stella di primavera

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AD ANNARITA RUBERTO UNA STELLA PER UN SEME DI CERTEZZA Il mio regalo di Buon 2011 Gaetano Barbella

La Cicogna sul tetto Questa fu la frase, introduttiva di un mio scritto che ti dedicai tempo fa in relazione alla tua bella poesia «Notte»: «Mi piace immaginarmi come una cicogna sul tetto “a sorvegliare” i miei piccoli grandi tesori, che sono i miei alunni. “Fare” per loro non è mai abbastanza. Annarita Ruberto». E tu stessa legasti alla tua poesia un'immagine notturna rifulsa di stelle con una crescente falce di luna e faceva spicco una cicogna su un tetto. Fu così che fui portato a scrivere un componimento dal titolo «La Cicogna sul tetto».1 La cicogna era lì sul colmo del tetto ma io, da buon geometra, vidi nell'immagine una bellissima stella foriera di una radiosa alba, l'endecagramma. Era una «notte silente» che ti richiama a questo inizio di anno, il 2011, ma tu non immagini ancora la gioia augurale che quella stella oggi ti reca mio tramite, mostrandoti attraverso di te la tua stella di «primavera». Non poteva mancare la giusta risposta alla tua poesia di fine 2010, «Mia anima», di una tua attesa rivolta alla tua anima in pena... ma il dipinto che tu esponi accanto alla poesia è rivelatore...

Un dialogo di un passato sulla pittura «Dimmi, Damide, esiste una cosa chiamata pittura?» «Certo», risponde Damide. «E perché si fa?». «Per l’imitazione, per ottenere una figura somigliante di un cane o un cavallo o un uomo, o una nave, o di qualsiasi altra cosa sotto il sole». «Allora la pittura è imitazione, mimesi?». «Certo, che cos’altro dovrebbe essere, se non fosse così sarebbe un ridicolo trastullarsi con i colori», ribatte Damide. «Già, ma che dire delle cose che vediamo in cielo quando le nubi corrono portate dal vento, di quei centauri e antilopi, di quei lupi e cavalli? Sono anch’esse opere di imitazione? Dio è forse un pittore che occupa le sue ore libere in questo divertimento?», chiede ancora il filosofo pitagorico Apollonio di Tiana al suo discepolo con il quale, all’epoca di Cristo, arrivò fino in India. E poiché, procedendo nel dialogo, i due concordano che le nubi si formano per caso e che siamo noi a attribuire loro una forma somigliante a quelle che già conosciamo, Apollonio conclude che due sono le possibili imitazioni: «Una è quella che porta a utilizzare le mani e la mente per realizzare imitazioni, l’altra è quella che realizza la somiglianza unicamente con la mente». Quasi mille anni di storia dell’arte dopo, nel primo ventennio del XX secolo il pensiero estetico torna da capo su questo tema e, dopo aver compiuto l’intero giro della mimesi passando attraverso l’illusione e i cieli sfondati barocchi di Correggio, Padre Pozzo o Tiepolo, Annarita Ruberto dipinge un quadro che riporta la speculazione filosofica al punto dove l’aveva lasciata Apollonio di Tiana. In verità dovrei dire Magritte al posto di Annarita Ruberto, poiché ho preso a prestito dei frammenti 1 La cicogna sul tetto, di Gaetano Barbella - http://www.scribd.com/doc/18405671/La-Cicogna-Sul-Tetto


2 di una recensione che lo riguarda, ma mi è piaciuto farlo perché l'amica Annarita merita di essere posta là dove era Magritte proprio in virtù del tema offerto del suo dipinto sopra menzionato, del quale si discuterà. Il dipinto di Annarita Ruberto non sembra aver titolo se non attraverso una sua poesia. Arcana ragione è un di bagliore del dipinto che si irradia accanto ad una nuda figura femminile “ritratta” di spalle. Ritratta più che dipinta, perché l'immagine sembra più una foto, a ragione del bagliore che dà l'impressione, appunto, di uno sparo di luce del flash di una supposta macchina fotografica. Ma si può esprimere una più piccola impressione limitandola al dipinto o alla poesia di Annarita, senza far torto ad uno dei due soggetti? Se L'autrice ha ritenuto di presentarli come se fosse una coppia di amabili sposi invitati ad una festa, è la loro unità, intravista in modo complementare, che deve essere oggetto di attenzione. Come a immaginare che ci sia un dialogo fra dipinto e poesia fatto di peculiari e intense vibrazioni di colori e parole. Dove ha luogo questo scambio intimo e capire ogni cosa?... «Da tempo la poesia si mescola alle altre arti, in un processo di ibridazione continua. [...] Poeti che traggono ispirazione da un quadro o da immagini digitali, o, viceversa, poeti che ispirano pittori tradizionali o appassionati di grafica computerizzata. Sono numerose le mostre di pittura in cui accanto ai quadri esposti compaiono versi di poeti famosi. Perché è così frequente che pittori e poeti sentano la necessità di associare quadri e poesie? Probabilmente perché immagini poetiche e immagini pittoriche provengono dalla stessa area del cervello. La moderna neuro-fisiologia ha localizzato quella parte dell’encefalo che sovrintende alla formazione delle immagini e alle relative connessioni con i ricordi, i sentimenti, le parole, i suoni. Quest’area, stimolata dalle emozioni, produce le invenzioni creative. Emozioni che producono immagini che possono poi venir espresse in versi o in pennellate di colore. Sono poi le differenti abilità tecniche: manuali-pittoriche o ritmico-linguistiche a generare produzioni figurative o di poesia»2. Ma ecco il componimento di Annarita Ruberto che sarà oggetto di mie particolari riflessioni, giusto in relazione con una famosa opera pittorica di Magritte sopra menzionato.

Mia anima

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3 Scritto in un momento buio, condivido questo mio componimento il primo giorno dell'anno come testimonianza che un seme di certezza si può trovare se si sa ascoltare la propria anima. L'immagine si riferisce ad un olio su tela, da me dipinto.

Mia anima Mia anima Priva di obliquità L’enigma della vita Carpire vorresti. Ma immota rimani Come fragile vaso Pieno di nulla. Chi, cosa Convincerti potrà Che ha un senso La coscienza difendere? E’ immane fatica Lasciare la notte Silente amica. La tua paura Lenita non è Da vani sussurri Al primo albore. Mia anima Il tuo sterile gemito Inascoltato risuona. Avanza la primavera. Nel fruscio dei sogni Troverai forse Un seme di certezza? Annarita Ruberto Dove ha luogo questo scambio intimo e capire ogni cosa?... Perché è qui che l'artista Annarita Ruberto ci vuol condurre quasi per mano. Ella ci mostra la stella e ci dice seguitemi e vedrete. Ed è quel bagliore che sembra appunto rispondere al posto dell'anima cui Annarita si rivolge. La stella è davvero prodigiosa perché ha il potere di chetare i moti ravvisati nei versi della poesia. Annarita le si rivolge e dice «Mia anima» e la stella nel suo rassicurante splendore è come se facesse pressione sull'articolazione del ginocchio della donna nuda che è in fondo il suo corpo, chiedendole di inginocchiarsi.3 In quell'astro di luce 3 Un inginocchiarsi che tanto si accosta a Mosè che fu attirato dal roveto ardente di Esodo 3:1. <<Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un


4 l'anima si sente legata all'Anima Universale ed è qui che ella rivela la sua «obliquità» e partecipe del'«Mistero della Vita». Nondimeno, finché non si veste dei panni terreni e se ne impregna, colmando il suo «fragile vaso pieno di nulla», il rientro non le è concesso. Questo è lo scopo che le spetta incarnandosi in un corpo umano, quello di Annarita temporale. Tuttavia è troppo importante mantenere sigillato il real segreto, giusto al riparo dell'astro simile all'aureola sul capo dei santi, altrimenti non si spiegano tutte le perplessità, angosce e paure dell'apparente monologo della poesia. Ed allora vista dal di fuori, quella stella bianca crinita del quadro è come un enorme occhio che è rivolta all'osservatore, e prima d'altro dentro un'altra Annarita, quella razionale, incredula, la matematica in lei, che non vede riflessa la sua anima, sé stessa, bensì un altro quadro con lo stesso soggetto ed un altro sparo di luce. È l'illusione che regna. E così la vedono altri osservatori. È troppo intensa la luce bianca per facilitare la lettura dell'insieme ed è a causa di ciò che Annarita sembra disorientata, eppure è la sua volontà che ha concorso a disporre l'astro di luce. Chissà, nella sua innocenza, ha pensato ad una cometa per farsi condurre alla culla di un Redentore della sua anima che ha incertamente vista conturbata, piena di ombre. L'ambiguità del segno, ipotizzato come un occhio che guarda lei e altri osservatori estranei, desta a ingrovigliati pensieri: sulla «coscienza», sulla «fatica», sulla «paura», ma infine «Avanza la primavera» che farà germogliare la speranza. Nel noto dipinto di Magritte, «Falso specchio»4, al posto della donna nuda e dello scenario davanti a lei, c'è appunto un enorme occhio, la cui pupilla appare come un inspiegabile sole nero. Ma con ,«Mia anima» è bianco sfavillante. E che cosa è allora quel “cielo”, fra donna nuda e resto del quadro di Annarita? Quello reale riprodotto dalla superficie specchiante dell'astro-pupilla, oppure un «falso specchio» che non rappresenta ciò che l’occhio vede, bensì ciò che ci illudiamo di vedere? È una finestra sul mondo o il nostro mondo interiore che diventa una finestra, mescolando le opere della Ruberto e Magritte? Insomma, Magritte vuole spostare il valore della pittura dalla sua funzione mimetica, che l’arte occidentale gli ha riconosciuto fin dai tempi dei Greci, a quella concettuale. La qualità dell’opera d’arte, egli dice, non sta nell’abilità esecutiva (egli stesso parlava di peinture vache, di bassa qualità), bensì nella capacità di innescare una riflessione sul mondo e la realtà. È lo stesso spostamento dal manufatto alla sua dimensione mentale che aveva già sperimentato Duchamp e che porterà all’arte concettuale, ma Magritte lo attua attraverso gli strumenti del Surrealismo, ovvero l’accostamento incongruo di oggetti, indipendente dalle leggi della logica, come in sogno, per sancire l’irrealtà dell’apparenza. Così la riflessione, e la visione, trasferiscono il loro centro dall’esterno all’interno. Alla pittura viene quindi negato ogni valore naturalistico: come aveva intuito Apollonio di Tiana, nella visione c’è sempre una componente soggettiva, la tendenza a proiettare nelle forme immagini roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio.>> 4 Magritte, Il falso specchio (1928), cfr.: http://www.nicolalalli.it/images/solitudini/pages/84.%20R.%20Magritte %20'Falso%20specchio'%20.html


5 di cose che già abbiamo nella testa. Con Magritte, e dunque con Annarita Ruberto, arriviamo così al punto di rottura più radicale della storia della mimesi, messa già in crisi dal trompe l’oeil fin dall’epoca rinascimentale e barocca anche se tale esercizio virtuosistico rimaneva ancora nell’ambito dell’imitazione (in «Mia Anima» di Annarita Ruberto, imitazione della finestra, del soffitto a semi-archi, della nudità stessa e poi il divano delle false verità) e non mette veramente in discussione la verità dell’immagine che resta sempre uno strumento di conoscenza della realtà. E ritornando a Magritte, ecco perché nel XX secolo egli si accanisce proprio contro la pittura: perché negare le immagini è un modo di negare finalmente l’oggettività del mondo. E dopo le guerre virtuali che abbiamo visto in tv seduti sul divano, sappiamo quanto questo sia vero.

L'enneagramma di Annarita la stella di primavera Le due foto Anni fa, ottenni, dall'amica Annarita, autrice della poesia suddetta, «Mia anima», una foto più risolutiva di quella del suo logo di blogger, che si vede di lato. Avevo intravisto nel suo volto qualcosa di peculiarmente interessante, ed ero curioso di averne conferma con una foto ingrandita, per poi trasmettere ad Annarita i miei eventuali rilievi che però sono rimasti in sospeso fino ad oggi. Ora sembra giunto il momento di parlarne, ma sarà lei a decidere poi se rendere pubbliche questo scritto con le riflessioni che verranno. La foto che mi trasmise Annarita è l'analoga del suo logo, solo che ha un taglio diverso e risoluzione maggiore, ossia 195 x 233 pixel5 (contro 48 x 48 pixel dell'altra). Ed ora veniamo all’indagine della foto di Annarita. Premetto che, già con l'altra foto, si può concepire una lettura non tanto diversa da quella fatta per il dipinto associato alla poesia «Mia anima» e naturalmente al discusso famoso dipinto di Magritte «Falso specchio». Allo sparo di luce della donna nuda del dipinto di Annarita, ed alla nera pupilla dell'occhio di «Falso specchio», si accoppiano le lenti da sole sul capo di Annarita della sua foto, una sorta di celata di un antico guerriero. Di qui una peculiare ambiguità: Chi è la guerriera? Annarita reale che sfida il sole, non si sa se nascente o al tramonto, o un'altra Annarita dietro le sue lenti sul capo? La prima Annarita non rappresenta ciò che l’occhio vede, bensì ciò che lei e noi ci illudiamo di vedere? È una finestra sul mondo o il suo mondo interiore che diventa una finestra? Premetto che attraverso la foto del logo suddetto e perciò anche questa in esame, Annarita è conosciuta sul web, dunque è assai importante. Già si intravede un arcano dietro quelle lenti e si vedrà che l'indagine con l'ausilio della geometria composita riserva una meravigliosa visione, ma come al solito sorge un successivo dilemma di credere o non credere. Ma non volendo arrivare a tanto ho già fatto capire sin dall'inizio di questo scritto che si tratta di un messaggio augurale per un buon 2011 appena all'inizio. Allora cominciamo col dire che da parte di Annarita, la riquadratura 195 x 233 pixel deve essere 5 Pixel: contrazione di picture element, ingl. lett. elemento d'immagine, abbr. pel. Singolo punto che definisce l'immagine nello schermo. Il numero di bit usati per rappresentare ciascun pixel determina la quantità di colori che possono essere visualizzati. Ad esempio una scheda video che utilizza 24 bit per pixel può visualizzare immagini a 16.777.216 colori (224) - un colore a 24 bit è denominato True Color. Ogni pixel è formato da tre canali di colorazione RGB chiamati subpixel (nell'esempio precedente 8 bit per subpixel). L'immagine dei monitor quindi è costituita da una matrice di pixel con opportune intensità di illuminazione delle componenti fondamentali RGB. Cfr. Digitale, Raster.


6 stata casuale, ossia senza tanto ragionarci sopra da parte sua. Questo sgombera il terreno da interpretazioni dettate dalla ragione umana. Allo stesso modo dello sparo di luce del dipinto che è stato posto all'altezza del ginocchio e dubito che Annarita abbia pensato di suggerire così la mia interpretazione sull'inginocchiarsi della donna nuda, ossia Annarita stessa, di fronte alla sua anima o viceversa, attraverso la poesia «Mia anima». Però nella sua interiorità deve esserci stato questa sorta di comando, quasi, al punto di indurre l'Annarita esteriore a dipingere in quel modo lo sparo di luce. Ma come si fa a collegare le due cose ad un semplice rettangolo? Tuttavia non è tanto difficile capire che un artista come Giotto può fare il cerchio in modo perfetto ed un altro no. Come pure ci sono rettangoli che hanno peculiari forme speciali, come quello aureo e considerato che Annarita ha predisposto la “cornice” della sua foto un po’ a caso, farebbe meraviglia venire a scoprire che ella ha imbroccato un rettangolo, davvero, speciale. Annarita, per la sua forma mentale, non è assolutamente disposta a simili predisposizioni da esoteristi. Perciò è come dire di aver scelto una cinquina che poi è uscita vincente al lotto. Dunque vediamo da vicino il rettangolo della foto. Un matematico chiamato a dare una risposta su questo semplice problema, sorriderà e dirà che la principale peculiarità geometrica di un rettangolo è dettata dal rapporto dei due lati. Questo poi, attraverso la trigonometria, fornirà il valore degli angoli determinati dalle diagonali rispetto ai lati, cosa che ci porterà diritti diritti alla soluzione dell'arcano della foto. Ed allora vediamola questa peculiarità accingendoci a mettere in rapporto 195 e 233, i pixel per lato della foto. Primo: 195 : 233 = 0,8369... Secondo: In trigonometria arctg 0,8369... = 39,9262...° che è molto prossimo a 40°. Si tratta, appunto, dell'angolo alla base del triangolo rettangolo formato da una delle due diagonali del rettangolo in questione. Terzo: Interessante quest’angolo, poi vedremo perché, intanto occorre accertarci come variano i numeri 195 e 233 presi uno alla volta per dar luogo all’angolo di 40°. 1. Per quest’angolo il rapporto dei giusti lati é: tg 40° = 0,8390... 2. Tenendo per buono il lato di base 195, l’altro lato è: 195 : 0,8390... = 232,3919... 3. Tenendo invece per buono l’altezza 233, la base è: 233 x 0,8390... = 195,5102... Quarto: Che deduzioni possiamo dare a questi risultati? Che col rettangolo 195 x 233 si è abbastanza prossimi al valore del loro rapporto relativo al campo del quadratino del pixel della tangente di 40°. Questo ci basta per convalidare la possibile costruzione geometrica che deriva da un rettangolo idealmente conforme al rapporto dei due lati, corrispondente al valore della funzione trigonometrica di tg 40° che è 0.8390..., come suddetto. Ora la sola cosa che è possibile immaginare è che questo angolo di 40° ci orienta verso un cerchio suddiviso in nove parti, infatti 40° x 9 = 360° che è l’angolo giro, appunto. E come viene immaginato nelle opere d’arte, questa geometria porta all’idea dell’enneagramma che poi viene


7 considerato come simbolo correlato a concezioni esoteriche. La foto di Annarita accanto ci mostra, appunto, questa suggestiva figura geometrica che ha la peculiarità di essere composta da una triade di triangoli equilateri. A questo punto si è curiosi di aggiungere almeno qualche interpretazione, che significato dare e quindi che ruolo può avere in relazione all’uomo e quindi ad Annarita, giusto la rappresentazione che riguarda la sua foto? Razionalmente non si hanno supporti accademici che contemplano una simile relazione per risalire – mettiamo – alla psiche umana ed alle sue notazioni caratteriali. Tuttavia, uno studioso che si trova davanti ad una simile prospettiva, che non se la sente di metterla da parte senza aver tentato di sperimentare qualcosa sulla base di eventuali casistiche, fiducioso di giungere, magari, a delle concezioni nuove, a volte rivoluzionarie, deve pur partire da qualche base. A casaccio è da scellerati, ma facendo capo a eventuali concezioni in seno a tradizioni esoteriche antiche, per esempio, non è poi la fine del mondo. Allora non resta che andare alla fonte della tradizione, curiosi di ottenere lumi sull’enneagramma. Dall’enciclopedia libera Wikipedia rileviamo quanto segue a riguardo.

Enneade6 L’Enneagramma (dal greco ennea, nove, e gramma, disegno) è un simbolo antichissimo: certe fonti lo fanno risalire al tempo dei Sufi, progenitori dell’odierna religione islamica, ma vi sono prove che fu tramandato da culture ancora più antiche. Per secoli questo simbolo rimase pressoché sconosciuto e solo di recente, nella prima metà del ‘900, un uomo chiamato Georges Ivanovic Gurdjieff rivelò ad un ristretto numero di persone le informazioni circa questo simbolo. Egli, come dichiarano le testimonianze scritte da suoi conoscenti e da lui stesso approvate, spiegò come mai di questo simbolo non erano mai state trovate informazioni scritte, accennando ad una pratica antichissima diffusa in gran parte dell'Asia (e tuttora in vigore) secondo cui certe informazioni non venivano mai messe per iscritto, ma si trasmettevano sempre oralmente. Un esempio affine è la grande tradizione orale degli “Aswot” della Transcaucasia, noti come semplici cantastorie ma portatori di memorie di eventi lontanissimi. Il padre di Gurdjieff era appunto uno di questi cantastorie. Spiegò anche come questo simbolo fosse usato come speciale strumento per comprendere il meccanismo di ogni sistema relativamente chiuso, come il sistema solare e le leggi che lo governano, il funzionamento dell’organismo umano, degli organismi vegetali, ecc. Geometricamente è composto da un cerchio suddiviso in nove parti uguali (da qui il nome) e la sua costruzione è molto particolare: una volta suddiviso il cerchio, occorre numerare i punti in senso orario da 1 a 9 e inscrivere un triangolo equilatero avente come vertici i punti 3, 6 e 9. L'unione degli altri punti deriva da un calcolo molto semplice: se si divide il numero 1 per il numero 7 si ottiene il numero 0,142857142857..., numero periodico di periodo 1 4 2 8 5 7 ripetuto all'infinito. I punti restanti da collegare sono proprio questi sei numeri in questa successione. Questo simbolo era anche chiamato “legge del Nove” ed era considerato la fusione della “legge del Sette” con la “legge del Tre”; la sovrapposizione è evidente. La prima legge serviva a studiare ogni processo in cui un fenomeno integrale (come il raggio bianco della Luce, il Suono) è composto sempre di sette parti indipendenti (i sette colori in cui si suddivide la luce, le sette note intere in cui si suddivide il suono); la seconda indicava come ogni fenomeno, dal più piccolo (atomo) fino al più macroscopico (stelle), fosse sempre generato e tenuto in vita da tre forze o parti dette “Positiva” o di affermazione, 6 http://it.wikipedia.org/wiki/Enneagramma


8 “Negativa” o di resistenza, e “Neutralizzante” o di conciliazione. L'enneagramma rappresenta ogni processo che si mantiene da solo per autorinnovamento: per esempio la Vita. Per questo Gurdjieff lo definì “il moto perpetuo ed anche la pietra filosofale degli alchimisti”. Egli disse anche: «La conoscenza dell’enneagramma è stata preservata per molto tempo in segreto e se adesso, per così dire, è resa disponibile a tutti, è solo in una forma incompleta e teorica della quale nessuno può fare alcun uso pratico senza istruzioni da parte di chi sa». Solo pochi anni fa qualcuno ha tentato di utilizzare questo simbolo come tecnica psicologica creando una ipotetica corrispondenza tra i nove numeri e nove “tipi” immaginari in cui il soggetto è chiamato ad identificarsi. Fino ad ora non vi sono prove scientifiche che questo metodo fornisca risultati apprezzabili. Oltre a ciò non vi è alcuna documentazione riguardo all’uso dell’Enneagramma (da parte dello stesso Gurdjieff) come classificatore di personalità. Solo molto più tardi Oscar Ichazo e Claudio Naranjo confezionarono questa tecnica sperimentale.

Oscar Ichazo Oscar Ichazo, nato nel 1931 in Bolivia, scopre a 19 anni il libro di P. D. Ouspensky (diretto allievo di Gurdjieff), Frammenti di un insegnamento sconosciuto e partecipa a Buenos Aires alle attività di un gruppo probabilmente collegato con Gurdjieff. Qualche anno dopo, secondo le sue dichiarazioni, per “intercessione di Metatron”, l'Arcangelo Gabriele, visualizza l’Enneagono (questo il nome che preferiva dare all’enneagramma, nonostante sia la definizione di una figura geometrica simile ma ben diversa dall’enneagramma) e dal 1955 comincia a condurre gruppi, fondando in seguito l’Istituto di Gnoseologia di Arica in uno sperduto villaggio cileno sul confine desertico con il Perù. La sua attività non fu mai approvata da Gurdjieff, come egli dichiarò e poi smentì.

L’enneagramma in geometria In geometria, l’enneagramma è un poligono a stella regolare ottenuto con gli stessi 9 punti dell’enneagono ma uniti diversamente. Si può realizzare in diversi modi: unendo un punto ogni due, un punto ogni quattro, oppure con la composizione di tre triangoli equilateri.

L’enneagramma in psicologia L’Enneagramma è uno strumento di indagine psicologica, assimilabile a un test psicometrico ma privo di una chiara validazione scientifica, utile per capire perché ci si comporta in un certo modo e, se usato correttamente, può aiutare a migliorare i propri rapporti con gli altri. La sua origine è sconosciuta, ma si crede che abbia più di 2000 anni e che sia stato tramandato oralmente e in segreto dai maestri Sufi, in Medio Oriente, i quali rivelavano agli allievi soltanto la parte relativa alla loro personalità. Il suo scopo più interiore era presumibilmente l’unione con Dio. Il sufismo avrebbe quindi ideato i “nove volti di Dio”, basandosi su concezioni spirituali e sul vissuto di ogni persona. Per i Sufi si poteva avere armonia con Dio se si conoscevano tutti i modi di essere della personalità. Tuttavia è storicamente documentato a partire dal 1920 circa, quando l’armeno G. I. Gurdjieff lo diffuse in Europa (dal 1960 venne diffuso anche negli Stati Uniti).

Funzionamento dell’enneagramma Secondo l’Enneagramma, ognuno di noi percepisce la realtà attraverso una lente (a seconda della sua personalità o tipo) che spesso ne altera l'oggettività. Attraverso la scoperta e la conoscenza del proprio tipo e quindi della propria compulsione si può progressivamente ignorarla, con impegno e costanza, e migliorare così il proprio comportamento, la visione di sé stessi e le relazioni


9 interpersonali. Il proprio tipo (ciascuno numerato come Tipo 1, Tipo 2, eccetera fino al Tipo 9, oppure identificato con un aggettivo che rispecchia le caratteristiche di ogni personalità) si costituisce in modo inconsapevole e involontario nel bambino dall’età di quattro anni in poi, a causa del rapporto tra esso e il mondo esterno, in particolar modo con i genitori. È inoltre possibile che il proprio tipo cambi, ma ciò avviene a livello inconscio e non razionale, soprattutto nell’adolescenza.

Identificazione del tipo (Tratto dal libro di Vincenzo Fanelli7 edito dalla Macro Edizioni)

1. Il Riformatore, il Critico, il Perfezionista. Amanti della precisione, della razionalità e dei dettagli. Predilogono l’organizzazione e la puntualità. Controllano le loro emozioni. Le cose o sono giuste o sono sbagliate. Tendono ad essere critici e giudicanti. 2. L’Aiutante, Il Generoso, La Nutrice . Amano avere molto amici (le relazioni sono fondamentali per la loro esistenza). Tendono ad essere disponibili e a fornire aiuto. Nelle relazioni sono emozionali e “caldi”. 3. Il Manager . Il successo è un elemento fondamentale. Proiettano fuori un’immagine positiva e di successo. Sono “hard worker”. Tendono a pianificare sempre le loro attività. Prediligono l’azione alla riflessione (chi dorme non prende pesci). 4. Il Romantico, l’Individualista, l’Artista. Tendono a focalizzarsi su un futuro ideale non cogliendo le opportunità del presente. Per questo motivo tendono ad avere dei rimpianti. Amano sentirsi unici ed autentici (“fuori dalla massa”). Sono molto creativi ed intuitivi. L’espressione artistica è un modo per esprimere la loro complesso alchimia emozionale. 5. L’Osservatore, il Pensatore, l'Investigatore . Amanti del Sapere e della Conoscenza. Difendono la loro privacy (odiano le invasioni). Amano più osservare che agire. I loro bisogni sono centrati sul Sapere. 6. L’Avvocato del Diavolo, il Difensore . Tendono verso la sicurezza. Sono molto indecisi verso grosse scelte di vita e si rivolgono a qualcuno che reputano Autorità. In alcuni casi, un giorno sono paurosi e timorosi, il giorno dopo aggressivi. La loro vita ruota attorno alla lealtà e la fiducia. 7. L’Entusiasta, l’Avventuriero, il Materialista, l’Epicureo . Sono pieni di energia e voglia di vivere. Tendono a sviluppare più talenti in aree diverse. Estremamente iper-attivi, hanno l'incubo di rimanere “bloccati”. Creativi e portati verso le espressioni artistiche. La libertà è l’elemento fondamentale della loro esistenza; si sentono perennemente giovani. 8. Il Leader, il Protettore, lo Sfidante . Tendono verso la leadership e il controllo. Usano la dialettica per motivare la gente verso i 7 http://www.macroedizioni.it/autori/vincenzo-fanelli.php


10 loro scopi. L'aggressività emerge solo per sondare il potenziale di un rivale o se sfidati. Amano la schiettezza ed odiano gli inganni. Tendono verso la vendetta. 9. Il Mediatore, il Pacificatore, il Conservatore. Tipologia camaleontica, si adatta a situazioni e persone. Tendono ad essere sempre in accordo, gentili e disponibili. Si mostrano ottimistici in quanto pensano che le cose si risolvono da sole. Tendono ad incorporare i bisogni delle persone vicine.

I tre Centri (Da Wikipedia) Un'ulteriore distinzione, che secondo i fautori dell’enneagramma può costituire uno strumento di classificazione delle personalità, è rappresentata dai cosiddetti Centri, divisi in Centro dell’Istinto, Centro dell’Emozione, Centro della Razionalità. Dentro di noi sono presenti tutte e tre questi centri, ma degli squilibri possono provocarne una commistione o confusione, in modo tale che possiamo avere la parte istintiva nel centro razionale, o la parte emotiva nel centro istintivo ecc. Il triangolo equilatero rappresenta la forma finale che l’Uomo mira a raggiungere e che rappresenta il perfetto equilibrio tra tutte queste parti. Il Centro dell’Istinto funziona sulla base di impulsi naturali, e ad esso appartengono i Tipi 8, 9 e 1. Gli appartenenti a questo centro tendono a seguire l’istinto e l’abitudine, e agiscono spontaneamente, spesso in reazione a uno stimolo esterno e hanno reazioni spesso senza nessun tipo di controllo iniziale. Il Centro dell’emozione, invece, funziona sulla base dei sentimenti e dei rapporti con le altre persone, e i Tipi 2, 3 e 4 vi appartengono. Le personalità di questo centro si mostrano accondiscendenti verso gli altri e seguono le sensazioni che provano. Tendono inoltre ad avere incontri con gli altri a livello personale. Infine, il Centro della razionalità funziona sulla base dello studio e della riflessione, e vi fanno parte i Tipi 5, 6 e 7. Gli appartenenti a quest'ultimo centro si allontanano volontariamente dalla realtà per riflettere (spesso da soli) e agiscono solitamente in seguito a una ponderata decisione.

Critiche Finora l’enneagramma della personalità non è stato riconosciuto come un concetto scientifico. Alcuni psicologi e ricercatori considerano l’enneagramma una pseudoscienza che usa in maniera piuttosto arbitraria un set di personalità per creare delle caratterizzazioni. Tali critiche asseriscono che i suoi schemi non possano essere verificati adoperando il metodo scientifico empirico poiché mancano di falsificabilità e — di conseguenza — non possono essere smentiti. In questo senso, l’enneagramma della personalità non è considerato diverso da altri modelli tipologici, come quello di Carl Gustav Jung su cui si basa l’indicatore tipologico Myers-Briggs. Secondo le critiche, le pretese di validità dell’enneagramma della personalità possono essere attribuite al cosiddetto Effetto Forer, e cioè alla tendenza dell’individuo di credere che una descrizione sia ritagliata perfettamente su misura propria anche quando essa è formulata in termini molto generici.

La personalità di Annarita fra i nove dell’enneade Ho già premesso che la stella in questione l'ho estrapolato dalla foto di Annarita con l'unico intento razionale, meglio convenzionale, riferibile alla consuetudine di formulare gli auguri in genere e nell'occasione quelli di buon 2011. Dunque non mi sogno di andare oltre e suggerire qualcosa sulla personalità di Annarita sulla base delle suesposte cognizioni pseudo scientifiche prese a prestito dal


11 web. Poi se Annarita stessa, nella sua privacy è tentata di farlo nulla di tanto male. Siamo alle solite col vedersi allo specchio, giusto il tema emergente dal dipinto che lei ha eseguito e posto in mostra legandola alla sua bella poesia «Notte».

Conclusione Cara Annarita, è bello intrattenersi sul tuo componimento, e ci sarebbe ancora molto da dire secondo il mio personale punto di vista nell'esprimere ciò che mi è parso di capire e vedere (soprattutto), di un'arte completa, immagine e didascalia poetica, oggi praticato. Tutto si incentra su quell'artificio del bagliore-sparo di rimbalzo di luce bianca della tua pittura ad olio. Ho letto i tanti interventi a questo tuo componimento ma nessuno dei convenuti ne ha fatto menzione, anche se ce l'hai messa tutta – ho pensato – nel ricorrere a questo artificio che è come se fosse la tua firma, la prova della verità. Avevi quasi spalancato la porta di casa tua, ma nessuno vi è entrato. E, di certo, ti aspettavi delle domande in proposito. Ma al di là di entrarvi e cercarti fra i veli intimi, ciò che ho cercato di capire e far capire di te è l'artista, io quale provvisorio presunto “critico d'arte” cui son chiamato, ma con la modestia dovuta perché sono un oscuro dilettante, bravo però col “righello e compasso”, questo sì. Ma chi è l'artista, solo fra tutti coloro che conosciamo con la “toga”? Tutti parlano sull'arte e degli artisti, ma molti non sanno cosa comporta fare “arte”: e col pennello, e con lo scalpello e con diversi altri mezzi che oggi non si contano. Anche la poesia a ragione del fatto che tu l'accoppi al tuo dipinto. Sul tema della supposta firma (astrale) del tuo dipinto, ma relativo al dipinto di Magritte, “Riflesso allo specchio”, ho dedicato un breve componimento all'amica Paola nel suo Forum di Teoderica,8 e mi è piaciuto il commento rilasciato dall'amico Pietro D. Perrone.9 Egli ha detto: «Sai paolè, penso che in realtà l'arte, quella vera, se di verità si può mai parlare, è sempre di “rottura”. L'artista vede quello che è avanti, dentro, quello che gli altri non vedono, in questo senso crea. Ma “creando” aggiunge qualcosa al mondo e lo modifica, lo trasforma. Niente resta più uguale, perché l'opera dell'artista ha rotto l'equilibrio pre-costituito prima di lui. Così, Magritte, per esempio, vede quello che gli altri suoi contemporanei non vedevano. Oggi a noi sembra - forse - più chiaro il contenuto delle opere di Magritte, anche se Gaetano pone, al termine delle sue osservazioni punti interrogativi che aprono nuove domande o condannano ad una sorta di dondolante incertezza le sue affermazioni. Ma Gaetano è un vero conoscitore e, come Socrate (forse, questo sembra a me), sa che più conosce più si apre il mondo delle cose da conoscere (e non si chiude). Le cose sull'arte sembrano chiare, ma in un contesto (stavo per dire, un quadro) di perenne trasformazione, di equilibri che si rompono di continuo, di nuove “creazioni” che rimettono a nuovo ogni volta l'universo del creato e ci costringono, di momento in momento, a ricostruire nuove stabilità che, ogni volta, nascono già incrinate da crepe destinate ad allargarsi ed allargarsi ... come onde del mare che sempre s'inseguono e infrangono il perenne desiderio di quiete, di equilibrio, delle acque ... desiderio infranto nel momento in cui nasce... Così nell'arte. Ogni credenza di stabilità, ogni definizione che pretenda – o desideri, come credo – 8 http://teodericaforum.blogspot.com/2011/01/intermezzo-speciale-cura-di-gaetano.html#comments 9 http://repubblicaindipendente.blogspot.com/


12 di descrivere in modo fermo, permanente, uno ... “stato dell'arte” è, appunto, solo una credenza. “Stato dell'arte”: Stato, participio passato del verbo stare, che significa “ciò che è posto”, risaputo, conosciuto, noto, intorno all'arte. Già. Ma quel “ciò che è posto” (che è stato messo) non sta mai fermo. Si muove, fugge, si nasconde, scompare, riaffiorando, inatteso, dopo millenni, quando era stato dimenticato da tutti... Ecco perché ci sentiamo disorientati quando pensiamo all'arte, ad un artista, ad un fenomeno dell'arte (al manierismo, per esempio). È già certo, dovremmo essere già certi, intendo, che in quel mentre, in un'altra bottega si forgiavano le palle di cannone che, di lì a poco, avrebbero abbattuto ogni certezza!» Sai la cosa che mi è piaciuto tanto di questo mio scritto? La tua foto illuminata dall'enneagramma che è giusta la stessa dello sparo di luce del tuo dipinto. Chi l'ha disposta perché si veda? Tu col riquadrare al computer in un rettangolo speciale la tua foto? Il caso? Ma chi è il caso se non “il guardiano della soglia” (anche quello noto agli esoteristi10) che solo l'artista riesce a sfiorare. L'artista è sempre preso dai dubbi, è come quel Tommaso apostolo incredulo che si dispose a mettere la mano nel costato del suo Signore. Mai certezze ed è un paradosso affermare che proprio il matematico puro, che naviga nell'astratto, è uno di questi artisti assaliti continuamente dai demoni dell'incertezza.

10 http://www.giulianokremmerz.it/OPERE/Biblioteca_Esoterica_Italiana/Il_guardiano_della_soglia/Il_guardiano_dell a_soglia_Kremmerz.htm


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