Artext: XIV BIENNALE di Scultura di Carrara

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POSTMONUMENT


HISTORY : Libero Andreotti | Aldo Buttini | Leonardo Bistolfi | Arturo Dazzi | Lucio Fontana | Grigor Kepinov | Arturo Martini | Fausto Melotti | Alina Szapocznikow | Dymitr Szwarc | Bogulov Veniamin | Ingal Vladimir | Adolfo Wildt | Wu Maoquan

PRESENT: Carl Andre | Giorgio Andreotta Calò | Huma Bhabha | Rossella Biscotti | Monica Bonvicini | Carlos Bunga | Cai Guo-Qiang | Valentin Carron | Maurizio Cattelan | Marcelo Cidade | Nemanja Cvijanović | Sam Durant | Urs Fischer | Yona Friedman | Cyprien Gaillard | Antony Gormley | Thomas Houseago | Daniel Knorr | Terence Koh | Liu Jianhua | Paul McCarthy | Yerbossyn Meldibekov and Nurbossyn Oris | Ohad Meromi | Gustav Metzger | Deimantas Narkevicius | Kristina Norman | Damián Ortega | Santiago Sierra | Rirkrit Tiravanija | Kevin van Braak | Yelena Vorobyeva e Viktor Vorobyev | Gillian Wearing | Artur Żmijewski

ARCHITECTURE : Asymptote | Norman Foster | Massimiliano Fuksas | Frank Gehry | Zaha Hadid | Daniel Libeskind | MVRDV | Jean Nouvel

WORKSHOP AND PERFORMANCE : Nevin Aladag | Vanessa Beecroft | Grzegorz Kowalski | Zorka Wollny


POSTMONUMENT Fabio Cavallucci


I blocchi vengono staccati dalla montagna al ritmo di più di duecento al giorno. Due uomini, tre, sono sufficienti per compiere il lavoro che in passato ne richiedeva trenta. Sono tagliati con filo di diamante, dopo che i lati del pezzo da estrarre sono stati perforati con due pozzi e la base è stata trapassata da una lunga sega. Una volta si usavano cunei, punciotti e martelli, talvolta anche polvere da sparo; poi, dalla fine dell‘Ottocento, il filo elicoidale. Ora il diamante sintetico rende il lavoro molto veloce. Praticamente un blocco di 2x2x3 m. si taglia in mezza giornata. Ogni giorno 15.000 tonnellate di montagna vengono segate, abbattute e portate a valle. In un mese, in media, 330.000 tonnellate di marmo prendono la via della pianura. I camion salgono, caricano e discendono, al ritmo di più di settecento al giorno. Fiumi di bianco calano continuamente lungo le chine. Le cave sono un via vai di strade, di sentieri, di percorsi che si separano e si intrecciano a zig zag. Dal monte tutte le vie si ricongiungono in una, la via Carriona, che ormai fatica a sostenere il traffico, e una nuova strada sta per essere realizzata. A valle, i massi vanno in parte al porto per essere spediti, in parte alle segherie per essere tagliati. Dal porto di Marina il marmo salpa ancora per tutto il mondo. I maggiori acquirenti negli ultimi anni sono stati gli Stati Uniti, i paesi arabi e la Cina, ma nei secoli il marmo di Carrara si è diffuso ovunque. Non esiste nessun altro materiale così pesante, eppure così mobile, come il marmo. Enormi fette di montagna sono state staccate per raggiungere tutti continenti. In America, la lobby delle Twin Towers era di marmo di Carrara. Il nuovo World re poi indietro. Fiumi di granito e di marmo sono sbarcati al porto di Marina e di qui sono ripartiti dopo essere stati squadrati, segati e levigati. Ora questo processo si è invertito. Le macchine per lavorare le pietre sono acquistate o prodotte da altri paesi, dove la manodopera costa meno. E per paradosso è il marmo bianco di Carrara che ora viene caricato sulle navi in blocchi per essere lavorato altrove. Talvolta venduto sottocosto ai cinesi. Altre volte trasformato in polvere per diventare carta, o carbonato di dentifrici e medicinali, triste epilogo di quello che è stato il materiale prediletto di Michelangelo e Canova.


Ex segheria Adolfo Corsi


Marcelo Cidade, White-Blood, /project, 2010


Monica Bonvicini, Wrong Do It Again , 2010.


View : Cai Guo-Qiang, One Thousand Youngsters Drawing David, 2010


La polvere è il punto di partenza di questo racconto: la polvere del marmo che si sbriciola, e la polvere della storia. Questa mostra vuole infatti indagare l’attuale fase di trasformazione della società globale attraverso il soggetto del “monumento”: il monumento nasce per lasciare un segno perenne, per conservare in perpetuo la memoria di santi, eroi, capi e dittatori, e lentamente finisce in polvere, così come i potenti rappresentati. È un argomento che potrebbe sembrare superato - chi si accorge oggi dei monumenti? chi ne costruisce più? chi riconosce le effigi di quelli esistenti? -ma che invece può essere ancora molto attuale, proprio perché stiamo attraversando un’epoca di grandi cambiamenti e le certezze del passato si sgretolano. La fiducia nel progresso e nell’innovazione che hanno caratterizzato gran parte del secolo scorso stanno lasciando il passo a un ripiegamento, a un ripensamento, forse improduttivo, ma inevitabile. E parlare oggi di una rappresentazione simbolica che aspira all’eternità pone un elemento di ambiguità che dà alla mostra qualche aspetto di interesse. Questo tema trova poi una particolare ragione proprio a Carrara, che ha visto i suoi fasti nelle epoche d’oro della monumentalità, quando il marmo era un materiale primario per architetture e sculture. Carrara, luogo centrale di questa produzione, può essere vista come emblema del sistema su cui l’Occidente ha costruito la sua potenza: un intreccio tra valore simbolico ed economico, in cui il primo, con la sua forza evocativa, ha favorito l’espansione del secondo.


View : Daniel Knorr, Ave Michelangelo, 2010


View : Y. Meldibekov & N. Oris part.


View : Sam Durant. Dead Labor Day, 2010


Urs Fisher Marguerite de Ponty, 2006 - 2008


Oggi è invece una città che del declino porta i segni evidenti, nelle belle facciate del centro non ristrutturate, o nelle decine di capannoni abbandonati: i luoghi in cui la mostra è collocata, vecchie segherie e laboratori un tempo attivi con centinaia di lavoratori, e ormai chiusi da decenni. La polvere che ne ricopre le macerie più di ogni altra cosa manifesta il passaggio del tempo, fotografa la storia e la fissa nel presente. In questa atmosfera di fine di un’ep oca, di possibile fine di un sistema economico - di fine forse anche della storia - Carrara diviene il luogo esemplare per discutere temi che acquistano un valore globale. Latore di un’interpretazione univoca della storia, formidabile strumento di propaganda e di costruzione dell’identità politica (locale, nazionale, transnazionale), segnale collocato a indicare conquiste e occupazioni, il monumento ha rappresentato il simbolo dell’autorità, dello stato sovrano, del regime dittatoriale. Frutto in ogni caso del potere forte, il monumento sfida l’eternità. In fondo è anche una debolezza inconscia del potere: un modo per allontanare la morte. E come tale, ogni monumento è sempre anche un fallimento, porta con sé l’inizio della sua fine. 15 Questa mostra comincia proprio con la morte, con i monumenti funebri che per lunghi secoli hanno raccolto gran parte della creatività artistica. Comincia con Leonardo Bistolfi, autore di monumenti cimiteriali in cui la materia si dissolve nell’aria e nella luce: la morte è trasformazione. Sul versante civile il monumento vede invece la sua ragione d’essere nelle finalità celebrative. L’esaltazione è un modo anche per unificare, raccogliere, promuovere; in fondo faceva un tempo quello che oggi fa sempre più la televisione: creare idoli e fare propaganda. Poco conta che ormai pochi prestino attenzione a un monumento di Garibaldi o di Mazzini (a Carrara ci sono tutti e due, di Carlo Nicoli e di Alessandro Biggi); essi segnavano un fatto (l’unificazione d’Italia) e imponevano un’indicazione per il futuro (la perpetuazione di quel fatto); talvolta, come quello di Mazzini in Piazza dell’Accademia a Carrara, potevano essere frutto di una volontà di parte (sommosse si verificarono nel 1892 per la sua collocazione), ma finivano per conferire nel tempo un dato di unità a un coagulo di gruppi e di lingue che unità realmente non avevano. Il periodo tra le due guerre è un’età di grandi monumenti: i totalitarismi, sia di destra sia di sinistra, avevano bisogno di imporre il propri miti.

continua


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