 60 comuni attuali della sua provincia, come già successo a Parigi, Londra o Barcellona, così da permettere alla città di diventare la capitale del mediterraneo, per governare, al di là dei limiti municipalistici, i veri temi che regolano la vita dei cittadini, sanità, trasporti, servizi, sicurezza. Per fare questo, conclude Caldoro, c’è bisogno di affermare che la politica riformista non è fatta solo di parole ma di questioni concrete, e su questo la UIL è un passo avanti su tutti e quindi potrà dare il suo contributo ancora più forte. A. A.


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Crisi della rappresentanza crisi economica, un Mezzogiorno ricostruito volano del Paese Dalla tavola rotonda, stimoli e riflessioni per lavorare insieme per mettere in atto azioni mirate a creare lavoro, meno tasse e più impresa Una interessante e ben gestita tavola rotonda ha caratterizzato la VII Conferenza di Organizzazione della Uil Campania. La crisi della rappresentanza, la crisi economica ed il ruolo del Mezzogiorno, volano per quello sviluppo del Paese oramai indispensabile ed urgente come non mai, sono stati i temi su cui si sono espressi e un po' anche confrontati Paolo Macry, professore di Storia contemporanea alla Federico II, Vincenzo Boccia, Vicepresidente nazionale Confindustria e Luigi Angeletti, Segretario Generale Uil, moderati da Antonio Passaro. L'occasione offerta dalla Uil Campania è stata colta con oculatezza e cognizione per il momento che sta attraversando il Paese, e, lontani da posizionamenti ed interessi di parte, anche legittimi, gli intervenuti hanno offerto uno spaccato che tutto sommato alla fine è risultato anche convergente nonostante i diversi approcci dettati dalla diversa esperienza professionale dei singoli. Paolo Macry. Il professore di Storia contemporanea non poteva esimersi dal tracciare una linea di continuità per ciò che è stata la storia del Mezzogiorno d'Italia e la grave crisi in cui versa il Paese ed il meridione in modo particolare. Macry ha voluto rappresentare le difficoltà di produzione della ricchezza al Sud, che pur ne ha sempre avuto le potenzialità, con la crisi che ha interessato il "modello ministeriale" con cui egli identifica un sistema di rappresentanza che, per 150 anni, ha caratterizzato la classe dirigente del meridione, mediante il quale si scambiava il sostegno al governo centrale con il trasferimento di risorse al Mezzogiorno del Paese, che ha così drammaticamente segnato la dipendenza e l'autosufficienza di questa parte d'Italia. Nel tempo si è determinato così un mercato dipendente dalla politica e dalla finanza pubblica, con scarsa autosufficienza, condizionato dal clientelismo, figlio dello scambio da cui si generava, che in tali condizioni non poteva che determinare un modello di inefficienza della spesa pubblica, che è un altro degli indicatori negativi giustamente assegnati al Mezzogiorno. La capacità di drenare risorse, indipendentemente dall'allocazione e dalla qualità della spesa, è stata per anni la discriminante per selezionare la classe dirigente che ha finito così solo per recuperare risorse, assegnate spesso in mani sbagliate determinando un doppio danno, con la semplicistica strumentalizzazione di un Sud inefficace ed improduttivo che costituisce un costo per il nord del Paese, di cui ne frena la crescita. Il dispiegarsi della crisi economica ha interrotto i flussi di risorse e la possibilità da parte della classe dirigente di poterli garantire per garantirsi, mettendo così in crisi la funzione drenante del “politico” e quindi dell’intero “modello ministeriale”. Nel Paese, e ancor più nel Mezzogiorno, sono andati in crisi i Partiti e si sono determinati spazi ed ambiti nuovi, svincolati dai perimetri conosciuti della politica, in cui si sono affermati movimenti ed associazioni con gli stessi amministratori eletti che sono andati oltre gli stessi schieramenti che li hanno candidati, come nel caso di Caldoro e De Magistris. Ora appare evidente come il Sud sia fortemente attenzionato, per cui, se non opportunamente tutelato, rischia un ulteriore isolamento; il solo fatto che Luca Ricolfi, sociologo e scrittore, sostenga la tesi che ogni anno il Sud prenda dal Nord circa 50 Miliardi, pone, secondo Macry, un imperativo tale che paradossalmente non obbliga a verificarne la sostenibilità, bensì ad analizzare il fatto che siamo, in modo più o meno coerente, sotto tiro. La crescita del Sud è indispensabile per il Paese, ma la ripresa non può che par-

tire dal Centro-Nord, che per insediamenti produttivi ed infrastrutturali deve farsi carico di far partire lo sviluppo, senza tralasciare nulla e con un nuovo protagonismo del Mezzogiorno, che non può costituire la palla al piede, che segnerebbe la possibilità della ripresa per tutto il Paese. Nel frattempo si fanno spazio le associazioni ed i movimenti più o meno fuori da i partiti. Secondo Macry, che il Sud prenda o meno dal Nord circa 50 miliardi non è importante, ma lo è analizzare il fatto che siamo sotto tiro in modo più o meno coerente. Nel secondo giro di interventi, Macry, interrogato sulla crisi o peggio ancora sulla morte della politica, ha sostenuto che non siamo proprio alla collisione funesta contro un iceberg, ma poco ci manca, vista la poca disponibilità di capitale sociale e la ancor meno disponibile sinergia istituzionale e politica capace di portare anche il mezzogiorno fuori dalle secche. Il Mezzogiorno non è con la corda al collo ma è sicuramente atteso ancora da grandi sacrifici. Citando un testo del prof. Trigilia “Non c’è Nord senza Sud” ribadisce che non potrà esserci una crescita solida e un’Italia più civile se nel Mezzogiorno non si avvierà uno sviluppo capace di autosostenersi. Quindi, tenuto conto che non sono mancati i soldi ma la capacità di spesa per ragioni di gestione del consenso, è da questo che bisogna partire per evitare gli errori fatti. Trigilia adesso è ministro della Coesione sociale e, tenuto conto che da studioso sosteneva che il problema del Mezzogiorno si è aggravato con la nascita delle regioni e che la crescita dell’autonomia amministrativa non ha significato mai maggiore efficacia della spesa, si può sicuramente affermare che senza vincoli e controllo centrale, con un federalismo senza freni la situazione è destinata ad aggravarsi, quindi vi è da aspettarsi che in tal senso darà segnali di garanzia per il controllo della spesa. La riforma del titolo V va gestita con oculatezza e senza predeterminazioni di parte, evitando di far diventare un problema quella che è stata pensata come un’opportunità. La speranza è investire sul capitale umano, l’associazionismo può essere un mezzo visto che con questi partiti si è destinati a sbattere contro quell’iceberg, che pure essi stessi vedono. Vincenzo Boccia. Invitato ad una riflessione sulla crisi della rappresentanza e la crisi della politica, il secondo intervento è affidato al leader degli industriali che fin da subito ha dato una chiara sensazione di efficace sensibilità, anche lontana dagli stereotipi propri delle analisi delle associazioni datoriali, troppo spesso distanti dalle valutazioni del mondo del lavoro e talvolta volutamente divergenti solo nel tentativo di rappresentazioni di parte. Il vice presidente di Confindustria ha subito posto l’accento su come in questa fase storica, che dura però da troppo tempo, la politica non avverta la gravità della situazione, al pari delle organizzazioni sindacali e datoriali; è da evidenziare come anche nel rapporto istituzionale tra parti la leadership si misura sulla qualità della proposta e non sul livello dello scontro, quindi appare evidente che non da quest'ultimo ma solo dal confronto possono scaturire le giuste soluzioni. In un momento di crisi della rappresentanza si rischia di operare un errore tragico, cioè quello di confondere la comunicazione con la democrazia. Twitter non è e non può essere una forma di democrazia ma solo ed esclusivamente una forma di comunicazione che impegna coloro che la praticano, e in Italia sono una minoranza, che certo non può assorbire l'esercizio de-

mocratico del confronto, della partecipazione e della democrazia rappresentativa. La politica deve necessariamente riappropriarsi della sua funzione caratterizzata dal primato della rappresentanza di interessi collettivi, senza venderla alla tecnica ed ai tecnici. La politica deve determinare le precondizioni dello sviluppo, che è soprattutto un problema del Mezzogiorno; agire su costi e tassazioni delle imprese e del lavoro è indispensabile per eliminare quelli che sono i gangli che frenano lo sviluppo. Creare le condizioni dello sviluppo non può essere oggetto di scambio con la politica come lo è stato per lunghi anni, garantire le condizioni per il confronto con altri paesi, dove i costi delle imprese sono di gran lunga più bassi, non può essere frenato dalla ricerca del consenso. L’Imu è una tassa insopportabile, ma una sua cancellazione sembra più favorire il consenso politico che lo sviluppo, le parti sociali devono riprendere ad essere incisive per condizionare le scelte. Se negli ultimi anni

non abbiamo avuto una grande capacità di incidere è perché siamo finiti per essere poco interessanti, il 90% degli associati a Confindustria è di aziende sotto i cento dipendenti, i pochi aderenti forse non sono attraenti, ma ciononostante chiudiamo tanti contratti che non fanno notizia come per i metalmeccanici. Non essendo intervenuti sui nodi di sviluppo, e non avendo più la leva della svalutazione, oggi abbiamo il problema di intervenire contemporaneamente sul rapporto deficit/pil e sviluppo. E non è semplice. Ma coscienti del ruolo che abbiamo, rilevato che i corpi intermedi sono un insostituibile baluardo della democrazia, e convinti che bypassarli è un grave rischio, dobbiamo partire dal presupposto che gli interessi bisogna riprendere a rappresentarli e non a difenderli. Luigi Angeletti. In ordine temporale, la presenza del segretario della Uil ha chiuso il cerchio ideale del confronto sul Pag. 6 tema della rappresentanza e

Rea: ricostruire per far ripartire la UIL e il Paese Un cambio di scelte per ricominciare con una grande forza sindacale “Stiamo registrando un vero terremoto, che ha distrutto ciò che non posava su basi solide”, queste le parole usate all’inizio dell’intervento conclusivo di Anna Resa al termine della VII Conferenza di Organizzazione della Uil Campania, che si è tenuta il 16 e 17 maggio presso l’Accademia Aeronautica di Pozzuoli. Il Segretario Generale della Uil Campania, dopo i dovuti ringraziamenti a chi ha partecipato ed intervenuto al confronto, ha rafforzato ancora una volta il concetto della necessità di ricostruire senza dimenticare nessuno, perché è arrivato il momento di intervenire senza temporeggiare, considerata anche la oramai logorata tenuta sociale, dove gli umori di protesta tra la gente lascia campo libero ai facinorosi che incitano le piazze allo scontro. Dove non si intravedono speranza e via di uscita dalla crisi, vi è la drammatica possibilità che si verifichino eventi gravi come il suicidio o addirittura l’omicidio di intere famiglie in difficoltà. “Il patto della Campania” insistente il Segretario “è un modello che non può restare sulla carta ma va esaltato ed applicato. Non ci sono interessi specifici da difendere, ma interessi generali da perseguire.” Parole dure, ma efficaci a trasmettere tutto il senso della conferenza regionale, incentrata sul tema della ricostruzione del Paese, che inesorabilmente è destinato a precipitare verso il baratro se il Governo non interviene sulle emergenze. Eppur la UIL aveva già da tempo intercettato l’esigenza di prendere coscienza che non era più il momento di politiche dirette all'assistenzialismo, ma era arrivata l’ora di rivendicare scelte di sostegno alla produzione che non mendicassero risorse ma sostegno al lavoro soprattutto al Sud ed in Campania. Ma il cambiamento auspicato non riguarda solo il sistema Paese, ma anche la UIL

Campania, che nonostante le difficoltà economiche del territorio, continua a rappresentare oltre 200.000 iscritti, a dimostrazione dei tanti cittadini che si rivolgono a questa organizzazione come ultimo baluardo in grado di tutelare i loro diritti. È quindi arrivato il momento di cambiare il modo di fare sindacato attraverso il modello a rete, grazie al quale sarà possibile, secondo il Segretario Generale, raggiungere le piccole realtà produttive, arrivando laddove il modello a frusta non è stato in grado di arrivare. Per fare questo, è indispensabile uscire dalle sedi e andare nel territorio fra la gente, raffigurando quell’idea che da sempre ha contraddistinto la Uil, un sindacato dei cittadini al fianco dei lavoratori, dei disoccupati e dei pensionati, anche mettendo a disposizione risorse in grado di offrire servizi diversi destinati a risolvere quei piccoli problemi di vita quotidiana di tante famiglie, per dare comunque una risposta in una fase storica in cui non si rinnovano i CCNL. L’offerta di assistenza assume in un momento di congiuntura economica un valore inestimabile che la Uil Campania ha capito e che da tempo valorizza con competenza e professionalità. Il punto di partenza è ricostruire anche attraverso processi di accorpamento indispensabili per aumentare l’efficacia sui luoghi di lavori e la presenza nei settori strategici e nei territori, allo scopo di ricostituire quella fiducia fondamentale tra rappresentante e rappresentato. “La condivisione e l'inclusione” conclude Anna Rea al termine del suo intervento “sono l'obiettivo e lo spirito che non deve abbandonare la UIL che è di tutti, perché è la somma di tante energie che insieme possono fare un’organizzazione ancora più forte”. Francesco Di Palma


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Crisi della rappresentanza crisi economica, un Mezzogiorno ricostruito volano del Paese Dalla tavola rotonda, stimoli e riflessioni per lavorare insieme per mettere in atto azioni mirate a creare lavoro, meno tasse e più impresa della sua involuzione, partendo da una riflessione sulla democrazia ateniese del V sec. a.C., cosi come posta da Pericle che ne fu autore e sostenitore ed ebbe il merito di legarla indissolubilmente a quella economia di mercato che doveva necessariamente essere vista intrecciata con la democrazia rappresentativa, che, anche se non paragonabile a quella di 60 milioni di cittadini italiani chiamati ad esercitarla, pone nuove e diverse criticità che comunque non possono fare a meno di elementi di rappresentanza come lo sono stati i partiti dal dopoguerra ad oggi. Appare evidente come in nessun paese di Europa la democrazia si basi sull’assenza dei partiti, che sono cambiati, si sono riformati ma pur sempre sono presenti. In Italia invece nella crisi più pericolosa negli ultimi 50 anni, ampiamente sottovalutata dai partiti, si scopre che senza di essi c’è un serio problema di democrazia. Bisogna quindi "Ricostruire", ma bisogna sapere come, cosa e con quali architetti lo vogliamo fare; sicuramente non si può ricostruire come prima, i danni avvenuti segnano il modo anche di come ricostruire, non si può rifare tutto come prima, non si può pensare di ripristinare l'ex ante, a volte i terremoti non buttano giù solo case ma modificano definitivamente anche l’assetto idrogeologico. Negli ultimi 20 anni abbiamo beneficiato delle risorse delle privatizzazioni e la riduzione dei tassi di interesse del debito pubblico, quindi abbiamo potuto spendere più di quello che producevamo. Finito il ciclo di privatizzazioni, i tassi sono aumentati e sia-

mo andati in crisi con il fallimento della rappresentanza che non poteva più distribuire la ricchezza non prodotta. Siamo usciti dalla guerra a pezzi ma attraverso una percezione che portò il patriottismo ad un’accezione negativa, siamo passati alle ideologie, sinistra, destra, centro, democraticità, comuni-

smo e socialismo, tutte accomunate e discriminate da un'ideologia politica, talvolta ricondotta ai partiti ma mai alla territorialità. Dunque, idee diverse sì, ma mai Nord contro Sud e viceversa. Finite le ideologie non ci è stato un collante, ma solo la ricerca di elementi di un'economia asfittica ed effimera, ed una volta finiti i soldi ecco giungere la disgregazione. Ora nella ricostruzione dobbiamo essere lucidi ed impietosì sui nostri limiti, perché in essa è indispensabile la nostra responsabilità, dobbiamo ricostruire un sistema democratico quale condizione

indispensabile per ricostruire e soprattutto difendere i nostri interessi rappresentati. Abbiamo bisogno di riformismo sano per cambiare il Paese, le parti sociali devono cambiare passo, non dobbiamo pietire buone pratiche, associazioni datoriali ed organizzazioni sindacali insieme devono costringere la politica alle scelte buone segnate dalle buone idee, convincendo la gente che siano quelle migliori, segnando e caratterizzando così la bontà amministrativa di una comunità. La scelta del sindaco di Napoli di mandare i rifiuti in un paese con reddito tre volte maggiore è un errore drammatico che lascia un segno indelebile sui napoletani, perché se va bene per tutti il termovalorizzatore, allora anche Napoli lo può e deve avere, pena l'isolamento sociale e politico del territorio e di un popolo. Dobbiamo pensare a come e in che modo uscire dalle secche dove siamo finiti, non sarà facile ma ce la dobbiamo fare. È umano cercare di uscire dalle difficoltà attraverso la strada più semplice, ma nessuno ci eviterà di bagnarci i piedi. Una strada potrebbe essere quella da percorrere non tutti insieme, e potrebbe andar bene se non avessimo la moneta unica e la indisponibilità di slegarci da una dimensione economica almeno continentale, quindi da soli no e non possiamo uscire fuori dall'euro! Abbiamo un problema di crescita, non abbiamo i soldi per investire e stiamo affondando inesorabilmente ma "state tranquilli", continua Angeletti, dobbiamo produrre di più a parità di costi, le amministrazioni nel Mezzogiorno spesso non sono la soluzione ma il problema

della arretratezza del Paese, non producono servizi e costano di più. Per uscire dalla crisi ci vuole un PIL almeno al 2% ed il Nord da solo non ce la può fare, il Centro-Nord, ricco di infrastrutture e fabbriche, non si può trascinare un Sud che non tira, laddove c'è lo spazio fisico per investimenti e manodopera, capacità di allocare infrastrutture e quindi far ripartire tutti i 60 milioni di italiani a partire dai 20 del Sud, perché è bene ricordarlo: siamo un paese per ricchi, non di ricchi. Ce la possiamo fare ma dobbiamo recuperare un dato culturale, la qualità della vita non può essere ancora considerata come dipendente dalla politica, bensì dal lavoro. Il lavoro non è un fatto sociologico ma deve essere considerato come unico elemento che crea ricchezza, va messo al centro della discussione come l'elemento fondamentale per la ripresa economica, facendo del lavoro la soluzione e non il problema. Tutte le azioni devono mirare a creare lavoro, meno tasse e incentivi per crearlo anche per le imprese, facilitare gli investimenti in Italia ed i percorsi autorizzativi; tempi ed efficienza della pubblica amministrazione sono elementi non più differibili alle esigenze del consenso politico. Il sindacato deve fare le scelte, posizionarsi e fare in fretta, non abbiamo più tempo, la nostra responsabilità è fondamentale, dobbiamo essere determinati, definire iniziative in grado di scuotere la politica ed il governo. Un governo, quello attuale, intriso di validi ragazzi, ma non per questo capace di realizzare la svolta con certezza, ecco perché bisogna spingerli e condizionarli visto che siamo i soli a farlo, ed è per questo che tutte le iniziative che abbiamo definito (quella del 22 giugno a Roma) e altre che ne definiremo andranno nella stessa direzione. L. S.

Ennesima tragedia sui binari Quando il treno evoca sofferenza I ferrovieri chiedono giustizia e tutela Era un tranquilla domenica di primavera quando il manovratore Francesco Zannella è stato vittima dell’ennesimo incidente mortale sul lavoro. Un freddo numero in una statistica, l’ennesima ferita che lacera i cuori di tutti i ferrovieri. Eppure, nonostante si chiedano da tempo maggiori fondi per formazione e controlli, ad oggi, dopo mesi di silenzio, l’unico vero intervento da parte del Governo è stato un drammatico ridimensionamento dei finanziamenti. In particolar modo per Rete Ferroviaria Italiana, la quale, a seguito del Contratto di Programma in essere con il Ministero delle Infrastrutture, riceverà circa duecentocinquanta milioni di euro in meno rispetto a quanto stanziato fino ad oggi. Ad RFI sarà destinata la somma complessiva di 1575 milioni l’anno, cifra onnicomprensiva che non distingue più tra manutenzione ordinaria e straordinaria. Un ridimensionamento talmente imponente da non poter prescindere dalla necessità di rivedere aspetti organizzativi ed operativi della società, attraverso un confronto costruttivo mirato al rilancio aziendale. A tal proposito, tra le tematiche più stringenti, si possono ricordare il riconoscimento delle attività usuranti e del lavoro notturno, decisivo per rivalutare correttamente l’anzianità di servizio ed eventualmente agevolare l’immissione di nuove leve capaci di compensare gli esodi, la revisione delle politiche manutentive, utili a riequilibrare il personale in termini di ore/uomo necessarie allo svolgimento delle attività, il recupero delle internalizzazio-

ni, fondamentali a seguito della riduzione dei finanziamenti ed attuabili solo attraverso un valido progetto formativo, la rivalorizzazione di idonei spazi manutentivi ed un ammodernamento dei mezzi d’opera, ed infine una revisione delle responsabilità, attraverso l’istituzione di nuove figure capaci di migliorare la qualità operativa. Mentre si chiede un percorso negoziale costruttivo su temi tanto rilevanti, la morte di Francesco Zannella ci ricorda che ancora tanto deve essere fatto in tema di sicurezza. Pur constatando una diminuzione totale degli infortuni, l’indice di incidentalità degli stessi è ancora allarmante e questo dato rende necessari interventi efficaci e permeanti. Sarebbe innanzitutto doveroso ridistribuire i carichi di lavoro, mirando a ridurre gli infortuni e lo stress, attraverso la specializzazione del personale e l’ingresso di nuove consistenze. Inoltre sarebbe opportuno intervenire nelle lavorazioni più soggette al rischio, come quelle notturne, dove si rende urgente delimitare l’ambito delle lavorazioni ed il massimo numero di cantieri che possono insistere su di esso, definendo in maniera netta i limiti di responsabilità tra personale RFI e quello delle ditte appaltatrici. Il Gruppo FS si propone sul mercato come un’azienda che fa della sicurezza uno dei suoi pilastri portanti e prima che questa colonna si sgretoli sotto il peso delle drammatiche statistiche degli infortuni è necessario intervenire in maniera urgente ed incisiva. U. E.

Cronache dolenti di percorsi di sacrificio quotidiano Prosegue la diatriba fra qualità del servizio e aspettative della clientela sulla linea regionale Napoli-Caserta, che interessa un notevole bacino di utenza ed abbraccia diversi comuni del comprensorio e le stazioni intermedie, alcune disabilitate (manca il capo stazione). Un inferno che evoca tutto quanto non si vorrebbe vivere, un disagio che è la cartina di tornasole di una realtà geografica fuori dal mondo. Persone costrette, causa ritardi e soppressioni dei treni cosiddetti pendolari, a rivedere i propri programmi quotidiani. Il badge timbrerà in ritardo anche di ore; il metrò diventerà una chimera. L’arancia meccanica di travet invisibili, seppure fatti di carne ed ossa; vittime anziché fruitori di un servizio con tratti tutt’altro che umani. È l’effetto dei tagli imposti, che nascono dalla crisi del trasporto locale e che ha assunto proporzioni drammatiche. Un pot purri di concause che ci consegnano ogni giorno immagini da dopoguerra e da cineteca pakistana, con viaggiatori schiacciati all’interno dei treni alle porte, che non riescono a chiudersi ritardando ancora di più la partenza del viaggio allucinante. Lo scadimento che ha coinciso in parte con l’introduzione di Unico Campania e che a tutt’oggi è sotto gli occhi di tutti. È la morte stessa non solo del welfare state, ma della civiltà. I viaggiatori denunciano le assurde condizioni di “stivaggio dei loro corpi”; la calca umana che si ritrova, specie nelle corse del primo mattino, a tentare quasi informe massa kafkiana di salire su convogli che appaiono scatole di sardine, nella ripetizione pedissequa di un sacrificio quasi tribale. Un sistema, quello del trasporto pubblico in Campania, che vede il committente (la Regione) per coprire buchi ereditati, tagliare i fondi-rimborso all’appaltatore Trenitalia, che, essendo un’azienda creata anche per fare utili e non beneficenza, ha finito per usare la cesoia sui costi di servizio. Due miliardi di credito accumulati in questi anni e vantati dal Gruppo Ferrovie dello Stato. Ma di fronte al default di molte

regioni e committenti pubblici vari, come esigerne la riscossione? Il risultato è quello di un effetto domino preventivabile ma non evitato: tagli sui costi di manutenzione e di pulizia; riduzione del numero delle carrozze con treni sempre meno idonei anche sul piano della sicurezza. I cosiddetti tagli lineari e la spending review si toccano con

mano e vengono vissuti come colpi di frusta quotidiana sulla pelle dei viaggiatori, sempre più soli con se stessi pur nella moltitudine, prede dell’inefficienza fattasi teorema. Un viaggio-odissea, dalle sei del mattino alle nove, con corse soppresse nell’ignavia generale. Annunci zero, tabelloni privi di indicazioni per i viaggiatori che, si suppone, in buona parte avranno pagato un biglietto. C’è poi l’incognita delle trecce di rame rubate, che incombe come minaccia costante a bloccare la circolazione dei treni. Alla fine, a rimetterci sono sempre i cittadini ed i lavoratori del comparto, talora vessati, e che pur moltiplicano gli sforzi per assicurare il servizio, per la verità purtroppo sempre più carente, specchio di un’Italia e di un Sud che sembrano avere fatto definitivamente proprio l’orribile paradigma “In tempo di crisi, sono sempre i più deboli a dover soffrire ed i diritti vengono meno”. Intanto, che il treno numero 24314 in partenza (prevista) da Frattamaggiore alle 8,40 non arriverà ed alcuna notizia in merito a quello successivo, il numero 8005 delle 9,05 (presunto?)… Arcangelo Vitale


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Cambia la disciplina sul condominio

Dichiarazione dei redditi 2012

Molte le novità per gli amministratori degli edifici civili

Un veloce ripasso dei principali benefici fiscali

Entreranno in vigore il 18 giugno 2013 le nuove regole del condominio, grazie alle modifiche apportate dopo 70 anni dalla Legge n. 220 dell’11 dicembre 2012 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17/12/2012. Tra le novità di maggior rilievo della nuova normativa abbiamo quelle inerenti alla nomina e alla definizione dei compiti dell’amministratore di condominio. Secondo il nuovo art. 1129 c.c. l’amministratore di condominio è obbligatorio quando i condomini (e non le unità immobiliari) sono almeno nove e non più cinque. Per fare l'amministratore di condominio non è necessario essere iscritto ad un apposito registro ma è indispensabile il possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado, il godimento dei diritti civili, una formazione appropriata in materia di amministrazione condominiale ed un’assicurazione professionale. Va specificato comunque che a chi ha svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell’arco dei tre precedenti all’entrata in vigore della nuova legge è consentito lo svolgimento dell’attività anche in mancanza dei requisiti richiesti dalla nuova normativa per ricoprire la carica. In riferimento alla polizza assicurativa, l’amministratore, all’atto della nomina deve presentare ai condomini una polizza individuale di responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato i cui oneri sono posti a carico dei condomini. L'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata, mentre la revoca dello stesso può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. La revoca può anche essere disposta, in caso di gravi irregolarità, dall’autorità giudiziaria su ricorso di ciascun

condomino. La nuova normativa infatti elenca nel dettaglio i casi in cui condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare eventuali violazioni e revocare il mandato all’amministratore (quale, ad esempio, la mancata apertura o la mancata utilizzazione del conto corrente condominiale). A tal proposito, secondo il comma 7 dell'articolo 1129 (modificato dall'articolo 9 del disegno di legge) l’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio. Ciascun condomino può accedervi per prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica. Su richiesta dell’assemblea l’amministratore è tenuto ad attivare un sito internet del condominio (aggiornato mensilmente salvo diversa previsione dell’assemblea), ad accesso individuale protetto da una parola chiave, che consente agli aventi diritto di consultare ed estrarre copia in formato digitale di atti e rendiconti mensili. Naturalmente le spese per l’attivazione e la gestione del sito internet sono poste a carico del condominio. La nuova normativa ha affidato all’amministratore anche nuove responsabilità, tra le quali la sicurezza degli impianti, il risparmio energetico, il rispetto dell’ambiente e l’eliminazione della barriere architettoniche nonché il recupero edilizio. L’inottemperanza ai doveri dell’incarico può determinare anche responsabilità penale dell’amministratore, con la trasmissione dei fascicoli alla Procura della Repubblica con possibili rinvii al giudizio con conseguenti oneri di natura personale. avv. Antonietta Minichino

Anche quest’anno, è arrivato l’appuntamento con la dichiarazione dei redditi 2012, utilizzando l’apposito modello 730/2013, destinato ai lavoratori dipendenti o pensionati a cui è riconosciuta la possibilità di trasmettere la comunicazione all’Agenzia delle Entrate avvalendosi del datore di lavoro/ente pensionistico oppure dell’intermediario abilitato. Tale modello è vantaggioso non solo perché la compilazione è assistita ma perché il conguaglio dell’imposta avviene direttamente nella busta paga o pensione a partire dal mese di luglio. Il mod. 730/2013 può essere presentato anche in forma congiunta al sostituto d’imposta di uno dei due coniugi oppure ad un Caf, che rispettivamente saranno tenuti a consegnare al contribuente entro il 31 maggio e il 17 giugno una copia della dichiarazione trasmessa, elaborata sulla base dei dati e dei documenti presentanti con l’indicazione delle trattenute o dei rimborsi che saranno effettuati sulla retribuzione. Al fine di alleggerire il carico fiscale in capo ai singoli contribuenti, il Fisco consente di ottenere sconti sulle imposte sui redditi, scalando dagli stessi alcuni tipi di spese di particolare rilevanza sociale. Tali spese sono divise in oneri "deducibili", ovvero le spese che possono essere sottratte al reddito prima di calcolare l'imposta da pagare e spese “detraibili", che invece possono essere sottratte direttamente alle imposte da pagare, diminuendone così l'importo. In via del tutto esemplificativa, vengono riportati di seguito le principali voci dirette a ridurre l’imposta in capo alla persona fisica che si avvale dell’assistenza fiscale. Possono ad esempio essere detratti nella misura del 19% gli interessi passivi su mutui sull’abitazione principale fino ad un massimo di 4.000 euro. Detraibili anche gli interessi delle abitazioni diverse da quelle principali, purché il mutuo sia stato acceso prima del 1997, fino ad un massimo di 2.065,83 euro. Stesso discorso anche per gli interessi passivi e gli oneri accessori relativi ai mutui e ai prestiti agrari. Si possono portare in detrazione, relativamente

agli immobili, sempre nella misura del 19% anche gli eventuali costi sostenuti per le eventuali spese di provvigioni o intermediazione immobiliare. I compensi dei mediatori immobiliari possono essere dedotti pro quota nel limite massimo dei 1.000 euro. Gli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica possono essere detratti secondo le diverse percentuali previste dalla normativa vigente, cui beneficio fiscale andrà spalmato su 10 annualità. Possono essere portate in detrazione nella misura d e l

19% le spese sanitar i e qualora superino il tetto dei 129,11 euro. Si possono inoltre dedurre dal reddito imponibile le spese mediche sostenute per i portatori di handicap. In questo caso la detrazione prevista spetta sull’intero importo della spesa sostenuta. Rientrano inoltre tra le spese e gli oneri per i quali spetta la deduzione dal reddito complessivo il contributo al SSN contenuto all’interno della polizza assicurativa dei veicoli, gli assegni versati al coniuge, qualora disposto dal giudice ed esclusi quelli per il mantenimento dei figli. I contributi per gli addetti ai servizi domestici e familiari fino ad un massimo di 1.549,37 euro, le erogazioni liberali effettuate a favore di ONLUS, istituzioni religiose o partiti politici. In ogni caso prima di recarsi al Caf o dal proprio sostituto d’imposta, è buona norma che il contribuente recuperi e conservi i documenti necessari a giustificare quanto dichiarato all’Agenzia delle Entrate, al fine di evitare brutte sorprese qualora ci fossero dei controlli in atto. U. E.

Tornare a casa in sicurezza

Una passeggiata in un borgo magico

Al via un nobile progetto: i corsi di autodifesa per donne

Casertavecchia, un connubio tra storia ed arte

Tornare a casa in sicurezza, questo il fine ultimo da raggiungere e l'imperativo da far osservare, alla stregua di un comandamento, a tutte le donne che con intelligenza e coraggio hanno scelto di affidarsi all'equipe di professionisti ed esperti che per loro ha messo in piedi il nobilissimo progetto di educazione all'autodifesa. Un ricchissimo programma di prevenzione che si evolverà attraverso un ciclo di incontri che si terranno ogni martedi e giovedi pomeriggio, a partire dal 14 maggio, presso l'istituto elementare Giacomo Leopardi di Fuorigrotta, atti ad accogliere senza selezione alcuna le madri degli alunni, le donne del quartiere e chiunque altra ne sia in qualche modo incuriosita ed interessata. Frutto dell'attento lavoro dell’associazione "Il Glicine", orientata a coinvolgere la comunità cittadina tutta, il corso di autodifesa femminile aiuterà non solo ad affrontare un'eventuale aggressione, ma soprattutto a fronteggiare la propria paura e a riconoscere, per evitarle, potenziali situazioni a rischio. Come già menzionato, il principio è dunque quello della prevenzione, vero e proprio cardine dell'autodifesa, perché, come sottolinea Gennaro Terlizzi, presidente dell'associazione e insegnante di arti marziali, imparare innanzitutto ad individuare per tempo una serie di circostanze pericolose è fondamento essenziale per salvaguardare la propria incolumità,

evitando a priori lo scontro con l'aggressore. Si apprenderanno così tutte le tecniche relative al linguaggio del corpo altrui, ai confini degli spazi personali ed alle modalità di gestione dei propri toni vocali (da tenere rigorosamente alti per scoraggiare l'aggressore ed attirare l'attenzione dei passanti). Ed ancora, verrà impartita una preparazione ginnica, un'altra dedicata invece all'apprendimento delle tecniche e delle metodologie delle arti marziali, ed infine un'ultima alle tecniche di gestione e controllo della paura, attraverso la respirazione e gli effetti che essa crea, sia a livello biologico che fisiologico. Un accuratissimo lavoro di squadra che da subito è riuscito a trovare risposta, e non solo dal corposo numero di donne partecipanti. Alle cronache locali non è infatti passato inosservato, ne hanno parlato con note di elogio importanti testate quali "Il Roma" ed "Il Corriere del Mezzogiorno", per finire con l'ampio spazio televisivo riservatogli in diretta nazionale, ed in prima serata, dalla trasmissione "Quarto Grado". Inutile aggiungere altro. All'associazione "Il Glicine", al suo presidente, ai docenti, agli addetti ai lavori ed a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo nobilissimo progetto, va il nostro più sincero encomio. Roberto Intermoia

C'è un piccolo borgo a circa 450 metri di altezza, a pochi chilometri da Caserta, un vero gioiello considerato Monumento nazionale per le sue peculiarità artistiche e per la sua antica storia. Un luogo ammaliante che potrebbe sicuramente prestarsi come scena di uno dei migliori film romantici, un antico borgo medievale stretto attorno alla piazza del vescovado sulla quale domina un’antica e maestosa cattedrale. Casertavecchia è quello che potremmo definire insigne esempio di architettura composita arabo-normanna, una piccola rocca longobarda. È un luogo quasi poetico, un posto dove è impossibile non lasciarci il cuore, meta prediletta di turisti e abitanti dei dintorni che non perdono occasione per addentrarsi in quelle piccole stradine dove storia e cultura danno la possibilità di vivere un viaggio nel passato. Passeggiare, respirare l'aria di antico, ammirare quel panorama mozzafiato dallo slargo da cui si ha vista sulla pianura, sullo sfondo il Vesuvio, il mare e le isole campane. Sopra il borgo ci sono le rovine dell'antico castello con il mastio ancora intatto. La Cattedrale è la testimonianza dell'influsso normanno con la facciata risalente al XII secolo che presenta figure di animali simbolici: le finestre e le porte sono messe in risalto da cornici di marmo bianco. I visitatori spesso distratti non danno giusta attenzione alla piccola Cappella di San Rocco, con un portico ad un solo pilastro; una pic-

cola lapide alla sinistra dell'ingresso da 400 anni è posta a guardia del monumento quasi ad invocare protezione dalla peste al Santo, cappella che contiene affreschi del 1600 e 1700. Si accede alla città attraverso la Porta della Torre da dove è possibile giungere al complesso dell'Annunziata e passando sotto i grandi archi del campanile si arriva alla scenografica piazza Vescovado su cui prospettano la Cattedrale con la torre campanaria, il Vescovado ed il Seminario. Scendendo giù al borgo si incontra il castello, di cui rimangono pochi resti; abitato in età angioina ed aragonese finché nella seconda metà del 700 fu acquisito da Carlo di Borbone. Una leggenda narra che proprio qui vi fosse custodito un antico tesoro. Inutile dire che per gustare a pieno una visita nel borgo di Casertavecchia bisognerebbe percorrere a caso, lentamente, le stradine per gustare il fascino della sua rusticità, goderne il silenzio in cui è immerso e quanto rimane ancora delle sue architetture originarie. Un’atmosfera deliziosa, un paese di altri tempi, uno dei panorami più belli e suggestivi, da ammirare dal suo belvedere. Un luogo magico, perfetto per vivere una giornata indimenticabile, tra le strade da un selciato ciottoloso, un posto affascinante dove i pensieri verranno inevitabilmente immersi in un panorama indimenticabile che lascerà il visitatore sicuramente esterrefatto. A. S.


Niente di nuovo sul fronte orientale Il sentirmi chiamare in quei primi giorni di maggio, mentre uscivo dalla stazione di Napoli, circondato dalla folla che solitamente sciama in quei luoghi, mi colse di sorpresa. Un po’ stranito stentai a mettere a fuoco la persona, poi, guardando con più attenzione, riconobbi Ubaldo, Baldo per gli amici. Aveva qualche ruga in più e qualche capello in meno dall’ultima volta che ci eravamo visti, ma gli occhi sempre gli stessi, vispi, intelligenti, schietti. Avevo sempre provato simpatia per Baldo sin da quando ragazzi ci conoscemmo, forse anche perché pensavo che affrontare la vita col nome che gli era stato imposto non fosse cosa facile. Abbracci, pacche sulle spalle, insomma il solito rituale di due amici che da tempo non si vedevano. Ci sono novità, mi chiede col suo sorriso franco. Che dire, l’unica nota degna di rilievo capitatami in quest’ultimo anno è un cucciolo di bracco raccolto per strada, durante uno degli attacchi di “buonismo” di cui soffro. Parlare del mio cane e dirgli magari di averlo chiamato “Dino”? Meglio di no. Come un abile “tennista” rilancio la palla di “rovescio” e mi sento dire :”io niente e tu”? Ubaldo non aspettava altro, trascinandomi in un bar vicino cominciò a raccontare i suoi ultimi trascorsi. Mi disse di essersi recato numerose volte nei paesi dell’est europeo, quelli che definiamo di oltre cartina, dove ci sono stati i partiti unici ai tempi dell’Unione Sovietica, per capirci. Era stato spinto da una strana pulsione, voleva verificare de “viso”, senza intermediari, il processo di democratizzazione e gli effetti che questo avrebbe portato alle persone, considerando il fatto d’essere usciti da regimi “fascio-comunisti”. Mi raccontava delle “ubriacature” della “deliberazione”, della prima delusione, dovuta dal rimpiazzo del sistema cui erano abituati, pur orientato al ribasso garantiva tutti. La democrazia portando il mercato e la concorrenza a dire di Ubaldo li ha completamente spiazzati. La seconda delusione è giunta quando le persone si sono rese conto che il mercato e la concorrenza non tengono le necessità degli individui come indirizzo. In ogni caso, il “benessere” dei cosiddetti paesi occidentali (ampiamente diffuso dalle tv satellitari) non è un automatismo democratico. Il mio amico mi raccontava delle miseria ancora palpabile, del tenore di vita molto più basso rispetto al quale noi siamo abituati. Nella sua panoramica di quest’altra Europa, Ubaldo descriveva i chiari indizi di una non equa ripartizione della ricchezza. La vecchia “nomenclatura” è diventata borghesia, i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri, beh, sono poveri. Al di là dei centri cittadini, già nelle periferie si coglie un clima di decadenza, se poi si va nelle zone rurali, interi centri abitati sono privi di sistema fognario e di rete idrica. Ma come fanno, chiesi. Lui mi rispose che nei paesi c’era un sistema di pozzi per l’acqua col secchio appeso alla catena, le cunette delle strade sono trasformate in reti fognarie, molte strade sono in terra battuta, quando piove sono transitabili solo col trattore o con carri a trazione animale. Eppure a sentire i notiziari tv di questi paesi l’Unione Europea manda fior di milioni in euro, per porre fine a queste condizioni. In compenso girano macchine lussuose, molti fuoristrada, si scorgono abiti firmati, gioielli, ristoranti di lusso per una “certa” elite. La cosa triste viene fuori quando si sente dire alle persone ch’era meglio prima, sostengono di essere stati imbrogliati, che la democrazia è una truffa. Nel mentre si consuma Coca Cola, si fuma Marlboro, si inquina la terra, l’aria e le falde acquifere. Si afferma sempre più la società dell’apparire su quella dell’essere. Tutto questo secondo Ubaldo in maniera molto più rapida e scioccante di come è avvenuto da noi. Fu allora che intravidi un velo di tristezza negli occhi del mio amico, quasi il segnale di un sogno spezzato. Per distrarlo, senza farmi coinvolgere più di quel che già ero, decisi di parlargli del mio cane e di come mai l’avevo chiamato “DINO”… ma questa è un'altra storia! Vi saluto e sono l’Autoferroagricolo

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C’erano una volta i cantautori italiani Ministoria di un fenomeno quasi estinto Negli anni ’60, negli U.S.A, le giovani generazioni vivevano un periodo particolare. Dopo una fase di ripresa sociale ed economica, dopo l’ultimo conflitto mondiale, i giovani vivevano nella paura di un ritorno alle armi. Guerre non globali, come avvenne all’inizio degli anni ‘40, ma dislocate in alcune aree terrestri. Negli anni ’60 gli americani parteciparono ad uno dei più lunghi e tormentati conflitti della storia contemporanea: la guerra nel Vietnam. Dove ogni giovane, all’età di 19 anni, veniva reclutato con le buone o cattive maniere, al rifiuto c’era il carcere. Da questi obblighi e/o imposizioni, verso la metà di quegli anni, una buona parte di loro reagì. Si affrontava il carcere oppure si organizzavano forme di protesta, in gruppo, con manifestazioni di pace, a suon di cortei, slogan. musica e fiori. A proposito di musica, fiorirono artisti che componevano musica associata a testi abbastanza impegnati con riferimento soprattutto al conflitto vietnamita. Tra i primi e più bravi menestrelli della musica Pop americana si annovera indubbiamente Bob Dylan. I testi delle sue canzoni sono delle vere e proprie poesie. Chi non ha mai ascoltato canzoni come “The Times They Are a Changin’” oppure “Blowin’in the Wind”? Questi brani diventarono dei veri e propri inni dei Movimenti pacifisti e dei diritti civili. Non solo Dylan ma anche Joan Baez, nota in Italia per aver cantato l’hit di Gianni Morandi “C’era una ragazzo che come me…”. E in Italia? Sull’onda emotiva di

quello che stava succedendo negli Usa, cominciavano a farsi avanti artisti che avevano un buon rapporto con la lingua italiana, anche se, ad essere sinceri, precedentemente a quello che stava avvenendo negl USA, c’era già qualcuno che scriveva canzoni-poesie. Anche se non “impegnate”. È il caso del genovese Fabrizio De Andrè. I suoi album, ricchi di poesia, non strizzavano l’occhio a quello che succedeva nel mondo, ma le canzoni erano rivolte alle persone, alla vita quotidiana, all’amore. In Italia i primi casi di cantanti impegnati, i cui testi, da loro firmati, videro luce nei primi anni ‘70. Tra i primi ci furono i romani Francesco De Gregori ed Antonello Venditti. Si erano conosciuti presso il Folkstudio, che era un luogo romano d’incontro di gente impegnata nel sociale, non solo artisti. All’inizio suonavano e cantavano brani in italiano di artisti americani come Dylan e Cohen, poi nel 1972 pubblicarono insieme un album di brani inediti, per poi “separarsi” artisticamente. I primi album dei due artisti trattavano tematiche sociali, con qualche “condimento” politico, ovvero contro il Sistema Governativo italiano di allora. Non a caso furono “adottati” ,e non solo loro, dal maggior Partito di opposizione, diventando dei veri e propri Capiscuola di un Fenomeno: cantare canzoni scritte da loro contenenti testi impegnati, e suonate prevalentemente da strumenti elementari, come la chitarra acustica ed armonica. Una figura che fu etichettata come Cantautore. Rosario Mammola

L’ esempio del buon calcio europeo Un muro abbattuto dalla longevità calcistica di Ferguson Ora c'è anche il crisma dell'ufficialità. Sir Alex Ferguson lascia il Manchester United a fine stagione. Lo annuncia lo stesso club che dice così addio al tecnico che ha guidato la squadra per 27 lunghi anni. Ferguson, monumento vero del calcio mondiale, ha vinto 13 Premier League e due Champions League. Secondo i tabloid inglesi, tra le motivazioni che avrebbero spinto sir Alex a prendere la decisione di lasciare il calcio, ci sarebbero dei problemi di salute che tormentano da tempo il manager scozzese. Il 19 maggio contro il West Bromwich, Ferguson ha guidato così per l’ultima volta la squadra con la quale ha fatto la storia. La squadra nella quale ha fatto splendere alcune delle più grandi stelle degli ultimi anni: da Eric Cantona a Roy Keane, passando per David Beckham e Cristiano Ronaldo. La squadra che ha portato al successo per oltre due decenni. Ma questo fenomeno d'oltremanica non trova consensi, né imitazioni nel nostro Belpaese calcistico. Una delle piaghe del nostro sistema calcistico, oltre ai procuratori, è il frequente esonero degli allenatori. Mai come durante questa stagione agonistica vi sono state così tante espulsioni fra i tecnici nel calcio di Serie A. Quali possono esserne le cause? È forte la richiesta di Società e tifosi di fare subito risultato e lo è altrettanto l’incapacità dei club di permettere, salvo rare eccezioni, al tecnico di lavorare su obiettivi che non siano solo quelli della partita domenicale. L’effetto è che l’allenatore rischia di venire esonerato se perde qualche incontro o se non corrisponde subito alle aspettative del presidente. Compare quotidianamente sulle pagine dei giornali e nelle trasmissioni sportive. Intorno a lui si sviluppa un gossip continuo che espone le sue scelte alla discussione senza fine del pubblico e dei giornalisti, che s’interrompono solo durante il match per riprendere subito dopo nelle interviste post-partita. Ma in Italia la causa principale è sicuramente l'emotività

dei presidenti che fa prendere loro decisioni dettate unicamente dal momento. La società è sua ed è normale che decida lui cosa fare. Mai come adesso in Italia si vive guardando ai risultati sul campo, e tutto questo toglie serenità. I soliti noti Zamparini, Preziosi, Cellino definibili ormai figure mitologiche, sono diventati padroni indisturbati di squadre giunte nell’Olimpo del calcio che conta e difficilmente disposti a farsi da parte, nonostante continue minacce di mollare tutto. Imprenditori (tendenzialmente) di successo, con inne-

gabili manie di protagonismo, vanesi e sinceramente convinti di poter competere con qualsiasi mente tatticamente alfabetizzata, “l'esoneratore” è uno dei personaggi ricorrenti e più folcloristici della grande commedia umana dell’universo pallonaro. I nostri mangia-allenatori, simbolo dell’incoerenza e dell’illogicità umorale del mondo del calcio sono tuttavia folclore allo stato puro e contribuiscono a ravvivare un mondo troppo grigio e appiattito su un canovaccio di banalità. Tornando a Sir Alex Ferguson, nel futuro gli studiosi, analizzando il calcio del dopoguerra, lo divideranno secondo le varie età storiche cadenzate dall’ex tornitore del porto di Glasgow: capace di anticipare tutte le trasformazioni del calcio moderno e di governarle con l’autorità e il carisma dei grandi condottieri. Gloria a te Sir Alex Ferguson. Alfredo Di Perna


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