Vino e dintorni n° 5

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douja d’or

sicilia

dieci giorni con i migliori vini italiani

tra approdo e integrazione

degustazione 42 vini siciliani assaggiati per voi

top ten ristoranti e alberghi

772240 458002 9

ISSN 2240-4589

10005

Anno II numero 5 – ₏ 4,90

planeta

Sei aziende per raccontare il territorio 101


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Una filiera corta e virtuale

David Taddei

Per le nostre aziende, la gran parte piccole o piccolissime, c’è sempre l’incognita di come arrivare al consumatore finale, a colui che stapperà la bottiglia soddisfatto di aver scelto un vino particolare, diverso, poco conosciuto, da intenditori (anche se magari si è soltanto semplici appassionati). Un problema serio per tutti coloro che non hanno, per numeri di produzione anche, la possibilità di accedere in modo sistematico alla Gdo (anche perché i margini di guadagno si riducono di molto) e cercano di raggiungere ristoranti ed enoteche affidandosi a commercianti fidati. Recenti analisi hanno mostrato come ci sia uno spartiacque fra le aziende vinicole: quelle che possono accedere ad un mercato globalizzato, quelle che invece possono puntare soprattutto ad un consumo locale con qualche punta di eccellenza su alcuni mercati esteri o prestigiosi locali italiani. Per questa seconda tipologia di aziende si sta aprendo però una nuova via. Ci sono studi che dimostrano come siamo vicino al giorno in cui l’e-commerce diventerà davvero una risorsa importante per i produttori di vino. Da quando è nata la vendita on line, il vino è sempre stato un prodotto

difficile: complicato spedirlo, complicato assicurare che arrivi integro, complicato convincere il consumatore a sceglierlo sulla base di una piccola foto della bottiglia che arriverà solo dopo qualche giorno. Ma i tempi stanno cambiando. Oggi le spedizioni sono assai più standardizzate, costano meno, è molto più facile ed economico realizzare il proprio negozio virtuale e la familiarità con l’e-commerce degli italiani è considerevolmente salita. Ecco allora che, per chi ha difficoltà di raggiungere il consumatore finale, la via virtuale diventa incredibilmente corta ed appetibile. Un tour virtuale nella cantina, dove alla fine si acquistano i vini che ci hanno incuriosito, magari ad un prezzo da Gdo, leggermente più basso di quanto costa in enoteca, e magari con qualche omaggio in più. In una recente indagine di mercato realizzata dal professor Gabriele Micozzi dell’Università Politecnica delle Marche, sono stati intervistati 1.446 soggetti rappresentativi della popolazione italiana. Quasi il 40% del campione si dice disposto ad un acquisto di vini online per un prezzo non superirore a 10 euro a bottiglia. Un altro 30% è disposto a spendere fino a 20 euro e un altro 18% fra 21 e 35 euro. Significa che l’88% del campione è comunque incuriosito da questa nuova opportunità e pronto a provare.

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Con un po’ di abilità nel web marketing, ogni produttore potrebbe costruirsi la propria grande distribuzione in casa e raggiungere una quantità incredibilmente grande di potenziali consumatori. Ma il virtuale non dovrà privarci del piacere di “toccare con mano” e conoscere vini e territori. Questo è quello che abbiamo fatto con questo numero di Vino e dintorni, dedicato ad una terra meravigliosa: la Sicilia. E io penso proprio che mi regalerò il piacere di conoscere da vicino il “Menfishire”. Dal primo fino a metà settembre si può partecipare alla vendemmia di Mandrarossa (Cantine Settesoli), nel territorio di Menfi, immerso nel “triangolo d’oro” della viticoltura della Sicilia. Un’esperienza da vivere a tutto tondo con il progetto “Vineyard Tour 2012”, dedicato a quanti intendono scoprire il mondo dei vini Mandrarossa. Si potrà assistere al taglio dei grappoli, vivere lo spirito autentico di un evento che coinvolge oltre 1.600 vignaioli, il 70% della popolazione del centro dell’agrigentino. Il “Vineyard Tour” è anche l’occasione per riempire gli occhi e l’anima dei mille scorci di un paesaggio meraviglioso. Sono gli “Eco Tour”, dedicati a quanti apprezzano la natura e vogliono viverla appieno in una full immersion che prevede l’utilizzo del cavallo, della canoa, della bici, ma anche il deltaplano e l’ultraleggero. Anche un antico veliero salperà da Porto Palo. Ad ogni vino in degustazione saranno abbinati specifici cibi e piatti del territorio preparati dalla “Brigata di Cucina Mandrarossa” che vede coinvolte le “Signore di Menfi”, 25 donne che hanno dato vita ad un’esperienza unica nel suo genere: condividere le ricette che si tramandano in famiglia, sperimentarle in un vero corso di alta cucina, guidato e coordinato dallo chef Bonetta Dell’Oglio. Insomma, vino virtuale sì, ma a sole, mare, relax e buon cibo non si può rinunciare!



Sommario

7-16 settembre

Douja d’Or

vetrina per i vini piemontesi

e il sogno di

Rocca d’Orcia Pasquale Forte

Fascino

di un luogo unico

La passione di Valeria Zavadnikova per il vino

Dalla Russia

con amore

15 20

Il territorio

Calici di stelle

Laura Bianchi racconta

24 26

Territori d’alta qualità

La nostra Ora d’Aria Stabile

31 32

la sua azienda

«Il futuro non mi spaventa» di vini piemontesi

Langa e Roero

Il ristorante di Filippo Saporito

La Leggenda continua a Castellina Resort da sogno

A casa del Principe Forte dei Marmi

Bedda Sicilia

misteriosa e affascinante

Il territorio

La Sicilia del vino en Primeur

46 52

55 56

assaggiato

75

Il territorio

Da Verbumcando a Centopassi

Ballarò 76

78

Il territorio

«Quelli che

mangiano il pane»

Dai Fenici 79

l’oro liquido

80

Il territorio

Pantelleria

Ajamola 82

e iemuninni

84

Il territorio

Quando il golf

si unisce al relax Il territorio

Il territorio

Il territorio

Abbiamo 69

Il territorio

e terme

e d’integrazione

e ristoranti

Il territorio

ontepulciano 38 M tra cibo, vino

Sicilia, 40 terra di approdo 44

Tra alberghi

Il territorio

Il vino e le 36

sue tradizioni raccontate nei musei d’Italia

63

Il territorio

Il territorio

L’Imbuto di Tomei a Lucca

Cucina d’autore nel cuore di Firenze

Cartabellotta

e il nuovo corso

22 23

Ma che 29 Cristiano! 30

Dario 60

Brand 86

mediterraneo per i vini Calatrasi

89

Arte di...vino

L’arte veste la bottiglia

Oltre confine

Il territorio

Sotto il Vulcano

LA MERICA 90

91

Viaggi

Tra sapori

sconosciuti

Innovazione

Il territorio

Il Parco dell’Etna

Nebulizzatore 92 E Multiflow 93 Due milioni conomia

per la vigna e il frutteto Macch[in]azione

Il territorio

La Sicilia vista da Planeta

Quando per 95 Bambi le uve

toscane sono “da tavola”

fanno la spesa in campagna


Agenda

Tutti i colori del bianco Tesco Wine Club Fair 8 –9 settembre

La fiera inglese, che si tiene a Manchester, offre un panorama completo su tantissimi vini provenienti da più di 14 paesi, attraendo molti esperti ed appassionati da tutto il paese. Alla fiera è possibile anche acquistare il vino, scegliendo tra un’ampia gamma di prodotti. www.tescowinefair.com

20 settembre

A Genova il secondo appuntamento del forum nazionale sul vino bianco italiano quest’anno alla quinta edizione. Durante l’evento verrà promossa un’enoteca di 100 vini bianchi, con ogni cantina presente che metterà in assaggio lo stesso vino prodotto in due annate differenti.

Expo Rurale 2012 20 –23 settembre

Miami International Wine Fair

Sei ettari tra prati e “campi coltivati”, animali e frutti della terra. A Firenze c’è la kermesse rurale dedicata sia a curiosi che vogliono vivere una giornata da contadini ma anche agli esperti del settore con incontri, dibattiti e seminari sul tema della ruralità. www.exporurale.it

Festival Franciacorta 29 –30 settembre

Come ogni anno il Consorzio Franciacorta organizza un intero weekend di eventi e attività alla scoperta del Franciacorta e della Franciacorta. Nel cuore della Lombardia, ai piedi del Lago d’Iseo, in un territorio vocato alla viticoltura per eccellenza, si potranno percorrere itinerari di trekking, in bicicletta oppure tour in bus per visitare abbazie, borghi, palazzi, ville, giardini, riserve naturali e ovviamente soste nelle cantine per conoscere il metodo di produzione Franciacorta e le sue tipologie di vino. www.franciacorta.net

14 –16 settembre

Più di 5.000 operatori del settore del vino, 300 aziende e 1.200 vini provenienti da 16 paesi: questo è il Miami International Wine Fair. Un evento dedicato ai professionisti del settore, che ha come obiettivo quello di creare una piattaforma per espositori e compratori per condurre affari nel mondo del vino. Nata nel 2001, la fiera nel corso degli anni è diventata il principale evento legato al vino degli Usa e uno dei raduni più importanti per i professionisti dell’industria del vino di tutto il mondo. www.miamiwinefair.com

Festa delVino 30 settembre

XIV edizione per la manifestazione che porta in scena le espressioni vinicole più rappresentative del territorio di Langa e Roero. L’iniziativa, promossa da Go Wine è divenuta un appuntamento fisso e trasformerà la “Via Maestra” di Alba in un’ideale “via del vino”.

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ChÂteau Gourmand 12 –14 ottobre

Il salone del vino francese si tiene a Limoges e al suo interno si possono scoprire i prodotti dei vigneti di tutte le regioni di Francia. Nato nel 2000, Château Gourmand vedrà presenti circa 110 coltivatori e produttori che presenteranno ai visitatori la loro produzione. www.salon-vindefrance.com



News A cura di Luca Casamonti

In un percorso suggestivo disegnato tra le colline del Chianti si è disputata la seconda edizione de “La Corsa di Alcide” Il vino e l’acqua del mare: un connubio che ha stuzzicato una delle griffe più importanti di Bordeaux, Chateau Larrivet Haut-Brion. Il direttore dell’azienda francese Bruno Lemoine, l’allevatore di ostriche Joel Dupuch ed il bottaio Pierre-Guillaume Chiberry, hanno cercato di scoprire dove il vino invecchiasse meglio. Una botte, custodita in un cubo di cemento, è stata fatta invecchiare sul fondale marino, e un’altra è stata lasciata al Castello. Dopo sei mesi, è arrivato il verdetto. Da crederci o no è risultato migliore il vino invecchiato sul fondo del mare, caratterizzato da tannini lievi e grande complessità aromatica.

Ispirato dal territorio e dal paesaggio toscano, lo chef Herick De Vita ha ideato il dessert “La perla del Chianti”

Si è svolta da venerdì 8 a domenica 10 giugno la seconda edizione de “La Corsa di Alcide”, evento di regolarità classica per auto storiche. La corsa, che da quest’anno fa parte del calendario Internazionale FIVA, ha visto al via 60 iscritti ed è stata vinta dall’equipaggio Rampello e Migliorati con una Triumph TR3 del 1956. L’unicità della corsa è data dal suo percorso, che si snoda fra Siena e Firenze, passando dalle Strade del vino Vernaccia di San Gimignano, del vino Chianti Colli Fiorentini e del vino Chianti Classico. Fulcro della manifestazione è stata, come sempre, la cittadina di Poggibonsi, che rappresenta il baricentro delle due zone chiantigiane.

Invecchiare il vino sott’acqua: dopo la prova di una griffe francese sta spopolando questa moda con risultati sorprendenti

Herick De Vita, poco più che trentenne e da vent’anni con le mani in pasta, da aprile 2012 è lo Chef de Patisserie dell’hotel Le Fontanelle, cinque stelle immerso nel verde del Chianti. Piemontese di origine, ha portato tra le colline senesi la sua passione smodata per la pasticceria e la sperimentazione. Ispirato dal paesaggio toscano ha creato un dessert esclusivo, “La perla del Chianti”: un condensato di tutti gli aromi ed i sapori che quella terra unica regala. Cantucci, vino Chianti Doc,

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pan speziato, timo, rosmarino, olio extra vergine di oliva prodotto nella tenuta de Le Fontanelle sono gli ingredienti utilizzati in questo dessert. La Perla è un semifreddo ai cantucci pralinato al polline con un cuore liquido al Chianti Classico. La conchiglia che la contiene è realizzata in cioccolato bianco, ed è adagiata su un letto di sabbia ottenuta con pan speziato e timo. Cristalli di zucchero al rosmarino e schiuma all’olio extra vergine d’oliva completano la particolarità di questo dessert.


I ricercatori della Western Australia University hanno trovato un nuova funzione per il vino. Gli studiosi hanno progettato il primo abito con un tessuto prodotto con un processo di fermentazione simile a quello usato per produrre bevande alcoliche. Il vestito fermentato è stato chiamato “Micro’be’” ed è stato realizzato con tessuto organico ottenuto grazie agli acetobatteri, gli stessi che trasformano il vino in aceto, che possono creare piccole fibre di cellulosa simile al cotone usate per questo vestito. I colori? Visto il ridotto spettro cromatico enoico, sono, per forza di cose, limitati.

Dallo sport al cinema ai grandi e più prestigiosi eventi internazionali, non manca mai una bottiglia di un vino d’eccezione

Vino da bere e non solo: in Australia alcuni studiosi hanno progettato il primo abito fatto con il vino. I colori? Limitati…

Negli ultimi periodi si è capito che gli eventi più prestigiosi a livello internazionale sono costantemente accompagnati da grandi vini. Lo Champagne Moët & Chandon era presente al Roland Garros e con le sue bollicine ha brindato il vincitore Rafa Nadal. In campo femminile è toccato invece alla regina francese delle acque minerali, la Perrier. Ma non solo tennis: la casa francese è presente anche all’America’s Cup e alla Louis Vuitton Cup, così come agli Oscar e alla Mostra del Cinema di Venezia. E l’Italia? Anche i nostri produttori hanno compreso l’importanza di

accompagnare questi momenti che permettono di raggiungere una grande fetta di pubblico e mostrarsi in conmpagnia di personaggi famosi e in location d’eccezione. Enoteca Italiana porta nel mondo il suo marchio, dalle Olimpiadi Invernali di Vancouver ai Mondiali di Calcio in Sudafrica, dai Mondiali di Scherma all’Expo di Shanghai alla Maratona di New York e anche al Moto Gp. Il brindisi con le bollicine Ferrari arriva invece ad uno degli eventi più fashion della Grande Mela, la mostra-evento al Metropolitan Museum dedicata a Prada e Schiaparelli.

“Sant’Appiano d’Autore 2012” Nella quarta edizione del progetto d’arte della Fattoria, Marco Lodola espone le sue opere

Marco Lodola è la firma della IV edizione di Sant’Appiano d’autore, il progetto nato alla Fattoria Sant’Appiano di Barberino Val d’Elsa. L’artista ha infatti firmato l’etichetta dell’IGT Monteloro 2007, vestendola con l’immagine dell’opera Venus. Inoltre, nell’antica cantina della Fattoria recentemente restaurata, è stata allestita, dal 9 giugno, una mostra dove saranno esposte alcune opere dell’artista e che resterà aperta fino al 9 settembre. Marco Lodola, artista pavese, è ad oggi uno dei pittori italiani contemporanei più apprezzati e interessanti, fondatore nei primi anni Ottanta del movimento artistico “nuovo futurismo”.

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News

Pilsner Urquell e Jeunes Restaurateurs d’Europe: quando la birra si abbina all’enogastronomia nelle scelte di famosi chef La birra abbinata ai migliori piatti preparati dagli chef. È questa la nuova frontiera prospettata da i Jeunes Restaurateurs d’Europe, che hanno siglato un accordo con la birra Pilsner Urquell, notoriamente interessata all’enogastronomia di qualità ed alla cucina d’autore. Giovedì 12 luglio ha preso il via il Giro d’Italia con Pilsner Urquell, dove più di 20 chef proporrano, per un’intera settimana, Pilsner Urquell in abbinamento ad un loro piatto, studiato apposta per l’occasione. Il progetto sarà poi ripetuto in autunno, con piatti e idee nuove da presentare al pubblico, anche durante i festeggiamenti per il 170° anniversario di Pilsner Urquell, sempre nell’ottica di una collaborazione solida e duratura. Molto soddisfatto di questo accordo con Jeunes Restaurateurs d’Europe è stato Luca Beretta, Business Unit Director Pilsner Urquell Italia: «Negli ultimi anni sono stati conseguiti buoni risultati e i consumatori italiani stanno iniziando a riconoscere in questa birra ceca uno status superiore, con una grande storia alle spalle fatta di dedizione, cura, successi e prestigio. La distribuzione da noi è ancora molto selettiva e gli operatori che trattano Pilsner Urquell, innamorati del marchio, sono i più forti supporter ed i più autentici ambasciatori del brand. I JRE in Italia incarnano perfettamente la figura dell’Ambassador e rappresentano al meglio quello che è per noi il concetto di qualità, di eleganza e modernità, pur mantenendo un solido legame con la tradizione». La Pilsner Urquell è conosciuta dagli intenditori come la birra che ha cambiato il modo in cui il mondo vede la birra. L’inventore della Pilsner Urquell è Josef Groll, un giovane mastro birraio bavarese, che fu il primo a servire la birra in bicchieri di vetro così da esaltarne la purezza. Originaria della città di Pilsen in Boemia, unico luogo dove viene prodotta, la Pilsner è diventata col tempo un modello da imitare, tanto che oggi con i termini “pilsner” o “pils” si indica l’intera categoria di birra chiara a bassa fermentazione.

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Nuove prospettive in Sicilia per l’enologia, Nasce il “Consorzio Vini Doc Sicilia”, che coinvolgerà tutta l’isola Il Consiglio di Amministrazione del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino ha nominato all’unanimità Fabrizio Bindocci nuovo presidente. Nel discorso di presentazione Bindocci ha sottolineato come ad oggi il Brunello ed il Rosso di Montalcino stiano andando molto bene sul mercato, in particolare quello internazionale e che adesso si dovrà cercare di consolidare questo trend positivo, agendo in modo integrato su tutti i versanti: produzione, promozione, distribuzione e commercializzazione. Il Presidente ha ricordato che ciò si ottiene solo facendo sistema e unendo tutte le forze del territorio.

“A Tavola con il Nobile” festeggia il decennale. A Montepulciano le contrade si sfidano preparando ricette della tradizione

Dopo anni di confronto e battaglie è nato il Consorzio Vini DOC Sicilia. Il neo presidente Antonio Rallo (Donnafugata) ha spiegato come il Consorzio vuole diventare uno strumento per mettere insieme le energie del vino di qualità siciliano e affrontare con più determinazione i mercati internazionali. Inoltre il Consorzio avrà il compito di tutelare e garantire la qualità dei prodotti che portano il nome della Sicilia in ogni parte del mondo. A partire dalla vendemmia 2012, la Doc Sicilia interesserà tutti i territori viticoli dell’isola e cercherà di incorporare anche le ventidue Doc già esistenti.

Dopo le dimissioni di Ezio Rivella, Bindocci è stato eletto nuovo presidente del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino “Pici al sugo finto di nana (anatra)” e “Pici ai sapori di una volta” sono le due ricette proposte, rispettivamente, dalle Contrade di Coste e Collazzi che hanno vinto a pari merito (prima volta nella storia del concorso) l’edizione numero dieci di “A Tavola con il Nobile”. Ideato nel 2003 dall’inviato del Tg2 Bruno Gambacorta e patrocinato dal Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, il concorso punta a far conoscere il territorio ed esaltare la qualità dei prodotti tipici locali.

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L’evento, svoltosi il 18-19 agosto, ha avuto come protagonista il Vino Nobile di Montepulciano e ha visto le otto contrade della cittadina toscana, che solitamente si affrontano nel Bravio delle Botti, sfidarsi tra i fornelli e preparare i tradizionali pici. Madrina dell’evento, Anna Moroni, volto televisivo de “La Prova del Cuoco”, rimasta affascinata dalla manifestazione. A decidere il vincitore è stata una giuria composta da circa trenta giornalisti provenienti dall’Italia e anche dall’estero.


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Il vino per conoscere e scoprire i territori italiani

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Ad Asti dal 7 al 16 settembre

Douja d’Or vetrina per i vini piemontesi


Eventi

Oltre 700 vini italiani gemellati con la cucina, la letteratura e la musica; dieci giorni di festa, intrecciati a eventi gastronomici e culturali, per conoscere da vicino il mondo del vino ed i suoi protagonisti. Tutto questo è la Douja d’Or che si tiene dal 7 al 16 settembre ad Asti, culla del Monferrato sospesa tra romanico, gotico e barocco. Terra di vino, d’arte e di musica, Asti ha dato i natali a Vittorio Alfieri, Paolo Conte, Giorgio Faletti, ha legato il suo nome alle bollicine dolci e aromatiche più vendute al mondo (l’Asti Docg) e alla “rossa” Barbera. La 46esima edizione del Salone nazionale di vini Douja d’Or si terrà a Palazzo dell’Enofila. Sarà l’occasione per degustare e acquistare circa 500 Doc e Docg di tutta Italia, selezionati da assaggiatori esperti dell’Onav in occasione del 40esimo concorso nazionale promosso dall’Azienda speciale della Camera di Commercio di Asti. In testa, gli Oscar del vino Italiano premiati con la Douja d’Or, la brocca dorata simbolo della manifestazione, ispirata all’antico recipiente che veniva utilizzato per travasare il vino dalle botti e portarlo in tavola.

sarà l’occasione per degustare e acquistare circa 500 vini doc e docg di tutta italia, oltre ad assaggiare piatti piemontesi Coprotagonisti dell’evento, oltre 150 tipologie di Barbera, da degustare insieme a specialità locali, l’Asti e il Moscato d’Asti con un grande lounge bar dedicato agli aperitivi, l’Alta Langa Metodo Classico e una vasta selezione di grappe italiane. Ricchissima la sezione gastronomica con ricette della tradizione, piatti d’autore degli chef stellati e mercatino delle eccellenze piemontesi. Previsto un dopocena, dalle 21, con Cesare, la luna e la vigna - Omaggio a Pavese nel giorno del suo compleanno, drammaturgia e regia di Luciano Nattino, con intervento di Andrea Bosca (9 settembre); da lune16


dì 10 a domenica 16 la rassegna “Suonidivini” ideata dal giornalista Massino Cotto, ospiti Vittorio De Scalzi, Francesco Baccini, Mauro Ermanno Giovanardi, Danilo Sacco, Giulio Casale e altre guest star. Sabato 15 settembre, serata alfieriana. Domenica 9 settembre il Festival delle Sagre, evento unico nel panorama italia-

no. In mattinata la sfilata storica con oltre 3000 figuranti in abiti d’epoca che danno vita ad una rappresentazione corale della società contadina tra Otto e Novecento. A seguire, il più grande ristorante all’aperto d’Italia con il ricco menu allestito da 45 pro loco astigiane e due pro loco “fuori porta” (80 portate in menu su www.festivaldellesagre.it).

Orari del salone feriali dalle 17 alle 24 venerdì dalle 17 all’una sabato dalle 11 all’una domenica dalle 11 alle 24 l’entrata è libera www.doujador.it

Il premio Douja d’Or «Il Premio Douja d’Or va quest’anno a 450 vini Doc e Docg di tutta Italia. Tra questi spiccano i 38 Oscar assegnati dalla super commissione di esperti», ha annunciato Mario Sacco. Guardando alla presenza regionale, il Piemonte conferma la leadership con 110 aziende premiate per un totale di 211 vini tra i quali 20 Oscar. La seconda regione per numero di riconoscimenti è il Veneto: 44 premi tra cui 3 Oscar. Al terzo posto, la Lombardia che ottiene 39 premi (3 Oscar), seguita a ruota dal Trentino Alto Adige con 36 medaglie e 2 Oscar della Douja. Per l’elenco completo dei vincitori, www.doujador.it. 17


Fiere

Vermentino di confine tra Toscana e Liguria

Mantenere i legami con il territorio, preservare la tradizione vitivinicola locale, valorizzare la microeconomia senza dimenticare la qualità e la biodiversità. Sono queste le linee guida di Lvnae, l’azienda di Paolo Bosoni, 45 ettari di proprietà a Ortonovo in provincia di La Spezia e 150 piccoli vignaioli conferitori, per continuare la tradizione di una terra di confine tra la Toscana e la Liguria. I vigneti si trovano sulle colline di Luni, terra antica, carica di storia. Le terre coltivate sono caratterizzate da piccoli appezzamenti di terreno, suddivisi in zone collinari, pedecolllinari e pianeggianti, vicine ai reperti archeologici dell’antico porto

romano. Le alpi Apuane e le montagne proteggono dai venti freddi del nord, il mare regala una buona ventilazione e una notevole escursione termica, ottima per la qualità e i caratteri dei vini. L’attenzione è concentrata sulla sperimentazione e sul recupero di vigneti e la produzione è data in gran parte da vitigni autoctoni, quali Vermentino, Albarola, Malvasia Pollera Nera, e Massareta. Esperti vignaioli e giovani tecnici, con la supervisione del maestro di vigna Giancarlo Cucurnia e di Paolo Bosoni, lavorano quotidianamente nei filari con rispetto per la natura del luogo e per le linee di coltivazione tradizionali. La scelta è stata

I due viticoltori Paolo e Diego Bosoni

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quella infatti di eliminare l’uso di diserbanti e di utilizzare concimi naturali. I piccoli vignaioli locali sono affiancati quotidianamente dallo staff tecnico dell’azienda e le loro piccole produzioni conferite in azienda vanno a mantenere le tradizioni e le qualità uniche della viticoltura della zona. La collaborazione ha permesso a Lunae di rivalutare aree vitate particolarmente vocate, di riscoprire antichi vitigni autoctoni dalle grande potenzialità e di ridare vita e nuovi stimoli a queste piccole realtà contadine. Il nome Lvnae si ispira al nome della città di Luni, portvs lvnae, antico porto romano. Lvnae affonda le proprie radici nella storia millenaria di questa terra e dei suoi popoli, dai quali ha ereditato la grande tradizione vitivinicola. Lvnae nasce dalla sensibilità e dalla passione di Paolo Bosoni, che, nel 1966, raccoglie l’eredità della famiglia, da generazioni dedita all’agricoltura, concentrando la propria attenzione sulla viticoltura. LVNAE BOSONI Viticoltori nei colli di luni Via bozzi, 63 - 19034 Ortonovo (SP) Tel. 0187 660187 Fax: 0187 669223 www.cantinelunae.com info@cantinelunae.com


Martini&Sohn: dal nulla all’eccellenza grazie al lavoro L’azienda vinicola Martini & Sohn è nata nel 1979 da Gabriel Martini e da suo padre Karl, che già da alcuni anni lavoravano nel settore del vino. Situata nella provincia autonoma di Bolzano, l’azienda è a conduzione familiare e, come piace raccontare al titolare, tutto quello che si può vedere oggi è stata creato dal nulla. Si pensi infatti che le prime bottiglie venivano riempite, tappate ed etichettate a mano e all’inizio per ottenere successo l’azienda doveva obbligatoriamente puntare sulla qualità e su un servizio impeccabile. Gabriel Martin è il titolare dell’azienda e basta sentire le sue parole per capire come è fatto e quanto si dedichi alla sua azienda: «Mi alzo sempre molto presto al mattino, sono risoluto e tenace. E sono del parere che proprio queste caratteristiche mi abbiano aiutato a “farmi” dal nulla. Sin dalla fondazione della nostra cantina io mi occupo della produzione, cerco di seguire la clientela

La passione per il vino accomuna tutta la famiglia

l’AZIENDA doveva puntare sulla qualità e di avere una visione d’insieme sull’apparato amministrativo». Ma quando papà Gabriel è assente o troppo impegnato il comando dell’azienda va nelle mani dei due figli, Maren e Lukas, che cercano di sostituirlo completamente in tutto e per tutto. Negli ultimi anni sono stati molte le note di merito per l’azienda, che ha visto premiata la bontà dei suoi vini. Tra gli ultimi riconoscimenti in ordine di tempo, i vini della “Martini&Sohn” sono stati selezionati in importanti riviste del settore enologico oltre che nelle guide de “L’Espresso” e del “Gambero Rosso”. Un altro prezioso riconoscimento è poi arrivato dalla Douja d’Or 2012, che ha visto ben sette vini di Martini&Sohn 19

premiati. Tra questi troviamo 2 rossi: il “Maturum Alto Adige Lagerin Doc”, del 2010, il “Palladium Alto Adige Pinot nero Doc”, del 2010, che ben si abbinano a piatti robusti a base di cacciagione, carni rosse e formaggi stagionati. Ci sono poi cinque bianchi, tutti del 2011: per antipasti e piatti di pesce troviamo il “Maturum Alto Adige Chardonnay Doc” e il “Palladium Alto Adige Chardonnay Doc”. A seguire il “Palladium Alto Adige Gewurztraminer Doc” dal profumo leggero che ben si abbina con antipasti di pesce, paté, fegato d’oca oppure adatto anche come aperitivo; l’ “Alto Adige Sauvignon Doc”, dal sapore fresco che si sposa ottimamente con asparagi, zuppa di cipolle, lumache, crostini alle cervella e piatti a base di pesce ed infine il “Palladium Alto Adige Pinot Bianco Doc”, vino fresco e fruttato che è consigliato, oltre che come aperitivo, anche per antipasti leggeri e piatti a base di pesce.


Eventi

Calici di stelle Successo di pubblico per la manifestazione più popolare dell’estate italiana dedicata al vino Paolo Corbini Risparmio energetico, tutela dell’ambiente e sicurezza stradale sono stati i temi dell’ultima edizione di Calici di Stelle, l’evento più importante della stagione estiva dedicato al vino che la notte del 10 agosto “ha messo in rete” centinaia di piazze e borghi antichi sotto il segno delle stelle cadenti. Sono state circa 200 le Città del Vino italiane in cui si sono stati organizzati numerose iniziative, incontri e anche spettacoli sotto le stelle. Tra una degustazione e l’altra, si è avuto modo di parlare anche di argomenti che ispirano buone azioni e insegnamenti per la salvaguardia dei territori. Sono stati attrezzati punti informativi, i comuni hanno diminuito l’intensità delle illuminazioni pubbliche per favorire l’osservazione notturna del cielo, cittadini e visitatori sono stati sensibilizzati all’uso di buone pratiche, anche domestiche, che incentivino il risparmio d’energia. Per l’Associazione Città del Vino è stata l’occasione di promuovere “Un Mondo di Luce a costo zero”, il progetto intrapreso in collaborazione con il Gruppo Beghelli che consente ai comuni di rinnovare a costo zero gli impianti d’illuminazione degli edifici comunali e la pubblica illuminazione, con notevoli risparmi sui costi energetici e con forte riduzione dell’emissione di CO2. Inoltre, cadendo nel 2012 il 25esimo anniversario dalla nascita dell’Associazione Nazionale Città del Vino, molti comuni hanno ricordato questa ricorrenza nell’organizzazione delle iniziative legate all’evento. Calici di Stelle è una festa dedicata agli amanti del buon vino. Il successo della manifestazione è evidente: quasi 200 piazze coinvolte in tutta Italia, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, centinaia le cantine che promuovono i loro vini, circa ottocentomila partecipanti. Come si spiega tale popolarità? Prima di tutto va detto che la macchina organizzativa di Calici di Stelle è ogni anno messa in moto da Città del Vino e Movimento Turismo del Vino. La prima riunisce i più importanti Comuni vitivinicoli d’Italia, la seconda le migliori cantine che praticano l’accoglienza turistica; due organizzazioni che nel mondo dell’enoturismo hanno un’esperienza più che consolidata. Altro motivo di successo è lo standard di qualità degli eventi; Città del Vino e Movimento Turismo del Vino ribadiscono ogni anno un’intesa che detta i principi a cui ogni singolo appuntamento deve attenersi per garantire la qualità dell’evento e la certezza che il vino, vero protagonista della kermesse, abbia una vetrina degna della suo ruolo di messaggero del territorio, del lavoro umano, della cultura e della tradizione italiana. La popolarità di Calici di Stelle è data dall’idea stessa di essere una rete d’appuntamenti riuniti sotto lo stesso nome: la sera del 10 agosto in tante piazze italiane migliaia di persone brindano insieme osservando lo stesso cielo nella magica notte di San Lorenzo, la notte delle stelle cadenti. Calici di Stelle, l’originale, è solo quello che si svolge con il patrocinio di Città del Vino e Movimento Turismo del Vino. Per conoscere il calendario degli appuntamenti: www.terredelvino.net e www.movimentoturismovino.it.

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Protagonisti in cantina

Rocca d’Orcia e il sogno di Pasquale Forte

Fascino di un luogo unico Maialino di cinta con bietole saltate

La piazza di Rocca d’Orcia

Nel cuore della Valdorcia, nel territorio comunale di Castiglione, posto al centro della valle omonima, si trova la frazione di Rocca d’Orcia. Arroccata sopra le “gole” del fiume torrentizio e dove lo sguardo spazia sulle “crete” e sui campi della sottostante vallata, Rocca d’Orcia è un piccolo borgo medioevale, con stradine, scorci e con una singolare piazza occupata in larga parte da una cisterna per l’acqua realizzata oltre 750 anni or sono. Ed è qui che Pasquale Forte, titolare dell’azienda agricola Podere Forte, ha realizzato il suo sogno: il “Progetto Rocca d’Orcia”, che punta a far rinascere gli spazi che da sempre in questo borgo avevano ospitato le attività legate alla tradizione locale, nel pieno rispetto di un luogo capace di trasmettere il fascino della storia. Dopo quasi quattro anni di lavori e di restauri, il 31 marzo scorso il progetto è divenuto realtà e sono stati aperti quattro locali. L’osteria Perillà, dove assaggiare antichi e nuovi sapori e dove i segreti della tradizione vengono reinterpretati per dare vita a nuove esperienze sensoriali. Ogni giorno vengono proposte specialità confezionate con prodotti provenienti da agricoltura biologica e da fornitori locali. L’enoteca Perinquà, che offre una vasta gamma di vini e prodotti gastronomici come le spezie dei monaci di Siloe, i cioccolati di Domori, il sale delle saline di Trapani, le conserve di pomodorini del piennòlo, oltre ai salumi di Cinta Senese del Podere e all’olio biodinamico. L’emporio Riamà, dove si trovano oggetti legati alla tradizione toscana del vino, prodotti artigianali per la casa, sia tradizionali che moderni, e prodotti naturali per il corpo e per l’ambiente. E, infine, lo Spazio Se, uno spazio espositivo che ospiterà autori di fama internazionale che operano in diversi ambiti, aperto per questa stagione dal fotografo toscano Francesco Radino.

Crema di ceci con sugo di arrosto

Battuta di chianina con insalatina

PROGETTO ROCCA D’ORCIA DI PODERE FORTE Osteria Perillà tel 0577 887263 info@osteriaperilla.it

Enoteca Perinquà

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Laura Bianchi racconta la sua azienda

«Il futuro non mi spaventa» La famiglia Bianchi e il castello di Monsanto: una storia che affonda le sue radici nei primissimi anni ’60. Fu allora che Aldo fu stregato dal paesaggio intorno al castello e contemporaneamente suo figlio Fabrizio si innamorò dei vini che trovò in cantina. Nel 1962 Fabrizio vinifica per la prima volta, creando il Primo Cru di Chianti Classico. Da allora l’azienda è cresciuta e sono state costruite una nuova cantina e a seguire una galleria sotterranea. È difficile raccontare in poche parole l’azienda, ma si può dire che il suo dna sia formato da continue sperimentazioni e dalla massima ricerca qualitativa. Ma soprattutto dalle persone, che con le loro emozioni e passioni accompagnano con grande attenzione ogni dettaglio tutto il percorso di produzione. Dell’azienda ne abbiamo parlato con Laura, figlia di Fabrizio, e che qui lavora dal 1989 Come e quando è nata la passione per il mondo del vino da parte della famiglia Bianchi? Famiglia, ha detto bene. Perché è una passione che è iniziata con mia nonna, passata per mio padre, poi attraverso me, e adesso sta colpendo figli e nipoti. Mia nonna faceva vino in Piemonte, mio babbo Fabrizio in tempi non sospetti

beveva vini della Borgogna, studiava le tecniche di allevamento e sperimentava nella sua cantina come se fosse la sua camera dei giochi. Io sono nata vedendolo giocare sono cresciuta tra vigne e botti di castagno e ho giocato a nascondino tra le botti di rovere. Ho assaporato profumi ancestrali e assorbito quella magia che permetteva all’uva raccolta dalle mia mani di bimba e poi pestata con danze e saltelli adolescenziali di divenire vino e di accompagnarmi per tutta la vita. A otto anni scrissi un tema in cui dicevo che il posto più magico del mondo era Monsanto. Una donna al comando di un’azienda vinicola, quali vantaggi o svantaggi ha portato questa scelta? Tutt’altro! Penso di essere fortunata ed avvantaggiata rispetto a tanti produttori uomini. Perché essendo madre di tre figli ho acquisito consapevolezza del mio istinto creativo e imparato a gestire l’ansia del produttore. Ho degli amici produttori che diventano nervosi quando non parte una fermentazione o quando l’uva fatica a raggiungere il giusto grado di maturazione. Sono tutte ansie da prestazione che noi donne mamme abbiamo risolto da tempo.

Fabrizio e Laura Bianchi

Quali prevede che siano gli scenari per il futuro? Non penso mai al futuro. Ho imparato ad occuparmi ed a concentrarmi sul presente facendo tesoro dei successi e degli errori del passato. Confido molto sulla tradizione, ovvero sull’esperienza trasmessami da mio babbo e nel futuro mi impegnerò molto per valorizzare le sue scelte e per non intaccare tutto ciò che ha fatto di buono. Una cosa è certa: il futuro non mi spaventa più di tanto perché mi sento molto protetta dal passato.

Le suggestive cantine nei sotteranei del castello

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Protagonisti in cantina

La passione di Valeria Zavadnikova per il vino

Dalla Russia con amore

Dalla Russia al Chianti Classico. Valeria Zavadnikova, 28 anni, originaria di Vladivostoc, laurea in legge a Londra, ha deciso di mettersi a produrre vino in Toscana. E ha acquistato a Radda in Chianti la Fatttoria di Montemaggio, che dopo l’editore fiorentino Bonelli e proprietari di varie nazionalità mondiali, approda così in mani russe. Fisico da modella, capelli lunghi raccolti a coda, Valeria Zavadnikova ha ricevuto la passione per il vino dal padre, produttore in Russia di

distillati, e per la campagna dalla nonna che ha sempre coltivato un piccolo orto. Adesso vive con il marito in questa piccola fattoria circondata dai boschi e dove non è difficile imbattersi in cinghiali e daini. L’incontro con la nuova zarina del Chianti Classico è in occasione della presentazione delle nuove annate e della nuova immagine, raffigurante una giovane donna etrusca con un cesto di uva sulla spalla. Questa idea è stata proposta con un quadro a olio da Andrey Rem-

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nev, noto e quotato pittore russo, da cui Marina Zimoglyad, la moglie designer, ha preso ispirazione per la realizzazione grafica del logo e dell’etichetta. Non è casuale che la comunicazione metta in risalto la figura femminile, infatti sono due giovani donne a guidare la fattoria. Oltre alla Zavadnikova, a guidare Montemaggio c’è anche Ilaria Anichini, agronomo e direttore dell’azienda. Andrea Paoletti è l’enologo che dal 1996 segue Montemaggio come consulente.


Valeria Zavadnikova ha portato la sua passione per il vino in Italia

Il toponimo deriva da Monte Maggiore, riferito alla posizione elevata della località, circa 600 metri sul livello del mare. La posizione e il microclima fanno sì che Montemaggio possa offrire una vasta gamma di prodotti: Chianti Classico, Riserva, Igt (Merlot), Igt (Merlot e Sangiovese), Rosé di Sangiovese, Chardonnay, Grappa, Grappa Riserva e infine l’olio extra vergine di oliva. La fattoria si estende su una superficie di 70 ettari ed è costituita da vigneti, oliveti e boschi. I vigneti occupano una superficie di circa 9 ettari. La maggior parte sono di Sangiovese, oltre a piccole porzioni di Merlot, Pugnitello, Chardonnay, Malvasia Nera e Ciliegiolo non ancora tutti in produzione. La filosofia di Montemaggio è semplice, dar vita a prodotti di alta qualità, strettamente legati al territorio. «Siamo contenti di essere una piccola Fattoria e di rimanere tale – sottolinea Valeria Zavadnikova – in modo da essere in grado di controllare ogni nostra pianta e quindi ogni nostra bottiglia, così da garantire ai nostri clienti un prodotto davvero unico e speciale». L’orto. Vera passione della proprietaria, l’orto è una chicca che evidenzia l’amore vero per la terra e i suoi frutti in senso lato. L’orto è progettato in modo da conciliare le esigenze colturali con lo schema compositivo proprio di un giardino di cui vengono riproposti e rivisitati i principali elementi costitutivi. È suddiviso in aiuole rialzate disposte in modo simmetrico in cui stagionalmente viene pianificato uno schema di semina che associa alle tipiche specie da orto familiare, colture da fiore e alberi da frutto. La recinzione è schermata da alberi da frutto, in particolare susini, che in futuro verranno utilizzati nella produzione di un vino dolce da dessert. L’azienda partecipa a Winetown 2012 venerdì 21 e sabato 22 settembre, orario 1523, nel cortile del Palazzo Magistero, Via del Parione, Firenze.

FATTORIA di MONTEMAGGIO Loc. Montemaggio Radda in Chianti 53017 - Siena tel 0577 738323 fax 0577 738820 info@montemaggio.com www.montemaggio.com 25


Protagonisti in cantina

Langa e Roero, territori d’alta qualità dei vini piemontesi Sebastiano Ramello Il Piemonte, una delle più importanti regioni per la produzione dei vini di alta qualità in Italia, ha la caratteristica unica di produrre esclusivamente vini autoctoni, provenienti da un unico uvaggio, cresciuto da sempre nelle proprie circoscrizioni. Langa e Roero sono i territori che fanno da re e regina di questa regione, grazie non solo alla qualità dei terreni e del clima, ma grazie anche alla alta professionalità delle tante aziende vinicole che hanno permesso che si facessero conoscere al mondo, non solo come principali ambienti di produzione d’alta qualità dei vini piemontesi, ma come alcuni dei maggiori territori dell’alta qualità nel mondo. Tra tante aziende, con l’aiuto della associazione “Piemonte Sweet Home”, spiccano i nomi di “Palazzo Rosso”, “Flli Massucco”, “La Collina Dei Re” di Veglio Osvaldo,

presenti ormai da generazioni sul panorama italiano e negli ultimi anni nei principali mercati mondiali. L’azienda vinicola “Palazzo Rosso” situata a Pocapaglia nel Roero vanta origini antichissime, fu costruita nel 1627 dal Conte Romagnano che scelse questo territorio perché più idoneo per la cultura della vite e alla produzione del vino. Alla fine del ‘800 la famiglia Giachino, attuali proprietari, rilevarono l’intera azienda con le vigne circostanti. Il nome della cascina è anche reso famoso da numerosi ricordi e battaglie che nell’arco degli anni hanno dato importanza alla struttura. Si narra infatti che un cavaliere, amante del buon vino, e innamorato di una principessa asiatica, durante una fuga d’amore verso l’Est, trovò rifugio e ristoro proprio presso la cascina “Palazzo Rosso”, il Cavaliere, come ricompensa lasciò una

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pergamena di ringraziamento con dei fregi del casato. Fregi oggi riutilizzati nella etichetta “LO SCUDIERO” dedicata alla linea di alta qualità. Daniele Giachino, proprietario e enologo della azienda Palazzo Rosso produce oggi sotto il nome “Lo Scudiero” alcuni tra i principali vini del Roero e Langa, come Roero Arneis docg, Barbera D’Alba doc, Barbaresco docg, Barolo docg ma vera chicca della azienda è il Nebbiolo D’Alba doc, in particolar modo il Riserva, nella sua unicità l’annata 1997 lasciata riposare per oltre 10 anni in bottiglia a dieci metri sotto terra in un antico pozzo, e dal prossimo anno le annate 2006 e 2004 che usciranno sul mercato italiano e internazionale come Wine Selection Sebastiano Ramello. Altra azienda vinicola che spicca per la sua unicità, localizzata nel cuore del Roero sulla collina di Castagnito è l’azienda vinicola “Flli


Massucco”, completamente a conduzione famigliare 4 generazioni di produttori e enologi che si tramandano la cultura del vino e della terra da padre in figlio, fanno sì che l’azienda sia oggi modernizzata, mantenendo le tradizioni di un tempo, dai due fratelli Loris e Roberto che ci spiegano: «I vini nascono dalla cura meticolosa dei vigneti fin dal diradamento a vantaggio della qualità dove si utilizza la lotta integrata. La coltivazione avviene in un contesto di profondo rispetto per l’equilibrio ambientale ricorrendo ad un trattamento antiparassitario che predilige l’impiego di prodotti naturali». La superficie coltivata a vigneto è di 15 ettari, di cui il 40% vini bianchi e 60% vini rossi. Tra la sua alta gamma di produzione di vini autoctoni spicca in assoluto il Roero Arneis docg, un bianco eccellente caratterizzato dai suoi minerali intensi, acidità complessa e frutti freschi; Roero docg parte della grande famiglia dei “Nebbioli”, 100% Nebbiolo, 2 anni in grande botte (come da tradizione) 6 mesi in bottiglia, buona corposità, tannini evidenti e grazie ai terreni calcareo argilloso con marne sabbiose frutti vivaci; e nella sua unicità il Piemonte doc Barbera “I TEMPI” (wine Selection Sebastiano Ramello) nuova creazione della azienda vini-

cola “F.lli Massucco” che grazie al meticoloso studio sul territorio, dell’enologo Roberto Massucco e Petro Moretti ha riportato in luce, in chiave moderna, una antica tradizione di produzione persa nei decenni scorsi. Per la creazione è importante prima di tutto la scelta di un vitigno di barbera che possa dare tannini morbidi e delicati, un diradamento fino a 70 quintali per ettaro, con una prima raccolta e vinificazione, tradizionale fatta al 70%, nel mese di ottobre. La seconda parte, una raccolta tardiva di 30/40 giorni, con posizionamento del vigneto più alta, poi vinificata e lasciata in barrique di rovere per 6 mesi circa. Il vino delle due lavorazioni viene assemblato per dare un insieme di sensazioni tra loro differenti ma che insieme esprimono un’armonia che lo rende unico. Le diverse caratteristiche come la freschezza, l’acidità e il frutto fresco classico della barbera giovane, si uniscono alla dolcezza e al frutto cotto maturo della barbera con appassimento. Spostandoci invece sulla altra sponda del fiume Tanaro, nel comune di Diano D’Alba ,incontriamo l’azienda vinicola “La Collina Dei Re” di Veglio Osvaldo, azienda costruita sulle basi di una più antica azienda vinicola di famiglia, l’azienda vinicola “Veglio Michelino e Figlio”. Totalmente a conduzione fami-

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gliare, 5 generazioni di produttori, è oggi presente sui principali mercati mondiali, dal Nord- Sud America all’Asia, posizionandosi in alcuni dei migliori ristoranti di Hong Kong e nelle principali città cinesi. Vanta una intera gamma di vini bianchi e rossi, anche questi “Wine Selection Sebastiano Ramello”, quali Piemonte doc Chardonnay, ExTra Dry 100% Sauvignon, Moscato D’Asti docg, Dolcetto di Diano D’alba docg, con la sua stupenda caratteristica di color rosso rubino, bassa acidità e intenso frutto di bacca rossa, Barbera D’Alba doc Superiore con la sua caratteristica di basso contenuto histaminico, Nebbiolo D’Alba doc e cavallo di battaglia della azienda il Barolo docg, mantenuto dall’enologo Marco Marchisio nella sua integra tradizione, 3 anni di grande botte un anno in bottiglia, ma con un pizzico di modernità, separando le bucce a 15-20 giorni dalla macerazione, rendendo questo grande vino da subito con tannini più morbidi e rotondi, e così pronto alla bevuta. CAMPAGNA FINANZIATA AI SENSI DEL REGOLAMENTO CE N. 1234/07 CAMPAIGN FINANCED PURSUANT TO EEC REGULATION NUMBER 1234/07



Protagonisti in cucina

L’imbuto di Tomei a Lucca

Ma che Cristiano!

Martina Cenni

Non posso dire di conoscerlo, ma a volte l’impressione di un momento basta a darci l’immagine precisa di una persona. Così ritrovo la simpatia e la spontaneità di quel ragazzo che mi risponde al telefono mangiando un gelato, negli scritti che parlano di lui e che scopro sul web. Deve essere così “estroverso, vivacissimo, appassionato”, come lo raccontano, come te lo immagini. Cristiano Tomei è lo chef marinaio di Viareggio, anzi no, di Lucca, perché da poche settimane il suo ristorante si è trasferito dentro il museo d’arte contemporanea in via della Fratta. Ma partiamo dall’inizio, da quel nomignolo che si porta dietro, da quando nel 1995 si diploma all’istituto nautico di Viareggio. Ben presto però si accorge che quella non è la sua strada e la passione per la cucina lo spinge a muovere i primi passi nel mondo della ristorazione. Il cerchio si allarga e dopo amici e parenti, il pubblico di riferimento diventa quello dello stabilimento balneare Aurora-Lita a Viareggio. Poi il salto e la decisione di cercare un luogo in cui l’esperienza acquisita viaggiando e sperimentando abbia un posto in cui evolvere. Così L’imbuto diventa la casa della cucina di Tomei, della sua filosofia, del suo artigianato, come ama definirlo. La clientela inizia a “travasarsi” nel locale atipico e colorato, ricavato in una vecchia falegnameria nel centro della città, e a lasciarsi cullare dall’inconsueta semplicità, passatemi la dicotomia, dell’autodidatta Tomei e del suo piccolo staff. Non passa molto tempo e L’imbuto di Viareggio comincia ad essere conosciuto e apprezzato dalle migliori guide della ristorazione italiana. Tomei crea e innova. Stupisce gli occhi e conquista i palati con una cucina coraggiosa, mai banale, dai sapori autentici e sempre nel rispetto della tradizione perché, come dice spesso, «in cucina non si inventa nulla». Nel

2009 entra a far parte dell’associazione JRE (Jeunes Restaurateurs d’Europe)e viene inserito dalla guida Michelin tra le promesse per la stella nell’edizione del 2010. E poi le collaborazioni con acqua Panna e Sanpellegrino e la partecipazione alla trasmissione televisiva la Prova del Cuoco nella stagione 2009/2010. Oggi il suo genio continua a stupire dal nuovo locale di Lucca, dove la cucina si sposa con la creatività artistica del museo di arte contemporanea dove Tomei ha trasferito la sua “bottega”. Un consiglio: andate a trovarlo e lasciatevi scivolare dentro il suo “imbuto” di sapori.

Barbecue di mare e di terra

Tartare di gamberi rossi e cips di buccia di patata

Cucinare è un gioco per Cristiano Tomei

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Protagonisti in cucina

Il ristorante di Filippo Saporito

La Leggenda continua a Castellina

La leggenda culinaria di Filippo Saporito è cominciata da tempo e certamente prima del trasferimento a Castellina. Potremmo addirittura azzardare che già in quel cognome così… gustoso, ci fosse un indizio del futuro culinario a cui era destinato. Ma, nella realtà, il ristorante La Leggenda dei Frati è nato a Monteriggioni in un’abbazia del 1000, proprio sotto la chiesa romanica, dove secoli indietro furono rinchiusi i frati che dettero origi-

ne alla “favola”, che Saporito ha deciso di far riecheggiare all’interno della corona di mura del paese. Questa però è una storia vera, raccontata da una cucina solida, mai banale, orgogliosamente radicata sul territorio ma sapientemente proiettata in avanti. È un mondo di sapori chiari, netti, precisi. Una tavola dove la carne si incrocia con il pesce, dove senti ancora il profumo del pane e delle cose fatte in casa.

Il nuovo locale a Castellina in Chianti (si)

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La Leggenda dei Frati da qualche mese ha traslocato a Casina dei Ponti, a Castellina in Chianti, in una delle proprietà dell’azienda vinicola Cecchi, e si è portata dietro tutto il suo bagaglio di esperienza, di sapori, di contrasti, di cultura. Filippo Saporito, che fa parte dei Jeunes Restaurateurs d’Europe, e sua moglie Ombretta gestiscono la cucina, Nicola, fratello di Filippo, si occupa della sala. L’accoglienza è semplice, familiare però al tempo stesso attenta e professionale, mentre la cucina si esalta nella ricerca del gusto. Dal tortino di cipolle rosse alla terrina di fegatini di pollo, dalla sella di coniglio al filetto di tonno con granita al gin tonic (il menu cambia, la qualità no) è un viaggio senza incertezze. Ottimo il cestino del pane, buoni i dolci. Interessante la cantina, che propone i vini Cecchi, ma non solo quelli. In estate si mangia all´aperto.

Dopo l’esperienza internazionale è tornato a casa: Filippo Saporito


Cucina d’autore nel cuore di Firenze

La nostra Ora d’Aria Stabile

identità, indagando un’innovativa prospettiva di cucina. L’impegno è stato tale da portare il ristorante Ora d’Aria ad essere premiato per la carta delle birre dalla Guida ai ristoranti dell’Espresso, e per la migliore cucina con la birra da Identità Golose. A fine 2011 arriva il riconoscimento più ambito: la prima stella Michelin. Il ristorante Ora d’Aria deve questo nome non solo alla vicinanza della prima sede con il vecchio carcere fiorentino delle Murate, ma anche all’intento che tutto lo staff si propone di raggiungere con il proprio lavoro: offrire ai propri ospiti una pausa rilassante e piacevole, un momento di distacco dallo scorrere frenetico degli impegni quotidiani, un’ora d’aria dalla routine. L’ambiente è essenziale ed elegante, curato nei dettagli che esprimono un lusso delicato e mai ostentato. Ora d’Aria rispecchia perfettamente la filosofia dello chef che promuove una cucina fatta di qualità e trasparenza, le stesse che si ritrovano in ogni luogo del ristorante, a partire dalla cucina, a vista sulla strada e sulla sala, che del locale e di chi se ne occupa definisce l’essenza. La proposta vincente del ristorante è la scelta del pranzo “tapas” che permette di assaporare piatti gourmet in piccole porzioni a piccoli prezzi, per rendere veramente democratica l’esperienza dell’alta cucina. Eccellente la cantina che ha come protagonisti i vini toscani innanzitutto, quelli italiani e francesi di grande pregio ed una carta delle birre selezionatissima. Ad oggi Ora d’Aria è certamente una delle insegne più prestigiose nel panorama della ristorazione nazionale.

Piatti come opere d’arte nei pressi degli Uffizi: Marco Stabile

Marco Stabile, trentanove anni, toscano: promessa mantenuta dell’alta cucina italiana. Importante il suo esordio, accanto a Guido Sabatini, fondamentale l’insegnamento del suo maestro Gaetano Trovato. Tra le esperienze significative l’apertura de L’Osteria di Passignano della famiglia Antinori, la lunga permanenza da Arnolfo e quella presso Il cavaliere del Castello di Gabbiano dell’azienda enologica Beringer Blass. Al termine di questo percorso, che lo ha portato ad affinare le tecniche e coltivare il talento, Stabile è arrivato al progetto Ora d’Aria, il ristorante in via Ghibellina a Firenze, dove ha finalmente avuto la possibilità di esprimere al meglio la sua personalità, il suo spirito curioso, cosmopolita ed innovativo forte, però, di una radicata tradizione che è cultura, famiglia, territorio e che ha il coraggio di rivelarsi nella magia di quei sapori che rimandano all’infanzia ma carichi di una straordinaria contemporaneità. Ora d’Aria esaudisce un grande desiderio, l’ingresso nella prestigiosa associazione Jeunes Restaurateurs d’Europe, nel 2009. Da allora tanti sono i riconoscimenti che lo chef ha potuto vantare e che premiano la sua curiosità e la capacità di vedere lontano e di anticipare le tendenze; esempio è l’avvicinamento al mondo della birra che gli ha dato modo di confrontarsi con un prodotto versatile, dalle molte 31


Resort da sogno

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A casa del

Principe Forte dei Marmi Claudio Zeni

L’aria di casa che si respira nella lobby del “Principe”

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Resort da sogno

Forte dei Marmi, località storicamente frequentata da turisti facoltosi di tutto il mondo e celebrità, sa come coccolare i propri ospiti grazie al “Principe”, il nuovo 5 stelle Lusso della Versilia inaugurato nel 2010, immerso nel verde della pineta sullo sfondo delle Alpi Apuane e a pochi metri dalla spiaggia. Qui glamour e discrezione sono alla base per una vacanza da principi, nome a cui devono avere fatto riferimento gli ideatori di questa esclusiva struttura destinata a diventare un’icona della Versilia come la Capannina. Vetro, acciaio, profili essenziali ed architettura lineare si uniscono al bianco, il colore ovunque protagonista che armoniosamente si completa al marmo, all’onice e al portoro. Qui, dove tutto ciò che si vede e si vive è concetto, atmosfera e piacere, a cominciare dalle ventotto camere dal ricercato design minimal chic, dotate tra l’altro di cantina vini privata con una selezione delle migliori etichette. Per poi proseguire con l’esclusiva Spa con prodotti Natura Bissè, con il “67”, l’unica Sky Lounge che domina la Versilia sulla cui sua suggestiva terrazza si può ascoltare musica dal vivo, sorseggiare al tramonto un aperitivo quando il sole colora il mare di arancio ed il marmo delle Alpi Apuane si tinge di rosa per poi scendere al piano terra al “Lux Lucis”, il “paradiso del gusto” firmato dal giovane e promettente chef Valentino Cassanelli. Alla guida del “Principe” non poteva che essere una “principessa”: Cristina Vascellari. Fiorentina di nascita ma cresciuta in Versilia, Cristina si è rimessa in gioco nel mondo del lavoro dopo due maternità, entrando inizialmente nel team del Principe Forte dei Marmi

Si può trovare il piacere della Spa nella confortevole piscina interna

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come Guest relation e PR manager per poi assumere il ruolo di General Manager dell’Hotel e Amministratore Unico della società di gestione. «Professionalità, entusiasmo e cordialità sono gli elementi che caratterizzano tutto il nostro staff – afferma Cristina Vascellari – elementi che devono unirsi alla creatività, al fine di fidelizzare il cliente e cercare di raggiungere l’obiettivo per il quale la proprietà ha investito sulla struttura». Un piacere dell’ospitalità quella del Principe che si completa al Lux Lucis, il ristorante gourmet e “regno” di Valentino Cassanelli, che nonostante la giovane età (classe 1984) vanta un’esperienza consolidata nel settore della ristorazione avendo lavorato nel team di celebri chef stellati come Carlo Cracco, Nobuyuki Matsuhisa, Andrea Berton, Giorgio Locatelli ed arrivato al Principe Forte dei Marmi dopo un anno al Ristorante Sangal di Venezia e dopo tre anni al Ristorante Cracco. Il suo concept culinario si può riassumere così: ricerca del gusto attraverso i sapori e i vini locali partendo dal territorio e sviluppandoli nella contemporaneità. «Per me la cosa più importante – afferma Valentino Cassanelli – è la valutazione del territorio. Ciò che voglio è creare accostamenti che traducano in contempo-

L’esclusiva stanza del “Principe”

raneità i prodotti tipici della zona come ad esempio la palamita, tipo di pescato peculiare del Tirreno o la bottarga di Orbetello o il prosciutto di Cinta Senese. Ricette in grado di saldare tradizione e innovazione». Tra le sue gradevoli proposte culinarie provate il crudo di cappesante, mandorle tostate e polline d’api; gli emozionanti ravioli di cacciucco e gli spaghetti tiepidi con cipolla brasata, marmellata di peperoncino ed ostriche; la spigola cotta sulla pelle con asparagi bianchi e cocco; il semifreddo agli arachidi con biscotto al wasabi e dulce de leche. Il tutto accompagnato da una carta di vini oculatamente selezionati e serviti da competenti sommelier professionali. Un soggiorno al Principe è un vero e proprio divertissement di piacere e di gusto. Principe Forte dei Marmi Viale Amm. Morin 67, 55042 Forte dei Marmi (Lu) Tel 0584 783636 – Fax 0584 783637 www.principefortedeimarmi.com 35


Il vino e le sue tradizioni Luca Casamonti

Negli

ultimi decenni, a partire dagli anni novanta il turismo del

vino ha conosciuto un vero e proprio boom. Un numero crescente di viaggiatori ha abbinato alle bellezze artistiche di un territorio la possibilità di degustarne i vini con piatti locali. E sulla scia di questo trend che sono nati i musei del vino, o quelli comunque legati al mondo dell’enologia. Molto spesso sono una sintesi delle ricchezze del territorio, allestiti con attenzione e grazie a patrimoni culturali custoditi e difesi da privati o da enti pubblici (o in sinergia), che consentono uno sguardo in più sul mondo del vino.

All’interno dei

musei si possono trovare etichette, bottiglie, vetri, macchine enologiche e tanti altri strumenti e documenti del mondo caro a

Bacco.

PIEMONTE: MUSEO MARTINI pessione (to) Siamo in provincia di Torino, a Pessione, dove le sedici sale del Museo Martini raccontano e parlano di storia dell’enologia. Questa è una sosta obbligata in Piemonte, anche soltanto per fare quattro passi nello splendido palazzo del Settecento, sede storica dei primi stabilimenti Martini & Rossi. La sezione più appariscente è quella dei carri utilizzati per il trasporto delle uve vendemmiate, caratteristici per gli splendidi intagli a soggetto bacchico.

PIEMONTE: MOSTRA PERMANENTE ARCHIVI CINZANO E GLASS COLLECTION s. vittoria d’alba (cn) Santa Vittoria d’Alba, nel Roero, è una terra emergente del Piemonte enologico: qui in una storica villa, c’è il cuore di una delle aziende più famose al mondo, Cinzano. All’interno del museo si possono trovare cantine d’invecchiamento sotterranee, straordinarie, per suggestione e grandezza, che si estendono per oltre 2 km e materiali pubblicitari che hanno accompagnato 200 anni di vino. C’è poi la “Udv glass collection”, dove si va alla scoperta del vetro con 144 esemplari dagli albori ad oggi e dove si può capire bene il rapporto che c’è tra cristallo (o vetro) ed il vino, sia per lo stile che per la qualità della degustazione.

TOSCANA: MUSEO DEL VETRO montalcino (si) Creato negli anni Ottanta dalla Fondazione Banfi, il Museo del Vetro e della Bottiglia, si trova a Castello di Poggio alle Mura, a Montalcino. Un altro museo da prendere ad esempio, arricchito da ristorante e enoteca, visitato ogni anno da 40.000 turisti. Da non perdere la passeggiata tra le mura, nelle scuderie o nel vecchio frantoio, con macchinari originali, dove è stata sistemata la collezione del contenitore del vino, ovvero il vetro in tutte le sue forme. Si ripercorre la storia del vetro dagli antichi Egizi ai Fenici, dagli Assiro-Babilonesi all’Impero Romano, dall’arte veneziana ai giorni nostri e alla moderna bottiglia. 36


raccontate nei musei d’Italia UMBRIA: MUSEO LUNGAROTTI TORGIANO (PG) Venti sale con oltre duemila pezzi che ripercorrono cinquemila anni di storia: è questo il Museo del Vino di Torgiano, di proprietà della famiglia Lungarotti. Aperto al pubblico nel 1974, documenta la civiltà della vite e del vino con una serie di raccolte archeologiche, tecniche, storiche e artistiche che affascinano il visitatore durante il percorso, introducendolo al vino e al suo mito dalle origini a oggi. Le raccolte artistiche e tecniche, le ricette medicamentose e i preparati galenici a base di vino descritti negli antichi testi esposti nella sala dedicata al vino nella farmacia, il museo, che ha oggi rilevanza mondiale e non ha eguali per vastità e completezza.

TOSCANA: MUSEO DELLA VITE E DEL VINO rufina (fi) Il Museo della Vite e del Vino di Villa di Poggioreale, proprio sotto il paese di Rufina, è un luogo ideale per conoscere la cultura del vino nel luogo di produzione. Il percorso del museo inizia dagli attrezzi relativi alla coltivazione delle vite, passa alla lavorazione delle uve in cantina (e ne illustra tutte le fasi), allinea tini di ogni misura, dedica pannelli e foto alle impagliatrici di fiaschi, ai reperti di tanti modelli di vetri e bottiglie (alcune datate 1600). C’è poi l’enoteca, un capolavoro di recupero: tutti i tavoli, i panchetti e le vetrine per le bottiglie sono stati realizzati con il rovere recuperato dalle doghe di vecchie botti. Tutti gli spazi mantengono poi la struttura dell’antica villa: camini del ‘500, pozzo interno, volte e cornici di antica manifattura.

LOMBARDIA: MUSEO DEL VINO capriolo (bs)

Visitato ogni anno da oltre 10.000 persone, il Museo agricolo e del vino Ricci Curbastro, in Franciacorta si trova nella provincia di Brescia. Quattro le sale, ognuna con un suo tema: la vite, il vino e l’attività del bottaio; gli attrezzi per la lavorazione del terreno; il fienile e i maestri della casa e uno spazio dedicato a giocattoli, strumenti di misura e filatura.

CAMPANIA: MUSEO DEL CONTADINO DI CASA D’AMBRA VINI forio d’ischia (na) La terra dei vini d’Ischia, in questo caso Forio, propone il museo del contadino. Due piani, il primo dedicato alle degustazioni, il secondo all’esposizione. Il museo contadino dell’azienda ripercorre l’economia vitivinicola dell’isola dai Greci ai giorni nostri. È stato inoltre recentemente affiancato al punto vendita e degustazione dell’azienda, un piccolo locale adibito ad archivio storico, con testimonianze di estimatori d’eccezione di Casa D’Ambra: da Luchino Visconti, a Peppino De Filippo, Domenico Rea, Veronelli etc. Le visite in cantina e al vigneto Frassitelli sono guidate dal personale dell’azienda.

PIEMONTE: MUSEO DEI CAVATAPPI barolo (cn) Il Museo dei Cavatappi nasce nel 2006 nei locali di un’antica cantina accanto al Castello Comunale di Barolo. Il percorso presenta 500 esemplari di cavatappi antichi provenienti da tutto il mondo e realizzati a partire dalla seconda metà del 1600. Le 19 sezioni del museo raccontano nascita ed evoluzione di questo utensile semplice, ma ricco di storia e di curiosità. L’offerta del museo è completata da un bookshop con vendita di Barolo ed altri vini di Langa, libri, pubblicazioni, cavatappi antichi e moderni, prodotti per enologia, souvenirs, cartoline, poster, gadgets e prodotti alimentari tipici di langa. 37

MARCHE: MUSEO INTERNAZIONALE DELL’ETICHETTA cupramontana (an) Cupramontana, nel territorio anconetano, ospita, nel settecentesco Palazzo Leoni, il Museo internazionale dell’Etichetta, diviso in tre interessanti sezioni che propongono la storia, i tempi moderni e un’area artistica. È uno dei pochi esempi di museo del vino di proprietà pubblica. Un’iniziativa del Comune che mira alla creazione di valore aggiunto delle produzioni marchigiane e molto importante per il turismo ed il territorio. Tra le attività del museo, anche il concorso che premia la migliore etichetta italiana dell’anno.


Weekend

Montepulciano tra cibo, vino e terme Andrea Settefonti

Quando parli di Montepulciano, quello toscano in provincia di Siena, ti stupisci a scoprire quanto sia conosciuto anche fuori dai confini della regione. A renderlo famoso sono soprattutto quel piacevole sentirsi a casa che si respira in ogni angolo, il cibo ancora genuino, quello che ti aspetti di trovare quando vai in Toscana, senza rimanere deluso dall’eccesso di “internazionalizzazione” che trovi in altre aree blasonate. Il borgo poliziano e i suoi dintorni valgono bene un fine settimana all’insegna del buon cibo e del buon vino, con tanta cultura, da Pienza a Monticchiello alla stessa Montepulciano, e un pizzico di relax termale. La visita a quest’angolo di Toscana va bene in ogni stagione, ma se la scelta cade su fine agosto si può assistere, proprio a Montepulciano, al Bravìo delle Botti (www.braviodellebotti.com). Una gara tra i rioni del paese dove due “spingitori” si con-

tendono la vittoria del Palio con gli altri giocatori, facendo rotolare botti da vino, ovviamente vuote, per le ripide strade del centro storico. In questa occasione potrete fermarvi anche a mangiare in una delle tante cene organizzate dalle contrade. Con non più di 20 euro si possono assaggiare i piatti della tradizione toscana, qualche volta rivisitati in chiave moderna, in abbinamento al Vino Nobile. L’iniziativa si chiama “A tavola con il Nobile” ed è una vera gara tra le massaie del paese, con tanto di giuria e di vincitrice finale. Per chi invece desidera sostare in un buon ristorante, l’Osteria del Conte (via San Donato, 19 – tel 0578 756062, chiuso il mercoledì, www.osteriadelconte.it) offre la vera e tipica cucina toscana. I pici fatti a mano conditi all’aglione, la grigliatina di maiale o un’ottima bistecca alla fiorentina. In entrambi i casi il contorno di fagioli all’olio è quello che ci vuole. Con pochi euro potre-

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te annaffiare il tutto con del Vino Nobile Contucci, al bicchiere o in bottiglia a soli 16 euro. 30/40 euro per un menù di vita toscana. Se quello che cercate è invece un luogo per un’occasione speciale, potrete scegliere la cena più raffinata e a lume di candela nelle suggestive vie del borgo medievale offerta da Le Logge del Vignola, (via delle erbe, 6 – tel 0578 717290 www.leloggedelvignola. com). Il loro menù degustazione da 49 euro prevede aperitivo e piccola entrata di benvenuto, il tradizionale pâté di fegatini di pollo in cassetta al caffè con “pera picciola” del monte Amiata e salsa di vino cotto, seguiti da risotto Carnaroli “Maremma” all’erborinato di pecora e rognoni con riduzione di Vino Nobile, quindi quaglietta al tartufo su cous cous all’ananas e pepe “Sichuan” e per chiudere semifreddo ai pistacchi con salsa alla liquirizia, e caffè. In abbinamento (16 euro), un calice di vendemmia tardiva,


446 e Di notte diventa suggestivo scoprire il fascino di Montepulciano (Si)

Il Bravìo, passione e sudore lungo tutto un anno

uno di bianco, e un calice di vino Nobile di Montepulciano. Insomma 65 euro a testa, coperto incluso, per una serata, da non dimenticare. Infine per chi ama il vino e sceglie questi luoghi come tappa obbligata del tour enogastronomica nel Bel Paese si consiglia una visita

alle tante aziende sparse sulle colline nei dintorni di Montepulciano. La Talosa (www. latalosa.it – tel 0578 758277 ) e Salcheto (www.salcheto.it, tel 0578 799031) sono l’emblema della qualità, del rispetto dell’ambiente e della sostenibilità come filosofia produttiva. Talosa è stata la prima azienda ad aver intrapreso il percorso della qualità e Salcheto la prima cantina completamente carbon free. Visitatele, immergetevi nei verdi paesaggi modellati dal lavoro dei vignaiuoli e assaporate fino in fondo gusti e profumi delle schiette terre del Nobile. Si mangia, si beve e si riposa. Continuando nell’ordine non ci rimane che indicarvi qualche luogo confortevole per riposare corpo e mente dopo le fatiche enogastronomiche della giornata. La terrazza di Montepulciano (via Pieve di Sasso, 16 – tel 0578 757440, www.laterrazzadimontepulciano.it) con le sue sole 10 camere è senza dubbio un luogo tranquillo e piacevole. Il costo della doppia

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per due persone tutto compreso

è di 90 euro compresi la prima colazione e il parcheggio, che in centro a Montepulciano non è optional di poco conto. La colazione, se la stagione lo permette, viene servita in terrazza. Nel vostro week end firmato “Vino e dintorni” non può certo mancare una visita a Pienza, borgo incantevole a pochi chilometri da Montepulciano, città ideale voluta da Enea Silvio Piccolomini, diventato papa Pio II, e realizzata dall’architetto Bernardo Rossellino. E neppure a Monticchiello, piccolo centro poco distante dove ogni anno va in scena l’autodramma ideato scritto e realizzato dalla gente del paese. Sulla strada per Pienza non scordate di fare una sosta al caseificio Cugusi (via della Boccia, 8 – tel 0578 757558, www. caseificiocugusi.it). L’azienda, che utilizza latte di propria produzione, e che compie 50 anni, è gestito oggi da Silvana e Giovanna e ha avuto numerosi riconoscimenti. Vera delizia per il palato sono il Pecorino di Pienza fresco venduto a 14,5 euro al kg e il Gran riserva, 21 euro al kg. E se mangiare è un piacere, anche il corpo, e con lui la mente, chiedono di essere accontentati. Le Terme di Chianciano (www. termechiancianoshop.com, tel. 0578 68255) hanno un Salone Sensoriale che in 3 ore e mezzo e 20 tipologie di trattamenti diversi vi faranno ritrovare forza e energia, con 45 euro nei festivi e 38 per tutti gli altri giorni. E allora…buon “Vino e dintorni” week end.


Il territorio


Sicilia

terra d’approdo e d’integrazione Alma Torretta

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Il territorio

Un viaggio in Sicilia è un tuffo nella storia ma anche in un’agricoltura eccellente, un itinerario condensato tra i tanti popoli che qui sono arrivati, fermati più o meno a lungo, ma sempre lasciando una traccia nella cultura dell’isola e nel suo territorio. La Sicilia è infatti da sempre terra d’approdo, per la sua posizione geografica centrale, e ha dimostrato nei millenni grande capacità d’accoglienza e integrazione, di civiltà, ma anche di prodotti agricoli diversi per la sua notevole varietà di terre e di climi, racchiudendo oltre le sue coste altopiani assolati così come vette innevate. E per le stesse ragioni oggi è anche meta turistica che ha pochi eguali al mondo per la bellezza dei suoi territori e ricchezza e varietà dell’offerta culturale che può offrire. Qui sono arrivati e hanno lasciato la loro impronta fenici e greci, romani, ebrei ed arabi, normanni, lombardi, albanesi, spagnoli, francesi ed inglesi. Qui le diverse culture si sono mescolate, il paesaggio arricchito di piante provenienti da paesi lontani: i fenici e i greci hanno introdotto la coltivazione dell’ulivo e della vite; con i romani l’isola è diventata un granaio, gli arabi hanno portato dal Medio Oriente gli agrumi, le mandorle e i pistacchi, i gelsi, il riso, la canna da zucchero e ortaggi come la melanzana; hanno costruito i canali

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d’irrigazione e fatto diventare le campagne siciliane dei giardini. Più recentemente, dalle Americhe, sono arrivati il pomodoro, la patata e il ficodindia. In Sicilia i vitigni di altre regioni italiane e gli internazionali si esprimono in maniera originalissima; persino il difficile Pinot noir ha trovato, sull’Etna in particolare, condizioni per mostrarsi con nuove sfaccettature. Un enorme patrimonio di biodiversità che la Sicilia oggi vuole valorizzare, riscoprendo però innanzitutto le varietà autoctone, nella viticoltura come nel settore cerealico. La cucina siciliana è innanzitutto la testimonianza viva di così tanti apporti, di una tale integrazione profonda e duratura di cibi e tradizioni, che ha dato vita a una cultura gastronomica ricca e originale, fantasiosa e sapiente. Che ha tanto della cucina araba ma anche, nella tradizione dell’aristocrazia, di quella francese. I vecchi latifondi nobiliari non ci sono più, le terre confiscate alla mafia rinascono, i laghi artificiali garantiscono l’approvvigionamento idrico, i vini dell’isola viaggiano a testa alta per il mondo. Una Sicilia antica, eppure modernissima, che lavora per valorizzare il meglio delle sue radici e proiettarle nel futuro. Dove un viaggio, nei suoi vini come nelle sue terre, è sempre un’esperienza intesa e sorprendente.

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Il territorio

Nella zona nord orientale della Sicilia si vinifica da millenni alle pendici dell’Etna: ne nascono vini decisi e di carattere, come chi li coltiva

Sotto il Vulcano

Jacopo Rossi

La Storia. È impossibile parlare di vini della zona senza aprire le danze con Iddu, lui, il vulcano attivo più alto d’Europa. Un gigante rispettato e temuto, le cui pendici sono ricoperte di vite. Ma si tratta di una vite che ignora le comodità di dolci pendii, colline e pianure verdeggianti. La vite, in questo terroir lavico, lotta e combatte per la sua sopravvivenza, cresciuta in condizioni estreme, capace di superare agilmente il secolo di età. E non c’è parassita che tenga per questi filari, dalla storia lunga e nobile come le loro radici originarie. Caso non unico in Italia (ce ne sono altri in tutto il Paese, soprattutto in Val d’Aosta e Sardegna) ma sicuramente raro, di cui pochi si possono vantare dopo la non lungimirante importazione dei vitigni americani, che oltre ad una rinnovata patina d’esotismo portò anche il flagello della fillossera. Flagello che, come detto, cozzò duramente contro i vitigni etnei, aiutati dal terreno e dall’altitudine, duri a cadere, che ancora oggi regalano a chi li lavora vini a loro simili, dal carattere forte e deciso. E coloro che vinificano sopra Iddu lo fanno da molto, molto tempo: da prima che arrivassero i greci sull’isola, stando alle testimonianze storiche. Addirittura la leggenda fa risalire direttamente a Bacco la piacevole “responsabilità” d’aver impiantato i primi vigneti nell’isola, alle pendici dell’Etna. Ma, storicamente, furono i fenici e a consolidarne la coltivazione i greci prima ed i romani poi. L’impero bizantino dette nuovo impulso alla viticoltura dopo gli anni bui delle invasioni barbariche. La filiera godette poi di alterne fortune, fermata ora dalle convinzioni religiose degli occupanti musulmani, secoli dopo dalle gabelle altissime imposte dagli Angioini e sospinta poi nuovamente dagli Aragonesi. 44


Il Settecento tenne a battesimo il boom del commercio del Marsala e, seppure in misura minore, di tutto il resto della produzione isolana. Purtroppo la famigerata e letale epidemia di fillossera del secolo successivo frenò nuovamente la produzione e spinse il settore a correre ai ripari con nuovi impianti: l’epidemia fu totalmente debellata solo nel 1920. Da quel periodo drammatico ad oggi molte cose sono cambiate, la produzione è stata razionalizzata, sono nate le Cantine Sociali ed un buon numero di enti appositi. La quantità è stata abbandonata in favore della qualità, grazie allo sforzo congiunto di aziende e istituzioni, che ha portato all’implemento della meccanizzazione, ad un miglioramento delle tecniche di produzione e alla riqualificazione dei vini dell’isola. Sono apparse così molte denominazioni, Docg, Doc e Igt, tali da rendere la produzione siciliana conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. I Vini. L’isola brilla per la varietà della sua produzione: sono infatti ben ventotto i vitigni autoctoni, tra i quali ben figurano il Nero d’Avola, il Nerello Mescalese, il Carricante, l’Inzolia ed il Grillo. Il primo, probabilmente il più famoso, cambia a seconda delle zone: nella parte nord orientale, ad esempio, è caratterizzato da un’innata finezza, a differenza del suo “parente” del versante occidentale, concentrato e d’impatto. Tra i più coltivati ci sono il Catarratto Bianco e il Trebbiano Toscano. Tra quelli internazionali, una minoranza, si annoverano il Cabernet Sauvignon, il Merlot, il Syrah, lo Chardonnay ed il Sauvignon Blanc. Nella vasta vetrina enologica dell’isola, la zona nord orientale, seppur meno “vitata” delle altre, spicca certamente per la qualità della sua produzione. I vini figli dei tre versanti terrazzati con muri a secco di Iddu, del resto, appartengono alla Doc Etna, che ha guadagnato la denominazione nel 1968 ed è prodotta oggi in quattro tipologie. Ma non si vinifica solo ad altitudini considerevoli: la zona comprende anche la Val Demone e le isole Eolie, dove, a Salina, si produce la Malvasia di Lipari Doc. Le altre due Doc sono il Mamertino di Milazzo, arricchito e profumato dai venti del Tirreno, e il Faro sulle colline messinesi, di grande struttura, figlio del già citato Nerello Mascalese, del Nero Cappuccio e del Nocera.


Il territorio

Diario di viaggio

Bedda Sicilia misteriosa e affascinante David Taddei

Venga a’ li lidi tuoi fè d’opre alte e leggiadre, o isola del sole, o tu d’eroi Sicilia antica madre (Giosuè Carducci, da Rime e Ritmi – alla figlia di F. Crispi, 1898) 46


Per gustarsi davvero tutta la Sicilia servirebbe un tempo infinito, non solo per le bellezze paesaggistiche che la natura ha offerto con generosità a questa regione, o per le innumerevoli delizie enogastronomiche. Soprattutto il tempo è necessario per calarsi nei costumi e nella cultura della Sicilia che per molti versi è un mondo a parte, fiero delle proprie tradizioni e orgoglioso della propria diversità. Se non ci siete mai stati, la prima cosa che vi colpirà, a parte il caldo, è l’incredibile senso dell’ospitalità dei siciliani. Almeno a me è capitato così. Abituati a residence e villaggi dove si curano turisti come polli in batteria, si resta quasi increduli davanti alla semplice e genuina capacità di accoglierti cercando di metterti a tuo agio. Io ho trovato ristoranti che riaprono per te dopo aver già pulito la cucina e non per guadagnare qualche euro in più, ma solo per cercare di dare un po’ di sollievo a persone accaldate e affamate. Nelle tante volte che ci sono stato, mi sono fatto l’idea che questa virtù, così fondamentale per chi nel tempo libero ama viaggiare, i siciliani l’hanno impressa nel proprio dna. Non è un tecnica di marketing turistico, è un modo di concepire la vita e i rapporti fra le persone. Essendo una virtù genuina, il vostro interlocutore siciliano si aspetterà che anche voi siate pronti a capire le sue difficoltà o ad accettare i suoi suggerimenti. “Il Postino” e l’effetto cipria della pomice di Lipari. Avendo tempo a disposizione mi piace raggiungere la Sicilia in traghetto da Napoli, sbarcando direttamente alle isole Eolie. Con l’aereo, comodissimo, si fa prima, ma il fascino di costeggiare Stromboli, di intravedere Panarea, Alicudi e Filicudi, di attraccare a Salina, prima di sbarcare a Lipari, è impareggiabile. È come un viaggio di iniziazione per calarsi in un mondo diverso dove la bellezza regna sovrana. Nel mio primo viaggio, poi, ebbi anche la fortuna di vedere il vulcano di Stromboli in attività che lanciava nell’aria improvvise lingue di fuoco.

L’Isola Bella di Taormina (Ct)

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Il territorio

Il teatro greco di Taormina si apre verso Catania

Lipari è una perla che conviene però visitare non in altissima stagione, altrimenti ci si trova sommersi in un brulicare di persone che rendono il soggiorno più difficile. I mesi ideali sono settembre e anche ottobre, oppure maggio e giugno. Non sarete soli ma, specialmente fuori dai week end, avrete tutta la tranquillità che volete e troverete il caldo decisamente più sopportabile. Il paese è bello e accogliente, antico, con la brezza del mare che la notte lo rinfresca e lo rende godibilissimo per passeggiare, curiosare fra i negozietti, gustarsi una superlativa granita al caffè. Andando in spiaggia vi imbatterete ogni tanto in piccoli gruppetti di sassi che galleggiano in mare. Se ne trovano anche, sospinti dalle correnti, sulla costa calabra, ma qui sono molti di più e meno levigati. Sembrano proprio delle piccole pietre che, per un’inversione delle leggi della fisica, non sprofondano nell’acqua. Sono frammenti di pietra pomice. Un tempo questa vaporosa pietra vulcanica era usatissima per la cosmesi

personale e nella preistoria serviva per rendere più aguzzi arpioni e punteruoli o per levigare utensili in legno. Oggi, cessata da non molti anni l’estrazione dopo una lunga battaglia per salvaguardare questo ambiente unico al mondo, la pomice è un’attrazione turistica. Lipari è ricoperta di pietra pomice bianca e leggerissima. È il risultato di una particolarissima eruzione vulcanica di tipo esplosivo che ricoprì l’isola di una schiuma incandescente composta in massima parte di silice. Raffreddandosi e indurendosi, la schiuma è diventata roccia intrappolando miriadi di piccole bolle d’aria. Lipari è il maggior giacimento di pomice in Italia e solo dopo che l’Unesco ha dichiarato le Eolie patrimonio dell’umanità, nel 2000, l’attività estrattiva è andata scomparendo. È una storia dura e appassionante quella che ruota attorno a Lipari e alla pomice. Dai cavatori che si ammalavano di silicosi e che fuggivano dall’isola, ai confinati politici (oltre duecento antifascisti fra cui Paolo Fabbri) che qui

Le bianche cave di Lipari

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La caratteristica pietra pomice

trovavano miseria e malattie, fino all’amore impossibile di Edda Ciano, figlia di Mussolini e moglie di Galeazzo Ciano, che nel suo anno di confino e di umiliazioni a Lipari si invaghì del partigiano Leonida Bongiorno, tornato a casa dopo la guerra per contribuire alla rinascita delle Eolie. Amore da cui sono stati tratti un libro e un recentissimo film per la tv. Storie e misteri hanno affascinato scrittori e registi di tutto il mondo. Da Roberto

sembrano proprio delle piccole pietre che, per un’inversione delle leggi della fisica, non sprofondano nell’acqua


L’incanto dell’Etna in azione


Il territorio

percorrendo le viuzze del paese infatti, si respira l’aria di una sicilia che non c’è più, lontano dalle rotte turistiche Rossellini a William Dieterle a Michelangelo Antonioni, fino ai giorni nostri con i set de Il Postino, ultimo lavoro di Massimo Troisi (a Salina), di Caro Diario di Nanni Moretti (che lascia Panarea perché c’è troppa calma) e di Kaos dei fratelli Taviani. Proprio in questo film si dà risalto alla cava di pomice in disuso a Porticello. Gli appassionati di archeologia industriale resteranno affascinati da questa piccola baia, i bambini si esalteranno per trovarsi davanti ad un acquapark naturale, gli altri… potranno vivere l’esperienza indimenticabile di rotolarsi nella cipria di pomice e tuffarsi nel mare blu. La prima volta che ci sono stato mi chiesi perché, fra le tante bellezze dell’isola, tutti andavano in questa vecchia fabbrica abbandonata. Poi ti accorgi del fascino dei lunghi pontili decrepiti che si perdono nel mare e ti ritrovi a giocare come un bambino fra i cumuli di polvere di pomice che formano la spiaggia. È un’esperienza unica, come camminare su una montagna di cipria, ci si può tuffare dentro, rotolare e poi lavare via la polvere sottilissima in una acqua fresca e trasparente. Tornando a riva e asciugandosi

scoprirete anche che la vostra pelle è levigata e liscia come se vi foste sottoposti ad un peeling completo dall’estetista. Ovviamente Lipari e tutte le isole dell’arcipelago offrono molto di più, ma le storie e il turismo legati alla pomice sono davvero uniche da trovare. Per orientarvi, tenete presente che Lipari e Salina sono le isole “più facili”, più attrezzate per tutti e più popolari. Panarea è molto vippara ed esclusiva, Stromboli bellissima, ma più adatta a chi dispone di una buona barca. Vulcano, la più vicina alla costa, è famosa per le sue terme curative e spettacolari. Dalla piscina naturale dei fanghi (detta “la pozza”) si passa alle “acque calde”, un tratto di mare dove ci si può rilassare sotto l’effetto di un ottimo idromassaggio naturale dovuto a decine di fumarole sottomarine che emettono vapore a forte pressione. Non dimenticate poi di assaggiare la malvasia delle Lipari (rigorosamente ben fredda), da cui si ottiene anche un ottimo passito, i capperi ed i liquori (al basilico, fico d’india, agrumi, rose). Oltre che naturalmente il pesce, che troverete ovunque freschissimo e cucinato secondo ricette tipiche. Dal set de Il Padrino al Taormina Film fest

Una delle gole dell’Alcantara

Questa è la storia di due paesi che sorgono a pochi chilometri di distanza, entrambi su due alture a picco sul mare. Uno si chiama Forza d’Agrò (e non lo conosce nessuno), l’altro Taormina (ed è famoso in tutto il mondo). Lasciando (molto a malincuore) le Eolie, avevo deciso di fare una puntata sulla costa nord orientale della Sicilia per vedere Taormina e l’Etna. Così avevo studiato un itinerario da fare in moto che mi tenesse sulla costa fino a Giardini di Naxos, per poi tagliare nell’interno verso Linguaglossa (rinunciando ahimè alle gole dell’Alcantara) per percorrere la bellissima strada di mezzo crinale lungo le pendici dell’Etna e poi ridiscendere verso Randazzo, costeggiare il parco dei Nebrodi e rientrare sulla costa a Capo d’Orlando. Avevo però fatto delle previsioni ottimistiche sui tempi di percorrenza, così pur essendo 50

ormai vicino a Taormina decisi di deviare verso il primo paese che avrei trovato. È così che sono finito a Forza d’Agrò. Non sembra neanche vero, dopo una ripida salita, arrivare in questo paesino cristallizzato in un tempo indefinito con panorami mozzafiato ai piedi di uno stupendo castello normanno diroccato e abbarbicato su una rupe. Il sapore antico di Forza d’Agrò affascinò anche Francis Ford Coppola, che qui è venuto più volte per girare alcune scene di ogni episodio della fortunata saga cinematografica Il Padrino. Percorrendo le viuzze del paese infatti, si respira l’aria di una Sicilia che non c’è più, lontano dalle rotte turistiche. Eppure poco più in là, su un’altra altura c’è un paese che è la meta di qualsiasi viaggiatore che decide di venire in questa regione. Il contrasto è davvero stridente. Tanto vippara, curata, frequentata e un po’ snob Taormina, quanto vera, rude e autentica Forza d’Agrò. Dalla quiete senza tempo al rutilante mondo del Film fest, il passo è breve, ma notevole il cambiamento di scenario. Taormina è un’orgia di colori, voci, botteghine, eventi. Se andate nei mesi estivi vi troverete immersi in un caos di turisti curiosi, dove si fatica perfino a trovare parcheggio per una moto. Ma Taormina è Taormina e il suo fascino si sente subito. Origini nobili, importanti, segnate da battaglie fra i siculi e i greci della vicina Naxos che poi la conquistarono oltre duemila anni fa. E la storia è presente in ogni angolo di Taormina. Da qui sono passati i greci, i romani, gli arabi, i normanni fino ai Savoia, gli Asburgo e i Borboni. C’è la storia della civiltà mediterranea in questo piccolo borgo.


L’isola di Vulcano

«Se qualcuno dovesse passare solo un giorno in Sicilia e chiedesse: cosa bisogna vedere? Risponderei senza esitazione: Taormina». Sono parole di Guy de Maupassant. E per continuare con le citazioni, De Amicis diceva: «Quello che si vede è uno spettacolo di cui non ha eguali né Napoli, né Rio de Janeiro, né Costantinopoli». Ma di Taormina hanno scritto anche autori come Goethe, Alexandre Dumas, Truman Capote. E da qui con il Film Fest sono passati i più grandi attori del mondo: Marlene Dietrich, Elizabeth Taylor, Sophia Loren, Cary Grant, Marlon Brando, Gregory Peck, Tom Cruise, Melaine Griffith, Antonio Banderas. Tanto per citarne qualcuno. Ogni luogo di Taormina è affascinante ma c’è ne è uno capace di togliere il respiro anche al viaggiatore più smaliziato e critico: il teatro antico. Risale al terzo secolo a.C. e poi ristrutturato dai romani 500 anni dopo. Fu edificato in un punto panoramico senza eguali. Dai gradoni dello splendido monumento, ancora in buone condizioni, si possono vedere l’Etna e il sottostante mar Ionio: indimenticabile.

Giardini di Naxos (dopo un bagno corroborante in un mare fresco e limpidissimo). Passo Fiumefreddo, Pedimonte Etneo senza staccare gli occhi dal vulcano che è sempre più vicino. Superata Linguaglossa, svolto a sinistra per percorrere la mitica strada provinciale “Quota Mille” nota a generazioni di motociclisti. Oggi una recente ed imponente opera di ristrutturazione l’ha trasformata in una strada vera e propria, ma prima si aveva proprio l’impressione di perdersi nel nulla. Si chiama ”Quota Mille” perché si snoda sul mezzo crinale del versante nord dell’Etna raggiungendo e superando in alcuni tratti l’altitudine di mille metri. Si sfiorano le colate laviche del 1981 in un misto di roccia nera e vegetazione che lentamente riprende il suo posto. Il panorama è splendido, l’aria frizzante. Per pigrizia rinuncio alla deviazione programmata per la strada Marineve che raggiunge i 1.700 metri di altezza e si perde nelle colate laviche. È tardi e rinuncio anche

Sulle tracce del Mongibeddu Lascio il paradiso (come De Amicis definiva Taormina) per avventurarmi ai piedi degli inferi, alle pendici del Mongibeddu. Il nome comune dell’Etna, infatti, è stato fino a pochi decenni fa Mongibello. Il termine deriva da Mons Jebel, una parola latina e una araba che significano entrambe “monte”. Quindi l’Etna è monte due volte proprio per la sua imponenza che lo rende visibile da tanti luoghi della Sicilia. Oggi Mongibello identifica proprio la sommità del vulcano più grande d’Europa. Lascio la costa a 51

alla deviazione per Bronte (superbi i pistacchi!), proseguo per Randazzo, costeggiando il Parco dei Nebrodi (quello dei famosi maiali neri). Devo percorre circa settanta chilometri per raggiungere Capo d’Orlando sulla costa nord e poi tornare a Milazzo per l’imbarco. La vacanza sta finendo ma mi godo le ultime ore nell’interno incontaminato della Sicilia. La strada ricomincia a salire e si arriva fino ai quasi 1.300 metri di Floresta, il comune più alto della regione. Poi si scende dolcemente verso Ucria e si trova una splendida strada di crinale a quota costante che ci porta a Castell’Umberto e a Naso. Qui inizia, fra piccoli paesini e contrade, la discesa verso la costa. Capo d’Orlando non ha il fascino della Sicilia antica, pur affondando le sue origini in una leggenda che tira in ballo perfino i troiani, ma in dote porta alcune spiagge bellissime , i faraglioni di Scopello e panorami sulle Eolie e Cefalù. Spero di tornare presto!


Il territorio

Il Parco dell’Etna Paolo Corbini

L’area del Parco, pari a poco più di 59.000 ettari, comprende venti comuni della provincia di Catania. Sull’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa, le colate laviche recenti non permettono ad alcuna forma di vita di insediarsi, ma quelle antiche hanno creato terreno fertile per una flora molto varia che, insieme alle forti escursioni termiche, rendono il paesaggio ricco e mutevole. Nei piani altitudinali più bassi, dove un tempo erano le foreste di leccio, ora dimorano vigneti, noccioleti, boschi di querce, pometi e castagni. Superando i 2.000 metri troviamo, invece, il faggio e la betulla, considerata una vegetazione locale. Il vino “Etna doc” nasce da uve prevalentemente autoctone: il bianco con una pre-

valenza di carricante (min. 60%), il rosso e il rosato con almeno l’80% di nerello mascalese. I bianchi sono di pronta beva, i rossi hanno buona freschezza e struttura. L’offerta dei prodotti alimentari di territorio è ampia e variegata: l’olio extravergine di oliva Monte Etna dop, salumi come la salsiccia secca e lo zuzzu, i biscotti pazientini, i pistacchi verdi di Bronte dop (con cui guarnire i famosi cannoli siciliani), il miele, la fragola di Maletto, la ciliegia dell’Etna ossia la cirasa Mastrantoni, le pere butirra d’estate, Spinelli, virgolosa e ucciardona, il ficodindia dell’Etna dop, la mela cola e la mela gelato cola dell’Etna, …

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Castiglione di Sicilia (CT) Paese pieno di storia e di leggende, legate soprattutto al Cannizzu, una torre d’avvistamento che si racconta sia stata spaccata in due da un terribile fulmine, e al castello. Il suo territorio si presta ad interessanti escursioni nel Parco Fluviale dell’Alcantara, con le celebri Gole e l’Etna. Ai piedi dell’Etna sorge il Picciolo, un campo da golf a 18 buche. Tra gli appuntamenti è da segnalare la Sagra Enogastronomica ad agosto. Info turistiche: Ufficio turistico tel. 0942 980348, turismo@comune.castiglionedisicilia.ct.it - www.comune.castiglionedisicilia.ct.it

Linguaglossa L’economia locale è storicamente legata alla produzione di vino, alla coltivazione delle nocciole ed allo sfruttamento della Pineta Ragabo per il legno e per la resina gommosa. Mentre d’inverno Piano Provenzana è una stazione sciistica, con la bella stagione da qui si possono raggiungere la sommità dell’Etna in fuoristrada o avventurarsi per itinerari naturalistici, i sentieri sono infatti percorribili a piedi, in bici, a cavallo… La sede della Pro loco ospita il Museo delle genti dell’Etna, collezione di oggetti, attrezzi e mobili, utilizzati in passato dalle popolazioni dell’Etna. A novembre si svolge la Festa di San Martino con stand dedicati all’enogastronomia. Info turistiche: Pro loco tel. 095 643094, www.comune.linguaglossa.ct-egov.it

Milo (CT)

(CT)

Piedimonte Etneo (CT) Splendido è il suo panorama sulla costa ionica. La Festa della vendemmia si tiene l’ultimo week end di settembre, con vini, prodotti tipici, gruppi folkloristici, sfilate in costume, palio delle botti e la tradizionale pigiatura sul palmento allestito in piazza. Info turistiche: Ufficio Informazioni Turistiche tel. 095 644500, pro loco tel. 095 644061, www.comune.piedimonte-etneo.ct.it

Caratteristica dei vigneti di Milo è l’altitudine, oltre i 1.000 metri, con una forte escursione termica che conferisce alle uve profumi molto intensi. È famosa in campo enologico in quanto rappresenta una sottozona dell’Etna doc per l’esclusiva produzione Bianco Superiore a base di carricante. A settembre nell’ambito della rassegna Vini Milo, c’è il Concorso per miglior vigneto dell’Etna. Info turistiche: Pro loco tel. 095 955328, prolocomilo@ tiscali.it, http://prolocomilo. altervista.org - www.comunedimilo.ct.it

Randazzo (CT) Con le antiche opere d’arte, chiese, vecchi palazzi, musei che ospitano resti archeologici di gran valore, strade e vicoli in pietra lavica, è una vera e propria perla ambientale ed architettonica collocata all’interno di tre aree protette: Parco dell’Etna, Parco dei Nebrodi e Parco Fluviale dell’Alcantara. Info turistiche: Pro loco tel. 328 4526965 – 347 1867017 – 095 923841, www.prolocorandazzo.it – www.comune.randazzo.ct.it

Riposto (CT) Il suo nome è legato all’antico commercio del vino etneo che da qui partiva per il mare del Nord. Marina di Riposto ospita oggi il Porto dell’Etna (www. portodelletna.com). Da visitare è il Parco delle kentie, museo botanico-didattico con un ricco erbario gestito dall’Istituto di Botanica dell’Università di Catania. Ad agosto c’è il Palio delle botti di Eustachio. Nello spazio attiguo l’ex Ostello della Gioventù, sul lungomare Pantano, vi è un’area di sosta a pagamento già attrezzata per lo scarico e il rifornimento dei camper (ticket d’ingresso giornaliero di € 8,00 tel. 347 6658520). Info turistiche: Pro loco tel. 095 8205209, www.prolocoriposto.it – www.comune. riposto.ct.it

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Il territorio

Sant’Alfio (CT)

Santa Venerina (CT) Suggestive terrazze delimitate da muri a secco di pietra vulcanica accolgono i vigneti, dando luogo a verdi geometrie. Da visitare il Museo del palmento, con attiguo forno per la lavorazione della ceramica. All’interno dello storico liquorificio Giuffrida è il Museo della Civiltà Enologica - La Distilleria, visitabile con almeno due giorni di preavviso. In settembre si svolge EnoEtna, mostra mercato dei vini Siciliani e dell’Etna. Info turistiche: Pro loco tel. 095 954742, www.comune.santavenerina.ct-egov.it

Trecastagni (CT) Sul colle a nord-ovest, con vista panoramica sull’Etna e il mare, resiste al tempo il cosiddetto mulino a vento: una costruzione conica in pietrame e malta di antica fattura e, data la posizione, con funzione difensiva e di avvistamento. Nella masseria di monte Ilice Giovanni Verga ambientò Storia di una capinera. Prodotti tipici da assaggiare: fungiu dell’ogghiu (fungo), miele e castagne. A fine settembre si tiene la Festa del castagno, con mercatino di vini e prodotti della tradizione, degustazioni e musica dal vivo. Info turistiche: Pro loco tel. 095 7806577, www.comune.trecastagni.ct.it

Viagrande (CT) Borgo Viscolari, il più antico del paese, nacque dalla gente che qui si trasferì per trasformare i boschi in vigneti e perciò fu detta contrada de li buscalori (documento del 1464). La conca del Monte Serra, un anfiteatro naturale, è composto da terrazzamenti da sempre coltivati a vigneto. Unica in tutto il centro-sud è la Casa delle Farfalle del Monte Serra, una voliera con piante e fiori tropicali che ospita le farfalle più belle del mondo. A fine settembre si festeggia la Sagra della Vendemmia. Info turistiche: Pro loco tel. 095 7890753, www.prolocoviagrande.it - www.comune.viagrande.ct.it - www.viviviagrande.net

Zafferana Etnea (CT) È chiamata “la perla dell’Etna”, per l’incantevole panorama che nelle giornate limpide spazia dalle coste della Calabria a quelle del golfo di Siracusa. Il nome viene dall’arabo zaufanoh che significa giallo, per le coltivazioni locali di zafferano. Qui 800 piccole aziende producono il 15% della quantità nazionale di miele. Famosa è l’Ottobrata, importante vetrina dei prodotti tipici, in primis di quelli dolciari, che si tiene tutte le domeniche di ottobre. Info turistiche: Pro loco tel. 095 7082825, www.zafferana-etnea.it

Ente Parco dell’Etna (CT)

Già a partire dal Settecento numerosi turisti venivano qui a vedere il Castagno dei Cento Cavalli, uno degli alberi più grandi e vecchi al mondo riconosciuto dall’Unesco “Monumento messaggero di pace”. Nel Museo della vite e del vino mostra fotografica della vendemmia negli anni ’50 ed esposizione di antichi strumenti per la lavorazione in vigna e cantina. Info turistiche: Pro loco tel. 095 968772, www.comune.sant-alfio.ctegov.it

È stato il primo parco istituito in Sicilia nel 1987. Vi si alternano vigneti, paesaggi boschivi, noccioleti, fino al deserto vulcanico dove non sopravvive alcuna forma vegetale. Un comprensorio dal paesaggio ricco e affascinante protetto da un parco naturale. Info turistiche: tel. 095 821111, ufficiostampa@parcoetna. it, www.parcoetna.ct.it

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La Sicilia del vino en Primeur C’è un appuntamento immancabile ormai da nove anni per gli appassionati di vino siciliano: la manifestazione “Sicilia en primeur” organizzata da Assovini Sicilia, la più importante associazione di produttori di vino dell’isola che riunisce piccole e grandi cantine orientate alla qualità e allo sviluppo sostenibile del territorio, presieduta da Antonio Rallo. Anche se si tratta di un’iniziativa riservata alla stampa, è di solito accompagnata da una grande degustazione aperta al pubblico e da una “lezione” tenuta da relatori di indiscussa competenza. È qui che si degustano in anteprima i vini dell’ultima vendemmia, qui che si ha il polso dell’evoluzione delle ultime annate, qui si affermano, prima che altrove, le nuove tendenze. Per il 2012 la manifestazione, che è itinerante dato che ogni anno si svolge in una diversa area viticola della regione, si è tenuta sull’Etna e i vini del Vulcano ne sono stati i mattatori. Ad assicurare l’alto profilo anche scientifico della manifestazione è stato il professore Attilio Scienza, dell’Università di Milano, con un intervento che ha mostrato l’enorme patrimonio di biodiversità viticola e dei vitigni reliquia in Sicilia, sull’Etna in particolare. I giornalisti, nelle diverse sale a loro riservate all’Etna Golf Resort di Castiglione di Sicilia, e gli appassionati nella grande degustazione pubblica organizzata nella nuova Città del Gusto del Gambero Rosso, da poco inaugurata negli spazi della Vecchia Dogana al porto di Catania, hanno potuto verificare come i bianchi siciliani siano sempre più caratterizzati da freschezza e longevità, in particolare quelli da uva carricante, tipica dell’Etna, dalla spiccata acidità varietale. Tra i bianchi sono piaciuti, per naso accattivante e buona struttura, i vini da uve Grillo e da riscoprire il Grecanico, non di grande complessità ma di fine piacevolezza. Tra i

rossi, tanti i campioni di Nero d’Avola, sempre più caratterizzati dall’area di provenienza, e i vitigni etnei per eccellenza, nerello mascalese e nerello cappuccio, ma da segnalare anche un interesse crescente per i cerasuoli di vittoria, in particolare quelli naturali, per i frappati in purezza, e per vecchi vitigni isolani quali il perricone e il nocera. Vitigni autoctoni, quindi ,in primo piano, anche in diverse nuove etichette di spumanti, ma grande interesse anche per gli internazioni che sull’isola si presentano comunque con sentori più intensi e originali. Tra i dolci infine, oltre il solito successo dei Passiti di Pantelleria. Un’attenzione crescente è stata inoltre rivolta alla Malvasia delle Lipari e al Moscato di Noto.

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Il territorio

La Sicilia vista da Planeta

Sei aziende per raccontare un territorio Andrea Sperelli


«Una bella scommessa». Francesca Planeta definisce così l’avventura iniziata a metà degli anni Ottanta e che ha portato alla prima vendemmia nel 1995. La storia dell’azienda Planeta nasce tra Sambuca di Sicilia e Menfi per arrivare, in poco tempo, a rappresentare sei modi di esprimere il territorio in sei cornici diverse. Tante sono, infatti, le tenute nelle quali si produce vino, ciascuna con uno specifico progetto di ricerca e valorizzazione. Ulmo a Sambuca di Sicilia, Dispensa a Menfi, Dorilli a Vittoria, Buonivini a Noto, Sciara Nuova sull’Etna a Castiglione di Sicilia, e infine La Baronia a Capo Milazzo. Questi sono i luoghi di Planeta, per una superficie complessiva di vigneti che ammonta a 363 ettari e una produzione di 2 milioni di bottiglie. «E’ la somma di tutte le tenute. Sono Boutiques wineries, con una grande attenzione alla qualità, al territorio e ai vitigni autoctoni». Planeta esporta il 55% della produzione in circa 70 Paesi, con in testa Germania, Usa, Giappone, Svizzera, Inghilterra, Russia e Canada. «I risultati ci sono, dopo tanto impegno e passione. La Sicilia offre un bel clima, ha una grande storia, buoni vini e cibo. E’

una terra dove le risorse, se sfruttate possono rendere benissimo». La scelta di Planeta, in ciascuna delle sei aziende, è quella di dare voce al territorio. «Abbiamo iniziato il nostro percorso nelle proprietà di famiglia tra Menfi e Sambuca di Sicilia, dove abbiamo piantato anche Chardonnay, Syrah, Fiano e diverse varietà che si sono adattate perfettamente al nostro clima. Da qui abbiamo continuato a piantare e diffondere la cultura dei vitigni autoctoni come il Nero d’Avola e il Grecanico. Ma abbiamo anche cercato territori di origine di molti vitigni autoctoni. Come il Nero d’Avola e il Frappato per la Docg di Vittoria. A Noto abbiamo piantato 40 ettari di Nero d’Avola, oggi doc Noto, e il Moscato per il tornare a produrre un vino quasi scomparso, il Passito di Noto». Ma l’attività di Planeta non è solo vino, ma anche olio. «A Menfi, in contrada Capparrina, dove coltiviamo le varietà tipiche della zona, Biancolilla e Nocellara per la produzione di Olio Dop Val di Mazara. Inoltre offriamo ospitalità per i turisti come con il resort La Foresteria a Menfi e le cantine sono attrezzate per l’attività enoturistica».

La tenuta nella zona dell’Etna


Il territorio

Dorilli

Planeta Terra, l’ambiente in primo piano. Produrre vino con la massima attenzione alla sostenibilità. Nasce con questa prospettiva, Planeta Terra. A spiegare il progetto è Alessio Planeta, uno dei proprietari dell’azienda Planeta: «Abbiamo adottato il protocollo “Planeta Terra” per la tutela dell’ambiente. Nell’azienda Buonivini, a Noto in Sicilia, abbiamo realizzato una “Cantina Invisibile” che limita al massimo l’impatto paesaggistico e decine di pali di linee elettriche ormai in disuso sono state dismesse, mentre nella zona di Menfi le linee nuove sono state direttamente interrate. Sempre a Menfi sono in funzione 300 metri quadrati di pannelli fotovoltaici destinati alla produzione di energia elettrica per le cantine. La grande produzione di biomassa che risulta dalla potatura dei vigneti viene in buona parte avviata alla trasformazione. Le vinacce vengono riutilizzate come ammendante organico nei vigneti e stiamo drasticamente diminuendo l’impiego dei cosiddetti tappi in silicone, tornando ai tappi naturali».

Dispensa

Francesca Planeta

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Dispensa

Buonivini

Con Sostain anche il vino è sostenibile. SOStain è il primo progetto italiano di certificazione viticola ambientale volto a incrementare il livello di sostenibilità. Ispirato da alcune realtà analoghe condotte negli Stati Uniti, quali il Cswa (California Sustainable Winegrowing Alliance), il WineWise nel Washington St., il Live nell’Oregon (Low Impact Viticulture & Enology), solo per citarne alcuni, SOStain è un programma scientifico di sostenibilità ambientale a carattere volontario. Le pratiche agronomiche si avvalgono delle conoscenze della viticoltura tradizionale e di quelle biologiche clas-

siche, coniugandole con la più moderna innovazione scientifica e tecnologica. Il progetto prevede un percorso di miglioramento a tappe, con livelli crescenti di sostenibilità. Sviluppato dall’Università di Piacenza, con la collaborazione di Attilio Scienza dell’Università di Milano per la parte strettamente agronomica, SOStain è un progetto unico in Italia al quale partecipano due cantine siciliane: Planeta e Tasca d’Almerita. La convinzione è quella che lo sviluppo scientifico, unito a un progetto di sostenibilità aziendale, metterà in luce l’alta qualità della produzione agricola della Sicilia.

Ulmo

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Il territorio

Dario Cartabellotta

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Dario Cartabellotta e il nuovo corso

«Valorizziamo l’entroterra» Alma Torretta

La Sicilia: coste meravigliose ma anche aree interne tutte da riscoprire. «Dove l’agricoltura convenzionale si sta convertendo – spiega Dario Cartabellotta, direttore generale per gli Interventi Infrastrutturali dell’Assessorato regionale Agricoltura – ad una più complessa economia di turismo rurale: la valorizzazione dei laghi». I primi sono stati i produttori di vino, che tutt’ora sono l’avanguardia di un movimento che sta adesso dilagando in tutta l’isola e in tutti i comparti produttivi, ridisegnando lentamente paesaggi e modi di vita. Hanno aperto le porte delle loro cantine alle visite, guidato gruppi sempre più numerosi in vigna, invitato giornalisti da tutto il mondo, organizzato cene, corsi di cucina, spettacoli. I vignaioli hanno cominciato ad attrezzarsi anche per l’ospitalità, alcuni con servizi di bed&breakfast, altri appoggiandosi ad agriturismi in zona o creandone uno proprio, altri ancora hanno realizzato veri e propri relais di lusso. I modelli sono stati la Francia e la Toscana: la risposta degli utenti è stata di straordinario interesse, le stesse bottiglie di vino si sono vendute meglio

e il reddito dei produttori, così integrato da nuovi proventi, è divenuto ancora più soddisfacente. Ed è a questa evoluzione dei viticultori, da semplici produttori ad ambasciatori nel mondo della Sicilia migliore e propulsori di sviluppo nel loro territorio, che la Regione siciliana guarda come esempio di successo e riferimento per le sue politiche il rilancio, sia degli altri prodotti d’eccellenza dell’isola, che delle sue aree rurali intere. «Il nostro obiettivo è far ridiventare le nostre campagne ricche di opportunità e di servizi – spiega ancora Dario Cartabellotta – in linea con le politiche europee di riequilibrio territoriale. In Sicilia la maggior parte della popolazione oggi vive lungo le coste, vogliamo invece che la gente torni a lavorare ed abitare con soddisfazione nelle nostre bellissime aree interne. Per far questo la strada è convertire il modello prevalente di agricoltura in un’economia più complessa che si basa allo stesso tempo nella produzione di prodotti e nell’accoglienza. Non solo di turisti nel senso tradizionale – continua il direttore Cartabellotta – ma anche di sportivi, penso

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agli itinerari in bicicletta piuttosto che alle attività tipo la canoa che si possono sviluppare nei nostri tanti laghi interni; ma anche accoglienza di studenti che possono soggiornare nelle terre confiscate alla mafia piuttosto che in istruttive fattorie didattiche; e di chi ha bisogno di seguire cicli di terapie riabilitative in tutta tranquillità, come l’ippoterapia ad esempio. Insieme all’agricoltura vogliamo quindi sviluppare il turismo, l’artigianato, l’arte, le attività sociali nelle aree interne per un rilancio equilibrato e sostenibile di tutta l’economia dell’isola». Tra i progetti di maggiore interesse, già finanziati, che la Regione siciliana sta realizzando c’è appunto quello per la valorizzazione dei laghi interni, una storia che si intreccia a quella delle lotte per la terra da parte dei contadini e per la costruzione delle dighe (costellata di famose battaglie civili quali quelle di Danilo Dolci per la diga Jato) che hanno segnato il passaggio da un’agricoltura di tipo feudale a quella moderna. Un passaggio epocale da cui ripartire adesso per un altro balzo in avanti della Sicilia migliore.



Il territorio

Top ten

Alla scoperta della Sicilia tra alberghi e ristoranti Francesca Bucalossi


Il territorio

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I ristoranti

Villa Antonio

Via Luigi Pirandello 88, 98030 Taormina (0942 625502) – info@villaantonio.it Lo scegli anche soltanto per la suggestione del panorama. La terrazza affacciata sul mare di Taormina vale da sola il prezzo (da 50 euro in su, dipende dal vino e da cosa si mangia). Piatti della cucina tipica ma rivisitati in chiave moderna soprattutto nella presentazione. Ottimo per chi ama le crudité di pesce. Grande scelta di primi. Provate i paccheri di Gragnano alla cernia o con spada e pomodorini, il risotto al nero d’avola, gli spaghetti con pomodorini secchi e pesce bianco. Fra gli antipasti da assaggiare le pittulicchie (frittelle) con frutti di mare. Fra i dessert il semifreddo alle mandorle o la mousse con le meringhe al cioccolato.

Le Vin de l’assassin Bistrot Via Roma 115, 96100 Ortigia (Siracusa) (0931 66159) – levindelassassin@gmail.com Scegliamo sempre location particolari perché l’occhio vuole la sua parte, non solo quando guarda i piatti che vengono serviti, ma anche quando spaziano intorno. E questo è davvero particolare. Non vi aspettereste di trovare un bistrot con cucina siculo-francese in una via della Siracusa vecchia che sbocca proprio sul lungomare di Ortigia (e si intravede nello

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sfondo). Piatti originali come il filetto rossini con fois gras, entrocote, astice in salsa di champagne, tartare di tonno, ma anche millefoglie alle melanzane, insalata di triglie, ostriche e lumache (escargot). Dopo, per digerire, fate due passi a piedi, siete a cento metri dal duomo di Siracusa e dall’altra parte c’è un lungomare che invita a tuffarsi. Spesa dai 35 ai 65 euro.

Coria Via Infermiera 24, 95041 Caltagirone (0933 334615) –info@ristorantecoria.it La città della famosa scalinata e delle ceramiche offre un ristorante che fa delle materie prime un culto. A partire dal “Benvenuto” servito in una cocottina di ceramica con bietole, cuccia (cereali e ceci), spuma di ricotta e “capuliato” (pomodori secchi tritati e conditi). Il locale è dedicato al Colonnello Giuseppe Coria scrittore del libro di cucina e non solo Profumi di Sicilia e primo imbottigliatore del Cerasuolo di Vittoria. Il ristorante ha

una vera e propria enoteca dove è possibile acquistare i vini che sono in carta. Provate qualcuna delle ricette narrate del colonnello (scomparso pochi anni fa). Dai tradizionali arancini, alle anguille, le lumache e anche le rane. Poi i dolci. Dai cannoli alle stupende cassate. Buonissimi i maccheroncini fatti in casa con crema di zucca o ragù di coniglio e pecorino. Spettacolari le “Delizie del pescato crude e marinate”. Si spende dai 35 ai 70 euro.

Don Ciccio Via del Cavaliere 87, Bagheria (091 932442) Nella nostra carrellata mancava ancora una vera trattoria tipica d’altri tempi. Don Ciccio è un locale storico ora condotto dal figlio Santo. Pietanze genuine così come l’accoglienza semplice e cordiale. Siamo davvero dentro la gastronomia verace della Sicilia. Dai bucatini aglio, olio e mollica “atturrata”, gli involtini siciliani, la caponata, la pasta con le sarde rosse, il calamaro ripieno, le sarde a beccafico. Tipico ma originale per chi non sa dell’usanza, è il

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benvenuto con uovo sodo e Zibibbo. Se prendete il vino della casa sappiate che è quello di una volta, quello del contadino. Quindi se non siete amanti del genere virate senza indugio su una buona etichetta. Non vi impressionate se vi prendono per il collo, vi stanno solo mettendo il bavaglio per non sporcarvi. Finite con i cannoli, spettacolari grazie anche ad una ricotta superba e un obbligatorio bicchierino di marsala. Si spende dai 25 ai 40 euro.

Ristorante Filippino Piazza Mazzini 98055 Lipari (090 9811002) – filippino@filippino.it Bel locale nella piazza alta di Lipari. È il ristorante storico dell’isola (cento anni di attività) e non ha perduto il suo appeal. Provate i freschissimi gamberetti di nassa crudi, il tortino di spada al cappero, la zuppa con lo scorfano, i ravioli di aragosta con salsa di gamberi, famosi i maccheroni fatti in casa. Ottimo il pescato fresco crudo o alla

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griglia. Per i dolci orientatevi su mousse al gelsomino (di cui è piena l’isola) o il semifreddo alle mandorle e cioccolata fusa. I biscottini alla malvasia sono i migliori di Lipari. Attenti all’altissima stagione, per non mandare indietro nessuno talvolta servizio e qualità del cibo calano bruscamente. Il costo per un pasto completo fra i 40 e i 60 euro.


L’Oste e il Sacrestano Via sant’Andrea 19 Licata (0922 774736) Giuseppe e Chiara gestiscono questo piccolo locale nel centro di Licata puntando su piatti semplici della tradizione e su ottimi prodotti locali. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Un bel menù potrebbe essere: polpi scottati su crema di ceci, spaghetti ai ricci di mare (anche spaghetti verdi alla chitarra fatti da Peppe),

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ricciola su letto di spinaci croccanti e purea di patate affumicate, cannolo su spremuta di fichi d’india. Ma da provare sarebbe anche l’insalatina di mare servita su un letto di crema di carote o il primo agli odori di Sicilia che abbina alla pasta fresca il finocchietto, i capperi, la colatura di alici, la bottarga. Si spende circa 50 euro.

Lu Disiu Vicolo Mafalda di Savoia 91022 Castelvetrano (Trapani) (0924 907321) – ristoranteludisiu01@libero.it È un ristorante a gestione familiare che si trova in un vicolo di via XXIV Maggio, nel cuore del centro storico di Castelvetrano. Propone piatti della cucina tipica trapanese e gli ingredienti variano con le stagioni. Il pescato, proveniente da Selinunte, è di grande qualità e freschezza. Offre una buona cantina di vini siciliani. Sia i primi che i secondi

spaziano tra terra e mare. Da provare i bucatini in bianco con le sarde, o al ragù di aragosta o il pesce fresco cucinato all’acquapazza, così come la frittura di paranza e i filetti di sgombro panato. Se preferite carne approfittare per degustare gli unici involtini alle noci o la bistecca di vitellina. Si spende dai 35 ai 50 euro (in agosto è aperto solo la sera).

L’Oste Scuro Piazza Lionardo Vigo 5 95024 Acireale (0957 634001) È una trattoria tradizionale senza grandi pretese dove si cucina bene e il prezzo è onesto. Di straordinario però ha la posizione. Non so quante altre volte vi capiterà di cenare di fronte alla facciata monumentale di una chiesa del ‘700 famosa ed imponente. I tavoli in piazza dell’Oste Scuro sono proprio di fronte al duomo di Acireale. L’accoglienza è piacevole con un altro

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classico siciliano: la brocca di limonata fresca offerta appena ci si siede. Fra i piatti più noti dell’Oste Scuro ci sono i fusilli in salsa di pistacchi di Bronte e gamberetti, il tonno in agrodolce e la particolarissima salsiccia di pesce spada o di tonno. Ma anche il pasticcio di melanzane e pesce oppure i calamari ripieni di ricotta sono da provare. Il prezzo è onesto, dai 20 ai 40 euro.

Antica Filanda di Capri Leone Contrada Raviola, Capri Leone Messina (0941 919704) – info@anticafilanda.net Situato in collina con vista mare e una bella piscina dove rilassarsi, l’Antica Filanda offre una cucina regionale con poche contaminazioni di prodotti tipici di altre zone italiane. Dalla terrazza panoramica si può vedere nelle giornate più terse anche le Eolie. All’interno dispone di una bella cantina in pietra dove si può cenare al fresco (prenotate però per la cantina). Buona carta dei vini (oltre 500 etichette nazionali ed estere) e la qualità delle materie prime. Visto dove siamo è decisamente

da preferire la carne al pesce ad iniziare dai salumi. Fra le chicce del locale ci sono l’antipasto di maialino nero dei Nebrodi con carciofi crudi, melograno e pinoli, gli sformatini di funghi e patate con sfilacci di carne secca e gli arancini di cous cous. Fra i primi i Maccarunna (maccheroni) busiate con coniglio, melanzane e zenzero. Chiudete con un delizioso millefoglie di ricotta con marmellata di arancia o il semifreddo alle nocciole e pasta reale di Tortorici. Si spende dai 40 ai 60 euro.

Bottiglieria Belvedere Via Vulturno 26, 94100 Enna (0935 23396) – bottiglieriabelvedere@gmail.com Un posto particolare nell’interno della Sicilia dove sbizzarrirsi nella degustazione dei vini (a prezzi giusti) accanto ad una buona e curata cucina tradizionale appena rivisitata. Pochi piatti che cambiano ogni giorno dove trovano spazio anche proposte di altre cucine regionali con qualche omaggio a quella francese (tipo il crostino di foie gras con il sale

maldon). Il punto di forza sono i vini. Con oltre settecento etichette, il locale offre un buono spaccato della produzione siciliana e una buona dotazione di Champagne e distillati. La bottiglieria di Giovanni e Luca si trova proprio sul belvedere di Enna e quindi offre un paesaggio eccezionale. Si spende da 20 ai 35 euro (di più con lo Champagne).

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Il territorio

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Antica Badia Relais Hotel

Gli alberghi

Corso Italia 115 97100 Ragusa (093 2247995) – info@anticabadia.com Si trova nel centro storico di Ragusa vicino al quartiere Ibla. È un bellissimo palazzo del Settecento da poco restaurato dotando le camere di ogni confort. Ognuna diversa dall’altra, oltre alla climatizzazione e tv satellitare offrono, tutte, una connessione via cavo gratuita ed eleganti interni con tessuti di lusso e mobili antichi dalla Sicilia e da tutta Europa. Alcune hanno anche l’idromassaggio. Dal terrazzo sul tetto dove viene servita la colazione si vede la

vecchia città e il duomo che è vicinissimo. Gli ampi saloni sono affrescati in stile Barocco. L’Antica Badia ha due ristoranti e un lussuoso centro benessere con sauna, bagno turco e servizio massaggi. L’albergo è dotato di un parcheggio privato a 10 euro il giorno ma si può tranquillamente parcheggiare sul corso. È un cinque stelle ma i prezzi sono contenuti, per una doppia si va dai 120 ai 210 euro della spettacolare junior suite.

Hotel Villa Athena Via Passeggiata Archeologica 33, 92100 Agrigento (092 2596288) – info@hotelvillaathena Non è certo economico, anzi è piuttosto caro ma quando può capitarvi di svegliarvi, aprire la finestra e trovarvi davanti all’antico tempio della Concordia ,un antico tempio greco? Siamo infatti praticamente all’interno della valle dei templi di Agrigento. Questa elegante villa settecentesca, interamente ristrutturata tre anni fa (prima aveva qualche problema per gli arredi datati), ha vinto quest’anno il premio Travellers’ Choice Awards nella categoria

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lusso. Tutte le camere sono dotate di aria condizionata, Tv satellitare e bagno in marmo. Non tutte però hanno la vista sui templi, alcune danno sul giardino. Alcune suite sono dotate di sauna. Cercate le camere con balcone e vista sulla valle. Completano un’offerta sontuosa la piscina all’aperto ed il parcheggio gratuito. Anche i prezzi sono di quelli che non si dimenticano: Per una notte si va dai 210 ai 543 euro.

Liberty Hotel San Vito 40, 95124 Catania (095 311651) – info@libertyhotel.it Se siete innamorati dello stile liberty questo è il vostro albergo, sembra quasi di dormire in un museo. Perfino i bagni sono liberty con marmi e mosaici. Questa bella villa dei primi del Novecento si trova nel cuore di Catania. L’albergo è comodissimo per visitare la città e non fatevi intimorire all’arrivo dall’aria un po’ decadente del quartiere dove si trova. Le camere sono tutte arredate con mobili d’epoca e quasi

stonano le moderne Tv satellitari. Alcune vantano anche soffitti a volta affrescati. Troverete in camera come benvenuto un pasticcino alle mandorle. Vi sembrerà davvero di essere tornati indietro di un secolo ma i confort ci sono tutti a partire dall’aria condizionata. I prezzi invece sono quelli di oggi. Per una doppia, a notte, ci vogliono 180 euro, 250 per la suite. Il parcheggio è a pagamento (13 euro il giorno).

Panoramic Hotel Via Nazionale 196 B Loc. Isola Bella 98039 Taormina (094 2620674) – info@panoramictaormina.it Si trova a poche decine di metri dalla spiaggia della Baia di Isola Bella e la vista è di quelle indimenticabili. Con la funivia si raggiunge in 5 minuti il centro storico della città. È sicuramente il modo migliore per visitare Taormina: siete in uno dei luoghi più belli e avete il congestionatissimo centro storico (difficile parcheggiare perfino uno scooter) a portata di mano. Splendida la piscina sulla terrazza

5.

2.

4.

panoramica dell’ultimo piano dove si servono le colazioni e dove si può gustare cocktail la sera. Arredato con un design contemporaneo e mobili artigianali, ha camere eleganti, dotate di aria condizionata, balcone, connessione Wi-Fi gratuita, Tv satellitare bagni con mosaici e vista mare. Unico neo, la vicinissima e trafficata strada che può disturbare il sonno. Per una doppia si spende dai 190 ai 247 euro.

Hotel Carmine Piazza Carmine, 16, 91025 Marsala (Trapani) (0923 711907) – info@hotelcarmine.it È un tre stelle, ma migliore di alcuni più stellati che prende il nome dall’omonima piazza. Si trova nel centro di Marsala in un edificio storico restaurato recentemente. L’atmosfera è incantevole, l’atrio e i saloni sono pieni di archi in pietra a sesto acuto e le camere soni splendidamente decorate. Sono dotate di condizionamento, tv, minibar, la connessione Wi-Fi è gratuita, e i soffitti sono a volta o con travi in legno. In alcune troverete i pavimenti originali

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in ceramica d’epoca. L’arredamento merita molta attenzione perché quelli che vedete sono tutti mobili d’epoca originali (e restaurati) della tradizione siciliana. Perfetto per chi vuole visitare questa città da dove è partita la storia enologica siciliana. Favolosa colazione a buffet con una scelta incredibile di torte fatte in casa nel portico del giardino. Nella parte anteriore dell’hotel è disponibile un parcheggio gratuito. Per una doppia si spende dai cento ai 160 euro.


Hotel A’ Pinnata Baia Pignataro 98055 Lipari (090 9811697) – pinnata@pinnata.it Il posto ideale per godersi Lipari e le Eolie. Si trova proprio sopra la baia di Porto Pignataro e il panorama offre la vista di tutta la costa orientale dell’isola e del paese di Lipari. Bellissimo di notte. È l’unico posto dove si può avere un po’ di privacy, ma al tempo stesso essere vicini alla movida eoliana. L’arredamento è ricercato e si rifà con tanto bianco e azzurro alla tradizione isolana. Le camere sono dotate di balcone privato, aria condizionata, Tv satellitare. Internet e il

7.

parcheggio sono gratuiti. Se è libera scegliete “I pesci” ha una vista incredibile. La terrazza panoramica del Pinnata ospita una piccola piscina, un’area colazioni e delle viste panoramiche sul porto di Lipari. La spiaggia dista 800 metri. Assaggiate la malvasia fredda che sicuramente vi offrirà il direttore Antonello, non è perfetta ma è quella vera, di una volta. I prezzi variano molto con la stagione: si va dai 140 euro nei primi mesi estivi e settembre ai 270 di agosto. Prenotate per tempo.

Hotel Feudo Vagliasindi Contrada Feudo S.Anastsia, St. Provinciale 89 Randazzo (Catania) (095 7991823) – info@feudovagliasindi.it Si trova ai confini del Parco Nazionale del Monte Etna, vicino alla riserva naturale del fiume Alcantara. L’antica dimora nobiliare fu edificata agli inizi del Novecento. Originariamente l’azienda si occupava della coltivazione dei gelsi per allevare i bachi da seta. È la sistemazione ideale per visitare la zona del vulcano e conoscere da vicino una Sicilia che lentamente va scomparendo. Arte, natura e tranquillità sono i must di Vagliasindi. Il feudo è dotato di ristorante e di camere eleganti e

spaziose con connessione Internet gratuita, aria condizionata, Tv a schermo piatto e mini-frigorifero. Alcune vantano anche un balcone e la vista sui monti Nebrodi. La colazione comprende dolci e conserve di frutta fatti in casa e, su richiesta, cibi salati come uova e salumi. Il ristorante serve piatti della tradizione siciliana preparati con ingredienti locali. Le biciclette sono perfette per esplorare la zona e si possono noleggiare in loco. I prezzi vanno dagli 80 euro per la doppia ai 140 per la suite.

Hotel Palazzo Sitano Via Vittorio Emanuele 114 90133 Palermo (091 6119880) – info@hotelpalazzositano.it Nel centro storico di Palermo questo elegante palazzo barocco del XVIII è a a pochi passi da alcuni dei monumenti e delle zone, più belle della città: Piazza Marina, il Giardino Garibaldi, i Quattro Canti, il Mercato della Vucciria, la Chiesa della Martorana. In più a cinque minuti a piedi c’è il mare (il porto è poco più lontano). Ci si trova immersi davvero nell’atmosfera autentica della città. Offre camere spaziose arredate con gusto contemporaneo

9.

6.

8.

che rispettano l’architettura del palazzo storico. Sono tutte dotate di pavimenti in parquet, condizionamento e insonorizzazione, minibar e Tv satellitare. Dalle 18 c’è a disposizione una piccola sala con bagno turco e sauna. Stupenda la corte interna che serve anche come sala per la colazione. La fermata dei bus urbani è proprio di fronte al palazzo. Per una doppia standard si spendono 100 euro, dai 170 ai 220 per le junior suite.

La Plumeria Hotel Orso Ruggero 185, 90015 Cefalù (0921 925897) –: info@laplumeriahotel.it Da qui si può “respirare” Cefalù. Siamo a duecento dalla Cattedrale arabo – normanna e a soli 2 minuti dal mare. Dai balconi e dalle finestre si godono scorci unici del centro storico. L’edificio ha origini tardo medievali ed è stato ristrutturato da pochi anni. La hall, il salottino con il piccolo bar, il caratteristico cortile e il baglio interno, la sala per le colazioni, sono tutti ambienti realizzati con soluzioni architettoniche che rimandano alle tradizioni locali e arredati con pezzi di antiquariato

siciliano. Le Camere, molto diverse l’una dall’altra, sono climatizzate e presentano TV e minibar. C’è la connessione Wi-Fi in tutte le aree comuni e negli alloggi. L’unico problema è che La Plumeria si trova nella zona a traffico limitato e il parcheggio gratuito è lontano circa un chilometro. Ma se si vuole stare nel cuore di un piccolo e famoso paese bisogna fare qualche sacrificio. C’è comunque la navetta gratuita. I prezzi per una notte in alta stagione vanno dai 160 ai 210 euro.

Geco Resort Contrada Camaro 13 91023 Favignana (TP) (0923 921884) – info@gecoresort.it È un antico bagghiu (fattoria) siciliano completamente ristrutturato pochi anni fa in chiave moderna. Offre, divisi in quattro strutture principali, dieci appartamenti di charme immersi in un grande parco con una bella piscina. Si trova a circa settecento metri dal mare. Non è certo economico ma la qualità c’è tutta. In estate si va dai 1.000 euro a settimana per i monolocali, ai 2.600 per il villino con tre

camere da letto. Ogni appartamento è dotato di tv, climatizzazione, angolo cottura, ampia veranda o terrazzo. Si possono fare percorsi naturalistici, archeologici, enogastronomici come noleggiare gommoni, bici, scooter. Il Geco Resort è ideale per chi cerca la tranquillità e la natura, vi sembrerà di essere in una solitaria villa privata invece che in albergo di una bellissima, ma affollatissima, isola siciliana.

67

10.


68


Il territorio

Abbiamo assaggiato 69


Il territorio

6

VOTO

5

VOTO

Terre di Ginestra Sicilia Igt 2011

Kheirè Sicilia Igt 2011

Tipologia: Bianco Uve: Catarratto Gradazione: 13,5 Commento: Paglierino dorato,

Tipologia: Bianco Uve: Grillo Gradazione: 13 Commento: Paglierino

al naso spicca la frutta tropicale, mentre il palato è deludente rispetto alle aspettative del naso. Discreta freschezza, ma manca di corpo.

brillante, non molto espresso al naso, non ha grande struttura, chiude con una forte nota amarognola, piuttosto scomposto.

Calatrasi

Gorghi Tondi

Timpa Giadda Sicilia Igt 2011

Ginolfo Sicilia Igt 2011

65, Grillo Sicilia Igt 2011 Spadafora

Tipologia: Bianco Uve: Grillo Gradazione: 13,5 Commento: Giallo paglierino

brillante, il naso presenta lievi note floreali. Buona la bocca, piacevole e rotonda.

al naso profuma di banana e vaniglia con predominanza di tostatura del legno. Bocca grassa, il finale è di media lunghezza con note amarognole.

65,

VOTO

VOTO

dorato, al naso sa di frutta tropicale e note floreali. Media struttura in bocca, ha una media freschezza.

Tipologia: Bianco Uve: Grillo Gradazione: 13,5 Commento: Giallo paglierino

Tipologia: Bianco Uve: Viognier Gradazione: 13,5 Commento: Paglierino dorato,

Catarratto Sicilia Igt 2011

Grillo.8 Sicilia Igt 2011

Tipologia: Bianco Uve: Catarratto Gradazione: 13 Commento: Giallo ramato, al

Tipologia: Bianco Uve: Grillo Gradazione: 13 Commento: Giallo paglierino

naso sa di frutta bianca matura e ciliegia, timo. La bocca è molto salina, profonda, buona balsamicità, buona lunghezza.

brillante, al naso con sentori di frutta bianca. Bocca con discreta sapidità e lunghezza.

Feudo Montoni

Tipologia: Bianco Uve: Sauvignon Gradazione: 12,5 Commento: Paglierino

Terrelìade

Baglio di Pianetto

7

Settesoli

VOTO

6

VOTO

VOTO

65,

Mandrarossa Urra di Mare Sicilia Igt 2011

Ottoventi

70

chiaro, al naso lievi note floreali e vegetali. Bocca lineare di buona profondità. Buona la sapidità.

7

VOTO

VOTO

6

Santannella Mandrarossa Sicilia Igt 2011 Settesoli

Tipologia: Bianco Uve: Fiano, Viognier, Chenin Blanc

Gradazione: 13,5 Commento: Paglierino dorato. Il naso è complesso di torba e frutta tropicale, frutta bianca molto matura e fiori. In bocca non molto acido, buona sapidità e buon corpo.


al naso prevalgono note floreali di petali. Ha una discreta struttura in bocca.

ha fini note aromatiche del Moscato d’Alessandria equilibrato in bocca, buona nota amarognola in chiusura. Un vino corretto.

VOTO

VOTO

Tipologia: Bianco Uve: Zibibbo Gradazione: 13,5 Commento: Paglierino chiaro,

7

A’Puddara Etna Bianco Doc 2010

Grillo Sicilia Igt 2011

Tipologia: Bianco Uve: Carricante Gradazione: 13 Commento: Paglierino chiaro

Tipologia: Bianco Uve: Grillo Gradazione: 13,5 Commento: Colore paglierino

Tenuta di Fessina

Donnafugata

Tipologia: Bianco Uve: Grillo Gradazione: 13 Commento: Paglierino dorato,

65,

VOTO

chiaro, al naso è piuttosto particolare e non riconducibile al Grillo. Lo stesso in bocca dove chiude con una nota molto amara.

Rajàh Sicilia Igt 2011

Valle dell’Acate

Gorghi Tondi

Tipologia: Bianco Uve: Zibibbo Gradazione: 13 Commento: Dal colore

chiaro, al naso note floreali e di frutta tropicale. Buona la struttura in bocca, buona sapidità e buona lunghezza.

è caratterizzato da note molto minerali al naso. Estremamente sapido, salino con la giusta grassezza, persistente. Molto figlio dell’Etna.

65,

VOTO

VOTO

Lighea Sicilia Igt 2011

Feudo Arancio

Tipologia: Bianco Uve: Grillo Gradazione: 12,5 Commento: Giallo paglierino

7

VOTO

Grillo Sicilia Igt 2011

Orestiadi

7

65,

paglierino, è un vino da uve Zibibbo dai buoni profumi. In bocca riesce a moderare la classica nota amara grazie ad alcuni grammi di zucchero residuo. Piacevole.

6

VOTO

Egisto Sicilia Igt 2011

65,

VOTO

VOTO

55,

Cotta Nera

Archineri Etna Bianco Doc 2011

Tipologia: Bianco Uve: Cattarratto Gradazione: 13 Commento: Paglierino chiaro.

Tipologia: Bianco Uve: Carricante Gradazione: 13 Commento: Il colore è giallo

Tipologia: Bianco Uve: Catarrato Gradazione: 12 Commento: Giallo paglierino.

Al naso una nota leggermente minerale, abbastanza pulita e netta. In bocca bella sapidità e salinità, buona lunghezza, ma non un grande corpo.

ramato. Al naso sa di frutta bianca molto matura, con note ossidative. In bocca è salato, molto sapido.

Note vegetali al naso e in bocca dove un struttura non eccezionale viene accompagnata da alcuni grammi di zucchero residuo.

Etna Bianco Doc 2011

Pietradolce

71

V90 Sicilia Igt 2011 Brugnano


Il territorio

Archineri Etna Rosso Doc 2010

V90 Sicilia Igt 2009

Pietradolce

65,

VOTO

65,

VOTO

VOTO

75,

Schietto Sicilia Igt 2009 Spadafora

Brugnano

Tipologia: Rosso Uve: Nerello Mascalese Gradazione: 14 Commento: Rosso rubino

Tipologia: Rosso Uve: Nero d’Avola Gradazione: 13,5 Commento: Porpora brillante,

Tipologia: Rosso Uve: Nero d’Avola Gradazione: 14,5 Commento: Colore porpora,

non molto intenso. Il naso non è molto espresso ancora coperto dal legno. In bocca buona dolcezza e freschezza, piacevole rotondità, setoso, morbido.

un bell’insieme di frutta matura e note di frutti secchi. In bocca buona rotondità ma manca di profondità.

nota alcolica preminente al naso, in bocca buona struttura ma non molto elegante.

Don Antonio Sicilia Igt 2009

Terrelìade

Morgante

Tipologia: Rosso Uve: Nero d’Avola Gradazione: 14,5 Commento: Colore porpora,

Tipologia: Rosso Uve: Nero d’Avola Gradazione: 13 Commento: Bel colore porpora,

Tipologia: Rosso Uve: Nero d’Avola Gradazione: 15 Commento: Il colore è porpora

è poco consistente al naso. In bocca oltretutto è anche molto scomposto.

il naso è marcato da frutta nera che ritroviamo al palato. Tannino rotondo e bella sensazione di equilibrio.

6

VOTO

VOTO

VOTO

Nirà Sicilia Igt 2010

Orestiadi

75,

7 impenetrabile. Buon legno al naso con frutta rossa e nera matura. In bocca molto tannico, potente di buona struttura.

7

VOTO

Agamennone Sicilia Igt 2009

5

VOTO

VOTO

7

Brugnano

Vittoria Frappato Doc 2011

Tipologia: Rosso Uve: Nerello Mascarese Gradazione: 13,5 Commento: Rubino scarico

Tipologia: Rosso Uve: Nero d’Avola Gradazione: 14 Commento: Colore porpora

Tipologia: Rosso Uve: Frappato Gradazione: 13 Commento: Rubino brillante,

granato, al naso ha note di terra assieme a frutta rossa matura. In bocca bella freschezza tannino molto vivo dolce e rotondo, sentori di frutta matura, lungo, corposo.

molto vivo, note fruttate e giovanili. In bocca è morbido ma di non grande struttura.

Nerello Mascarese Sicilia Igt 2008 Ottoventi

Lunario Sicilia Igt 2008

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Valle dell’Acate

sa di frutta fresca rossa, albicocca, erba cotta. In bocca ritorna la frutta, il tannino è equilibrato, bella freschezza e giusta lunghezza.


Musmeci Etna Rosso Doc 2008

Vrucara Sicilia Igt 2008

Tenuta di Fessina

55,

VOTO

85,

VOTO

VOTO

7

Cembali Sicilia Igt 2005

Feudo Montoni

Baglio di Pianetto

Tipologia: Rosso Uve: Nerello Mascalese Gradazione: 14 Commento: Rosso rubino

Tipologia: Rosso Uve: Nero d’Avola Gradazione: 14 Commento: Colore porpora.

Tipologia: Rosso Uve: Nero d’Avola Gradazione: 14 Commento: Color porpora. Il

scarico, al naso le note sono di torba e di frutta. Bocca molto fresca, leggermente scomposta, un buon tannino pungente, sapido.

Al naso nota balsamica, di menta, maggiorana, frutta rossa e nera matura. In bocca c’è struttura, potenza, tannino dolce che si distende.

naso è molto marcato da legno estremamente fumè, in bocca è scomposto, acido e molto giovane per essere un 2005.

naso è un equilibrio tra note fruttate di frutta fresca, floreali e del legno. Corrisponde in bocca, è lungo, chiude con una nota amarotica.

Tipologia: Rosso Uve: Nero d’Avola, Syrah, Cabernet Sauvignon

Gradazione: 14,5 Commento: Porpora. Al

naso prevale la marmellata di mora insieme a buon legno. La bocca è di buona potenza e buona rotondità con tannino dolce, forse troppo scontato.

7

VOTO

VOTO

Tipologia: Rosso Uve: Nero d’Avola e Frappato Gradazione: 13,5 Commento: Rubino intenso, al

Calatrasi

Tipologia: Rosso Uve: Nero d’Avola Gradazione: 13,5 Commento: Porpora brillante. Al

al naso il sentore è di frutta nera mentre la nota alcolica è dominante, In bocca molto scomposto, tannino non maturo.

Valle dell’Acate

VOTO

Curto

Tipologia: Rosso Uve: Nerello Mascalese Gradazione: 13,5 Commento: Rubino scarico,

Ceresuolo di Vittoria Doc Classico 2009

‘A Naca Rosso Sicilia Igt 2008

Fontanelle Eloro Doc 2008

Tasca d’Almerita

85,

7

naso presenta note sia floreali sia fruttate con buon legno. In bocca è di ottima struttura, il tannino con buon trama.

65,

VOTO

Tascante Sicilia 2009 (seconda vendemmia)

7

VOTO

VOTO

6

Tancredi Sicilia Igt 2008 Donnafugata

Tipologia: Rosso Uve: Nero d’Avola, Cabernet

Burdese Sicilia Igt 2007 Planeta

Tipologia: Rosso Uve: Cabernet Sauvignon,

Sauvignon

Cabernet Franc

Gradazione: 13 Commento: Porpora cupo. Al

Gradazione: 14,5 Commento: Solita grande

naso sa di liquirizia e china, mentre in bocca è ancora piuttosto ruvido con tannini ancora giovani e acidità non perfettamente amalgamata.

potenza e tannicità spinta. Al naso mostra ancora qualche scissione tra legno, alcol e frutto. Un vino che deve ancora mostrare il meglio di sé.

73


7

65,

VOTO

VOTO

Il territorio

Hekate Sicilia Igt 2009

Scibà Sicilia Igt 2008 Ottoventi

Feudo Arancio

Tipologia: Passito Uve: Zibibbo Gradazione: 12,5 Commento: Colore paglierino

Tipologia: Passito Uve: Moscato e altre varietà a bacca bianca aromatiche

Gradazione: 12,5 Commento: Paglierino dorato, ha

dorato, al naso le note sono di miele e lieve nota di muffa nobile, in bocca è secco e asciutto, bella profondità, lungo, bella freschezza, molto concentrato.

note di frutta passita e secca, albicocca matura. In bocca è rotondo, molto piacevole con una nota amara in chiusura.

85,

VOTO

VOTO

7

Ben Ryè Passito di Pantelleria 2009

Alquiminia Moscato passito Sicilia

Donnafugata

Brugnano

Tipologia: Passito Uve: Moscato Gradazione: 13 Commento: Paglierino dorato

Tipologia: Passito Uve: Zibibbo Gradazione: 14,5 Commento: Di colore ambrato,

quasi ambrato. Al naso i sentori sono di frutta secca e passita. In bocca è dolce, piacevole ma poco profondo.

al naso le note sono quelle della frutta secca e passita e del miele. In bocca è dolce, di bell’ampiezza e profondità. Molto lungo.

8

VOTO

VOTO

7

Solacium Moscato di Siracusa 2010

Vecchio Florio Marsala Doc 2007

Pupillo

Florio

Tipologia: Passito Uve: Grillo, Catarratto Gradazione: 18 Commento: Il classico bel colore

Tipologia: Passito Uve: Moscato Gradazione: 14 Commento: Il colore è giallo

vagamente ambrato introduce a note piacevoli di frutta secca, con l’alcol ben in armonia. Solita pulizia, eleganza e finezza al palato.

oro brillante e al naso spiccano belle note di albicocca matura, miele e arancia candita. In bocca ha eleganza è freschezza e chiude molto lungo e piacevole.

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La rinascita delle terre confiscate alla mafia

Da Verbumcaudo a Centopassi Alma Torretta

L’ultimo è Feudo Verbumcaudo, 150 ettari a Polizzi Generosa, per la maggior parte a seminativo, sulle Madonie, nell’entroterra della provincia di Palermo. Una proprietà confiscata alla mafia appartenuta al boss Michele Greco, che dopo oltre 20 anni di abbandono tornerà a produrre, ma stavolta gestita in base a valori di giustizia. Ad inizio anno è stato infatti siglato un accordo, tra l’assessore regionale per l’Economia Gaetano Armao e il Consorzio Sviluppo e Legalità, per far tornare in vita i terreni e gli immobili compresi nel grande Feudo, che mira a diventare, oltre che un simbolo di riscatto dalla mafia e modello di economia sana e legale, un polo di produzione di qualità e di attrazione agrituristica nel cuore della Sicilia. A fine giugno la prima simbolica trebbiatura di grano, ma l’accordo prevede anche l’avvio della produzione di olio e di vino in collaborazione con l’Istituto regionale Vini & Oli di Sicilia (Irvos), che impianterà nelle terre abbandonate varietà autoctone sia di uve, a cominciare dal Nero D’Avola, che di ulivo. A Verbumcaudo, inoltre, l’Irvos intende realizzare il progetto sperimentale della prima Banca Vitivinicola e Olivicola Siciliana, con la creazione di una banca genetica di tutte le varietà di vite e di ulivo della Sicilia e dove sarà anche possibile fare lavoro di selezione dei migliori cloni delle varietà autoctone.

Un esempio di rinascita di terre confiscate alla mafia che ha dimostrato di essere già anche economicamente valido è quello poi della cantina Centopassi, circa 60 ettari di vigneto nell’Alto Belice Corleonese, in cui già si producono oltre 350mila bottiglie, sempre amministrate dal Consorzio Sviluppo e Legalità di San Giuseppe Jato, e gestito da Libera Terra di Don Luigi Ciotti e dalle cooperative sociali Placido Rizzotto e Pio La Torre. Il nome Centopassi è tratto, come si sa, dal titolo del film dedicato a Peppino Impastato, ucciso dalla mafia nel 1978, e trae spunto dai solo cento passi che dividevano la sua casa a Cinisi da quella del boss Tano Badalamenti. Con la vendemmia 2009 è entrata in funzione la nuova cantina a San Cipirello e nel 2010 c’è stata la consacrazione ufficiale a livello internazionale quando la cantina Centopassi è stata inserita tra le cinque realtà prese in considerazione in tutto il mondo per la categoria “Innovator of the Year” ai Wine Awards 2010. Nelle terre confiscate alla mafia le cooperative siciliane di Libera Terra producono anche olio, legumi, ottima pasta da grano siciliano e gestiscono due strutture agrituristiche fra Corleone e Piana degli Albanesi. 75


Il territorio

Nicola Natili Gli odori fluttuano nell’aria fondendosi con i colori. Le urla degli abbanniatori fanno da colonna sonora, veri e propri spot che farebbero la fortuna di qualsiasi creativo. Sono espressioni dialettali apparentemente prive di significato se non quello di esaltare la propria merce, ma a un’analisi più attenta non sfugge che contengono metafore allusive e ironiche. Il flusso delle persone ci trascina verso Ballarò e nel momento in cui ci troviamo tra le variopinte e animate bancarelle avvertiamo la sensazione di aver superato un confine, di essere entrati in un mondo senza uguali, improponibile altrove. Più che un mercato ricorda un suq arabo e non potrebbe essere altrimenti se accettiamo la teoria che l’etimologia della parola Ballarò deriva da “suq–al-Balari”, a un insediamento mercantile presso Monreale da cui provenivano i commercianti arabi che diedero vita a questo mercato. Non ho mai considerato la Sicilia una regione, né un’isola. La Sicilia è una nazione dove le varie culture che si sono alternate nei secoli hanno lasciato un segno inconfondibile, un contributo importante che è alla base di quello stile di vivere e pensare che è la sicilianità. E mi si passi il termine. Un tuffo a Ballarò ci permette di riscoprire uno spaccato del passato, le tradizioni mai tramontate, la vita quotidiana di uomini e donne che, tra contrattazioni e chiacchiere, animano le strade. Trascinati dal flusso degli avventori avanziamo tra i banchi dove sono esposte le merci più varie. È uno slalom con76


tinuo tra il pesce argenteo e dall’occhio vivo, la frutta profumata e saporosa, le verdure di stagione, le carni di bue, i polli, il maiale, l’irresistibile frutta secca, le olive di tutte le qualità, le coloratissime spezie, la pasta martorana, ma anche detersivi e oggetti per la casa. L’impatto è coinvolgente e fatti pochi passi si è subito coinvolti dai ritmi, i rumori e i colori di questo microcosmo più unico che raro. Un insieme di tendoni colorati proteggono le merci in vendita contribuendo ad assumere quei colori che è difficile raccontare se non attraverso qualche scatto per altro poco gradito sia agli abbanniatori che agli avventori. Un particolare ci colpisce. I prezzi praticati per ogni tipologia di merce, pur essendo stabiliti liberamente dai commercianti, sono costanti e si posizionano, a parità di qualità della merce in vendita, al punto di equilibrio fra domanda e offerta. Nessuna eccezione, nessuna trattativa, nessun accordo tra venditori. Tra cassette di frutta e un carretto su cui troneggia un tonno, appare un bar dove gli anziani avventori guardano per l’ennesima volta, ma con la stessa curiosità, la vita che scorre davanti ai loro occhi. Sorseggiano una birra mangiando uno dei tanti cibi cotti che profumano di mille odori l’aria di Ballarò. Parlano, commentano, forse raccontano qualche episodio del passato. Poco lontano i tratti somatici degli ambulanti cambiano, ma non il loro modo di fare. La multietnicità qui è totale, vera, non sopportata. Cinesi, magrebini e centro-africani, abbanniano i loro prodotti esaltandone le qualità e la provenienza. È l’ora di pranzo e un invitante odore di fritto avvolge gran parte del mercato. Qui il fast-food tanto di moda in continente non ha attecchito. A Palermo, a Ballarò, resiste lo street-food, il cibo da strada, la cucina vastasa, dalle panelle, allo sfincione, dalle patate bollite alle pollanche, pannocchie di mais lessate, dalle arancine ai cazzilli, dai calamari fritti al quarume. È impossibile raccontare i sapori, ma a pensarci bene è difficile anche raccontare la vita di Ballarò e le sensazioni uniche che procura. Ballarò non si racconta, si vive. 77


Il territorio

«Quelli che mangiano il pane» Alma Torretta

Non si può parlare di Sicilia senza parlare di grano. «Quelli che mangiano il pane» diceva Omero per distinguere i popoli più evoluti dai barbari. Per i greci la coltivazione del grano e la preparazione del pane erano infatti i primi segni di civiltà, e in Sicilia si producono ancora una novantina di varietà e forme diverse di pani, come catalogate da un bell’Atlante del pane siciliano realizzato qualche anno fa. Sui pani di Sicilia, e tutti i valori e le tradizioni che racchiudono, sono stati realizzati inoltre veri e propri studi antropologici e redatti saggi, in particolare, sui pani votivi e simbolici. Il consiglio al viaggiatore è quindi di cercare, ovunque sia in Sicilia, i pani tipici del luogo, fermandosi ai numerosissimi panifici e forni ancora diffusissimi pure nelle grandi città, per provare i tanti pani, diversi in ogni città e paese per forma e varietà di grano impiegati, ricoperti o meno di semola, molti ancora cotti a legna: i pani caserecci, le vastedde e i filoni, le morbidissime muffolette, i pani speciali conditi con olive o pomodori, lo sfincione palermitano piuttosto che la schiacciata catanese, le mpanate ragusane o la rianata trapanese e infine i pani-dolci che accompagnano le festività. Tutto però parte dal grano, e la Sicilia può vantare circa 500 varietà di grano autoctono che hanno rischiato di scomparire sopraffatti dagli inte-

ressi delle grandi aziende sementiere internazionali. Negli ultimi anni però è in corso un movimento per il recupero degli grani antichi siciliani come il Tumminìa,

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il Senatore Cappelli, il Margherito o Didì, il Perciasacchi, il Russello, che vengono coltivati in modo naturale e stanno riportando lavoro, e vita, in molte aree dell’isola che già gli antichi romani, come si sa, consideravano “il granaio” per eccellenza, ma che hanno rischiato di essere completamente abbandonate perché messe fuori mercato da grani e farine di incerta origine e di dubbio valore alimentare e salutistico. Così è, ad esempio, nel distretto produttivo della Valle del Dittaino nell’Ennese. Oppure nella zona di Castelvetrano dove brilla per bontà il Pane Nero, diventato un presidio Slow Food, ottenuto con farina di grano tumminia, dall’inconfondibile colore scuro e che racchiude una tale piacevolezza di sapore che qualcuno lo chiama “il pane della felicità” per il buonumore che regala.


Dai Fenici l’oro liquido Portato in Sicilia dai Fenici, la pianta d’ulivo è ormai da millenni una delle costanti del paesaggio dell’Isola, ma tale diffusione a tappeto non deve trarre in inganno perché racchiude una gran quantità di sapori e altissima qualità un po’ ovunque. Alle vecchie coltivazioni estensive si sono sostitute infatti, soprattutto negli ultimi decenni, una gran quantità di piccole e medie aziende altamente specializzate, che utilizzano le tecnologie più moderne per valorizzare le peculiarità del notevole patrimonio di cultivar autoctone a cui ha dato vita nel tempo la grande varietà di suoli e microclimi della Sicilia. Produttori di ottimo extravergine sono inoltre alcune delle più affermate aziende vinicole dell’isola. L’Unione Europea ha riconosciuto tale eccellenza identificando ben sei Dop: la Monti Iblei, la valli Trapanesi, la Val di Mazara, la Monte Etna, la Valle del Belice e la Valdemone. Ci si può divertire così a scoprire i differenti oli extravergini dell’isola: nel Trapanese, e in tutta la Valle del

Belice, sono diffuse le Nocellara del Belice e la Cerasuola, che danno oli fruttati intensi con tipici sentori di cardo e carciofo, presenti anche in provincia di Palermo e nell’Agrigentino. In quest’ultima provincia però domina la Biancolilla da cui invece si ottengono extravergini più leggeri e delicati, adatti per il pesce e pure per la pasticceria. Poi c’è anche una Nocellara Etnea diffusa alle pendici del Vulcano e nelle province di Catania, Enna e Messina. Tra Messina e Palermo sono diffuse l’Ogliarola e la Santagtese, da cui si ricavano oli che profumano di mandorla. Nel Catanese poi si trovano pure la Tonda iblea, che dà un olio con il tipico intenso profumo di pomodoro verde, e la dolce Moresca, le due varietà dominanti nelle province di Ragusa e Siracusa. E poi c’è un lungo elenco di cultivar meno diffuse: crastu, giarraffa, calatina, piricuddara, verdello, zaituna, ecc. Un vero scrigno per gli appassionati di extravergini, sempre più numerosi. 79


Il territorio

Pantelleria un’isola dal cuore di pietra, nera

Rocco Lettieri

Pantelleria, adagiata al centro del Mediterraneo, tra due continenti, l’Africa e l’Europa, dista dalla Tunisia 70 km e dalla Sicilia 110 km. Per i fenici fu Hiranim, dopo il Medioevo arrivarono gli Arabi e l’isola ebbe un nuovo, poetico nome: Bent el Rhia, “l’isola del vento”, forse più rispondente alla realtà. A Pantelleria esiste un’agricoltura specializzata particolarissima, unica nel suo genere, con colture basse o striscianti, che ricordano un poco l’arte del bonsai, e che sembrano il modellino in miniatura di vere estensioni coltivate. Viti nane, capperi striscianti, olivi potati bassi dove ciascuno dei prodotti finali racchiude in sé un vero concentrato di sapori, gusti e aromi mediterranei. Non a caso i vini, le uve, i capperi e l’olio di Pantelleria sono particolarmente pregiati e godono di rispettabilissima fama. È ai contadini panteschi, che si deve il modo di proteggere dal vento le coltivazioni cosiddette in

“giardino”, muretti circolari di pietra lavica, come nell’Isola di Lanzarote. Se ne trovano ancora molti tra i campi, a difendere magari soltanto una pianta di limone solitaria. Le case coloniche, autosufficienti, chiamati “dammusi”, intonacati di bianco e rosa, sono una specie di parallelepipedo dal tetto piatto o leggermente a cupola per convogliare l’acqua piovana nelle cisterne interrate, con forno, e talvolta con mulino. Accostati l’un l’altro in modo casuale in un armonico alternarsi di linee e angoli retti, sopravvivono alla trasformazione moderna dell’agricoltura. Una terra coltivata col sudore perché è così accidentata, terra lavica e durissima, che nella maggior parte dei casi esclude l’aiuto di qualsiasi mezzo meccanico. Un’agricoltura che è dovuta venire a patto con i venti, con l’acqua che non c’è e col sole che brucia. Tutta la vita a Pantelleria è una conquista. Persino l’accesso al mare. Non bisogna credere alle agenzie

di viaggio che vendono Pantelleria come una alternativa a Rimini. L’isola è piena di spigoli della sua lava più dura ed è fatta pertanto per quei turisti, convinti, decisi, che la vogliono capire. 200 km di strade, permettono di scoprire villaggi di dammusi abbandonati, le famose coste di Mueggen, i resti preistorici di Mursia, le tombe di Monastero, il Piano di Ghirlanda, la costa di Barone, i sepolcri reali di Gibbiuna, lo specchio di Venere, (incantevole laghetto nascosto da un giro di colline nelle cui calde acque vi sono fanghi sulfurei e “caldarelle” in continua ebollizione) e altre località incantate dai nomi arabi molto fantasiosi: Rakale, Nikà, Gadir, Suvaki, Benikulà, Khaddiuggia, Karuscia, Khattibuale, ecc. Scopriamo Pantelleria ma non sciupiamola. Pantelleria è un museo marino aperto come pochi al mondo. Avviciniamola ma con il dovuto rispetto.


Per parlarci del vino speciale che si produce da sempre a Pantelleria, il famoso Passito di Pantelleria DOC, abbiamo sentito il parere di Giacomo Rallo, il fondatore dell’azienda Donnafugata, che abbiamo incontrato sull’isola mentre girava per un controllo ai vigneti. A lui abbiamo rivolto alcune domande. Pantelleria! Giacomo Rallo, cosa significa per voi quest’isola e cosa mi dice del “Ben Ryé Passito di Pantelleria”, vostro vino di punta che è stato inserito tra i grandi vini da dessert del mondo. Per capire cosa significhi per noi Pantelleria, bisogna guardarne il paesaggio che trasuda fatica: la fatica di strappare fazzoletti di terra alla montagna, così come di costruire magistrali terrazzamenti, muretti a secco e giardini con alte mura di pietra per proteggere anche un solo albero dalla furia del vento. Agrumi, ulivi, capperi, Zibibbo: Pantelleria è un tempio eretto dall’uomo in onore di madre natura, e solo chi vi si accosta con religioso rispetto riesce a coglierne i frutti più preziosi. Donnafugata approda sull’isola vulcanica con questo spirito e, di fronte all’incalzante abbandono dei vigneti, ci siamo sforzati di incentivare i viticultori più esperti a tornare sul campo. Abbiamo recuperato vigne secolari, adottato la riduzione delle rese, creduto nel tradizionale appassimento delle uve al sole ed al vento e ci siamo affidati al controllo delle temperature di fermentazione, per la produzione di vini naturali dolci quali il Moscato Kabir ed il “Passito Ben Ryè”, dall’arabo “figlio del vento”. Ma Pantelleria per noi è anche un ecosistema da preservare e promuovere, insieme alle istituzioni, ai cittadini e alle associazioni ambientaliste; un patrimonio da consegnare alle future generazioni, integro nei suoi colori, profumi ed aromi. E perché avete insistito tanto per aver questo “figlio del vento”? Diciamo intanto che Pantelleria ha una peculiarità che rende unico questo Moscato, il cosiddetto Zibibbo. Le risorse naturali qui sono gioielli, oro biondo da poter mettere in bottiglia. Naturalmente sono risorse che richiedono un’interpretazione autentica che per noi vuol dire rispetto della naturalità, una conoscenza dei processi di produzione, legati a moduli che non debbono tradire il verso ecologico e quello biologico. Questo è il nostro modo di vedere l’isola, una produzione in un’isola fatta di sole, di vento, di

Ben Ryé

Il figlio del sole e del vento: un “dolce” tesoro pantesco

Rallo, tra tradizione e futuro

grandi concentrazioni aromatiche, che non può essere affidata a soluzioni industriali, deve essere invece, non dico costretta, ma orientata ad una cultura di produzione, trasformazione e commercializzazione legata a valori autentici, grandi, immensi, di una natura senza confini, da un punto di vista dei valori di corredo aromatico e di profumi. Un ultimo pensiero su Pantelleria: cosa vuol raccontarci di quest’isola che è stata definita “dal cuore di pietra”? Su quest’isola siamo arrivati a produrre un passito, il “Ben Ryé”, che ci ha dato grandi soddisfazioni, ma non smettiamo di lavorare per migliorarlo. Ed oltre a produrre una sempre più avanzata qualità, ci impegniamo anche a comunicare questa qualità in modo che possa essere conosciuta, percepita ed apprezzata per quello che vale. Per interpretare Pantelleria e cogliere tutte le opportunità di creazione di valore che l’isola offre, bisogna però accostarsi ad essa con rispetto. Bisogna cioè riconoscerne le valenze, tutte riconducibili alla possibilità di produrre dei vini unici, come il Passito naturale, vini che possono avere uno straordinario apprezzamento a livello anche internazionale, a patto di coniugare la loro inconfondibile personalità con i canoni di equilibrio, armonia ed eleganza ai quali un wine-lover oggi non può rinunciare. Mi auguro che i produttori di Pantelleria possano diventare molti di più di quelli attuali, perché sappiamo bene che il successo di un territorio, si avvantaggia del protagonismo positivo di una pluralità di aziende. 81

In degustazione, il sentore primario ci richiama l’albicocca, poi segue un effluvio di altri profumi, dai datteri ai fichi secchi, dal cedro candito alla rosa appassita, dall’uvetta sultanina al miele di corbezzolo. Sorseggiando una piccola quantità di Ben Ryé, la piacevolezza, l’opulenza, la suadenza del nettare, ampiamente preannunciate dal prorompente bouquet, vanno oltre ogni previsione. Il corpo e gli estratti sono smisurati. Grasso è il tatto. Il gusto è fresco, morbido ed armonico, bilanciato mirabilmente da una grande dolcezza con una giusta acidità. Un segreto la cui spiegazione va oltre la scienza e la tecnica, una simbiotica fusione fra natura, vino e colui che vi si accosta.


Il territorio

Aja mola e iemuninni…

alla scoperta della Tonnara Florio Nicola Natili Chi pensa di recarsi a visitare un reperto di archeologia industriale, ben presto si ricrederà. L’ex stabilimento Florio è ancora vivo e sono le tante memorie che raccoglie in se a far battere ancora l’antico cuore. Il complesso industriale è da mozzafiato, con le altissime volte di tufo bianco e gli archi arabeggianti a sesto acuto che si intrecciano armonicamente creando un atmosfera unica, severa, quasi sacra. Le barche sono lì, pronte ad uscire in mare, a puntare la prua verso la mattanza, verso un rituale tra il sacro e il profano. Ci sono tutte: i vasceddi, le bastardedde, i varcuni, la muciara. Tutto è in ordine, tutto è rimasto com’era, dal “bosco” dove venivano appesi i tonni appena scaricati dal vascello, alle grandi batterie di cottura che si alternano a snelle ciminiere che si infilano con grazia nell’azzurro del cielo, dalla sala dell’inscatolamento, dove fanno bella mostra di se le scatole di latta stagnata, al reparto di sterilizzazione. Non mancano le voci dei protagonisti sapientemente proposte nel padiglione Torino grazie ad un intervento tecnologico che supera la propria naturale freddezza per dare corpo a chi nello stabilimento ha lavorato, a chi la mattanza l’ha vissuta. E poi c’è il mare. Anche lui fa sentire la sua voce. È la risacca che rimbomba nel malfaraggio, grande spazio dove vengono conservate le

barche, le reti e le ancore. Ne nasce una musica unica, mai monotona che inevitabilmente fa spiccare il volo alla fantasia. Basta chiudere gli occhi e siamo pronti a rivivere una storia unica, di amore e di morte, una tradizione secolare che, seppur quasi estinta, è ancora molto sentita. È insistente la voce del mare, quasi un’invocazione. Chiama i tonnaroti uno ad uno, chiama il Rais: è l’ora della mattanza. Peppe ‘nue, custode di ricordi e non di cose, intona la cialoma, l’antico canto di origine

araba che accompagna la pesca dei tonni: Aja mola e iemuninni/Jesu Cristu cu li Santii e lu Santu Sarvaturi/ Criasti luna e suli/ Criasti tanta genti/ Criasti i pisci a mari/ Li tunni e li tunnari/ U prumettiri e nun mancari/ E stu Diu n’avi aiutari/ E mannarini ‘n salvamentu/ Arbu ri mari e ‘mpuppa u ventu/ Nu gran portu suttaventu/ E putiri ancurari... Non recita una preghiera, non una poesia. Niente folclore. Peppe è sulla muciara ed io con lui.

è insistente la voce del mare, chiama i tonnaroti uno ad uno, chiama il rais: è l’ora della mattanza


La memoria Non è un reduce che racconta la propria vita, è un uomo che ridà vita a quello che è stato il più grande stabilimento per la produzione del tonno sott’olio. Il legame di Giuseppe Giangrasso, detto “Peppe ‘nue” con lo stabilimento Florio inizia nel 1962, quando fu chiamato per un incarico di tre mesi come imbianchino, poi confermato come “testaro” e infine “ronchiatore”, ossia tagliatore di teste. Ora è il custode del restaurato complesso, la memoria storica dell’ultimo periodo di produzione prima della chiusura, l’elemento che ancora riesce ad animare questa cattedrale industriale. Ho passato qui dentro gran parte della mia vita e il legame con questo stabilimento è ormai indissolubile. Non ho conosciuto la famiglia Florio, ma posso dire che la mia esperienza con i Parodi di Genova è stata importante. È grazie a loro che molte famiglie hanno potuto vivere dignitosamente e godersi la vecchiaia. Non sono stati “padroni”, erano imprenditori che rispettavano i lavoratori, basti pensare che qui dentro c’era un asilo nido per accogliere i bambini delle lavoratrici. Dire che eravamo una grande famiglia è quasi scontato, ma è la verità. Oggi non si fa più mattanza e lo stabilimento è chiuso da molti anni, ma voglio portare la mia testimonianza, la mia storia, che poi è quella di un’intera comunità. Parlo al passato, ma è come se adesso fossi qui ad attendere l’arrivo del “vascello” e il suo prezioso carico di tonni.

La Storia La storia dello stabilimento Florio inizia nel 1859 quando il genovese Giulio Drago si insediò nell’isola di Favignana e costruì il primo nucleo. Nel 1878 subentrò Ignazio Florio che incaricò l’architetto Giuseppe Damiani Almeyda di progettare lo Stabilimento Florio. Il grande opificio si sviluppava su un’area di 32.000 mq, e per la prima volta si iniziò a conservare il tonno sott’olio confezionandolo in contenitori di latta stagnata. Con il declino della famiglia Florio subentrarono Giovanni Battista e Vittorio Parodi, una famiglia genovese che, nel 1937, acquistò lo stabilimento e le tonnare di Favignana e Formica. La produzione del tonno sott’olio continuò proficuamente per molti anni contribuendo in maniera sostanziale all’economia locale. Fu agli inizi degli anni ’80 che, per le mutate dinamiche di mercato, perse la competitività e fu costretto a chiudere. Acquisito al patrimonio regionale è stato sapientemente restaurato e dal 2009 è aperto al pubblico.

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Gioacchino Cataldo l’ultimo Rais Il tonno è una parte della mia vita, ce l’ho nel cuore. La tonnara la devi avere nel sangue, la devi amare. Ormai a Favignana ci sono più turisti che tonni.


Il territorio

Quando il golf si unisce al relax

Luca Casamonti

Una lussureggiante vegetazione, un panorama stupendo da poter godere con il mare sullo sfondo e l’atmosfera unica della sicilia. in questo scenario si stagliano i campi da golf dell’isola, spesso affiancati da resort, che permettono a tutti gli appassionati di poter far collimare il divertimento con il totale relax. fra i numerosi campi siciliani ne abbiamo selezionati quattro.

Picciolo Golf Club. Si trova a Catania ed è stato creato nel 1989 dall’architetto Luigi Rota Caremoli. È il primo campo da golf della Sicilia e si trova immerso tra boschi di querce, noccioli e vigneti. La vista dell’Etna, che domina il paesaggio circostante, impreziosisce lo scenario del campo che offre scorci estremamente suggestivi della campagna circostante. I 650 metri sul livello del mare assicurano temperature fresche nel caldo dell’estate e tiepide nell’inverno, cosicché è possibile giocare 12 mesi all’anno. Il Picciolo Golf Club ha ospitato negli anni diversi tornei internazionali e per il realx, si trova, il Palmerston Golf Resort & SPA, un albergo 4 stelle. www.ilpicciologolf.com 84


Villa Airoldi Golf Club. È stato creato all’interno del Parco della Favorita, l’area verde più estesa del comune di Palermo, nel pieno rispetto della natura e del valore del giardino storico. Situato tra fontane, monumenti ed alberi di interesse storico, il club si estende per circa 140.000 metri quadri. Il percorso inizialmente contava 3 buche, ma con l’ampliamento a 9 buche si è creato un importante percorso PAR 35 di grande fascino e di facile fruizione, valido per lo svolgimento di gare ufficiali. In termini di presenze giornaliere, il Club è considerato la prima struttura golfistica della Sicilia occidentale e organizza anche varie attività quali brunch, aperitivi al tramonto, concerti, feste danzanti, eventi teatrali e mostre. www.villaairoldigolfclub.com Donnafugata Golf Resort & Spa. Donnafugata Golf Club, già sede del Sicilian Open 2011, è stato il primo Resort golfistico italiano creato seguendo i grandi esempi delle realtà golfistiche internazionali. Il progetto comprende un territorio ampio oltre 500 ettari nella Val di Noto. Sono presenti due campi da Golf di 18 buche: il percorso nord progettato da Gary Player (18 buche, par 72, lunghezza 6.700 m) e il percorso sud, progettato da Franco Piras (18 buche, par 72, lunghezza 6.600 m). I percorsi si snodano all’interno del Resort e si inseriscono all’interno di riserve naturali, necropoli puniche e panorami naturalistici. Le temperature, miti d’inverno e secche e ventilate d’estate, rendono possibile la pratica del golf durante tutto l’arco dell’anno. Affiancato al campo si trova il Resort & Spa 5 stelle lusso, nato da un’opera di ristrutturazione che ha valorizzato la bellezza e i dettagli originali dell’antica tenuta signorile. www.donnafugatagolfresort.com

Verdura Golf Resort. Il Verdura Golf & Spa Resort, situato sulla costa meridionale della Sicilia, alle porte della caratteristica città di Sciacca, è divenuto in poco tempo la meta più esclusiva e suggestiva d’Europa. Il club gode di un panorama meraviglioso, tra il blu del mare e il verde della vegetazione che lo circonda. I campi da golf, distesi su 120 ettari di terreno, sono immersi negli uliveti e negli aranceti e non ci sono edifici che ostacolano la vista sul mare. Il Verdura ospita 2 campi da 18 buche ed 1 da 9 buche ed il percorso è stato disegnato dall’architetto del golf Kyle Phillips, lavorando in armonia con il paesaggio siciliano. Accanto si trova il resort, dove si combinano eleganza moderna ed autentici decori siciliani e una Spa per chi è alla ricerca di momenti di profondo relax. www.verduraresort.it 85


Il territorio

Brand Mediterraneo per i vini Calatrasi

Coniugare eccellenza e autenticità con produzione elevata. Oltre ad un progetto ambizioso di valorizzare i terroir originali di un’area altamente produttiva che si affaccia sul Mediterraneo. È la sfida lanciata dalla casa vinicola Calatrasi di San Cipirello (Pa). Il progetto di valorizzazione è legato al brand Mediterranean Domains, che dal 2010 è diventato Holding, per favorire la cultura del vino, creazione di vini, enoturismo, cosmetici dall’uva, nell’area mediterranea. «Abbiamo in carico su concessione del governo tunisino 200 ettari di vigneto con coltivazione ad alberello, piante di 50 anni che portano dentro la storia dei coloni francesi e italiani. Abbiamo portato in Tunisia la rivoluzione in termini qualità », spiega Maurizio Miccichè titolare della casa vinicola. Al vigneto tunisino si affiancano i 200 ettari a Primitivo in Puglia, i 120 di Nero d’Avola che si sommano ai 100 della montagna di Corleone per fare i circa 1.300 ettari di vigne, 700 delle quali in partecipazione. «Completiamo il percorso Mediterraneo che non è soltanto un concetto geografico ma porta con sé l’eccellenza e l’autenticità con una produzione significativa per rispondere alle esigenze del mercato globale e servire in consumatore differenziato». Una particolare attenzione merita l’investimento che Calatrasi Mediterranean Domanains ha effettuato in Tunisia. Tra Tunisi e Hamamet ha la tenuta cantina Domaine Neferis, oltre 400 ettari 220 dei quali destinati a vigneto per una produzione di 700mila bottiglie di vino all’anno. Calatrasi, negli ultimi anni ha investito oltre 20 milioni di euro in ammodernamento per la produzione di vini di altissima qualità. La struttura comprende quasi 5.000.000 di litri di capacità totale ed è attrezzata per produrre fino a 2 milioni di casse di vino all’anno, senza ulteriori investimenti. 86


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Arte di...vino

L’arte veste la bottiglia a cura dell’Associazione Italiana Collezionisti Etichette Vino Donnafugata nasce in Sicilia da una famiglia che ha sempre creduto nelle straordinarie potenzialità enologiche della propria terra e che conta 150 anni di esperienza nel vino di qualità. Giacomo Rallo e la moglie Gabriella, convinti che per migliorare bisogna essere aperti al cambiamento, nel 1983 danno vita ad un nuovo progetto produttivo: Donnafugata. Un’avventura che prende l’avvio dalle storiche cantine di famiglia a Marsala e dalle vigne di Contessa Entellina nel cuore della Sicilia occidentale, per approdare anche sull’isola di Pantelleria. Ai genitori si affiancano i figli, José ed Antonio, e l’azienda accelera il passo dando luogo a scelte imprenditoriali con obiettivi sempre più avanzati. Il nome Donnafugata, letteralmente “donna

ogni bottiglia e l’illustrazione dell’etichetta del vino “Mille e una Notte”. Mostriamo cinque etichette dedicate a immagini femminili, disegnate dall’artista padovano Stefano Vitale, sui vini “Chiarandà”, “Polena” (regina delle decorazioni marinare, scultura lignea che svetta sulla prua delle navi, rappresentava figure femminili ben auguranti), “Sherazade” (protagonista dei racconti delle Mille e una Notte capolavoro della letteratura orientale), “Anthilia” (nome dato in epoca romana alla città di Entella in cima alla Rocca), “Damaskino”.

in fuga”, fa riferimento alla storia della regina asburgica Maria Carolina, consorte di Ferdinando IV di Borbone, che ai primi dell’800 fuggì dalla corte di Napoli per l’arrivo delle truppe napoleoniche di Murat e si rifugiò in Sicilia, nel cuore del Belice. Fu poi lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nel suo famoso romanzo Il Gattopardo, ad indicare con il nome di Donnafugata quei possedimenti di campagna del Principe di Salina ed in particolare il palazzo di Santa Margherita, luogo di alcune scene salienti del romanzo. Questa vicenda così legata al territorio in cui si trovano i vigneti di Donnafugata, ha ispirato l’effige della testa di donna con i capelli al vento che campeggia su

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DONNAFUGATA Via S. Lipari 18 - 91025 Marsala www.donnafugata.it


Oltre confine

LA MERICA Sebastiano Ramello

il consumo del vino in Usa è in continua crescita, anche se negli ultimi anni la richiesta è sempre più verso vini a basso costo

“La America” così mi viene da chiamare questo grande paese se penso a quelle migliaia di emigranti italiani ,sognatori alla ricerca del nuovo mondo, e a mio nonno Jo, anche lui appartenente in parte a questo grande paese a stelle strisce, rientrato in Italia da Pittsburg a soli 4 anni su una grande nave, una storia di emigranti al contrario che sentivano la mancanza della terra del Piemonte e delle loro vigne. Gli Stati Uniti sono stati per molte aziende vinicole italiane il primo grande mercato d’oltre oceano, anche se, come l’Europa, stanno attraversando un momento di crisi causato in parte anche dal continuo sali e scendi dell’Euro nei confronti del Dollaro, che non aiuta nelle trattative di vendita. Continuano comunque ad essere, sempre, per i vini italiani, uno dei più importanti mercati, tanto che, il 50% dei vini importati in un anno arrivano dall’Italia, questo grazie in parte alla notevole distribuzione che abbiamo sul posto, data dai tanti ristoranti italiani di qualità aperti da quei emigranti che hanno raggiunto il nuovo mondo negli anni passati. Oggi mentre la maggior parte delle aziende vinicole continuano a correre sulla East e West coast il vero mercato si sta aprendo nel centro degli U.S., in quegli stati

che solo ora stanno iniziando ad apprezzare sempre più i vini di denominazione. Il consumo del vino in USA è in continua crescita, anche se negli ultimi anni la richiesta è sempre più verso vini a basso costo, basti a pensare al Moscato D’Asti docg oggi uno dei vini più richiesti dagli Americani, tanto che nel mese scorso, mentre ero a New York City per delle degustazioni, sul primo canale, il TG spiegava il bum della Moscato mania, spiegando come nella Grande Mela, il Moscato sta sostituendo il tanto celebre Crystal. Notizia fantastica per i produttori Astigiani che producono un Moscato d’eccellenza, il Moscato D’Asti docg, ma quando poi si va nelle rivendite, o si parla con gli importatori, si scopre che la maggior parte del Moscato richiesto è quello a basso costo, «importante che ci sia scritto “Moscato” sulla bottiglia, senza dare troppa importanza da dove arriva». Curiosando tra i negozi di Chicago, tra una marea di Moscato si trovano anche qualche bottiglia di Moscato d’Asti docg per lo più venduto tra i 13 e 15 USD, e tra le affascinanti silhouette delle tante bottiglie qualche bottiglia blu inizialmente prodotta per il mercato Kosher ora ricercata anche dai non ebrei.

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Viaggi

Tra sapori sconosciuti Claudio Zeni

I sapori del Giappone

BAROCCO SPAGNOLO IN BOLIVIA

Un invitante viaggio tra Kyoto e Osaka alla scoperta dei migliori piatti della cucina giapponese – tra le più ricche del mondo – e i tesori culturali, artistici e supermoderni che le due città offrono al turista. Kyoto – il centro culturale del Paese – è la città di fantastici templi, suntuosi santuari e splendidi giardini, mentre Osaka, contrappone all’avveniristico Umeda Sky Building il suo suggestivo castello, simbolo del passato. Il tutto deliziato a tavola da ‘Kushiyaki’ (spiedini di carne e verdure cotti alla brace), piatti di ‘Sushi’, ‘Shabu-Shabu’ (fettine di carne tagliate sottili e lessate al tavolo in brodo leggero), ‘Taoyaki’ (palline di pollo in pastella arrosto) e tante altre specialità culinarie. Go Asia (Tel. 071.208930) www. goasia.it propone speciali combinazioni di 7 giorni/5 notti a 1.740 euro: volo dall’Italia, trasferimenti, hotel con prima colazione più alcuni pranzi e cene incluse nelle cifra.

Agosto in altura alla scoperta della Bolivia (il migliore periodo per andarci), uno straordinario Paese senza alcun sbocco sul mare, racchiuso tra le vette delle Ande, conosciuto come il ‘Tibet delle Americhe’. Stupendi paesaggi naturali, ricordi del ‘Barocco spagnolo’ nei palazzi e nelle chiese della capitale La Paz, suggestive cittadine come Sucre e Potosi, oltre naturalmente la bellezze del ‘Salar di Uyuni’, il più alto deserto salato del mondo ed il lago Titicaca con alle spalle le cime innevate delle Ande. Tour 2000 Go Sudamerica (Tel. 011.5172748) www.tour2000.it propone una combinazione di 15 giorni/12 notti a 1.940 euro: volo da Milano-Roma, trasferimenti, hotel con prima colazione più alcuni pranzi inclusi nella cifra. Partenza: 4 ottobre, 1 novembre.

autunno IN PERU’ ‘Gran Tour del Perù’ per una fantastica vacanza d’agosto in questo suggestivo Paese ricco di reminiscenze storiche che risalgono agli Inca. Tour 2000 Go Sudamerica (Tel. 011.5172748) www. tour2000.it prevede l’avvio del tour da Lima e da qui alle isole Ballista (autentica oasi naturalistica) e Nasca con sorvolo delle misteriose figure geometriche disegnate sulla sabbia del deserto. Tappe successive Arequipa (tipiche abitazioni coloniali), Puno (escursione sul Lago Titicaca), Cusco (cuore dell’impero Inca) ed infine le rovine della ‘Città Perduta’ Machu Pichu. Costo del pacchetto di 15 giorni/13 notti a partire da 2.090 euro. Volo da Milano-Roma, trasferimenti, hotel con prima colazione ed alcuni pranzi inclusi nella cifra. Partenze: 22 novembre. 91


Innovazione

Nebulizzatore Multiflow per la vigna e il frutteto

Quest’anno la Martignani S.r.l., nota protagonista dell’innovazione nella tecnica applicativa dei prodotti per la protezione delle piante e dell’ambiente e in occasione dell’edizione 2012 di Enovitis in Campo presenta, come sua consuetudine, numerose novità; fra queste, la principale riguarda un’ulteriore evoluzione del Nebulizzatore Elettrostatico Whirlwind B612 Shuttle con la nuova testata “Twin Multi-Flow” la quale permette di effettuare qualsiasi trattamento localizzato anti-deriva su colture specializzate (vigneti con forma di allevamento a spalliera o frutteti moderni), con volumi di trattamento variabili indifferentemente da 50 a 1.500 litri/ettaro. La grande particolarità della testata “Twin Multi-Flow”, è data dalla possibilità di: - Variare a distanza l’angolo d’incidenza del trattamento orientando i due tunnel multi testata (disposti verticalmente) sull’asse orizzontale oltre all’orientamento su quello verticale di ogni singola testata erogatrice. - Variare la velocità d’aria erogata - Variare la micronizzazione (sistema A.D.S.C. Air & Droplet Size Control) Con l’ausilio inoltre del noto dispositivo Elettrostatico “Martignani” (nuova versione potenziata), PRIMO e UNICO sistema di recupero del prodotto senza alcun ricircolo di antiparassitario e del nuovo comando a distanza elettrico con sistema integrato “antigoccia”, assicura un’eccellente penetrazione ed

uniformità di copertura riducendo praticamente a zero le perdite per deriva a terra o nell’ambiente, con effetto anche anti residui chimici su frutta, uva, vino, ecc. il tutto pluri documentato con ricerche universitarie. Martignani srl Via Fermi 63 – Z.I. Lugo 1 48020 S. Agata sul Santerno (Ravenna) Tel. 054523077 Fax 054530664 Email: martignani@martignani.com www.martignani.com

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Economia

Due milioni fanno la spesa in campagna

E salvano almeno 1.000 prodotti alimentari Andrea Settefonti

Fare la spesa in campagna non vuol dire soltanto ritrovare antichi sapori, risparmiare sull’acquisto dei prodotti. Ma significa anche contribuire a salvare i prodotti agricoli dalla sparizione. Il dato su quanto salvato dalla spesa in campagna è stato diffuso a Lecce dalla Cia (Confederazione italiana degli agricoltori) in occasione della VI Conferenza economica. Dietro al crescente successo di questo fenomeno, che nei primi sei mesi dell’anno ha già coinvolto più di due milioni di consumatori, oltre al risparmio, ci sono anche tutte quelle specialità della terra, ignorate dai canali ufficiali della distribuzione alimentare e custodite solo dai pochi agricoltori che ancora le producono. Dal cacio “marcetto” abruzzese al liquore di sambuco siciliano, dall’annona calabrese al sedano nero di Trevi, alla focaccia di barbarià del cuneese: più di mille sapori dimenticati nelle pieghe del nostro paesaggio rurale, che risultano i più richiesti dagli “abitué” della spesa in campagna nelle 3.000 aziende che ne perseguono la tradizione. «Secondo un’indagine condotta nelle imprese aderenti alla “Spesa in campagna”, infatti, dopo il risparmio (82%) e la ricerca di cibi sani (73%), ad attrarre gli italiani in azienda è proprio la singolarità di questi sapori (52%) legati alle tra-

dizioni fortemente locali. Per il 47% per cento del campione, inoltre, la spesa in campagna è un’ottima occasione per passare qualche ora all’aria aperta. Da gennaio a giugno a scegliere i prodotti delle aziende agricole sono stati già due milioni di italiani. Secondo l’identikit tracciato dalla Cia, l’appassionato della spesa in campagna ha circa 40 anni, un titolo di studio elevato e almeno un figlio piccolo. Il livello di scolarizzazione è molto alto, con il 25% di laureati. Tra questi, il 33% sono insegnanti, il 24% impiegati e il 19% pensionati. Per il resto, nel 9% dei casi si tratta di liberi professionisti, nel 5% di imprenditori e nel 3% dei casi di studenti. Secondo i calcoli della Cia su un budget medio mensile per alimentari e bevande di 467 euro a famiglia, la “spesa in campagna” fa spendere circa 140 euro in meno. Cifra che, moltiplicata per dodici mesi, si traduce in un risparmio annuo di ben 1.680 euro per nucleo familiare.

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Macch[in]azione

Quando per Bambi le uve toscane sono “da tavola”

Carlo Macchi

Il menù potrebbe essere il seguente: antipasto d Trebbiano, come primo del bel Sangiovese, di secondo Cabernet con contorno di Merlot e come dolce della Malvasia. Sono convinto che tutti i caprioli, daini, cervi e cinghiali che regolarmente frequentano i ristoranti, pardon i vigneti toscani, sarebbero felicissimi. In realtà sono felicissimi perché se c’è un problema che si è ingigantito negli anni grazie al menefreghismo delle amministrazioni e ad una serie di concause (che vedremo tra poco) è quello della vera e propria razzia di uva nei vigneti toscani da parte di questi gentili animaletti. Accennavamo a concause; ce ne sono a bizzeffe. I calcoli sbagliati sul reale numero di questi animali fatti dagli enti preposti al controllo, il loro conseguente proliferare (specie i caprioli e i cinghiali) perché troppo tutelati e senza naturali competitor (vedi lupo), la difficoltà di organizzare cacce di selezione e l’abitudine dei cacciatori di portare cibo in inverno (facendo diventare tanti boschi delle discariche) alle bestie che poi cacceranno in estate. Last but no least la dolce faccina di Bambi che non permette all’opinione pubblica di capire i danni enormi che queste animali infliggono ai viticoltori.

Vigneti con perdite di uva dal 50% al 100% in ogni angolo della Toscana (dal Chianti a Montalcino, da Montepulciano alla Maremma, da Bolgheri alle colline pisane) sono oramai all’ordine del giorno. Occorrerebbero reti elettrificate alte almeno 2 metri (Bambi e compagnia saltano benissimo), ma chi le paga? Alla fine le pagano i produttori ma vi immaginate che bellezza se il vigneto toscana diventasse un reticolato conti-

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nuo? Inoltre occorre mantenere il diritto di passo ai cacciatori e questi spesso lasciano i cancelli aperti, almeno gli animali vanno a mangiare l’uva e loro… li aspettano al varco. I produttori protestano ma la lobby dei cacciatori è storicamente potentissima e poi devi stare attento perché se protesti troppo e poi chiedi una cacciata per salvare l’uva nel tuo vigneto è probabile che i cacciatori arrivino quando oramai l’uva è stata digerita. Il bello (si fa per dire) è che questo problema si sta trasferendo in altre regioni italiane, grazie anche al fatto che un capriolo ha bisogno solo di 60 mq di bosco per vivere (tanto ha la vigna vicina…). Tutti adesso stanno a guardare, tranne i produttori che contano danni per centinaia di migliaia di euro che nessuno gli ripagherà. Non certo lo stato, o la regione, o la provincia o il comune di appartenenza. Forse proveranno a mandare il conto alla Walt Disney, creatrice di un angelico ma assolutamente falso Bambi, oppure andrà a finire che si trasformeranno in tanti Rambo improvvisati, a caccia di chi caccia la loro uva.


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