DIRIGENZA MEDICA N. 1-2/2015

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Dirigenza Medica - Anno XIV - n. 1 - 2015 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it

Numero 1 - 2015

d!rigenza medica 3 La Cosmed si rinnova Giorgio Cavallero è il nuovo segretario 12 Pronto Soccorso Il fenomeno degli “appoggi”: un rischio per medici e pazienti 14 Tutela lavoro I permessi mensili della legge 104

Il mensile dell’Anaao Assomed

Uno studio Anaao Assomed

una sanità efficiente e competitiva. miraggio per il futuro o opportunità per il presente?


Il mensIle dell’AnAAo Assomed Sede di Roma: via XX Settembre, 68 tel. 06.4245741 Fax 06.48.90.35.23 Sede di Milano: via D. Scarlatti, 27

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Direttore responsabile Silvia Procaccini

Comitato di redazione: Eleonora Albanese Claudio Auriemma Aurigemma Giorgio Cavallero Gabriele Gallone Filippo Gianfelice Domenico Iscaro Mario Lavecchia Giuseppe Montante Domenico Montemurro Cosimo Nocera Carlo Palermo Maria Parmeggiani Giuseppe Ricucci Alberto Spanò Coordinamento redazionale Ester Maragò

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Editore Edizioni Health Communication Via Vittore Carpaccio 18 0147 Roma email: redazione@hcom.it tel. 06.59.44.61 fax 06.59.44.62.28 Registrazione al Tribunale di Milano n.182/2002 del 25.3.2002. Sped. in abb. postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dcb Roma Diritto alla riservatezza: “Dirigenza Medica” garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati nel rispetto della legge 675/96 Stampa STRpress, Pomezia (Rm) Costo a copia: euro 2,50 Finito di stampare nel mese di marzo 2015

Dirigenza Medica - Anno XIV - n. 1 - 2015 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it

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Dirigenza Medica si rinnova nella grafica.

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3 La Cosmed si rinnova Giorgio Cavallero è il nuovo segretario 5 Studio Anaao Sanità efficiente e competitiva, miraggio o opportunità? 14 Tutela lavoro I permessi mensili della legge 104

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Una sanità efficiente e competitiva.

MIRAGGIO PER IL FUTURO O OPPORTUNITÀ PER IL PRESENTE?

Il mensile dell’Anaao Assomed cambia look. Nuovo il logotipo della testata: forte e deciso per sottolineare le nostre idee, una struttura più agile delle pagine interne e l’utilizzo del colore per evidenziare le diverse parti della rivista. Le pagine che compongono ogni numero saranno suddivise in sezioni: quella centrale dedicata agli approfondimenti e una serie di rubriche tematiche per affrontare i diversi temi dell’attività sindacale e professionale.


editoriale Si ricomincia e con qualche nota positiva

domenIco IscAro Presidente Nazionale Anaao Assomed

Questi primi mesi del 2015 vanno ricordati per il riproporsi di annose questioni, ma anche per alcune novità. La legge di stabilità conferma per tutto il 2015 il blocco contrattuale allungando nel tempo la progressiva perdita del potere di acquisto delle nostre retribuzioni. La stessa legge pur allentando il blocco del turn-over non arresta l’impoverimento delle dotazioni organiche né risolve alla radice il precariato che, nonostante il Dpcm tanto atteso, rimane una piaga sempre aperta. Si ripropone il solito film dei tagli lineari con l'annullamento di due miliardi del finanziamento alla sanità previsto dal Patto per la salute 2010-2015 e si replica sulle condizioni del sistema emergenza. Le Regioni incapaci di tenere in equilibrio bisogni e bilanci tagliano i servizi e i malati ammassati nelle sale di attesa dei Dea aspettano un posto letto, nel frattempo tagliato come primaria fonte di spreco. Ma quello che richiede una massima attenzione è una novità contenuta nella legge di stabilità 2015. Si rinvia a un accordo tra Governo e Regioni la definizione di ruoli e competenze delle professioni sanitarie e infermieristiche, tecniche della riabilitazione e della prevenzione riservando ai medici solo le competenze “in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia”. Come se fosse possibile decidere ciò che è definibile come complesso e ciò che per via residuale è classificabile come “semplice”. In realtà con un colpo di mano si spacchetta l’atto medico trasferendo ad altre professioni segmenti di attività da acquisire a un costo di produzione più basso. Il bersaglio grosso è ridisegnare l’intero sistema organizzativo, gli ospedali, i dipartimenti, le divisioni e definire infine un nuovo asseto di gerarchie e ruoli. È da credere che l’asticella sarà posizionata a vantaggio di soluzioni organizzative ed economicistiche ritenute vantaggiose per i bilanci non certo per il diritto alle cure e l’autonomia professionale. In questo scenario non tranquillizzante ci sono due novità francamente positive, l’una strettamente legata al successo dell’altra. Con la legge di stabilità 2015 decade dopo cinque anni il blocco delle retribuzioni. Si riapre la strada della contrattazione decentrata, della possibilità attraverso la ridefinizione dei fondi contrattuali, di reperire risorse tenute nascoste o sospese nei bilanci aziendali, ma di proprietà dei medici e sanitari, che hanno così l’opportunità di muovere retribuzioni ormai ferme da cinque anni. Per questo servirà un sindacato forte e questa è la seconda buona notizia. L’Anaao Assomed allo scadere del 2014 aumenta il numero dei suoi iscritti e rafforza il peso della sua rappresentanza ai tavoli contrattuali. È un risultato di cui essere fieri in un’epoca storica in cui i sindacati vedono la loro funzione progressivamente indebolirsi e deve essere una spinta a rafforzare il nostro impegno e la nostra convinzione di poter vincere le future battaglie. numero 1 - 2015

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Intervista a Giuseppe Montante Vice Segretario Anaao Assomed

Carriera a doppio sviluppo: professional o manager Anaao lancia il “doppio sviluppo di carriera” per i medici del Ssn: professional o manager, ma con pari dignità lucIAno FAssArI Stop a modelli di carriera tesi a favorire solo la dirigenza burocratico – amministrativa (ministeri, enti pubblici, amministrazioni periferiche, ecc.), che sono profondamente differenti dalla logica di dirigenza tecnico professionale più consona alle specificità professionali della categoria medica ed alla specialità legislativa prevista per tale dirigenza”. A parlare è il vice segretario nazionale dell’Anaao, Giuseppe Montante che in questa intervista ci presenta in anteprima la proposta messa a punto dal sindacato che rappresenterebbe, se attuata, una vera rivoluzione per le carriere dei medici del Ssn. L’ipotesi parte dal presupposto che oggi il “sistema tende a privilegiare coloro che scelgono percorsi di carriera improntati alla gestione, creando, di fatto, un gap rispetto a chi decide di seguire un percorso più prettamente professionale”. Per contrastare tutto ciò la proposta Anaao prevede un duplice sviluppo di carriera: tra incarichi di natura professionale e incarichi di gestione o direzione di struttura. In ogni caso, “i percorsi non saranno fissi perché si potrà, se in possesso dei requisiti, effettuare il passaggio da un percorso all’altro”. Novità poi anche per quanto riguarda le selezioni, con procedure più trasparenti e meritocratiche. Previsti anche nuovi criteri per valutare la funzionalità degli incarichi dirigenziale a seconda dei vari step di carriera. Dottor Montante, perché un nuovo percorso di carriera per i dirigenti medici del Ssn? Una volta i medici avevano chiaro il loro percorso (assistente-aiuto-primario). Con l’aziendalizzazione e con il federalismo ‘becero’ non è più così e il modello che si è attuato fino ad ora, diciamocelo, è tutto sbilanciato in favore dell’aspetto gestionale e succede che tutto ciò che è professionale viene sottova2

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giuseppe montante Vice Segretario Anaao Assomed

lutato. Per questo serve un nuovo modello di sviluppo carrieristico che possa dare pari dignità di ruolo, gerarchia e retribuzione ai medici del Ssn. Quali sono le principali novità della proposta? L’aspetto innovativo prevede la possibilità per il dirigente medico di poter scegliere un percorso di carriera tra quello puramente amministrativo gestionale ed uno più prettamente professionale. Chiaramente i percorsi non saranno rigidi. In che senso? Se un medico che ha scelto il percorso professionale vorrà ad un certo punto della carriera optare per incarichi gestionali, lo potrà fare. Ovvio che dovrà possedere i requisiti ma gli viene in ogni caso data la possibilità di interscambio. Insomma, un medico potrà fare carriera anche senza per forza dover aspirare a incarichi di gestione? Questo è uno dei nostri obiettivi. Vogliamo valorizzare tutte quelle attività professionali che sono preziose all’interno degli ospedali ma che, come le dicevo, sono poco prese in considerazione dalle normative attuali. Penso per esempio a tutti quei referenti di attività presenti nei nostri ospedali che però non hanno alcun riconoscimento formale. Per quanto riguarda il percorso di carriera professionale avete anche previsto degli indicatori per definirne il numero.

La proposta intende fornire un preciso indirizzo programmatorio per le Aziende e impedire di rendere un’utopia l’attivazione di tale tipologia di carriera con comportamenti pauperistici o invece di svilirne l’importanza strategica. In ogni caso il gruppo di incarichi con alta professionalità il rapporto proposto è di 1,50 in media per ogni Unità operativa complessa. Per quanto riguarda i referenti di branca specialistica dovrebbero essere 1/3 rispetto ai ruoli di alta professionalità. A proposito ma come si potrebbe ‘incardinare’ questa nuova proposta nelle leggi attuali? Sappiamo che modificare la normativa che riguarda il pubblico impiego è impensabile in tempi brevi. La strada certamente più veloce è quella di mettere mano al Contratto nazionale. Che però è bloccato. E le risorse? Basterebbe solo rinnovare la parte normativa. E per quanto riguarda le risorse si potrebbero prendere dai risparmi che si ottengono con la riduzione delle Unità operative semplici. Nella proposta si fa riferimento anche alla revisione delle selezioni. Bisogna ridare credibilità a tutto il sistema. Le selezioni devono essere rigorose, trasparenti con avvisi pubblici, ma soprattutto con il curriculum. Lo sviluppo della carriera dev’essere piramidale, ma i ruoli di vertice devono essere ricoperti in virtù del merito. numero 1 - 2015


Cosmed rinnova gli organismi statutari

Giorgio Cavallero è il nuovo segretario generale della Cosmed La Confederazione Sindacale Medici e dirigenti (Cosmed) ha rinnovato le cariche statutarie per il triennio 2015-2017, dopo aver visto ampliare, durante il precedente mandato del Segretario Generale Costantino Troise, la propria rappresentatività fino a raggiungere il massimo livello dalla sua costituzione con le nuove adesioni di Aaroi–Emac, Fedir Sanità e Direr. La guida della Confederazione è affidata a Giorgio Cavallero. Con circa 33 mila iscritti, certificati dall'Aran, Cosmed rappresenta il 32,31% di tutta la dirigenza pubblica sindacalizzata, e il 37,17% se si considerano le confederazioni rappresentative, staccando nettamente le altre confederazioni della dirigenza, compreso cGIl, cIsl e uIl i cui iscritti all’ultima rilevazione erano in totale pari a circa 29 mi-

Il nuovo organigramma Segretario Generale Giorgio Cavallero Segretari Generali Aggiunti Aldo Grasselli Giulio Liberatore Alberto Spanò Alessandro Vergallo Segretario Organizzativo Franco Socci Tesoriere Mario Facchetti

la aderenti. Il neo Segretario cosmed, conferma la linea di azione in continuità con il precedente mandato e attraverso i nuovi organismi statutari, intende: riaffermare la necessità di una forte valorizzazione della dirigenza pubblica, indispensabile per il rilancio del Paese e componente fondamentale per la qualità dei servizi resi al cittadino; ribadire il proprio impegno per perseguire l’indipendenza e l’autonomia della dirigenza pubblica dal potere politico, requisito necessario per una pubblica amministrazione credibile, competente e trasparente ed infine respingere politiche di ridimensionamento dei servizi pubblici che portano inesorabilmente alla riduzione dei diritti fondamentali del cittadino, costituzionalmente garantiti.

Al via la trattativa su flessibilità permessi e distacchi sindacali A cura della delegazione trattante Cosmed

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L’Aran e le Confederazioni sindacali hanno avviato la trattativa per raggiungere un accordo quadro sulla flessibilità dell’utilizzo dei permessi e dei distacchi sindacali. Come è noto il Decreto legge 90/2014 convertito in legge 114/2014 ha previsto la riduzione del 50% dei permessi e dei distacchi in godimento dal 1 settembre 2014. Tuttavia l’articolo 7 comma 3 prevedeva che: “Con le procedure contrattuali e negoziali previste dai rispettivi ordinamenti può essere modificata la ripartizione dei contingenti ridefiniti ai sensi dei commi 1 e 2 tra le associazioni sindacali. In tale ambito è possibile definire, con invarianza di spesa, forme di utilizzo compensativo tra distacchi e permessi sindacali”. In effetti oltre ad una drastica riduzione numerica attualmente esiste una frammentazione delle prerogative sindacali che rendono disagevole l’utilizzo dei permessi e dei distacchi. Infatti esistono due tipi di permesso sinda-

cale: quelli ex art.10 (Ccnq 8 agosto 1998) per l’espletamento del mandato, su base decentrata, e quelli ex art.11 (Ccnq 8 agosto 1998) calcolato come monte ore nazionale per le riunioni degli organi statutari centrali e periferici. Anche i distacchi si dividono in storici, cumulati dal monte ore di cui all’art.10. Esiste poi una quota per le Confederazioni sia di permessi che di distacchi. Cosmed da sempre si batte per la flessibilità totale ovvero per ricondurre alle organizzazioni sindacali tutte le prerogative sindacali che annualmente ogni sigla articolerà in permessi o in distacchi centrali o periferici a seconda delle proprie necessità. Un vero e proprio budget a disposizione di ogni componente sindacale con la possibilità di conversione dei singoli istituti. Sulle stesse posizioni numerose altre sigle. Aran peraltro ha rivelato che il Governo non ha posto alcuna limitazione se non l’invarianza di spesa, tuttavia si è riservata di veri-

COSMED confederazione sindacale m e d i c i e dirigenti La Cosmed costituisce attualmente la principale Confederazione sindacale della dirigenza del pubblico impiego, alla quale aderiscono: ANAAO ASSOMED (Area III e IV) AAROI-EMAC (Area IV) FVM (Area IV) FEDIR SANITà (Area III) ANMI ASSOMED SIVEMP FPM (Area I e VI) DIRER (Area II) S.I.Dir.S.S. (Area III)

ficare la compatibilità legislativa delle flessibilità possibili.In particolare la possibilità di accorpare i permessi ex articolo 10 con quelli ex articolo 11 e la possibilità di utilizzare l’anno successivo eventuali permessi non utilizzati sono stati oggetto di numerose proposte. In effetti recentemente le confederazioni del comparto hanno siglato con Aran un accordo per la restituzione in tre anni dei permessi utilizzati oltre il contingente previsto, (trattativa cui non ha partecipato la dirigenza in quanto non portatrice di debiti e sforamenti). Sembrerebbe pertanto punitivo per le organizzazioni sindacali più rispettose dei contingenti non concedere la possibilità di impiego nell’anno successivo dei permessi non utilizzati, quando si è concesso il ripiano dei debiti alle sigle che non hanno rispettato tali limiti. Occorre inoltre maggiore flessibilità nel frazionamento dei distacchi e nella loro conversione in permessi orari, devono essere possibili tutte le compensazioni tra i vari istituti. Si tratta di recuperare sul piano qualitativo parte dei disagi prodotti dai tagli lineari per consentire l’esercizio dell’attività sindacale. d!rigenza medica

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Le aree di degenza ospedaliera

LIVELLO 1 Ad alta intensità di cure Comprende le degenze intensive e sub intensive

Convegno Anaao Assomed Modena

LIVELLO 2 A media intensità di cure

LIVELLO 3 A bassa intensità di cure

Comprende le degenze per acuti sia di area medica che chirurgica e area maternoinfantile

Comprende le degenze postacuzie

Dai reparti all’intensità di cure: la rivoluzione degli ospedali parte da qui? L’Ausl di Modena ha sposato il nuovo sistema della riorganizzazione degli ospedali secondo il principio dell’“intensità di cure” avviando la sperimentazione che, ormai da alcuni anni, è al centro dell’attenzione di chi ha compiti di programmazione in ambito sanitario. Con questo modello si cerca di rispondere alle esigenze di razionalizzazione delle risorse, introducendo un nuovo concetto di organizzazione ospedaliera destinato a modificare in modo radicale il modello sanitario ospedaliero che tutti conoscono. Nel recente convegno che si è svolto a Modena presso il nuovo Ospedale di Baggiovara, organizzato da Giampaolo Papi, Segretario aziendale Anaao Usl Modena, è stato presentato un dettagliato documento che riassume luci e ombre del nuovo sistema la cui prima sperimentazione nella regione è partita da Sassuolo nel 2014. Il modello per “intensità di cure” prevede – si legge nel documento – che, sin dall’arrivo in Pronto Soccorso, i pazienti vengano divisi per gruppi distinti, sulla base di bisogni omogenei e della tipologia di cure delle quali hanno bisogno e presi in carico da un Medico tutor e da un Infermiere referente, che lo seguono e ne sono responsabili dall’ingresso alla dimissione. Spariscono quindi i reparti e in base alla gravità della patologia presentata dal paziente, le aree di degenza ospedalie-

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ra vengono divise in 3 livelli: Livello 1 “ad alta intensità di cure”: comprende le degenze intensive e sub intensive. Livello 2 “a media intensità di cure”: comprende le degenze per acuti sia di area medica che chirurgica e area materno-infantile. Livello 3 “a bassa intensità di cure”: comprende le degenze post-acuzie. Il modello è stato finora sperimentato solo in alcune realtà regionali (ad esempio, in Toscana e Lombardia), con risultati alterni e ancora non del tutto convincenti. Ma nel documento vengono anche elencate precise priorità che vanno rispettate e applicate per rendere questo modello funzionante. Logistica dell’Ospedale. Il modello deve essere applicato tenendo presente la logistica della struttura. Ogni ospedale deve creare il progetto secondo le proprie caratteristiche logistiche e finalità: in particolare, in un ospedale a elevata specialistica, è impensabile contemplare una riorganizzazione di tutto l’ospedale per intensità di cure, le strutture ad elevata specialità dovranno rimanere localizzate in aree ben definite. Organizzazione del lavoro. Considerato che il modello prevede la “scom-

parsa dei muri” delle singole Uu.Oo e che il paziente in base ai suoi bisogni assistenziali può muoversi rapidamente nei vari livelli, è da prevedere un coordinamento medico e un coordinamento infermieristico. Vi dovrà essere anche una stretta collaborazione tra il coordinamento infermieristico e medico. L’équipe tutor. È da prevedere la figura del medico tutor o, meglio, un’équipe tutor. Saranno pertanto da ridefinire i carichi di lavoro, i turni di guardia per consentire al sistema la sua applicabilità, ed è evidente che ciò non può avvenire mantenendo invariate le risorse. Cartella clinica condivisa. Preferibilmente non cartacea che dovrà seguire il paziente in tutti i suoi spostamenti all’interno dell’ospedale. Potenziali vantaggi. La riorganizzazione delle risorse, un vantaggioso utilizzo delle risorse posto letto, con il sistema a regime non vi saranno più letti liberi o appoggi. Il paziente al centro di tutto. È necessaria una reale presa in carico globale del paziente e una reale valorizzazione della multidisciplinarietà; il possibile rischio che questo metodo può determinare è l’incremento dei giorni di degenza. Disposizione dei posti letto. Un aspetto importante è l’assetto variabile dei posti letto, che non sono assegnati alle Uu.Oo, ma all’area dipartimentale. Vi sono due modelli: uno di tipo “dispersivo” dove pazienti assegnati ad una specifica équipe sono dispersi in più setting di ricovero; un altro tipo “embricazione parziale del pool specialistico” nel quale i posti letto sono preassegnati alle singole équipe sulla base di dati storici di ricovero. La riorganizzazione del territorio. È di fondamentale importanza per permettere un adeguato accesso e una più veloce e agevole dimissione del paziente, con adeguata gestione al domicilio o nelle strutture territoriali. Il livello 3 (post-acuzie). Occorre una accurata implementazione del livello 3 (ossia il livello a bassa intensità di cure), al quale è necessario indirizzare pazienti che hanno realmente superato la fase acuta di malattia; inoltre si deve contemplare una forte collaborazione strategica tra questo livello e il territorio, per evitare di intasare il sistema. numero 1 - 2015


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approfondimenti

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Una sanità efficiente e competitiva: miraggio per il futuro o opportunità per il presente? Gli assetti organizzativi in sanità: il modello Dipartimentale e il modello per intensità di cura. Il cambiamento demografico della popolazione con il progressivo incremento dell’età media ha determinato la comparsa di un nuovo modello di paziente che a causa delle sue multi-morbidità si caratterizza per una crescente complessità non solo dal punto di vista clinico ma anche terapeutico-gestionale1. L’aumento della spettanza di vita e la crescente domanda di assistenza sanitaria sono però anche intimamente correlati all’incontrollato incremento della spesa sanitaria verificatosi negli ultimi decenni. È quindi emersa la problematica della razionalizzazione delle risorse per il contenimento dei costi. In questo ambito concettuale, epidemiologico ed economico nasce la necessità di una riorganizzazione dei Sistemi sanitari volta a promuovere efficienza produttiva, efficacia e appropriatezza dei servizi attraverso l’introduzione e la sperimentazione di nuovi assetti organizzativi ospedalieri come il modello di tipo Dipartimentale. Il Dipartimento, i cui accenni risalgono già al lontano 1969 (Dpr 29 Marzo n.128), funzionando come luogo di integrazione e coordinamento dell’atto medico, di sviluppo delle conoscenze e delle competenze, costituisce l’ambito privilegiato in cui poter contestualizzare le attività del governo clinico2, prospettiva unificante degli aspetti economici e clinici in ambito sanitario. Dalla progressiva realizzazione del modello di aggregazione dipartimentale sono stati implementati nuovi modelli di cura centrati non sulle necessità dell’organizzazione, ma sui bisogni clinici e assistenziali del paziente come il modello per intensità di cura e i Pdta (Percorsi diagnostici-terapeutici e assistenziali). Il modello per intensità di cura (IC)3 supera il concetto di reparto ospedaliero articolando il livello di cura sui bisogni omogenei dei pazienti (congruenza verticale) e sull’interazione multi professionale (congruenza orizzontale). Nell’ospedale per intensità di cura il paziente polipatologico è affidato alla responsabilità del “tutor” (internista o geriatra) che coordina i vari specialisti per garantire la continuità assistenziale. Obiettivo di questo modello è di evitare che un soggetto con elevati bisogni sia inserito in un sistema a bassa offerta con il risultato di “stressare” il sistema (effetto “tetto”) e che un soggetto con modesti bisogni sia inserito in un sistema ad alta offerta ricevendo una quota di assistenza superiore a quella necessaria (effetto “pavimento”). L’allocazione dei pazienti solo in relazione al livello di intensità di cura è però nel contempo anche il “tallone d’Achille” di questo modello. Nel 2011 Lancet pubblica uno studio retrospettivo4 dove si evidenzia come molti pazienti anziani siano sottoposti ad interventi chirurgici, con conseguente necessità di alta intensità di cura, nel loro numero 1 - 2015

A cura di paola gnerre Direttivo Nazionale Anaao Giovani costantino troise Segretario Nazionale Anaao Assomed carlo palermo Vice Segretario Nazionale Vicario Anaao Assomed domenico montemurro Responsabile Nazionale Settore Anaao Giovani claudia pozzi Coordinatore Macro Regione Centro Anaao Giovani chiara rivetti Componente Segreteria Regionale Anaao Piemonte dario amati Coordinatore Macro Regione Nord Anaao Giovani

ultimo anno di vita. Questo a riprova del fatto che un approccio aggressivo e quindi costoso in età avanzata non è poi suffragato dal riscontro di ridotta mortalità. A Dicembre 2014 Jama surgery5 ci propone invece un lavoro che analizza gli esiti di pazienti over 65 con almeno una grave comorbidità ricoverati dopo un intervento chirurgico maggiore nei reparti ad elevata intensità di cura rispetto a quelli ricoverati in bassa intensità di cura. Nei primi si registra un aumento delle complicanze post-operatorie e dei tempi di degenza maggiori a fronte di un lieve aumento di sopravvivenza dopo manovre di rianimazione. Questi dati impongono delle necessarie riflessioni non solo in termini etici, ma anche economici in virtù del fatto che gli obiettivi di efficienza che si propone l’organizzazione per IC non necessariamente coincidono con la riduzione delle risorse impiegate e con outcome positivi per il paziente stesso. E allora la domanda che sorge spontanea è: “Ci sono reali evidenze che queste strategie di trasformazione in sanità siano realmente efficaci nel migliorare la prognosi del paziente e nel contempo migliorare l’efficienza del sistema? Come possiamo misurare le performance in sanità? Quale il ruolo del territorio? d!rigenza medica

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Una sanità efficiente e competitiva:

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approfondimenti

La valutazione della performance in sanità: tra organizzazione e indicatori Negli ultimi anni si è andata sempre più diffondendo la consapevolezza che la gestione e l’organizzazione dei servizi sanitari debba garantire e promuovere la qualità e la sicurezza dei servizi sanitari e delle cure erogate. Il buon funzionamento dei sistemi sanitari e la loro tenuta si rapporta alla capacità di determinare e identificare le cure necessarie minimizzando fenomeni di inappropriatezza. Uno degli aspetti rilevanti per la quantificazione delle performance sanitarie è quindi la valutazione dell’appropriatezza. L’appropriatezza clinica è la capacità di fornire l’intervento più efficace per un dato paziente, l’appropriatezza organizzativa (tabella 1) è la capacità di scegliere il livello assistenziale più idoneo all’erogazione delle cure. Quest’ultima diventa pertanto elemento cruciale per la valutazione delle perfomance organizzative per ogni struttura sanitaria. Sono considerati “inappropriati” e quindi indicatori di scarsa performance i casi trattati in regime di ricovero ordinario o in Day Hospital che le strutture sanitarie potrebbero trattare in un diverso setting assistenziale con identico beneficio per il paziente e con minor impiego di risorse. La potenziale inappropriatezza di utilizzo e gestione delle risorse investe a 360° il mondo sanitario, e nell’ospedale inizia già a livello dal primo anello della catena assistenziale ovvero il Dea. E’ notizia di cronaca attuale la condizione di superaffollamento dei Pronto Soccorso che si è verificata nelle ultime settimane in tutta la penisola. Se, da un lato, il picco stagionale dell’influenza e l’invecchiamento della popolazione con aumento delle comorbilità ne rappresentano la cornice epidemiologica, dall’altro lato, gli effetti delle politiche sanitarie di tagli con riduzione dei posti letto e dell’organico determinano l’utilizzo inappropriato del pronto soccorso che si trova così a rappresentare da solo la prima linea assistenziale 365/anno, 24 ore/24. Dopo l’ingresso in pronto soccorso, dove coesisteranno accessi impropri e accessi con necessità di ricovero in reparto per acuti, la sfida per il medico del Dea è quella di evitare ricoveri inappropriati, ovvero assegnare il “posto giusto” al “paziente giusto”. Il rischio di inappropriatezza di ricovero in aree 6

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Dopo l’ingresso in pronto soccorso la sfida per il medico del DEA è quella di evitare ricoveri inappropriati

di degenza è legato a numerosi fattori quali l’aumento di patologie croniche e di richiesta di "salute" da parte dei cittadini, l’eccessivo "allarmismo mediatico" in concomitanza di eventi quali ad esempio malattie stagionali, la "medicina difensiva" e la costante carenza di posti letto. Sono stati sviluppati numerosi criteri per valutare l’appropriatezza dei ricoveri, molto dei quali (Drg ad elevato rischio di inappropriatezza e Apr-Drg) consentono una stima di inappropriatezza del ricovero, basata su dati amministrativi forniti dalla Scheda di dimissione ospedaliera (Sdo). I principali vantaggi sono rappresentati dalla facile reperibilità dei dati, la cui raccolta risulta relativamente economica ed omogenea attraverso i sistemi informativi ospedalieri, e l’oggettività dei dati. Tuttavia, essendo documenti di natura amministrativa, la rappresentazione/codifica delle condizioni cliniche e dell’assistenza erogata durante il ricovero non tiene conto di possibili "confounders" quali il possibile condizionamento per il pagamento della relativa prestazione, la mancanza di garanzia che le informazioni riportate siano complete, ed infine, elemento ancora più importante, la mancanza di qualunque riferimento alle cause che possono aver determinato il prolungamento della degenza (es. condizioni sociali del paziente e/o ricorso a livelli più intensivi di assistenza). Questi sistemi consentono di fare stime più ampie e con dati aggregati senza tenere conto del singolo ricovero che può essere valutato con strumenti che hanno il vantaggio di esaminare aspetti più qualitativi (ad es. il Pruo - Protocollo di Revisione d’Uso dell’Ospedale), ma con reali difficoltà ad ottenere stime di appropriatezza che siano oggettivabili. La valutazione e la misura comparativa degli esiti degli interventi in sanità numero 1 - 2015


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all’85%, da valutare criticamente per l’incremento della morbilità e della mortalità dei pazienti osservato quando le strutture lavorano al massimo. Altre criticità sono emerse nell’assegnazione del “tutor”, in considerazione della riduObiettivo dei PNE è quindi l’analisi dei profili critici zione delle dotazioni organiche e della necessità di conciliare attività clinica, attraverso programma di auditing clinico. guardie, riposi e aggiornamento, e nella logistica non adattandosi il nuovo modello dei setting di ricovero a ospedali costruiti decine di anni fa, se non centinaia. Neanche le esperienze d’oltralpe ci sono comunque di grande aiuto. Un lavoro australiano ha analizzato i costi e l’efficienza di 20 ospedali dove si è proLimiti dei PNE sono quelli di non considerare né la gressivamente realizzata una variazione nei modelli assistenziali. Dal modello severità della patologia né la complessità assistenziale tradizionale (organizzato in reparti e unità operative) si era passati a quello diaspetti caratteristici della maggior parte dei pazienti partimentale e successivamente a quello per intensità di cura. Il modello diparche albergano nelle nostre corsie ospedaliere. timentale si è dimostrato più efficiente in termini di riduzione dei costi rispetto a quello tradizionale mentre il modello per intensità di cura rispetto a quello dipartimentale ha dimostrato una riduzione in termini di efficienza. Comunque sono considerate strategie fondamenquesti risultati sono difficilmente interpretabili perché per quanto due presidi tali per la promozione nell’assistenza ospedalieri possano essere omogenei per tipologia di pazienti e per competenze sanitaria di qualità e equità. Con il proprofessionali le molteplici variabili presenti in sanità li rende comunque sempre gramma nazionale esiti (PNE) Agenas poco paragonabili. ha perseguito l’obiettivo di fornire a Come indicatore di raffronto tra i due modelli organizzativi (il modello tradiciascuna regione una modalità di mizionale versus il modello per IC) potrebbe invece essere utilizzato la mortalità a surazione, confronto e rappresenta30 giorni per patologie acute. L’efficienza di un sistema comunque dovrebbe tezione della performance delle proprie nere conto non solo dei dati estrapolati dai Drg ma anche di altri variabili quali aziende sanitarie raffrontabili tra la durata della degenza, la spesa per farmaci, esami diagnostici, consulenze e la Aziende della stessa Regione e tra presa in carico del paziente espressione indiretta della complessità del paziente Aziende di Regioni differenti. Il PNE è (vedi tabella 2). In questo modo gli esiti sarebbero espressione reale della decostituito da 130 indicatori di volume, genza media correlata alla gravità della patologia. esito/processo e ospedalizzazione di cui 80 di valutazione e 50 di osservazione. I risultati sono analizzati secondo sei dimensioni di analisi: la vaL’Organizzazione sanitaria Territoriale lutazione dello stato di salute della podelle Cure Primarie polazione, la valutazione della capacità di perseguimento delle strategie re- Un lavoro La riorganizzazione del Sistema Sanitario ha nel tempo investito non solo l’orgionali, la valutazione socio-sanitaria, australiano ganizzazione ospedaliera con i vari modelli sopracitati ma anche la rete sanitala valutazione esterna, la valutazione ha analizzato ria territoriale delle Cure Primarie. Negli anni sono andate a svilupparsi e coninterna e la valutazione economica-fi- i costi e cretizzarsi forme di associazionismo medico semplici e complesse (vedi tabelle nanziaria e di efficienza operativa. l’efficienza di 20 3-4-5-6) con l’obiettivo di adottare oltre ad un approccio reattivo anche un apObiettivo dei PNE è quindi l’analisi dei ospedali dove si è proccio di iniziativa che potesse garantire la presa in carico dei bisogni e la conprofili critici attraverso programma di progressivamente tinuità assistenziale secondo il modello del Chronic Care Model. Con il Decreto auditing clinico. Limiti dei PNE sono realizzata una Balduzzi dell’8 Novembre 2012 sulle Cure primarie vengono codificate due nuoquelli di non considerare né la severi- variazione ve forme aggregative e integrative: le Aggregazioni funzionali territoriali (Aft) tà della patologia né la complessità as- nei modelli e le Unità Complesse di Cure Primarie (Uccp) (ex Case della Salute) (vedi tabella sistenziale aspetti caratteristici della assistenziali 7). Tutto questo per cercare di superare il concetto della “discrezionalità” in buomaggior parte dei pazienti che alberna parte causa del fallimento dell’attuale modello organizzativo territoriale. Ingano nelle nostre corsie ospedaliere. fatti mentre l’erogazione dei servizi ospedalieri è ben definita, il territorio posSe pur il modello per IC in Italia è tutsiede una autonomia organizzativa che non permette di stabilire precisamente t’ora ancora un’esperienza limitata è quali siano realmente i servizi erogabili. La presa in carico di un malato sul terstato comunque soggetto a una quanritorio ad oggi è infatti soggetta alla discrezionalità o del Medico di Medicina Getificazione delle sue performance. nerale o del Distretto. Spesso poi trattandosi di malati difficili il solo intervento L’analisi degli esiti su tre presidi ospedel Mmg può non essere sufficiente. È andata così delineandosi la ricerca di perdalieri (Forlì, Pontedera, Foligno) orcorsi standard “Percorsi Diagnostico Terapeutici e Assistenziali (Pdta)” primo ganizzati per IC ha complessivamente passo per definire dei “percorsi” di cura tra ospedale e territorio il più possibili evidenziato una riduzione dei ricoveuniformi, efficienti e standardizzati. Va da sé che per un paziente giovane affetri ordinari, soprattutto quelli inapproto da una singola patologia anche complessa, la definizione di un Pdta risulta repriati, una riduzione della degenza melativamente semplice, mentre nel caso di un paziente fragile, pluripatologico ed dia ed un aumento del peso medio Drg. anziano è tutt’altro che scontata. Un percorso efficiente deve offrire al malato, I dati relativi alla riduzione dei posti alla famiglia e al caregiver la possibilità di ricevere in qualsiasi setting di cura letto devono però essere analizzati con l’assistenza più personalizzata e completa possibile. cautela, cercando di distinguere bene Nonostante questa ristrutturazione territoriale e ospedaliera che ha interesdove il dato è indicativo di maggiore sato non solo l’Italia, ma anche le altre realtà sanitarie non si sono verificati gli efficienza organizzativa e dove invece sperati cambiamenti e soprattutto non si è realizzata la continuità assistenziale è conseguenza della riduzione dell’ ofcardine per una Sanità efficiente. ferta e quindi del taglio dei posti letto. E allora se la continuità di cura tra ospedale e territorio è un elemento determiIn ogni caso non si può tacere la tennante per l’efficienza dei sistemi sanitari è possibile codificare per il medico ospedenza con l’IC ad avere tassi di occudaliero una diversa funzione che gli consenta di esercitare parte della sua attipazione dei posti letto superiori vità anche in ambito territoriale?

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Una sanità efficiente e competitiva:

miraggio per il futuro o opportunità per il presente?

approfondimenti

L’Ospedale del futuro secondo gli inglesi dalla continuità della cura alla leadership medica per superare il classico modello per IC. Mentre in Italia proviamo ad applicare il sistema per "intensità di cure" i sistemi sanitari più all’avanguardia ipotizzano scenari più complessi che partendo dal concetto del “patient centred care”si spingono ben oltre. Nel marzo 2012 nel mondo Anglossasone il Royal College of Physicians ha istituito la Commissione per l’Ospedale del futuro (Future Hospital Commission) con l’obiettivo di sviluppare un modello globale di cura ospedaliero progettato intorno alle esigenze degli utenti7. Una variante filosofica del modello di intensità di cura? No gli inglesi vanno oltre. Partendo dal presupposto che l’organizzazione ospedaliera attuale ha ben manifestato un sistematico fallimento nel realizzare un sistema di cura coordinato e patient- centred care propongono una riorganizzazione ospedaliera basata su due colonne portanti: la continuità della cura tra ospedale e territorio e la precoce e rapida dimissione del paziente. Secondo le indicazioni della Future Hospital Commission tutti i servizi ospedalieri devono poter offrire qualità di cura sostenibile 24 ore al giorno e 7 giorni alla settimana, i servizi territoriali devono essere prontamente disponibili 7 giorni su 7 e i medici ospedalieri devono spendere parte del loro tempo lavorativo in comunità. Questo per garantire anche sul territorio la gestione di quadri clinici di elevata complessità. A conferma di ciò l’ultimo rapporto del Ministero della Salute ha evidenziato come le migliori performance misurate in termini di numero dei ricoveri ospedalieri e di giornate di degenza sono state registrate negli ospedali di quelle Regioni che hanno riorganizzato la rete sanitaria incentivando l’assistenza territoriale. Nel “Future Hospital” esiste il “consultant” (il nostro internista o geriatra) responsabile del paziente non solo propriamente medico e coordinatore dei vari specialisti garante della continuità assistenziale dentro e fuori l’ospedale. L’approccio per processi tipico della medicina interna favorisce l’interazione con le altre figure sanitarie specialistiche e porta l’internista e il geriatra ad una visione multidisciplinare e trasversale. Una esperienza della Geriatria Italiana racchiusa in un progetto ministeriale denominato "codice Argento" ha dimostrato come permettendo al Geriatra di prendersi carico del paziente anziano sin dall’arrivo in Dea si riduceva nettamente la mortalità intra-ospedaliera. Anche nel manifesto inglese viene più volte ribadito il concetto che il team medico deve assumersi la piena responsabilità della qualità di cura fornita al paziente, leadership clinica, ricercandola e favorendola in tutte le situazioni. La professionalità medica che deve pertanto esprimersi in termini di: - leadership clinica in tutti i domini di qualità (sicurezza, risultati clinici ed esperienza) per tutto il processo di cura del paziente; - comunicazione efficace con i pazienti e i loro care-giver anche in termini di promozione della prevenzione e dell’autogestione; 8

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L’atto medico non può essere delegato, frammentato o condiviso con altre professioni sanitarie e può essere solo eseguito dal medico o sotto la sua diretta supervisione e/o prescrizione

- integrazione multi-professionale con il fine di favorire la collaborazione con e tra gli altri professionisti sanitari. Nell’ospedale del futuro c’è quindi un ulteriore ampliamento del concetto di atto medico. L’atto medico oltre ad essere un atto di autonomia tecnico-operativa del medico stesso anche rispetto al legislatore non comprende solo aspetti di insegnamento, di formazione, di diagnosi, prescrizione e cura ma deve essere garanzia di una continuità e di una responsabilità dell’intero percorso di cura del paziente. Va da sé che l’atto medico non può essere delegato, frammentato o condiviso con altre professioni sanitarie e può essere solo eseguito dal medico o sotto la sua diretta supervisione e/o prescrizione. Se pur il comparto infermieristico abbia già in atto modelli organizzativi come il care manager ed il primary nurse orientati sui bisogni del paziente e della famiglia è comunque necessario un coordinatore medico che possa erogare oltre la sorveglianza di un percorso anche prescrizioni diagnostiche e terapeutiche non insite nelle competenze infermieristiche. La continuità assistenziale dovrà passare necessariamente dall’implementazione della cartella clinica informatizzata in tutti gli ambiti di cura, ospedalieri e territoriali per consentire e garantire un costante flusso di notizie evitando il ben noto fenomeno delle “revolving doors”. I pazienti devono essere ricoverati in ospedale solo se è richiesto dalle loro esigenze cliniche. Pertanto, in futuro gli ospedali dovranno promuovere piani organizzativi di lavoro che consentano ai pazienti di lasciare l’ospedale lo stesso giorno di ricovero proseguendo le cure mediche e infermieristiche in comunità. Un prolungamento del ricovero ospedaliero per problematiche “sociali” o addirittura il ricovero ospedaliero per problematiche “sociali” devono solo diventare un retaggio del passato Le proposte dell’Anaao Assomed per una sanità efficiente e competitiva. Non esiste un modello organizzativo in sanità perfetto, ma ogni modello deve essere implementato nel contesto sociale, economico e culturale in cui si applica. Il primo interrogativo che dobbiamo quindi porci è se sia proprio necessario elaborare un nuovo sistema organizzativo o possiamo semplicemente riorganizzare l’esistente? Nella realtà sanitaria si percepisce quotidianamente un distacco tra territorio e ospedale con difficoltà concrete nel garantire ai pazienti un corretto pernumero 1 - 2015


Una sanità efficiente e competitiva:

miraggio per il futuro o opportunità per il presente?

corso assistenziale, sia all’interno che all’esterno dell’Ospedale. La riorganizzazione sia degli ambiti Ospedalieri che Territoriali ad oggi non è riuscita a realizzare la continuità di cura, elemento essenziale per una sanità efficiente e competitiva. Basterebbe un semplice “ponte” per permettere a due rive opposte di poter comunicare nell’ottica di una filosofia di cura “patient centred care” e di una filosofia organizzativa ad intensità di cura transmurale. Funzione del medico ospedaliero e del medico territoriale deve pertanto essere quella di integrarsi e di gestire, coordinando tutte le altre figure professionali, casi a varia complessità e intensità nel setting più idoneo, possa essere il Territorio o l’Ospedale. Non più una modalità di cura per “luoghi” ma una modalità di cura per “caso”. La nostra “ricetta” prevede quindi che ogni struttura ospedaliera implementi gli ambulatori della complessità come i “Day Service multidisciplinari” per la gestione sia di patologie acute che non necessitano di ricovero sia per la gestione e il monitoraggio di patologie croniche complesse. Tali strutture devono diventare il perno di congiunzione tra Ospedale e Territorio (tabella 8). Come indicatori di appropriatezza (tabella 1) numero di ricoveri e re-ricoveri sul totale dei pazienti seguiti, tasso di mortalità a 30 giorni e qualità di vita del paziente durante il periodo di presa in carico. Tali indicatori possono essere intesi sia come indicatori di processo in grado di misurare direttamente l’appropriatezza dell’assistenza ricevuta dal paziente (una presa in carico condivisa tra ospedale e territorio riduce il numero dei ricoveri ospedalieri impropri sia migliora la qualità di vita del paziente) sia come indicatori di esito con una prevista modifica degli esiti assistenziali in termini clinici, economici ed umanistici. Bisognerebbe inoltre definire a priori non soltanto l’"intensità" e la "severità" socio-sanitaria del caso clinico ma anche definire un indice prognostico. A tal proposito potrebbe essere d’ausilio l’utilizzo del Multidimensionale Prognostic Index di Pilotto (8) che oltre ad offrire un indice prognostico attendibile potrebbe supportare il processo decisionale per la definizione dei percorsi per i paziente cronici, anziani e fragili. Per soddisfare la crescente complessità dei pazienti e rendere sostenibile il nostro servizio sanitario, mission dell’ospedale del futuro, sono necessari più posti letto con più alta intensità di cura e maggiore unità infermienumero 1 - 2015

approfondimenti

Tabella 1.

Indicatori di appropriatezza organizzativa Degenza media preoperatoria Percentuale di fratture del femore operate entro 2 giorni dalla degenza Percentuale di dimessi da reparti chirurgici con DRG medico Percentuale ricoveri con DRG chirurgico sul totale dei ricoveri Percentuale ricoveri ordinari sul totale dei ricoveri attribuiti a DRG ad alto rischio di inappropriatezza Percentuale ricoveri DH medici diagnostici sul totale dei ricoveri DH medici Percentuale ricoveri ordinari medici brevi (0-2 giorni) sul totale dei ricoveri ordinari medici Percentuale ricoveri oltre soglia sul totale dei ricoveri ordinari medici di pazienti con età > 65 anni Percentuale ricoveri e re-ricoveri dei pazienti sul totale dei pazienti, indici di mortalità a 30 giorni e qualità della vita seguiti presso i Day Service multidisciplinari di integrazione tra Ospedale e Territorio (prospettiva per il futuro?)

Tabella 2.

Possibili indicatori di efficienza del sistema. Ore di degenza in PS in attesa di ricovero Giorni di attesa per dimissione in lungodegenza/riabilitazione/ ADI Percentuale di re-ospedalizzazione a 30 giorni dalle dimissioni Tasso occupazione posto letto Indice di rotazione Posto letto Degenza media standardizzata per case mix Incidenza delle infezioni ospedaliere Numero medici-infermieri/numero dimissioni Liste attesa/procedura Mobilità fuori ASL

Tabella 3.

Forme di associazionismo medico Semplici Medico “singolo” Associazionismo semplice Medicina di rete Medicina di gruppo

Funzione del medico ospedaliero e del medico territoriale deve pertanto essere quella di integrarsi e di gestire, coordinando tutte le altre figure professionali

Complesse GCP Centri medici polifunzionali UTAP UCCP Case della salute

ristica e medica. Allo stato attuale l’unica strada percorsa dalla politica è stata la logica dei tagli lineari (riduzione dei posti letto, blocco delle assunzioni, soppressione dei servizi e riduzione delle tariffe di rimborso ospedaliere e ambulatoriali) e non la riduzione degli sprechi con una oculata riorganizzazione dei servizi. L’efficienza di un sistema e la qualità dei servizi non può essere garantita da un personale ridotto ai minimi termini le cui performance in condizioni di lavoro critico sono necessariamente poco produttive. La realizzazione di un sistema efficiente e produttivo passa inequivocabilmente dal grado di soddisfazione dell’operatore e dalla preservazione delle sue tutele in ambito lavorativo. Le vere sfide per la sanità del futuro sono pertanto per noi: 1) Una reinvenzione radicale dell’organizzazione ospedaliera attraverso l’ottimizzazione delle risorse disponibili e l’implementazione di modelli organizzativi per intensità di cura transmurale di integrazione tra ospedale e territorio che consentano ai pazienti di ricevere una diagnosi e un trattamento ospedaliero precoce con una rapida dimissione, una precoce presa in carico da parte del territorio e una gestione multidisciplinare per le patologie complesse. 2) L’implementazione di un modello premiante (tabella 8) per il raggiungimento dell’eccellenza e dell’efficienza. La ricerca dell’appropriatezza e della produttività deve essere un obiettivo perseguito da tutte le Aziende sanitarie. Non è più possibile accettare “l’orizzontalizzazione” nella distribuzione delle risorse che appiattisce il merito e premia il lassismo. d!rigenza medica

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Una sanità efficiente e competitiva:

miraggio per il futuro o opportunità per il presente?

Tabella 4.

Forme di Cure primarie semplici

Tabella 6.

approfondimenti

Cure

Cosa sono?

Medicina in associazione

Questa forma associativa prevede un numero di medici tra 3 a 10. Dal punto di vista organizzativo sono previsti più studi distribuiti nel distretto con un orario di chiusura non inferiore alle 19.00. Queste forme devono condividere linee guida diagnostiche-terapeutiche per l’appropriatezza prescrittiva e la promozione di comportamenti uniformi.

Medicina in rete

Questa forma associativa prevede un numero di medici tra 3 a 10. Dal punto di vista organizzativo sono previsti più studi coerenti con l’articolazione territoriale del distretto e non vincolati a sede unica con un orario di chiusura non inferiore alle 19.00. Rispetto alla medicina in associazione è aggiunta la gestione della scheda sanitaria individuale su supporto informatico e l’utilizzo da parte del medico di supporti informatici per la trasmissione di dati epidemiologici o prescrittivi.

Medicina di gruppo

Questa forma associativa prevede una sede unica del gruppo per un numero di medici tra 3 e 8 articolata in più studi medici. Fanno parte del gruppo MMG, MCA e PLS che si impegnano ad assistere oltre ai proprio anche gli altri pazienti afferenti all’associazione con l’obiettivo di garantire la continuità assistenziale nell’arco della giornata e in caso di assenza dei colleghi. È prevista la gestione informatica della scheda sanitaria e il collegamento in rete dei vari supporti.

Tabella 5. Requisiti per le forme di associazionismo medico definite complesse Numero di medici operanti non < 5 Apertura estesa (ad esempio anche al Sabato) Offerta di un’ampia gamma di servizi diagnostici e assistenziali (ADI e TAO) Ricorso a forme di telemedicina e tele cardiologia Presenza fissa di personale infermieristico Presenza fissa di medici specialisti Integrazione con servizi socio-assistenziali

Forme di Cure Primarie Complesse Cure

Cosa sono?

Unità Territoriale di Assistenza Primaria (UTAP) Presidi integrati per le cure primarie che prevedono l’associazione di più medici (MMG, PLS, Specialisti) in un’unica sede per l’erogazione di prestazioni sanitarie. Dal punto di vista organizzativo prevedono un’area sanitaria composta da ambulatori di medicina generale, ambulatori specialistici e di guardia medica, medicheria per esami ematochimici d’urgenza e locali per il personale infermieristico e un’area amministrativa con front-office e back-office. Bacino d’utenza: 10.000-15.000 assistiti Case della Salute

Presidi integrati per le Cure Primarie che oltre le prestazioni sanitarie erogate da più medici (MMG, , PLS, Specialisti ambulatoriali) aggiungono i servizi socio-sanitari e sociali (SerT, salute mentale, consultori, assistenza domiciliare, prevenzione, educazione sanitaria, commissione per l’invalidità civili ecc..)

Gruppi di Cure Primarie (GCP)

I GCP in associazionismo evoluto ed integrato mirano al coinvolgimento dei MMG e dei PLS nel governo di percorsi assistenziali condivisi con altre figure professionali non solo sanitarie ma anche socio-assistenziali con il fine di garantire la continuità assistenziale soprattutto per i malati cronici. L’erogazione delle cure avviene in forme organizzate a livello Distrettuale composte da gruppi di MMG e di PLS e integrate da altre figure professionali (medici di continuità assistenziali, medici specialisti, infermieri, operatori socio-sanitari ecc)

Centri Polifunzionali Consorzio di Consorzi Regionali di aggregazione avanzate appartenenti al CO.S di MMG (cooperative di servizi) con vari Centri polifunzionali sparsi sul territorio. Bacino d’utenza: 3000000 abitanti Consorzi o cooperative di MMG

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Gruppi autonomi di MMG organizzati in associazioni a carattere locale

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Una sanità efficiente e competitiva:

Tabella 7.

miraggio per il futuro o opportunità per il presente?

approfondimenti

Evoluzione delle Cure Primarie Complesse: la Legge n.189 dell’8 Novembre 2012 (Decreto Balduzzi) Unità Complesse di Rappresentano il modello organizzativo e funzionale Cure Primarie (UCCP) delle AFT. Aggregazioni strutturali multi professionali (ex Case della Salute) con ambiti intradistrettuali in cui operano MMG (≥ 20), medici specialisti ambulatoriali, infermieri e alcuni specialisti. Viene erogata assistenza sanitaria di base, continuità terapeutica e diagnostica di primo livello. Bacino d’utenza: < 30.000 abitanti Aggregazioni funzionali territoriali (AFT)

Tabella 8.

Sono aggregazioni funzionali obbligatorie mono-professionali di MMG in numero non inferiore a 20 con un bacino d’utenza non > 30.000 che condividono in forma strutturata obiettivi e percorsi assistenziali garantendo la continuità assistenziale. Ogni AFT ha un coordinatore che rappresenta i medici nei rapporti con l’ospedale di riferimento, con il Distretto e con l’Azienda.

Elementi essenziali per una sanità efficiente e premiante Attivazione Day Service multidisciplinare (DSMa) delle acuzie: gestione del paziente acuto che non necessita di ricovero ospedaliero (“linea diretta” con il Pronto Soccorso Medico) Attivazione Day service multidisciplinare (DSMc) della cronicità: gestione del paziente cronico complesso (prevenzione riacutizzazione, gestione riacutizzazione, attivazione servizi territoriali, educazione terapeutica) e elemento di congiunzione tra Ospedale e Territorio (gestione casi segnalati sia dall’Ospedale sia direttamente dagli ambiti Territoriali) Creazione di percorsi diagnostici-terapeutici-assistenziali (PDTA) multidisciplinari e multidimensionali condivisi tra Ospedale e Territorio per tutte le più frequenti patologie acute e croniche e per le più comuni problematiche sociali. Tali percorsi debbono poter essere attivati in ogni ambito assistenziale 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Il medico ospedaliero in una logica di intensità di cura, sia esso internista o specialista deve -spendere” parte del proprio tempo in collaborazione con i Servizi Territoriale come elemento determinante per la realizzazione della continuità assistenziale. Utilizzo di indicatori come il Mortality/Morbidity e l’audit clinico in meeting interdisciplinari per aree di malattia in percorsi intra ed extraospedalieri

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Bibliografia 1) R. Nardi, D. Borioni, F. Berti, A. Greco, G. Scanelli, P. Leandri, M. Reta, M. Mazzetti, A. Pasquale, G. Belmonte, M. Magnani, S. Frasson, C. Baldo,G. Gussoni, G. Vescovo, M. La Regina, M. Campanini, I. Iori, G. Mathieu, A. Mazzone, C. Nozzoli, A. Fontanella. La complessità dei pazienti ricoverati nei reparti ospedalieri di Medicina Interna: di che cosa stiamo parlando? Quaderni Italian Journal of Medicine 2014 volume 2. 2) Cartabellotta. Clinical governance: ultima spiaggia per salvare la sanità pubblica? Quaderni Italian Journal of Medicine 2014 volume 2. 3) Roberto Nardi, Vincenzo Arienti, Carlo Nozzoli, Antonino Mazzone. Organizzazione dell’ospedale per intensita` di cure: gli errori da evitare. Italian Journal of Medicine (2012) 6, 1—13 4) Kwok AC, Semel ME, Lipsitz SR, et al. The intensity and variation of surgical care at the end of life: a retrospective cohort study. Lancet. 2011;378 (9800):1408-1413. 5) Kyle H. Sheetz, MD, MS; Justin B. Dimick, MD, MPH; Amir A. Ghaferi, MD, MS The Association Between Hospital Care Intensity and Surgical Outcomes in Medicare Patients. JAMA Surgery December 2014 Volume 149, Number 12 6) Braithwaite J, Westbrook MT, Hindle T, Iedema RA, Black DA. Does restructuring hospitals result in greater efficiency? - an empirical test using diachronic data. Health Serv Manage Res 2006;19:1-12. 7) Future hospital: Caring for medical patients. A report from the Future Hospital Commission to the Royal College of Physicians. September 2013 8) Volpato S, Bazzano S, Fontana A, Ferrucci L, Pilotto A . Multidimensional Prognostic Index Predicts Mortality and Length of Stay During Hospitalization in the Older Patients: A Multicenter Prospective Study; on behalf of the MPI-TriVeneto Study Group. J Gerontol A Biol Sci Med Sci. 2014 Sep 9.

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Pronto Soccorso

Il fenomeno degli “appoggi”: un rischio per medici e pazienti

Dal 2000 al 2013 si è avuta una contrazione dei posti letto del 24%

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Lo scenario che si prospetta ormai quotidianamente nei nostri Ospedali, sempre meno correlato alla stagionalità delle patologie influenzali, fotografa una situazione dei Pronto Soccorso e delle degenze ospedaliere ormai al collasso. Se nei Pronto Soccorso i pazienti aspettano ore per essere visitati, una volta ottenuto il posto letto possono aspettare anche giorni prima di “approdare” nel reparto di appartenenza acquistando l’etichetta di malati “in appoggio” o malati “fuori reparto”. Un fenomeno presente da almeno trent’anni, ma se associato al dato sulla contrazione del 24% dei posti letto (dal 2000 al 2013 circa 71.233) è facilmente intuibile come si arrivi a tassi di occupazione sopra il 100% con veri e propri reparti duplicati in altri a isopersonale e al conseguente turn-over “forzato”, con la contraddizione che la degenza media diventa uno dei parametri di performance sui quali valutare il dirigente medico. Insomma un cane che si morde la coda. Malati medici si ritrovano ricoverati nelle degenze chirurgiche e viceversa, soggetti con elevati bisogni sono inseriti in un sistema a bassa offerta e soggetti con modesti bisogni sono inseriti in un sistema ad alta offerta in quanto l’allocazione dei pazienti non dipende più dalla loro patologia o condizione clinica, ma è conseguente alla necessità di trovare un posto letto con l’unico risultato evidente di “stressare” il sistema.

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Il malato “in appoggio” rischia di diventare un malato della “terra di mezzo”: giuridicamente appartiene ad un medico che non è fisicamente sempre presente e prontamente rintracciabile, assistenzialmente appartiene a degli infermieri che non sempre per tipologia e complessità di assistenza sono in grado di gestirlo. Il medico degli “appoggi” si trova a dover gestire un carico di pazienti aggiuntivo oltre a quelli “tabellari” e il paziente “in appoggio” rischia di essere vittima del sistema di cura anziché centro del sistema di cura. Tutto ciò si traduce in un sovraccarico di ansia e stress sia per il medico che percepisce un chiaro peggioramento delle condizioni lavorative sia da parte del paziente che oltre ad una fram-

paola gnerre Direttivo Nazionale Settore Anaao Giovani

domenico montemurro Responsabile Nazionale Settore Anaao Giovani

mentazione della cura rischia di percepirsi come un “pacco”. Oltre a questi evidenti disagi, gli “appoggi” hanno notevoli ripercussioni anche nell’ambito del rischio clinico. La sicurezza dei pazienti è uno dei punti critici e pertanto uno degli obiettivi prioritari per tutti i sistemi sanitari e rappresenta uno degli elementi centrali per la promozione e la realizzazione delle politiche di governo clinico. Con “rischio clinico” si definisce la possibilità che un paziente subisca un “danno o disagio involontario, imputabile, alle cure sanitarie, che causa un prolungamento del periodo di degenza, un peggioramento delle condizioni di salute o la morte”. Intimamente correlato al concetto di rischio clinico è quindi la definizione di errore. Per errore si intende un fallimento nella pianificazione e/o nell’esecuzione di una sequenza di azioni che determina il mancato raggiungimento, non attribuibile al caso, dell’obiettivo desiderato. In sanità l’errore può comportare l’insorgenza di un evento avverso ossia di un evento inatteso correlato al processo assistenziale e che comporta un danno al paziente, non intenzionale e indesiderabile. Un evento avverso attribuibile ad errore è “un evento avverso prevenibile”. L’incidenza di eventi avversi prevedibili in letteratura è estremamente alta aggirandosi intorno al 50%. Questo vuol dire che ogni due errori uno è prevedibile. Nell’attuale situazione il paziente in “appoggio” rappresenta di per sé una condizione di alto rischio clinico inteso sia come condizione o evento potenziale sia come causa di errore attivo o di errore latente. La somministrazione di un farmaco sbagliato commesso da un operatore che ha poca dimestichezza con la tipologia del paziente da lui in “appoggio” rappresenta un errore attivo, ma è anche un errore latente in quanto conseguente ad un’insufficienza organizzativa-gestionale del sistema, che attraverso il fenomeno degli “appoggi” ha creato le condizioni favorevoli al verificarsi dell’errore. E come sostenuto da molti la maggior parte degli errori è dovuta a carenze del sistema e non a negligenza dei singoli. La problematica dei malati in “appoggio” urge quindi una rapida risoluzione attraverso una “valorizzazione del capitale umano” con una politica di assunzioni e riorganizzazioni non improvvisate. Oggi non è più tollerabile accettare un’allocazione dei pazienti non dettata dai bisogni assistenziali ma dalla carenza del sistema. numero 1 - 2015


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L’uso delle radiazioni ionizzanti in medicina

Il ruolo sempre più rilevante del fisico medico

luisa begnozzi Presidente Aifm (Associazione Italiana di Fisica Medica) Settore Dirigenza Sanitaria Anaao Assomed

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La tecnologia in medicina che fa uso di radiazioni ionizzanti ha subito un’evoluzione straordinaria come: gli acceleratori lineari per la cura dei tumori che modulano e concentrano il fascio di terapia sul bersaglio in modo più preciso e mirato, i sistemi angiografici digitali, le TC multi banco dotate di algoritmi ricostruttivi delle immagini con la riduzione della dose al paziente, le macchine ibride Tc/Pet che all’accurata ricostruzione morfologica degli organi e tessuti uniscono informazioni sulla funzionalità degli stessi e i nuovi radio-farmaci che sono impiegati nella diagnosi medico nucleare e terapia molecolare, che richiedono l’impiego personalizzato al paziente. È necessaria una stretta collaborazione e complementarietà di figure professionali differenti pertanto alle competenze e responsabilità cliniche degli specialisti dell’area radiologica è associato il ruolo dello specialista in fisica medica (fisico medico). Gli interventi del fisico medico sono al fine della radioprotezione del paziente, normata nel nostro Paese dal D. Lgs. 187/00, in fase di revisione attraverso il recepimento della Direttiva Euratom del Consiglio del 5 dicembre 2013 n. 59/2013 che ogni stato membro ha l’obbligo di recepire entro il 6 febbraio 2018 (1). La nuova Direttiva Euratom 59/2013 dedica un intero Capo, il VII, alle applicazioni mediche delle radiazioni ionizzanti e l’art. 83 recita quali siano le attribuzione del fisico specialista in fisica medica: 1. Gli Stati membri richiedono allo specialista in fisica medica di intervenire o fornire consulenza specialistica, in funzione delle esigenze, su questioni riguardanti la fisica delle radiazioni per attuare le prescrizioni di cui al Capo VII (...) 2. Gli Stati membri provvedono affinché lo specialista in fisica medica, a seconda della pratica medico-radiologica, sia responsabile della do-

simetria, incluse le misurazioni fisiche per la valutazione della dose somministrata al paziente e ad altre persone soggette all'esposizione medica, fornisca pareri sulle attrezzature medico-radiologiche e contribuisca in particolare a: a) ottimizzare la protezione dalle radiazioni di pazienti e di altri individui sottoposti a esposizioni mediche, ivi compresi l'applicazione e l'impiego di livelli diagnostici di riferimento; b) definire e mettere in atto la garanzia della qualità delle attrezzature medico-radiologiche; c) effettuare prove di accettazione di attrezzature medico-radiologiche; d) redigere le specifiche tecniche per le attrezzature medico- radiologiche e la progettazione degli impianti; e) effettuare la sorveglianza degli impianti medico-radiologici; f) analizzare eventi implicanti o potenzialmente implicanti esposizioni mediche accidentali o involontarie. La responsabilità della dosimetria, elemento cardine di ogni processo di ottimizzazione in radioprotezione, attribuisce al fisico specialista in fisica medica il ruolo di “dose manager” gestore della dose. Una novità prevista dalla direttiva europea 59/2013 riguarda l’obbligo che l'informazione relativa all'esposizione del paziente faccia parte del referto della procedura medico-ra-

diologica; e la registrazione di tale dato, correlato alla dose, non può prescindere da una sua verifica, taratura e certificazione da parte del fisico medico che, per tale attività, dovrà fare uso di sistemi automatici di registrazione. Nel processo di ottimizzazione ricade anche la scelta delle attrezzature e lo specialista in fisica medica come detto al punto d) del comma 2 dell’art. 83, deve contribuire con la propria competenza partecipando ai processi multidisciplinari di Health Technology Assessment (Hta) finalizzati a valutare in modo trasparente ed oggettivo le implicazioni mediche, sociali, etiche ed economiche dello sviluppo, della diffusione e dell’uso delle tecnologie in campo sanitario, per fornire a tutti i livelli decisionali della politica sanitaria uno strumento per le scelte, con particolare riferimento all’alta tecnologia, ai suoi sviluppi e all’innovazione. Alta tecnologia che costituisce lo strumento di lavoro quotidiano del fisico medico. Detto quanto c’è di meglio definito e nuovo per la figura dello specialista in fisica medica che è ben delineata dalla direttiva europea 59/2013 occorre porre in evidenza quanto tutto questo non vada a detrimento del ruolo del medico specialista dell’area radiologica e della sua responsabilità clinica. È importante avere chiaro quanto la radioprotezione del paziente debba essere il risultato del concorso di tutti gli attori coinvolti nel rispetto di ruoli e competenze.

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tutela lavoro

Avv. Vincenzo Bottino, consulente legale Anaao Assomed

I permessi mensili della legge 104

1- Per assenza del coniuge o dei genitori devono intendersi le situazioni di: celibato, stato di figlio naturale non riconosciuto, divorzio, separazione legale, abbandono (Circ. Dip. Funzione Pubblica n. 13/2010)

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La vigente disciplina in materia di assistenza, integrazione sociale e diritti delle persone disabili, contenuta nella Legge 5 febbraio 1992, n. 104, riconosce una serie di agevolazioni sul piano lavorativo in favore sia dei soggetti affetti da patologie invalidanti di natura grave che dei lavoratori dipendenti (genitori, coniuge, familiari e parenti) i quali prestano loro assistenza. La normativa in questione, pienamente applicabile alla dirigenza sanitaria, ha subito importanti modifiche da parte della Legge 4 novembre 2010, n. 183 (c.d. collegato lavoro), che ha parzialmente innovato il regime dei permessi mensili, ridefinendo la platea dei beneficiari. Nel dettaglio, la novella del 2010 ha ristretto la categoria di familiari che possono accedere al beneficio dei permessi risolvendo, al contempo, alcune questioni interpretative sorte nel vigore della precedente normativa e uniformandosi alla giurisprudenza della Corte Costituzionale. Pertanto, l’attuale formulazione dell’art. 33, comma 3, L. n. 104/1992 così come modificato dall’art. 24 della l. n. 183/2010, stabilisce che - a condizione che la persona con handicap grave da assistere non sia ricoverata a tempo pieno - possono godere di tre giorni di permesso mensile retribuiti, frazionati o continuativi, e coperti da contribuzione figurativa, il lavoratore dipendente che sia: a) genitore (naturale, adottivo o affidatario) b) coniuge; c) parente o affine entro il secondo grado (figli, fratelli, sorelle, nipoti in quanto figli dei figli, suocero/a, nuora, genero, i cognati). La norma, inoltre, prevede la possibilità di estendere la titolarità dei permessi anche ai parenti ed affini di terzo grado (bisnonni, zii, nipoti in quanto figli di fratelli e/o sorelle, pronipoti in linea

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retta; zii acquisiti e nipoti acquisiti), purché ricorrano le seguenti condizioni: a) quando i genitori o il coniuge della persona con handicap grave siano deceduti o mancanti1; b) quando i genitori o il coniuge del disabile abbiano compiuto i 65 anni oppure siano affetti da patologie invalidanti. Tra le novità della Legge 183/2010 si segnala la mancata menzione del requisito dell’assistenza continuativa richiesta, nel previgente regime normativo, qualora il lavoratore non fosse stato convivente con la persona disabile. Pertanto, allo stato attuale la norma non richiede, ai fini del beneficio, né la convivenza con il soggetto disabile, né la continuità o quotidianità dell’assistenza, purché quest’ultima presenti comunque i caratteri della sistematicità ed adeguatezza rispetto alle concrete esigenze del disabile. Resta però confermato il principio di esclusività dell’assistenza, secondo cui il diritto ai permessi mensili non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità, (art. 33, comma 3), con l’eccezione dei genitori di minori disabili che possono fruire dei permessi alternativamente tra loro, ma sempre nel limite dei tre giorni. Di contro, è previsto il diritto del di-

pendente a prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap grave abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (art. 33, comma 3). In questo caso, i permessi mensili si cumulano in capo allo stesso soggetto. La richiesta di permesso da parte del lavoratore non deve essere motivata, né tantomeno è necessario fornire la prova documentale dell’avvenuta assistenza del soggetto disabile durante la giornata di permesso. Invero, l’unico adempimento richiesto dalla legge riguarda l’ipotesi in cui la persona disabile in situazione di gravità cui si presta assistenza, risieda in un comune situato a distanza stradale superiore a 150 chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore che beneficia dei permessi. In tal caso, è previsto l’obbligo di attestare con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito (v. art. 33, comma 3-bis, L. n. 104/1992).

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Pronto, avvocato? Risponde l’ufficio legale Anaao Assomed

riposo giornaliero del dirigente. Difatti, l’articolazione dei turni di servizio nell’ambito di un’unità operativa deve garantire al dirigente medico il godimento di almeno 11 ore di riposo continuativo nell’arco delle 24 ore (Dir. 88/2003/CE). Qualora ciò non fosse possibile, a causa della chiamata dalla reperibilità, al dirigente dovrebbe comunque essere accordato un adeguato periodo di riposo continuativo immediatamente dopo la fine del turno. Sul punto si segnala che è stato demandato alla contrattazione integrativa aziendale il compito di prevedere, dopo l’effettuazione del servizio di guardia notturna o della turnazione notturna, la fruizione immediata, in ambito diurno, di un adeguato periodo di riposo obbligatorio e continuativo, in misura tale da garantire l’effettiva interruzione tra la fine della prestazione lavorativa e l’inizio di quella successiva (v. art. 7, comma 2, Ccnl 17 ottobre 2008). Per “riposo adeguato” la legge intende “il fatto che i lavoratori dispongano di periodi di riposo regolari, la cui durata è espressa in unità di tempo, e sufficientemente lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza della fatica o di altri fattori che perturbano la organizzazione del lavoro, causino lesioni a se stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a lungo termine” (cfr. art. 1, d.lgs. n. 66 del 2003).

Vorrei capire a proposito dei riposi settimanali se è possibile alla fine del turno di lavoro entrare immediatamente in reperibilità. Esempio turno di lavoro 814, reperibilità 14-20 ovvero Turno di lavoro 14.00-20.00 e reperibilità 20.0008.00

La giurisprudenza della Cassazione non riconosce alla c.d. reperibilità passività (turno senza chiamata) natura di orario di lavoro, e come tale, la considera di per sé “non penalizzante” ai fini del godimento del riposo settimanale. Viceversa, l’attività lavorativa svolta a seguito di chiamata è contrattualmente qualificata come lavoro straordinario (art. 28, Ccnl 10.2.2004) e, quindi, deve essere compensata con le maggiorazioni economiche oppure, a richiesta del medico, con riposi sostitutivi da fruirsi entro il mese successivo. Ciò premesso va comunque considerato che il servizio di pronta disponibilità se preceduto o seguito da un normale turno di servizio (di guardia o istituzionale) rischia, in alcuni casi, di comprimere eccessivamente il diritto al

Sono Dirigente Medico Ospedaliero di ruolo, a tempo indeterminato, con anzianità 11 anni. In caso di richiesta di aspettativa con conservazione del posto per Incarico presso altra Azienda Ospedaliera di altra Regione, fino a quanto può durare il periodo di aspettativa?

L’aspettativa concessa per lo svolgimento di un incarico a termine presso altra amministrazione, ai sensi dell’art. 10, comma 8, lett. b, Ccnl 10.2.2004, non ha un preciso limite temporale, essedo la stessa concessa “a domanda… per tutta la durata del contratto di lavoro a termine (da intendersi comprensiva dell’eventuale proroga del contratto inziale, ndr) se assunto presso la stessa o altra azienda o ente del com-

parto… con rapporto di lavoro ed incarico a tempo determinato”. Inoltre, si fa presente, che al personale con qualifica dirigenziale (come appunto i dirigenti medici) non è applicabile il limite di durata triennale del rapporto di lavoro a termine previsto per la generalità dei lavoratori dipendenti dal D.lgs 368/2001, bensì un più generale limite di cinque anni.

In materia di “scorrimento di graduatoria” per incarico a tempo indeterminato per ruolo di dirigente medico, la graduatoria vigente, peraltro valida per più aziende sanitarie, prevede che lo stesso candidato in posizione utile possa essere chiamato più volte da aziende diverse, dopo mancata accettazione o è previsto lo scorrimento esclusivamente verticale?

Ciascuna amministrazione può procedere allo scorrimento di una graduatoria concorsuale vigente, invitando all’assunzione gli idonei utilmente collocati. In caso di rinuncia di un titolare, l’amministrazione dovrà procederà allo scorrimento dei nominativi fino al completo esaurimento degli idonei. Il soggetto che ha rinunciato all’assunzione non può più essere chiamato dalla stessa azienda e con la medesima graduatoria, mentre può accettare la no-

mina da parte di altre amministrazioni che utilizzano la stessa graduatoria, non essendo previsti specifici divieti dalla normativa nazionale. Eventuali limitazioni o cause di esclusione potrebbero essere previste tuttavia dalla normativa regionale e dal bando di concorso, cui occorre far riferimento.

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giurisprudenza Tar Friuli L’indagine radiologica deve essere qualificata come atto medico di esclusiva competenza dello specialista medico radiologo

La Corte di Cassazione assolve il medico per mancata annotazione della Tac in cartella clinica Nel caso di omessa annotazione in cartella clinica della Tac, dei suoi esiti e delle scelte terapeutiche adottate, nel pronunciare la sentenza di assoluzione del medico di guardia imputato (n. 5635/2015), i giudici di merito hanno concentrato la loro attenzione non sul profilo oggettivo del reato, ma su quello psicologico, traendo da una serie di indici fattuali (quali la non occultabile richiesta telematica dell'esame disposto e la comunicazione del suo esito alle infermiere), la conclusione, che le omissioni contestate non potevano essere ricondotte ad una scelta volontaria e consapevole. In particolare, la Corte ha rilevato che, se anche il medico, una volta esaminati gli esiti della Tac, avesse scientemente deciso di non riportarli in cartella clinica, per mascherare una negligente condotta terapeutica, non ne avrebbe parlato con il personale infermieristico.

Cassazione Se l’ospedale non è ben attrezzato e organizzato, il medico non risponde per la morte del paziente La Corte di Cassazione penale torna sulla “responsabilità dei medici” e lo fa con una sentenza che punta il dito sugli ospedali ovvero sulle carenze di struttura e sull’organizzazione interna degli stessi. Se l’ospedale è disorganizzato e non è fornito di tutte le strumentazioni diagnostiche necessarie, il medico non risponderà per la morte del paziente. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 46336 del 10 novembre scorso, esonerando il medico da qualsiasi responsabilità per la morte del paziente nel caso venga accertato che, comunque, non sarebbe stato possibile un intervento tempestivo a causa della carenza, nella struttura ospedaliera, di apparecchiature adeguate e la mancanza di una valida organizzazione interna. 16

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L’indagine radiologica deve essere qualificata come atto medico di esclusiva competenza dello specialista medico radiologo, cui va, pertanto, demandata la valutazione dell’esame in concreto sia per giustificare l’effettuazione dello stesso sia per valutarne l’utilità diagnostica. Tale “riserva” di competenza a favore del medico radiologo trova conforto non solo nelle disposizioni normative invocate dai ricorrenti medesimi, che pongono a carico di tale specialista la responsabilità clinica e radioprotezionistica dell’esame fatte salve la (limitata) possibilità di svolgere attività radiodiagnostiche complementari da parte del medico chirurgo specialista o dell'odontoiatria per lo svolgimento di specifici interventi di carattere strumentale propri della disciplina, purché contestuali, integrate e indilazionabili, rispetto all’espletamento della procedura specialistica e la delegabilità dei (soli) aspetti pratici per l’esecuzione della procedura o di parte di essa al tecnico sanitario di radiologia medica o all’infermiere o all’infermiere pediatrico, nell’ambito delle rispettive competenze professionali, ma anche soprattutto nelle disposizioni di cui all’art. 3, comma 4, e 5, comma 1, del medesimo decreto (sentenza n. 93/2015).

Cassazione C’è mobbing in caso di alto tasso di prevaricazione Per configurare il mobbing lavorativo, devono ravvisarsi da parte del datore di lavoro comportamenti, anche protratti nel tempo, rivelatori, in modo inequivoco, di un’esplicita volontà di quest'ultimo di emarginazione del dipendente, occorrendo pertanto dedurre e provare la ricorrenza di una pluralità di condotte, anche di diversa natura, tutte dirette all'espulsione dal contesto lavorativo, o comunque connotate da un alto tasso di vessatorietà e prevaricazione, nonché sorrette da un intento persecutorio e tra loro intrinsecamente collegate dall'unico fine intenzionale di isolare il dipendente (sentenza n. 1258/2015).

Il Tar Umbria boccia il “super-ticket” del 20% sulle prestazioni in intramoenia “L’introduzione di un “ticket” su ogni singola prestazione resa in libera professione intramoenia, pari al 20% rispetto al valore tariffario, assume carattere direttamente lesivo per la generalità degli utenti del Ssn, i quali, indistintamente, si trovano a dover sostenere una duplicazione dei relativi costi già integralmente sopportati”. Così, la sentenza del Tar dell’Umbria n. 19 del 15 /2015 che, accogliendo il ricorso, ha di fatto annullato la normativa regionale che aveva introdotto un ticket del 20% sulle visite effettuate in regime di intramoenia. numero 1 - 2015


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