Archeonotizie 7_2009

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Poste Italiene S.p.A.- Spedizione in abbonemento postale- D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3, Roma aut. n. 88/2008

Periodico trimestrale di informazione dei soci Archeoclub d’Italia

n. 7/2009


CONVOCAZIONE ASSEMBLEA ORDINARIA DEI SOCI (DELIBERAZIONE N. 173)

Il Presidente Nazionale

Archeoclub d’Italia Ente Morale Sede Nazionale Via del Porto, 13 00153 Roma

Visti gli art. 13 e 31 dello Statuto sociale; Delibera di indire in Roma, presso la Sala dell’Hotel “Casa Tra di Noi” in via Monte del Gallo n.113 (zona San Pietro) per il giorno 4 dicembre 2009, ore 24,00 in prima convocazione e per il giorno 5 dicembre 2009 ore 10,00 in seconda convocazione, l’Assemblea Straordinaria de Soci con il seguente ordine del giorno approvazione delle modifiche allo Statuto di Archeoclub d’Italia; approvazione del bilancio preventivo 2010.

Roma, 26 ottobre 2009

Direttore Responsabile Clelia Arduini Segretaria di Redazione Susanna Pollini in redazione Luigi Bernardi Progetto Grafico Gianluca Apuzzo Stampa Artegraf

Trimestrale di informazione a cura di Archeoclub d’Italia Onlus Registrato al tribunale di Roma con il n. 376/2008 del 28 ottobre 2008 Distribuzione gratuita ai Soci di Archeoclub d’Italia

Il Presidente nazionale


PRIMO PIANO

Editoriale

4.

Il restauro

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Legiones e Latunum Felix

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Affiliazione e tessaramento

5.

Salviamo la “piccola Stonehenge”

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Nasce l’Antiquarium

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Paolucci a Teramo per parlare di Paesaggio

6.

Speciale Licodia Eubea

15.

Fondazione Puglisi cosentino

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Marenostrum

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Dal Territorio

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Le mostre

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E

DITORIALE

Il Consiglio nazionale nella seduta del 24 ottobre ha approvato il nuovo statuto associativo che dovrà essere votato dall’assemblea straordinaria dei soci il prossimo 5 dicembre. Si tratta di un’importante scelta per il futuro perché ci dota di una “carta” innovativa che si fonda su due punti essenziali: • il primo è l’adozione di un nuovo strumento d’azione, APS, l’Associazione di Promozione Sociale, che ci consentirà di agire con più slancio sia sul territorio sia a livello nazionale, e di continuare a portare avanti la mission culturale con decoro, efficacia e serietà; • il secondo è il nuovo assetto delle sedi locali che saranno a tutti gli effetti autonome da un punto giuridico, economico, patrimoniale, gestionale (su questo punto ribadiamo l’urgenza e l’obbligatorietà degli adempimenti minimi: registrazione di atto costitutivo e statuto della sede territoriale presso l’Agenzia delle Entrate per poter espletare con tranquillità, cogliendone tutte le opportunità, le tante e diverse attività che ogni singola sede svolge o potrebbe svolgere) ed avranno una più efficace organizzazione territoriale. Per dare maggior forza a questo nuovo disegno associativo, e maggiore rilievo alla squadra dei responsabili delle sedi di Archeoclub d’Italia, è stato proposto nello statuto un nuovo organo collegiale, l’assemblea dei presidenti, composta appunto da tutti i presidenti o da loro delegati che si riuniranno almeno una volta l’anno e che avranno una serie di funzioni da svolgere. La nascita della nuova figura associativa, a nostro avviso, può essere utile ad avvicinare maggiormente il territorio con il “centro” e a far rinascere quel senso di appartenenza che passa necessariamente con la partecipazione alle attività associative e la condivisione delle idee e della politica culturale di Archeoclub d’Italia. Anche la formula APS non a caso è stata scelta per lo statuto, la cui nuova formulazione troverete nella Home Page del sito dell’associazione www.archeoclubitalia.org: essa ci consente quello slancio progettuale ora quanto mai necessario sia

per catturare risorse materiali sia per individuare risorse umane che consentano, attraverso il cosiddetto trapasso di nozioni, un naturale ricambio della comunità associativa operante sul territorio nazionale sia per riuscire a rendere il coordinamento nazionale più autonomo rispetto alla voce “quote” in modo che si possa pensare in un futuro non lontano ad abbassare la quota d’iscrizione annuale e a fornire maggiori servizi agli associati. Per questi motivi è più che mai opportuno che la scelta fatta dal nazionale sia perseguita nel tempo da tutto il sistema territoriale affinché anch’esso possa usufruire dei vantaggi e delle occasioni che l’APS può fornire. Tante sono le opportunità che l’associazione di promozione sociale può dare, e che sono state ben illustrate dal segretario generale in occasione dei numerosi incontri sul territorio, tra queste l’affidamento da parte delle istituzioni di beni culturali e aree archeologiche ad associazioni e soggetti privati di grande affidabilità e tradizione, così come stabilisce il Codice dei beni culturali. Il primo esperimento di questo genere, a partire dal prossimo anno, sarà proprio a Roma che vedrà una trentina di aree archeologiche cosiddette “minori” in affido a soggetti non istituzionali che ne dovranno garantire la fruizione. Abbiamo lavorato quarant’anni sul territorio, ora è il momento di fare quel salto culturale, quel passo in più che possa dimostrare come una comunità di cultori della materia possa divenire un laboratorio della sussidiarietà, il principio attraverso cui le istituzioni chiamano a raccolta enti locali e collettività civile per una nuova condivisione e gestione della res publica.

Finalmente il nuovo statuto da votare a dicembre

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La presidente


TESSERAMENTO E AFFILIAZIONE

Un’altra decisione importante è stata presa dal Consiglio Nazionale del 24 ottobre: riguarda le modalità di tesseramento, e quindi di appartenenza ad Archeoclub d’Italia, per l’anno 2010. Ogni singola sede richiederà l’affiliazione (ovvero un documento ufficiale che certificherà l’appartenenza ad Archeoclub d’Italia) che costerà 60 euro; ogni singola sede affiliata riceverà, spendendo la stessa cifra del 2009, il doppio delle tessere e potrà sviluppare sul territorio una importante e capillare politica di tesseramento. Naturalmente il costo delle tessere aggiuntive sarà stabilito dalla sede affiliata in base alle politiche culturali adottate e alla realtà sociale del territorio, e il ricavato resterà per intero alla sede stessa. Facciamo un esempio. La sede di Licodia Eubea conta 94 soci. Per il 2010 riceverà 94 bollini divisi per categoria soci 3 familiari 9 junior 63 ordinario 19 ordinario studente La sede, seguendo le indicazioni di seguito elencate, dovrà versare alla sede nazionale la somma di euro 2.235,00 più euro 60,00 per l’affiliazione, quindi euro 2.295,00. I nominativi dei soci, dovranno essere inviati in due elenchi diversi: I° ELENCO - soci rinnovati II° ELENCO - nuovi iscritti Il pagamento delle tessere dovrà avvenire in 2 trance: I^ trance entro il 28 febbraio, dovrà versare la quota affiliazione, 60 euro, + 1° blocco di tessere vendute II^ trance entro il 31 maggio (rimanente blocco di tessere) E’ scontato, naturalmente, che le sedi che non riceveranno l’Affiliazione non potranno utilizzare il marchio di Archeoclub d’Italia.

La proposta di cui sopra va incontro a una serie di richieste e facilita una azione “di presenza”, più incisiva, dell’associazione su tutto il territorio nazionale. Le sedi territoriali, non senza sforzi (ma si sa che al risultato fa da contraltare sempre l’impegno e la fatica) potranno decidere una loro politica dei prezzi ottenendo nello stesso tempo sia risorse economiche sia nuovi soci. La proposta non ha certamente niente di miracoloso, ma è uno dei piccoli passi nell’ottica di rilancio dell’associazione su tutto il territorio nazionale che passa anche attraverso una necessaria riqualificazione del coordinamento e della segreteria nazionale che dovrà impegnarsi sempre più a fornire servizi e consulenze di qualità al territorio. Il Segretario Generale

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Antonio Paolucci a Teramo per parlare di Paesaggio

Continua l’impegno della sede abruzzese sulla cenerentola dei Beni culturali che sempre più aggredita dalle speculazioni sta perdendo le sue antiche tracce. L’ex ministro, membro del Comitato scientifico dell’associazione e direttore dei Musei Vaticani, insieme alla presidente nazionale, lancia un appello accorato, specie alle scuole e ai giovani, a leggere e studiare maggiormente per affinare la conoscenza nei confronti del proprio territorio e della propria storia

In una sala gremita di soci, appassionati del settore, giornalisti e semplici curiosi, si è svolta a Teramo l’11 settembre scorso, presso la biblioteca provinciale, un’eccellente “ lectio magistralis” da parte di Antonio Paolucci, ex ministro dei beni culturali, direttore dei Musei Vaticani, membro del Comitato scientifico di Archeoclub d’Italia. Ad introdurre il personaggio, da anni amico della nostra associazione, è stato Gianpiero Castellucci, responsabile della sede di Teramo e artefice della giornata di studio e di riflessione. Un evento importante che è seguito a altri dibattiti condotti da docenti esperti del Paesaggio sia in chiave storica, sia artistica sia filosofica sia ambientale. Lo scopo della sede di Teramo, infatti, è quello di studiare

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diverse chiavi di lettura per avere maggiori strumenti per “leggere” e comprendere il Paesaggio come palinsesto della Storia. Al termine di questo programma iniziato lo scorso maggio saranno pubblicati gli atti mentre il video della conferenza di Paolucci sarà proiettato in alcune scuole superiori di Teramo e costituirà oggetto di dibattito oltre che di concorso multimediale. Attraverso le opere di Masaccio, Carpaccio, Antonello da Messina Antonio Paolucci ha parlato di ciò che rimane di certi scorci di Paesaggio italiano; le sue parole hanno attraversato l’orizzonte del tempo e ciò che è presente è diventato passato mentre i ricordi si sono tramutati in presente. Il suo è stato uno spettacolare viaggio attraverso le luci, le


pianure, le vallate, i tramonti, i campi arati del Belpaese che, se rivivono ancora in certe pitture del Quattrocento e del Cinquecento, si stanno spegnendo nella soffocante e illegale modernità. Un dato solo per capire quanto in poco tempo potremmo perdere le tracce e i segni delle precedenti civiltà che hanno preceduto la nostra: in 2.500 anni il consumo del suolo, in una scala di valore da uno a dieci, è stato di uno, mentre in meno di cento anni, specie nel cosiddetto secolo breve, abbiamo bruciato. Ma le risorse paesaggistiche non sono eterne. Se si continua con questa corsa tra cinquanta anni, ma forse anche di meno, il Paesaggio della nostra Italia - ispiratore di tante opere d’arte e di letteratura, e che è ancora fonte di richiamo per migliaia di turisti da ogni parte del mondo – lo ammireremo solo nelle pitture rinascimentali.

Il bene culturale per eccellenza

risorse materiali e immateriali in esso tracciate dagli uomini di precedenti generazioni, di precedenti economie, di storie vissute. Ogni giorno, a causa della proliferazione urbana, l’edificazione di capannoni, centri commerciali, uffici, parcheggi, innalzati di solito nelle aree periferiche delle nostre città erodono sempre più suolo, territorio e, quindi, Paesaggio. Fra qualche anno la differenza tra la periferia di Milano, quella di Roma e Napoli sarà contrassegnata forse solo dal clima. Gli altri Paesi d’Europa stanno correndo ai ripari per il contenimento del consumo del suolo - la Germania, nel 1998, governo Kohl, ministro dell’Ambiente Angela Merkel, ha elaborato un piano nazionale per la riduzione del consumo del suolo da 130 a30 ettari giornalieri - la Gran Bretagna, che protegge da quasi settanta anni con le sue green belt un milione e mezzo di ettari - il 12 per cento del paese –, ha scelto una strada differente, fissando l’obiettivo di soddisfare, mediante riciclo delle aree urbane esistenti, una quota di nuova edificazione, definita localmente, e comunque non inferiore al 50-60 per cento - per evitare la dispersione urbana; in Francia, le leggi sul paesaggio rurale e la montagna impongono che le nuove edificazioni avvengano esclusivamente in continuità con i nuclei insediativi esistenti. L’Italia invece tituba e consente che non vengano rispettate le leggi. Ad agosto è nata una nuova

Il paesaggio percepito dalle popolazioni, il paesaggio costruito e tramandato, il paesaggio aggredito e da difendere. Paesaggio, mai come in questo decennio, ci siamo riempiti la bocca di questa parola, mai come in questi anni abbiamo prodotto norme sia per la sua identificabilità sia per la sua tutela. Prima il paesaggio afferiva all’ambiente, poi è passato al ministero della cultura perché lo si è, a ragione, riconosciuto, come il bene culturale per eccellenza, quello che – per dirla alla Paolucci- contiene tutti gli altri beni culturali. Attualmente il codice dei Beni culturali lo definisce “una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni”. La maggior parte delle Regioni, dopo anni di latitanza, ha prodotto i propri bravi Piani paesistici, sono nate mostre , eventi e biennali di carattere regionale dedicate al Paesaggio. Eppure mai come in questi ultimi venti anni il Paesaggio è stato oggetto di manomissione e aggressione da parte di soggetti pubblici e privati, mai come in questo ventennio il Paesaggio è divenuto lo zimbello di imprese e amministrazioni comunali e regionali che, sistematicamente, se lo vendono per un piatto di lenticchie bruciando le

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direzione presso il Mibac, si chiama PaBaac, e vede accorpare il Paesaggio alle Belle arti e all’Arte contemporanea. Temiamo che il Paesaggio diventi il fanalino di coda rispetto agli altri beni. Guardiamoci intorno, la provincia italiana sta diventando sempre più brutta, la stessa Teramo ha perso quel fascino di ridente e lucente cittadina del centro Italia di pochi anni fa. Sono morti i luoghi di aggregazione storica della città, non si riesce a mettere in piedi un serio itinerario turistico che cuci le bellezze della romanità e quelle medievali, le nostre colline sono sfondate dalle cave e tutto intorno è degrado. Perché? Perché dobbiamo attingere solo alla bellezza dei dipinti rinascimentali in cui il Paesaggio cantava mentre faceva da sfondo alle più belle opere pittoriche dell’Italia antica? Il ruolo della nostra associazione è quello di tramandare alle future generazioni quanto ancora c’è di bello, di vivo, di valido del nostro Paesaggio e della nostra cultura, il nostro ruolo è quello di cercare di unire la collettività alle istituzioni attraverso un ponte che non sia solo ideale ma pieno di iniziative e di progetti affinché non dimentichiamo ciò che è stato e chi siamo. La presenza di Antonio Paolucci a Teramo dimostra come un’associazione può creare discussione rimescolando le carte delle idee, le carte dei sogni. Se è presente oggi in sala qualche amministratore può darsi che venga folgorato dalle parole e dalla saggezza di Antonio e, perché no, uscire da qui, vedere il territorio con occhi nuovi, e industriarsi per salvare il salvabile perché le bellezze del nostro paesaggio sono come i diritti umani, non possono essere negoziabili.

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MARENOSTRUM

LA MAGIA DI UN’ISOLA: USTICA “Ustica Ustica il cuor a te ho lasciato...” di Susanna Balducci Non è l’incipit di versi poetici ma l’emozionante sensazione che quest’isola ha trasmesso non soltanto a chi scrive ma, credo e spero, ad ogni partecipante alle lezioni di Archeologia e Scienze subacquee, tenutesi, al villaggio “Punta Spalmatore”dal 22 al 31 agosto, che annualmente, da ben 18 anni, Archeologia Viva, (prima rivista italiana di divulgazione archeologica), la cui direzione è affidata a Piero Pruneti, organizza con il patrocinio scientifico dell’Accademia internazionale di scienze e tecniche subacquee e con la collaborazione della Soprintendenza del Mare, la Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Palermo - Sez. Archeologica, nonché le Amministrazioni Regionale, provinciale e comunale. Si tratta della più importante iniziativa didattica nel settore a livello europeo. La durata delle lezioni è di 9 giorni in media e articolata in corsi diversi per difficoltà e temi trattati; ogni giorno è in programma la didattica teorica di circa 2-3 ore ed attività pratica in acqua(esercitazioni ed immersioni), è possibile anche acquisire brevetti, nonché seguire corso di scavo a terra o semplicemente da uditore. Coinvolgente e direi ”superlativo” il corpo docenti in testa al quale Gianfranco Purpura, esempio di eccezionale pregio sia per la docenza

che per la didattica . Non è da meno l’intero staff di archeologi subacquei, tra cui il dott. Nicolò Bruno e terrestri con la Spatafora e la ricercatrice ICRAM Falantano, biologa marina. Ustica, situata nel basso Tirreno, a circa 36 miglia a Nord della costa siciliana, di fronte a Palermo, è un’isola vulcanica formata da scura roccia lavica, il cui nome deriva dal latino ”ustum” (bruciato). E’ciò che rimane di un edificio vulcanico emerso dalle profondità del terreno in un periodo relativamente recente (inizi del Quaternario); proprio in virtù della sua posizione geografica dovette costituire fin dall’antichità un punto obbligato per la navigazione tirrenica. E’stata abitata a partire dalla preistoria fino al MedioEvo quando poi fu abbandonata per l’insicurezza determinata dalla pirateria saracena. E’ stata infine ricolonizzata per disposizione delle autorità borboniche nella seconda metà del Settecento con famiglie provenienti dall’ isola di Lipari. Si possono visitare: il museo Archeologico (nella torre di Cala S. Maria, presso il porto) il villaggio preistorico del faraglione (XIV - XIII sec. a.C.) e il grande complesso della Falconiera con testimonianze di abitato e necropoli dal III sec. a.C. al VI d.C. La storia di Ustica è naturalmente ed indissolubilmente legata al mare; anche se stretti dovettero essere i legami sia con la costa settentrionale della Sicilia che con le altre isole minori è logico che l’isola si sia ritrovata in posizione non secondaria rispetto alle rotte commerciali che, fin dall’età preistorica , attraverso il Mediterraneo e il Tirreno e che in piena età romana si caratterizzarono soprattutto per gli intensi rapporti tra la costa settentrionale dell’Africa e

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la costa tirrenica della penisola, da dove, attraverso alcuni importanti scali commerciali, venivano distribuiti i prodotti nei principali centri di consumo. Ne consegue una particolare ricchezza dei fondali di Ustica, protetti anche sotto il profilo naturalistico grazie all’istituzione della Riserva Marina, che nascondono una serie notevole di relitti, in parte individuati e solo parzialmente indagati, soprattutto nelle zone di più facile e agevole attracco, quella cioè della Cala S.Maria e delle sue immediate vicinanze. La tendenza, oggi assai diffusa, di conservare in situ le testimonianze più significative del passaggio di genti e merci, ha trovato un esemplare e precoce esemplificazione nel ‘90 con la realizzazione di un itinerario archeologico subacqueo nella zona di Punta Gavazzi, dove è stato creato un apposito percorso, segnalato con pannelli didattici (e ahimè oggi non ben mantenuto dagli organi preposti!) accanto agli oggetti lasciati nella loro originaria giacitura: si tratta di ceppi d’ancora e materiali ceramici riferibili a diverse epoche che, sottolineano, nella loro eterogeneità tipologica e cronologica, la ricchezza e l’interesse dei fondali usticesi. E’ da segnalare, infine, l’Antiquarium della Torre S.Maria che racchiude una piccola ma significativa esposizione dei reperti archeologici rinvenuti sull’isola e provenienti dal villaggio preistorico dei Faraglioni”, databili alla media Età del Bronzo : abbondante vasellame che costituiva l’arredo mobile delle capanne riportate alla luce e legate alle attività domestiche e alla vita quotidiana che si svolsero nel villaggio per circa II secoli (1400-1200 a.C.). Senza indugio, dunque, e con tanta grata soddisfazione per le meraviglie naturalistiche e storiche che l’isola ci ha regalato non posso che sperare ed augurare a tutti i soci “dell’Archeoclub d’Italia”, di scoprire o tornare a gustare il vortice di emozioni di cui è intrisa l’aria usticese!

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Foto a cura del socio Marenostrum Luca Garbato (sede di Venezia)


Perché non regolamentare la figura tecnico-scientifica nel settore subacqueo? È di qualche mese fa la notizia che, la XI Commissione Permanente lavoro pubblico e privato della Camera dei Deputati ha prodotto il testo unificato sulla ”disciplina delle attività subacquee e iperbariche”. Molte sono le novità contenute nella proposta di legge che unisce quelle degli Onorevoli Luca Bellotti, Aldo Di Biagio e Nino Lo Presti. Prima su tutte l’Istituzione di un “elenco nazionale delle organizzazioni didattiche” presso il Ministero dello Sviluppo economico: avranno il compito di organizzare i corsi di ”addestramento alle attività subacquee per il settore turistico ricreativo, dal livello di inizio attività a quello di istruttore subacqueo”, al termine del quale concedere i brevetti a istruttori e guide sub, ma solo dopo un esame pratico e teorico. Il testo distingue due figure: l’istruttore subacqueo che ”insegna le tecniche dell’immersione” e la guida che assiste l’istruttore nell’addestramento e accompagna in immersione singoli o gruppi, che sono già in possesso del brevetto. In oltre 7.500 metri di costa Italiana caratterizzata da paesaggi di eccezionale valore naturalistico i luoghi dove fare immersione sono tanti e, conseguentemente, anche i diving center; il fenomeno è in crescita e gli appassionati delle immersioni sono in costante aumento. Se è pur vero che, fino ad ora, il settore si è “auto-regolamentato” sulla base di leggi regionali o ricorrendo agli elenchi delle associazioni nazionali che rilasciano “brevetti” di standard internazionali i più conosciuti sono il Cmas (Confederazione Mondiale Attivita’ Subacquee) e il Padi (Professional Association of Diving Instructors), tuttavia, l’assenza di una regolamentazione precisa per istruttori e guide che mette a rischio chi vuole provare l’emozione dell’immersione subacquea e spesso si affida a persone non adeguatamente preparate. Altro punto importante del testo (art. 26) è la regolamentazione di coloro che delle immersioni fanno il loro lavoro e non ”per servizi di carattere turistico - ricreativo”. Sommozzatori e sub che lavorano per aziende petrolifere o per altri tipi di imprese impegnate in attività subacquee dovranno iscriversi nei registri per “operatori subacquei e iperbarici professionali” che saranno istituiti presso i dipartimenti marittimi.

Anche le imprese avranno l’obbligo di iscriversi in un apposito registro. L’intento è quello di garantire maggiore sicurezza e dare ordine, anche previdenziale, a questi lavoratori per i quali finora viene applicato un contratto legato all’azienda e non al tipo di attività svolta. Tra queste figure professionali rientrano anche gli addetti alle camere iperbariche presenti su navi e piattaforme; sono, però, esclusi gli operatori di strutture sanitarie e ospedaliere già regolamentati dalle normative relative alle amministrazioni di appartenenza. In definitiva una nuova norma è certamente importante perché darà regole e direttive; a questo punto, perché non usufruire di questa occasione per ufficializzare e regolamentare anche il ruolo del tecnico nel settore scientifico subacqueo, importante supporto nei campi di scavo archeologico subacqueo, di rilievo biologico e geologico marino. Anche la professionalità dei volontari i quali si adoperano in questo particolare settore, deve essere riconosciuta da un apposita normativa, è ciò che noi di Marenostrum di Archeoclub d’Italia nei prossimi mesi porteremo all’attenzione dei relatori. Responsabile Marenostrum di Archeoclub d’Italia Rosario Santanastasio Per info: www.archeoclubitalia.org marenostrum@archeoclubitalia.org 3332393585 - 3202746088

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Rivive la Statua lignea di San Francesco di Paola a Naso (Me) di Angelo Villa I “giovani” Nasitani del 1939, facendo seguito alla prima simpatica “rimpatriata” di cinque anni fa, il trenta agosto 2009 si sono incontrari a Naso (Messina), nel corso di una simpatica festa, organizzata dall’apposito Comitato costituito da Carmelina Catalioti, Pinuccio Benedetto, Cono Cuticchia, Angelo Santaromita Villa. Per l’attaccamento al paese nativo, nel celebrare il settantesimo compleanno i Nasitani del 1939, hanno deciso di lasciare un segno tangibile finanziando il restauro della statua lignea di San Francesco di Paola, che trovasi esposta nella navata sinistra della Chiesa Madre di Naso. La scultura, realizzata dall’artista Sebastiano Leone nel XVII secolo, è stata affidata, per essere riportata a nuova luminosità, all’opera dell’abile ed esperto restauratore Luciano Pensabene Buemi, dietro autorizzazione della Sovrintendenza ai Beni Culturali di Messina e della Curia Vescovile di Patti. Per l’occasione è stata composta, in lingua siciliana, dal Preside Angelo Santaromita Villa, un’orazione in onore di San Francesco di Paola (Paola, 27 marzo 1416 - Tours, 2 aprile 1507), eremita e fondatore dell’Ordine dei Minimi, patrono principale della Calabria e protettore delle genti di mare, nonché patrono della Sicilia insieme alla Vergine Immacolata, compatrono della città di Milazzo, patrono di vari paesi calabresi. Prima dell’inizio dell’intervento la statua di San Francesco di Paola si presentava totalmente ridipinta sia sui carnati sia sulle vesti, con varie piccole parti mancanti e con decoesione del colore. Pertanto sono stati programmati interventi di fermatura, ricostruzione, pulitura, stuccatura e integrazione delle parti dipinte mancanti. Esaminata la situazione conservativa la prima operazione è stata rivolta al consolidamento di tutte le parti della pellicola pittorica pericolanti, mediante l’uso di apposita colla. Di poi la scultura è stata sottoposta a un trattamento di disinfestazione da insetti. Successivamente sono state ricostruite tutte le parti mancanti e indi eliminate le ridipinture. La pulitura, condotta in modo differenziato e compensativo, agendo selettivamente con i solventi idonei e con l’ausilio di un’emulsione neutra per garantire un effetto superficiale controllato dei solventi stessi, ha consentito di mantenere l’equilibrio fra le varie parti interessate da un diverso grado di conservazione. Le parti nuove e le piccole lacune sono state stuccate a gesso e colla e la reintegrazione pittorica è stata eseguita rispettando totalmente le minime tracce di colore ritrovato ritessendo accuratamente la pittura anticamente offesa e poi effettuando la pitturazione. Una protezione finale a cera ha completato l’intervento pittorico. Completato il restauro la pregevole scultura, tornata nuovamente a risplendere, il 30 agosto 2009 è stata inaugurata, con adeguata manifestazione civile e religiosa, e verrà riconsegnata, dai Nasitani del millenovecentotrentanove, all’arciprete don Nicolò Oriti, per essere riposta sull’apposito altare nella Chiesa Madre di Naso per l’adorazione dei fedeli Nasitani.

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Salviamo la “piccola Stonehenge”

Primi passi verso un progetto di recupero, tutela e valorizzazione della necropoli di Fossa La necropoli di Fossa è stata oggetto di campagne di scavo sino all’anno 2000. Sono venute alla luce in una parte del sito sepolture ricoperte di pietre con andamento a circolo che presentano talvolta una crepidine tutt’intorno realizzata con grandi pietre, tombe a camera, menir in pietra calcarea con altezza discendente. Tra i tanti oggetti rinvenuti nei corredi sepolcrali notissimi sono i letti in osso, triclini funebri realizzati con parti in legno, cuoio e avorio intagliato. La cronologia del sito va così dal IX sec. a.C. al II-I a.C. Durante il sisma dello scorso aprile le tombe a camera sono state danneggiate in più parti con crolli, alcuni dei menirs sono caduti, e il sito a primavera risultava completamente abbandonato. Così la sede aricina di Archeoclub d’Italia di concerto con la Soprintendenza Archeologica e il Comune di Fossa, ha intrapreso nei mesi di giugno e luglio un’opera di ripulitura dei tumuli liberandoli dalle piante infestanti. Durante lo svolgimento del G8 il “TG” di RAI 3 Abruzzo ha ripreso i lavori in parte realizzati durante lo svolgimento di una conferenza stampa a cui hanno partecipato giornalisti e autorità. Una TV privata abruzzese ha realizzato un documentario. Ma molto resta ancora da fare. Questi i punti programmatici: continuare l’opera di ripulitura dei tumuli dalle piante infestanti con utilizzo di diserbante; la messa in sicurezza del sito per effettuare visite guidate e attività didattica; la musealizzazione open-air dell’area archeologica venuta alla luce; una nuova campagna di scavi a supporto dell’azione della Soprintendenza. 14


Speciale Licodia Eubea

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Festa dei Beni Culturali di Angela Pierini Viva emozione tra il pubblico intervenuto numeroso e, al contempo, orgoglio tra i promotori della X Edizione della Festa dei Beni culturali a Licodia Eubea, all’interno della quale si iscrive la III Edizione di ReastaurArte. Un fitto calendario di eventi nei giorni 28, 29 e 30 agosto ha animato il piccolo centro della Sicilia sud-orientale, non distante da Caltagirone, in provincia di Catania. Ma veniamo ai fatti. Giorno 28 agosto, con il patrocinio del Comune di Licodia Eubea e con la collaborazione del Consorzio “Ducezio” e la Banca Agricola Popolare di Ragusa, presso i locali della chiesa del Rosario è stata inaugurata la mostra Fotografica “Documenti di Restauro”, che si articola in due sezioni: una sul restauro del Crocifisso ligneo, conservato presso la chiesa dell’Ospedale, l’altra sull’ iter restaurativo della pittura murale, sita in contrada Alia, a circa 17 Km a sud–est da Licodia Eubea. Come cornice all’evento, l’apertura di una “Putia” (bottega) con la presentazione delle pubblicazioni monografiche dell’Archoeclub di Licodia Eubea, realizzate durante i 20 anni di vita dell’associazione e la commercializzazione di prodotti tipici enogastronomici e della medicina popolare locale, quale ad esempio l’olio iperico (ottenuto dalla macerazione della pianta dell’hypericum perforatum, utile per curare ferite da taglio, ematomi, escoriazioni e scottature) allo scopo di non trascurare il patrimonio di conoscenze e di tradizioni, che appartiene ad una comunità e la configura come tale. Giorno 29 agosto si è tenuta la conferenza dal titolo “Il Patrimonio Culturale Salvato”, presso i locali dell’ex monastero di San Benedetto e SantaChiara. Ha aperto ufficialmente i lavori il Presidente della sede locale dell’Archeoclub di Licodia Eubea,

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Giacomo Caruso, che ha riportato il saluto di tutta la comunità licodiana e il ringraziamento ai conferenzieri intervenuti, inoltre, ha sottolineato il notevole impegno dell’associazione per la salvaguardia e la tutela del patrimonio locale, in particolare del complesso rupestre di “Grotta dei Santi” e della pittura murale, presente in una delle grotte e del Crocifisso ligneo. Nel corso della manifestazione, alla presenza del Vicepresidente nazionale dell’Archeoclub d’Italia, Giuseppe Bruno, sono intervenuti il Andrea Patanè, della Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Catania, Lorella Pellegrino, del Centro Regionale per la Progettazione ed il Restauro, Noemi Billeci, che si è occupata del restauro del pannello pittorico,

presente nella “Grotta dei Santi”, Don Fabio Raimondi, Direttore dell’Uffico Beni Culturali Ecclesiastici della Curia di Caltagirone, il Presidente del Consorzio “Ducezio”, Giuseppe Scacco, il Sindaco di Licodia Eubea, Nunzio Li Rosi e Paolo Nifosì, storico dell’arte, Sara Penoni. Tutti, a vario titolo, hanno relazionato sulla storia del complesso rupestre della “Grotta dei Santi”, sui lavori di pulizia e di restauro dei due ambienti, denominati A e B del complesso antico e sull’iconografia della morte di Cristo. Prima di salutare gli ospiti, il Presidente della sede locale ha annunciato una nuova sfida: la campagna di raccolta fondi per il restauro della statua lignea del Santissimo Salvatore (IV Edizione RestaurArte).

Conclusa la conferenza, sulla scalinata della chiesa dell’Ospedale si è tenuto un breve concerto di canti popolari religiosi della tradizione pasquale licodiana, a cura dell’Associazione del Santissimo Crocifisso. Dopo ciò, si è proceduto alla apertura della chiesa e alla riconsegna del Crocifisso ligneo alla cittadinanza, e consegante ai soci junior della sede locale, come simbolico passaggio del testimone alle generazioni future, a cui è dato il compito di conservare e tutelare il patrimonio culturale. In serata, è stato offerto alla cittadinanza un concerto jazz in piazza, inoltre, sono state

presentate, mediante proiezione, foto documentarie del patrimonio culturale, storico, artistico, archeologico, rurale e paesaggistico del territorio licodiano, a volte poco conosciuto, per sensibilizzare i cittadini al rispetto e alla cura di ciò che la natura e il passato ci hanno donato. A coronamento della tre giorni, il 30 agosto due escursioni, una di mattina e una di pomeriggio, organizzate dalla sede dell’Archeoclub, per visitare e far conoscere il complesso rupestre della “Grotta dei Santi” e la pittura murale, che essa contiene.

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Scoprire é... riscoprire

Esiste la Sicilia greca, romana, barocca celebrata, a diritto, da tutti, ma esiste, anche, la Sicilia sconosciuta che offre emozioni a chi la vuole e la sa scoprire. E’ facile che il visitatore conservi dell’isola, nella memoria, i toni forti di un paesaggio deserto e assolato, che nell’ora del meriggio, acceca e confonde, ma essa offre, con estrema naturalezza, ineguagliati spazi di ristoro dalla calura e di sollievo per l’anima. Passeggiando per la contrada Alia a 17 Km nel territorio di Licodia Eubea in provincia di Catania, ecco la Sicilia da scoprire! Da ogni parte, colline gialle per il grano mietuto, dolci nelle loro sinuose linee, qua e là il verde intenso e discorde della macchia mediterranea, pini, lecci, sommacchi. Silenzio intorno, rotto solo dal cadenzato rumore dei campanacci dagli armenti lontani, unica presenza viva, in un paesaggio che sembra vivere di una immota vita. Lo stretto viottolo, ai cui lati massi calcarei incastonano conchiglie fossili, che ci riportano indietro di milioni di anni, profuma di ginepro, di timo e di viburni, e chi lo percorre gode del fresco soffio del vento vespertino. Uno slargo, ad un tratto, costringe alla sosta, davanti uno strapiombo, e sulla parete, a destra del visitatore, le grotte scavate da mano dell’uomo, aride e glabre di vegetazione.

Così quasi cinque porte in fila, in bell’ordine, stuzzicano la curiosità ed è naturale entrarvi: il lento lavorio dell’acqua che goccia a goccia rode la pietra colpisce lo sguardo, come anche i muschi che ricoprono le pareti annerite dagli anni e dall’uso improprio, destinato all’intero complesso nei secoli dall’uomo e le fosse squadrate e intagliate nella roccia distribuite per tutto il piano della grotta. Ma proprio l’ultima di queste conserva la sorpresa più bella e inattesa: la crocifissione di Cristo, nella parete ad est, ed il visitatore attento non può non cogliere il contrasto tra i colori del blu, del rosso e del bianco con l’insieme scarno e spento della grotta, non può non fermarsi ad ammirare il volto del Cristo, non può non meravigliarsi per l’eleganza del panneggio, non può non stupirsi di questo piccolo miracolo, che la pietà popolare ci ha tramandato. E a poco, forse, per il visitatore valgono le teorie e le congetture, che, giustamente, gli storici e gli archeologi ipotizzano per conoscere, comprende e classificare questo manufatto, anello di una più ampia catena che è la storia dell’uomo, ma varrà, forse, di più l’emozione, che nasce nel silenzio attonito ed estasiato di fronte ad un’ opera la cui mano dell’artefice rimarrà avvolta nel mistero, ma il cui senso può essere scoperto solo da chi osserva con occhi dell’anima.

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Il Patrimonio culturale salvato:

un piccolo gioiello dell’arte medievale siciliana Quasi sessant’anni sono trascorsi da quando nel 1940 venne pubblicato, ad opera di G. Agnello, il primo studio sul complesso rupestre della “Grotta dei Santi” in contrada Alia, ed oggi, grazie all’attenzione sempre vigile e sollecita ed al lavoro infaticabile dei responsabili e dei soci della Archeoclub di Licodia Eubea, coordinato dal dott.re Andrea Patanè è stato aggiunto un nuovo tassello alla conoscenza del sito. Da poco, infatti, si è conclusa la campagna di scavi e di restauro, a cura del Centro Regionale per la Progettazione e il Restauro, dell’Università degli Studi di Palermo (Corso di Conservazione e Restauro dei Beni Culturali) e grazie all’aiuto del Consorzio “Ducezio” i cui risultati del restauro sono stati presentati dalla dott.ssa Noemi Billeci durante la conferenza ”Il Patrimonio Culturale salvato” tenuta giorno 29 agosto a Licodia Eubea. Il sito, ormai abbandonato, merita di essere visitato perché costituisce una delle più importanti testimonianze storico-artistiche per la Sicilia, durante i secoli del Tardo Impero. Il gruppo monumentale è posto nell'ex feudo Alia "...casale un tempo esistente, detto anche Lalia, nel territorio di Licodia Eubea", come ricorda Vito Amico nel suo Lexicon. Il sito è composto da due grotte: la prima, chiamata “Antro delle sepolture”, (Ambiente B)

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contiene diverse sepolture alcune a cassa, altre scavate nella roccia e inquadrate all’interno di arcosoli, altre ancora a baldacchino. E’ possibile, inoltre, notare labili tracce di pellicola pittorica soprattutto in alto, nella parete frontale rispetto all’accesso e si intravede la presenza di alcuni pilastrini in cui vi sono delle fossette per la collocazione di lucerne; la seconda grotta, denominata “Antro del Crocifisso”, (Ambiente A) è composta di tre arcosoli, più quello orientale in cui si trova il pannello pittorico della Crocifissione, il quale è collegato all’antro delle sepolture tramite tre accessi. Secondo gli studiosi, l’Ambiente A dell’ area cimiteriale cristiana, dopo un primo insediamento datato, fu rimaneggiato, per dare spazio alla creazione di un oratorio cenobitico (ovvero una comunità di monaci cristiani), pertanto difficile risulta la datazione dell'intero complesso, in quanto da sempre il luogo è stato fruito, invece l'analisi stilistica delle figure del pannello pittorico risale si al XI o XII secolo. L'oratorio è stato abbandonato verso la metà del Quattrocento, come attestano i numerosi graffiti che ricoprono il pannello pittorico; la firma più antica risale al 1445, probabile terminus post quem che data l’abbandono dell'oratorio.


Dentro il capolavoro: la “Staurosis” della grotta dei Santi Tratto da: Noemi Billeci Scheda del restauro della “Grotta dei Santi” di Licodia Eubea

Autore: anonimo Titolo: Stuarosis di Cristo Datazione: XI- XIV sec. d.C. Tecnica: pittura a secco Collocazione: Contrada Alia, Licodia Eubea CT

La figura del Cristo col nimbo crucigero, occupa la parte centrale della rappresentazione, affiancato da due figure minori secondo il criterio delle proporzioni gerarchiche, interpretate, secondo lo schema iconografico tradizionale, come la figura della Vergine, desumibile dell’appellativo Mat(er) D(omi)nia sinistra rispetto all’osservatore, rappresentata di tre quarti e rivolta verso la croce, e S. Giovanni Ioh(anne)s giovane imberbe, sulla destra, in piena posizione frontale, il cui capo reclinato è poggiato sulla mano destra. L’espressione sofferente del volto del Cristo, ma in serena accettazione del sacrificio, è enfatizzata sia dall’inarcamento degli archi sopracciliari e degli occhi chiusi e incorniciati da folte ciglia. Il panneggio del perizoma, non è rigido alla maniera bizantina, ma molto articolato, soprattutto nella parte superiore, in ampie linee, che convergono tra di loro a disegnare risvolti e pieghe, raccolte morbidamente a formare i due nodi. Una piccola figura in corta tunica, resa di profilo e inserita nello spazio tra la Madonna e la croce è stata identificata con il personaggio di Longino nell'atto di trafiggere il costato del Cristo. A destra, in alto, si dispone la figurina tonda antropomorfa della luna, dalla tinta violacea, dalla quale si dipartono dei sottili raggi dello stesso colore, che si diramano verso il volto del Cristo.

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Tra devozione e storia: il Crocifisso ligneo di Licodia Eubea

La chiesa dell’Ospedale di Licodia Eubea, in provincia di Catania, conserva, come uno scrigno, una magnifica gemma, un Crocifisso ligneo. Si narra che l’artista “…dopo avere modellato il corpo non riusciva a portare a termine il capo. Dopo reiterati tentativi, un giorno, con comprensibile stupore si trovò davanti il Cristo con la testa meravigliosamente scolpita “(cfr.pag 43 Carmelo Verdi, Licodia Sacra) Un‘antica leggenda vuole, inoltre, che durante i periodi di pestilenza o in presenza di calamità naturali venissero tolti i chiodi, che inchiodano alla croce il Cristo ligneo, fatto assai strano anche perché la tradizione popolare riferisce che si vieti a chiunque di toccare il crocifisso stesso, pena una grave disgrazia. Il sorgere di racconti tradizionali, oltre a offrire il fianco a studi specifici, testimonia la devozione che, da sempre, lega i licodiani alla scultura. Per questo la sede locale dell’Archeoclub, da tempo ha programmato e progettato un

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intervento di conservazione e restauro di tale opera scultorea. L’iniziativa parte nel settembre del 2007, quando durante la II Edizione di RestaurArte, in occasione della presentazione del restauro della statua lignea del profeta Elia, venne presentata alla cittadinanza l’opera da restaurare, appunto il Crocifisso ligneo. Una serie di eventi-guida, in questi anni, ha permesso di raccogliere fondi, quali: una mostra sull’iconografia del Cristo morto a Licodia Eubea e la proiezione di un DVD sulle tradizioni pasquali di Licodia Eubea dal ’61 al ’94. Il restauro, compiuto da Costanzo Cucuzza, ha avuto inizio l’8 Dicembre del 2008. Ma cominciamo con ordine, è stato, dapprima predisposto uno studio sul manufatto, da cui è risultato che l’opera è stata eseguita in legno massello, assemblando più blocchi, successivamente intagliata, infine ingessata e decorata per mezzo di tempere e lamine di metallo. L’opera, di ottima fattura, per l’accurata ricerca e resa dell’anatomia umana e per l’espres-


sività del volto è ascrivibile ai primi del XVIII secolo, ma non sono stati reperiti documenti per poterla attribuire a qualche scultore. Capelli, barba e soprattutto il pregiato perizoma sono stati realizzati, utilizzando una sottile lamina d’oro, applicata con la tecnica del “ guazzo”, mentre il decoro del perizoma è ottenuto a “graffito” sul fondo avorio. “Il manufatto presentava un degrado estetico e strutturale causato da una cattiva manutenzione, inoltre l’intera superficie pittorica era ricoperta da strati di vernici alterate, intervallate da particelle di deposito (polvere, fumo … ), da strati di materiali proteici (colla, uovo …), da resine e cere. Sono state notate, oltre al resto, varie piccole lacune causate dal distacco del film pittorico e da parti dello strato gessoso, abrasioni dovute agli spostamenti a cui è stato soggetto il

manufatto nel corso dei secoli, microfessurazioni apportate dall’umidità e grosse fenditure sul petto e sulla schiena. Evidenti i precedenti interventi di restauro e di ridipintura totale dell’opera e vari ritocchi visibili ai raggi ultravioletti localizzati, principalmente sul viso e nell’attacco delle braccia al busto”. (Costanzo Cucuzza Scheda di restauro della scultura policroma raffigurante Cristo in Croce della Chiesa del Crocefisso Licodia Eubea). L’intervento di restauro conservativo, finalizzato alla valorizzazione storica ed artistica dell’opera, permettendone la piena leggibilità e fruizione, è stato eseguito nel rispetto delle tecniche costruttive e dei materiali in uso all’epoca dell’opera. La prima operazione è stata quella di disinfestazione. La fase successiva ha visto il consolidamento della struttura fibrosa del legno. Si è passati, quindi, alla pulitura della superficie pittorica. Il risultato è straordinario, per la curata anatomia del corpo, per l’espressività del viso, e per la resa pittorica data da un incarnato cadaverico in contrasto con il sangue e i segni della flagellazione. Attorno al Crocifisso si trova il reliquiario, databile intorno alla seconda metà del XVIII secolo. Smontato il crocifisso e il reliquiario, è stato rinvenuto, con sorpresa di tutti, un pannello pittorico, che raffigura una città, molto probabilmente Gerusalemme, contornata da colline, che tuttavia ricordano il paesaggio delle colline che circondano Licodia Eubea. Lungo tutta la tavola dipinta vengono riportati i versetti dal Vangelo di Matteo cap 2 7, 51-52.” Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono”. Il pannello pittorico risulta in confronto al Crocifisso di semplice fattura, anche se la pennellata appare precisa e sicura, forse, dunque, si tratta di una voluta ricerca di semplicità. Complessa, tuttavia, l’attribuzione, poiché non è presente né la firma del pittore, né vi sono al momento informazioni sussidiarie, mediante cui attribuire indirettamente l’opera. Dall’analisi iconografica e pittorica si può supporre che essa sia stata realizzata intorno alla prima metà del XVII secolo. In accordo con F. Migneco, Dirigente per i Beni Storici, Artistici e Antropologici della Soprintendenza di Catania e il Responsabile dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici, Don Fabio Raimondi è stato deciso di collocare il reliquiario di fronte la cappella del Crocifisso, allo scopo di rendere fruibili tutte e tre le opere.

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Territorio dal

Aricino Nemerense

Un libro per ricominciare Sabato 29 agosto a Castel del Monte in provincia de L’Aquila, si è svolta la presentazione del volume “Annali dell’Archeoclub d’Italia Aricino-Nemorense”, una raccolta delle conferenze 2007-2008, tra cui il resoconto delle indagini archeologiche dell’Università dell’Aquila condotte da Gaetano Messineo presso “La Necropoli di Pesatro” (Luglio 2008). Hanno presenziato all’incontro Luciano Mucciante, Sindaco di Castel del Monte, Maria Cristina Vincenti e Alberto Silvestri, Curatori del volume, Massimiliano Valenti, Archeologo, gli studenti dell’Università dell’Aquila: Maria Concetta D’Ercole, Alessia De Iure, Rosa Maria Lisi, Flavia Rapagnani, Giulia Sulli, Emanuele Di Giampaolo, Riccardo Mucciante. L’intelligente iniziativa è stata promossa dall’Archeoclub d’Italia AricinoNemorense a sostegno del Comune di Castel del Monte.

Castel di Sangro

Nuovi messaggi da Aufidena La sede locale ha promosso lo scorso 26 agosto insieme al Comune, alla soprintendenza per i beni archeologici d’Abruzzo e alla direzione del Museo aufidenate un’eccellente giornata di studio in relazione ai recenti ritrovamenti archeologici di epoca italica e romana. Tra gli interventi, quello di Anna Maria Reggiani, direttore regionale dei beni culturali e paesaggistici d’Abruzzo, di Raffaella Poggiani Keller, soprintendente ai beni artistici d’Abruzzo, di Adriano La Regina, docente della Sapienza di Roma. Il coordinamento è stato curato da Ezio Mattiocco, direttore del Museo civico Aufidenate di Castel di Sangro.

Catania

Un anno di attività La sede locale fa il punto delle attività svolte nell’anno che sta per chiudersi, mentre ne progetta altre per il futuro. Tra le iniziative più belle che meritano di essere ricordate, le conferenze di Salvatore Camilleri sulla poesia siciliana moderna e sul santuario di Palici alla luce delle ultime scoperte, di Laura Maniscalco, il viaggio di Pasqua in Libia, la visita al teatro greco di Siracusa per Edipo a Colono, la gita a Morgantina per sostenere la sede locale di Aidone e la sua iniziativa per la promozione del teatro greco.

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Copertino

Pittura e dintorni Si è tenuta sabato 30 maggio 2009 alle ore 18.30 presso il salone dell’Istituto Comprensivo “Gianserio Strafella” la manifestazione della 1° edizione del Concorso Regionale di Pittura “Gianserio Strafella”organizzato in collaborazione con Archeoclub d’Italia Sede di Copertino” Isabella Chiaromonte, patrocinata dal Comune di Copertino e della Regione Puglia. Una manifestazione fortemente appoggiata dal corpo docente, sostenuta dal dirigente scolastico Fernando Iurlaro e, condivisa da tutti i membri dell’Archeoclub d’Italia sede di Copertino”. Sempre a Copertino, alla fine di agosto, si è svolta una grande manifestazione di conoscenza sugli androni della bella cittadina pugliese. Angoli sconosciuti, ma di incomparabile bellezza, che almeno per una giornata sono stati resi fruibili dall’effervescenza della sede locale.

Foligno

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Corsi di aggiornamento per il personale docente Atti del Seminario nazionale di studio Foligno 10-11-12 ottobre 2008 a cura di Gianfranco Faramelli e Roberto Tavazzi

club d’Italia, sed e di F olign o.

Archeoclub d’Italia. associazione nazionale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico-artistico e ambientale

Il 10 ottobre (mentre il nostro giornale è in uscita), nella prestigiosa cornice di Palazzo Giusti Orfini, saranno presentati gli Atti del Seminario di Studio “Corsi di aggiornamento per il personale docente”, svoltosi lo scorso anno nella città umbra. Il documento, raccolto in un cd, riproduce per intero e fedelmente i testi degli interventi e i materiali annessi, come predisposti dai vari relatori. Delle sezioni presenti si segnalano come le più corpose e significative quelle centrali, “esperienze e proposte” e “Laboratori di formazione e informazione di Archeoclub d’Italia”. Alla presentazione degli Atti parteciperanno molti dei relatori del convegno, compresa la presidente nazionale. Il lavoro della sede locale, da anni impegnata sul fronte della formazione didattica, è un importante passo verso un più ampio impegno dell’associazione nel mondo della scuola che, pur non comprendendo ancora l’importanza del volontariato culturale, in un futuro prossimo, attraverso un rinnovato principio di sussidiarietà, dovrà necessariamente contare sulla preparazione di chi sul territorio conosce vita, morte e miracoli e può rappresentare un docente ideale per l’istruzione del terzo millennio. Nel frattempo è già stato messo a punto il calendario delle attività didattiche del 2010 dedicate a “Arti minori, tra Medioevo ed Età moderna”. Si parte il 23 ottobre con una conferenza su Artigianato, artigiani, curata da Fabio Bettoni, dell’Università degli Studi di Perugia e, a seguire, il 17 novembre, sarà la volta de “La ceramica umbra dal Cinquecento al Settecento”, di Tiziana Biganti della Galleria nazionale dell’Umbria.

Manduria

Androni aperti La sede pugliese con la collaborazione dell’Amministrazione del Comune di Manduria, ha presentato la quinta edizione della

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manifestazione “Androni Aperti” che hanno rilevato l’esposizione di collezioni di modellismo: nautico, ferroviario, aeronautico, urbano e automodellismo. L’ingresso libero e guidato ha portato alla conoscenza di sei edifici storici cittadini che i proprietari hanno accettato di aprire al pubblico, consentendo di scoprire androni poco conosciuti. Un’opportunità per promuovere e valorizzare il patrimonio immobiliare privato di una città che cela tante bellezze architettoniche nel suo tessuto urbano. Seguendo gli itinerari storico-artistici e culturali di grande bellezza ed interesse, inoltre, negli stessi orari, grazie alla collaborazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, è stato eccezionalmente aperto il Museo Archeologico, presso la sede della Soprintendenza in via XX settembre n. 110, per ammirare anche, con visita guidata, i reperti archeologici della campagna scavi di N. Degrassi (anni 1955/1960) ed i reperti rinvenuti nei più recenti scavi manduriani. L’itinerario prescelto ha riguardato i seguenti edifici: Palazzo Trojani, via Marco Gatti, Palazzo De Marco, via Marchese Imperiali, Palazzo Schiavoni, piazza Vittorio Emanuele, Palazzo Briganti, piazza Vittorio Emanuele, Palazzo Dimitri, via XX Settembre, Palazzo Pasanisi, via XX Settembre.

Palermo

Chiesa S. Cristina La Vetere Lo scorso 21 giugno 2009 la sede di Palermo, ha effettuato una visita guidata in città con circa una dozzina tra soci e simpatizzanti. A ridosso della Cattedrale , in fondo alla strada dei Pellegrini, antico tratto della Via Francigena accanto alla loggia dell’Incoronazione si può visitare la chiesa normanna dedicata a S. Cristina La Vetere; chiusa da tanti anni ed ora riaperta; piccolo gioiello donato alla fruizione pubblica. La chiesa ha pianta quadrata a croce greca con quattro robusti pilastri ad archi ogivali che sostengono la copertura a crociera. L’abside presenta una copertura a botte lunettata. Dopo eloquenti delucidazioni della guida sulle origini della chiesetta circa il cammino verso la Città Santa, Gerusalemme,da qui assieme a Mazara del Vallo, Trapani, i pellegrini venivano scortati dai Cavalieri del Santo Sepolcro.

Venafro

Progetto: Cultura a Porte Aperte Il giorno 13 maggio a Venafro nel Castello Pandone “sala dei conti” si è svolto l’incontro confronto tra il Mibac ed enti ed associazioni. Archeoclub d’italia ha partecipato con il consigliere nazionale Iacopo Nardi. E’ evidente come l’impostazione data al convegno cerchi di attenuare il distacco tra le soprintendenze e le associazioni, lo dice lo stesso Mibac che si è fatto “accompagnare” anche dall’archivio di stato del Molise. Ormai la vecchia logica che portava le soprintendenze a gestire ciò che trovava (scavi) in maniera dittatoriale comincia a mostrare crepe evidenti non tanto per i fondi tagliati ma perché l’opinione pubblica è più attenta e diciamo più istruita.

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Hanno partecipato associazioni locali e nazionali ma, malgrado tutti gli allegati preparatori, per via di una impostazione ormai datata esse non hanno portato contributi per fare sì che la gestione dei beni culturali anche con la partecipazione delle associazioni ma non solo, esca dalle strettoie della burocrazia assillante ed ansiosa di incarichi, e si diriga verso un percorso più aperto sia alla collaborazione che alla responsabilità. Si è parlato delle attività proprie di ogni associazione senza cogliere il vero significato del convegno. L’Archeoclub ha evidenziato la perversa abitudine di aprire siti, esplorarli, non pubblicizzare quanto fatto e lasciare tutto alla mercè degli elementi senza chiamare in causa le amministrazioni locali che d’altro canto non mostrano il minimo interesse alla tutela dei luoghi ed al loro sfruttamento turistico, ove possibile.

Venezia

Rassegna di archeologia Ricco cartellone quello organizzato a marzo dalla sede locale, in collaborazione con la Fondazione Querini Stampalia, per la X rassegna di archeologia- ricerche e scoperte nel Triveneto e nell’Alto Adriatico, con premio finale cinematografico “Archeologia delle acque “Marenostrum”. Nella foto un momento della premiazione, lo stemma Marenostrum, la presidente nazionale Clelia Arduini, al centro, a sinistra Gerolamo Fazzini, presidente della sede di Venezia, e Claudio Mocchegiani Carpano, responsabile scientifico di Marenostrum

Legiones e Latium Felix Le due antiche colonne romane, quella dedicata a Marco Aurelio Antonino in piazza Colonna e quella celebrante le imprese di Traiano ai Fori Imperiali, costituiscono una delle principali attrattive dell’urbe, uno straordinario documento monumentale delle imprese compiute dalle legioni romane. “Legiones” il titolo del quinto e più recente tra i prontuari di “ArcheoRoma”, a cura del prof. Romolo A. Staccioli, emerito tra i fondatori di Archeoclub d’Italia. Un libro di formato tascabile, sintetico ma esauriente, che illustra le caratteristiche e le imprese di questi battaglioni dell’esercito romano, costituito in epoca monarchica: all’inizio una legione composta da 3000 fanti (pedites) e 300 cavalieri (celeres e poi equites); legioni divenute due con l’avvento della repubblica (509 a.C); altre riforme con Caio Mario (fine Il sec. a.C.), Augusto (25 a.C.) che consolidò il sistema e diede nome alle legioni; Traiano (98-117) che portò l’impero alla massima estensione; Diocleziano (284-305) che divise l’impero con la tetrarchia; Costantino(306337) che trasferì la capitale a Costantinopoli. Il prontuario illustra tutte le legioni con i loro nomi e le loro postazioni specie ai confini dell’impero, dalla Britannia all’Oriente, le armi usate, altri strumenti, organizzazione e modi di vita. Atre pubblicazioni curate dal prof. Staccioli sono i “quaderni di ArcheoRoma”. Di recente pubblicazione un numero dedicato a “Latium Felix, divagazioni sul Lazio latino”, regione ricca di preistoria e storia, prima e dopo la fondazione di Roma. Si parla dei “dintorni” di Roma, il Santuario di Diana Aricina, Tivoli e Palestrina, Gabii, Anzio culla di imperatori nonché di una splendida statua femminile, Circeii, Minturno, Albano, nonché il ritorno delle Feriae Latinae. Un accenno particolare merita la vicenda della Solforata, nei pressi di Santa Palomba, bianco lago sulfureo con una sponda rocciosa dove si apre una grotta mitica sede di Fauno, nipote del dio Saturno e padre di Latino, sovrano regnante, secondo la tradizione, tra il XIII e il XII secolo a.C. . Latino aveva promesso la figlia Lavinia a Turno re dei Rutuli: poi, scosso da dubbi e presagi si recò nella grotta per sentire il parere del padre, la cui voce tonante gli intimò di riservare la figlia per Enea in arrivo da Troia. Latino obbedì e dall’unione di Enea, protagonista dell’”Eneide” di Virgilio con Lavinia, ebbe inizio la civiltà latina e poi romana. Questo luogo, assediato da capannoni e discariche, non ha alcuna tutela, anzi vi incombe la minaccia di una “piattaforma polifunzionale per il trattamento dei rifiuti tossici”. Perché la Regione Lazio non si propone di tutelare e valorizzare le sue radici? Luigi Bernardi I soci di Archeoclub d’Italia interessati a queste pubblicazioni le possono chiedere ad ArcheoRoma, via Merulana 272, 00185 Roma – tel. Fax 06.4818839, c/c postale 77897007

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Martinsicuro

Nasce l’Antiquarium La storia di Archeoclub d’Italia nasce e si lega inestricabilmente alla progressiva formazione, in quarant’anni di cammino sul territorio nazionale, di tanti depositi comunali ed antiquaria, attraverso la costituzione di una vera e propria rete di ricerca e di iniziative a livello locale, legate alla fruizione del nostro patrimonio culturale, che hanno creato un itinerario della memoria. Un viaggio nelle radici più profonde di ciascuno di noi che ha contribuito a fortificare nei decenni la conoscenza della nostra storia e del nostro patrimonio. La sede di Martinsicuro, sin dai suoi primi anni di vita, ha legato indissolubilmente le sue importanti e organiche attività alla storia dello storico sito di Castrum Truentinum, e alle ricerche archeologiche ivi condotte dalla Soprintendenza sin dal 1990. L’eccellente rapporto fra l’Associazione e le Istituzioni è riuscito ad ottenere oggi un risultato tangibile, concreto, di fondamentale importanza, con la realizzazione di un sogno da lungo tempo atteso. Un modello di tipo anglosassone dunque, che costituisce il futuro della tutela e della gestione dei beni culturali italiani che non possono prescindere dal ruolo e dal coinvolgimento della società civile. Attualmente la sede abruzzese al confine con le Marche, attraverso un servizio di custodia e di guida, consente l’intelligente fruizione del nuovo antiquarium, situato nel torrione Carlo V, nel centro del paese, di cui è stata fra i principali artefici. La storia del sito L’antica città di Truentum o Castrum Truentinum è menzionata in numerose fonti antiche, in particolare Cicerone, Strabone e Plinio, e da quest’ultimo viene anzitutto segnalata come l’unico abitato dell’antica popolazione dei Liburni, evidentemente giunti in Italia dall’antistante costa dalmata, sopravvissuto sino alla sua epoca, “Truentum cum amne, quod solum Liburnorum in Italia relicum est”, conservando una tradizione che rappresentava ancora nel I secolo d.C. una preziosa testimonianza sui contatti commerciali e culturali esistiti sin da epoca antichissima fra le due sponde dell’ Adriatico tramite questo strategico approdo. Compare con il nome di Castrum Truentinum nelle fonti più antiche, fra cui si ricordano i segnalati passi di Cicerone, Pomponio Mela, oltre che in una iscrizione tardorepubblicana oggi conservata ad Ascoli, e nella più tarda Tabula Peutingeriana. Compare come Truentum in Plinio il Vecchio (sec.I d.C.) ed in un’altra epigrafe di provenienza romana databile fra il 119 ed il 136 d.C., mentre nell’Itinerarium Antonini, redatto nel III secolo, viene menzionata con ambedue le denominazioni. Fra il 1991 e il 2004 il territorio del Comune di Martinsicuro veniva interessato da un’ampia serie di indagini archeologiche, condotte con fondi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, partite dall’originario tentativo di giungere ad una attendibile ubicazione del sito dell’antica città di Castrum Truentinum di cui s’era persa in età moderna ogni memoria. Fra il 1991 e il 1993 veniva individuato il sito della città, ubicato subito a sud del Tronto, nella località Case Feriozzi di Martinsicuro ove lo storic complesso delle case, oggi di proprietà della famiglia Crocetta, ha riutilizzato in età medievale alcuni resti dell’antico abitato. Le indagini archeologiche proseguivano sul sito della città d’epoca romana sino al 1995, ed il sito stesso veniva formalmente riconosciuto come area archeologica nel 2001. Fra 2002 e 2004 veniva condotta una prima ampia esplorazione anche del sito dell’insediamento risalente all’Età del Bronzo, ubicato sul vicino Colle Di Marzio, da cui aveva avuto origine l’insediamento alla foce del Tronto. Gli scavi, condotti fra 1991e 1995 sul versante meridionale della foce del Tronto, rivelavano in particolare la presenza sul pianoro a sud dell’antica foce del fiume compreso fra la linea ferroviaria e la frazione Case Feriozzi (via Po) dei resti dell’antica città, della cui esatta ubicazione si era persa da secoli ogni memoria. Veniva anzitutto riscoperto l’impianto di un ampio quartiere commerciale e residenziale organizzato lungo un asse viario orientato N-S che doveva giungere al Tronto verso N in un’area oggi interrata dal terrapieno della linea ferroviaria adriatica e doveva collegarsi a sud-ovest con il tratto finale della Via Salaria, che qui giungeva da Asculum discendendo dalla Valle del Tronto (scavi 1991-93).

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La Fondazione Puglisi Cosentino è stata costituita il 9 aprile 2004 ed è riconosciuta tra le Fondazioni nazionali di carattere culturale. Opera a favore dell’arte classica, moderna e contemporanea, organizzando mostre, incontri, seminari, convegni, attività di studio e di ricerca e non ha fine di lucro. Per farne un punto di riferimento per l’arte e la cultura a livello locale, regionale, nazionale ed internazionale, rientrano tra le missioni della Fondazione tutte le iniziative finalizzate a promuovere la conoscenza, la sperimentazione e la creazione, a favorire la cultura, l’educazione artistica e civile e il diletto, a rappresentare una leva di sviluppo per il territorio, anche attraverso la creazione di reti di interscambio con altre realtà operative in Italia ed all’estero. La Fondazione ha sede presso Palazzo Valle, tra i più prestigiosi della Città di Catania, edificato tra il 1741 ed il 1748 su progetto dell’architetto Vaccarini ed illustre esempio d’architettura barocca recuperato dal degrado con un restauro durato quattro anni. La prima esposizione d’arte moderna e contemporanea dal titolo “Costanti del Classico nell’Arte del XX e XXI Secolo”, è stata aperta al pubblico dal 22 febbraio al 29 giugno 2009 con 74 opere dei più importanti Maestri del periodo da Matisse, Kandiski, De Chirico, Burri, Fontana ai viventi Pistoletto, Kounellis, etc. È progetto della Fondazione effettuare un minimo di due mostre importanti l’anno, unitamente ad una separata presentazione di giovani artisti di respiro internazionale. Il Direttore Artistico della Fondazione è il Professor Bruno Corà coadiuvato da un comitato scientifico composto da Marie Laure Bernadac (Conservateur en chef, responsabile di arte contemporanea del Museo del Louvre), Manolo Borja-Villel (Direttore del Museo National Centro de Arte Reina Sofia di Madrid), Gillo Dorfles (Critico d’arte già ordinario di Estetica presso le Università di Trieste e di Milano), Franca Falletti (Direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze) e Rudi Fuchs (Storico dell’arte e Guest Curator) e Pietro Bellasi (Docente di Sociologia dell’Arte, Università di Bologna). Il prossimo evento in programma sarà la mostra dedicata a due degli artisti italiani più internazionali del Novecento, Burri e Fontana, organizzata in collaborazione con la Fondazione Fontana di Milano e la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri di Città di Castello. La mostra “Burri e Fontana – Materia e Spazio” si svolgerà dal 15 novembre 2009 al 14 marzo 2010 e sarà allestita negli eleganti saloni del piano nobile di Palazzo Valle. Giorni ed orari di apertura: dal martedì alla domenica 10-13.30; 16.00-19.30, il sabato sino alle 21.30; chiuso il lunedì, 25 dicembre e 1 gennaio; aperture straordinarie su prenotazione. Per tutti i soci dell’Archeoclub d’Italia, a seguito della convenzione stipulata, il biglietto è ridotto, 5 euro.

FONDAZIONE PUGLISI COSENTINO Palazzo Valle, Via Vittorio Emanuele, 122 – 95131 Catania Tel. +39 095 7152228 – fax +39 095 7153835 - info@fondazionepuglisicosentino.it

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di Luigi Bernardi

Compie duemila anni Tito Flavio Vespasiano, imperatore nato il l7 novembre del 9 d.C. a Falacrinae (oggi Cittareale), un “vicus” nei dintorni di Rieti. E “Divus Vespasianus - Il bimillenario dei Flavi” è il titolo di una mostra aperta al Colosseo fino al 10 gennaio 2010. Ma, a differenza rispetto alle altre esposizioni dedicate all’antica Roma allestite negli scorsi anni nell’Anfiteatro Flavio, nome originario del Colosseo, la rassegna attuale si estende nell’area archeologica dei Fori Imperiali e del Palatino, comprendendo la Curia e il Criptoportico Neroniano. Aperta ad. aprile un’altra sezione espositiva in Campidoglio ai Musei Capitolini. Dopo una lunga carriera nella pubblica amministrazione e nell’esercito in Medio Oriente, protagonista nella repressione della rivolta giudaica iniziata nel 66 d.C., Vespasiano si trova coinvolto nelle lotte di potere susseguite alla morte di Nerone nel 68. La scomparsa violenta in pochi mesi, nel 69, degli imperatori Galba e Otone, e l’eliminazione di un terzo, Vitellio, da parte di Vespasiano, gli aprono la via al potere. Viene acclamato imperatore dall’esercito ad Alessandria d’Egitto e nel 70 si insedia a Roma. Vespasiano muore nell’estate del 79; gli succede il primogenito Tito (79-81.) e poi il figlio minore Domiziano (81-96), un tiranno la cui scomparsa suscita gioia e tripudio al Senato, con la distruzione di lapidi, immagini e una grande statua equestre che si era fatto erigere. I Flavi trasformarono l’aspetto urbanistico di Roma. Esempio importante appunto l’Anfiteatro Flavio, eretto nell’area che Nerone aveva privatizzato dinanzi alla Domus Aurea trasformandola in un lago poi prosciugato. Il nome di Colosseo deriva dalla presenza di una statua bronzea colossale che Nerone si era fatto erigere e che era poi stata trasformata in immagine del Sole, statua scomparsa nel Medioevo. L’Anfiteatro, iniziato sotto Vespasiano, fu inaugurato da Tito nell’80 con spettacoli di gladiatori e massacri di belve provenienti dall’Africa.

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La mostra inizia con il ritratto di Vespasiano proveniente dalla Ny Carlsberg Glyptoteck di Copenaghen, che lo rappresenta come un vecchio militare di origine plebea, mentre nel vicino busto proveniente dal Museo di Palazzo Massimo alle Terme egli appare come un “princeps” dall’aspetto distinto. Seguono altri ritratti marmorei dell’imperatore, del figlio Tito, della moglie Domizia, della figlia Giulia, teste colossali di divinità femminili, altre raffigurazioni di personaggi mitologici, frammenti architettonici dal Tempio della Pace, fatto erigere ai Fori da Vespasiano, e da altri luoghi, plastico ricostruttivo del Palazzo Imperale la “Domus Flavia”fatto costruire da Domiziano sul Palatino, frammenti dell’obelisco di Domiziano dall’anfiteatro su cui oggi sorge piazza Navona e altro ancora. Nella Curia, o Senato, trasformato in chiesa nel Medioevo, restaurato e ripristinato nella prima metà del Novecento, sono esposte due teste colossali di Vespasiano, una testa colossale e una statua corazzata di Tito, nonché due Plutei di Traiano che costituivano un recinto nel Foro. Nel Criptoportico Neroniano sono in mostra vari fregi architettonici, statue di Muse, “Eracle con Leontè” in marmo, teste di Meleagro e di Apollo e altro ancora. Tra le sedi museali si sviluppa un itinerario che tocca vari luoghi, dall’Arco di Tito, con le raffigurazioni del trionfo nella guerra giudaica, a quello di Domiziano, alla “Domus Flavia” e a tanti altri monumenti sul Palatino e nei Fori; itinerario indicato con pannelli illustrativi che rimarranno anche dopo la fine delle mostre, così come opere e reperti provenienti dai magazzini o altrove. La mostra è a cura di Filippo Coarelli, promossa dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, soprintendente Angelo Bottini. Coarelli ha pubblicato con Electa sia un vasto catalogo sia un volumetto tascabile con illustrazioni e citazioni da Svetonio, autore di una “Vita di Vespasiano”, ideale per un visitatore medio.

Divus Vespasianus Il bimellenario dei Flavi Colosseo,Curia e Criptoportico Neroiano, Roma Orari: dal 1 al 24 ottobre h 8,30-19 dal 25 ottobre al 10 gennaio h 8,30-16,30 Biglietti: intero 12 euro, ridotto 7,50 euro Informazioni e visite guidate tel. 06.39967700; www.pierreci.it

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La cappella Paolina La Cappella Paolina, il più riservato tra i luoghi di culto dei Palazzi Apostolici Vaticani, è stata recentemente ripresentata alle autorità e alla stampa dopo circa sette anni di restauri. Lo scorso 4 luglio Papa Benedetto XVI ha celebrato i vespri, a chiusura dell’anno Paolino, avvenuta il 29 giugno, che ha visto un accelerato termine dei lavori, promosso dal Cardinale Giovanni Lajolo, Governatore dello Stato Città del Vaticano. L’anno Paolino era stato proclamato del Pontefice per celebrare il bi millenario della nascita di San Paolo. La Cappella Paolina non deriva il suo nome dall’Apostolo delle Genti, ma dal Papa Paolo III Farnese (1534-1549), che commissionò i lavori di realizzazione ad Antonio da Sangallo (15371539).Michelangelo Buonarroti, già impegnato nel Giudizio Univerale della Cappella Sistina, voluta cinquant’anni prima da Sisto IV (1471-1484), affrontò il nuovo lavoro di affrescare le pareti con i temi della Caduta di Saulo (Conversione di Paolo) e della Crocifissione di San Pietro. Affreschi eseguiti tra il 1542 e il 1550. Il sommo maestro già anziano ( era nato a Caprese in Toscana nel 1475) era malfermo in salute, spossato della immane fatica del Giudizio Universale, preoccupato per il progetto della Cupola di San Pietro, rattristato per la morte della sua amica e confidente Vittoria Colonna, avvenuta nel 1547. I restauri e la pulitura hanno portato alla luce un Michelangelo dolente e tragico, però di straordinaria saldezza plastica e di ferma imperiosa evidenza

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cromatica, come spiega il prof. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani. “I colori sono quelli del ‘Giudizio’ e servono a esaltare una umanità terribile, violenta, disperata. Non si erano mai visti prima, nella pittura del Buonarroti, volti cosi stravolti dalla stolidità e dall’odio, positure così disarticolate ed eccentriche, un altrettanto grande esibizione di ferina energia e di oscuramento della ragione. Sembra quasi che il pittore si interroghi sull’enigma teologico della Salvezza misteriosamente offerta ad una umanità immeritevole, immersa nel Male e impastata di peccato come quella rappresentata. Se lo chiede Michelangelo e abbiamo l’impressione che se lo chieda anche San Pietro, il quale ci guarda irato nel momento stesso in cui viene issato a testa in giù sulla croce, quasi dubbioso dell’utilità del suo mortorio”. Michelangelo morì nel 1564. Papa Gregorio XIII Boncompagni (1572-85) chiamò a completare l’opera michelangiolesca, con affreschi sulle pareti e sulla volta, Lorenzo Sabatini e Federico Zuccari, nonché altri pittori, decoratori, stuccatori. In seguito quasi tutti i papi, fino a Paolo VI negli anni Settanta del Novecento, fecero eseguire restauri e arricchimenti. Gli attuali interventi si sono svolti sotto la direzione storico artistica di Arnold Nesselrath, eseguiti da una folta squadra di specialisti tra questi il maestro ispettore Maurizio De Luca e l’assistente Maria Pustka. Ha collaborato una commissione internazionale di esperti, tra cui Cristina Acidini Luchinat, il restauro costato circa 4 milioni di dollari, è stato finanziato dai “Patrons of Arts in the Vatican Museum”, benemeriti mecenati cattolici, americani ma non solo, che hanno a cuore la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale Vaticano.

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