Il gioco

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GIOCO

4. LA VALENZA DEL GIOCO p.3

5. GAME

DESIGN p.21

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4.1 IL GIOCO 4.2 UN PO’ DI STORIA 4.3 IL GIOCO COME STRUMENTO

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4. LA VALENZA DEL GIOCO

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4.1

IL GIOCO C

on gioco si intente qualsiasi attività liberamente scelta cui si dedichino, singolarmente o in gruppo, bambini o adulti senza altri fini immediati che la ricreazione e lo svago, sviluppando ed esercitando nello stesso tempo capacità fisiche, manuali e intellettive. Nell’immaginario collettivo si pensa al gioco con una concezione prettamente ludica. Il gioco serve per sconfiggere la noia, per passare del tempo, soli o in compagnia, possiede una funzione ricreativa e il più delle volte ha uno scopo, un obiettivo, che il o i giocatori possono cercare di raggiungere, sottostando sempre ad un regolamento più o meno complesso. E’ proprio il verbo potere appena utilizzato che richiede un certo approfondimento.

Fig.49 / Il gioco del nascondino.

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La non obbligatorietà nel giocare e la totale assenza di secondi fini, espliciti o celati, è ciò che dà al gioco le sue caratteristiche di unicità e immedia-


tezza senza uscire dal suo guscio che lo porterebbe ad inglobare connotazioni e attributi che gli farebbero perdere le caratteristiche di oggetto di puro svago.

Fig.50 / Trottola antica.

“ Si può dunque chiamare il gioco un’a-

zione libera: conscia di non essere presa “sul serio” e situata al di fuori della vita consueta, che nondimeno può impossessarsi totalmente del giocatore; azione a cui in sé non è congiunto alcun interesse materiale, da cui non proviene vantaggio, che si compie entro un tempo e uno spazio definiti di proposito, che si svolge con ordine secondo date regole, e suscita rapporti sociali che facilmente si circondano di mistero o accentuano mediante travestimento la loro diversità dal mondo solito.

( Johan Huizinga, Homo ludens) Il gioco è l’azione più immediata e

L’uomo è pienamenta tale solo quando gioca.

Friedrich Schiller

semplice tramite la quale l’uomo libera la propria mente e scarica la propria emotività. Il gioco possiede caratteristiche quali l’armonia, il ritmo, la strategia e la competizione, rilassa la mente e, qualità fondamentale, diverte con-

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trapponendosi alla serietà; è simbolo di una combinazione tra fortuna e abilità con lo scopo ultimo di riuscire a trarre un profitto più o meno concreto. Il primo a parlare di gioco in modo sistematico ed organico fu lo storico olandese Johan Huizinga nel suo saggio del 1939 “Homo Ludens”, pubblicato in Italia nel 1946. La sua tesi assolutamente innovativa sostiene che la civiltà umana sorge e si sviluppa nel gioco e come gioco. Il concetto di gioco viene integrato a quello di cultura (“Da molto tempo sono sempre più saldamente convinto che la civiltà umana sorge e si sviluppa nel gioco, come gioco”). Innovativa perché, rispetto al passato, il gioco è considerato fenomeno culturale e non funzione biologica. Il gioco in sé è più di mera attività biologica, contiene un senso, il piacere del gioco va oltre ogni tentativo di darne logica giustificazione. Il gioco è categoria primaria, non si lega a nessun particolare grado di civiltà o concezione di vita, è presente da sempre in qualsiasi società. Non si gioca ovunque nello stesso modo, le varie civiltà esprimono modi di giocare differenti legati alle loro caratteristiche ma ovunque si gioca e si è da sempre giocato. Un altro importantissimo contribu-

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Fig.51 / Johan Huizinga 1872-1945.


to all’argomento gioco ci viene da Roger Caillois, sociologo e critico letterario francese, con il saggio “I giochi e gli uomini – la maschera e la vertigine” del 1958. In questo scritto ha classificato (per primo ed in maniera sistematica) i giochi in 4 categorie principali, definite pulsioni primarie. I vocaboli usati per definirle sono presi da lingue diverse, proprio per non caratterizzare il gioco con parole di una specifica cultura. I giochi, secondo Caillois, agiscono fra due poli opposti:

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la paidia che identifica turbolenza, divertimento, libera improvvisazione, fantasia incontrollata;

sono: AGON, ALEA, MIMICRY E ILINX (= competizione, caso, mimetismo, vertigine) che vedremo meglio nel capitolo successivo.

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il ludus che identifica regola, convenzioni arbitrarie e imperative, sforzo, tenacia, abilità, sagacia. Inlusia, vale a dire entrata in gioco, ha la sua origine in ludus, inteso come gioco disciplinato da regole, dove l’obiettivo è vincere dimostrando di essere il migliore. E’ piacere di porsi dei limiti da superare, rispettando regole imposte arbitrariamente e volontariamente.

Caillois definì l’attività ludica come: • libera: il giocatore non può essere obbligato a partecipare; • separata: entro limiti di spazio e di tempo; • incerta: lo svolgimento e il risultato non possono essere decisi a priori; • improduttiva: non crea né beni, né ricchezze, né altri elementi di novità; • regolata: con regole che sospendono le leggi ordinarie; • fittizia: consapevole della sua irrealtà.

Le quattro categorie fondamentali

Ogni gioco è anzitutto e soprattutto

Fig.52 / Roger Callois, 1913-1978.

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un atto libero. Il gioco comandato non è più gioco. Non è imposto da una necessità fisica, e tanto meno da un dovere morale. Non è un compito, si fa nell’ozio, nel momento del loisir dopo il lavoro. Solo in un secondo momento, facendosi il gioco funzione culturale, i concetti di dovere, compito e impegno vi si congiungono. Gioco non è la vita ordinaria o vera. È un allontanarsi da quella per entrare in una sfera temporanea di attività con finalità tutta propria. Sono dei mondi provvisori entro il mondo ordinario, destinati a compiere un’azione conclusa in sé. Tra le qualifiche applicabili al gioco nominiamo quella di tensione. Quest’elemento di ansiosa aspettativa occupa anzi un posto assai particolare e importante. Tensione significa sospensione, incertezza, possibilità di una buona o di una cattiva riuscita. Infatti con quella tensione è messa alla prova la forza del giocatore: il suo vigore fisico, la sua perseveranza, la sua ingegnosità, il suo coraggio, la sua resistenza, e contemporaneamente anche la sua forza morale, perché nonostante l’ansioso desiderio di vincere egli si deve mantenere entro i limiti del lecito prescritto dal gioco. Ogni gioco ha le sue regole. Esse

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determinano ciò che varrà dentro quel mondo temporaneo delimitato dal gioco stesso. Le regole del gioco sono assolutamente obbligatorie e inconfutabili. Non appena si trasgrediscono le regole il mondo del gioco crolla. Lo stato eccettuativo e particolare del gioco si manifesta con grande evidenza nella misteriosità di cui si circonda volentieri. Già i bambini piccoli accrescono il fascino del loro gioco facendone un “segreto”. Entro l’ambito del gioco non valgono le leggi e le usanze della vita consueta. Ora siamo e facciamo “diversamente”. Qualsiasi gioco è riconducibile a specifici elementi definiti elementi strutturali. La loro diversa combinazione determina la struttura complessiva del gioco. La scienza dell’azione motoria li ha identificati e codificati: I RUOLI: nei giochi con regole, normalmente, il giocatore ha un ruolo determinato con due riferimenti specifici che sono l’interazione con gli altri ed il rapporto con lo spazio ed il tempo. Talvolta è possibile l’inversione nei ruoli (capacità di mettersi nei panni dell’altro). LO SPAZIO: si può giocare in spazi che sollecitano o inibiscono le relazioni. Stare in cerchio, di fronte

Il contrario del gioco non è ciò che è serio, bensì ciò che è reale. Sigmund Freud, Il poeta e la fantasia, 1907


o sparsi non ha gli stessi effetti (è chiamata prossemica la disciplina che studia gli effetti dello spazio sul comportamento umano). IL TEMPO: in alcuni giochi si termina quando l’ultimo giocatore di turno ha finito la sua mossa. E’ un tempo codificato ma elastico. In altri invece è predeterminato e si termina appunto a tempo scaduto. Queste differenze influenzano i giocatori ed il modo di giocare, le aspettative e le strategie saranno diverse. Può prevalere in alternativa l’aggressività, la competizione, la riflessione, la cooperazione. I PUNTEGGI: la diversa articolazione nel calcolo dei punti può determinare modalità d’approccio differenti, cambiando, di fatto, la logica interna del gioco. IL RAPPORTO CON GLI OGGETTI: molti studiosi ritengono fondamentale il ruolo degli oggetti nella crescita del bambino. Non sono solo i giocattoli, preposti al gioco, ma anche oggetti quotidiani. Gli oggetti consentono la sperimentazione ed una vastissima articolazione combinatoria. LE RELAZIONI: queste comunicazioni motorie sono di due tipi, di collaborazione o d’opposizione. E’ immediato capire che uno degli scopi del giocare è vincere, ma non

sempre (giochi cooperativi e di alleanze). Nei bambini questi approcci hanno un’enorme valenza formativa. Il gioco è sicuramente l’espressione più autentica e spontanea dell’infanzia, i bambini possiedono l’istinto del gioco e con esso trovano il sorriso e la spensieratezza scordandosi dei piccoli malumori quotidiani, l’attività ludica non prevede in nessun modo differenze sociali o fisiche o di razza, durante le fasi di gioco si è solo partecipanti o concorrenti, nient’altro. Esiste, poi, nel gioco un intimo desiderio di “piacere” e di “godimento”, la soddisfazione di riuscire a vincere gli ostacoli arrivando a trasformare sensazioni ordinarie in sensazioni piacevoli e gratificanti. Anche gli sforzi diventano piacevoli e superabili come l’andare dietro ad un cerchio o l’inseguire una palla o il rincorrersi in lungo e in largo. Il gioco è un bisogno vitale dell’infanzia, ma non solo. Sono gli adulti che portano avanti questa cultura prima ancora dei bambini, giocare, quindi, non è solamente una prerogativa di bambini e adolescenti, ma riguarda anche gli adulti. Il bambino che è dentro ognuno di noi sa che è fondamentale nella vita ritagliarsi dei momenti di svago, ampi o brevi che siano.

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4.2

UN PO’ DI STORIA I

l gioco ha origine nel mondo antico, gli scavi archeologici hanno permesso di portare alla luce reperti della civiltà greca, romana, egizia, che hanno mostrato come i giocattoli delle ere passate non si discostavano molto dai giochi che si utilizzano oggi giorno, sia nella forma sia nel contenuto. In tutte le civiltà antiche ricorrono costantemente alcune tipologie di giocattoli: dagli animali da trainare, ritrovati in grandissima quantità nelle tombe dei bambini, ai simboli della tenera età come sonagli, trottole, yo - yo, i cerchi, le marionette etc. I bambini nell’antichità potevano divertirsi con l’altalena, saltavano la corda, giocavano al tiro della fune e facevano volare gli aquiloni.

Fig.53 / Antico gioco dell’oca.

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L’attività ludica dei bambini greci si esprimeva all’interno della famiglia, le bambine giocavano con le bambole, i maschietti con la palla, con il


cerchio, con l’arco e si cimentavano nella corsa e nella lotta, praticavano il tiro alla fune, l’altalena e la trottola che chiamavano “strombos”.

Fig.54 / Cratere a campana del Pittore di Berlino, V sec. a. C. Parigi, Louvre.

I Greci, tuttavia, tenevano il gioco ai margini della vita sociale, così come veniva considerato lo stesso bambino fino ai sette anni: marginale e poco importante. Non mancano, comunque, testimonianze di autorevoli personaggi che misero in evidenza la grande importanza della pratica ludica per il bambino in giovanissima età. Lo stesso Platone riteneva che il gioco fosse utilissimo per la formazione dell’infante (Gioco educatore), in special modo quelle attività svolte in gruppo e che privilegiavano il movimento fisico e l’integrazione maschio-femmina; il tutto doveva avvenire, naturalmente, sotto il controllo dei grandi.

Fig.55 / Bambola di Crepereia Thriphaena, 150 - 160 d. C. Roma, Museo Nazionale Romano.

I bambini romani, invece, come ci testimoniano Orazio, Marziale e Cicerone, praticavano molti di quei giochi che, a distanza di oltre duemila anni sono pervenuti a noi. Giocavano, spesso insieme agli adulti, a ‘Par imparar’ (Pari o Dispari) , ‘Caput et navis’ (Testa o croce), al tiro al bersaglio, a mosca cieca, con i birilli, a nascondino, con la corda, con la trottola; amavano far trascinare un carretto da un topo, amavano cavalcare una canna, si cimentavano nel girotondo, nel tiro alla fune e nel gioco della morra (micare digitis).

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Fig.56 / Trottola, Atene, museo nazionale.

causa delle continue invasioni barbariche che affliggevano le terre e le popolazioni allora conosciute. Nonostante ciò la gente si divertiva, eccome. Le giostre erano all’ordine del giorno, i bambini imitavano i saltimbanchi giocando con palline e biglie, le bambine si dilettavano con le loro immancabili bambole costruite con materiali poveri e grezzi e facilmente deperibili. Come nelle precedenti civiltà, tuttavia i giochi erano legati non solo al divertimento, ma anche alle prospettive di vita: i futuri soldati giocavano con i soldatini, alle future madri di famiglia venivano I reperti archeologi ci permettono di affermare che i primi veri e propri giocattoli riproducevano armi ed aratri (a simboleggiare le due attività principali delle primitive popolazioni, cioè la guerra e l’agricoltura), oppure oggetti di uso quotidiano, realizzati in miniatura ed in forme più rudimentali. Anche la bambola può essere ritenuta uno dei primi giocattoli infantili; inizialmente ebbe un valore più complesso di quello esclusivamente ludico, legato, cioè, alla sfera della religiosità primitiva e alla fertilità femminile. L’atto di abbandonarle donandole alla divinità, era sinonimo di abbandono dell’infanzia per iniziare la vita adulta. Facendo un balzo di qualche anno giungiamo all’età medievale, conosciuta da tutti come epoca buia, a

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Fig.57/ Riproduzione di una giostra medievale.

regalati fusi per filare, stoviglie oltre che alle già citate bambole per apprendere il ruolo di mamma. Nel Rinascimento assistiamo al primo vero salto di qualità del giocattolo. Le prime fabbriche di bambole di cui si ha notizia risalgono al XV secolo e avevano sede in Germania, a Norimberga per la precisione, dove si erano riuniti artigiani con la passione per la lavorazione del legno. Cento anni più tardi le prime bambole in legno si iniziavano a vedere anche nei Paesi Bassi, fino ad arrivare in Francia dove la produzione


venne modificata utilizzando gesso e cartapesta. L’importanza del gioco nello sviluppo del bambino era ben nota è molti filosofi, storici e pensatori lo confermavano nelle loro scritture. In questo periodo, precisamente nel ‘500 nasce uno dei giochi più famosi di tutti i tempi: “il giuoco dell’Oca”. Veniva giocato nelle corti italiane dell’epoca e con esso si giocavano pezzi di terreno e ingenti somme di denaro, credendo che fosse in tutto e per tutto il fato a decidere, tramite il semplice lancio dei dadi, l’esito del gioco. Si diffuse anche all’estero e solo ai giorni nostri si è trasformato in uno dei più famosi e popolari giochi per bambini. Nel 1762 Rousseau sottolineava l’importanza dell’aspetto ludico del gioco che offriva gioia e stimoli per l’attività del bambino, ma in generale tutta la pedagogia del ‘700 sosteneva che l’esercizio fisico derivante dal giocare fosse fondamentale per la crescita sana dei bambini. A partire dalla seconda metà del XVIII secolo assistiamo ad un cambiamento sostanziale nel mondo del giocattolo che si sposta verso una produzione sempre più di massa. Con l’avvento della società industriale e con l’arrivo del consumo di massa, quindi con lo sviluppo dell’industria dei giocattoli, anche il modo di divertirsi comincia a cambiare, non

più giochi e giocattoli auto-costruiti con regole auto-elaborate, ma giocattoli prefabbricati, pronti all’uso. La maggiore distribuzione è incentivata dall’utilizzo di diversi canali di vendita tra i quali annotiamo i venditori ambulanti che smerciavano principalmente nei mercati, le nuove botteghe specializzate che oltre ai giochi più comuni vendevano anche i primi giochi di carte, giochi dell’oca e abbecedari. Il settecento però è anche ricordato per i primi veri giochi ingegnosi, frutto delle scoperte scientifiche e tecniche dell’epoca, come la lanterna magica, capace di proiettare immagini sfruttando le leggi dell’ottica e i primi giochi animati che facevano leva su leggi fisiche. E’ del 1701, in Inghilterra, l’invenzione della prima bambola meccanica che aveva la capacità di muoversi ma si dovrà aspettare più di un secolo, il 1823, per le bambole parlanti, e il 1826, per quelle che camminavano e aprivano e chiudevano gli occhi. L’attenzione verso il bambino e la sua crescita in concomitanza con il gioco andava aumentando.

Fig.58 / La lanterna magica.

Nel XIX secolo l’industria del giocattolo visse la sua epoca migliore, specialmente in Germania, Francia e Inghilterra dove venne dato il via alla produzione in serie e iniziarono a vedersi le prime differenziazioni tra i giochi sulla base di ceto sociale, età e sesso dei bambini. Come già citato, vennero costruiti i primi giocattoli

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meccanici e prese quota la produzione di massa, concepita come attività industriale. Gli ultimi anni del 1800 e quelli iniziali del nuovo secolo, periodo segnato da mutamenti storici e sociali significativi, furono gli anni d’oro del giocattolo. Venivano costruiti principalmente giochi che riproducevano le grandi invenzioni dell’epoca:

dal treno alle navi, dalle carrozze alle automobili, alcuni molto sofisticati e in qualche caso azionati a vapore. Da ricordare anche i modellini in latta di animali, giocolieri e acrobati o lavoratori che si muovevano in maniera elementare mostrando il loro lavoro. L’Italia entrò tardi nel mercato della ludica. La prima industria produttri-

Fig.59 / Il dilettevole giuoco dell’oca.

Fig.60 / Il gioco d’azzardo, poker.

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ce di giocattoli in legno sembra essere quella di Asiago del 1885, mentre la prima industria di giocattoli e di bambole è stata la Furga di Canneto sull’Oglio (Mantova) fondata nel 1872 da Luigi Furga Gomini. Passando al recente passato è nei primi anni del secolo scorso che si sviluppano prepotentemente numerose fabbriche specializzate nella


produzione di giocattoli. Si tratta per lo più di aziende tedesche che tra le due guerre raggiungono un alto livello di perfezione ludica, sia dal punto di vista dei materiali utilizzati sia nella scelta dei soggetti da creare. L’arrivo della seconda guerra mondiale, però, che colpì profondamente la Germania segnò profondamente le industrie e fece decrescere a dismisura la produzione di giocat-

toli; alcune fabbriche furono chiuse o dismesse e nei casi più fortunati adibite ad altri scopi, le materie prime si esaurirono e la domanda di giochi diminuì drasticamente. Nella fase di ripresa l’aspetto che si modificò maggiormente fu la tipologia di materiale usato per la produzione, in particolare cellulosa e plastica. Dopodiché è storia dei giorni nostri con i giocattoli che tutti cono-

sciamo, LEGO, Barbie, Play Station, XBox360, Nintendo Wii sono invece i giochi delle generazioni del XXI secolo. I giochi sotto forma di applicazione per iPhone e iPad rappresentano invece il presente ancora più recente e il futuro prossimo.

Fig.61 / Gioco da tavolo moderno, Trivial pursuit.

Fig.62 / L’era moderna: i videogiochi e la wii.

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4.3

IL GIOCO COME STRUMENTO “N

ella storia dell’educazione il gioco è stato in ugual misura associato o opposto alle attività serie (come lo studio o il catechismo), in particolare nella dimensione scolastica come acquisizione delle conoscenze giudicate necessarie all’esercizio di alcune funzioni in seno a un gruppo sociale. Gioco e apprendimento sono due concetti fortemente intrecciati e collegati tra loro: il gioco è, infatti, fonte inesauribile di apprendimento, soprattutto in età infantile. La dimensione ludica però, non appartiene solamente all’età infantile ma anche a quella adulta: ogni adulto dovrebbe, sempre, riservarsi la possibilità di giocare in quanto gli consentirebbe di stimolare la propria fantasia, le proprie emozioni e la propria immaginazione.

Fig.63 / Abaco

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Il gioco come mezzo di insegnamento è stato sviluppato nella pedagogia,


a partire dalle proposte di Rousseau e dei suoi successori Pestalozzi e Froebel. Facendo un passo indietro al mondo greco-romano dove l’attenzione al gioco infantile era più marcata, abbiamo la certezza di un certo legame tra gioco e didattica. Infatti non solo troviamo dolci a forma di lettera che erano usati per insegnare a leggere precocemente ai bambini, ma anche giochi di imitazione e di confronto utilizzati per insegnare le vicende degli antenati; incontriamo esempi di pratiche ludiche adoperate come premio per un lavoro o un successo didattico. Anche le nuove tecnologie hanno dato nuovi impulsi alle potenzialità didattiche del gioco e nuove possibilità di applicazione. Si delineano infatti nuove opportunità grazie, ad esempio, all’entusiasmo dei giovani per i videogiochi informatici e i moduli virtuali interattivi.

Le finalità creative del gioco sono state ampliamente evidenziate dal pensiero di alcuni studiosi come Maria Montessori, Rosa Agazzi e J.Dewey i quali, anche se in maniera differente, hanno sottolineato la grande capacità del bambino di apprendere attraverso il gioco, le esperienze e il “fare” che contribuiscono a svilupparne la creatività. La Montessori con il suo “metodo” ha per esempio proposto una scuola a misura di fanciullo, dove tutto doveva essere maneggiato e spostato liberamente dal bambino, offrendogli in questo modo la possibilità di stimolare la creatività e l’immaginazione. L’Agazzi allo stesso modo, sosteneva che il materiale non dovesse essere preordinato, ma un insieme di “cianfrusaglie” delle quali i bambini si servivano per allestire un “museo” all’interno della scuola, cercando così di favorire lo sviluppo della fantasia e della creatività.

Sottrarre il gioco ai bambini, ma in altro modo ciò vale anche per gli adulti, significa spegnere la fantasia, indebolirne la creatività.

Riccardo Monni

Fig.64 / John Dewey (1859 - 1952).

Dewey ritiene infine che la scuola debba porre l’attenzione su tre interessi fondamentali: • la conversazione e la comunicazione; • l’indagine o la scoperta delle cose; • la fabbricazione o la costruzione delle cose. La creatività viene considerata, dal punto di vista pedagogico, come una cosa che non può essere appresa, ma che può essere stimolata e incoraggiata attraverso l’uso di adeguate metodologie didattiche ludiche e cooperative.

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Il gioco si dimostra dunque una continua occasione di esplorare, sperimentare o vivere una situazione. Come è risaputo, il termine gioco è alquanto inflazionato e indeterminato. Per questo motivo è importante ribadire come al fianco delle dinamiche ludiche esista un altro tipo di gioco legato a doppio filo alla didattica e all’educazione. Le attività ludiformi sono giochi didattici perché il fine che si persegue non è interno a ciò che si fa (o meglio non solo interno e non si conclude con il gioco. La didattica ludica sembra essere la più appropriata per costruire e rinforzare le capacità di transfert di una conoscenza o di una competenza e questo per tre ragioni: • perché il gioco rappresenta uno spazio e un discorso diverso dal contesto scolastico-lavorativo • definisce a priori un numero limitato di tipi di situazioni: il regolamento • a partire da queste regole, genera un numero infinito di occasioni situazionali: le partite. Il gioco, ad ogni modo, non mette mai esattamente in moto tutte le conoscenze di un dato livello poiché

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diverrebbe troppo noioso. Bisogna piuttosto considerare il gioco una mediazione e uno strumento di rinforzo, una ricostruzione e una rielaborazione. Il pregio del gioco, nell’ambito dell’apprendimento a tutto campo, è quello di non essere prettamente reale ma vicino alla realtà, per la rappresentazione che ne dà, seppur molto semplificata, permette di immaginare situazioni e problemi senza dipenderne, come accade invece nella vita. Il gioco è uno spazio di simulazione e di allenamento, meno angosciante e più attraente della situazione reale di apprendimento.

Nel gioco ci si mette in gioco. Sergio Givone

Quando si gioca non si è valutati, non si è sottoposti né al giudizio, né alla pressione istituzionale. Si è più liberi di esprimersi e creare.


Fig.65 / Bambini che giocano alla corda.

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5.1 CLASSIFICAZIONE 5.2 PROGETTARE UN GIOCO

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5. GAME

DESIGN 21


Con game design si intende la progettazione sistematica di giochi. Per essere più precisi occorre naturalmente fornire una definizione di gioco che verrà presa ad esempio per definire lo spettro di giochi presi in considerazione in tale analisi. A questo proposito la definizione fornita dagli autori di “Rules of play: game design fundamentals” appare la più adatta:

Con il termine “gioco” definiamo un sistema in cui i giocatori sono impegnati in un conflitto artificiale, definito da regole, che termina con un esito quantificabile.

di per sé privo di regole, si dovrebbe intenderebbe uno strumento che (pur avendo un “uso” inteso in senso lato) si presta a un impiego creativo e libero, in gran parte basato sulla fantasia. In quest’ultimo caso si può facilmente osservare che spesso i giocattoli possono essere usati anche nel contesto di un gioco, aggiungendo regole precise sul loro utilizzo; i soldatini, per esempio, sono giocattoli, ma possono diventare pezzi di un wargame; e la palla, che usano come giocattolo bambini, cani e gatti, è alla base di numerosi giochi con regolamenti anche assai complicati (come il calcio o la pallavolo). Nella sezione che segue viene proposta una classificazione delle tipologie di giochi presenti sul mercato.

Dunque per esplicitare, un gioco è un sistema, i giocatori interagiscono con il sistema, si tratta di un caso di conflitto, tale conflitto è artificiale, le regole limitano il comportamento dei giocatori e ogni gioco ha un esito e un obbiettivo quantificabili. In questo modo si crea naturalmente una scissione tra “gioco” e “giocattolo” poiché per “giocattolo”, in quanto

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Fig.66 / Scaffale di una ludoteca.


5.1

CLASSIFICAZIONE S

ono molte le classificazioni trovate sul web piuttosto che nella bibliografica, alcune si limitano a dare definizioni della terminologia, altre si focalizzano su uno degli elementi del sistema-gioco per poter attuare una distinzione, alcune sono limitate, altre troppo approfondite per quel che ci occorre. Propongo dunque di seguito tre classificazioni, la prima di Callois, le successive sorte dall’analisi e rielaborazione delle diverse tipologie di gioco incontrate in fase di ricerca, dividendole in base al supporto utilizzato nel primo caso, in base agli obbiettivi di gioco nel secondo. Non si considerino le classificazioni proposte singolarmente, ma si guardi all’insieme delle tre per avere una visione completa.

1. IL CONTENUTO 1.1 LE PULSIONI PRIMARIE Come abbiamo visto nel capitolo precedente, Roger Caillois, ha classificato i giochi in 4 categorie principali definite pulsioni primarie: AGON (=competizione), ALEA (=fortuna), MIMICRY(=simulacro) e ILINX (=vertigine), categorie distinte dunque in base all’impulso, alla forza primaria che governa il gioco.

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AGON GIOCHI DI COMPETIZIONE

Regola indispensabile è l’uguaglianza della possibilità di vittoria per tutti i giocatori, condizione creata artificialmente attraverso il complesso

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di regole. Su chi vince non possono esserci dubbi. Può essere sia una prova fisica (incontri sportivi) che intellettuale (tornei di gioco). Sono generalmente competizioni che implicano disciplina e perseveranza. L’agon è forma pura del merito personale. Le regole rappresentano il limite spazio-temporale, non esistono giochi (di nessun tipo) senza regole. In quest’area rientrano dunque i giochi di strategia, caratterizzati dalla gestione di unità e risorse, motivo per cui solitamente i giocatori hanno tempo a disposizione per prendere decisioni. Ci si riferisce più che altro a giochi di conquista, esplorazione e intelligenza. In questa categoria rientrano dunque quelli che oggi chiamiamo “giochi di strategia”, ovvero giochi nei quali le capacità di prendere decisioni di un giocatore hanno un grande impatto nel determinare il risultato. Molti giochi includono questo elemento in grado minore o maggiore, rendendo difficile stabilire una demarcazione, è pertanto più adeguato parlare del grado di strategia di un gioco, piuttosto che del fatto che sia o meno un gioco di strategia. La strategia (e la tattica) sono generalmente contrastate dalla fortuna. La gamma dei giochi copre tutto il continuum dalla pura abilità al puro caso. Nei giochi a informazione com-

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pleta la fortuna è completamente assente; una buona parte dei giochi astratti (scacchi, dama, e così via) ha questa caratteristica. Questi giochi hanno una meccanica completamente deterministica: in ogni momento, la situazione di gioco dipende esclusivamente dalle scelte via via operate dai giocatori, e i giocatori hanno tutte le informazioni necessarie per prevedere le conseguenze di tali scelte. ALEA

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ALEA GIOCHI D’AZZARDO

Alea in latino indica i dadi ed anche il gioco dei dadi. Questa categoria dunque raggruppa tutti quei giochi dove ci si affida al caso per ottenere un risultato (la decisione non mi appartiene, non posso avere nessuna influenza), il caso assegna la vittoria. Il giocatore non è attivo, non si impegna in alcun modo, aspetta

Fig.67 / Gioco di competizione, gli scacchi.


solo la sorte. Anche per questi giochi esistono delle regole allo scopo di poter prevedere il manifestarsi di un particolare evento, con una certezza entro i limiti della probabilità. Probabilità è la possibilità del ritorno dell’evento e la sua calcolabilità. Questi giochi perdono d’interesse quando si individua una prevedibile certezza del risultato. Il gioco d’azzardo è noioso senza posta, il caso in sé non è molto interessante, lo scopo diventa il guadagno.

Fig.68 / Gioco d’azzardo, i dadi.

Dunque se l’agon è responsabilità personale, l’alea è abdicazione della volontà. Secondo i greci era di Hermes il potere sui giochi di fortuna. Tyche (fortuna, caso divinizzato) e Ananke (necessità, forza del destino, necessità di morte alla quale anche gli Dei obbediscono) nel gioco sono una cosa sola, una è del vincitore, l’altra del perdente (vita e morte, rosso e nero). Agon e Alea sono categorie opposte e simmetriche. Stiamo parlando dunque di giochi di pura fortuna, dove il giocatore in effetti non ha la possibilità di eseguire alcuna scelta strategica; si tratta normalmente di giochi per

bambini, come il gioco dell’oca. La maggior parte dei giochi per adulti con componente casuale, invece, si possono classificare come giochi statistici. In questo caso l’elemento casuale è presente ma la sua rilevanza viene ridimensionata dalla legge dei grandi numeri ed è possibile agire strategicamente sulla base di considerazioni statistiche. In Risiko, per esempio, l’andamento delle battaglie è governato da una serie di lanci di dadi, ma le probabilità di vincere o perdere uno scontro possono essere calcolate in maniera precisa a partire dall’entità delle forze in campo. Un altro gioco tipicamente statistico

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è I coloni di Catan, in cui la probabilità di ottenere un certo risultato casuale è addirittura indicata esplicitamente sul tabellone di gioco. L’elemento casuale può essere ottenuto con mezzi molto diversi: il più frequente è certamente il dado, spesso (ma non sempre) a sei facce, oppure mazzi di carte particolari come gli Imprevisti di Monopoli. Sebbene alcuni puristi considerino l’elemento casuale nei giochi poco desiderabile, altri sostengono che il caso, per lo meno nei giochi di tipo statistico, possa condurre a problemi strategici più interessanti e ricchi di sfaccettature attraverso concetti come il valore atteso e la gestione del rischio.

Fig.69 / Gioco di simulacro, il gioco di ruolo.

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MIMICRY GIOCHI DI SIMULACRO Farsi altro, diventando un’altra persona ed interpretandola. Non è inganno, tutti sono consapevoli della situazione. Questa categoria possiede tutte le caratteristiche del gioco: libertà, convenzione, sospensione dal reale, spazio e tempo limitati. Le regole però sono meno rigide, non gioco con la mimesi ma la esercito in un continuo fantasioso riprodursi (virtualizzazione delle identità). Nell’infanzia la mimesi è la regola, imito gli adulti e ciò che mi circonda, riproduco quello che non sono o che non ho.

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All’interno di questa categoria rientrano indubbiamente i giochi di ruolo, dove i giocatori interpretano il ruolo di determinati personaggi, solitamente creati da loro stessi, ma anche i giochi di simulazione, sui quali è necessario un ulteriore approfondimento. Alcuni giochi possono essere considerati come simulazioni, più o meno

semplificate, di aspetti della vita e del mondo reale, favorendo la finzione e il gioco di ruolo. Esempi celebri di giochi di simulazione includono Monopoli (che è una simulazione del mondo del mercato immobiliare), Cluedo (in cui i giocatori impersonano investigatori sulla scena di un delitto), o Risiko!, il più celebre e diffuso fra le molte migliaia di giochi


il backgammon. Molti di questi giochi hanno forti connotazioni geometriche o matematiche. In questa categoria si possono anche classificare i giochi di parole come Scarabeo e i giochi di indovinelli e domande come Trivial Pursuit. Nei giochi di simulazione si cerca per quanto possibile di riprodurre l’esperienza reale come se il giocatore fosse veramente nella situazione rappresentata. Il gioco può essere ambientato anche in un mondo fantasioso, ma comunque il tema del gioco è affrontato in dettaglio come se fosse reale. Esistono molti sottogeneri comunemente riconosciuti, a seconda del particolare aspetto simulato.

che simulano la guerra e la geopolitica. Una simulazione molto più realistica dello scontro militare si trova nei wargame propriamente detti. D’altro canto, alcuni giochi non rappresentano alcuna situazione reale, o alludono alla realtà solo molto vagamente; vengono solitamente detti giochi astratti. Esempi classici includono il domino, il mahjong,

Simulatori di mezzi : in questo caso viene simulata la guida di un mezzo di trasporto, in gare di velocità, combattimenti o normali viaggi di routine. In genere al giocatore è presentata una visuale del cruscotto o della plancia di comando, come se si trovasse nella cabina di pilotaggio. A volte “videogiochi” di questo tipo sono utilizzati anche per fini non ludici, ma per addestrare i veri piloti. Simulatori di vita: questo tipo di videogioco è come una vera e propria vita secondaria, dove è possibile controllare l’intera vita dei personaggi e far loro vivere esistenze normali o fuori dal comune. Può essere possibile ad esempio farli diventare

popstar oppure fargli condurre una comoda vita in campagna circondati dalla famiglia, farli litigare e persino organizzare matrimoni o feste private. Nomi molto celebri sono The Sims e Second life. Analogamente ai simulatori di vita umana, esistono simulatori di animali domestici o altre forme di vita. Molto popolare è stato ad esempio il Tamagotchi, un videogioco portatile che simula la cura di un animale domestico, con ritmi giornalieri uguali a quelli reali. Il gioco contiene un orologio reale perciò ad esempio quando è notte, è notte anche nel gioco e l’animaletto dorme. Simulatori gestionali e manageriali: il termine è usato quando i compiti del giocatore sono di tipo amministrativo, va gestita un’intera struttura o processo complesso, quindi anche i tempi rappresentati sono in genere lunghi. Un tipico esempio è SimCity. Gli stessi simulatori di vita sopra citati sono in parte dei gestionali. Un manageriale è un sinonimo di un gestionale, ma più adatto a quei campi dove viene usato comunemente il termine manager, ovvero la gestione delle aziende e delle squadre sportive. Quest’ultimo genere soprattutto è molto popolare: esistono videogiochi manageriali su ogni sport, che simulano sia la gestione economica che l’allenamento e lo schieramento in campo.

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Simulatori di sport: in un videogioco sportivo vero e proprio, se si tratta di uno sport reale, si tenta di rappresentare fedelmente le regole e l’ambiente di gioco. Si tende verso la simulazione quando anche le meccaniche di gioco e la fisica sono riprodotte accuratamente. Naturalmente ci sono dei limiti dato che la visuale è quasi sempre in terza persona e il giocatore controlla l’intera squadra se è uno sport a squadre. Simulatori di guerra (wargames): i wargame tentano di simulare ogni aspetto delle vere battaglie su vasta scala, e il giocatore deve gestire l’esercito in maniera realistica. In que-

Fig.70 / Gioco di vertigine, l’altalena.

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sti casi quindi il videogioco strategico si avvicina alla simulazione.

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ILINX GIOCHI DI VERTIGINE

Stato organico di smarrimento e perdita della coscienza. Ilnnix è un termine greco che significa gorgo, da cui deriva vertigine – ilingos. Questi giochi, ricercando la vertigine, distruggono temporaneamente la stabilità della percezione e alterano la coscienza. È una sensazione ricercata anche nel mondo animale, voluta per se stessa senza ulteriori fini. È sottrarsi alle regole fisiche (piace-

re del pericolo e certezza di poterlo controllare) ma anche alle regole morali (piacere esercitato dal disordine e dal proibito). Nella modernità questa categoria è stata sfruttata commercialmente attraverso la creazione di parchi divertimento sempre più sofisticati che propongono attrattive sempre più al limite. Tale categoria è stata proposta in quanto facente parte della classificazione di Callois, ma non è stata considerata nei termini dell’analisi relativa alla progettazione che segue nella sezione successiva.


1.2 GLI OBBIETTIVI Possiamo poi catalogare i giochi in relazione all’obbiettivo che vien proposto ai giocatori. L’obbiettivo di gioco è l’elemento portante dell’intero sistema, ciò che stimola i partecipanti e attorno a cui ruota il regolamento. Ecco dunque una categorizzazione relativa agli obbiettivi rilevati nella maggior parte dei giochi.

Fig.71 / Gioco di conquista, Risiko.

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Fig.72 / Gioco di caccia, Scotland yard.

GIOCHI DI CONQUISTA

L’obbiettivo è prendere o distruggere qualcosa che appartiene all’avversario (terreno, unità o altro) evitando di essere catturati o uccisi a propria volta. Es. Scacchi, Risiko, Quake, Warcraft.

Fig.73 / Gioco di gara, Backgam.

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GIOCHI DI CACCIA

L’obbiettivo è di catturare un avversario piuttosto che fuggire da questo. I giochi di caccia possono essere facilmente legati ad abilità fisiche, alla velocità d’azione piuttosto che alla furtività o strategia dei giocatori. Es. Ce l’hai, Assassin, Scotland Yard.

3 GIOCHI DI GARA

Nei giochi di “gara” si cerca di raggiungere un dato traguardo prima degli altri giocatori. Es.Il gioco dell’oca, Virtua Racing, Taboo, Backgammon, simulatori di gare.

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Fig.75 / Gioco di soccorso o fuga, Super Mario Bros.

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GIOCHI DI ALLINEAMENTO/ POSIZIONAMENTO

I giocatori devono gestire determinate unità di gioco in una configurazione spaziale data o creare allineamenti concettuali tra categorie e unità. Sono determinati dalla logica e dal calcolo piuttosto che dalla fortuna combinata al calcolo. Es. Tetris, Tris, Forza quattro.

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GIOCHI DI SOCCORSO O FUGA L’obbiettivo è quello di portare in salvo una determinata unità. Es. Super Mario Bros, Prince of Persia, Ico. Fig.74 /Gioco di allineamento, Forza quattro.

Fig.76 / Atto proibito, Jenga.

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ATTO PROIBITO

L’obbiettivo nei giochi di questo tipo è quello di sfidare gli avversari a infrangere le regole, ad esempio ridendo o parlando o facendo il movimento sbagliato o altro. È spesso presente una componente fisica. Es. Twister, Jenga, L’allegro chirurgo.

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GIOCHI DI COSTRUZIONE In questo caso bisogna costruire o comunque gestire degli oggetti/risorse in un ambiente che può essere competitivo o meno. Può trattarsi di giochi dalla componente più manuale piuttosto che giochi di simulazione. Es. The Sims, i coloni di Catlan, Monopoli, The movies.

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9 GIOCHI DI SOLUZIONE/PUZZLE Il fine del gioco è semplicemente trovare la soluzione a un problema/ puzzle. Con puzzle si intendono problemi o enigmi che testano l’ingenuità del giocatore. Si tratta spesso di questioni logico/matematiche che richiedono dunque una buona abilità induttiva/deduttiva. In molti casi, e soprattutto per quei giochi che vengono diffusi per passaparola, un gioco di logica ha la forma di un indovinello; sono tuttavia giochi di logica anche giochi da tavolo solitari come la torre di Hanoi, problemi basati su giochi da tavolo deterministici, come i problemi di scacchi o di dama, e via dicendo. In genere, la vittoria consiste nel trovare la soluzione, dopodiché il gioco è “risolto” e dovrà essere proposto a un nuovo

Fig.77 / Gioco di costruzione, Monopoly.

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GIOCHI DI ESPLORAZIONE

L’obbiettivo è quello di esplorare le aree del gioco, spesso combinato a una componente competitiva e a ulteriori obbiettivi. Gli elementi chiave sono dunque l’esplorazione, la “raccolta” di oggetti utili durante il percorso e la risoluzione di puzzles. Es. HeroQuest, Zelda, Colossal Cave Adventure.

Fig.78 / Gioco di esplorazione, Heroquest.

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aspirante risolutore. Un caso particolare sono quei giochi in cui la necessità di ragionamento logico è solo apparente e serve a distrarre chi deve risolvere il gioco, che in realtà richiede un tipo di intuizione completamente diverso (per esempio, la soluzione potrebbe essere in realtà basata su un gioco di parole). Es. the Myst, Mastermind, Cluedo, Tetris, Connect four.

Fig.79 / Gioco di soluzione, Mastermind.

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GIOCHI DI INTELLIGENZA/ EDUGAMES I giocatori sono intenzionati a ottenere e sfruttare la propria conoscenza al fine di battere gli avversari. I giochi di intelligenza sono spesso associati agli edugames, che combinano educazione/istruzione e divertimento. Gli argomenti variano dalle lingue, alla matematica, al problem solving etc, con un target variabile dall’infanzia fino all’età adulta. Es. Trivial pursuit, Jeopardy, Diplomacy.

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GIOCHI DI RUOLO

I giohi di ruolo prevedono solitamente diverse missioni, dunque diversi obbiettivi, ma quello primario attorno a cui ruota l’intero sistema, è indubbiamente l’intento di impersonare un ruolo dall’inizio alla fine, i giocatori assumono dunque il ruolo di un personaggio, in un’ambienta-

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Fig.80/ Gioco di intelligenza, Trivial Pursuit.


zione narrativa, con tutto ciò che ne comporta. I giochi di ruolo tendono a includere linee narrative piuttosto complesse legate da una ricerca. Nella maggior parte dei giochi un giocatore specialmente designato, detto “Master”, o “Custode”, “Narratore”, ecc. secondo il regolamento, crea un’ambientazione nella quale ogni altro giocatore interpreta la parte di un singolo personaggio. Il master descrive il mondo e i suoi abitanti; gli altri giocatori descrivono le azioni che i loro personaggi intendono eseguire e il master descrive i risultati. Ogni personaggio è caratterizzato da svariate caratteristiche a seconda del tipo di gioco di ruolo (ad esempio forza, destrezza, intelligenza, carisma e così via), generalmente definite tramite punteggi, che ne descrivono le capacità. Le azioni intraprese nel gioco riescono o falliscono secondo un sistema di regole formali e di linee guida.

Fig.81 / Gioco di ruolo, Dungeons& Dragons.

Vera innovazione del gioco di ruolo è l’inserimento dell’immaginario come “campo di azione”. Tutta la sessione si svolge nell’immaginario, ovvero nella mente di ognuno dei giocatori. Essi sono burattinai che, tramite la descrizione, manovrano i propri personaggi con i limiti e le abilità dettate dalla scheda del personaggio e dai manuali. Dadi, schede ed una eventuale mappa risultano quindi essere le uniche cose fisiche presenti sul tavolo di gioco.

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Il risultato di alcune azioni viene determinato dalle regole del gioco. Per esempio mentre esamina una stanza un giocatore può notare o meno, secondo la sua capacità percettiva, un oggetto importante, come una porta segreta. Questo di solito viene risolto tirando dei dadi e confrontando il risultato ottenuto con gli attributi del personaggio, secondo le regole del gioco, per determinare se l’azione ha avuto successo o meno. Il combattimento viene risolto in una maniera similare, secondo le capacità di combattimento del personaggio e i suoi attributi fisici. Generalmente, grazie all’esperienza accumulata nel corso delle partite, i giocatori possono migliorare gli attributi dei loro personaggi. Un gioco può durare un tempo indefinito, da una singola sessione (completata in poche ore) a una serie di sessioni di gioco ripetute che possono durare per anni, con un cast di personaggi e giocatori che si evolve nel tempo. Il gioco è spesso episodico e incentrato su una missione, con una serie di sfide che culminano in un problema o nemico finale da sconfiggere. La riuscita del gioco dipende in larga parte dalla bravura del master e dalle capacità interpretative dei giocatori. Il ruolo del master richiede la flessibilità e la capacità di improvvisazione necessarie ad integrare il proprio ca-

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novaccio per l’avventura con le idee, le azioni e le interpretazioni dei giocatori senza che questi ultimi si trovino “costretti” a seguire passo passo la trama delineata dal master. Come in tutti i giochi conta molto l’affiatamento che si crea nel gruppo. Es. Dungeons&Dragons, Licantropi, Vampires: the masquerade.

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ARCADE GAMES

2.1 I VIDEOGIOCHI

Ci si riferisce, in generale, a un videogioco cui si gioca in una apposita postazione pubblica a gettoni o a monete, dotata di monitor, joystick, pulsanti, trackball o altro. Questo tipo di macchina, in un certo senso discendente del flipper, si trova comunemente nei bar o in altri luoghi pubblici analoghi; le sale giochi spesso raccolgono solo, o soprattutto, videogiochi arcade. Le macchine vengono chiamate anche con il termine coin-op, abbreviazione di coin-operated, in italiano macchina a gettoni, sebbene il termine si possa riferire anche a giochi non necessariamente video, come i flipper.

I videogiochi sono giochi le cui regole sono gestite automaticamente da un apparecchio elettronico che utilizza un’interfaccia uomo-macchina basata sul display come sistema di output. Come qualsiasi gioco, il videogioco può rappresentare oggetti astratti o riprodurre simbolicamente determinati contesti culturali, astraendoli dal loro ambito ed applicandoli a contesti e situazioni che possono andare dalla simulazione più fedele fino alla parodia. Nato già a partire dagli anni cinquanta negli ambienti di ricerca scientifica e nelle facoltà universitarie americane, ha avuto il suo sviluppo a partire dalla seconda metà degli anni settanta.

Storicamente, gli arcade rappresentarono la prima generazione di videogiochi, e il primo contatto del pubblico con questa nuova forma di intrattenimento. Fra gli anni settanta e gli ottanta vennero distribuiti in tutto il mondo arcade di enorme successo come Space Invaders, Defender, Asteroids, Tetris e Pac Man. Ad oggi l’espressione videogioco arcade viene spesso usata per riferirsi alla generazione degli arcade “classici”, oppure anche per indicare il tipo di gameplay “arcade”, cioè rapido ed immediato, senza troppe pretese di realismo. Es. PacMan, Asteroids, Puzzle bubble, Donkey Kong.

2. LA FORMA


Fig.82 / Arcade game, PacMan.

Fig.83 / Computer game, DOOM.

Fig.84 / Console game, Tomb raider.

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2

COMPUTER GAMES

Questo gruppo include giochi progettati per essere giocati su un personal computer, dal venerabile PDP1 agli attuali apparecchi Machintosh e Windows. Sono solitamente giocati da una sola persona su un singolo apparecchio. Es. Barbie fashion designer, Age of empires, Doom.

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CONSOLE GAMES Giochi che prevedono l’uso di una console, ovvero di un dispositivo elettronico di elaborazione di tipo special purpose concepito esclusivamente o primariamente per giocare con videogiochi.

Fig.85 / Mobile game, Angry birds.

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Nei primi anni di vita della console alcuni modelli permettevano di giocare solo ad un numero limitato di videogiochi implementati al suo interno. Nella sua implementazione più evoluta e odierna la console invece è un computer che esegue videogiochi sotto forma di software memorizzato su un supporto di memorizzazione. Tra le più comuni: XBox, GameCube, Playstation2. Es. Super Mario Bros, Fifa, Tomb raider.

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MOBILE GAMES

Si tratta di giochi progettati prevalentemente per i telefoni cellulari, smartphone, palmare o tablet. L’esempio forse più conosciuto, sebbene ormai quasi “antiquato” è indubbiamente Snake che, lanciato

dalla Nokia nel 1997, resta uno dei mobile games più giocati in tutto il mondo. I mobile games sfruttano la tecnologia già presente sul telefono cellulare. Di conseguenza, con i recenti sviluppi nella telefonia mobile, anche i giochi si sono adeguati, sfruttando la tecnologia touch, l’alta defnizione etc. Es. Snake, Angry birds.

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ONLINE GAMES Si tratta di un tipo speciale di giochi digitali che enfatizza le interazioni sociali tipiche del web. I giochi in rete sono videogiochi utilizzati da più utenti contemporaneamente attraverso una rete di computer. Questo genere di giochi va da videogiochi testuali come i MUD (Multi User Domain), passando per quelli via browser creati con software come Adobe Flash o in linguaggio Java, fino ai complessi e moderni MMORPG (Massive Multiplayer Online RolePlaying Game) come World of Warcraft e Guild Wars. Un gioco in rete è solitamente multigiocatore, cioè permette l’interazione fra più utenti, ma esistono esempi anche di giochi giocatore singolo, perlopiù su browser e in genere dedicati ad un pubblico meno dedito ai prodotti più complessi. Es. World of Warcraft, Travian, Flashgames, A.I.


Fig.86 / Online game,Travian.

2.2 GIOCHI DA TAVOLO Il termine “giochi da tavolo” (in inglese tabletop games) racchiude qualunque gioco richieda un tavolo o superficie piatta analoga, per distinguerli dai videogames piuttosto che dai giochi più vicini al contesto sportivo. I giochi da tavolo hanno una lunga storia e sono stati giocati nella maggior parte delle culture e delle

società; alcuni apparvero in tempi antichissimi, forse addirittura prima della scrittura. Numerosi siti archeologici, artefatti e documenti forniscono importanti indizi circa la storia dei giochi da tavolo: • La tomba reale di Merknera contiene le raffigurazioni del gioco egizio Senet, il più antico gioco da tavolo noto. • La tomba reale di Ur conteneva vari giochi, fra cui il Gioco reale di Ur. Questi giochi furono riportati alla luce da C.

• •

Leonard Woolley, ma il libro che descrive gli scavi non dice molto sui giochi ritrovati. La maggior parte di questi giochi si trova oggi esposta al British Museum di London. La lista di giochi del Buddha è la più antica lista di giochi nota. Il Libro de los juegos è un antico manoscritto, commissionato da Alfonso X, che traduce il regolamento di numerosi giochi dall’arabo allo spagnolo. Poiché la maggior parte degli

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originali arabi sono andati perduti, il manoscritto di Alfonso è un’importantissima fonte storica e rappresenta la più antica trascrizione nota delle regole di molti giochi classici.

Il tetto del tempio di Kurna, ancora in Egitto, riporta incisi molti tavolieri di giochi; viene datato circa 1400 a.C. I giochi da tavolo e i giochi in scatola iniziarono a diffondersi nel ventesiFig. 88 / Gioco reale di Ur, British Museum, Londra.

Fig. 87 / Gioco egizio Senet, il più antico gioco da tavolo.

Fig.89 / Il Libro de los juegos.

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mo secolo, in seguito alla nascita di un ceto medio che aveva a disposizione denaro da spendere e tempo libero. La popolarità del gioco da tavolo crebbe ancora di più dopo la Seconda Guerra Mondiale, epoca in cui vennero inventati molti dei giochi che oggi sono considerati classici del genere. L’avvento della tecnologia informatica ha portato i videogiochi, che certamente hanno sottratto ai giochi da tavolo parte dell’attenzione di cui godevano in precedenza; in particolare, sta rapidamente declinando la categoria dei giochi da tavolo con regole molto complesse, che si prestano evidentemente a essere applicate dal calcolatore in modo più veloce, rapido e affidabile. Tuttavia, i videogiochi non svolgono, a oggi, molti dei ruoli chiave del gioco da tavolo (in particolare l’aggregazione e l’intrattenimento familiare), per cui è improbabile che possano soppiantarli del tutto. Questo genere di giochi ha una notevole importanza come intrattenimento per la famiglia, specialmente per quelli che si prestano a essere giocati a tutte le età; ma non mancano giochi da tavolo le cui regole possono risultare troppo complicate persino per molti adulti (come alcuni wargame), o che richiedono un ragionamento attento e approfondito (come molti classici giochi astratti quali gli scacchi e la dama).


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BOARDGAMES (GIOCHI CON TABELLONE)

Con boardgame intendiamo tutti quei giochi che richiedono una ben definita superficie di gioco, detta di solito tabellone o plancia laddove non esistano termini più specifici legati allo specifico gioco in questione (es. scacchiera o damiera); sulla superficie vengono solitamente piazzati e/o spostati i pezzi che, sempre in assenza di termini più specifici, si diranno segnalini. Nei boadgames è dunque di fondamentale importanza la posizione del segnalino sul tabellone. Es. Scacchi, Monopoli, Cluedo, Il gioco dell’oca.

per fornire un elemento di casualità nel gioco. Può capitare che un gioco di carte implichi anche la presenza di un tabellone, ma la differenza tra board games e card games sta proprio nella priorità data al tabellone piut-

tosto che alle carte. Quando sono le carte a guidare il gioco e il tabellone funge solo da supporto, si parla comunque di card game. Es. Scala quaranta, Briscola, Magic, Bang, Munchkin.

Fig.90 / Gioco con tabellone, Cluedo.

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Fig.91 / Gioco di dadi, Yatzee.

GIOCHI DI CARTE

Un gioco di carte è un qualunque gioco che necessita l’uso di carte da gioco, sia tradizionali sia specifiche per il gioco. Solitamente un lato di ogni carta, il fronte o la faccia, porta dei segni che la distinguono dalle altre e determinano il suo uso nelle regole di un particolare gioco, mentre l’altro, il dorso o il retro, è identico per tutte le carte di un mazzo, generalmente con motivo astratto. Nella maggioranza dei giochi le carte sono raggruppate in un mazzo ed il loro ordine viene reso casuale mediante una procedura detta mescola,

Fig.92 / Gioco di carte, Munchkin.

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Fig.93 / Tile based game, Mahjong.

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GIOCHI DI DADI

TILE BASED GAMES

I giochi appartenenti a questa categoria, sono giocati prevalentemente o esclusivamente con i dadi. I dadi vengono lanciati per fornire dei numeri casuali (si suppone distribuiti uniformemente) nei giochi d’azzardo ed in altri giochi. I dadi tradizionali, utilizzati dalla maggior parte dei giochi, presentano 6 facce; tuttavia, giochi specifici possono fare uso di innumerevoli varianti. Es. Craps, Pig, Yatzee.

Questi giochi prevedono l’utilizzo di tasselli modulari. Es. Domino, Mah Jong.

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GIOCHI DI MINIATURE Molti giochi di miniature sono giocati sul pavimento o su un tavolo, con il terreno rappresentato da elementi di scenario in miniatura (colline, foreste, strade, ecc.). A questo

Fig.95 / Pencil and paper game, l’impiccato. Fig.94 / Gioco di miniature, wargame.

1.

riguardo, il wargame tridimensionale offre teoricamente ai giocatori una grande libertà di gioco, così come uno spettacolo visivo. Il wargame tridimensionale è una forma di wargame progettato per incorporare l’uso di miniature nel gioco. Le miniature utilizzate rappresentano truppe o veicoli (come carri armati, carri da guerra, aerei, navi, ecc.). Il gioco può riflettere situazioni ed eserciti sto-

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rici o essere futuristico o basato su ambientazioni fantasy. Comunque, come per i giochi da tavolo, i wargames possono essere giocati demarcando il terreno con una griglia (tipicamente rettangolare o esagonale) o anche su un tabellone di gioco. Es. Confrontation, Heroclix, Mage Knight.

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PENCIL AND PAPER GAMES

Si tratta di giochi che possono essere giocati interamente con foglio e matita. Alcuni prevedono una sorta di tabellone che però può essere facilmente creato di volta in volta semplicemente disegnandolo su un foglio. Es. Tris, gomoku, indovina il disegno, cadaveri squisiti, l’impiccato.

*

DIGITAL GAMES 1. > Feedback immediato > Multimedia > Più intuitivo > Maggiore facilità nel nascondere delle informazioni per rivelarle successivamente

2.3 GIOCHI DAL VIVO

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GIOCHI SOCIALI (INDOOR)

I giochi così definiti “sociali” sono basati sulle interazioni sociali tra i giocatori. Solitamente non prevedono l’uso di troppi materiali aggiuntivi e vengono spesso giocati indoor. Durante l’età vittoriana in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, questi giochi erano estremamente popolari tra la classe medio alta e venivano solitamente giocati all’interno di un “parlour” (=salotto), da cui il nome parlour games, per intrattenere gentiluomini e gentildonne a piccole

* PAPER GAMES

> Il giocatore è maggiormente conscio di cosa sta accadendo e perché. > I giocatori possono comprendere meglio i meccanismi del gioco e dunque agire a loro piacimento, cambiando anche le regole (stimolando così la loro creatività). Come nei “sistemi emergenti” il giocatore è spinto a esplorare tutte le possibilità di gioco e a intervenire sulle stesse (come semplicemente il barare nel poker).

feste private. Molti parlour games implicano giochi di parole o di logica, altri coinvolgono invece l’uso del corpo, ma non ai livelli di quelli che verranno definiti in seguito “giochi fisici”. Alcuni necessitano di abilità mimiche o recitative come nel caso di Charades. Si tratta di giochi in cui è prevista la componente competitiva, ma spesso senza la raccolta di punti e senza un tempo definito, si smette di giocare quando non se ne ha più voglia. Possiamo associare questa categoria a quella dei Party games (in cui in realtà rientrano anche alcuni giochi da tavolo, data la loro natura sociale). I party games sono giochi utilizzati per rompere il ghiaccio in un gruppo o per intrattenere i partecipanti a una festa ad esempio e per questo motivo tendono ad includere un gran numero di giocatori, spesso riuniti in squadre. Questo tipo di giochi prevede cooperazione e interazione, ed è necessario che il turno di ciascuno non si dilunghi troppo a meno che nel mentre gli altri giocatori non siano impegnati a indovinare o in altre attività. È difficile che vengano eliminati alcuni giocatori, proprio perché altrimenti si rischierebbe di intaccare il mood festivo. La natura del gioco, più o meno vivace, dipende dal contesto. Es. Baldaresh, Charades, telefono senza fili, beer pong, gioco della bottiglia, Mafia.

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GIOCHI FISICI (OUTDOOR)

Fig.96 / Gioco sociale, il gioco della bottiglia.

Fig.97 / Gioco fisico, la corsa coi sacchi.

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Sono quei giochi in cui il movimento risulta l’elemento chiave. L’attività fisica è parte integrante del gioco e ci si ritrova dunque a correre, saltare etc. Giochi quindi che vengono praticati in campi da gioco, sull’erba e più in generale all’aperto. Lo sport è un’evoluzione di questa classe, sebbene vada ad allontanarsi dalla macro-categoria dei giochi quando raggiunge livelli agonistici. Es. Ce l’hai, Strega comanda color, La corsa con i sacchi, Mora cinese, Twister.


2.4 GIOCHI DI REALTÀ INTERATTIVA Il gioco di realtà interattiva è un’attività ricreativa che coinvolge uno o più giocatori, svolta in un ambiente di gioco fisico dove ha luogo in cui i giocatori mediante l’interazione con l’ambiente circostante ottengono elementi per andare avanti nella loro partita. Generalmente tali giochi vengono svolti in luoghi creati appositamente per tale attività, in strutture adeguatamente calzanti all’ambientazione di gioco per dare

Fig.98 / Gioco di realtà interattiva, Négone.

l’atmosfera e gli elementi necessari per fare sentire il giocatore come se fosse realmente in quella situazione. Si tratta di una categria a sé poiché può coinvolgere diversi supporti, nonché quello della realtà effettiva. Un esempio di gioco di realtà interattiva è Négone, creato dalla compagnia spagnola DifferendGames. Il gioco ha più di 20 stanze/scene, che replicano una prigione futuristica del 31° secolo, chiamata Mazzinia. Le stanze creano una grande atmosfera con la loro estetica, il gioco di luci e gli effetti sonori, riuscendo a far immergere il giocatore nel gioco a pieno. La storia porta il giocatore nel 31° secolo. È tenuto prigioniero nella prigione più sicura del mondo, e il suo scopo è scappare. In questo periodo un’istituzione globale controlla la Terra intera, usando sofisticati meccanismi di controllo per dominare l’umanità. Chiunque venga sospettato di pensiero indipendente viene arrestato. Mazzinia è la prigione in cui massima sicurezza e tecnologia controllano tutto. Ogni giocatore riceve all’entrata un piccolo computer da polso e una tessera personale. Usando tale carta, il giocatore carica di volta in volta i dati delle sue partite precedenti nel computer da polso. Iniziando da un gruppo di celle, il giocatore si dovrà fare strada nei condotti dei rifiuti, aree di servizio e stanze di decontaminazione per rag-

giungere aree vietate come i laboratori, l’arsenale (pieno di raggi laser da schivare) e tante altre. Tutte le prove richiedono concentrazione, immaginazione e talento, e una velocità di reazione visto che il tempo a disposizione è limitato. Nella partita i giocatori verranno aiutati da un gruppo di ribelli chiamato Commando Mazzinia Libera, che li aiuterà dall’esterno. Seguendo le loro indicazioni avranno qualche possibilità in più di scappare. Es.Negone Le categorie appena illustrate non vogliono essere esclusive, anzi, è necessario sottolineare come queste si intreccino andando a toccare due sfere diverse, quella del contenuto (pulsione primarie/obbiettivi) e quella della forma (supporti). L’obbiettivo primario del gioco solitamente è singolo ed è bene che sia chiaro, non ambiguo. I supporti possono sovrapporsi creando risvolti interessanti e, indubbiamente, strategia e casualità si ritrovano negli stessi giochi. L’esempio dei giochi di ruolo appena esposto è forse uno dei più calzanti a proposito, giocabile su diversi supporti, dettato dall’abilità dei giocatori, ma anche dai feedback casuali dei dadi; la competizione può generarsi e svanire nel corso della storia e il giocatore attraversa diversi obbiettivi di volta in volta continuando però ad impersonare un ruolo specifico.

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5.2

PROGETTARE UN GIOCO “I

l gioco è un’azione o un’occupazione volontaria, compiuta entro certi limiti definiti di tempo e di spazio, secondo una regola volontariamente assunta, e che tuttavia impegna in maniera assoluta, che ha un fine in se stessa; accompagnata da un senso di tensione, di gioia, e dalla coscienza di “essere diversi” dalla vita ordinaria. La tensione determina la coscienza dell’importanza e del valore del gioco e, accentuandosi molto, sottrae il giocatore alla coscienza di giocare.

Fig.99 / Progettazione di un gioco da tavolo.

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Gli autori di “Rules of play: game design fundamentals” propongono un approccio iterativo al game design. Con iterative design si intende un design improntato sul giocare (play) più che sul gioco in quanto “game”. Si enfatizzano playtesting e prototyping e le decisioni sono basate sull’esperienza diretta durante lo sviluppo del gioco stesso. L’iterative design è un processo ciclico che si al-


terna tra prototyping, paytesting, valutazione e rifiniture. Si tratta di un approccio fondamentale in quanto per un game designer, non è mai possibile predire totalmente l’esperienza di gioco. Il gioco soddisferà gli obbiettivi iniziali? I giocatori capiranno cosa fare? Si divertiranno? Vorranno giocare ancora? Sono domande a cui si potrà rispondere solo giocando. Il game designer deve essere capace di giocare con occhio critico, valutando cosa funziona e cosa no nel proprio gioco, essendo pronto ad agire, modificandone alcuni aspetti o ribaltandolo completamente. Innanzitutto il giocatore deve poter rispondere facilmente a queste domande: • Chi sono? • Qual è il mio obbiettivo? • Quali possibilità ho? • Come vinco? L’obbiettivo principale per un game designer è quello di creare un “gioco di significato”, meaningful play. Il significato emerge dall’interazione tra i giocatori, il contesto e l’intero sistema del gioco. I meaningful play si manifestano quando le relazioni tra le azioni e i risultati sono allo stesso modo distinguibili e integrati nel contesto del gioco. Distinguibili nel senso che un giocatore deve poter percepire immediatamente il risultato di un’azione; integrati significa che tali risultati debbono essere appunto

ben inglobati nell’intero sistema. Parlando di meaningful play non possiamo non parlare di semiotica. Lo studio dei segni e del loro significato è strettamente correlata al game design. Possiamo infatti vedere come i quattro principi individuati da Pierce si relazionino ai giochi.

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Un segno rappresenta qualcos’altro rispetto a se stesso: in un gioco, gesti, oggetti, comportamenti e altri elementi agiscono come “segni”. Ad esempio ad Assassino (gioco di carte) il re di spade rappresenta il killer.

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I segni sono interpretati: un segno significa qualcosa per qualcuno. Il significato emerge nel gioco quando i giocatori si fanno interpreti dei segni del gioco.

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Il significato emerge quando i segni sono interpretati: il significato di un segno emerge dalle relazioni tra gli elementi di un sistema.

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Il contesto influenza l’interpretazione: il contesto è l’ambiente che influenza i segni e quindi la loro

interpretazione. Anche la struttura del gioco stesso, con le sue regole, influenza l’interpretazione indicando come i segni possono essere combinati tra loro. Prima di iniziare a giocare a Monopoli ad esempio, vediamo solo un tabellone in cartone, dei pezzi di plastica rossi e verdi, un funghetto e dei foglietti di carta. Ma una volta che il gioco inizia, una volta che entriamo nel cerchio magico, quel tabellone diventa il nostro territorio, quei pezzi di plastica le nostre proprietà, il frutto dei nostri sforzi, quel funghetto siamo noi e quei foglietti rappresentano il budget a disposizione, i nostri limiti. Ma cosa va a costituire il sistema del gioco? • Gli oggetti: le parti, gli elementi, le variabili del sistema. Possono essere fisici o astratti o entrambi. • Gli attributi: le qualità e proprietà del sistema e dei suoi elementi. • Le relazioni interne tra gli oggetti. • Il contesto, l’ambiente circostante. Un sistema può inoltre essere aperto (se ha scambi con l’ambiente circostante) o chiuso (se è isolato). Ogni gioco implica interazione. Giocare significa interagire con esso. È dunque fondamentale progettare le

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interazioni che i giocatori avranno con il gioco. Esistono quattro tipi di interattività nell’ambito del game design:

1

Interattività cognitiva: si tratta della partecipazione psicologica, emozionale e intellettuale tra il giocatore e il sistema, come ad esempio la sensazione di immersione di chi gioca a un graphic adventure game.

2

Interattività funzionale: consiste nell’interazione strutturale e funzionale con i vari componenti del sistema (che siano reali o virtuali). Com’è l’interfaccia? Quali sono i tempi di risposta? Il testo è leggibile?

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L’unità base di un modello interattivo consiste nell’azione-esito, influenzate dalle scelte dei giocatori. Per ogni azione-esito è dunque necessario porsi alcune domande: • Cosa succede prima che il giocatore sia posto davanti a una scelta da compiere? • Quali sono le possibilità di scelta del giocatore? • Come il giocatore compie la scelta? • Qual è l’esito della scelta? Come tale esito potrà influenzare le scelte future? • Come viene comunicato tale esito al giocatore?

Interattività esplicita: è l’interattività più ovvia, quella prevista dal gioco stesso, come sistemare il vestito alla bambola, piuttosto che seguire le regole di un gioco da tavolo, manovrare il joystick per giocare a un videogame etc. Include dunque le scelte dei giocatori, gli eventi casuali, simulazioni dinamiche e altro.

Sono dunque da evitare situazioni in cui il giocatore: • percepisca che la sua scelta non avrà un impatto effettivo sul gioco, che sia indifferente prendere una decisione piuttosto che un’altra; • non capisca come procedere nel gioco; • non capisca il perché di una sconfitta; • non riceva un feedback per ogni azione compiuta.

Interattività oltre l’oggetto: si tratta dell’interazione fuori dall’e-

Clark C.Abt, nel suo libro “Serious games”, identifica quattro chiavi

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sperienza di un singolo sistema. Un esempio lampante deriva dalle comunità di fan che costruiscono realtà parallele a quella del gioco.

fondamentali per la progettazione di un gioco: • Attività: un gioco è un’attività, un processo, un evento. • Decision-makers: i giochi richiedono giocatori che prendano decisioni. • Obbiettivi: ogni gioco deve avere degli obbiettivi. • Contesto limitato: ci sono regole che limitano e strutturano l’attività del gioco.

Con game design intendiamo dunque la progettazione di un sistema che andrà a interagire con uno o più giocatori creando significato.


Quali sono dunque gli elementi che vanno a costituire un sistema di gioco? Possiamo vederli nel dettaglio?

1

I GIOCATORI

Quando alcune persone si mettono a un tavolo, piuttosto che davanti al computer, piuttosto che all’aria aperta e decidono di giocare, stanno creando automaticamente una sorta di “cerchio magico” che va a definire i confini del gioco stesso. All’interno del cerchio magico le regole assumono un significato particolare che guiderà il gioco. Per poter entrare nel cerchio magico i giocatori devono dunque assumere una sorta di attitudine ludica, accettando così le regole imposte per il piacere che il gioco può dare. Non tutti i giocatori sono però dello stesso avviso, alcuni infatti sono soliti infrangere le regole. Vediamo ora le diverse tipologie di giocatori, individuate in relazione alla loro predisposizione a infrangere le regole, al loro desiderio di vittoria e alla loro voglia di divertirsi.

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GIOCATORE STANDARD

GIOCATORE APPASSIONATO

GIOCATORE NON SPORTIVO

Vuol divertirsi rispettando tutte le regole previste dal gioco.

È all’incirca come il giocatore standard, ma con un desiderio di successo più accentuato. Segue le regole, vuole divertirsi, vuole vincere.

A causa del suo grande desiderio di vincere, viola le regole implicite del gioco senza infrangere quelle operative.

Tuttavia queste categorie non sono nettamente distinte, un giocatore può passare da una all’altra nel corso del gioco. Il modello di Bartle divide i giocatori MUD (Multi-User Dungeon) in quattro categorie in relazione ai ruoli che ricoprono: • • • •

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i vincenti, che cercando di avanzare in termini di esperienza e potere; gli esploratori, che vogliono esplorare le zone remote del mondo (virtuale o meno); i socializzatori, che puntano a socializzare con gli atri giocatori; gli assassini, giocatori “antisociali” che mirano a seccare e frustrare gli altri giocatori.

BARO

GUASTAFESTE

Infrangono le regole operative con il fine di vincere. Hanno un forte desiderio di vincere ma dimenticano qual è il modo corretto per ottenere il successo.

Rifiuta l’autorità del gioco in ogni caso, distruggendo il “cerchio magico”. È il classico giocatore che rivela informazioni segrete o che risponde quando non è il suo turno.

Alcuni game designers, prevedono la possibilità di infrangere le regole e agiscono di conseguenza. La versione originale del gioco di carte “Illuminati” ad esempio, conteneva un set di regole opzionali per barare. In altri casi invece “l’imbroglio” diventa di natura pubblica e condivisa con il fenomeno dei “cheat codes”, tramite i quali i giocatori si scambiano informazioni su come superare un determinato livello piuttosto che come guadagnare punti all’infinito etc. Sta dunque al progettista modellare il gioco in relazione a queste possibilità.

POSSIBILI INTERAZIONI TRA GIOCATORI GIOCATORE SINGOLO GIOCATORE SINGOLO GIOCATORI MULTIPLI GIOCATORI MULTIPLI TUTTI SQUADRA DI GIOCATORI SQUADRA DI GIOCATORI


2

OBBIETTIVI

Ai giocatori vengono proposti degli obbiettivi da raggiungere, talvolta singolarmente, talvolta in gruppo. L’obbiettivo è l’elemento guida del gioco, che spinge i giocatori ad entrare in un loop di azioni-reazioni fino al “traguardo”. Il concetto di “sfida” è uno degli elementi che coinvolge maggiormente i giocatori ma bisogna stare attenti a prevedere obbiettivi che richiedano il giusto grado di fatica. Qualora le abilità richieste fossero troppo

IL GIOCO STESSO GIOCATORE SINGOLO IL GIOCO STESSO GIOCATORE SINGOLO (COMPETIZIONE UNILATERALE) TUTTI (COMPETIZIONE MULTILATERALE) IL GIOCO STESSO SQUADRA DI GIOCATORI

specifiche ed elitarie infatti, i giocatori risulterebbero frustrati poiché il raggiungimento dell’obbiettivo finale sarebbe fin troppo ostacolato, al contrario, nel caso in cui lo sforzo richiesto sia minimo, prevarrebbe la noia. Il livello di sfida e le capacità dei giocatori devono quindi raggiungere un certo equilibrio.

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PROCEDIMENTI Per procedimenti si intendono i metodi di gioco e le azioni che i giocatori possono compiere per raggiungere l’obbiettivo. Chi può seguire un dato procedimento? Un giocatore? Più giocatori? Tutti i giocatori? Cosa fa esattamente il giocatore? Un dato procedimento è limitato dalla location, piuttosto che dal momento, dal turno etc? Il game designer non può prevedere interamente l’esperienza di gioco, ma può progettarla indirettamente progettando direttamente la struttura del gioco, definendone le regole. Tre sono i componenti dei sistemi esperienziali di ogni gioco e si susseguono ciclicamente: 1. processi interni attraverso cui il giocatore prende decisioni; 2. input (l’azione del giocatore); 3. output (il feedback da parte del sistema). È fondamentale, in fase di progetta-

zione, individuare il “cuore meccanico” del gioco, ovvero quell’azione o quella serie di azioni che va a descrivere il gioco nella sua essenza, come il correre in una gara piuttosto che il rispondere a delle domande a Trivial Pursuit. Sutton Smith identifica un modello di gioco che prevede sempre la presenza di un attore, di un contro-attore e di uno scopo di gioco. Ad esempio, se lo scopo è la cattura, il ruolo dell’attore è di prendere, mentre quello del contro-attore è evitare di essere preso.

ES. Attore: superare Scopo: gara Contro-attore: restare davanti Attore: superare delle barriere, accedere a un’area protetta Scopo: attacco Contro-attore: difendere un’area, fare da guardia Attore: trovare tramite indizi o grazie alla fortuna oggetti o persone. Scopo: ricerca Contro-attore: nascondere, ingannare, simulare Attore: tentare l’altro a un’azione proibita Scopo: seduzione Contro-attore: resistere, avere autocontrollo

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REGOLE E’ molto difficile trovare una vera e propria definizione universale di gioco che vada bene a tutti ed è altrettanto difficile, oserei dire impossibile, trovare una prassi di progettazione o un elenco di caratteristiche comuni a tutti i giochi. Tuttavia, una caratteristica che si ritrova sempre c’è ed è la presenza di regole o di un regolamento. Scritte, dette a parole o anche non esplicitate le regole stanno alla base di qualsiasi gioco e tutti si basano su di esse. Ci sono regole scritte e regole non scritte, ma ce n’è una che sta alla base di tutte le altre e stabilisce una cosa semplice quanto essenziale: le regole del gioco si rispettano. Le regole costituiscono la struttura interna formale di ogni gioco. Le regole del gioco non hanno nulla a che fare con le regole della vita reale. In generale, tutte le regole dei giochi hanno alcune caratteristiche in comune: • limitano le azioni dei giocatori; • devono essere esplicite e per niente ambigue; • sono condivise da tutti i giocatori; • sono fisse; • sono vincolanti; • sono ripetibili.

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Naturalmente esistono giochi, magari un po’ più sperimentali, che infrangono queste “regole delle regole”. Possiamo suddividere le regole in tre diverse categorie: Costitutive: costituiscono il cuore matematico e astratto del gioco. Non sono esplicitate ma esistono per il game designer. Operazionali: mostrano effettivamente come interagire con il gioco, sono le regole che vengono spiegate al giocatore nel libretto apposito. Implicite: sono regole di etichetta, di comportamento che non sono esplicitate ma che vengono automaticamente assunte una volta che il gioco ha inizio.

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Ogni gioco è le sue regole.

David Parlett, the Oxford history of board games.

Ogni regola può comunque essere infranta. Ed è proprio questo sfuggire alle regole che spesso porta a idee innovative.


Fig.100 / Bobby Fischer, campione di scacchi.

5 RISORSE Si tratta di beni (materiali o immateriali) che possono essere usati per raggiungere il traguardo, come ad esempio il numero di vite a disposizione o di unità di gioco, il livello di salute, il denaro, le azioni e il tempo a disposizione, equipaggiamento, poteri magici etc. Allo stesso modo ogni giocatore ha a disposizione delle risorse proprie in quanto essere umano quali le abilità fisiche o mentali, una vasta cultura generale, prontezza di riflessi, predisposizione all’elaborazione di strategie, fortuna etc.

LA PIRAMIDE DELLE SCELTE:

6

CONFLITTO

Ci sono tre tipi di conflitto nei giochi: Gli ostacoli: possono essere di tipo fisico (es. i sacchi nella corsa coi sacchi, l’acqua in una partita di golf) o di abilità come nei puzzles o nei giochi di avventura. Gli avversari: gli altri giocatori, piuttosto che il gioco stesso. I dilemmi: il conflitto è basato su una decisione difficile da prendere per il giocatore. Il giocatore viene posto di fronte a una scelta, a rischio maggiore corrisponderà “premio” o “pena” maggiore (risk VS reward), sta al designer progettare queste scelte in modo tale che non siano di immediata valutazione ma dettate in parte dall’istinto del singolo, dall’istinto di gioco.

CRITICA > VITA O MORTE IMPORTANTE > IMPATTO DIRETTO E IMMEDIATO NECESSARIA > IMPATTO INDIRETTO O RITARDATO MINORE > LEGGERO IMPATTO, DIRETTO O INDIRETTO SENZA CONSEGUENZE > NESSUN IMPATTO

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DECISIONI E CONSEGUENZE DECISIONE VANA

NESSUNA CONSEGUENZA REALE

DECISIONE OVVIA

NESSUNA DECISIONE REALE

DECISIONE DISINFORMATA

SCELTA ARBITRARIA

DECISIONE INFORMATA

IL GIOCATORE È AMPIAMENTE INFORMATO

DECISIONE DRAMMATICA

INFLUISCE SULLO STATO EMOZIONALE DEL GIOCATORE

DECISIONE PONDERATA

UNA DECISIONE BILANCIATA CON CONSEGUENZE SU ENTRAMBI I FRONTI

DECISIONE IMMEDIATA

CON IMPATTO IMMEDIATO

DECISIONE A LUNGO TERMINE

CON IMPATTO RITARDATO

un altro modo per introdurre scelte interessanti nel gioco è quello di incorporare dei puzzles all’interno.

più soggetti, tali per cui le decisioni di un soggetto possono influire sui risultati conseguibili da parte di un rivale secondo un meccanismo di retroazione, e sono finalizzate al massimo guadagno del soggetto. Nel modello della teoria dei giochi la premessa indispensabile è che tutti devono essere a conoscenza delle regole del gioco, ed essere consapevoli delle conseguenze di ogni singola mossa. La mossa, o l’insieme delle mosse, che un individuo intende

LA TEORIA DEI GIOCHI La teoria dei giochi è la scienza matematica che analizza situazioni di conflitto e ne ricerca soluzioni competitive e cooperative tramite modelli, ovvero uno studio delle decisioni individuali in situazioni in cui vi sono interazioni tra due o

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fare viene chiamata “strategia”. In dipendenza dalle strategie adottate da tutti i giocatori (o agenti), ognuno riceve un “pay-off” (che in inglese significa compenso, vincita, pagamento, ma anche esito) secondo un’adeguata unità di misura, che può essere positivo, negativo o nullo. Un gioco si dice “a somma costante” se per ogni vincita di un giocatore vi è una corrispondente perdita per altri. In particolare, un gioco”a somma zero” fra due giocatori rappresenta la situazione in cui il pagamento viene corrisposto da un giocatore all’altro. si dice invece “a somma variabile” se la somma dei payoff dei singoli giocatori cambia. La strategia da seguire è strettamente determinata, se ne esiste una che è soddisfacente per tutti i giocatori; altrimenti è necessario calcolare e rendere massima la speranza matematica del giocatore, che si ottiene sommando tutti i possibili compensi (sia positivi sia negativi) moltiplicati (pesati) per le rispettive probabilità. In un gioco esistono uno o più contendenti che cercano di vincere il gioco, ovvero, di massimizzare la propria vincita. Esiste inoltre una regola (funzione) che stabilisce quantitativamente qual è la vincita dei contendenti in funzione del loro comportamento, tale funzione si chiama funzione dei pagamenti. Ogni giocatore può prendere un numero finito (o infinito nel caso


più astratto possibile) di decisioni o strategie. Ogni strategia è caratterizzata da una conseguenza per il giocatore che l’ha presa, la conseguenza della strategia può essere un premio o una penalità. Il risultato del gioco è completamente determinato dalla sequenza delle loro strategie e dalle strategie prese dagli altri giocatori. Ma come caratterizzare il risultato del gioco per ogni giocatore? Se si misura la conseguenza di una strategia in “termini monetari”, ogni strategia può essere messa in corrispondenza con un numero: un numero negativo indicherà un pagamento all’avversario, ossia una penalità; mentre un numero positivo indicherà una vincita, ossia la riscossione di un premio. Il guadagno o la perdita spettante al generico giocatore k-esimo associata alla sua strategia e alle strategie prese in un dato istante da tutti i restanti giocatori è espresso dal valore monetario indicato dalla funzione dei pagamenti. Le decisioni prese da un giocatore naturalmente si scontrano o sono in accordo con le decisioni prese dagli altri giocatori; da simili situazioni nascono i giochi cooperativi o noncooperativi.

combinazione di giocate dei contendenti sino agli stati finali dove vengono ripartite le vincite. Un’altra possibile rappresentazione è quella matriciale. Il dilemma del prigioniero è un gioco ad informazione completa proposto negli anni cinquanta da Albert Tuckercome problema di teoria dei giochi. Il dilemma può essere descritto come segue. Due criminali vengono accusati di aver commesso un reato. Gli investigatori li arrestano entrambi e li chiudono in due celle diverse, impedendo loro di comunicare. Ad ognuno di loro vengono date due scelte: confessare l’accaduto, oppure non confessare. Viene inoltre spiegato loro che: 1.

2. 3.

se solo uno dei due confessa, chi ha confessato evita la pena; l’altro viene però condannato a 7 anni di carcere. se entrambi confessano, vengono entrambi condannati a 6 anni. se nessuno dei due confessa, entrambi vengono condannati a 1 anno.

CONFESSA

Almeno in linea di principio, si può descrivere ogni gioco mediante la forma estesa. Ovvero lo si può rappresentare con un grafo ad albero rappresentando ogni possibile

CONFESSA (6,6) NON CONFESSA (7,0)

Questo gioco può essere descritto con la seguente bimatrice: La miglior strategia di questo gioco non cooperativo è “confessa, confessa”. Per ognuno dei due lo scopo è infatti di minimizzare la propria condanna; e ogni prigioniero: confessando > rischia 0 o 6 anni, non confessando > rischia 1 o 7 anni. La strategia non confessa è strettamente dominata dalla strategia confessa. Eliminando le strategie strettamente dominate si arriva all’equilibrio di Nash, dove i due prigionieri confessano e hanno 6 anni di carcere. Il risultato migliore per i due (“ottimo paretiano”) è naturalmente di non confessare (1 anno di carcere invece di 6), ma questo non è un equilibrio. Supponiamo che i due si siano promessi di non confessare in caso di arresto. Sono ora rinchiusi in due celle diverse e si domandano se la promessa sarà mantenuta dall’altro; se un prigioniero non rispetta la promessa e l’altro sì, il primo è allora liberato. C’è dunque un dilemma: confessare o non confessare. La teoria dei giochi ci dice che c’è un solo equilibrio, “confessa, confessa”.

NON CONFESSA (0,7) (1,1)

Nella progettazione di un gioco è dunque necessario prevedere il range delle possibili decisioni dei giocatori (decision tree) e le relative conseguenze alle decisioni degli

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avversari. Bisogna stare attenti ad evitare la possibilità di strategie degeneranti, che porterebbero alla vittoria sicura il giocatore in questione, riducendo tutto il piacere del gioco. Il conflitto emerge maggiomente nei giochi non cooperativi (in cui non è possibile stipulare e far rispettare contratti vincolanti) ma è naturalmente presente anche in quelli cooperativi (in cui i partecipanti possono stipulare contratti vincolanti che permettono loro di porre in atto strategie congiunte). Allo stesso modo, risulta più evidente nei giochi simultani (in cui i giocatori scelgono le azioni simultaneamente) dove spesso è presente anche una sfida contro il tempo, piuttosto che in quelli sequenziali un gioco in cui i giocatori scelgono le azioni secondo una successione particolare).

Il conflitto è un elemento intrinseco di ogni gioco. Può essere diretto o indiretto, violento o non violento, ma è sempre presente.

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Chris Crawford, the art of computer game design

Più il dilemma è critico, più il conflitto è accentuato, più intrigante sarà il gioco. Il conflitto emerge automaticamente quando si entra nel “cerchio magico”, quando ci si prefigge un obbiettivo da raggiungere. Può trattarsi di conflitto individuale o di squadra, cooperativo o non, diretto o indiretto. Tutti i giochi implicano competizione, che si tratti di competizione tra i giocatori piuttosto che contro il gioco stesso e, in un certo senso, tutti i giochi implicano anche cooperazione, in quanto tutti i giocatori collaborano utilizzando il linguaggio del gioco e rispettandone le regole.

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si trova, sia questo pratico, politico, fisico o ideologico. Sta al game designer comprendere in quale contesto culturale si inserisce il proprio gioco. Alcuni giochi, legati in particolare all’educazione, alla sostenibilità piuttosto che al sociale, funzionano da veri e propri mezzi attraverso cui trasmettere valori. Tutti i giochi riflettono la retorica del contesto culturale nel quale sono stati ideati o giocati, e questo vale sia per giochi antichi che per quelli contemporanei. Brian Sutton Smith identifica sette “retoriche di gioco”: 1.

IL CONTESTO Per un game designer è fondamentale progettare non solo il gioco in sé, ma prevedere anche il gioco nel gioco, il cosiddetto metagame: quale contributo un giocatore porta nel gioco, cosa ne trae, cosa succede nel gioco e cosa succede durante il gioco all’infuori di esso. All’infuori dei giochi in sé, ma parte integrante degli stessi, sta il fattore culturale. Tutti i giochi riflettono aspetti culturali. Alcuni cercano persino di agire sul contesto culturale stimolando un cambiamento genuino. Resta il fatto che ogni gioco deve relazionarsi con il contesto in cui

2.

3.

4.

Il gioco come progresso: il gioco è un modo per trasformare i bambini in adulti. Porta valore in quanto educa e sviluppa le capacità cognitive del bambino. Es. tutte le forme di giochi infantili o legati al mondo animale. Origine contemporanea. Il gioco come destino: le vite umane, così come il gioco, sono governate dal fato, in forma di destino, divinità, atomi, neuroni o fortuna, ma non dal libero arbitrio. Es. scommesse e giochi di fortuna. Origine antica. Il gioco come potere: il gioco è una forma di conflitto e un modo per affermare il proprio status. Es. sport. Origine antica. Il gioco come identità: il gioco è un mezzo per affermare l’iden-


5.

6.

7.

tità di un gruppo di giocatori. Es. celebrazioni e festivals. Origine antica. Il gioco come immaginario: immaginazione e creatività sono le essenze del gioco. Gioco è sinonimo di innovazione. Es. giocose improvvisazioni nell’arte, nella letteratura o in altre forme di culture. Origine contemporanea. Il gioco come retorica di sé: il gioco esiste per sviluppare il proprio io attraverso esperienze di piacere, grazie al gioco stesso o alla soddisfazione derivante da una performance. Es. Attività solitarie come gli hobby o rischiose come l’arrampicata. Il gioco come frivolezza: il gioco è parodia e rivoluzione, in opposizione alle teorie che lo giudicano privo di utilità. Es. Il ruolo storico del truffatore e del giullare. Origine antica.

Certi giochi interagiscono con il contesto circostante in maniera evidente, rendendo talvolta i confini tra gioco e realtà un po’ offuscati. È il caso di Seasons of Darkness, strettamente legato alla città di New York dove i giocatori arrivavano a camuffarsi nella folla per fuggire ai propri persecutori. La cultura entra a far parte del gioco che lo vogliamo o no. Prendiamo ad esempio The Landlord’s game, l’antenato del Monopoli, progettato da

Lizzie Magie nel 1904. Il gioco nasce proprio con l’intento di mostrare gli effetti negativi del monopolio in campo economico, precisamente in relazione alla terra. Si trattava di un gioco anti-capitalista in cui il conflitto non era basato sull’appropriarsi dei terreni e dunque sull’accumulare monopoli, quanto sul districarsi dai problemi derivanti dal sistema prevalente. Allo stesso modo Vampires: the masquerade, gioco di ruolo in cui i giocatori impersonano dei vampiri, è un esempio della retorica del gioco come identità. Il gioco infatti divide i giocatori dal resto della società creando uno spazio che rafforzi il loro senso di comunità, la loro identità. Vampires inoltre, facilita l’introduzione di nuovi giocatori, sempre possibile grazie alla possibilità di introdurre nuovi personaggi nel racconto, e incoraggia il role-playing, lo storytelling e la conoscenza del mondo vampiresco, conferendo senso e valore all’esperienza di gioco. È dunque importante capire quali ideologie si stanno trasmettendo, quali aspetti culturali sono coinvolti. Vampires, the masquerade può essere definito un “open culture game”, ovvero un gioco in cui il giocatore diventa anche creatore del sistema, modificandone aspetti formali, esperienziali o culturali. Al giocatore è permesso di accedere alla struttura

del gioco, e di agire su di essa influendo sul significato. Si tratta di giochi progettati appositamente per essere manipolati. Allo stesso modo Zendo, un gioco di induzione logica, prevede che un giocatore, il master, definisca una regola che il resto dei giocatori deve cercare di indovinare creando configurazioni che la rispettino con i pezzi del gioco. Le regole in questione si basano sui colori, sulle combinazioni, sul numero etc dei pezzi ma possono anche basarsi su qualcosa che stia al di fuori del gioco in sé, come ad esempio può trattarsi della regola di creare la costruzione mentre si sorride. In questo modo il gioco si fa stimolo creativo.

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ESITO, INCERTEZZA E INFORMAZIONE

L’esito del gioco deve essere incerto per mantenere vivi l’attenzione e l’interesse dei giocatori e il gioco deve essere progettato in modo tale da dare a tutti i giocatori la stessa possibilità di vincere. È indispensabile che in ogni gioco ci sia un certo grado di incertezza. Non è piacevole per un giocatore sapere già come andrà a finire, il gioco perderebbe totalmente di senso. Vi sono due livelli di incertezza, uno relativo alle azioni che si compiono di volta in volta, dettate in parte dal

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Bisogna stare attenti a dare il giusto dosaggio di incertezza/casualità dal momento che, come dicevamo, un gioco prevedibile risulta noioso e poco competitivo, ma anche un gioco troppo dipendente dalla fortuna non è piacevole poiché poco stimolante. È dunque importante, in fase di progettazione, tener conto delle probabilità matematiche in relazione al meccanismo azione-esito del gioco, verificandone l’impatto sull’intero sistema. Sistemi semplicissimi riescono a creare interessanti scelte di gioco proprio sfruttando un alto livello di incertezza. Es. Pig Pig un gioco di dadi semplicissimo. Il giocatore A tira un dado. Se esce un numero tra 2 e 6 accumula il punteggio relativo e può continuare a tirare il dado finché non decide di smettere. L’obbiettivo del gioco è raggiungere 100 punti evitando di far uscire l’1, che comporterebbe la

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perdita di tutti i punti accumulati in quel turno e il passaggio del dado al giocatore B e via dicendo. In questo caso l’elemento del rischio fa da padrone ma il grado di incertezza è matematicamente ben gestito dal momento che tutti hanno le stesse probabilità di vincere. Il grado di incertezza è solitamente collegato al grado di informazione che viene fornita. Prendiamo ad esempio un gioco come Mastermind. A ogni turno un giocatore tenta di indovinare la corretta combinazione di colori/posizioni pensata dall’avversario ricevendo un feedback da costui tramite segnalini bianchi (colore corretto, posizione sbagliata) e neri (colore e posizione corretti). A ogni turno dunque il giocatore si avvicina sempre di più alla risposta, facendo regredire il grado di incertezza.

“ Tutti i giochi di carte puntano sul fat-

to che una carta ha sempre due lati, uno dal quale rivela la propria identità (asso di picche, regina di cuori etc) e uno indistinguibile da tutte le altre carte del mazzo. Questo elemento di segretezza pone i giochi di carte all’interno di una categoria detta “giochi dall’informazione imperfetta”, che si distingue dagli altri, come gli scacchi ad esempio, in cui ogni giocatore conosce sempre le risorse dell’avversario.

caso, dalla fortuna (es. tiro dei dadi), un altro legato invece all’andamento generale del gioco, dando a tutti i giocatori le stesse possibilità di vittoria si crea automaticamente quell’incertezza tale che spinge i giocatori a giocare. Alcune azioni portano a risultati previsti, altre sono dettate dal rischio, l’esito non è conosciuto ma si conoscono le possibilità dei risultati, altre ancora hanno esiti imprevedibili.

(David Parlett, the Oxford dictionary of card games)

Ecco dunque che si crea un’ ulteriore distinzione tra: perfect information games > i giocatori condividono tutte le informazioni. (Es. Scacchi, Backgammon). Questi giochi tenono ad avere un maggior grado di strategia e competizione al loro interno. imperfect information games > alcune informazioni sono nascoste ai giocatori. (Es.Pocker, Memory). Presentano dunque un maggior grado di incertezza. Celia Pearce ha identificato quattro tipi di informazione presenti nei giochi: 1. 2. 3. 4.

Informazioni condivise da tutti i giocatori; Informazioni conosciute da un solo giocatore; Informazioni conosciute esclusivamente dal gioco stesso; Informazioni generate casualmente.

Giocare resta sempre un piacere, è l’atto stesso del giocare, a prescindere dall’esito, a procurarci piacere. È detto “flow” il momento di piacere che deriva dal compiere un’attività della quale abbiamo pieno controllo. Come si può vedere dallo schema, con giocatori dalle forti capacità e


Uno degli aspetti che rende i giochi così stimolanti è la loro capacità di ricreare mondi realistici o fantasiosi permettendoci di “vivere” un’esperienza “magica”. Ciò è dovuto alla loro capacità narrativa. Maggiore è l’elemento narrativo nel gioco, maggiore è il coinvolgimento. Il fattore narrativo emerge dalla combinazione di alcuni elementi quali la presenza di un obbiettivo da raggiungere, il conflitto tra i giocatori o tra i giocatori e il sistema e l’incertezza dell’esito finale. Parlando per estremi, la componente narrativa è fortissima nei giochi di ruolo come Vampires: the masquerade o Dungeons & Dragons, in cui i giocatori impersonano effettivamente dei personaggi e immaginano, simulano, una vera e propria storia che li vede protagonisti. Il fattore spaziale ha grande impat-

to sulla componente narrativa, specialmente in quei videogiochi in cui l’ambiente è riprodotto talmente realisticamente che ci sembra di esserci dentro. l gioco è sempre una rappresentazione. Per coinvolgere maggiormente i giocatori e rendere l’esperienza di gioco più “realistica” e dunque divertente, è necessario creare una premessa al gioco, descrivere una situazione piuttosto che un’introduzione alla storia , dare un senso a ogni parte, descrivere luoghi e personaggi al meglio.

Il soggetto della simulazione dipende dal tipo di conflitto che il gioco vuole ricreare. Troviamo spesso conflitti territoriali, economici o di conoscenza.

“ I videogiochi solitamente imitano si-

Quando si progetta un gioco bisogna assicurarsi di poter rispondere a determinate domande:

tuazioni reali: razzi che accelerano e si muovono nello spazio, palle da pingpong che rimbalzano, un kayak nella corrente di un fiume, la catena alimentare in un gioco sull’ecologia. Il gioco degli scacchi è un’astrazione basata su una battaglia tra due piccoli gruppi di guerrieri: allo stesso modo, i videogiochi imitano la vita. Un videogioco è una simulazione, un modello, una metafora.

un livello di sfida basso, il gioco risulterebbe noioso. Allo stesso modo, una richiesta troppo alta, con un livello di abilità dei giocatori modesto, creerebbe uno stato d’ansia che impedirebbe il raggiungimento di piacere dato dall’esperienza di gioco, piacere che si ottiene appunto da un giusto bilanciamento di queste due variabili: sfida e abilità. Un’altra qualità non indifferente per rendere un gioco piacevole, è la sua varia ripetibilità, ovvero la possibilità di poter giocare più volte a uno stesso gioco senza che l’esperienza risulti identica alla precedente.

(Warren Robinett, inventing the adventure game)

Trattandosi di una simulazione e non della realtà, nei giochi è concesso di tutto, restando ovviamente nel rispetto delle regole. I giocatori si trovano in una sorta di “zona protetta” dove possono correre rischi con conseguenze irrilevanti rispetto a quelle del mondo reale.

FOCUS SUGLI ELEMENTI FORMALI: • • • • •

Esistono molteplici simulazioni che non sono giochi, ma tutti i giochi possono considerarsi simulazioni. Operano metaforicamente, non ricreano letteralmente una rappresentazione del contesto di riferimento.

• • • • •

Qual è il conflitto nel gioco? Quali sono le regole e i procedimenti? Quali azioni compiono i giocatori e quando? Ci sono dei turni da rispettare? come funzionano? Quanti giocatori possono giocare? Quanto dura il gioco? A chi è rivolto? Su quale supporto? Quali sono i limiti e le opportunità? ...

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DEFINIRE LA STRUTTURA DEL GIOCO:

1. 2. 3.

È consigliato osservare i giocatori, lasciandoli fare ma chiedendo loro di esplicitare ad alta voce le motivazioni delle loro azioni.

• • • • • • • •

Definire l’obbiettivo di ogni giocatore Di cosa ha bisogno un giocatore per vincere? Qual è l’azione più significativa che un giocatore potrebbe compiere? Quali sono le regole più critiche? Come funziona un turno? (flow-chart) Come interagiscono tra di loro i giocatori? ...

Si potrà dunque passare alla fase di prototipazione seguita da quella di testing e di valutazione.

PLAYTESTING La fase di playtesting è importantissima poiché permette di rilevare innanzitutto se il gioco funziona, se è comprensibile, se il flusso scorre incontrastato,aiuta a rilevare eventuali bug del gioco, aspetti positivi da enfatizzare o negativi da ridurre/ eliminare. Nella progettazione di un gioco occorrono solitamente tre fasi di playtesting:

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Su se stessi Su amici/familiari Sul target

Metodi di playtesting: One-on-one testing: più adatto nell’ambito dei videogiochi, consiste nel far giocare i giocatori singolarmente osservandoli attraverso un vetro. Il designer potrà porre loro alcune domande prima e dopo la sessione di gioco. Group testing: i giocatori si ritrovano attorno a un tavolo a giocare. Li si osserva e si pongono loro alcune domande anche mentre stanno giocando. Feedback forms: prevede la realizzazione di un questionario da compilare dopo la sessione di gioco. Interview: si intervistano i giocatori, faccia a faccia, in seguito alla sessione. In questo caso le domande sono più approfondite rispetto al caso precedente. Open discussion: può avvenire tra designer e singolo giocatore piuttosto che in gruppo. Non si tratta più di domande specifiche ma di una

vera e propria discussione di cui il designer prende nota nel mentre. Data hooks: è il sistema stesso (solitamente nel caso di un videogioco) che prende nota dei movimenti, delle scelte, dei “click” dell’utente fornendo dunque una serie di dati.

VALUTAZIONE Nella fase di valutazione bisogna distaccarsi temporaneamente dal proprio progetto e guardarlo con occhio critico. Il gioco è funzionale? Con funzionale si intende in questo caso che i giocatori posano interagire con esso senza l’aiuto del progettista ma semplicemente seguendo il libretto di istruzioni fornito piuttosto che intuitivamente. Il gioco è bilanciato? Bisogna fare attenzione che non ci siano strategie, azioni o oggetti che sbilancino troppo il gioco dominando tutti gli altri. È dunque necessario bilanciare le variabili di gioco, le dinamiche, le abilità e le condizioni di partenza. I giochi possono essere simmetrici o asimmetrici. Con simmetria nel gioco si intende che tutti i giocatori hanno le stesse condizioni di partenza, le stesse risorse e informazioni come ad esempio negli scacchi. È interessante utilizzare


un’asimmetria negli obbiettivi dati ai singoli giocatori. 1. Il gioco è divertente? Il desiderio di raggiungere l’obbiettivo rende il gioco più allettante e può essere alimentato da una serie di obbiettivi minori in corso d’opera. La presenza di avversari e di scelte difficili nonché l’intenzione di superare i propri limiti, quindi di esercitarsi sull’onda di compiti difficili contribuiscono alla riuscita del gioco. Ai fini dell’esperienza di gioco, l’interazione sociale e la possibilità di esplorare e scoprire nuovi mondi rendono l’attività più coinvolgente, così come la possibilità di espressione, di collezionare “oggetti” durante il percorso e di costruire piuttosto che distruggere qualcosa.

* CONDIZIONI CHE RENDONO

1.

PIÙ PIACEVOLE L’AZIONE DI GIOCO:

> L’elemento di sfida > La concentrazione > Devono essere chiari gli obbiettivi > Ogni azione deve avere un feedback immediato

CHE * ELEMENTI UCCIDONO IL

DIVERTIMENTO: > Troppo poco controllo del gioco / Eventi random > Stagnazione, quando sembra non succedere nulla di nuovo > Ostacoli insormontabili > Percorsi ed esiti prevedibili

> Bisogna permettere al giocatore di avere un certo grado di controllo sul gioco > L’elemento sorpresa > Il veder progredire il proprio personaggio, territorio, etc

Nel capitolo successivo vedremo invece alcuni esempi che sono stati analizzati nello specifico, poiché d’ispirazione al progetto.

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