Strumenti per il coordinamento_Vidotto_27_05_2009_VR

Page 1

Mi fa veramente piacere che vi sia questa importante adesione alla giornata e ringrazio il Dr. Rento Dapero e L’ANOSS per averla organizzata. Infatti noi siamo presenti in questo settore da oltre 14 anni come Società di Consulenza, Formazione e di sviluppo di Software in area sociosanitaria e abbiamo ideato e gestito, con più edizioni all’anno, un corso per Coordinatori di Nucleo di tipo residenziale (5 giornate) con grande successo in termini di gradimento e partecipazione. Nonostante siano stati formati nei nostri corsi oltre 300 Coordinatori in aggiunta alle scuole di formazione che sono nate poi nel tempo su questo tema, non ultimo il corso universitario, vedo con piacere che l’argomento è più che mai attuale. Spero che questo derivi sia da un vostro interesse personale, ma anche da un interesse delle Vostre organizzazioni sperando che si sono accorte della necessità cogente di avere a disposizione un coordinatore e in particolare un coordinatore competente.

1


Questo lo può fase se è dotato di appropriati strumenti che gli consentano di: Fissare obiettivi validi a favore della salute delle persone accolte nel servizio. Conoscere accuratamente gli elementi che definiscono questo stato di salute per poter “guidare” operatori e professionisti rispetto al risultato. Conoscere accuratamente, come dice il Dott. Gobbi, gli elementi che consentono una traduzione operativa, attraverso il PAI, degli obiettivi stessi in risultati effettivi. Il tutto facendo i conti con le risorse e con gli altri meccanismi operativi disponibili. Teniamo sempre conto della complessità straordinaria del lavoro socio-assistenziale e sociosanitario dove la persona che riceve la prestazione/servizio è parte attiva nel risultato che l’azione socio-assistenziale e sociosanitaria produce. Il tutto in un contesto ricco di tensioni alla “burocratizzazione” (es. mal strutturati processi di accreditamento o certificazione di qualità, leggi e leggine sempre più precise e rigide, ecc.) che spesso assorbono più energie di quante ne vorremmo loro dedicare.

2


il modello organizzativo di riferimento è fondamentale in quanto da questo deriva una organizzazione per servizi o per processi. Un modello per servizi, prevede un servizio infermieristico, un servizio fisioterapico, un servizio educativo, ecc. Meccanismo questo che non concilia l’integrazione professionale e il lavoro del coordinatore. In un modello funzionale classico si lavora per direzioni e autorità e non per coordinamento per su obiettivi e autorevolezza. Vedremo dopo quale soluzione viene da noi proposta. Il modello gestionale operativo, è legato appunto alla quotidianità e operatività. In questo senso il ciclo “banale” della programmazione rimane sempre il punto di riferimento più adatto in un contesto operativo che dovrebbe trovare naturale il lavoro per obiettivi. Il sistema di Valutazione Multidimensionale e di classificazione. Anche se vi sono diversi strumenti disponibili con diversi gradi di bontà l’importante è che essi non diventino una sovrastruttura ma che diventino di fatto punto di riferimento constante per l’acquisizione di ruolo da parte del coordinatore. Cercheremo in seguito di darvi conto di questa affermazione.

3


Occorre pensare ad una soluzione organizzativa che favorisca il lavoro per progetti e l’integrazione professionale. Questa struttura organizzativa è quella a matrice. Come si vede questo è un modo decisamente diverso di pensare all’organizzazione, rispetto al classico organigramma funzionale per servizi. Questo tipo di modello mostra anche immediatamente come l’organizzazione complessiva risulti rimodulata per processi e

progetti. Non più quindi per prestazioni ma per risultati.

L’area chiave dove si sviluppa l’attività principale (core business) rimane ovviamente quella socio-assistenziale e sanitaria. Questa parte dell’organizzazione fonda le sue radici sul concetto di coordinamento e non più su quello di direzione. In questo senso il ruolo di coordinamento sui risultati può essere indipendente dal livello di inquadramento e anche dall’essere o meno dipendenti dell’ente. Molte figure professionali delle Strutture Residenziali sono infatti a contratto (libero professionale) o a incarico (es. il medico che non dipende dalla Struttura). La figure chiave di questo modello diventano: Il gruppo di professionals che si incaricheranno dello sviluppo della cultura aziendale, con il medico geriatra che curerà, in particolare, lo sviluppo della cultura geriatrica interna. Il Coordinatore di Nucleo (CdN) che assolverà a tutte le funzioni di tipo organizzativo ed operativo per garantire che quanto deciso in sede di équipe e che entra a far parte dei Progetti individuali e/o Piani Assistenziali Individuali (obiettivi qualiquantitativi, attività da svolgere, soggetto che la svolge e quando la svolge) sia realmente realizzato da tutti i soggetti coinvolti e indicati nel progetto (professionals, OSS, IP). Il cuore centrale dell’organizzazione è l’utente. L’utente viene messo realmente al centro e tutto ruota attorno a lui e alle sue reali esigenze. La valutazione delle sue condizioni di salute (VMD) e delle sue volontà diventano la precondizine di un lavoro di squadra che possa essere poi valutato positivamente in termini di efficacia (valutazione interna) e di gradimento (valutazione dell’utenteospite). Il lavoro di equipe, che interessa i Professionals, il Coordinatore di Nucleo, il Coordinatore di area socio sanitaria e assistenziale, nonché le rappresentanze di Infermieri Professionali ed Operatori Socio Sanitari, si svolgerà con riferimento agli ospiti dei vari nuclei secondo le cadenze stabilite in funzione delle metodologie ed approcci concordati e delle problematiche emergenti. Le riunioni di coordinamento che affrontano problematiche comuni ai vari nuclei e hanno lo scopo di garantire l’omogeneità di intervento socio-assistenziale. Questo serve ad esempio a mettere in azione cicli di rotazione del personale, verifiche di carico assistenziale tra nuclei al fine di scambiare le risorse umane tra nuclei in relazione al carico effettivo, attivare protocolli comuni, attivare procedure assistenziali comuni, formulare piani della formazione, etc. Le riunioni organizzative di nucleo, funzionali alla gestione delle problematiche legate ai meccanismi organizzativi propri del nucleo: gestione progetti e piani assistenziali, revisione procedure assistenziali, analisi dei carichi, turni, sostituzioni, valutazione e incentivazione del personale, verifica dei fabbisogni formativi, etc.

4


La matrice organizzativa illustra, in particolare, l’uso della valutazione multidimensionale e i ruoli delle diverse figure professionali nel perseguire gli obiettivi di salute. Rivoluziona il modo usuale di pensare all’organizzazione evidenziando l’utente, gli obiettivi e diversi ruoli. Incrocia le risorse dell’organizzazione con gli obiettivi da perseguire, evidenziando i legami e gli intrecci, non le dipendenze gerarchiche. Sulla sinistra vediamo le diverse unità organizzative elementari (nuclei, reparti, case famiglia, comunità, centri diurni, ecc.), con il proprio coordinatore e il personale dedicato (es. operatori, infermieri, ecc.).

In alto sono riportati alcuni esempi di professionals, professionisti che operano trasversalmente rispetto alle unità organizzative elementari, numericamente inferiori al personale dedicato. In alto a sinistra troviamo il coordinatore di area, con un ruolo di supervisione e di integrazione rispetto alle singole unità organizzative. Al centro troviamo gli utenti, in alcune realtà distinti per tipologia progettuale, ovvero in funzione delle caratteristiche che determinano gli obiettivi perseguibili. Se leggiamo lo schema da sinistra a destra, vediamo come il nucleo (definito come Unità Operativa Elementare) operi con un obiettivo di salute globale, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Se leggiamo lo schema dall’alto al basso vediamo come i professionals agiscano ricercando il risultato sulla dimensione critica specifica.

Se leggiamo lo schema in diagonale vediamo come il coordinatore di servizio e l’organizzazione in generale debbano perseguire un obiettivo generale che coniughi le dimensioni specifiche ma al tempo stesso la globalità della persona e la sua idea di qualità di vita.

5


Il secondo strumento chiave del Coordinatore di Nucleo è il modello gestionale operativo. In un contesto organizzativo matriciale non può che essere rappresentato dalla gestione per processi. Il ciclo della programmazione, nella sua semplicità , diventa elemento essenziale per ottenere la flessibilità organizzativa.

Pur essendo applicabile a tutti i livelli organizzativi, nel nucleo esso si articola come nello schema seguente:

6


La Valutazione Multidimensionale è talmente potente che da essa nasce un preciso modo di lavorare e organizzare l’assistenza. Applicare la Valutazione Multidimensionale significa rinunciare all’idea che è la comunità a decidere i ritmi ma che è l’utente, con le sue caratteristiche a “fare” l’organizzazione.

7


Se guardiamo al modello vediamo come dalla Valutazione Multidimensionale derivi tutto il resto. Il profilo, la stima dell’assorbimento di risorse, il Piano Assistenziale individuale e come il riassunto degli stessi porti alla definizione di un piano di lavoro flessibile che tiene conto costantemente delle condizioni di salute delle persone del nucleo/struttura. Dalla stessa VMD nasce coerentemente la possibilità di verificare costantemente l’aderenza dell’organizzazione, del metodo e del numero delle risorse alle esigenze dell’utenza. Il come farlo è, secondo chi scrive, forse indifferente,, anche se esistono strumenti migliori di altri. Occorre analizzare bene il setting assistenziale per una scelta oculata. Tuttavia vale la pena che gli strumenti di VMD e gestionali collegati siano informatizzati, affinché il meccanismo funzioni senza sovrastrutture.

8


Sul piano della VMD molto interessanti sono gli strumenti che offrono delle linee guida comportamentali come esito della stessa VMD e che suggeriscono le aree problematiche di intervento sulle quali dovrebbe concentrarsi il Piano Assistenziale Individuale ed il Piano Terapeutico.

9


In ogni caso, quale che sia lo strumento, la traduzione operativa di un Piano Assistenziale si ha quando si riescono non solo a indicare intenti progettuali, o si compilano delle schede per l’assolvimento di un debito informativo (es. Versus l’ASL o la Regione) ma quando si riescono a delineare precisi obiettivi quantitativi e piani precisi di attività che seguano precisi protocolli e procedure. La tensione costante del Coordinatore, una buona comunicazione e un numero non troppo elevato di obiettivi ben definiti, consentono di ottenere risultati pregevoli anche nelle condizioni piÚ estreme.

10


Un buon Piano Assistenziale e Pianto Terapeutico, che resti su carta non serve a nulla. Per questo è fondamentale che esso si traduca in Piani di Lavoro. Se il Piano di Lavoro deriva dalla sommatoria dei Piani Assistenziali allora l’aggiornamento dei PAI produce “automaticamente” un piano di lavoro (non vi sembra forse un bel lavorare?) il sistema informativo/informatico, gestisce bene il processo il tempo da dedicare alla “burocrazia” si riduce e la possibilità di un buon uso dei dati raccolti offre all’organizzazione delle opportunità inattese e una spinta al miglioramento continuo della qualità veramente formidabile.

11


Ovviamente non basta programmare le azioni ma occorre anche testimoniare che le stesse sono state erogate. Ancora una volta non per spirito adempitivo ma perchÊ tutti noi sappiamo che i risultati dipendono anche dal fatto che le azioni programmate sono state svolte in modo corretto. Solo cosÏ si può fare un vero controllo di efficacia e magari spingerci fino alla elaborazione di indicatori di qualità .

12


13


14


Va da se che l’attenzione alle risorse, come si diceva in premessa, è fondamentale. Ecco allora che la VMD ci viene ancora in soccorso. Infatti in relazione ai modelli VMD utilizzati posso essere raggruppate le persone ospiti in gruppi omogenei sul piano dell’assorbimento di risorse.

Se la VMD ci dice quale comportamento assistenziale tenere, Il profilo ci dice che tipologia e quantità di risorse umane sono necessarie per gestire la particolare situazione del nucleo (case mix).

15


La profilazione degli ospiti diventa allora strumento fondamentale per i rapporti di carico assistenziale e l’impiego delle risorse tra nuclei diversi della stessa organizzazione.

16


Per una analisi accurata potremmo anche vedere la relazione esistente tra livelli teorici di assorbimento di risorse derivate dai profili (dai quali derivano gli standard di personale) e la rilevazione effettuata, magari, misurate su un campione significativo di utenti.

Questo consente di vedere quanto lontano/vicino è la nostra situazione da una condizione ideale., Ovviamente la nostra condizione sconta, i metodi di lavoro, i mezzi e strumenti a disposizione, le procedure, il layout degli ambienti, la professionalità , ecc. e quindi la rilevazione ci indica quanto lavoro la nostra organizzazione debba ancora fase sul piano della formazione del personale: Formazione professionale o motivazionale? A chi farla? Per quanto tempo? Con quali ricadute rispetto agli obiettivi aziendali? E con quale effetto sul servizio di appartenenza?

17


La rilevazione dei tempi permette di conoscere i tempi dedicati dal personale alle diverse attività per i diversi profili. Questo permette di conoscere a priori e di evitare intralci organizzativi: Es. fkt deve fare intervento e ospite non è pronto Animazione va in reparto mentre sono in pieno svolgimento attività della mattina, intralciando lavoro degli operatori Pulizie pretendono di passare una stanza mentre l’ospite è ancora a letto perché gli deve venire fatto il bagno e si alzerà un po’ più tardi Se so che il bagno mi richiede un tempo diverso per i diversi profili, perché per alcuni è una supervisione, potrò collocarli in particolari momenti della giornata

18


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.