Il Patriota

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Ci riprovano:

LAMPEDUSA

Vogliono demolire la nostra casa

CI INTERROGA

La Costituzione italiana, frutto della Resistenza e della Lotta di Liberazione, è stata definita la più bella del mondo. Essa è il nostro documento di riconoscimento: è la carta di identità in cui noi siamo indicati come italiani, non più sudditi ma cittadini sovrani, con pari diritti e doveri senza distinzioni di razza, sesso, religione, censo. Insomma la Costituzione è la nostra casa comune e, come in ogni casa, lì c'è il nostro passato, il presente, ma anche il futuro. Le Costituzioni, come le case, sono fatte per durare a lungo. Quella della Repubblica di San Marino è in vigore dal 1600, quella degli Stati Uniti dal 1789, cioè da 224 anni. Noi che l'abbiamo solo da 65 continuiamo ad accanirci contro di essa, senza peraltro averla mai completamente attuata. Anzi, vi scarichiamo spesso responsabilità che sono della politica o della società. Questa nostra Costituzione, questa nostra casa oggi ha forse bisogno di una rinfrescata e di qualche piccola manutenzione o ristrutturazione. Ma ciò non vuol dire abbatterla e rifarla dalle fondamenta, come si è tentato nel 2006. Ora si ritenta ancora. Stavolta in maniera ancor più incisiva e radicale. E lo si vuol fare usando come grimaldello la modifica dell'art. 138, con l'intenzione, non tanto celata, di trasformare la nostra Repubblica, da parlamentare a presidenziale, dove tornerebbe in qualche modo un uomo solo al comando. Noi dell'A.N.P.I. siamo pronti a contribuire ad una giusta ristrutturazione della nostra casa [diminuzione, meglio se dimezzamento, del numero dei parlamentari, distinzione delle funzioni di Camera e Senato, abolizione delle province]. Ci opporremo però se anche stavolta si vorrà abbatterla e ricostruirla diversa da come l'hanno pensata i nostri Padri Costituenti. Essi certamente si stanno rigirando nella tomba vedendo che il loro splendido lavoro, rischia di essere manomesso oggi da parlamentari nominati e non eletti e da partiti che esprimono livelli di Segue a pag. 3

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lug lio di S ilvi o

morte o rinascita della Patria?

Non vogliamo unirci al coro di chi, di fronte a una tragedia come questa parla di emergenza e scaglia solo sugli altri (legislazione, politica, Europa, scafisti, guerre, persecuzioni, ...) le responsabilità, per poi tornare, quando il clamore del fatto sarà sopito, alle proprie consuetudini e certezze. Di fronte a tanti morti, uomini e donne e bambini, la cosa più giusta da fare è mettersi in silenzio e lasciar parlare, per una volta, il cuore e i sentimenti. Indignazione, vergogna, pietà, condivisione, disprezzo, rabbia, pianto … Per far questo raccontiamo una storia: è la storia di Kebrat, una ragazza di 24 anni con i capelli ricci. Lo facciamo Segue in ultima pagina A Schio –Magré

1° FESTA PROVINCIALE DELL’ANPI Convegno

GLI ALPINI NELLA RESISTENZA pag. 4

Aveva ragione Curzio Malaparte a scrivere: «È assai più difficile perdere una guerra che vincerla. A vincere una guerra sono tutti buoni, non tutti sono capaci di perderla». E l'Italia la seconda guerra mondiale l'ha persa, e in malo modo. Si può dire che l'ha persa "all'italiana", nel segno della improvvisazione e della confusione. Lo stesso armistizio, firmato cinque giorni prima, il 3 settembre a Cassibile in Sicilia, era stato tenuto nel cassetto, rinviandone l'annuncio di giorno in giorno in attesa di chissà quale miracolo. Fu Eisenhower, scocciato, a renderlo noto al mondo l’8 settembre alle 18.30 parlando da Radio Algeri, costringendo il re alla conferma, che venne diramata più di un'ora dopo (h. 19.45). I nostri soldati da quel momento non dovevano più considerare gli angloamericani come nemici, ma dovevano reagire ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza. Quale provenienza se non dai tedeschi? Allora perché non essere chiari? Perché non dire subito che i nuovi nemici erano gli alleati di prima? Perché non furono diramate in tempo le istruzioni - che pur c'erano - per sostenere la prevedibile reazione teutonica? L'Italia, come quello che restava del suo esercito, fu Segue a pag. 2

Silvio e i suoi seguaci affermavano che egli non sarebbe mai stato sconfitto dalla politica, ma dai "giudici politicizzati", da quella "setta" che, secondo lui, è Magistratura Democratica. Invece, in questi giorni di inizio ottobre 2013, abbiamo assistito alla sconfitta "politica" di Berlusconi, non davanti ai giudici, ma nel Parlamento. E non sono stati gli avversari (che lui chiama con disprezzo tutti "comunisti") a detronizzarlo, ma i suoi stessi accoliti. Qualcuno lo ha paragonato a Cesare, pugnalato proprio dai suoi seguaci e persino da suo figlio Bruto (Alfano). A qualcuno invece è venuto in mente il 25 luglio 1943, quando alcuni fascisti del Gran Consiglio votarono l'ordine del giorno Grandi per togliere i poteri al fondatore del fascismo, Mussolini, e ridarli al Re. Ora alcuni degli stessi berlusconiani Segue a pag. 2

Nota stonata durante la commemorazione di

MALGA ZONTA

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Don Andrea Gallo PAPA FRANCESCO

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SPECIALE SCUOLE Thiene Torrebelvicino Recoaro Terme Bassano del Grappa Montecchio Magg.-Arzignano Vicenza - INCONTRI AL “QUADRI” Altavilla pag. 11-13

Attività delle Sezioni A.N.P.I. della Provincia

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Manifestazione Regionale 12 ottobre 2013 Revine Lago (TV)

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A.N.P.I. Comitato Provinciale di Vicenza

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lasciata a se stessa, senza il suo re, fuggito subito da Roma, senza governo, praticamente senza alti capi militari: se l'erano tutti data a gambe, dimostrando la cifra di un ventennio. Infatti quello che successe in quei giorni fu il risultato della spaventosa inadeguatezza di quanti rappresentavano lo Stato ai massimi livelli, civili e militari. Inadeguatezza fatta di errori, paure, incompetenze, viltà. Ma fu la conseguenza e la conclusione di tutto il tempo in cui si professava la «totale fiducia per Mussolini». Il tempo in cui non solo la monarchia e i militari, ma anche gli imprenditori, la grande borghesia e giù fino a quelle signore che donavano la fede d'oro, a tutti quelli che si entusiasmavano per le pompose e vuote cerimonie del nuovo Impero, dei fatali colli e via coi sogni fanciulleschi. Qualcuno pensava forse che bastasse una firma per chiudere con la guerra e che poi tutto sarebbe tornato come prima, senza conseguenze. Dimenticando che siamo stati noi gli aggressori, quelli che hanno attaccato, per sete di dominio, quelli che si sono messi a fianco del mostro germanico, con i campi di sterminio e la "guerra lampo", condividendone scopi e spesso metodi ed efferatezze. L'armistizio dell'8 settembre fu la morte della Patria? Certamente fu la morte di un certo tipo di Patria: quella pomposa e retorica, quella risorgimentale dei pochi che comandano e dei molti che subiscono, la Patria dei sudditi. Vanno in crisi non solo le strutture, ma anche l'immagine ed i valori legati allo Stato nazionale, cosa questa che proietterà un'ombra sui decenni successivi. Infatti, mentre nei C.L.N., sorti subito dopo l’armistizio, si sono trovati ad agire insieme contro il nazifascismo tutti i partiti democratici ed antifascisti (P.L.I., D.C., P.d’Az., P.S.I. e P.C.I.), nell'Italia repubblicana invece si sono affermati i partiti di massa (DC, PSI e PCI), con un serio ridimensionamento dei partiti di ispirazione risorgimentale e di élite. Parallelamente si affermava un «patriottismo di partito»: era il partito di appartenenza che diventava la vera «nazione». Molti, in sostanza, si sentivano democristiani, socialisti o comunisti prima che italiani. La dimensione nazionale diventava così una dimensione che non includeva tutti, ma che comprendeva «noi» contro «loro». Diventava quasi un tabù parlare di Patria e di Nazione. Tutto questo rimase fino alla metà degli anni novanta. Ma con l'armistizio si innescarono nel popolo anche altre reazioni importanti e vitali. Di fronte al collasso dell'apparato statale, gran parte della popolazione reagì cercando sostegno e protezione nei legami familiari e nella rete di solidarietà basata sulle relazioni interpersonali.

Ottobre 2013

Reagì cioè sfoderando i caratteri profondi dell'antropologia italiana: capacità di adattamento e sopportazione, disponibilità a prestare soccorso agli sconosciuti, forza dei legami familiari e dei vincoli comunitari di base, ed anche un'antica sfiducia nei riguardi del potere. Queste caratteristiche sono state alla base del sostegno che la nostra gente ha dato al movimento della Resistenza e, se ci pensiamo bene, sono state poi alla base anche della volontà di ricostruzione del dopoguerra e persino della spinta verso il miracolo economico.

Roma - Porta S.Paolo. Soldati italiani resistono ai tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943

Con l'armistizio gli italiani, costretti a passare attraverso l'occupazione tedesca, attraverso la deportazione e l'internamento, costretti a subire ancora molti lutti e devastazioni, trovarono la forza dell'orgoglio e del riscatto attraverso la Resistenza, civile, armata e che si espresse in varie e complesse forme. Con l'armistizio cominciò così a farsi strada un altro tipo di Patria, quella della libertà e dei diritti, individuali e collettivi, quella della partecipazione democratica, dell'uguaglianza, insomma non più quella dei sudditi ma quella dei cittadini sovrani. Questa nuova Patria venne poi alla luce con la Liberazione e trovò la sua prima identità nel referendum del 1946 e nell'Assemblea Costituente. Con la Costituzione venne tracciata l'identità del nuovo cittadino italiano, riscattato dal fascismo, dalla sconfitta militare, e pronto ad affrontare le sfide nazionali ed internazionali con ritrovata dignità e nuovo orgoglio. Da allora la nostra Repubblica ha intrapreso una nuova strada, lunga e che, a tutt'oggi, non è stata ancora percorsa fino in fondo. Una storia non chiusa. L'8 settembre ci interroga ancora. Le istituzioni sono cambiate e gli italiani? Siamo diversi o siamo ancora gli stessi di quell’8 settembre? Forse ha ragione Mattia Feltri che ne "La Stampa", proprio l'8 settembre 2013, scriveva: «Ce lo siamo chiesti durante gli anni del terrorismo e durante quelli di Tangentopoli e la risposta è spesso stata sì: siamo sempre gli stessi. Abbiamo ancora una classe dirigente pavida, incapace, buona soltanto a rinviare, come rinvia oggi davanti al disastro della crisi, e indisposta a scelte gravi. Abbiamo gli industriali che nella quasi totalità si appoggiano alla politica per succhiare il succhiabile, per essere riparati da ogni freddo spiffero, per non rischiare nulla, saltabeccando da una moda ideologica all’altra [cfr. le vicende di Alitalia n.d.r.] . Una borghesia tendenzialmente disonesta e furbina, che esercita una facile e autoassolutoria protesta anticasta, e poi si affida allo sciamano di passaggio, come fosse la mamma per un bimbo, per poi linciarlo fuori tempo massimo». Certamente oggi non ci vorrebbe un nuovo 8 settembre, ma un nuovo risveglio sì, un nuovo strappo, un nuovo scatto di dignità ed orgoglio verso una Patria di tutti, ancora da costruire. Giorgio Fin

Militari italiani dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 tornano a casa .

Il 25 luglio di Silvio

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hanno per la prima volta disobbedito al loro leader Berlusconi, andando contro le sue indicazioni, consolidando così il “potere” di Letta e di Napolitano. La storia, è vero, non si ripete tale e quale, ma si ripete. Mussolini allora venne cacciato perché aveva portato l'Italia alla sanguinosa tragedia della guerra. Berlusconi viene messo in minoranza perché non ha avuto scrupolo alcuno nell'ordinare alle sue “truppe” azioni palesemente destabilizzanti se non eversive (le dimissioni di tutti i parlamentari e poi dei ministri) che avrebbero mandato l'Italia allo sfascio, con il solo scopo di salvare se stesso. Mussolini quel 25 luglio rispose con coerenza all'attacco mantenendo la sua contrarietà e subendo l'arresto. Berlusconi invece non ha avuto nemmeno il coraggio della coerenza ed ha tentato un ultimo malinconico bluff, dando il suo voto a favore dello stesso governo che voleva abbattere. Voleva così mascherare la sua sconfitta e cercare di risalire sul carro del vincitore, che però da ora, checché se ne dica, non è più guidato da lui. Questo ennesimo voltafaccia è stato in realtà un sigillo su una fase nella quale era cresciuto il suo distacco dalla realtà, italiana e internazionale, al punto da non avere più antenne per captare nemmemo l’emancipazione, non certo estremista ma davvero moderata, dei suoi ministri e di molti parlamentari. Sappiamo poi che Mussolini, due mesi dopo, liberato dai tedeschi, è ritornato al potere nella RSI e subito si è vendicato di coloro che gli hanno voltato le spalle mandandoli al muro e gettando l'Italia nella guerra civile. Speriamo che a Berlusconi non sia concesso di ritornare in auge, e che, sconfitto politicamente in questa circostanza, resti sconfitto definitivamente. Speriamo che stia nascendo finalmente una nuova destra, libera, democratica ed europea. E che l'Italia, finalmente, diventi un paese "normale". Purtroppo però siamo convinti che, se anche Berlusconi sparisse, i berlusconiani, il berlusconismo e i suoi deleteri principi e comportamenti (individualismo ed egoismo esasperati, insofferenza per le regole, mancanza di scrupoli e di coerenza, furbizia, intolleranza, ecc..) resisteranno ancora per molti anni. In giro ci sono persone che, dopo 70 anni, si proclamano ancora fascisti! Figuriamoci!


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IL PATRIOTA

Vogliono demolire la nostra casa. Continua dalla prima pagina cultura, di democrazia e di moralità se non molto bassi certamente non all'altezza delle istituzioni che rappresentano. Questi parlamentari e questi partiti non hanno ricevuto da nessuno il mandato di cambiare lo Stato. Pensino ad attuarla la Costituzione prima di modificarla. La Costituzione che, ad esempio, all'art. 54 dice che chi è chiamato a funzioni pubbliche "ha il dovere di adempierle con disciplina ed onore". Invece dilagano la corruzione, la truffa. Ora sappiamo che a truffare lo Stato è stato persino chi ha governato lo Stato per quasi vent'anni e che continua vergognosamente a condizionare, se non a dettare, la politica nel nostro Paese. Ci opporremo quindi con tutte le nostre forze allo stravolgimento della Costituzione, in accordo con chi ha a cuore il bene comune, i diritti di tutti e non la sopravvivenza dei privilegi dei pochi che oggi comandano. Pubblichiamo pertanto il Comunicato emesso in proposito dal Comitato Nazionale dell’ANPI il 16 maggio scorso: Il Comitato Nazionale dell’ANPI In relazione ai diversi progetti che si vanno formulando, anche in sede governativa, a riguardo di un sistema di riforme costituzionali, ribadisce la più ferma contrarietà ad ogni modifica, legislativa o di fatto, dell’art. 138 della Costituzione, che – semmai – dovrebbe essere rafforzato e del quale in ogni caso, si impone la più rigorosa applicazione; conferma il netto convincimento che il procedimento da seguire non può che essere quello parlamentare, attraverso gli strumenti e le commissioni ordinarie, non essendovi ragione alcuna per eventuali nuove formule e strutture, essendo più che sufficiente quanto già previsto dai regolamenti parlamentari; riafferma l’inopportunità del ricorso ad apporti esterni che in qualche modo incidano sul lavoro parlamentare e che non siano quelli già previsti, attraverso i quali si possono acquisire opinioni e contributi di esperti, mediante pareri, consultazioni, audizioni e quant’altro; conferma la convinzione, più volte espressa, che le riforme possibili ed auspicabili sono solo quelle che risultano in piena coerenza con i princìpi della prima parte della Costituzione e con la stessa concezione che è alla base della struttura fondamentale della seconda, indicando fra le riforme possibili, la diminuzione del numero dei parlamentari, la differenziazione del lavoro delle due Camere, l’abolizione delle province; tutte materie sulle quali esiste già una notevole convergenza e che non pongono problemi di coerenza complessiva; ribadisce quanto già espresso in varie occasioni, vale a dire la netta opposizione dell’ANPI ad ogni riforma che introduca il presidenzialismo o il semipresidenzialismo, non risultando ragioni evidenti per stravolgere il delicato e complesso sistema delineato dal legislatore costituente; conferma ancora una volta, l’assoluta e prioritaria necessità di procedere alla modifica della legge elettorale vigente, da tutti ritenuta inadeguata e dannosa; invita tutti gli organismi dell’ANPI ad impegnarsi a fondo su questi temi, promuovendo dibattiti e confronti, irrobustendo l’informazione ai cittadini, assumendo tutte le iniziative (…), idonee ad ampliare il consenso attorno a queste posizioni, d’intesa con altre associazioni democratiche e con tutte le forme di aggregazione di cittadini interessati a problemi di ordine costituzionale, chiarendo soprattutto che non si tratta di restare ancorati a tutti i costi ad un sistema immodificabile, ma di impedire ingiustificate alterazioni di esso e assicurare che non vengano poste in atto misure pericolose, suscettibili di scardinare la profonda ed intima coerenza del sistema costituzionale, senza alcun vantaggio per la democrazia. Roma, 16 maggio 2013

Diritto alla difesa

di un tizio che ha sostituito la politica con l’epica dei fatti suoi. (*) Dopo la condanna, in via definitiva, comminata per truffa ai danni dello Stato alla persona che quello stesso Stato aveva “governato” per quasi vent’anni, dopo aver peraltro giurato di servirlo «con disciplina ed onore», in qualsiasi Paese civile sarebbe insorta una giusta indignazione che lo avrebbe portato, come minimo, ad abbandonare la vita pubblica. Invece abbiamo assistito ad una scandalosa mobilitazione a sua difesa. Si è iniziato con campagne di fango verso i giudici, con ingiurie e messaggi di delegittimazione nei riguardi della magistratura e dei tribunali. Si è poi continuato con avvertimenti, minacce e ricatti nei riguardi dei partiti, del Governo e del Parlamento, fino all’atto estremo delle vergognose dimissioni dei parlamentari e dei ministri che il PDL ha dato e poi ritirato. Si è arrivati anche a paragonare taluni organismi istituzionali a “plotoni di esecuzione”, per finire poi, in un generale delirio, ad inventarsi formulette lessicali vecchie come il “salvacondotto”, o nuove come l’ “agibilità politica”, e quella battezzata “diritto di difesa”. Ora, essendo noi tutti figli di Voltaire e di Beccaria, di fronte al ‘diritto di difesa’ alziamo le mani: ci mancherebbe, ce l’hanno pure il Mostro di Düsseldorf e Hannibal The Cannibal, il diritto alla difesa! Vuoi che non lo abbia Berlusconi? Ma dimentichiamo alcuni particolari Il primo, ovvio, è che il diritto di difesa in questo caso è già stato esercitato davanti a tre diverse corti, mediante alcuni degli avvocati più pagati d’Italia (alcuni pagati anche come parlamentari). Un diritto alla difesa esercitato nel corso di otto anni di procedimento, con mezzo milione di pagine di rogatorie e quindici (quindici!) diversi magistrati che tutti unanimemente hanno definito Berlusconi colpevole. E fin qui sarebbe stato anche un diritto di difesa normale, diciamo: quello a cui più o meno tutti abbiamo (*) Massimo Gramellini da “La Stampa”

del 19/9/2013

appunto diritto, fatta salva la parcella dei legali. Peccato che nel caso specifico detto diritto si sia arricchito di strumenti non da poco, che invece nessun cittadino normale avrebbe potuto approntarsi: ad esempio, la legge cosiddetta ‘ex Cirielli’ sulla prescrizione, voluta dall’imputato stesso, grazie alla quale alla fine Berlusconi è stato condannato solo per 7,3 milioni di euro frodati al fisco mentre l’evasione totale è stata di 368 milioni di dollari (tuttora nascosti nei paradisi fiscali).

E ancora, un’altra legge, quella sull’indulto, che gli ha condonato tre dei quattro anni di carcere stabiliti in sentenza. In altre parole: in questo caso l’imputato non solo si è avvalso di tutti i diritti garantiti dalla legge, ma li ha notevolmente irrobustiti facendosi o approvandosi altre leggi, grazie al suo potere politico. Ce ne sarebbe abbastanza per dirgli: okay, ci hai provato in tutti modi, puliti e sporchi, in altri casi ce l’hai fatta ma stavolta ha vinto lo Stato di diritto, quindi ora basta. Invece no. Invece dopo tutto questo si parla ancora di ‘diritto di difesa’ come se fossimo ancora all’inizio del procedimento o come se dopo tre gradi di giudizio ce ne volesse pure un quarto per lui. Scusatemi, ma è veramente una situazione surreale. Di quelle che in un Paese, che non sia completamente ubriaco, non dovrebbero nemmeno presentarsi. Invece tocca scomodare Ainis e Zagrebelsky per ‘interpretare’ un articolo della Costituzione che capisce anche un bambino delle elementari: l’articolo 68 che stabilisce che un parlamentare non può essere "privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione..." senza autorizzazione , "salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna..." La sentenza c’è e va applicata. Punto. Se c’è un problema politico - e il problema c’è - esso va risolto altrove: nel PdL (o Forza Italia) dove in vent’anni, per il potere assoluto del suo leader, non è sorta nessuna classe dirigente degna di questo nome; nel PD e nelle altre forze di sinistra che, in alternativa all’antiberlusconismo, non sono state capaci di proporre un modello di convivenza fondato su valori e principi diversi da quelli imperanti dell’individualismo e del consumismo. E pensare che questi valori e principi c’erano e ci sono: basta leggere la Costituzione, nata dalla Resistenza. Giorgio Fin


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A.N.P.I. Comitato Provinciale di Vicenza

Ottobre 2013

A SCHIO-MAGRE’ due iniziative dell’ANPI provinciale

1ª FESTA PROVINCIALE dell’ANPI Vicinissima al 25 Aprile si è svolta a Schio–Magrè la 1° Festa Provinciale della nostra Associazione. Come in tutte le feste che si rispettano, manifestazioni ufficiali si sono alternate a momenti di divertimento, avvenimenti culturali e incontri socializzanti. Il tutto in quattro giorni dal 26 al 29 aprile 2013. In apertura e in chiusura ci sono stati due interessanti convegni tenuti in centro a Schio, nel Palazzo Fogazzaro. Il primo trattava di “Fascismo e neofascismo” con l'intervento del Prof. Marco Almagisti (università di Padova), l’altro tenuto dalla dott.ssa Sonia Residori su “Le donne nella Resistenza”. Il medesimo argomento era stato trattato il mattino dalla stessa relatrice in un partecipato incontro con gli studenti nell’aula magna del Liceo “Martini” di Schio. Il 27 aprile vi è stata l’inaugurazione ufficiale di una Via a Giavenale di Schio dedicata al comandante partigiano “Giulio”, Valerio Caroti. L’abbondante pioggia

Convegno "GLI ALPINI NELLA RESISTENZA" E' noto che il ruolo dei militari e degli ex militari nella Resistenza è stato importante per il loro apporto di esperienza nell'uso delle armi e degli esplosivi, nell'organizzazione delle formazioni, nella tattica delle azioni, nella tecnica di guerra. Prima dell'8 settembre i giovani soldati delle nostre zone, inquadrati per lo più nelle formazioni alpine, hanno vissuto esperienze importanti e devastanti nelle campagne di Grecia, Jugoslavia e in Russia. Dopo l'8 settembre 1943 molti di loro rifiutarono di ritornare nuovamente sotto le armi della RSI, si diedero alla macchia e aderirono al movimento di Resistenza al nazifascismo, fornendo un contributo fondamentale, talora eroico, alla Liberazione del nostro Paese. Per fare solo qualche esempio, basti ricordare il capitano Antonio Giuriolo "Toni", l'ing. Giacomo Chilesotti "Nettuno", l'artigliere Germano Baron "Turco ", il colonnello Giovanni Fincato, tutti vicentini, tutti alpini, poi partigiani e tutti decorati di Medaglia d'Oro al Valore. E' vero, ci sono stati anche alpini che hanno fatto scelte diverse o furono obbligati a farle dopo l'8 settembre, ma erano sicuramente una minoranza. In ogni caso, abbiamo notato che nelle manifestazioni e nei raduni delle Associazioni d'Arma la storia riguardante il periodo dal 1943 al 1945 non trova generalmente spazio, forse perché non è stata mai abbastanza approfondita. In particolare quella degli Alpini sembra fermarsi alla ritirata di Russia. Riteniamo invece che la conoscenza della propria storia

non ha però influito più di tanto sul buon andamento della cerimonia che ha visto la partecipazione di pubblico, dei famigliari di “Giulio”, dell’Amministrazione Comunale e di numerosissime delegazioni dell’ANPI, con la presenza degli Alpini e le esibizioni persino della Banda musicale e del coro. Subito dopo, al Circolo Operaio di Magrè, è stata ufficialmente inaugurata la festa da parte del Presidente provinciale Mario Faggion, con il saluto del Sindaco di Schio, del Presidente del Circolo stesso, dei rappresentanti dell’Istrevi e della CGIL, patrocinatori della Festa. La sera è stata vivacizzata da un concerto musicale con un gruppo locale seguito dal noto complesso REDSKA. Buona e partecipata la presenza dei giovani. Il giorno seguente Domenica 28 aprile la festa ha avuto l’epilogo. Al mattino con un incontro culturale al Circolo Operaio di Magrè denso di tre relazioni: la prima su Valerio Caroti “Giulio”, partigiano, comandante della Brigata “Martiri della Val Leogra”.

e del proprio passato sia, anche per chi è in armi o lo è stato, la premessa per evitare equivoci e possibili strumentalizzazioni e per vivere pienamente i valori della libertà e della democrazia. Su questi argomenti abbiamo ritenuto opportuno proporre un momento di discussione, organizzando un apposito convegno in concomitanza con il Raduno Triveneto degli Alpini che era in programma il 15 e 16 giugno 2013 a Schio. L’Amministrazione Comunale di quella città, insieme con l'ISTREVI, hanno dato subito il pieno sostegno all’iniziativa, che ha trovato poi l'adesione dell'A.N.A., la collaborazione della Direzione dell’ITIS “De Pretto” di Schio e la partecipazione dell'AVL. Il convegno, incluso tra le manifestazioni del Raduno, si è tenuto quindi il 4 giugno 2013 presso l’Aula Magna del suddetto Istituto e si è svolto in due tempi: al mattino per gli studenti e gli insegnanti delle Scuole della Città e la sera per il pubblico. In entrambi gli incontri relatore è stato il Generale Enrico Pino - Comandante del Comando Esercito Veneto il quale è anche uno degli storici ufficiali dell'esercito stesso. La sua relazione è stata molto interessante e per certi aspetti innovativa. Infatti egli ha autorevolmente illustrato come la partecipazione dei militari, e quindi

Il Coro di Marzabotto si esibisce alla 1ª Festa Provinciale dell’A.N.P.I. a Magré di Schio

“la Resistenza vicentina”, tenuta da Mario Faggion, la seconda su “i giovani e la Resistenza” tenuta dalla prof.ssa Carla Poncina e la terza su “il frutto della Resistenza: la Costituzione” tenuta da Giorgio Fin. Il pubblico, abbastanza numeroso, si è mostrato molto interessato e partecipe. Ne è seguito un festoso e gustoso pranzo collettivo. La giornata si è conclusa con il concerto del Coro di Marzabotto, che ha riscosso il plauso generale. In parallelo alla festa nella Caserma Cella dal 20 aprile al 1 Maggio è stata tenuta aperta, con parecchie visite, una Mostra della Resistenza locale, curata dall'ANPI di Malo e dall'ANED di Schio. Come prima esperienza si può dire

che la festa è ben riuscita, con una partecipazione buona ed interessata. L’organizzazione è stata ottima e di questo i ringraziamenti vanno agli amici e compagni di Schio, della Val Leogra ed in particolare a quelli della Sezione di Magrè. Inappuntabile l'ospitalità, il rispetto dei tempi e l'impiego delle attrezzature. Ottimi i servizi collaterali, compresi quelli che vanno dall'organizzazione dei parcheggi alla ristorazione. Un grazie particolare ad Antonio Angelina, a Rosella Albanese, a Roberto Tozzo, a Guido Bortoloso e a quanti hanno offerto la loro opera di volontari. E' stata un'esperienza buona e da ripetere con regolarità.

Da sinistra: il dott. Massimiliano Marangon ,il gen. Enrico Pino, il sindaco di Schio Luigi Dalla Via, Giancarlo Fincato, e il gen. Domenico Inneco.

degli Alpini, alla Resistenza sia stata più vasta di quello che normalmente si pensa. Essa si è sviluppata secondo quattro direttrici. La prima è la Resistenza armata di coloro che sono entrati nelle file dei partigiani. La seconda è quella effettuata dai militari, che alla proclamazione dell'armistizio si trovavano all'estero e che, unitisi alle forze degli Stati in cui si trovavano, hanno combattuto contro i tedeschi. La terza è la Resistenza degli oltre 600 mila militari, tra cui molti alpini, che sono stati catturati dai tedeschi dopo l'8 settembre ed "internati" nei campi di concentramento in Germania e che si sono rifiutati di ritornare "liberi" in Italia se avessero servito ancora il nazifascismo. La quarta è quella dei reparti militari che operarono nell'esercito italiano del Regno del Sud e che hanno combattuto contro i tedeschi a fianco degli Alleati angloamericani, risalendo con essi la Penisola. Se l'Italia di oggi è libera, democratica e pacifica la si deve anche a loro. Gli studenti del mattino (circa 180), con i loro insegnanti, hanno seguito con molto interesse il convegno, anche perché i vari interventi sono stati intercalati da alcuni canti della Resistenza a cura di Michela Rossato e Michele Vencato. Ma parti-

colare attenzione essi hanno riservato alla testimonianza del 92enne Giobatta Danda, sottotenente degli alpini, reduce di Russia, divenuto poi il partigiano "Vestone" comandante della Brigata "Rosselli". L'incontro che doveva concludersi alle 12, è infatti proseguito per altri tre quarti d'ora. All'incontro serale, oltre alla presenza del Gen. Enrico Pino che ha ripetuto, sviluppandola, la relazione del mattino, vi è stata anche la partecipazione del Generale degli Alpini Domenico Innecco, che ha svolto una relazione un po' fuori dal tema "essere alpini oggi", incentrando il suo intervento sulla storia di due divisioni, tra cui la famosa Osoppo, quest'ultima protagonista del dramma di Porzus. Ne è seguita la testimonianza di Giancarlo Fincato, figlio del Colonnello degli Alpini Giovanni Fincato, che ha raccontato la storia del padre . Il suo intervento è stato molto pregnante e pieno di valori ed ha concluso degnamente la serata. Importante è stata la presenza del sindaco di Schio Luigi Dalla Via e validissima la conduzione del convegno da parte del moderatore, il dott. Massimiliano Marangon.


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IL PATRIOTA

BASSANO

UN GESTO STUPIDO

Nota stonata durante la commemorazione di

Malga Zonta Giovedì 15 agosto si è commemorato il 69° anniversario dell'eccidio nazifascista di Malga Zonta, dove il 12 agosto 1944, dopo un duro scontro con i tedeschi in rastrellamento, sono stati fucilati Bruno Viola "Lampo-Marinaio", tredici suoi compagni e tre malgari. La cerimonia, dopo un intenso lavoro di preparazione del Comitato promotore in cui si sono distinte le Sezioni ANPI vicentine e trentine, ha visto la partecipazione di oltre un migliaio di persone, di decine di delegazioni partigiane, combattentistiche e d'arma, di alcuni famigliari dei caduti, di decine di Comuni decorati di medaglia d'oro e d'argento e non decorati, con le loro bandiere e i loro gonfaloni, di tanti giovani e di varie autorità civili e militari. Gli interventi di Maurizio Toller, sindaco di Folgaria, di Luigi Dalla Via, sindaco di Schio, di Alessandro Olivi, assessore alla Provincia autonoma di Trento, e di Giuseppe Ferrandi, direttore del Museo Storico del Trentino hanno sviluppato, con il ricordo del drammatico episodio della Resistenza, il tema ricorrente negli ultimi anni su "Malga Zonta luogo di pace e punto significativo di incontro". Sono stati messi in risalto gli ideali dei protagonisti della Resistenza, l'importanza fondamentale delle conquiste della Liberazione (Repubblica e Costituzione) e l'attualità dei valori costituzionali: il lavoro, la libertà, la democrazia, la pace, la giustizia, l'uguaglianza, la formazione e la cultura, "bisogni" primari al centro delle istanze e delle aspirazioni delle nuove generazioni e dei milioni di cittadini nella nostra Italia, paralizzata da una profonda crisi economica, politica e morale. E' questo il modo giusto di fare memoria storica, perché unisce il momento vivo della rievocazione dell'eroismo e del sacrificio dei partigiani e dei civili caduti alla riflessione sui "fatti" che ne sono derivati e sull'impegno che dobbiamo esprimere nella realtà odierna per rispettarli e onorarli. Dobbiamo segnalare una nota stonata nello svolgimento della manifestazione. L'orazione ufficiale del Ministro Flavio Zanonato è stata inizialmente disturbata dalla provocazione di una ventina di "antagonisti anarchici" che, innalzando cartelli offensivi e distribuendo un volantino di attacco personale a lui diretto in cui veniva collocato fra gli "ipocriti revisionisti" della Resistenza, sono stati sostenuti da un contestatore munito di megafono, il quale ha cominciato a scandire slogans (fra gli altri quello più gridato era "Giù le mani dalla Val di Susa") pretendendo di aprire su di essi una discussione. Era chiaro l'intento di suscitare clamore e reazione al fine di guadagnare visibilità e adesioni alla loro "causa"; l'intento è in parte riuscito sulla stampa, però sul posto è stato prontamente sgonfiato e annullato dal

senso di responsabilità di tutti i presenti, irritati e sdegnati e al tempo stesso calmi, e dall'intervento intelligente ed equilibrato delle forze dell'ordine. La cerimonia è così proseguita e l'oratore ha reso omaggio alle vittime dell'eccidio, al valore del loro impegno, alla nascita di una società nuova derivata anche dal loro sacrificio e ai compiti gravosi e difficili che attendono oggi, nella profondità della crisi, chi è al governo e ciascun cittadino. E' seguita poi la Santa Messa, celebrata da don Giuseppe Grosselli, allietata dai canti del Coro "Vece Cane" di Schio e della Corale "Bella Ciao" di Trento. Sono necessarie alcune considerazioni, a conclusione di queste note. Anche quest'anno la manifestazione di Malga Zonta non è stata una celebrazione rituale ma un incontro incentrato sul ricordo e sull'onore ai caduti per la libertà e la giustizia, sulle conquiste della Liberazione e sulla necessità inderogabile di attuazione della Costituzione e dei suoi principi fondamentali. Qualcuno, vicino o meno alle parole d'ordine degli antagonisti, ha richiamato il loro diritto di pensiero e di informazione. Nessuno contesta la legittimità della diffusione di un volantino, anche se non condivisibile. La contestazione urlata con il megafono, però, denota la volontà di disturbare, di provocare, di imporre altri argomenti e, considerato il luogo (un sacrario della Resistenza), di offendere la sensibilità di tutti i convenuti. E' un vecchio metodo, usato da provocatori di professione e da quanti sono presi da visioni ideologiche intolleranti. Intervistati in merito dalla stampa, i sindaci di Schio e di Tonezza hanno parlato di un episodio increscioso, di una protesta fuori luogo. «Questi sono luoghi del ricordo, della memoria e del contegno; non sono le piazze, dove si può contestare ed esprimere il proprio dissenso nel rispetto verso le istituzioni e i loro rappresentanti». «Malga Zonta è così importante, per ciò che ricorda e rappresenta, che non merita di essere disturbata, indipendentemente dalle motivazioni». Ancora una volta, pure da questa esperienza, si può cogliere il significato del ruolo della nostra Associazione, volto alla tutela della memoria storica, del metodo democratico nei rapporti civili e sociali e nell'affermazione degli ideali e dei valori della Liberazione e della Costituzione. Malga Zonta 15 agosto 2013

Il Ministro Flavio Zanonato oratore ufficiale. della manifestazione.

Qualcuno per protestare contro la soppressione del tribunale di Bassano, ha appeso ai lampioni di Viale dei Martiri tre drappi, uno tricolore, uno con il Leone marciano e l'altro da una toga da avvocato, acconciati a mo' di fantocci, con un cappio attorno al collo e un cartello appeso, proprio come fu per i poveri impiccati nell'autunno del '44. Il vicequestore non ha ravvisato ipotesi di reato, ma la città ha stigmatizzato questa forma di protesta e molti hanno preso le distanze da essa. In particolare Giuseppe Pettenuzzo, presidente dell'A.N.P.I. di Bassano, ha subito dichiarato alla stampa la propria indignazione: «E' una cosa di una stupidità immensa. Non dico vergognosa perchè lo si dice nei confronti di chi possa provare vergogna per ciò che ha fatto. È solo stupida. Non è sacro ciò che è stato decretato tale formalmente ma ciò che è nel sentire delle persone, e il Viale è Zona Sacra. Molti bassanesi nutrono un grande rispetto per quella zona della città e per ciò che essa rappresenta da decenni. Non ci sono più limiti ormai». Ha ragione Pettenuzzo, non ci sono limiti alla stupidità umana, essa non rispetta confini nè geografici, nè storici e nemmeno culturali.

SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Fuori il fascismo dagli stadi

Fuori dalle gare sportive le maglie con l'immagine del Duce e le scritte e i simboli inneggianti al regime fascista. Lo ha stabilito la prima sezione penale della Cassazione, confermando la condanna inflitta dalla Corte d'appello di Trento - sezione distaccata di Bolzano - a un 31enne finito sotto processo per «aver fatto uso di simboli delle organizzazioni nazionaliste, indossando in occasione di un incontro sportivo di hockey una maglietta con l'immagine di Benito Mussolini e riproducente scritte proprie dell'ideologia fascista». Condannato per una maglietta in un incontro di hockey. Aspettiamo l’arresto e la condanna di tutti i gruppi neofascisti e razzisti che impunemente si esibiscono nelle curve degli stadi di calcio.


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A.N.P.I. Comitato Provinciale di Vicenza

Contro il neofascismo e il neonazismo

Manifestazione Regionale ANPI

12 ottobre 2013 Revine Lago (TV)

L’Italia e l’Europa sono colpite da una grave crisi economica, sociale e morale. Dentro la crisi fanno la loro preoccupante ricomparsa idee e organizzazioni neofasciste e razziste. Camicie nere, verdi, brune che la Resistenza Italiana ed Europea aveva spazzato via nel 1945. Neofascisti e neonazisti dall’Italia alla Grecia, dalla Germania alla Francia, dall’Ungheria all’Olanda, alla Norvegia. L’estrema destra gioca sporco sulla paura e la disperazione che la crisi ha diffuso, indirizzando la rabbia e la ribellione contro gli immigrati e i diversi. Neonazisti e neofascisti ripropongono autoritarismo e populismo; odiano le costituzioni democratiche; cercano di riscrivere la Storia che li ha condannati; usano la violenza come metodo di lotta politica. Neofascisti e neonazisti hanno recentemente manifestato a Cantù (il raduno internazionale dell’ultradestra europea) e a Revine Lago (la festa nazionale di Casa Pound). L’ANPI, l’Associazione di tutti gli antifascisti, di tutti gli amici della Costituzione, dice: BASTA! Neofascisti e neonazisti non hanno diritto di cittadinanza in Italia e in Europa! L’ANPI del Veneto ha chiamato per questo a manifestare cittadini, associazioni, sindacati, forze politiche, Istituzioni ed Enti Locali proprio a Revine Lago. Questo luogo, che è stato testimone della Resistenza e della Lotta di Liberazione e per questo ha dovuto subire immani devastazioni e contare molti caduti tra i partigiani e i civili, è stato profanato dalla presenza provocatoria dei neofascisti di Casa Pound. L’A.N.P.I. ha voluto con la sua manifestazione riparare a questa violazione, ribadendo la fedeltà nostra e dell’Italia ai valori della Resistenza, impressi nella Costituzione Democratica e Repubblicana. Ha voluto anche mandare un appello e un monito alle autorità perché raduni come quelli non siano più permessi né a Revine né altrove. La manifestazione è iniziata alle ore 16.30 e si è conclusa intorno alle ore 19.30. E stata caratterizzata da una fiaccolata lungo un percorso di circa 3 Km e dagli interventi conclusivi del coordinatore regionale ANPI veneto (Maurizio Angelini) dei rapprensentanti dell’ANPI di Treviso (Umberto Lorenzoni) del Veneto (Irene Barichello) e Nazionale (Marcello Basso). Larga è stata la partecipazione . Vari i comuni con i sindaci e i gonfaloni, i rappresentanti degli Enti e Associazioni che hanno aderito tra cui la CGIL, e lo SPI in particolare, e la CISL. Erano presenti tutti i medaglieri dei Comitati provinciali e moltissime bandiere delle Sezioni ANPI. Molto apprezzata e attiva la presenza di un centinaio di giovani della Rete degli Studenti Medi. Anche Vicenza è stata presente con una delegazione di una cinquantina di persone.

Ottobre 2013

Don Andrea Gallo Ti ricordiamo con affetto. A fine maggio 2013 Don Andrea Gallo se n'è andato. Era il prete partigiano, che cantava in chiesa "Bella ciao", che si dichiarava comunista. Parlava sempre di pace e di libertà, di droga e di ribellione, di buoni e cattivi del mondo, di amore e politica. Era un prete che stava in chiesa, ma più che altro stava per strada, insieme agli "altri", ai "diversi", agli "ultimi". Lo ricordiamo alla festa dell'ANPI a Gattatico nel giugno del 2008 mentre portava sopra la veste nera una sciarpa rossa e, sopra la sciarpa, il fazzoletto tricolore dell'ANPI. Riportiamo due righe prese dal suo intervento rimasto memorabile ai moltissimi presenti. Egli raccontava di un dialogo con un suo superiore: [Don Gallo] «Io avrei una preghiera». [Superiore] «Qual'è questa preghiera?». [Don Gallo] «Se lei mi dà il nulla osta io la divulgo». [Superiore] «E qual'è questa preghiera?» [Don Gallo] «I primi dodici articoli della Costituzione!!!».

Nello stesso intervento, in quel periodo, in cui si parlava di "sicurezza", asseriva: «L'emergenza più grave dell'Italia sembra siano i Rom. Penso invece che sia emergenza il fatto che in Italia, da Bolzano a Sigonella, abbiamo 113 basi americane, con 90 bombe atomiche ... guardate il risultato del Dal Molin di Vicenza!!». Questo era Don Andrea, uno che diceva pubblicamente le cose che non andavano. Magari a volte esagerava... ma se l'avessero ascoltato!. Era un'istituzione, andava in tv, parlava, interveniva. Era diventato, se vogliamo, una potenza. Ma restando sempre dalla parte degli ultimi, con pervicacia e ostinazione. La voce roca, il genovese strascicatissimo, le mani che si muovevano nell'aria... ti parlava di uomini, quasi mai di fede o di Dio, ma te ne andavi con la strana idea che quel vecchio comunista, pacifista, no global fosse più prete e sacerdote di parecchi altri. Perché Don Andrea era uno di quelli che dovunque passasse o qualunque cosa facesse, lasciava un segno, lacerava cuori e anime, ti metteva davanti a te stesso, alle tue debolezze, interrogava la tua disponibilità, ti costringeva a scegliere... Don Andrea, dovunque adesso si trovi, con il sigaro in bocca, ci guarderà ridacchiando con gli occhi ironici vedendo quello che sta succedendo in questi giorni qui da noi in Italia. Ci pare di sentirlo pronunciare una delle sue frasi di quelle che, lì per lì, ti sembravano strampalate, ma poi, ti restavano appiccicate all'anima.

Don Andrea Gallo parla alla Festa dell'ANPI a Gattatico il 22 giugno 2008.

Papa Francesco

Le dimissioni di Benedetto XVI e la venuta “dall’altro mondo” di papa Bergoglio sono state novità che hanno sorpreso positivamente tutti, credenti e non credenti. A partire dal nome scelto dal nuovo papa, Francesco, il santo degli umili e degli ultimi, il che è diper sé un programma. Un programma che egli ha iniziato a realizzare, ci sembra, alla grande. E’ indubbio che i cambiamenti che Francesco sta inducendo all’interno della Chiesa interessano tutti, non solo i cattolici. Lo dimostra molto bene il dialogo che si è inaspettatamente aperto tra lui e un non credente di vecchia data qual è Eugenio Scalfari. Un dialogo “laico”, che ci mostra un papa immerso nel mondo e vicino al sentire della gente. Molti sono i passaggi in questo senso riportati da Scalfari. Ne citiamo, come esempio, solo due: «Mi dice papa Francesco: "I più gravi dei mali che affliggono il mondo in questi anni sono la disoccupazione dei giovani e la solitudine in cui vengono lasciati i

vecchi. I vecchi hanno bisogno di cure e di compagnia; i giovani di lavoro e di speranza, ma non hanno né l'uno né l'altra, e il guaio è che non li cercano più. Sono stati schiacciati sul presente. Mi dica lei: si può vivere schiacciati sul presente? Senza memoria del passato e senza il desiderio di proiettarsi nel futuro costruendo un progetto, un avvenire, una famiglia? È possibile continuare così? Questo, secondo me, è il problema più urgente che la Chiesa ha di fronte a sé". E ancora: “Alla società civile e politica tocca il compito arduo di articolare e incarnare nella giustizia e nella solidarietà, nel diritto e nella pace, una vita sempre più umana. Ciò significa… servizio all’uomo, a tutti gli uomini, a partire dalle periferie della storia e tenendo desto il senso della speranza.” ». Con queste affermazioni (e con molte altre) sicuramente concordano coloro che hanno a cuore il bene comune e si impegnano per questo nei vari campi.


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IL PATRIOTA

CON GRATITUDINE VI RICORDIAMO

Umberto Tarquini

Ampelio Lampioni

(1923- 2013)

(1930 - 2013)

Umberto Tarquini era nato il 17 dicembre 1923 e sulla soglia dei 90 anni se n’è andato il 29 maggio 2013. Umberto non è stato partigiano, ma egli portava con orgoglio e impegno la tessera ANPI , attribuitagli "Ad Honorem". Si arruola a 18 anni volontario nei Carabinieri e compie l'addestramento nella Caserma Cernaia di Torino. Viene mandato a Roma per i servizi d'ordine nella capitale dove effettua il controllo di punti strategici come le ferrovie ma anche presso il Vaticano e Villa Borghese, residenza del Duce. All'apertura della Campagna d'Africa viene mandato a Tripoli dove segue le azioni di guerra con funzioni di collegamento fino alla disfatta di El-Alamein nel 1942. Fatto prigioniero dai Francesi, attraversando a piedi il deserto, viene internato a Casablanca dove rimane segregato fino al maggio 1946, un anno dopo, cioè, della fine guerra. Ritorna in Italia quando il referendum Repubblica-Monarchia del 2 Giugno 1946 è già stato effettuato. Riprende quindi il lavoro alla Marzotto, prima come guardiano e successivamente come operaio tessile. Durante la guerra e la prigionia matura idee antifasciste che nella sua famiglia sono già presenti tanto che suo padre ha dovuto subire arresti e carcere. Il fratello poi, Tarquini Nello, è partigiano col nome di battaglia "Pascià" e milita inizialmente nella formazione di Marozin. Ma ad un certo punto, non approvando i metodi usati da quel comandante, passa alla Garemi e viene inviato sui monti sopra Schio a Raga e assegnato al battaglione “Ubaldo”. Il 26 agosto 1944, durante il trasferimento verso l'Altopiano di Asiago, il suo battaglione è circondato dai nazifascisti a Marola di Chiuppano. "Pascià", che ha 19 anni, con il coetaneo Francesco Urbani “Lupo”, coprono lo sganciamento dei compagni, che si salvano tutti. I due giovani però sono sopraffatti e crudelmente uccisi. Umberto, tornato dalla prigionia, prende in sposa Teresa Peghin, la staffetta “Wally”, insignita di Croce di Guerra per il suo valore. A Umberto i fascisti avevano ucciso il fratello, a “Wally” la brigata nera aveva ucciso il 26 marzo 1945 il padre Ettore Peghin, anziano e malato, fucilato al posto del figlio Pietro Peghin “Claudio”, che pur accerchiato e ferito era riuscito coraggiosamente a sottrarsi alla cattura. I gravi lutti che hanno colpito Umberto e Teresa per mano fascista hanno segnato indelebilmente la loro vita e la loro famiglia nata e cresciuta (hanno poi avuto sette figli) intorno ai valori di libertà, di democrazia, di giustizia e di pace. Valori questi che Umberto ha sempre sostenuto, praticato e diffuso con forza, onestà, tenacia ed intransigenza. Il suo impegno civile è sempre stato costante e generoso, tanto quanto è stato il suo attaccamento alla famiglia e al lavoro. Egli è stato un esempio per tutti per coerenza, serietà e dedizione. La Sezione ANPI di Cornedo e Brogliano, di cui il figlio Tarquini Nello è presidente, gli ha reso quindi il giusto omaggio. Sentimenti di apprezzamento e di gratitudine sono stati a lui espressi anche a nome del Comitato Provinciale ANPI, di cui è stato per vari decenni membro diligente e attivo. Lo salutiamo quindi con affetto e riconoscenza, esprimiamo vicinanza alla sua sposa alle figlie e ai figli, alle loro famiglie, ai numerosi nipoti e pronipoti e a tutti i famigliari.

Cellerino Filotto “ Mato”

(1926 - 2013)

Il 6 giugno 2013 nella chiesa di Lion di Albignasego, l’ANPI vicentina e padovana e tanti amici si sono stretti intorno ai figli Emanuela e Ivano, ai fratelli Ubaldo e Milena, ai nipoti e ai parenti , esprimendo cordoglio e solidarietà per la morte di Ampelio Lampioni. Dall’Alto Vicentino sono scesi amici e compagni con la bandiera della formazione garibaldina “Stella”, guidata nella Resistenza dal commissario politico Clemente Lampioni “Pino”, padre di Ampelio e di Ubaldo e Milena, e dal comandante Luigi Pierobon “Dante”. “Pino” e “Dante”, caduti in mano nazifascista, hanno trovato la morte lo stesso giorno, il 17 agosto 1944, a Padova, il primo impiccato in via Santa Lucia con il dott. Flavio Busonera ed Ettore Calderoni, il secondo fucilato nella caserma di Chiesanuova insieme al valdagnese Saturno Bandini “Falco” e ad altri cinque partigiani. Il nome di “Pino” ricorre nei libri di storia della Resistenza vicentina e veneta; così è per la figura di “Dante”: il Comando Garemi ha dedicato al suo nome la Brigata Pino, valorosa formazione di combattenti per la libertà e la giustizia sull’Altopiano dei Sette Comuni; a Luigi Pierobon è stata intitolata la brigata garibaldina che ha operato nella Lessinia Veronese con al centro Boscochiesanuova. A Padova il ruolo di Clemente Lampioni “Pino” nella Resistenza (commissario politico accorto, prestigioso, equilibrato e stimato della Brigata Stella e costruttore della Resistenza nelle Valli dell’Agno, del Chiampo e nell’Alta Val Leogra) non era conosciuto. Così, collaborando con i dirigenti delle Sezioni ANPI della Valle dell’Agno e con i partigiani della “Stella”, per tutta la sua esistenza Ampelio (insieme a Ubaldo e a Milena) ha dedicato impegno ed energie nel far conoscere la personalità e il valore del padre nell’ambiente cittadino, universitario e istituzionale di Padova. I figli di “Pino” hanno agito da autentici combattenti per la verità storica, familiare ed umana. Hanno trovato un valido appoggio nell’ambiente di Cadoneghe da parte del compianto sindaco Adriano Baldin e dell’infaticabile Silvio Cecchinato. Hanno potuto giovarsi anche del libro “Figure della Resistenza vicentina”, uscito nel 1997, nel quale è pubblicato un nutrito capitolo su Clemente Lampioni “Pino”. Ampelio con tenacia, pazienza, intelligenza e dedizione ha consegnato il testo alle Istituzioni padovane, alle Associazioni, alle personalità della cultura e dell’insegnamento e agli oratori. Finalmente, per l’amore di Ampelio, Ubaldo e Milena, “Pino” è stato conosciuto, apprezzato e stimato anche nella sua provincia di origine. Finché l’ha retto la salute Ampelio è stato presente con Ubaldo alle manifestazioni di Malga Campetto, di Selva di Trissino, di Piana di Valdagno, di Malga Zonta. Incontrando e parlando con alcuni partigiani di “Pino”, che hanno lottato e sofferto con lui nella Resistenza, i figli hanno “riscoperto” la figura del padre, il suo valore, i suoi ideali di giustizia, la sua grandezza morale.

Il 26 gennaio 2013 a Quargnenta si sono svolti i funerali del partigiano Cellerino Filotto "Mato", da tutti noto come "Cino Struma". Intorno al figlio, alla nuora e ai nipoti si sono stretti tanti amici e compagni di Quargnenta, di Brogliano e della Valle dell'Agno. Le Sezioni ANPI erano presenti con le loro bandiere e c'era anche la bandiera della Brigata Stella cui apparteneva, inquadrato nel Battaglione Brill. "Mato" è stato uno dei primi giovani del gruppo di Armando Pellizzari "Franz" di contrada Morgante, fidato collaboratore di Rigodanzo Alfredo "Catone". Anche i fratelli Faccin, Danilo "Ferro" e Gaudenzio Costantino "Guerrino", seguivano "Franz" e "Catone". Le loro abitazioni erano situate in contrada Grilli, una località appartata, in alta collina, vicina ai boschi. Per questo la contrada era un punto di riferimento sicuro per le pattuglie partigiane in movimento verso Selva di Trissino e il Faldo o verso Piana di Valdagno. Cellerino amava raccontare delle azioni copiute con alcuni protagonisti della Brigata Stella e faceva i nomi dei comandanti passati dalla sua casa e in contrada, tra i quali lo stesso "Catone", "Ursus " (Gino Ongaro), "Giro" (Giulio Vencato), "Riccardo" (Bovo Lucato), "Binda" (Oreste Fioraso), "Scalabrin" (Albino Gaspari di Malunga) e altri; erano uomini decisi, impegnati in uno scontro difficile e continuo con i nazifascisti. Ne parlava con stima ed ammirazione. Si animava e la sua voce esprimeva sdegno quando sentiva che la destra nostalgica e fascista in giro per il Paese tentava di riorganizzarsi e di portare avanti delle provocazioni, offendendo la memoria dei caduti per la libertà e la giustizia. Un episodio tragico l'aveva profondamente colpito: la fine per mano delle "brigate nere" della Valle dell'Agno dell'amico Gaudenzio Costantino "Guerrino", ucciso in un agguato all'alba del 20 febbraio 1945, e degli altri suoi compagni Danilo "Ferro", Silvano "Drago", Antonio "Ortiga" e Bovo "Riccardo" (commissario politico del suo battaglione, il Brill), catturati e per lunghe ore torturati in contrada Grilli e poi assassinati alla Ruara. Quel mattino "Mato" era sfuggito alla morte rotolando sulla neve; nella rievocazione, gli occhi lucidi e la parola convulsa e commossa rivelavano dolore e rabbia. Aveva continuato la lotta fino alla Liberazione, come sempre lucido e risoluto. Cellerino era un contadino forte, un lavoratore libero e instancabile della sua terra, coerente con gli ideali della Resistenza e della liberazione dell'uomo dall'ingiustizia, ospitale e sincero. In ogni manifestazione si metteva in disparte e seguiva con attenzione gli interventi e la cerimonia, facendo poi le sue osservazioni. Resterà nel nostro ricordo, il partigiano "Mato", iscritto all'ANPI fino agli ultimi giorni, per la sua lealtà ed amicizia.

Questi sono i concetti espressi da Mario Faggion nell’intervento pronunciato in memoria di Ampelio. Poi in corteo, il numeroso pubblico e gli amici e i compagni vicentini e padovani con le loro bandiere, uniti ai Irene Barichello (ANPI Padova) pronuncia l’orazione ufficiale 2013 in ricordo di “Dante” e “Pino” e degli altri otto caduti del 17 agosto 1944 a Padova


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A.N.P.I. Comitato Provinciale di Vicenza

Ottobre 2013

CON GRATITUDINE VI RICORDIAMO

Sergio Giulianati (1924 - 2013) Il 4 febbraio 2013 è mancato a Roma Sergio Giulianati, partigiano della Brigata Mazzini (Divisione Alpina Monte Ortigara). Sergio, primogenito del direttore didattico di Thiene Ferruccio Giulianati (socialista, amico di Giacomo Matteotti), fratello di Giancarlo "Gianco", Mario, Bianca, Luciana e Renza, appartiene ad una famiglia che ha contribuito alla nascita e allo sviluppo della Resistenza nella zona di Thiene. Sono da segnalare alcune famiglie importanti impegnate nella Guerra di Liberazione a Thiene e nei centri limitrofi: gli Urbani, Zanchi, Nicolussi, Talin, Vecelli, Chilesotti, Giulianati, Scalabrin, Pizzato, Arnaldi, Zancan, Maino, Boschiero, Galvan e altre ancora. Egli frequenta, nel 1943, il Liceo Pigafetta a Vicenza, allievo del prof. Mario Dal Prà, del Partito d'Azione, il quale raduna attorno a sè un nucleo di giovani che entrano poi mella Resistenza, tra i quali Alberto Visonà di Valdagno, caduto a Dueville il 27 aprile 1945. Dopo l'otto settembre Sergio non si presenta alle armi al primo bando della RSI del mese di novembre; raggiunge a Farneda l'amico Flavio Pizzato "Serse", figlio della maestra Maria Boccagni, fervente antifascista; si sposta poi presso la famiglia contadina di Angelo Maino "La Bionda"; infine si rifugia presso una famiglia di anziani contadini al "Buso". Nella prima fase (autunno 1943) Sergio e Flavio si dedicano alla formazione di un gruppo partigiano nella zona; utilizzando un ciclostile fornito dal padre direttore didattico alla maestra, stampano volantini e invitano alla lotta. Costretto a presentarsi poiché il padre e la madre sono stati denunciati e più volte interrogati e minacciati dai fascisti e dai tedeschi, viene prima destinato al Battaglione Bassano e dopo trasferito a Novara. Di lì riesce ad allontanarsi e a far perdere le sue tracce. Raggiunge Thiene, saluta i suoi famigliari e sale a S. Giorgio di Perlena in casa Galvan. Organizza il gruppo partigiano di S. Giorgio e inizia con i suoi compagni le azioni di sabotaggio alle strutture militari, agli uomini e ai mezzi nazifascisti. Il fratello "Gianco" è una valida staffetta e mantiene i collegamenti. Sergio collabora pure con "Serse" e con i partigiani del gruppo di Fara. Il loro impegno dura fino ai giorni vittoriosi della Liberazione. Nel dopoguerra dedica le sue energie all'attività sindacale. Nel 1946 è funzionario della Camera del Lavoro di Schio. Poi assume nella CGIL di Vicenza la responsabilità del settore contratti e vertenze. Nel 1948 in seguito agli scioperi e all'occupazione delle fabbriche a Schio e a Thiene, dopo l'attentato a Palmiro Togliatti, viene arrestato, incarcerato e condannato (v. "Due giorni col sole negli occhi", di E.M.Simini, Schio, 2004). Nel 1954 è a Biella, segretario CGIL del comparto tessile. Nel 1956 è chiamato a Roma alla Segreteria Nazionale della FIOT-CGIL, di cui diviene due anni dopo Segretario aggiunto. Più tardi assume l'incarico di responsabile dei rapporti inernazionali del Sindacato Pensionati Italiani. Giancarlo, nel suo libro curato da Liverio Carollo, uscito nel 2009, intitolato «Fra Thiene e le colline di Fara - memorie di una staffetta della "Mazzini"» parla con grande ammirazione dei genitori e del fratello maggiore che, con l'esempio, gli hanno insegnato la via dell'impegno nella Resistenza e nella vita.

Domitilla Urbani “ Doremì”

(1930 - 2013)

Nella chiesa di Dueville molte erano le bandiere delle Sezioni ANPI che il 18 marzo 2013 hanno portato l'ultimo saluto all'amica e compagna Domitilla Urbani "Doremì". Dopo la cerimonia religiosa ha preso la parola il vicepresidente dell'ANPI provinciale per ricordare la partigiana e per manifestare cordoglio e partecipazione ai figli Pierluigi con Giusi, Alessandra con Mario, Maria Cristina, Fabrizio con Alessandra, ai nipoti, alla sorella, ai fratelli e tutti i parenti. «La staffetta, a 14 anni, - sono parole di Domitilla - l'ho fatta pervasa dalla convinzione di fare qualcosa di giusto e di importante. Quindi con grande impegno e grande senso di responsabilità. E aggiungo che lo spirito che c'era nella Resistenza è stato qualcosa di unico, di meraviglioso.» Da queste affermazioni si capisce che l'adesione di Domitilla alla lotta per la liberazione del nostro Paese dal fascismo e dal nazismo era stata piena ed entusiasta fin dall'inizio, da quando cioè aveva tredici anni. Grande ruolo ebbe in questa sua scelta la famiglia che allora risiedeva a Canove, sull'Altopiano, ove il padre, Alessandro, svolgeva l'incarico di medico condotto. Domitilla era la quinta di dieci tra fratelli e sorelle. Furono i due maggiori, Francesco e Antonio, allora studenti al Liceo Pigafetta di Vicenza, a portare in casa le idee di libertà trasmesse dal loro professore di filosofia Mario Dal Prà. Idee che hanno dovuto fare i conti con i fatti, quando la Repubblica di Salò chiamò i giovani alle armi. I due fratelli rifiutarono e quindi scelsero la latitanza, d'accordo con i famigliari. Ben presto la latitanza si trasformò in vera e propria Resistenza armata nelle formazioni dell'Altopiano: Francesco divenne il partigiano "Pat" e Antonio prese il nome di battaglia "Gatto". Intanto le squadre fasciste e tedesche, sguinzagliate alla ricerca dei due fratelli, sottoponevano la famiglia a vessazioni sempre più dure. Il padre e la madre vennero più volte arrestati e portati per alcuni giorni nelle carceri di Asiago. La terzogenita Luisa vi fu rinchiusa per quaranta giorni, riuscendo poi a fuggire. Così divenne anch'essa partigiana e assunse il nome di "Juna". Anche il quarto fratello Pier Luigi che non aveva ancora sedici anni, si unì ai partigiani con il nome di "Pippi". Durante il sanguinoso rastrellamento del settembre 1944, tutti e quattro i fratelli erano a Granezza. Si salvarono, ma alla loro famiglia arrivarono perquisizioni sempre più insistenti. Domitilla era lì a condividere le scelte dei fratelli maggiori, a sostenere i genitori e ad aiutarli nel proteggere i fratellini. Nell'ottobre 1944, durante un'ennesima incursione, i famigliari vennero letteralmente terrorizzati e la loro casa pesantemente devastata. Ormai la misura era colma e allora il dr. Alessandro lasciò l'incarico, lo stipendio e l'Altopiano e si trasferì a Madonna di Lonigo, ospite di parenti. Lì furono raggiunti da Antonio e da Pier Luigi, mentre Francesco "Pat" rimase a combattere sull'Altopiano nella brigata "7 Comuni" e Luisa "Juna" si spostò a Marola di Chiuppano dove entrò nella "Mameli" guidata dal partigiano "Riccardo", Roberto Vedovello, che diverrà poi suo marito. A Lonigo e nei dintorni operava la brigata garibaldina "Martiri di Grancona", guidata da Alberto Sartori "Carlo". "Gatto" vi prese contatto. Domitilla, quattordicenne, decise allora di fare anche lei la sua parte. Divenne la staffetta

Ugo Tartarotti “ Giorgio”

(1920 - 2013) Il 6 luglio 2013 è mancato il compagno Ugo Tartarotti “Giorgio”, presidente emerito dell’ANPI di Trento. Egli ha ricoperto l’incarico di presidente del Trentino dal 1992 fino all’ultimo congresso del 2011. Come scrive Giuseppe Ferrandi nel libro “La Resistenza in Vallagarina”, di Ugo Tartarotti, 2008. egli, nato a Pomarolo (Trento) nel 1920 in una famiglia contadina, fin da ragazzo lavora nella bottega di un fabbro come apprendista e poi come operaio presso un’altra ditta di Rovereto. Chiamato alle armi nel 1941 viene assegnato al corpo dell’aeronautica: dopo l’otto settembre 1943 viene catturato dai tedeschi a Torino e rinchiuso in un campo di concentramento; riesce però a fuggire e a ritornare al suo paese. Qui, in contatto con alcuni antifascisti, aderisce gradualmente agli ideali del PCI. Nel marzo del 1944 decide di entrare nella Resistenza; sale in montagna e agisce da partigiano combattente nella Brigata Pasubiana delle Formazioni Garemi. In Vallagarina è difficile la lotta partigiana per le complesse condizioni ambientali, sociali e militari, ma Ugo, divenuto “Giorgio”, collabora con Nereo Strafelini “Nero” e altri fino alla Liberazione nella Compagnia “Mario Springa”. Nel dopoguerra è sindacalista, dirigente politico (per 10 anni segretario provinciale del PCI) e costruttore dell’Alleanza contadini del Trentino. Ha ricoperto molti incarichi pubblici. Tra i quali consigliere regionale e provinciale per nove anni e sindaco di Pomarolo nel 1974, eletto da una maggioranza di sinistra. Coerente con gli ideali della Resistenza ha profuso le sue energie e il suo impegno nell’ANPI fino agli ultimi giorni. Ha sempre sostenuto Alberto Rella e l’ANPI vicentina nella promozione e nella valorizzazione della manifestazione di Malga Zonta. Lì era sempre presente, sereno, tenace e disponibile. Il suo sorriso ci dava sicurezza e incoraggiamento. Lo ricordiamo con nostalgia e simpatia.

"Doremì", al serizio proprio del comandante "Carlo". Andava in bicicletta portanto messaggi, che nascondeva solitamente sotto il sellino, girando per la zona di Lonigo e spostandosi spesso anche nel Thienese. Tutti gli spostamenti, anche i più brevi, erano sempre rischiosi, ma erano indispensabili per i collegamenti tra le varie pattuglie, per portare gli ordini e per trasportare materiale. Il suo apporto alla Resistenza non fu di poco conto se, dopo la Liberazione, il commissario della brigata, Ugo Baschirotto "Tomis", le rilasciò un foglio nel quale la qualificava come Partigiana Combattente. "Ma non sono mai stata combattente" obiettò allora Domitilla. "Ma hai fatto più cose di un partigiano!" - rispose "Tomis". Non solo, ma a lei fu anche concessa la Croce al Merito di Guerra. Questo dimostra il valore di Domitilla che è stata una tessera lucente e preziosa nel grande mosaico di libertà, di giustizia e di democrazia che la nostra nazione ha ereditato dalla Resistenza. Valori che Domitilla ha poi professato per tutta la vita con forza, coerenza e passione.


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IL PATRIOTA

CON GRATITUDINE VI RICORDIAMO

Carlo Segato “ Marco-Vincenzo” (1919 - 2013)

Sabato 18 maggio 2013 abbiamo ricordato e onorato il comandante partigiano Carlo Segato “Marco-Vincenzo” in due cerimonie: la prima, in forma religiosa e intima, a Padova; la seconda, di carattere pubblico, davanti al Municipio di Altavilla Vicentina. Erano qui presenti tante bandiere delle Associazioni e delle Formazioni partigiane vicentine (l’ANPI e l’AVL), delle Associazioni Combattentistiche e d’arma (l’ANCR, gli Alpini) il Gonfalone del Comune, la bandiera della Scuola Media; c’erano le autorità civili (il sindaco Catagini), le autorità scolastiche (il prof. Antonio Fortuna) con docenti e studenti, le autorità militari (il comandante della Stazione dei Carabinieri); c’era il Presidente provinciale dell’ANCR e della Confederazione delle Associazioni Combattentistiche e Partigiane, commendatore Giuseppe Crosara; c’erano la Presidenza provinciale dell’ANPI e tante delegazioni venute dai vari centri della Provincia, molti cittadini e alcuni suoi compagni di lotta nella Resistenza come “Ninin” Marchezzolo, Antonio Tomasi, Bepi Morsoletto, Rina Somaggio e altri partigiani, tra cui Giuseppe Sartori; fra gli amici, commossi e fedeli, c’era Francesco Busonera, figlio del Martire Flavio Busonera. Una grande partecipazione dunque, riuniti tutti nel porgere l’ultimo saluto a “Marco -Vincenzo” e nell’esprimere cordoglio e solidarietà alla figlia Tatiana, al genero, alla nuora, ai numerosi nipoti e alle loro famiglie. Dopo il sindaco Catagini, che ha salutato Carlo Segato per i suoi meriti di partigiano, combattente per la libertà, e come cittadino illustre di Altavilla, Mario Faggion ha tratteggiato brevemente la storia della sua vita, l’impegno e il ruolo nella Resistenza e nella società dopo la Liberazione. Nato il 6 novembre 1919 a Cologna Veneta, si stabilisce con la famiglia da bambino a Tavernelle di Altavilla; frequenta le scuole elementari ad Altavilla e le superiori a Vicenza. Nominato assistente tecnico al “Fusinieri”, si sposa e va ad abitare a Vicenza. Richiamato alle armi nel 1943 è assegnato al comando tradotte con il compito di prestare servizio sulle tradotte militari per la Grecia. In questo periodo matura in lui l’avversione per i tedeschi e per il nazismo; un giorno, nel luglio 1943, a Zemun a Nord di Belgrado scopre che le S.S. stanno uccidendo con il gas donne, vecchi e bambini ebrei, caricati su un treno-staffetta ”antimina”, fatto viaggiare dalla Grecia davanti al convoglio. Dopo l’otto settembre 1943 si riunisce alla famiglia sfollata ad Altavilla e subito partecipa a Vicenza alle prime riunioni della sinistra comunista,

socialista e azionista per lo sviluppo della lotta armata contro i nazifascisti. Per la sua esperienza di ufficiale è scelto quale “addetto militare” e si attiva per creare e mantenere i collegamenti con i primi gruppi gappisti sorti in città e con i primi gruppi di “ribelli” che si sono formati sui monti del Vicentino. Ricercato dai militi della R.S.I. passa alla clandestinità nel marzo 1944 e trova rifugio presso la fattoria Tomasi a Tavernelle, confinante con l’albergo che ospita ufficiali tedeschi e della X MAS. Qui stabilisce il comando del XIII Settore che diventerà poi Brigata Argiuna. Nella casa della famiglia Tomasi trovano un solido punto di appoggio le squadre partigiane del “Battaglione Guastatori”, costituito in maggio da Luigi Cerchio “Gino”, Gaetano Bressan “Nino” e Giacomo Prandina, che agiscono ad ovest della città di Vicenza (Creazzo, Sovizzo, Altavilla, Montecchio Maggiore, Montebello, Brendola). Collabora con lui nella guida delle squadre Leonardo Beltrame “Tom-Dino”. Le innumerevoli ed efficaci azioni di sabotaggio sono narrate nel suo libro “Flash di vita partigiana - Altavilla Vicentina e dintorni” e in altri testi. Arrestato il giorno di Natale 1944 (in seguito al tradimento di un giovane partigiano passato con i nazifascisti, Giuliano Licini) all’Ospedale di Arzignano, dove si era recato a far visita alla moglie che ha partorito la piccola Tatiana, viene incarcerato e duramente torturato. Riesce tuttavia a fuggire e raggiunge Verona, dove trova una base sicura. Di lì, compiendo vari viaggi nel Vicentino, mantiene i collegamenti con gli uomini delle sue squadre. Nei giorni dell’insurrezione mobilita i suoi partigiani, partecipa alla Liberazione di Altavilla ed entra a Vicenza nel pomeriggio del 28 aprile, dove assume l’incarico di Questore politico e di vicesindaco della città, a fianco di Luigi Faccio, socialista. A Carlo Segato viene attribuita la Medaglia d’Argento al Valor Militare. Noi lo ricordiamo per le conferenze e gli incontri nelle scuole, preoccupato di formare i giovani all’amore per la Costituzione e i suoi valori; per i suoi consigli e le sue direttive nell’ANPI, di cui è stato autorevole dirigente, sempre, fino all’ultimo periodo (componente della Presidenza e della Segreteria e del Comitato Provinciale; da Padova raggiungeva Vicenza e partecipava attivamente alla vita dell’Associazione); per gli incontri conviviali insieme alla moglie Maria Galvanin e ai numerosi compagni e amici; per la sua presenza alle manifestazioni partigiane e alle iniziative culturali della Resistenza; per i suoi vivi discorsi, ricchi di entusiasmo e saggezza.

Carlo ha donato i suoi importanti documenti all’ISTREVI e la sua biblioteca al Comune di Altavilla. E’ stato un grande protagonista e lascia un alto patrimonio ideale e un valido esempio alle nuove generazioni.

Motivazione della decorazione di Medaglia d’Argento al Valor Militare.

Massimiliano

Lucato (1931 - 2013) Il 19 febbraio 2013 si sono svolti a Montorso Vicentino i funerali dell’amico e compagno Massimiliano Lucato (Massimo per tutti), un autentico militante del movimento dei lavoratori e un forte sostenitore della Resistenza e dell’ANPI. Dopo la cerimonia religiosa la sua personalità e il suo esempio sono stati rievocati sul sagrato della chiesa, davanti alle figlie Nelly e Manuela, al genero Giovanni, agli amati nipoti Greta, Giuliano e Michela, alla sorella Maria, a tanti compagni e cittadini che hanno potuto conoscerlo, frequentarlo e stimarlo. Erano presenti le bandiere della CGIL e dell’ANPI di Arzignano per rappresentare gli ideali del lavoro, dei lavoratori, della Resistenza, di quanti hanno lottato per la liberazione dell’Italia dall’occupazione straniera e dalla dittatura fascista; ideali del riscatto umano e sociale degli strati popolari e della dignità, dell’unità, della libertà e della ricostruzione del nostro Paese, che Massimo ha abbracciato dalla giovinezza fino agli ultimi giorni. Già nella metà degli anni cinquanta egli collabora con Piero Zorzin “Diana”, partigiano e responsabile della gioventù comunista, nelle iniziative culturali e commemorative per la formazione delle nuove generazioni. C’erano con lui Luciano Tonin, Andrea Cestonaro, Mario Faggion, Gianni Dal Ceredo e poi Germano Cattelan, Giovanni Colpo e altri. Alla base degli incontri, del confronto e del dibattito erano i problemi del mondo del lavoro; i principi della Costituzione; la storia dell’antifascismo, della guerra, della Resistenza, della Liberazione; l’impegno a costruire una società migliore, più giusta per tutti. E’ stata una scuola importante che, nelle difficoltà di quei tempi duri nei rapporti politici e sindacali, ha forgiato una nuova leva di dirigenti, impegnati nella CGIL, nel PCI e nell’ANPI. Più tardi anche Nando Dal Zovo e altri giovani hanno seguito la medesima esperienza. Massimo nei suoi principi era forte come una roccia: coerente, intransigente, leale, fedele fino al sacrificio al suo impegno nella tutela dei lavoratori, dei principi di giustizia sociale, della dignità di tutte le persone, della memoria storica della Resistenza (che aveva conosciuto e vissuto da ragazzo), del riconoscimento civile e pubblico di quanti avevano dato la vita per la libertà e la giustizia. Così ha agito in fabbrica e nel sindacato, in famiglia, nell’educazione dei figli, negli incontri con i giovani, nelle iniziative politiche, sindacali e commemorative; perfino nella difficile prova della lunga malattia ha mantenuto fede agli ideali della giovinezza e della maturità, con la sua presenza alle manifestazioni e agli incontri in carrozzella, con lo sguardo attento e sorridente. L’ANPI ha espresso ai suoi cari cordoglio e solidarietà. Massimo lascia a tutti noi un esempio positivo di idee e di vita.

Capace e valoroso organizzatore delle Formazioni partigiane della Zona Vicentina, iniziava fin dal principio della lotta di liberazione densa ed efficace attività sabotatrice sulle vie di comunicazione e sul materiale ferroviario, arrecando danni al traffico nemico. Ricercato dalla polizia ed arrestato riusciva audacemente ad evadere e riprendeva incurante di ogni rischio il suo posto nella preparazione del piano insurrezionale. Durante le radiose giornale della vittoria guidava valorosamente i suoi uomini alla riscossa delle concusse libertà. Vicenza, Settembre 1943 - Aprile 1945. Roma, 10 gennaio 1950. Il Presidente del Consiglio dei Ministri f.to A.De Gasperi Un momento della cerimonia civile in onore di Carlo Segato ad Altavilla Vicentina


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A.N.P.I. Comitato Provinciale di Vicenza

Ottobre 2013

CON GRATITUDINE VI RICORDIAMO

Angela De Cao “Venere” (1922 - 2013) Il 3 luglio 2013 ci ha lasciato Angela De Cao (Angelina per tutti), la partigiana “Venere”. Le delegazioni delle Sezioni ANPI della Valle dell'Agno con le proprie bandiere e con quella della Brigata Stella, la sua brigata, le hanno reso l'ultimo saluto e hanno manifestato cordoglio e solidarietà alle figlie Marisa e Franca, ai generi Daniele e Lodovico, ai nipoti Sara e Tommaso, alla sorella Agnese e a tutti i suoi cari. Angelina originaria di S.Benedetto di Trissino è la prima di otto fratelli e sorelle e già al tempo della scuola elementare impara a cucire, diventando poi sarta, portando così un contributo al sostentamento della famiglia. Angelina, dopo l'armistizio dell'otto settembre 1943, vede tornare dal fronte tanti amici, tra cui Domenico Peruffo, Pietro De Cao e altri; anche il fratello Vittorio fa ritorno a casa. I giovani della sua contrada e del suo paese vivono appartati, nascosti. Non si presentano ai richiami della R.S.I. di Mussolini, che è schierata con i tedeschi occupanti. Dapprima non comprende a fondo il perché del loro comportamento, perché non sa degli incontri che Rigodanzo Alfredo, futuro comandante partigiano, tiene con i giovani del suo paese. Poi si rende conto che diversi amici e anche i suoi fratelli si recano spesso a Selva di Trissino. Sono Piero, Domenico, Angelo, Vittorio, Giovanni (Dal Maso, futuro marito), Rino. Salgono al comando partigiano che si è formato nel Faldo. E’ l’embrione da cui si sviluppa nella primavera del 1944 la Resistenza civile e armata in quella zona. La casa di Valente De Cao, suo padre, diventa un punto di riferimento per i combattenti della libertà. Nella contrada De Cao funziona ogni giorno il forno grande per gli uomini del Battaglione Stella (poi Brigata). Nella sua casa, posta un po' sotto la contrada e discosta, in posizione sicura, funziona invece il forno per le squadre di passaggio. Aderiscono alla Resistenza tanti amici di Angelina e i fratelli Vittorio, Giovanni e Mario. Lei continua a cucire; cuce anche per i partigiani ed entra a far parte della Resistenza. Vive, con trepidazione e paura, le vicende drammatiche dei rastrellamenti del 9 e del 12 settembre (incendi, distruzioni, morte di civili e di partigiani; in tutto saranno 89 i caduti di quei giorni). Vive pure i giorni della riorganizzazione delle file della Brigata Stella, perché verso la fine di settembre la sua casa diventa una base, che accoglie feriti, ricercati e comandanti ("Catone", "Ursus", "Lisy", "Malga", "Janes", "Binda" e altri ancora). Lei è testimone e partecipe. Il movimento di tanti giovani è però notato e segnalato. La notte del 29 novembre 1944 scatta la retata. Guidate da una delatrice, le Brigate Nere catturano a S.Benedetto e dintorni undici

Pierina Vallortigara

Wilna Marchi “ Nadia”

(1924 - 2013)

(1925 - 2013)

Sabato 13 luglio 2013 la comunità di Poleo ha dato l’ultimo saluto a Pierina Vallortigara, testimone del rastrellamento antifascista che il 17 giugno 1944 investì la contrada Vallortigara.

Lunedì 2 settembre 2013 le bandiere delle Sezioni ANPI della Valle dell'Agno e la bandiera della Brigata "Stella" hanno reso gli onori alla partigiana Wilna Marchi "Nadia".

Il mattino presto di quel giorno si era alzata per andare al mercato di Schio con il padre Giuseppe. Ad un tratto la loro abitazione fu investita da una scarica di proiettili dei nazifascisti all’attacco della contrada; Pierina fu colpita da un proiettile al bacino che le provocò una grave emorragia. Il padre si affacciò gridando che smettessero di sparare, ma come risposta gli fu lanciata contro una bomba a mano; alcune schegge gli danneggiarono irreparabilmente un occhio.

Nata a Recoaro nel 1925, frequenta la scuola di avviamento professionale a Valdagno. Trova, dopo la licenza, occupazione come impiegata presso l'Istituto Tecnico Industriale di Valdagno. Nell'organico del battaglione "Amelia", che comprende le partigiane e le patriote della "Stella" - Divisione Garemi - "Nadia" figura al secondo posto, commissario politico, con anzianità dal 25.2.1944.

Quel giorno è rimasto nella memoria collettiva per il gesto eroico di Bruno Brandellero “Ciccio” che, al termine dello scontro, mentre alcune case bruciavano e i nazisti stavano per fucilare i 17 abitanti della contrada, uscì dal bosco, si assunse come comandante della pattuglia partigiana tutta la responsabilità della presenza e dell’ospitalità imposta alle famiglie di Vallortigara, offrendosi così ai nemici in cambio della salvezza dei suoi compaesani. Pagò con il martirio e la vita il suo atto generoso, riuscendo però a salvarli ed ebbe poi la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. Soccorsa e condotta all’ospedale di Schio, Pierina più volte fu sottoposta ad interrogatori dai nazifascisti ma, sostenuta anche dal dott. Vittorio Andriolo, mantenne il silenzio e negò di conoscee qualcuno di quei partigiani. Dopo essere guarita, riprese il lavoro alla Lanerossi di Pieve. Conobbe poi Antonio Dalla Pozza, partigiano, e con lui formò la sua famiglia, allietata dalla nascita di tre figli. Pierina è stata salutata da tanti amici e compagni e dalle bandiere delle Sezioni ANPI della Val Leogra.

uomini e donne della Resistenza. tra essi ci sono Angelina e il fratello Mario e l’amico Domenico Peruffo “Tabul” che sarà uno dei martiri di Priabona del 1° dicembre 1944. L'incarcerazione di Angelina dura fino ai giorni della Liberazione. Sottoposta ad interrogatori, a lusinghe e a minacce da parte fascista e tedesca, riesce però a resistere: non fa nomi nè dà informazioni. Finalmente con la Liberazione riprende la sua vita normale e il lavoro di sarta. Accetta la corte e l'affetto di Giovanni Dal Maso ("Riste" nella vita partigiana) e insieme formano la loro famiglia e si trasferiscono a Valdagno. Insieme dedicano le loro energie alla famiglia, al lavoro e ai loro ideali di libertà e di giustizia, presenti nell'A.N.P.I., nelle manifestazioni per i caduti della Resistenza, nelle iniziative culturali in loro memoria ed onore. Lei continua ancora questo suo impegno quando, nel novembre 2004, viene a mancare Giovanni. Forte di carattere, ospitale, accetta volentieri nella sua casa gli amici e i compagni della Resistenza e del carcere (tra cui è giusto ricordare Lisetta Daffan, Nora Candia, Bertilla Misté, Isabella Fraccon e le figlie Letizia e Graziella). Una vita intensa la sua, impegnata, lineare. Un esempio positivo e coerente per tutti.

E' in questo mese che prende contatto con il comando del gruppo di Malga Campetto in contrada Muschi di Recoaro. Clemente Lampioni "Pino" le affida il compito di raccogliere informazioni, vestiario e medicinali per i partigiani. Poi le sue responsabilità aumentano. Deve curare i rapporti con il C.L.N. di Valdagno e mantenere i collegamenti tra il comando della "Stella" e gli Organismi della Resistenza a Vicenza. I garibaldini in città hanno un recapito fisso presso la cappelleria di Oddo Capannari, in Via Santa Barbara. Inoltre, a contatto con "Pino", "Dante", "Alberto", "Lisy" e altri, batte a macchina le loro direttive e i messaggi che deve recapitare o far giungere alle formazioni dipendenti. Ha pure l'incarico di formare e di guidare piccoli gruppi di staffette e di partigiane in tutta la Valle dell'Agno. Dopo l'arresto di Oddo Capannari il 25 luglio 1944, anche "Nadia" cade nella rete repubblichina. Tradotta in questura e a Palazzo Littorio, tiene testa agli interrogatori duri di Polga e Berenzi, negando tutto in modo convincente. Il 10 agosto viene rilasciata, torna a Valdagno e a Recoaro, avverte il comando di brigata e del Gruppo brigate Garemi e riprende il suo impegno. Il 29 novembre 1944, tradita dalla spia fascista "Katia", viene catturata e portata nella sede delle Brigate Nere di Valdagno. Accusata da "Katia" e da "Maroncelli", passato con i nazifascisti, sottoposta a sevizie, bastonature, umiliazioni e torture, riesce a mantenere il suo atteggiamento nobile e dignitoso e non rivela nessun nome e particolare della Resistenza. Portata a Vicenza con Luigina Castagna "Dolores" e il padre di lei, rimane in carcere fino al mese di marzo, poi è condotta in campo di concentramento a Peschiera. Di lì fugge l'11 aprile 1945 e raggiunge il Vicentino. Nei giorni della Liberazione è in città e fa da segretaria ad Antonio Emilio Lievore, presidente provinciale del C.L.N.. Ritorna quindi nella Valle dell'Agno, rimane con le garibaldine del Battaglione "Amelia" fino alla smobilitazione e poi riprende il suo lavoro a scuola. "Nadia" lascia un diario prezioso della sua vita e delle sue vicende nella Resistenza. E' stata una partigiana, una donna e una cittadina esemplare.


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IL PATRIOTA

Thiene

Premio agli studenti intitolato ad

Antonio Nicolussi

Nella lettera che Giovanni Tessari, presidente dell’A.N.P.I. di Thiene, ha inviato ai Dirigenti scolastici delle scuole medie della zona (Thiene – Sarcedo – Lugo – Breganze – Villaverla – Cogollo Carrè – Arsiero – Lusiana) vengono spiegate le motivazioni e le finalità dell’istituzione del nuovo “premio“ intitolato ad Antonio Nicolussi. Vi è scritto tra l’altro: «L’ANPI, con il concorso della famiglia Nicolussi, intende offrire alle scuole medie della zona una nuova proposta con la quale ricordare il proprio presidente dott. Antonio Nicolussi, deceduto nel 2010. … il dott. Nicolussi, medico e democratico convinto, ha sempre guardato con fiducia e speranza alle giovani generazioni, spendendosi come medico pediatra con passione e grande sensibilità. … Dal 2008 nelle scuole medie è stato introdotto l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione per promuovere con maggiore efficacia nelle giovani generazioni la conoscenza dei valori della Costituzione, la convivenza civile, la solidarietà, formare dei cittadini responsabili e attivi, impegnati per il bene comune. ... A sostegno di questa importante opera educativa affidata in via prioritaria ai docenti, ma che deve coinvolgere anche la società e la famiglia in particolare, l’ANPI e la famiglia Nicolussi intendono offrire annualmente un contributo in denaro per promuovere la visita da parte di scolaresche a luoghi significativi legati alla nostra storia recente. …» La lettera si conclude richiamando le parole di Calamandrei: «Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione». Per favorire la visita di questi luoghi da parte degli alunni delle classi terze delle scuole medie della zona, l’ANPI di Thiene indice quindi il “premio Antonio Nicolussi, che consiste in un contributo di Euro 1.000 che verrà assegnato secondo i criteri indicati nel bando di concorso che è stato inviato a tutti gli Istituti Comprensivi interessati. Per avere informazioni più dettagliate sull’iniziativa rivolgersi al presidente della Sezione di Thiene Giovanni Tessari (tel. 0445-366925) L’ANPI provinciale non può che esprimere il suo compiacimento per l’importante iniziativa, ringraziando vivamente Giannico Tessari e la famiglia Nicolussi, sempre sensibili alla crescita civile, democratica ed umana dei giovani. L’indimenticabile amico e compagno Antonio Nicolussi

Componimento di Leonardo Penzo, classe 3° media di Torrebelvicino, segnalatoci dall’insegnante. Lo pubblichiamo volentieri per la significativa testimonianza.

17 GIUGNO 1944:

FACCIA A FACCIA CON LA MORTE

«Correva l'anno 1943, l'Italia, governata da Benito Mussolini, era in piena Seconda Guerra Mondiale, alleata con la Germania di Adolf Hitler. All’interno del nostro Paese si stava formando un movimento di ribellione, i cosiddetti Partigiani, persone che combattevano per la libertà dal regime nazi-fascista. A febbraio del 1943 il contadino Enrico Penzo compiva diciotto anni e iniziava a pensare al servizio militare che sarebbe stato chiamato a prestare. Come si usava fare a marzo veniva convocato a Thiene per la visita militare e venne dichiarato idoneo; tornò quindi ai suoi campi in attesa della chiamata per partecipare alla guerra. Chiamata che non tardò ad arrivare, infatti sei mesi dopo, vennero convocato tutti i ragazzi delle classi: 1922,1923,1924,1925. Enrico, essendo contrario ai principi del regime fascista, per i quali era stato chiamato a combattere, rifiutò di partecipare alla campagna militare. Un giorno di ottobre gli arrivò una lettera con la quale i Carabinieri di Valli del Pasubio lo invitavano in caserma. Lui si presentò, insieme ad altri due suoi amici, e qui i Carabinieri li hanno trattenuti per una notte con lo scopo, la mattina dopo, di portarli a Vicenza per essere reclutati forzatamente. Enrico non ci pensò due volte, tentò di scappare per tornare alla sua famiglia, ma senza successo. Il giorno dopo venne portato al "Campo di reclutamento" di Vicenza dove fu destinato alla caserma di Schio. Venne quindi obbligato a salire su un treno, ma, alla stazione d'arrivo, riuscì a fuggire. Voleva tornare a casa, ma essendo diventato"disertore", si nascose in giro a contrade, da parenti e amici, che facevano in modo di fargli incontrare segretamente la sua famiglia. Rimase nascosto fino a marzo del 1944, quando un suo caro amico gli propose di diventare come lui un Partigiano. Enrico accettò volentieri contento di far parte di questo movimento di ribellione, e si diede il nome di battaglia (tutti i partigiani ne avevano uno) "Crinto". Iniziarono quindi delle azioni di pattugliamento sui monti di Recoaro; qui la situazione era abbastanza tranquilla, perciò, a fine maggio, un gruppo di Partigiani di S.Antonio, tra cui Enrico, si spostò nel territorio di Valli. Questo gruppo era comandato da Bruno Brandellero (il cui nome di battaglia era "Ciccio"). Questa zona fu al centro di numerosi scontri con i nazifascisti, ma l'esito fu quasi sempre a favore dei Partigiani. Questi furono chiamati ad andare nella contrada Vallortigara ad attendere una persona (staffetta) che li avrebbe accompagnati ad Asiago per un'importante missione. La sera del 16 giugno furono ospitati dagli abitanti del posto, rifocillati e fatti dormire in un fienile.La mattina presto furono svegliati in fretta e furia da un paesano, che aveva montato la guardia durante la notte, il quale aveva avvistato un gruppo di tedeschi impegnati in un'azione di rastrellamento. Bruno Brandellero diede l'ordine di uscire dal fienile; Enrico fu il primo a scappare verso il

I partigiani feriti il 17 giugno 1944 a Vallortigara: Lancia e Crinto con al centro Fiamma

bosco, ma, dopo un po', si accorse che non era seguito da nessuno dei suoi compagni. Quindi, volendo aiutare i suoi amici, tornò indietro e ne vide tre sparare ai tedeschi; gli altri, invece, erano ancora nel fienile. Fu allora che venne colpito da una raffica di proiettili, e l'istinto di sopravvivenza prese il sopravvento: rotolò giù per il pendio fino al bosco. Qui si accorse di essere stato colpito in dieci punti, il più grave di questi era nella coscia destra, spappolata da un proiettile. Tentò quindi di legarla forte con un brandello di camicia per impedire al sangue di uscire. Poi ci mise sopra anche il portafoglio per proteggersi dal dolore causato dalla pioggia scrosciante che gli batteva contro. Allora si accorse che il portafoglio era stato colpito dall'undicesima pallottola! Dopo cinque ore venne trovato da due suoi compagni Partigiani che volevano portarlo in salvo, ma Enrico rifiutò convinto che per lui non c'era più nienta da fare e obbligandoli a fuggire. Rimasto solo, consapevole che sarebbe morto per dissanguamento, pensò alla sua famiglia, ai suoi adorati campi e al fatto che stava morendo per difendere un ideale giusto. Quando tutto sembrava perduto, venne trovato da una donna di Vallortigara che andò a chiamare aiuto. Dopo averlo trasportato in contrada, furono chiamati suo padre e il parroco di S.Antonio che, come era uso fare con i feriti gravi, gli diede l'Estrema Unzione. Successivamente fu caricato su un carretto e portato all'asilo Rossi di Schio dove una suora e un dottore lo nascosero e si presero cura di lui. Qui venne a sapere che due suoi compagni erano morti durante lo scontro a Vallortigara e che il suo capo, Bruno Brandellero, si era sacrificato per salvare gli abitanti della contrada. Con il cuore gonfio di tristezza, trascorse cinquantatré giorni all'asilo, dopo i quali si riprese completamente e tornò a fare il Partigiano. Quando il 25 Aprile 1945, l'Italia venne finalmente liberata, Enrico si sentì molto felice perché aveva contribuito anche lui alla riuscita di questo evento storico straordinario. A pertire dal 1945, ogni 17 giugno, si celebra la commemorazione per i caduti della battaglia di Vallortigara. Ad oggi dei dieci Partigiani che vi parteciparono, sono ancora vivi Enrico Penzo e Paolino Piazza (residente a Melbourne Australia), e io sono proprio fiero che Enrico sia mio nonno!!!».


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A.N.P.I. Comitato Provinciale di Vicenza

Recoaro Terme

UN 25 APRILE SPECIALE Per capire la bella riuscita della festa del 25 Aprile a Recoaro, bisogna partire dall'uscita didattica fatta sul “Sentiero del Partigiano” con le classi terze dell'Istituto Comprensivo in collaborazione con la nostra sezione A.N.P.I. Dall'esperienza i ragazzi hanno tratto dei componimenti e alcuni di essi sono stati premiati con dei buoni per l'acquisto di libri. Fra questi è stato scelto quello di Lorenzo Camposilvan, che ha potuto leggerlo durante la celebrazione della Festa del 25 Aprile. La manifestazione è stata aperta dal Commissario Prefettizio Dott. Domenico Lione che, oltre alla sua completa collaborazione per la buona riuscita della festa, ha manifestato parole e pensieri largamente condivisi. Il discorso finale è stato tenuto dal nostro Presidente Claudio Floriani il quale ha sottolineato

l'importanza dei diritti e della responsabilità, ricordando che la libertà e la democrazia sono nate dal sacrificio di tanti resistenti e tener viva la loro memoria può essere motivo di aiuto e speranza anche per questi momenti così difficili. Come sempre ci siamo ritrovati tutti assieme al consueto pranzo per chiudere una giornata decisamente positiva. A.N.P.I Sez. di Recoaro Terme Ecco il testo del componimento di Lorenzo Camposilvan letto durante la cerimonia del 25 Aprile 2013 a Recoaro:

« 25 APRILE 1945-2013: giornata della liberazione. Spesso la leggerezza con cui ricordiamo la storia e il nostro passato ci fa sottovalutare e dare per scontato le sicurezze di oggi e i sacrifici che sono stati necessari per la loro conquista. Percorrere, invece, un Sentiero come quello del Partigiano, fa riaffiorare in me la storia studiata nei libri intrisa in modo indelebile di questi luoghi e di queste nostre contrade. Non più di settant'anni fa tra i ciotoli di questi percorsi, giovani uomini e giovani

Ottobre 2013

donne poco più grandi di me con nomi improbabili e a volte bizzarri, dedicavano la loro gioventù e la loro stessa vita al raggiungimento di un ideale. Questo non era semplicemente un sogno personale e individuale di ognuno di loro, ma era l'obiettivo che la Resistenza partigiana si era data per liberarci dal fascismo e dall'oppressione. Questi uomini avevano nella realtà appartenenze politiche e opinioni talvolta diverse, ma erano fermi e determinati a sconfiggere un nemico comune che precludeva e oscurava la libertà e la democrazia. Mentre cammino in questi bellissimi posti che appartengono al mio paese, sono spensierato e leggero. Il mio cuore e la mia mente non sono però indifferenti al ricordo: chissà cosa provavano quei ragazzi, quegli uomini degli anni '40 quando con passo concitato e con ideali così importanti come l'unità, la patria, la liberazione dal nemico si nascondevano tra queste montagne! Chissà quante volte si sono sentiti soli, smarriti, orfani della propria famiglia! Probabilmente tante e tante volte, ma la loro caparbietà e il loro coraggio non li hanno mai abbandonati, non si sono scoraggiati, non hanno abbandonato l'idea di perseguire il sogno, rappresentato da una vita libera nel rispetto di tutti i valori civili e della libertà.

Recoaro 25 aprile 2013. Il giovanissimo Lorenzo Camposilvan legge il suo componimento.

Per nostra fortuna hanno pensato che dovevano consegnare al futuro, una nazione senza dittature, una patria libera dall'oppressione, che dovevano ribellarsi, resistere senza indugio e paura ad ogni costo. Il prezzo pagato è stato alto, molti uomini hanno perso la loro vita in rappresaglie ed eccidi, ma hanno consegnato a tutti noi un "posto" migliore dove stare, dove vivere e dove far crescere le nostre speranze» I

sta scritto “nome e cognome” o “ignoto” e una data “26 settembre 1944”. In Grappa c’erano i partigiani e nelle Smalterie gli operai che contribuivano al boicottaggio della produzione. In omaggio ai Martiri del 26 settembre gli operai realizzarono le croci che ancora ci sono, pur rifatte nel tempo perché deteriorate. Gli autori della strage, i conniventi, i loro collaboratori, i processi, alcune condanne, l’amnistia. La città decorata di medaglia d’oro, le celebrazioni che continuano nel tempo, sempre belle, perfette, ma forse affievolite nella commozione. Le piante che abbracciano e reggono le croci in un legame che sembra eterno. 26 settembre 2013

Manifesto della Mostra dei progetti per i nuovi supporti delle Croci di Viale dei Martiri, aperta alla Torre delle Grazie. Alcune notizie e riflessioni su una iniziativa degna di nota, assunta dall’ANPI di Bassano del Grappa.

26 settembre 1944 Lo sgomento, la paura, l’indignazione, l’indifferenza, il disprezzo, il profondo dolore, le lacrime di chi in quel 26 settembre 1944 si trovava a passare o è stato costretto a passare per Viale dei Martiri, Viale Venezia e Via Brigata Basilicata. Le accelerate improvvise del camion, un sacerdote benedicente, i corpi che penzolavano dalle piante. La sepoltura sommaria in una fossa comune senza nessuna pietà per quei corpi martoriati, coperti solo dal fieno pietosamente procurato dal custode del cimitero. Bassano liberata, finalmente, la riesumazione, i solenni funerali, il dolore della città, il ricordo fissato ad ogni albero con una croce dove stava,

Il passare del tempo, le condizioni in certi casi pessime delle piante e delle croci. L’idea di un rinnovo nella posizione, nella forma, nel messaggio di chi non ha visto o non ha mai sentito parlare di quei Martiri (il più giovane, Romeo, aveva 16 anni).

tualmente di altri particolari rintracciati nel frattempo. Sono stati sviluppati vari progettiproposte di possibili varianti. Gli elaborati sono stati esposti nella Torre delle Grazie, recentemente restaurata. Il Comune ha offerto alle Associazioni partigiane spazi e attrezzature per questa occasione. Sui nuovi supporti, se Bassano lo vorrà, saranno quindi poste le attuali croci. Un grande ringraziamento al Sindaco dott. Cimatti, agli Assessori Bernardi e Ferraro, alla BibliotecaMuseo nella persona della Dottoressa Ericani, all’allora Dirigente dottor Maniotti, ai professori Ezio Lunardon, Patrizia Brusaferro e ai loro ragazzi del Liceo Artistico “G. Fabris” di Nove, ai numerosi volontari che hanno reso possibile l'allestimento e l'apertura della mostra. Bassano del Grappa 28 settembre 2013

A.N.P.I. Bassano del Grappa Giuseppe Pettenuzzo

Le Associazioni nate dalla Resistenza e l’Associazione 26 Settembre sorta con lo specifico scopo di ricordare quel giorno e curare i tre viali, dopo parecchi incontri con vari artisti, contattano il dr Maniotti, Dirigente del Liceo Artistico “G. De Fabris” di Nove. Nasce un dialogo, un interesse, prende forma una iniziativa, si fanno incontri, gruppi di alunni visitano i tre viali, sono informati sulle vicende storiche. Prende forma un progetto:

Montecchio Maggiore e Arzignano

4 MARTIRI

Il 30 marzo 1944 quattro lavoratori delle Officine Pellizzari di Arzignano, Umberto Carlotto, Luigi Cocco, Cesare Erminelli e Aldo Marzotto, in seguito allo sciopero del 28 marzo 1944 sono fucilati nel Castello della Villa di Montecchio Maggiore. Quest’anno la commemorare del loro sacrificio è stata animata in maniera intelligente e partecipata dagli studenti dell’Istituto d’Istruzione Superiore “S.Ceccato” di Montecchio Maggiore. Essi sono stati scelti tra quelli che studiano nel ramo della meccanica perché, con le loro divise blu, meglio di tutti incarnavano le personalità dei nostri resistenti appartenenti appunto alla Sezione Meccanica delle Officine Pellizzari. Parlare di quei fatti è per loro una lezione di storia e di vita e per il pubblico che ha seguito una speranza per il futuro.

“GIOVANI RICORDANO ALTRI GIOVANI MARTIRI” Ogni ragazzo delle classi disponibili a parteciparvi disegna una sua idea di supporto per le croci. Se l’Amministrazione Comunale lo riterrà opportuno, queste saranno rifatte uguali con l’aggiunta delle date di nascita degli impiccati ed even-

Nella foto gli studenti della classe 4^ Meccanica Meccatronica a.s. 2012-13. (oggi classe 5^ M) BERTOLDI FEDERICO FAORO DENIS NORI PAOLO PORRA MATTIA SINGH VARINDER

CAODURO MATTEO GASPARINI LUCA PELLIZZARI GIANMARCO RABBY ISLAM

CULPO DAVIDE GYAMFI MAXWELL PELLIZZATI NICO SINGH JASKIRT

DOLCE ANDREA MOLON FABIO PETTINA' DAMIANO SINGH PARM PAL

Presenti nella foto anche il dirigente Antonella Sperotto, la prof.ssa di Lettere che li ha preparati Lucia Meggiolaro, il prof. Pozza trombettista e il presidente ANPI Mario Faggion.


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IL PATRIOTA

INCONTRI AL “QUADRI” Anche per l’anno scolastico 2013/2014 l’A.N.P.I. collabora con l’ISTREVI e con il Liceo “Quadri” di Vicenza nell’organizzazione di un ciclo di conferenze di carattere storico. Quest’anno l’argomento è oltremodo interessante e stimolante: una riflessione sul nostro passato fuori dagli schemi tradizionali e ufficiali.

I crimini della memoria Ignoranza e malafede nella ricostruzione del recente passato in Italia Nel settantesimo anniversario dell’ 8 settembre 1943, prende avvio il quarto ciclo di conferenze-dibattito per studenti degli Istituti Superiori di Vicenza e Provincia, promosso dalla sezione didattica dell’Istituto Storico Della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Vicenza “Ettore Gallo”, in collaborazione con Liceo “Quadri” di Vicenza, A.N.P.I., A.V.L., Comune di Vicenza. Lo scopo è quello di approfondire un periodo complesso e troppo poco studiato della nostra storia, consapevoli che se non si avvia, a partire dalle Scuole, un serio processo di conoscenza del nostro recente passato, la vita politica e sociale del nostro Paese non raggiungerà mai quel grado di maturità democratica per cui sono morti migliaia di italiani e italiane, per lo più giovani, nei venti mesi della Lotta di Liberazione. Tutti gli incontri si terranno presso l’Auditorium del Liceo “Quadri” Via Carducci 17 - Vicenza dalle ore 11.00 alle ore 13.00 —————–————————————————————-—-

SONO APERTI ANCHE ALLA CITTADINANZA ————–—————————————–——-———————

Giovedì 31 ottobre 2013

Il cattivo tedesco e il bravo italiano La rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale

Filippo Focardi - Università di Padova Giovedì 16 gennaio 2014

Un impero da ultima delle grandi potenze Le guerre coloniali dell’Italia liberale e del fascismo

Nicola Labanca - Università di Siena Mercoledì 22 gennaio 2014

Peccati di memoria La mancata Norimberga italiana

Michele Battini - Università di Pisa Venerdì 21 febbraio 2014

Alleati del nemico L’occupazione italiana in Jugoslavia (1941-1943)

Eric Gobetti - Dottore di ricerca - Università di Torino Venerdì 21 Marzo 2014

La guerra partigiana e le rappresaglie nazifasciste La pianificazione tedesca del terrore

Paolo Pezzino - Università di Pisa Mercoledì 9 Aprile 2014

Le leggi antiebraiche del 1938 Significato, contenuti, applicazione, reazioni

Michele Sarfatti - Direttore Fondazione Centro Documentaz. Ebraica di Milano

Ai sensi dell’articolo 66 del CCNL 2002-2005, per gli insegnanti è prevista l’autorizzazione alla partecipazione in orario di servizio, in quanto l’ISTREVI, Istituto associato all’Insmli, ha ottenuto il riconoscimento di agenzia formativa, con decreto ministeriale del 25-05-2001 Per informazioni rivolgersi a: Carla Poncina carlaponcina@alice.it, cell. 3493943883 Mary Pilastro pilastro@liceoquadri.it

Altavilla

Il Quaderno di Didattica n. 6 Venerdì 3 maggio presso l'aula magna dell'Istituto Comprensivo di Altavilla Vicentina e Venerdì 4 ottobre nella sala della Casa del Giovane a Tavernelle è stato presentato il volumetto di 68 pagine "Testimonianze della Resistenza ad Altavilla Vicentina". Si tratta di un lavoro, curato dalla Prof.ssa Rosaria Garufi, che nasce dalle ricerche e dalle interviste degli studenti di classe terza della Scuola Media a tre partigiani: Rina Somaggio, Bernardo Marchezzolo "Ninin" e Antonio Tomasi "Toni Merican". Comprende cinque capitoli: il primo presenta un importante discorso del comandante partigiano Carlo Segato "Marco-Vincenzo" sulla "Casa Tomasi nella Resistenza Vicentina". La fattoria dei Tomasi ha ospitato, dopo l'armistizio dell'otto settembre 1943, il comando delle squadre del Battaglione Guastatori, che agivano nel territorio ad ovest della città di Vicenza, e della Brigata "Argiuna". Il secondo è dedicato a "Le donne e la Resistenza" e riporta la biografia di "Rina" e le sue risposte ai quesiti degli studenti. Gli altri tre espongono i seguenti argomenti: "Resistenza nel Vicentino e ad Altavilla", "La popolazione civile", "La memoria storica" e comprendono domande e risposte rivolte a "Ninin" e a "Toni Merican". A Mario Faggion è stato affidato il compito di porre gli argomenti in un contesto storico più ampio per rendere il testo comprensibile e completo. La pubblicazione ha un valore particolare perché, da un lato riporta un metodo vivo di fare storia nella scuola e, dall'altro, descrive, attraverso testimenianze, narrazione di azioni di sabotaggio e riferimenti a numerosi protagonisti locali, il ruolo della "Resistenza territoriale" nei Comuni ad ovest della città e nel Vicentino. Le due serate hanno registrato la presenza delle autorità civili di Altavilla e di Sovizzo, del Dirigente Scolatico, del parroco di Tavernelle, di docenti e studenti, di giovani e di tanti cittadini che hanno seguito con attenzione gli interventi e la presentazione del lavoro. Il folto pubblico ha manifestato partecipazione e interesse per la storia della Resistenza, per le vicende vissute dai personaggi intervistati, per le azioni partigiane, il sostegno dei civili e i risultati fondamentali scaturiti dalla vittoria dei combattenti della libertà sui nazifascisti. Due buone serate e una positiva esperienza didattica.


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A.N.P.I. Comitato Provinciale di Vicenza

THIENE

Ottobre 2013

MONTECCHIO MAGG.

Viaggio della Memoria

La breve lunga

Anche quest’anno, a fine agosto, gli Amici della Resistenza (ANPI-AVL) hanno organizzato una visita-pellegrinaggio nei campi di concentramento di Mauthausen e Gusen, nell’Alta Austria. Nella comitiva di 63 partecipanti, una importante presenza di giovani (25) e fra questi 17 gli studenti scelti dalle scuole e dai CFP di Thiene e, per la prima volta, dell’istituto professionale Scotton di Breganze. Fra i partecipanti inoltre, alcuni parenti di deportati che da Mauthausen non sono più ritornati. Significativa la presenza di Anna Ciampini, la mamma di Zanè e papà di Busto Arsizio. Alla fine della guerra la famiglia è emigrata in Francia, ma la signora Ciampini, la più giovane di 12 figli, ha sempre tenuto i contatti con Zanè. Il papà Giuseppe è stato deportato a Mauthausen nel marzo del 1944 a seguito dei grandi scioperi che hanno interessato le fabbriche del milanese, dove lavorava come operaio. Dal lager non è più ritornato. La signora Anna è stata la prima della famiglia a tornare sul luogo del martirio del padre, che non ha mai conosciuto. Tutta la comitiva, e i giovani in particolare, hanno imparato in poco tempo ad apprezzare la dolcezza e l’umanità della signora Anna che ha avuto solo parole di perdono e di pace. Un altro partecipante, il signor Giobatta Poli di Gomarolo (Conco) ha avuto lo zio Marco Poli deportato e scomparso a Mauthausen. Anche le signore Biancamaria e Elena, nipoti della prof.ssa Carla Liliana Martini di Zanè, sopravvissuta a Mauthausen e ancora tra noi, hanno voluto visitare i luoghi dove è stata imprigionata la zia. Infine fra i partecipanti Emanuela Moro che ha avuto il papà deportato a Mauthausen e Linz e

estate del ‘43

Le foto dei "nostri" caduti nella vetrina; da sinistra Giuseppe Ciampini, Franco e Torquato Fraccon e Marco Poli.

Anna Ciampini guarda le foto dei caduti italiani, nelle vicinanze, uno dei forni crematori di Mauthausen

che fortunatamente è tornato e uno zio, Pietro Moro, caduto nella Prima Guerra Mondiale e sepolto con altre migliaia di soldati nel cimitero militare italiano di Reiferdorf, periferia di Mauthausen. Inoltre le nipoti di Torquato Fraccon, riconosciuto Giusto fra le Nazioni per aver aiutato alcuni ebrei a salvarsi, ucciso a Mauthausen con il figlio Franco, ci hanno chiesto di portare con noi le foto dei congiunti per lasciarle nella vetrina dei caduti italiani, presente nel luogo dove sorge uno dei forni crematori del campo. All’arrivo a Mauthausen la comitiva è stata accolta dal Sindaco Thomas Punkhofer nel luogo dove sorgeva la stazione ferroviaria, dove arrivavano i carri piombati con i poveri deportati. Con il Sindaco è ormai una tradizione soffermarci in quel luogo, così significativo, per riflettere sul passato e per manifestare l’impegno a costruire un futuro in cui non ci sia spazio per le bestialità prodotte dal nazismo e dai L’assessore Fanton, rappresentante del comune di Thiene (a sinistra, seminasuoi alleati. Vogliamo lavorare scosto) e il sindaco di Zanè (con la fascia tricolore). Intorno a lui Anna Ciaminsieme per un mondo di pace e pini (con il fazzoletto ANED), Giobatta Poli e le nipoti di Carla Eliana Martidi fratellanza fra tutti i popoli! ni), nonché l’organizzatore del viaggio Giovanni Tessari A conclusione del viaggio, a cui hanno partecipato l’assessore ai servizi alla popolazione e all’integrazione Maurizio Fanton, in rappresentanza del Comune di Thiene e il sindaco Alberto Busin, in rappresentanza di Zanè, la comitiva ha visitato domenica 25 agosto il complesso monasticoimperiale di St. Florian, accolta sul portone d’ ingresso dall’abate Mons. Johann Holzinger, che la sera precedente si era intrattenuto con la comitiva qualche ora durante la cena. La S.Messa delle 10, accompagnata dalla musica del famosissimo organo di Anton Bruckner, è stato uno degli ultimi momenti dell’emozionante viagLa comitiva al Cimitero militare italiano di Reiferdorf attorno alla tomba di Pietro Moro, thienese, caduto nella Prima Guerra Mondiale. gio.

In occasione del 70° anniversario della caduta del fascismo e dell’armistizio dell’8 settembre 1943, la sezione ANPI di Montecchio Maggiore ha proposto, una serie di appuntamenti culturali e sociali di approfondimento, aperti alla cittadinanza. Notevole ed interessata è stata la partecipazione ai quattro incontri. Il primo si è svolto il 5 settembre: il prof. Emilio Franzina ha svolto una brillante relazione sul periodo dal “25 luglio all’8 settembre” Il secondo si è tenuto il 19 settembre: relatore è stato Mario Faggion, presidente provinciale ANPI, il quale ha trattato, con dovizia di riferimenti storici, il tema: “8 settembre 1943: la scelta”. Il terzo incontro ha avuto luogo il 26 settembre presso il Circolo Culturale Mesa, ove è stato proiettato il film : “Tutti a casa”. Il giorno successivo, presso lo stesso circolo culturale è stata servita una “Cena Resistente: a tavola con musiche e testimonianze”.

VICENZA

25 Luglio “La PASTASCIUTTA ANTIFASCISTA” Il 25 luglio 1943, alla caduta del fascismo, nonno Cervi per la gioia offrì a tutti i suoi concittadini la pastasciutta. Quell'episodio è stato ricordato nel 70° anniversario con "la pastasciutta antifascista". I Giardini Salvi sono stati aperti all’iniziativa proprio il 25 luglio dalle ore 18 in poi. A tutti i numerosi partecipanti è stata offerta gratis una pastasciutta. Chi voleva poteva anche consumare piatti freddi e dolci, ovviamente a pagamento. Alle ore 20 vi è stato il saluto degli ospiti da parte degli organizzatori e alle 21.30 si è effettuato un collegamento su schermo con Casa Cervi per sentirci uniti in questa iniziativa con tutte le città che vi hanno partecipato. La serata è stata allietata dal gruppo musicale "Osteria Berica". La simpatica manifestazione è stata organizzata con il Patrocinio del COMUNE DI VICENZA, dallo SPI CGIL VENETO-VICENZA in collaborazione con: A.N.P.I - ISTREVI – AUSER - RETE STUDENTI MEDI - ARCINUOVASSOCIAZIONE LEGAMBIENTE - Ass. FRASTORIAEMEMORIA.


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IL PATRIOTA

ZANE’ ALTOPIANO Dopo l’inaugurazione della lapide nel 2012 OMAGGIO A Maria Erminia Gecchele RICORDO DEI 4 CADUTI a Malga Silvagno Il 27 marzo Zanè e gli zanediesi hanno reso un importante omaggio a Maria Erminia Gecchele, coraggiosa staffetta partigiana che fino alla cattura fu responsabile del servizio informazioni della Garemi. Subì terribili torture e sevizie nei mesi che fu nelle mani della Banda Carità a Palazzo Giusti di Padova, dal gennaio 1945 fino alla Liberazione. Una splendida figura di donna e di partigiana, la cui attualità è stata messa in risalto da una ricerca di una classe terza media della scuola don Lorenzo Milani di Zanè. A lei il Comune di Zanè, sostenuto in questa scelta da ANPI e AVL, ha dedicato un parco nelle vicinanze della scuola, che si vede nello sfondo della foto. Una decisione che per essere attuata ha avuto bisogno di molti anni, della costanza e dell'impegno di molti antifascisti, come il nostro compianto presidente dott. Antonio Nicolussi e il prof. Carlo Dal Prà, oratore ufficiale della cerimonia di intitolazione del parco e di scoprimento di un cippo. La manifestazione è stata preceduta il 25 da un convegno di approfondimento della figura di questa eroica partigiana, tenuto nella sala del Consiglio comunale di Zanè e che ha avuto come relatori Ezio Maria Simini, autore di una pubblicazione a lei dedicata, Maurizio Angelini, coordinatore dell'ANPI regionale che ha avuto il compito di illustrare il ruolo della Banda Carità nel panorama della RSI, per l'ANPI è intervenuto Mario Faggion e per la AVL Francesco Binotto. Ha coordinato la serata la prof.ssa Lucilla Calgaro. La prof.ssa Elena Marcante, l'insegnante che ha guidato la classe terza media nella conoscenza di Maria Erminia Gecchele, e i suoi studenti hanno partecipato con la lettura della celebre poesia "La partigiana nuda", che Egidio Meneghetti, pure lui prigioniero della Banda Carità e che poi sarà rettore dell'Università di Padova dal 1945 al 1947, ha scritto ispirandosi alle sofferenze patite dalla partigiana zanediese e di altri testi preparati per l'occasione dagli studenti. Un ringraziamento all'intera amministrazione comunale di Zanè e al sindaco Alberto Busin, in particolare, per la sensibilità e la collaborazione dimostrata nell'occasione. Un grazie particolare a Paolo Tagliapietra.

Organizzata dalle Sezioni dell’ANPI di Valbrenta, Bassano, Marostica e Asiago si è svolta domenica 6 ottobre 2013 una toccante commemorazione dei 4 garibaldini uccisi, come è noto, il 30 dicembre 1943 per mano di alcuni compagni, in seguito ad una grave lacerazione interna al gruppo di Fontanelle di Conco, alimentata da elementi esterni. Due sono stati i momenti. Il primo a Fontanelle con la presenza dei rappresentanti delle Amministrazioni Comunali di Conco, Valstagna, Lusiana , Bassano e Marostica (con il Gonfalone) dove è stata deposta una corona d’alloro al monumento dei caduti ed è stato brevemente ricordato Giuseppe Crestani, uno dei quattro caduti, originario di quel luogo. Subito dopo i partecipanti si sono trasferiti prima in auto e quindi a piedi fino a Malga Silvagno, davanti alla lapide posta lo scorso anno sulla facciata. Nonostante l’avanzare della stagione autunnale, le previsioni del tempo sfavorevoli e l’alta quota della malga (1.200 m. circa), la manifestazione si è svolta regolarmente con larga partecipazione. Dopo l’intervento dell sindaco di Valstagna, Angelo Moro, e il saluto del presidente provinciale dell’ANPI Mario Faggion, molto apprezzata, seguita ed applaudita è stata l’orazione ufficiale pronunciata dalla prof.ssa Carla Poncina, direttrice dell’Istrevi. (vedi foto)

19 maggio 2013

CONVEGNO-FILO' a Tresché Conca Scopo del convegno, organizzato dallo storico locale Giorgio Spiller, era di celebrare l'anniversario del rastrellamento del 13-14 Maggio 1944, di rendere onore alla Resistenza di Tresché Conca (Brigata”Pretto” e “Pino” della Garemi) e di ricordare la Strage del 27 aprile 1945. L'incontro dei circa 100 partecipanti ha avuto luogo nella sala della trattoria "Al Cacciatore" dai Bianchi in via Ostarelli aTresché Conca. In primo piano i protagonisti: partigiani, staffette, fiancheggiatori, superstiti dai campi d'internamento, e parenti delle vittime della strage e dei campi di sterminio. Interessanti i saluti dei rappresentanti di ANPI, AVL e gli interventi degli storici e dei convenuti. Ma la parte più pregnante è stata la serie di testimonianze dei protagonisti, avvincenti ed emozionanti. Il tutto coordinato da Giorgio Spiller che ha presentato la sua ricerca sulla Strage del 27 aprile e sulla storia della Resistenza a Tresché Conca e Cavrari (Tresché Cesuna). Tra i presenti : Renzo Ghiotto "Tempesta" - Commissario politico della "Pino", superstite dei rastrellamenti di malga Fossetta (Piccoli Maestri). Elso Panozzo "Tosca" - Partigiano combattente. Marina Pasqua Rigoni, moglie di Federico Covolo "Brocca" e molti altri. E' seguito il pranzo nella stessa trattoria e poi una passeggiata fino ad una delle contrade che hanno vissuto alcune delle vicende ricordate nel convegno.

VIGO DI SOVIZZO L’oratrice ha sottolineato la grandezza delle figure dei caduti e anche il profilo umano dei loro uccisori, alcuni dei quali a loro volta caduti; martiri gli uni e gli altri per la coerenza con le loro idee e per la libertà di tutti. Ha quindi evidenziato la necessità della ricerca della verità storica, della quale non si deve aver paura; si evitano così travisamenti e strumentalizzazioni e si crea una barriera ai vecchi e nuovi fascismi. Verità che va portata ai giovani, per renderli consapevoli dei doni di cui godono, scaturiti dai valori conquistati col sangue e impressi nella Costituzione. Siamo lieti che questa manifestazione di Fontanelle di Conco e di Malga Silvagno abbia già assunto la caratteristica di un importante appuntamento annuale.

Il 29 settembre, nella piccola frazione di Vigo sulle colline di Sovizzo si è svolta la cerimonia di commemorazione di tre partigiani caduti il 30 settembre 1944: Gelsomino Camerra "Diavolo", Danilo Ceretta "Anibo" e Ottorino Xotta "Romeo-Tevere". L'orazione ufficiale, molto apprezzata, è stata tenuta in modo sentito e pregnante dal giovane Michele Santuliana, iscritto all’ANPI di Montecchio. Ha affermato, tra l’altro: «In questo difficile frangente, mentre, complice la crisi economica, vediamo rimesse in discussione conquiste irrinunciabili in campo civile e sociale, mentre vediamo pericolosamente risorgere ideologie estremiste, razziste, xenofobe e avverse ai principi di democrazia, uguaglianza e giustizia, dobbiamo ribadire quanto la Resistenza ci ha dato in lascito, quei valori sanciti dalla nostra Costituzione nata dalla Resistenza». Ha poi aggiunto che «l’Italia non è un Paese in macerie, né tantomeno un Paese da distruggere, come recita una battuta di un celebre film uscito alcuni anni fa. L’Italia è semmai un Paese da ricostruire, ma da ricostruire a partire proprio dai principi e valori sanciti dalla Carta costituzionale, principi e valori ancora troppo poco noti, vissuti e applicati ad ogni livello della vita civile. Principi e valori che, se finalmente vissuti e applicati, ci permetteranno di guardare al futuro senza dimenticare il passato e, soprattutto, dimostrando responsabilità e dignità verso coloro che hanno dato la vita per essi».

Nella foto, a sinistra del cippo, la figlia di Maria Erminia Gecchele, signora Maria Maddalena.

Nella foto qui accanto un momento della commemorazione a Vigo di Sovizzo del 29 settembre 2013.


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A.N.P.I. Comitato Provinciale di Vicenza

LAMPEDUSA CI INTERROGA

(dalla prima pagina)

pubblicando il testo della ’Buonanotte’ data domenica sera [6 ottobre 2013 n.d.r.] da Massimo Gramellini ai telespettatori di “Che tempo che fa” su RaiTre. Questa sera vi racconterò la storia di Kebrat, una ragazza di 24 anni con i capelli ricci, di un nero che tende al rosso. Giovedì mattina, credendola senza vita, l’hanno adagiata sulla banchina del porto di Lampedusa accanto ai cadaveri, avvolta come un pacco regalo in un foglio di alluminio dorato da cui spuntavano solo le braccia unte di nafta. Aveva la pancia talmente gonfia di acqua e gasolio che, oltre che morta, sembrava incinta. Poi all’improvviso Kebrat ha aperto gli occhi e dopo una corsa in elicottero è approdata in un ospedale di Palermo. Tutta tremante, con un filo di voce dietro la mascherina dell’ossigeno, ha raccontato a un’infermiera la sua avventura. Kebrat è scappata dall’Eritrea con un gruppo di amici. È scappata da un dittatore sanguinario che spedisce i dissidenti a lavorare in miniera come schiavi e ha trasformato l’antica colonia italiana in un carcere dove le guardie di frontiera sono autorizzate a sparare addosso ai fuggiaschi. Eppure Kebrat ce l’ha fatta. Ha attraversato il deserto del Sudan,

Ottobre 2013

prima a piedi e poi su un camion, e dopo due mesi inenarrabili ha raggiunto il porto libico di Misurata. Ha guardato il mare e la bagnarola che stava per salpare, senza neanche sapere dove l’avrebbero portata. L’importante era andare via. Ha consegnato i risparmi familiari di una vita allo scafista tunisino che si faceva chiamare The Doctor. E prima di partire ha indossato il vestito della festa. Durante il viaggio non ha mangiato nulla. Ha bevuto acqua di mare perché c’era il sole e aveva tanta sete. Ogni tanto ha pregato Dio con gli altri profughi in tutte le religioni possibili. Alle tre di notte di giovedì il mare era grosso, e appena in lontananza è apparsa la terra a Kebrat è scappato da ridere. I suoi brothers, come i profughi eritrei si chiamano tra loro, sventolavano le magliette in segno di giubilo. Ma a mezzo miglio dalla costa il motore si è rotto. Kebrat non ha avuto paura: vedeva le luci dell’isola e delle altre barche. Un peschereccio si è avvicinato, poi è andato via. La ragazza ha urlato, ma quelli non sentivano o non volevano sentire. (Kebrat non sa che in Italia chi aiuta un profugo rischia l’avviso di garanzia per favoreggiamento. E non sa nemmeno che il Frontex, l’organismo europeo di pattugliamento che ci costa 87 milioni l’anno, è talmente sofisticato da non vedere un barcone di legno a mezzo miglio dalla costa). È stato allora che qualcuno, per attirare l’attenzione, ha dato fuoco a una coperta. Hanno provato a spegnere le fiamme con altre coperte e con l’acqua di mare, ma è stato inutile. Così è arrivata la paura, tutti gridavano, si stringevano, si spostavano dall’altra parte del barcone, che ha cominciato a ondeggiare. Quando ha visto un suo

amico ridotto a torcia umana, Kebrat ha trovato il coraggio di gettarsi nell’acqua gelida. Ha visto donne che cercavano di tenere a galla i loro bambini, le ha viste affondare nel buio. Sembrava che salutassero, finché le braccia andavano giù. Poi non ha visto più niente. Con in bocca il sapore del gasolio e del sale, riusciva solo a sentire le urla: come di gabbiani, ma erano persone. Ha nuotato, prendendo a schiaffi l’acqua per ore. Quando era allo stremo, a malincuore si è tolta l’abito inzuppato, pensando che il suo peso l’avrebbe portata a fondo. A quel punto è svenuta. Ora è qui, nell’ospedale di Palermo, in prognosi riservata per lesioni gravi ai polmoni. Del vestito della festa le è rimasta solo la parte superiore del reggiseno, sulle cui coppe aveva scritto i numeri di telefono dei familiari. Ma l’infermiera che ha ascoltato la sua storia non sopporta che Kebrat rimanga nuda. Raggiunge il suo armadietto, afferra una maglia bianca, la taglia e la adagia sopra di lei. “Prendila tu, a me non serve”. Stasera andrò a letto chiedendomi come fa il mio Paese a ritenere giusta una legge che considera Kebrat una criminale, colpevole del reato di immigrazione clandestina, punibile con l’espulsione immediata e la multa fino a 5mila euro. Buonanotte.

Manifestazioni e commemorazioni in Provincia - 2° parte Domenica 15 settembre 2013

RICORRENZE GIÀ CELEBRATE Giovedì 15 agosto 2013 -

MALGA ZONTA di Folgaria

Commemorazione di Bruno Viola “Lampo-Marinaio” e compagni. Lunedì 19 agosto 2013

PADOVA

Commemorazione di “Dante”, “Pino”, Busonera e dei compagni Domenica 25 agosto 2013

MAROLA di CHIUPPANO

Commemorazione di “Lupo”, “Pascià” e dei caduti partigiani della Brg. Mameli Sabato 31 agosto 2013

VAL BARBARENA di Tonezza

Omaggio a “Freccia” (John P. Wilkinson) ove fu ucciso.

PIANA di VALDAGNO Domenica 1 settembre 2013

MALGA CAMPETTO

Visita al luogo di nascita delle Formazioni Garemi Domenica 1 settembre 2013

GRANEZZA di MONTE CORNO

Commemorazione dei partigiani caduti nel rastrellamento del 6/7 settembre 1944. Domenica 8 settembre 2013

Commemorazione dei partigiani e civili caduti nei rastrellamenti del 9/12 settembre 1944 (Operazione Timpano) Sabato 28 settembre 2013

BASSANO DEL GRAPPA

Cerimonia in ricordo delle vittime del rastrellamento del Grappa 20/28 settembre 1944. Domenica 29 settembre 2013

VIGO di SOVIZZO

RIFUGIO BERTAGNOLI – SCAGINA

Cerimonia in ricordo di “Diavolo”, “Anibo” e “Romeo-Tevere” Sabato 5 ottobre 2013

S.VITO DI LEGUZZANO

Commemorazione dei caduti del Grappa in territorio di S.Nazario. Domenica 6 ottobre 2013

Commemorazione del ragazzo partigiano F.Fochesato “Checa” Sabato 14 settembre 2013 Commemorazione dei partigiani caduti nel settembre 1944

CARPANE’ di SAN NAZARIO MALGA SILVAGNO

Commemorazione dei 4 partigiani garibaldini caduti il 30.12.1943.

RICORRENZE IN PROGRAMMA Sabato 12 ottobre 2013

POIANA MAGGIORE – Cerimonia in onore dei 7 Martiri del 15 ottobre 1944. – Ore 10,00 Raduno nel piazzale del Municipio, formazione del corteo.

Venerdì 18 ottobre 2013

FOZA – Commemorazione dei partigiani e civili caduti. - Ore 10,00 Raduno presso il sagrato della Chiesa - corteo al Monumento ai caduti. Interventi ed orazione ufficiale - S.Messa.

Domenica 27 ottobre 2013

RAGA ALTA di SCHIO – Cerimonia in onore di Pietro Barbieri e dei caduti della sua Brigata. – Ore 9,45 Raduno davanti alla casa di Barbieri e al Monumento.

Sabato 9 novembre 2013

“Dieci Martiri” di VICENZA – Ore 9,30 Deposizione corona al Monumento della Resistenza (Campo de Nane) – Ore 10,00 Raduno davanti alla Chiesa di Santa Caterina.

Domenica 17 novembre 2013

FARA VICENTINO – Commemorazione dei caduti di contrada Gasparini (Commemorazione sospesa per gravi motivi inerenti la famiglia Gasparini).

Domenica 1 dicembre 2013

PRIABONA di MONTE DI MALO – Commemorazione caduti delle Ronare e rastrellamento 1.12 1944. - Ore 9,00 Raduno – Ore 9,30 S.Messa, poi corteo verso il Monumento in località Ronare. Saranno deposti mazzi di fiori alle Lambre e a Monte di Malo.


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