Fanzerta n. 0 (2022)

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Fanzerta n. 0 - Dicembre 2019 Ristampa Giugno 2022 nzerta.com anzerta.matese@gmail.com a_nzerta facebook.com/anzerta


COS’È LA FANZERTA? «Il nome della nostra estrinsecazione prende ispirazione dalla più generica fanzine che indica un tipo preciso di rivista, solitamente a tiratura limitata ed autoprodotta, realizzata da appassionati del genere. Il nome origina dalla crasi tra fan(club) e (maga)zine. La caratteristica principale, che ci unisce e ci lega, è la passione che origina la produzione. Perché di fatto qui si parla di gente che sì, più o meno potrebbe fare anche questo di mestiere ma che soprattutto vuole dedicare semplicemente il proprio tempo a fare cose che ci piacciono.» Nata nel 2019, la Fanzerta è la variopinta manifestazione espressiva dell’associazione A’Nzerta. Giuridicamente, è definita come una rivista indipendente e autoprodotta, cioè non soggetta ad altrui dominio. Allegoricamente, simboleggia una miriade di cose differenti: un foglio bianco, un salotto, una tela e alcune volte anche una silent disco. La Fanzerta permette di sperimentare, con penna o matita che sia, le varie declinazioni della scrittura e dell’illustrazione. La nostra rivista è distribuita sia in forma cartacea, sia in digitale così da abbattere le distanze fisiche inevitabilmente intrinseche nella natura locale del nostro attivismo sociale e gli amanti dell’arte amatoriale.


orme. multif e n i g gini? imma n una i imma o d c , o i è h s c o. i per muc ro zer ccica d magine o un u l Nume à i g la im ertina a singo n collage. La cop n me? u è e insie fa u i che t m n s o o e c r n i D ura rlare una fig e ne può pa Certo s o quand Allora


Rubo questo bel paradosso ad Eubulide non per finalità tecniche; mi interessa per le sue implicazioni sociali e per riflettere sulle relazioni. Perchè se leggete, toccate, sfogliate questa fanzine significa che noi, singoli, un insieme ci siamo diventati. E per questo non potevamo che chiamarci Fanzerta. Il nome della nostra estrinsecazione prende ispirazione dalla più generica fanzine che indica un tipo preciso di rivista, solitamente a tiratura limitata ed autoprodotta, realizzata da appassionati del genere. Il nome origina dalla crasi tra fan(club) e (maga)zine. La caratteristica principale, che ci unisce e ci lega, è la passione che origina la produzione. Perché di fatto qui si parla di gente che si, più o meno potrebbe fare anche questo di mestiere ma che soprattutto vuole dedicare semplicemente il proprio tempo a fare cose che ci piacciono. E che ci piace? Beh, tantissime cose. Un po’ ne abbiamo elencate nel manifesto che vedete qui accanto, altre ci sono venute in mente l’altra notte e sappiamo che fino a domani ne troveremo altre settecentoquarantatrè. Quello che ci unisce è la riflessione. La cultura. Lo scambio.

non solo tutto funziona più che bene ma non inquina (niente). Ti fa viaggiare un sacco, in tutti i sensi. E pensa un po’, succede già nel 2020. Con Stefano Sistu siamo tornati alle origini, che però stanno nel presente, quindi nel presente siamo andati indietro per andare avanti per poi arrivare da qualche parte. Ma vale anche il contrario. Disorientante eh? Vabbè, l’importante è mettere un piede davanti all’altro e continuare. Facci sapere se anche tu saresti così coraggioso come i piccoli fratelli Sistu. Potevamo finire così? Direbbe Pennac che non ci sono léggi da seguire quando lèggi ma la nostra è davvero una Fanzerta uroboros che anche se la capovolgi va bene lo stesso. Quella cosa della prospettiva di cui parlavamo è un

La comunicazione tra persone. Ti volevamo portare in un posto strano, vedila come l’anticamera alla Stanza dello Spirito e del Tempo. In quei pomeriggi che poi si trasformavano in serate e nottate nella redazione/sede/casa che abbiamo ad Alife ci siamo fermati nell’angolo ad osservare e discutere delle cose che vediamo. Parliamo da questa prospettiva accidentale, nella forma simbolica di un modo di vedere il mondo senza cercare di racchiuderlo nel perimetro dell’immagine, per rubare le parole a Panofsky. Ci giriamo e planiamo nel primo articolo: la terra delle parole. Perchè ad un certo punto abbiamo capito - come un po’ di persone prima di noi a dire la verità che quello che principalmente rende l’essere umano tale è parlare e creare concetti con il linguaggio. Un po’ falegnami un po’ astronauti, nel c.v. ce lo vendiamo come multitasking. Ci siamo fatti un giro nel teatro dell’assurdo e questo è il risultato. Poi il gatto è sopravvissuto, tranquilli. Nel secondo arriviamo all’utopia - quella veramente bella che Tommaso Moro ci fa un baffo. Urbanistica viaggiante.

Ti portiamo nel migliore dei mondi possibili dove

po’ quello che hanno immaginato nell’ultimo articolo, in cui noi, gli stessi paesi e le stesse persone da cui siete circondati ora mentre leggete e sul collo vi soffia un venticello fresco, diventiamo un paese della Terra di Mezzo con tutti i crismi di un buon fantasy: la quest, la cooperazione, la lotta tra forze, la battaglia galattica e spirituale tra le potenze in gioco - e anche a puntate. In più, dopo esserci fatti una panza di GOT, abbiamo realizzato che l’impostazione manichea dei personaggi appartiene al passato - e ti sfidiamo a dirci chi è il buono e il cattivo, ché in questo mondo ipermoderno è sempre un po’ difficile capirlo - e poi davvero serve? Ormai avrai capito che gli interrogativi ci piacciono davvero tanto. Perchè dare le risposte giuste è una pratica di saccenteria che un po’ ci ha scocciato e poi mica siamo al Milionario. Noi invece vogliamo agitare le idee nella mente. Generare domande. Muovere. Far circolare e scambiare pensieri. Evolverci, riflettere e creare legami intrecciati che poi sono quelli più difficili da sciogliere. Volevo lasciarti alla lettura della Fanzerta n.0 citando un filosofo contemporaneo mezzo uomo mezzo cavallo che dice una frase bellissima e struggente che in italiano fa un po’ così:

‘in questo mondo terrificante, ci restano solo i legami che creiamo’. Ciao compagno del sorite.


Le magiche avventure bucoliche di Stefanu Sistu Ad Alife era arrivata la primavera. La nebbia mattutina pian piano iniziava ad essere meno fitta e le prime rondini ritornavano a casa dopo essere migrate per i mesi invernali. Stefano e Vincenzo Sistu erano due fratelli che si divertivano con poco, aspettavano il sole per poter uscire in bicicletta e passavano il tempo a costruire fionde per colpire qualche malcapitato uccellino. Un giorno, la mamma dei due fratelli torna a casa con due rondini, estremamente agitate. I due fratelli incuriositi la seguono per capire cosa stesse accadendo. La mamma con un colpo secco spezza il collo ai dolci uccellini, mettendosi di spalle, per non far vedere la scena ai piccoli. Armeggia sicura con coltellini e coltellacci, manco fosse un chirurgo, poi si gira, posa sul tavolo due piatti e osserva i figli, in attesa di vedere l’espressione con cui avrebbero reagito. Stefano e Vincenzo si avvicinano al tavolo di legno per osservare quei due piatti di ceramica e dopo due secondi si girano di scatto per riguardarsi, increduli. Al centro di ognuno di quei piatti c’era un piccolo cuore, rossissimo e ancora pulsante! Dopo aver aspettato che metabolizzassero la scena, la mamma prende parola “: Dovete ingoiarlo. Sano.” I fratelli la osservano sconvolti “ Ma cosa?, Ma perchè?” La mamma li guarda comprensiva, ma poi li rassicura ferma “ Non dovete chiedere perchè, dovete farlo e basta. Tappatevi il naso con la mano e chiudete gli occhi. Contate fino a tre e poi...ingoiate! Fa bene, di corsa, di corsa!”.

“Che schifo” dicono all’unisono. Sapendo che bisognava in qualche modo sempre ubbidire alla mamma, onde evitare la corsa a zig zag in giro per la casa, per scansare il tiro della ciabatta, chiudono gli occhi e contano insieme “ 1.., 2.., 3!” Insieme deglutiscono velocemente quei due cuoricini. “Voglio vomitare” dice Vincenzo, il più grande, strizzando gli occhi come per eliminare quel sapore. “Anche io...ma ora mi trasformo in una rondine?” chiede Stefano guardando il fratello. La mamma è seduta al tavolo, li guarda in silenzio, poi dice con aria sapiente “ Chillu che avete fatto porta fortuna e...denaro! Sapete, tutti i vostri parenti l’hanno fatto alla vostra età”. Stefano, che è sì più piccolo, ma anche più sveglio, guarda la mamma e le chiede:“Ma per caso questo l’ha dovuto mangiare anche papà, da piccolo?” “Certo”. “ e anche tu?” “Certo.” Lì, guardandosi intorno, le chiede “Ma secondo menu funziona, addò stanno ‘sti soldi?” La mamma, non accettando questo innocente scetticismo infantile, si appoggia ad una sedia e con uno scatto, prende una ciabatta che aveva ai piedi e alza il braccio come pronta per il lancio, e lì Stefano inizia il suo zig zag.


A San Michele, frazione di Alife (CE), c’è l’usanza di far mangiare un cuore di rondine pulsante per porta fortuna ai bambini piccoli. La rondine veniva considerato un animale sacro, infatti i nidi di rondine erano intoccabili.


n uomo sui quaranta tornava a casa sotto una pioggia scrosciante, riparato da un ombrello quel poco che bastava per coprire il pacchetto che proteggeva sotto il lungo cappotto ormai zuppo. Poggiato l’ombrello vicino la porta e liberatosi degli abiti fradici, come ipnotizzato si diresse verso lo studio. Poche ore fa stava lavorando a degli scavi nell’ Alto Casertano e la scoperta che aveva fatto lo incuriosiva tremendamente, tanto da nascondere l’oggetto volendogli dedicare almeno una giornata per studiarlo da solo. Sapeva che la scoperta era importante ma in fondo pensava solo di accarezzare la possibilità di poterlo tenere per sé. Quindi aprì il pacchetto sigillato con accuratezza e ne estrasse un libro. Nello stesso momento una voce di una bambina lo scosse: “Papà! È pronto a tavola!” disse. Diede quindi un ultimo sguardo veloce, e capì trattarsi di una leggenda del posto, o di una favola per bambini. Sarebbe sicuramente stato un regalo apprezzato da sua figlia. Quella notte, alla luce di una piccola lampadina, iniziarono a leggere per la prima volta dopo tanto tempo una favola della buonanotte. Il padre seduto sul letto affianco alla figlia, prese un lungo respiro e si schiarì la gola: <<Molto, molto tempo fa, sotto cinque montagne e un cielo stellato, una giovane donna e i suoi tre fratelli si attardavano nella notte. Con poche monete ma insieme al loro magnifico cavallo, unica eredità della nobile famiglia a cui un tempo appartenevano, varcarono la soglia di una grande vallata. Ma la nebbia giunse all’improvviso, e con essa anche la paura. “Emesta, ci siamo persi?” – Chiese Pansito, il più piccolo dei fratelli, con fare accusatorio.

U

“Con questa nebbia non vedo nulla. So leggere le stelle vero, ma la nobile arte di discernere stupidi e stolti attorno a me, mi è ancora estranea” disse con fare altezzoso e sfiorando con lo sguardo il fratello maggiore, fulminandolo con la sua accusa, perchè la stessa mattina suggerì di viaggiare durante la notte per arrivare in orario al torneo. “Se solo il tuo fratellino avesse più giudizio sulla quantità di birra che ingurgita, questa mattina non saremmo partiti a mezzogiorno” rispose Al, il fratello maggiore. “Litigare non ci farà arrivare prima alla Città sul Lago – aggiunse Greg, che era il fratello di mezzo – e se il destino ha deciso che non potrai partecipare alla giostra, la tua bravura con la lancia non ci sarà d’aiuto e dovremo fare fortuna in qualche altro modo, sicuramente non facendoci notare come forestieri cerca guai.” Ma lo scaricabarile continuava e non sembrava avere fine. D’un tratto, un’ombra dalla nebbia si avvicinò al piccolo fuoco, mostrando la sua strana forma: “Buonasera amici! Quale fortuna incontrarvi in questa fredda notte!” disse il folletto dalla testa appuntita e ritorta, coperta da un grosso cappuccio rosso che scendeva sulle spalle diventando un mantello “Vi ho sentito litigare e, se posso permettermi, la colpa non appartiene ad alcuno di voi, ma al Demone dell’Alta Pressione, tiranno di questa terre!”. Tutti rimasero senza parole, tranne Greg, che lasciando per un momento i preparativi per il fuoco che li avrebbe accompagnati durante la notte, improvvisamente disse: “Buonasera anche a te creatura della valle, perché non ti presenti e ti ristori con noi?” Quindi il folletto, sedendosi tra loro, rispose: “Grazie per l’ospitalità, umani! In questa terra mi conoscono come La Ciorta, e stasera farò la vostra fortuna! Ho qui per voi dei doni che vi mostreranno la strada e, se li userete nel modo corretto, vi renderanno i nuovi

I Doni della Ciorta



signori della valle, cacciando per sempre il Demone da questa terra!” e raggiungendo la sua borsa colorata e senza fondo, continuò “Per te che hai la passione per le feste, prendi questo sacchetto – rivolgendosi a Pansito – dentro ci sono semi magici, di tutte le piante che riuscirai ad immaginare, usali per banchettare con la tua gente!”. Poi estrasse un libro e lo porse alla donna: “Niente vale di più della conoscenza, e questo tu lo sai bene. Con questo nulla ti sarà oscuro, anche la magia sarà nelle tue mani!”. Il fratello maggiore allora chiese alla creatura: “Hai qualcosa anche per me?” mentre l’invidia montava dentro di lui a vedere gli altri doni. Il folletto estrasse quindi una sottile catena alla cui estremità pendeva un fischietto d’argento: “Con questo non sarai più in ritardo e sarai il fantino dalle cavalcature più veloci ed esotiche! E infine” – disse La Ciorta guardando il fratello più saggio – “A te con più giudizio…” e gli porse un sottile rametto. “E cosa dovrei farci con questo?” - gli chiese il ragazzo – “a loro dei doni così belli e fantastici, e a me un ramoscello?”. Il folletto allora sorrise: “Un ramo di betulla – gli disse – perché senza il legno che hai raccolto questa mattina, avreste passato la notte al freddo e al buio e soprattutto non avreste fatto la mia conoscenza! Gli utilizzi di questo rametto sono infiniti e disparati, ma ricorda, così come gli altri doni, può fare del bene e può fare del male!”. Tr scorsero quindi una magnifica serata, mangiando insieme, raccontando storie, e quando la stanchezza iniziò a farsi sentire, La Ciortà esordì: “Amici! Potete ognuno beneficiare della vostra fortuna questa sera e tutte le sere che il destino porrà sul vostro cammino, andare per le vostre strade e vivere il resto della vita con il dono che vi ho fatto. Oppure potreste condividere quello che avete, lasciare che uno di voi faccia la fortuna di molti in questa valle, e soprattutto anche la vostra!” Allora il folletto, mettendo insieme le sue cose e allontanandosi dal fuoco ormai quasi spento – “vi lascio con un ultimo regalo, un consiglio: decidete chi avrà l’onore di regnare questa terra, perché questi doni hanno il potere di allontanare gli spiriti malvagi come il Demone dell’Alta Pressione, ma solo se tenuti insieme. Se farete altrimenti, ognuno di voi prenderà la sua strada, il suo dono e con esso ogni suo potere. Il mio consiglio è di scegliere tra voi il più adatto a questo compito e cedere ad egli i vostri doni” – e lanciando al più piccolo dei fratelli un oggetto dalla forma piramidale, continuò – “è un dado speciale, vi

aiuterà nel caso non raggiungiate un accordo” – quindi allontanandosi infine disse – “Il giorno è finito ma la mia strada è ancora lunga… Vi auguro buona fortuna!” e salutando i fratelli scomparve nella nebbia. I fratelli, ancora stupiti dall’incontro, iniziarono a discutere e poi a litigare su chi dovesse avere l’onore di portare tutti i doni de La Ciorta: “Io sono la più intelligente, e con questo libro il nostro regno sarà all’avanguardia – disse Emesta – affidateli a me e con torri e fabbriche vivrete una vita tranquilla sollevati dal lavoro.” Ma il fratello minore intervenne: “La grandezza di un regnante si misura sulla felicità dei suoi sudditi, non sull’altezza dei palazzi! E a sentirlo il tuo sembra un triste progetto! Sono io il Re che fa per voi.” Ma Al, il fratello maggiore si alzò in piedi e urlò: “Giammai vedrò mio fratello minore passarmi davanti! Io sono il più grande e dovreste accettare la mia superiorità!”. Il battibecco andò avanti tutta la notte, stremati quindi Greg disse: “Non arriveremo a nessuna soluzione, lasciamo che sia il caso a scegliere…” quindi, il fratello minore, volgendo lo sguardo verso il dado regalatogli dal folletto aggiunse: “Utilizziamo questo, ha giusto quattro facce di diversi colori. Io scelgo il giallo!” – “Il colore della birra... io scelgo il viola allora – Disse Emesta – Il colore della magia” Così ognuno scelse un colore, e infine lanciarono il dado in aria. Ruzzolando sul terreno infine si appoggiò su una faccia, puntando uno spigolo verso il cielo. “Allora qual è il verdetto?” disse Al rivolgendosi a Greg “Non saprei a dire il vero” rispose il fratello “Sembra quasi che il folletto si sia preso gioco di noi” disse sospirando. A causa della forma del dado quindi, i fratelli continuarono a litigare sull’effettivo risultato. Il mattino ormai era giunto e aveva portato via la nebbia, ma il giorno del torneo era arrivato e le menti dei fratelli erano ormai offuscate dalla rabbia e decisero di separarsi giurando di trovare la loro fortuna da soli, fondando il loro regno in quella terra, sicuri del fatto di potersela cavare benissimo ognuno per conto proprio. Quindi quattro città vennero fondate in quella valle, e i nomi presero origine dai capostipiti, dai quattro fratelli. Così i doni si rivelarono per quello che erano: degli oggetti dai grandi poteri, ma portatori di discordia.>> E fantasticando ad occhi aperti attraverso la notte, prima di poter giungere alla fine della storia, il padre e la sua bambina entrarono insieme nel mondo dei sogni.


U VATTU nor il sig a e h trad no c gior ò per s do n u e an io ntr g inco cess iudic Suc inando no e, g ile, ada sa t li e d n t e r f e o e g F pr ro ene ere atto mano sa. Il t n u a mpi e pelo on l di co vicinò c a testa on pers di l n e v si a ezzare tempo casion lla r c e o a o ’ b ll in ac gatt tare de sa ciam o, o b t t r to fi fu ret gus ppro al ove ad a rre una o del p te fino a n n a r sott ltra ma agilme rtì allor to i a a a ’ dall ndo po ese. P a arriv del e a m g i p , ca fug nante mento trac gli ù i i fi u p e ia con l’inseg re in l n vid si po lui a ogo no lgendo ad urla la! l o u sul l te. Riv ti, iniziò ciambe n n furfa i passa to: - La r iu so igna sta d’a tto! stes nte, si a e i v o l h l ’ c e i U a r n ! ificio o ist he, atto U’ v volle c edesim un pan ano a m Cas e nel scire d fferrato ella o u g r d o e a a amb lu sse opo av una ci a v o d to tr omo scos un u li di na . g li ch’e i scaffa l g tra

Non conoscen do bene il dial etto vicino, credet te che, a caus a del suo misfatto, Ferdinando vo lesse picchiarlo al grido “U’ va tto”. Intimorito da ciò, volle inizia re la sua difesa e si incamminò ve rso l’ignaro signor e col pugno le vato. Accortosi l’altr o di quella min accia, già stizzito per il torto su bito, a passo svelto gli andò incont ro per difendersi da quell’attacc o insensato. For tuna sancì ch e lì fosse presen te anche una giovane che, nativa del paes e del signor Fer dinando, si er a da poco trasferit a in quello vici no. Essendo a co noscenza del duplice significa to di ‘’il gatto’’ e ‘’lo picchio’’ dell’es pressione colp evole, riuscì ad evitare una in utile rissa e i due se andarono sotto gli occhi attent i del gatto orm ai sazio, l’uno a mani vuote, l’a ltro con un delizio so bottino.


Il Matese può vantare una delle reti di trasporto pubblico tra le più peculiari: un sofisticato sistema mini-metro/funivia progettato su misura per intrecciare i sinl’una, effettuano collegamenti continui tra tutti i centri abitati, raggiungendo anche le località montane di principale attrazione turistica del versante Campano del Matese: Miralago, Lago Matese e Bocca della Selva. Sfruttando la tecnologia dell’ammorsamento automatico è stato possibile sviluppare un impianto ibrido che alterni opportunamente una modalità di trasporto a cabine sospese con una modalità su ferro, in ragione del dislivello e della distanza tra due stazioni successive; il tutto senza interrompere la continuità della corsa e nel totale comfort per i passeggeri. In entrambe le tipologie di collegamento i vagoni sono movimentati da un meccanismo di funi traenti; quest’ultimo è interamente alimentato dalla centrale idroelettrica di Piedimonte Matese, inoltre ogni vettura è costituita da un impianto fotovoltaico autonomo che ne garantisce l’intero fabbisogno energetico e che funge altresì da involucro esterno. Il controllo automatico delle stazioni e delle cabine consente di monitorarne costantemente il grado di affollamento, e di adattare a questo la rete di trasporto, aumentando il numero di corse, o diminuendolo in un’ottica di risparmio energetico, o ancora convogliando più vagoni nelle zone caratterizzate da maggiore richiesta. Questo efficiente servizio consente oggi ai circa 51.000 abitanti dell’area Matesina di limitare al minimo l’utilizzo di mezzi di trasporto privati per raggiungere centri, uffici, posti di lavoro, scuole, eliminando così del tutto traffico veicolare e inquinamento atmosferico. Forte risorsa anche dal punto di vista turistico: i visitatori del Matese possono infatti ammirarne le bellezze godendo liberamente della funivia ibrida, una volta raggiunte le città di Alife e di Piedimonte Matese attraverso l’efficiente rete su ferro che collega il Parco a stazioni principali come Napoli Centrale, Napoli Afragola e Caserta in tempi brevi. A loro volta i turisti provenienti dal Matese, grazie all’ultimo collegamento effettuato nell’ammodernata rete ferroviaria, riescono a raggiungere direttamente con la ferrovia “ex-Alifana” anche l’aeroporto internazionale di Napoli Capodichino.

NZERTA CITY

goli comuni del Parco. Venti cabine di design biofilico, con capienza di 50 persone



“C’era nastro adesivo dappertutto, ma poi è andato tutto bene e la NASA è rimasta entusiasta”. Grandi nomi a parte, sentiamo appartenerci le parole con cui Paolo Nespoli, astronauta e ingegnere italiano, commentò la missione Esperia e qualche piccolo problema con i pannelli solari. Il 29 - 12 - 2019, infatti, ci siamo sentiti in missione anche noi, un po’ astronauti intesi come esseri umani che si lanciano in nuove dimensioni, saggiano sconosciute terre, esplorano e viaggiano. COSMODOME è stato il nostro primo grande evento, in cui abbiamo voluto condensare lo spirito dell’A’nzerta. Con molto lavoro - e tanto divertimento - ci siamo lanciati nel

VUOTO Ed il lancio ha retto veramente bene, oltre ogni più fulgida aspettativa. Lo spazio e le sue infinite possibilità, la vicinanza e gli anni luce, l’ignoto, la comunità ed il senso di appartenenza sono temi che ci hanno affascinato da sempre. Abbiamo scelto così di parlarne in COSMODOME. Ci sono molteplici letture possibili sul tema, quella che più ci piace fa diventare il luogo una stazione nel bel mezzo dello spazio, un porto franco in cui tutti sono i benvenuti ed in cui lo scambio è l’elemento fondamentale. Quale luogo migliore se non proprio quello delle Cupole, costruzioni sui generis realizzate dall’architetto Fabrizio Carola. A metà tra il mito ed il metafisico, sono costruzioni in cui l’elemento primordiale terra è protagonista, realizzate con la forma curva proprio perchè meglio racchiude la vita dell’uomo. E hanno racchiuso una infinità di cose, in quel dicembre. Il lavoro di tante persone, la rete di relazioni che si è formata. Il 29 dicembre si sono riempite di musica dal vivo del dj Pierpaolo Sansone, di mercatini di seconda mano, si sono illuminate con la mostra d’arte di Antonio Cioppa, Carlo Latino, Francesco Santagata, Lina Iannitti, Marino De Nisio e Alfonsina Conte; si sono mosse nella pittura dal vivo di Carlo Latino; hanno risuonato nelle letture dei libri dello stand della Mondadori; si sono specchiate nei cocktail dei ragazzi del Baretto. Grazie a tutti quelli che sono venuti, grazie a chi ha scelto anche di sostenerci tesserandosi, grazie a chi è rimasto proprio fino alla fine e grazie a tutti i ragazzi dell’A’Nzerta. Tenetevi pronti per il prossimo anno, stiamo lavorando ad un sacco di cose interessanti.

Come direbbe l’architetto Carola, “io parto dalle tradizioni non per restarvi legato, ma per andare avanti”. E noi siamo appena partiti nello spazio.


Il paradosso del sorite e la prospettiva accidentale, a cura di Lina Iannitti. I doni della Ciorta, a cura di Piergiuseppe Starita, Federico Di Costanzo illustrazione di Marino De Nisio Le magiche avventure bucoliche di Stefanu Sistu, a cura di Federica De felice, Federica Sasso; illustrazione di Carlo Latino Nzerta City, a cura di Amalia Zoccolillo; illustrazione di Francesco Santagata “U vattu”, a cura di Vittoria Martinelli; illustrazione di Lina Iannitti Cosmodome, a cura di Lina Iannitti.

Copertina di Francesco Santagata Quarta di copertina di Lina Iannitti Editorial Design di Irma Zappoli Coordinamento a cura di Federica De Felice



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