Abolire la miseria della Calabria e il 150° dell'Italia Unita

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Nel 150° dell’Italia Unita

Nel 150° dell’Italia Unita

Un numero speciale

Un numero unico

solo 1,00 Copia Omaggio Ma un contributo libero è gradito

Con il contributo della

Periodico nonviolento di Storia, Arte, Cultura e Politica laica liberale calabrese

Con il contributo della

Mag g io - D ice mbre 2010 - Anno I V - N. 5, 6, 7, 8, 9, 1, 11 e 12

Presagi e moniti di Benedetto Musolino

All’interno

E’ ben giusto che chi gode i maggiori privilegi, sia sottomesso ai maggiori sacrifici

INSERTO SPECIALE LA STAMPA NEL CENTENARIO

Servono luci radicali, libertarie e democratiche nel grigio dell’attuale situazione culturale italiana

DA MORELLI E AMMIRA’ A BERLUSCONI

Le celebrazioni dell’Unità d’Italia di cui tanto si parla, spesso a sproposito e senza cognizione di causa, hanno riportato all’attualità la storia del nostro Risorgimento: una sorta di “revival” della questione meridionale che paradossalmente diventa per la Lega & C questione settentrionale che oggi va tanto di moda e che quasi sempre finisce per diventare una occasione per gettare fango sui “terroni” tra una polenta imboccata al “senatur” ed una “pajata” in salsa romanesca: tragicomico.

di Maria Elisabetta Curtosi >> Pag 4

I campioni di italianità, forgiati nel collegio S. Adriano, non restarono in Calabria a contenere i loro ideali

GLI ITALO ALBANESI NEL PROCESSO DELL’ITALIA UNITA ---

La fucina di diavoli ---

Un contributo pieno di motivi e di orgoglio per la progenie di tanti eroi

di Salvatore Colace & Nicola Basilio Barbieri >> a Pag. 5 e 6

Giuseppe Mazzini, precursore del nuovo diritto pubblico europeo

L'apostolo che ci ha mostrato il cammino verso un nuovo mondo

di F.C. & G.C. >> a Pag. 8 ISSN 2037-394X

Un calabrese dalla “costante fede italiana” che “amava aguzzare l’occhio nell’avvenire della Patria”

Una riforma radicale: L'imposta progressiva per combattere la lussuria irrompente del capitale di Giuseppe Candido e Filippo Curtosi uando la politica, anche quella calabrese, sembra perdere il suo senso d'Unità pensando a secessioni e partiti “meridionali” per competere con la La Lega del Nord, forse non è davvero tempo sprecato guardarci indietro, non Speciale 150° per commemorare, ma dell’Italia Unita per trarre, dai migliori, l’esempio. In una piazza di Pizzo di Calabria, la bella epigrafe dettata da Ferdinando Martini fa ammenda dell’aspro giudizio di taluni contemporanei, e dice in sintesi della vita e delle gesta di Benedetto Musolino (Pizzo, 18081885), patriota e politico Senatore del Regno d’Italia nella XIII legislatura. A ricordarlo era Alfredo Gigliotti, direttore di una vecchia rivista di “Rassegna Calabrese”. Un mensile di vita, cultura, informazioni che, nel numero unico di novembre e dicembre del 1961, in occasione del centenario dell’Unità d’Italia, ne ripercorreva la vita e le gesta per consentire ai posteri di “correggere le sentenze ingiuste”. Perché, scriveva il Gigliotti, “E' ben vero che i posteri sono quasi fatti apposta per correggere le sentenze ingiuste dei predecessori”. La famiglia Musolino occupa uno dei cospicui posti della storia del Risorgimento: lo zio e il Padre di Benedetto erano stati patrioti del novantanove ed avevano dovuto

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emigrare a causa della persecuzione delle bande del Cardinale Ruffo; lo zio Domenico e il figlio primogenito Saverio, erano stati poi uccisi durante la reazione del ’48; una sorella del giovane Benedetto fu madre di Giovanni Nicotera. Ma tutte le virtù familiari e patriottiche sembrarono riassumersi in Benedetto Musolino, nato l’8 febbraio 1809. Giovanissimo, visitò l’Impero Ottomano ; studente a Napoli fondò, con Luigi Settembrini una sua “Giovine Italia”, una setta nota col nome di della “Figlioli Giovine Italia”, men fortunata di quella del Mazzini; cospiratore soffrì il carcere, combattente all’Angitola, nel ’49 promosso Colonnello di Stato Maggiore, ritornò dall’esilio di Francia per raggiungere Garibaldi in Sicilia. Fu quindi capo dell’insurrezione calabrese del 1860 e “deputato garibaldino al parlamento fino alla XIII Legislatura, ove portò alta e generosa l’affermazione della sua costante fede italiana”. L’8 maggio del 1839 venne arrestato e assieme a lui presero la via del carcere anche il fratello Pasquale, Saverio Bianchi, Raffaele Anastasio e Luigi Settembrini. Liberato tre anni più tardi gli venne imposto di raggiungere il proprio... >> Pag 7

TRA RIFLESSIONE STORICA E NUOVE RAGIONI DI IMPEGNO CONDIVISO “Fu nell'800 il formarsi dell'Italia come Stato unitario”

Riproporre le acquisizioni della nostra cultura storica, relative a quel che hanno rappresentato il Risorgimento e la sua conclusione nella storia d'Italia e d'Europa

di Giorgio Napolitano ubblichiamo il testo dell’intervento del Presidente Napolitano: "Verso il 150° dell'Italia Unita: tra riflessione storica e nuove ragioni di impegno condiviso", gentilemte concessoci con nota ufficiale (Prot. SGPR 11/06/2010 0062663 P) a firma del Segretario Generale del Presidente della Repubblica, Pasquale Cascella che ci ha “Rappresentato i sensi del Presidente Giorgio Napolitano per l’iniziativa di dedicare un numero del periodico “Abolire la miseria della Calabria” al tema del Mezzogiorno nel centocinquantenario dell’Unità d’’Italia”. Rngraziando con cuore il Presidente Giorgio Napolitano e il Segretario Generale Cascella, a nome di tutta la redazione porgiamo il nostro saluto augurale per un Buon 2011 al Garante della Costituzione che dà ascolto ai giovani.

P

*** Roma, Accademia dei Lincei, 12/02/2010 Presidente Ciampi, Autorità, Signore e Signori, ringrazio vivamente il Presidente Maffei per le sue cortesi parole di saluto. E ringrazio con lui e con il Vice Presidente Professor Quadrio Curzio, voi tutti, signori Soci dell'Accademia, per il privilegio e per l'occasione che mi avete offerto invitandomi a presentare in questa sede così rappresentativa e autorevole, le convinzioni che mi guidano in vista di un evento di straordinario rilievo istituzionale. La convinzione, in primo luogo, che la cultura italiana, in tutte le sue espressioni, sia chiamata a dare un contributo essenziale alle celebrazioni del centocinquantenario dell'Unità. Parlo innanzitutto, naturalmente,

della cultura storica, il cui ricco patrimonio di studi sul Risorgimento e sul processo unitario merita di essere richiamato all'attenzione generale e riproposto nel modo più incisivo dinanzi al grave deficit di conoscenze storiche diffuse di cui soffrono intere generazioni di italiani. La riflessione storica, ed egualmente l'indagine sulle vicende politico-istituzionali ed economico-sociali, debbono peraltro abbracciare l'evoluzione dell'Italia unita nei periodi successivi alla fondazione del nostro Stato nazionale, fino a consentire un bilancio persuasivo da far valere nel tempo presente. Perché in effetti con l'avvicinarsi del centocinquantenario si vedono emergere, tra loro strettamente connessi, giudizi sommari e pregiudizi volgari sul quel che fu nell'800 il formarsi dell'Italia come Stato unitario, e >> Pag 2, 3 e 4


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TRA RIFLESSIONE STORICA E NUOVE RAGIONI DI IMPEGNO CONDIVISO

Speciale 150° dell’Italia Unita

Per riproporre le acquisizioni della nostra cultura storica, relative a quel che hanno rappresentato il Risorgimento e la sua conclusione nella storia d'Italia e d'Europa

segue dalla prima bilanci approssimativi e tendenziosi, di stampo liquidatorio, del lungo cammino percorso dopo il cruciale 17 marzo 1861. C'è chi afferma con disinvoltura che sempre fragili sono state le basi del comune sentire nazionale, pur alimentato nei secoli da profonde radici di cultura e di lingua ; e sempre fragili, comunque, le basi del disegno volto a tradurre elementi riconoscibili di unità culturale in fondamenti di unità politica e statuale. E c'è chi tratteggia il quadro dell'Italia di oggi in termini di così radicale divisione, da ogni punto di vista, da inficiare irrimediabilmente il progetto unitario che trovò il suo compimento nel 1861.

di Giorgio Napolitano

proclamata poco più di un anno prima. E ci si può chiedere se si tratta di un'espressione rituale, di una meditata e convinta visione della condizione effettiva del Paese, o di un supremo, vincolante impegno politico e morale. Ma in quel momento non poteva comunque mancare, nei padri costituenti, la consapevolezza di come l'unità della nazione e dello Stato italiano fosse stata appena, faticosamente messa al riparo da prove durissime che l'avevano come non mai minacciata. Una consapevolezza che dovrebbe oggi essere seriamente recuperata : avrebbero potuto resistere a quelle prove le basi della nostra unità nazionale se fossero state artificiose, fragili, poco sentite e condivise, come da qualche parte si continua a ripetere? L'unità forgiatasi nel Risorgimento aveva ben presto dovuto far fronte all'esplodere - già nell'estate del 1861 - del brigantaggio meridionale, che sembrò mettere in causa l'adesione delle popolazioni del Mezzogiorno al nuovo Stato nazionale, e su cui 1859 fece leva il tentativo borbonico di suscitare una guerriglia politica a fini di restaurazione. Le forze del giovane Stato italiano dovettero impegnarsi per anni, fino al 1865, per sventare quel tentativo, per sconfiggere militarmente il "grande brigantaggio", senza che peraltro venissero date risposte a quel che era stata anche una disperata guerriglia sociale dei contadini poveri del Mezzogiorno. Le ragioni storiche profonde dell'Unità risultarono più forti dei limiti e delle tare, pure innegabili, dell'unificazione compiutasi nel 1860-61 ; e ressero per lunghi decenni, da un secolo all'altro, a fratture e sommovimenti sociali, a conflitti e rivolgimenti politici che pure giunsero a scuotere l'Italia unita. Ma con la crisi succeduta alla prima guerra mondiale, con il rovesciamento, ad opera del fascismo, delle istituzioni liberali dello Stato unitario, e con la conseguente estrema deriva nazionalistica e bellicista della Non deve sottovalutarsi la presa che può avere in diversi politica italiana, si crearono le premesse per un fatale strati dell'opinione pubblica questa deriva di vecchi e nuovi processo dissolutivo che culminò emblematicamente nella luoghi comuni, di umori negativi e di calcoli di parte. E giornata dell'8 settembre del 1943. bisogna perciò reagire all'eco che suscitano, in sfere lontane Quando l'Assemblea Costituente si riunisce a da quella degli studi più seri, i rumorosi detrattori Roma e si mette all'opera per assolvere il suo mandato, essa dell'Unità italiana. ha dunque alle spalle precisamente il collasso dello Stato Ci sarà modo, nel corso di quest'anno e del prossimo, attra- che era nato, nazionale e unitario, sotto l'egida della verso iniziative di molteplice natura già in via di program- monarchia sabauda, per finire travolto dalla degenerazione mazione, di lumeggiare - nel rapporto con pubblici qualifi- totalitaria e dall'avventura di guerra del fascismo, avallata cati e con più vaste comunità di cittadini - passaggi essen- dalla monarchia. Non a caso, lo Stato rinasce nella forma ziali, e fondamentali figure di protagonisti, del processo repubblicana, per volontà popolare, e si appresta a darsi un unitario. E bisognerà così rivalutarne e farne rivivere anche nuovo quadro di istituzioni, di principi e di regole per aspetti e momenti esaltanti e gloriosi, mortificati o irrisi accogliere le istanze di libertà, di democrazia, di progresso spesso per l'ossessivo timore di cedere alla retorica degli civile e sociale, di degna e pacifica presenza nel mondo, di ideali e dei sentimenti. un'Italia che ha ritrovato la sua unità. L'ha ritrovata a carisIo vorrei solo - guardandomi dal tentare impossibili sintesi simo prezzo. Perché allo sfacelo del vecchio Stato sono - suggerire, qui, il punto di osservazione dal quale si può seguiti gli anni dell'occupazione straniera, liberatrice al meglio cogliere la forza e la validità dell'esperienza storica Sud e ferocemente dominatrice al Nord ; sono seguiti i 20 dell'Italia unita. Un punto di riferimento come quello cos- mesi dell'Italia tagliata in due. tituito dagli eventi che fanno per così dire da spartiacque E' guardando all'estrema drammaticità di quell'ancora tra l'Italia che consegue la sua unità e l'Italia che inizia, vicinissimo e scottante retroterra storico, che si può - dalottantacinque anni dopo, la sua nuova storia. Parlo del l'altura, per così dire, della neonata Repubblica e della sua momento segnato dall'avvento della Repubblica, dal- appena insediata Assemblea Costituente - osservare e pienl'elezione dell'Assemblea Costituente, dall'avvio e dallo amente valutare la profondità delle radici su cui l'unità svolgimento dei lavori di quest'ultima. della nazione italiana ha dimostrato di poggiare e di poter Campeggia, nella Carta che l'Assemblea giunse ad fare leva. Nel dicembre 1943 Benedetto Croce si diceva adottare nella sua interezza il 22 dicembre 1947, l'espres- "fisso nel pensiero che tutto quanto le generazioni italiane sione "una e indivisibile", riferita alla Repubblica ch'era stata avevano in un secolo costruito politicamente, economicamente e moralmente è distrutto" ; e infatti tra il '43 e il '45 l'Italia unita rischiò di perdere la sua ABOLIRE LA MISERIA DELLA CALABRIA dignità e indipendenza nazionale e vide perfino w w w. A L M C A L A B R I A . o r g insidiata la sua compagine territoriale. periodico nonviolento di storia, arte, cultura e politica laica liberale calabrese Solo l'Italia e la Germania hanno conosciuto ISSN: 2037-3945 (Testo stampato) 2037-3953 (Testo On Line) ----------------------------------------------------------------------------------- nel '900 rischi così estremi come Stati-Nazione ; Direttore Responsabile: Filippo Curtosi la Germania, a partire dagli anni '50, addirittura Direttore Editoriale: Giuseppe Candido nei termini di una prolungata, forzosa sepaVice Direttori: Giovanna Canigiula, Franco Vallone razione in due distinte e contrapposte entità stat----------------------------------------------------------------------------------uali, che avrebbe infine superato riunificandosi Editore: Associazione culturale di volontariato grazie al mutamento radicale intervenuto negli “NON MOLLARE” - Via Ernesto Rossi, 2 - Cessaniti (Vibo Valenza) assetti mondiali. Reg. Operatori Comunicazione (ROC) 19054 del 04.02.2010 Redazione, amministrazione e impaginazione L'Italia poté nel 1945 ricongiungersi come paese V ia Crotone, 24 – 88050 Crop an i (C Z ) libero e indipendente nei confini stabiliti dal Tel/Fa x . 0961 1916348- c el l . 347 8253666 Trattato di pace grazie a tre fattori decisivi : quel e.mail: almcalabria@gmail.com - internet: www.almcalabria.org moto di riscossa partigiana e popolare che fu la Stampa: BRU.MAR - V.le dei Normanni, 23/q - CATANZARO Resistenza, di cui nessuna ricostruzione storica Tel.0961.728005 - cell. 320.0955809 ------------------------------------------------------------------------------------ attenta a coglierne limiti e zone d'ombra può Registro Stampa Periodica Tribunale di Catanzaro N°1 del 9 gennaio 2007 ------------------------------------------------------------------------------------ giungere a negare l'inestimabile valore e merito Periodico partecipativo: la collaborazione è libera a tutti ed è da nazionale ; il senso dell'onore e la fedeltà all'Italia delle nostre unità militari che seppero reagire ai considerarsi totalmente gratuita e volontaria Gli articoli riflettono il pensiero degli autori che si assumono la responsabilità di fronte la legge soprusi tedeschi e impegnarsi nella guerra di Hanno collaborato a questo numero: Liberazione fino alla vittoria sul nazismo ; la Nicola Basilio Barbieri, Giuseppe Candido, Salvatore Colace, sapienza delle forze politiche antifasciste, che Filippo Curtosi, Maria Elisabetta Curtosi trovarono la strada di un impegno comune per Progetto Grafico e impaginazione : Giuseppe Candido gettare le basi di una nuova Italia democratica e Questo numero è stato chiuso il 28 Dicembre 2010 alle ore 23,30 assumerne la rappresentanza nel quadro inter-

nazionale che andava delineandosi a conclusione della guerra. Quella sapienza fu impiegata anche e in particolare per superare spinte centrifughe in regioni di confine, a Nord e ad Est, e per sventare l'insidia del separatismo siciliano. La risposta fu trovata nell'originale invenzione dell'autonomia delle Regioni a statuto speciale : innanzitutto con l'approvazione per decreto legislativo - il 15 maggio 1946 dello Statuto della Regione Siciliana, mentre con l'Accordo De Gasperi-Gruber firmato a Parigi il 5 settembre 1946 furono poste le basi della Regione Trentino-Alto Adige. Il fenomeno più grave con cui il governo nazionale dové confrontarsi nella fase difficilissima dell'affermazione della propria autorità e della creazione delle premesse per un nuovo assetto istituzionale del paese, fu costituito dal presentarsi del Movimento Indipendentista Siciliano come forza organizzata in grado di catalizzare spinte antiunitarie di contestazione aggressiva del possibile ricomporsi e consolidarsi di un potere statuale sempre centralizzato. La storia dell'autonomismo e indipendentismo siciliano aveva nell'800 borbonico attraversato diverse fasi, sfociando dopo il compimento dell'Unità e l'ingresso della Sicilia nel Regno d'Italia - in un apporto originale al dibattito sulla formazione del nuovo Stato nazionale. L'insoddisfacente conclusione di quel dibattito aveva lasciato sedimenti non superficiali nell'opinione siciliana, che riaffiorarono congiungendosi a nuove ragioni di malcontento e a nuove aspirazioni sociali quando, con il crollo del fascismo e dell'impalcatura statale che su di esso si reggeva, sembrò presentarsi una nuova, storica occasione per l'indipendenza della Sicilia dall'Italia. L'occasione sembrava - soprattutto ai capi del movimento indipendentista - essere offerta dall'occupazione angloamericana dell'Isola e da un presunto incoraggiamento da parte delle autorità alleate. Sulla complessità politica di quel movimento, sul suo non trascurabile grado di velleitarismo, sulle sue intrinseche contraddizioni, gli storici hanno indagato attentamente giungendo a giudizi molto ponderati, anche in rapporto ad aspetti come quello dei tentativi d'infiltrazione e di condizionamento da parte della mafia. Ma resta il fatto che il Movimento guidato da Andrea Finocchiaro Aprile acquisì tra la fine del '43 e l'inizio del '44 un carattere di massa, reclutando centinaia di migliaia di aderenti. E se in ultima istanza fu proprio

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l'evoluzione del quadro internazionale dal quale esso aveva inizialmente tratto forza, a liquidare quel Movimento, il governo di Roma e le forze politiche antifasciste che lo guidavano dovettero prendere decisioni difficili e a rischio di errore, prima di giungere alla scelta fondamentale, che valse a disinnescare la miccia separatista e a riassorbire un fenomeno la cui pericolosità non può in sede storica essere sottovalutata. Parlo della scelta di riconoscere alla Sicilia uno speciale Statuto di autonomia, la cui elaborazione fu affidata a un'apposita Consulta Regionale e infine, nel maggio '46 come ho ricordato, recepita per decreto dal governo. Certo, la prova costituita dalla minaccia separatista siciliana venne superata anche grazie al fatto che più forte dell'impulso a staccarsi dall'Italia risultò l'impronta lasciata nella popolazione dell'Isola dal concorso attivo e consapevole dell'aristocrazia e della borghesia al moto risorgimentale ; nonché il lascito della "larga partecipazione dell'intelligenza politica e culturale siciliana alla costruzione della realtà nazionale e statale italiana nei decenni seguiti all'Unità". Ma non c'è dubbio che per mettere in sicurezza, dopo la Liberazione, l'unità dell'Italia, essenziale fu la cor-


Speciale 150° dell’Italia Unita rezione dell'indirizzo adottato al momento della formazione dello Stato unitario a favore di una sua rigida centralizzazione e di una forzosa unificazione amministrativa e legislativa sullo stampo piemontese. Era stata una visione realistica della sola strada percorribile per fondare il nuovo Stato su basi unitarie prevenendo il rischio del riaccendersi di particolarismi locali e di pericolose spinte centrifughe, a prevalere su propositi e progetti di sia pur ponderata apertura verso il ruolo delle regioni. Ma Francesco Ferrara vide in ciò acutamente la tendenza a "confondere l'ordine con l'uniformità e l'unità con la forza". La necessità di correggere quell'indirizzo originario si espresse già nel 1946, come ho ricordato, col riconoscimento di uno speciale Statuto di autonomia alla Sicilia, alla Sardegna e - con impegni di valore internazionale - alle regioni di frontiera bilingui ; ma poi si proiettò in termini

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generali in sede di definizione dei principi costituzionali e dell'ordinamento della Repubblica. Così non a caso il richiamo alla Repubblica "una e indivisibile" è collocato in apertura di quello che diverrà - nella redazione definitiva della Carta - l'articolo 5, cui conseguirà il Titolo V, comprendente l'istituzione delle Regioni "a Statuto ordinario". Il richiamo all'unità e indivisibilità della Repubblica vale a segnare, tra i "Principi fondamentali" quello di un invalicabile vincolo nazionale ; e nello stesso tempo mette in evidenza come il riconoscimento e la promozione delle autonomie siano parte integrante di una visione nuova dell'unità della nazione e dello Stato italiano. Meuccio Ruini fu a questo proposito esplicito nella relazione con cui presentò, nel febbraio 1947, all'Assemblea Costituente il progetto elaborato dalla Commissione dei 75 : "L'innovazione più profonda introdotta dalla costituzione è nell'ordinamento strutturale dello Stato, su basi di autonomia ; e può aver portata decisiva per la storia del Paese. (...) Sarebbe stato naturale e logico che, all'atto dell'unificazione nazionale, si mantenesse qualcosa delle preesistenti autonomie ; ma prevalsero il timore e lo «spettro dei vecchi Stati» ; e si svolse irresistibilmente il processo accentratore. E' oggetto di dispute quali ne furono gli inconvenienti, ed anche i vantaggi ; molti dei malanni d'Italia si attribuiscono all'accentramento ; in ispecie pel mezzogiorno ; se anche tutti gli studiosi meridionalisti non sono fautori di autonomia. Certo si è che oggi assistiamo - e per alcune zone ci troviamo col fatto compiuto - ad un fenomeno inverso a quello del risorgimento, e sembra anch'esso irresistibile, verso le autonomie locali. Non si tratta soltanto, come si diceva allora, di «portare il governo alla porta degli amministrati», con un decentramento burocratico ed amministrativo, sulle cui necessità tutti oggi concordano; si tratta di «porre gli amministrati nel governo di sé medesimi»". Quella fu dunque la scelta dei Costituent: e io mi limito ora a rievocarla - qualunque giudizio si possa esprimere sugli svolgimenti che essa ha avuto nei decenni successivi solo per integrare l'argomento da cui sono partito sulla profondità delle ragioni e delle radici del processo unitario e sulla drammaticità delle prove da esso superate in frangenti storici cruciali ; per integrare questo argomento con quello dell'efficacia che scelte volte a incidere su antichi e nuovi motivi di debolezza dell'Unità possono avere al fine di rafforzarne le basi e le prospettive. E qui non posso non toccare il tema del più grave dei motivi di divisione e debolezza che hanno insidiato e insidiano la nostra unità nazionale. Mi riferisco, ovviamente, alla divaricazione e allo squilibrio tra Nord e Sud, alla condizione reale del Mezzogiorno. Anche le analisi più recenti hanno confermato quanto profondo resti, per molteplici aspetti, il divario tra le regioni del Centro-Nord e le regioni meridionali, al di là delle pur sensibili differenziazioni che tra queste ultime si sono prodotte. E oggi meritano forse una riflessione formule come quella,

A b o l i re l a m i s e r i a d e l l a C a l a b r i a www.almcalabria.org per lungo tempo circolata, della "unificazione economica" che avrebbe dovuto seguire e non seguì alla "unificazione politica" del paese ; s'impone un approccio meno schematico, più attento alle peculiarità che possono caratterizzare lo sviluppo nelle diverse parti del paese, e ai modi in cui se ne può perseguire l'integrazione riducendosi il divario tra i relativi ritmi di crescita. Si impone un approccio più attento a tutte le molteplici componenti di un aggravamento della questione meridionale che ha la sua espressione più evidente nel peso assunto dalla criminalità organizzata. E nell'allargare e approfondire l'analisi, si incontra il nodo di una crisi di rappresentanza e direzione politica nel Mezzogiorno che è stata fatale dinanzi alla prova dell'autogoverno regionale. E' futile e fuorviante assumere questo stato di cose come prova che l'Italia non è unita e non può esserlo. Si deve comprendere che la condizione del Mezzogiorno pone il più preoccupante degli interrogativi per il futuro del paese nel suo complesso. L'affrontare nei suoi termini attuali la questione meridionale non è solo il maggiore dei doveri della collettività nazionale, per avere essa fatto della trasformazione e dello sviluppo del Mezzogiorno una delle missioni fondative dello Stato unitario ; ma è anche un impellente interesse comune, perché è lì una condizione e insieme un'occasione essenziale per garantire all'Italia un più alto ritmo di sviluppo e livello di competitività. E infine, per ardui che siano gli sforzi da compiere, non c'è alternativa al crescere insieme, di più e meglio insieme, Nord e Sud, essendo storicamente insostenibili e obbiettivamente inimmaginabili nell'Europa e nel mondo d'oggi prospettive separatiste o indipendentiste, e più semplicemente ipotesi di sviluppo autosufficiente di una parte soltanto, fosse anche la più avanzata economicamente, dell'Italia unita. Tutte le tensioni, le spinte divisive, e le sfide nuove con cui è chiamata a fare i conti la nostra unità, vanno riconosciute, non taciute o minimizzate, e vanno affrontate con il necessario coraggio. Di queste sfide è bene avere una visione non provinciale. Non è solo l'Italia che vede messa alla prova la sua identità e funzione di Stato nazionale nel rapporto con l'integrazione europea. Il nostro è sempre stato tra i paesi fondatori dell'Europa comunitaria più sensibili e aperti all'autolimitazione della sovranità nazionale come elemento costitutivo della costruzione di un'Europa unita. Ciò non ha peraltro mai significato - anche per i più conseguenti fautori, fin dal 1950, di un modello d'Europa con significativi connotati sovranazionali - sottovalutare il peso degli Stati nazionali e degl'interessi nazionali, né tantomeno il ruolo delle identità storico-culturali nazionali. Un grande intellettuale e patriota polacco ed europeo, Bronislaw Geremek ha scritto che "la diversità delle culture nazionali resta la più ricca risorsa dell'Europa". Nessuna contraddizione, dunque, con la ricerca e l'identificazione di un nucleo comune di esperienze e valori europei in cui riconoscersi e da porre a base di una identità e solidarietà europee. Occorre invece - e lo dico ancora con parole di Geremek "superare gli egoismi nazionali che si esprimono nel giuoco delle relazioni intergovernative e fare appello a un senso di appartenenza condivisa che vada al di là dei sentimenti nazionali". Nel conflitto e nel defatigante sforzo di compromesso tra interessi nazionali, non possono che risultare perdenti il processo di integrazione europea e anche, in particolare, la posizione italiana. Già decenni fa Jean Monnet sottolineò che "la cooperazione tra le nazioni, per importante che sia", non fornisce "una soluzione per i grandi problemi che ci incalzano ... Quel che bisogna perseguire è una fusione degli interessi dei popoli europei, e non semplicemente il mantenimento degli equilibri tra questi interessi". Quel monito è drammaticamente attuale : fusione di interessi e condivisione di sovranità, perché l'Europa possa svolgere il suo ruolo peculiare, come soggetto unitario, e non rischiare di scivolare nell'irrilevanza, nel mondo globalizzato di oggi e di domani. L'identità e la funzione nazionale dell'Italia unita possono dispiegarsi solo in questo quadro, solo contribuendo decisamente all'affermarsi di questa prospettiva di sviluppo nuovo e più avanzato dell'integrazione europea. Nella fase di cambiamento della realtà mondiale che stiamo vivendo, ci si interroga in altri paesi anche più che in Italia su come si possa e debba intendere l'identità nazionale e far vivere l'idea di Nazione. In Francia, lo stesso Presidente della Repubblica ha sollecitato una ricerca e aperto un dibattito pubblico su questo tema, vedendo vacillare antiche certezze sotto la pressione di molteplici fattori, riconducibili soprattutto al più generale processo di mondializzazione. Il punto cruciale del dibattito francese appare quello della necessità di reagire a forme di chiusura comunitaria che

Pag 3 accompagnano il crescere dell'immigrazione, presentando un'idea aperta, generosa, non statica della Nazione e della sua identità, senza voler imporre l'uniformità e favorendo l'integrazione delle nuove leve di immigrati. Negli Stati Uniti, è da anni in corso la riflessione sulla tenuta dell'identità e dell'unità della Nazione, di fronte ai mutamenti indotti da nuove ondate migratorie delle più diverse provenienze. In California, negli anni '90 la comunità ispanica è cresciuta del 70 per cento, la comunità asiatica del 127 per cento ; tra il 1980 e il 1990 la percentuale dei bianchi è scesa dal 76 al 57 per cento. Da Arthur Schlesinger jr, una voce tra le più alte della cultura liberal americana, venne già con un libro del 1992 "The disuniting of America" - l'allarme per un processo di frammentazione della società in più comunità etniche separate. Egli vide messa alla prova quella capacità di governare la diversità etnica "che nessuna nazione nella storia ha mostrato" di possedere al pari dell'America, paese multietnico fin dall'inizio. La sfida investe l'idea stessa di una cultura comune e dell'appartenenza a una stessa società, l'esperienza straordinaria del melting pot, della trasformazione della diversità in unità attraverso la leva del Credo Americano, di una cultura civica che unificava e assimilava. Quelle risorse non sono però esaurite, concluse Schlesinger facendo professione di ottimismo, ovvero di fiducia nella possibilità di coltivare, tutti, le culture e le tradizioni cui si è legati senza rompere i vincoli della coesione - comuni ideali e comuni istituzioni politiche, lingua e cultura comune, senso profondo di un comune destino. Essenziale è, in definitiva, nella valutazione di Schlesinger, ristabilire l'equilibrio tra l'unum e il pluribus. Un altro importante studioso, Samuel Huntington, in un libro meno ottimistico sul futuro dell'identità nazionale americana - drammaticamente intitolato "Who are we? Chi siamo noi?" - ha ammonito : "I dibattiti sulla identità nazionale sono una caratteristica pervasiva del nostro tempo ; le crisi delle identità nazionali sono divenute un fenomeno globale". Chiudo questa digressione, volta a suggerire un allargamento delle nostre riflessioni e discussioni italiane, volta cioè a dare una percezione corretta di quel che accomuna e di quel che distingue le sfide, le prove cui sono sottoposte le compagini nazionali in Italia e variamente in Europa o, su scala e su basi molto diverse, negli Stati Uniti, protagonisti della più grande e ricca esperienza di costruzione democratica unitaria. Naturalmente, noi abbiamo da fare come italiani il nostro esame di coscienza collettivo cogliendo l'occasione del centocinquantenario dell'Unità d'Italia. Possiamo farlo, non ignorando certo i modi concreti della nascita dello Stato unitario, le scelte che prevalsero nel confronto tra diverse visioni del percorso da seguire e dello sbocco cui tendere ; non ignorando, anzi approfondendo i termini di quell'aspra dialettica, ma senza ricondurre ai vizi d'origine della nostra unificazione statuale tutte le difficoltà successive dell'Italia unita così da approdare a conclusioni di sostanziale scetticismo sul suo futuro. Le delusioni e frustrazioni che furono espresse anche da figure tra le maggiori del moto risorgimentale, e che operarono nel profondo dei sentimenti e degli atteggiamenti popolari, hanno sin dall'inizio costituito un problema da affrontare guardando avanti. Questo fu, io credo, l'apporto del meridionalismo che - con Giustino Fortunato, e grazie anche a illuminati uomini del Nord - si caratterizzò come grande cultura dell'unitarismo critico, impegnata a indicare la necessità di nuovi indirizzi nella politica generale dello Stato nazionale la cui unità veniva però riaffermata categoricamente nel suo valore storico. Certo, la frattura più grave di cui il nostro Stato nazionale ha fin dall'inizio portato il segno e che ha finito per protrarsi - nonostante i tentativi, benché non del tutto privi di successo, messi ... Continua a pag 4

1870


Pag 4 in atto a più riprese - e quindi restando ancor oggi cruciale, è quella tra Nord e Sud. E ho già detto in quali termini essa ci si presenti ora e ci impegni più che mai. Ma altre fratture originarie si sono ricomposte : come quella tra Stato e Chiesa, tra il nuovo Stato, che anche con il contributo degli uomini del cattolicesimo liberale nel corso del Risorgimento era stato concepito, e la Chiesa spogliata, perdendo Roma, del potere temporale. E, come ho notato nella prima parte del mio intervento, molte altre prove, anche assai dure, sono state superate con successo dalla comunità nazionale. Sono convinto che nell'"età della Costituente", negli anni decisivi, cioè, della ricostruzione, su basi repubblicane e democratiche, del nostro Stato unitario, venne recuperata "l'eredità del Risorgimento", dissoltasi - secondo il giudizio di Rosario Romeo - nelle "vicende della prima metà del Novecento, con le due guerre mondiali e l'avventura totalitaria". In effetti, la fine dell'epoca dei nazionalismi dilaganti e dei conflitti da essi scaturiti, consentì la riscoperta di quell'identificarsi dell'idea di Nazione con l'idea di libertà che aveva animato il moto risorgimentale. L'idea di Nazione, il senso della Patria, attorno ai quali nella prima metà del secolo scorso gli italiani si erano divisi ideologicamente e politicamente, divennero nuovamente unificanti facendo da tessuto connettivo dell'elaborazione della Carta Costituzionale. C'è da chiedersi quanto, da alcuni decenni, questo patrimonio di valori unitari si sia venuto oscurando - anche nella formazione delle giovani generazioni - e come ciò abbia favorito il diffondersi di nuovi particolarismi, di nuovi motivi di frammentazione e di tensione nel tessuto della società e della vita pubblica nazionale. E non possiamo dunque sottovalutare i rischi che ne sono derivati e che ci si presentano oggi, alla vigilia del centocinquantesimo anniversario dell'Unità. E' indispensabile, ritengo, un nuovo impegno condiviso per suscitare una ben maggiore consapevolezza storica del nostro essere nazione e per irrobustire la coscienza nazionale unitaria degli italiani. Dobbiamo innanzitutto torno a sottolinearlo - attingere a una ricerca storiografica che ha dato, fino a tempi recenti, frutti copiosi e risultati di alto livello : come il fondamentale studio dedicato da Rosario Romeo a Cavour e al suo tempo. Uno studio dal quale emerge il ruolo preminente e innegabilmente decisivo dello statista piemontese, guidato dalla "convinzione che esistesse una sola nazione italiana e che essa avesse diritto a una propria esistenza politica" ; il ruolo decisivo di quel Cavour grazie al quale, al Congresso di Parigi del 1856, per la prima volta nella storia uno Stato italiano aveva "pensato a tutta l'Italia" e "parlato in nome dell'Italia". Nello stesso tempo, è emersa ad opera degli studiosi tutta la ricchezza del processo unitario e degli apporti che ad esso vennero dai rappresentanti più alti di concezioni pur così diverse del movimento per l'Unità, come Cavour, Mazzini, Cattaneo, Garibaldi, che concorsero, dando vita all'Italia unita, al maggior fatto nuovo nell'Europa di quel tempo. Ebbene, è pensabile oggi un forte impegno per riproporre le acquisizioni della nostra cultura storica, relative a quel che hanno rappresentato il Risorgimento e la sua conclusione nella storia d'Italia e d'Europa? E per collegarvi una riflessione matura su tappe essenziali del lungo percorso successivo, fino alla rigenerazione unitaria espressasi nei valori comuni posti a base della Costituzione repubblicana? Dovrebbe essere questo il programma da svolgere di qui al 2011 : un impegno che vogliamo considerare pensabile e possibile, anche perché ci sono nuove e stringenti ragioni per condividerlo. Questo esigono le incompiutezze dell'opera di edificazione dello Stato unitario, prima, e dello Stato repubblicano disegnato dai Costituenti, dopo, e le nuove sfide al cui superamento è legato il nostro sviluppo nazionale, ed è nello stesso tempo legato il nostro apporto al rilancio di un'Europa riconosciuta e assertiva nel mondo che è cambiato e che cambia. Non c'è bisogno che dica a voi quale sforzo e contributo si richieda al mondo della cultura e alle sue istituzioni. Ma l'impegno condiviso di cui parlo implica una svolta da parte dell'insieme delle classi dirigenti, un autentico scatto di consapevolezza e di volontà in modo particolare da parte delle forze che hanno, o possono assumere, responsabilità nella sfera della politica. Spero ci si risparmi il banale fraintendimento del vedere sempre in agguato l'intento di un appello all'abbraccio impossibile, alla cessazione del conflitto, fisiologico in ogni democrazia, tra istanze politiche e sociali divergenti. E' tempo che ci si liberi da simili spettri e da faziosità meschine, per guardare all'orizzonte più largo del futuro della Nazione italiana, per elevare al livello di fondamentali valori e interessi comuni il fare politica e l'operare nelle istituzioni. Giorgio Napolitano

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Speciale 150° dell’Italia Unita

Da Morelli e Ammirà a Berlusconi

Un quadro non superficiale della storia calabrese per capire certi avvenimenti Servono luci radicali, libertarie e democratiche nel grigio dell’attuale situazione culturale italiana di Maria Elisabetta Curtosi ultimo secolo di storia italiana è stato di 8500 persone divise in 2100 fuochi (famiglie) condizionato dalla “questione merid- che dichiaravano un reddito complessivo di ionale”. 95000 Oncie. Meno di 100 famiglie detenevano Le celebrazioni dell’Unità d’Italia di la maggioranza della ricchezza assieme al clero ed cui tanto si parla, spesso a sproposito e senza cog- ai conventi, solo questi ultimi dichiaravano un nizione di causa, hanno riportato all’attualità la reddito di 20000 Oncie (22% del reddito compstoria del nostro Risorgimento: una sorta di lessivo). La stragrande maggioranza della popo“revival” della questione meridionale che para- lazione era servitù (precettori, camerieri, servi, dossalmente diventa per la Lega & C questione cocchieri, cappellani, cochi) dei nobili e dei possettentrionale che oggi sidenti. va tanto di moda e che *** La maggioranza quasi sempre finisce Michele della popolazione per diventare una Morelli era legata ancora da occasione per gettare Monteleone di Calabria, forti sentimenti borfango sui “terroni” tra 1790 bonici e aprì le porte una polenta imboccata Napoli, 1822 al Cardinale Ruffo al “ senatur” ed una “ “abbattendo gli alberi pajata” in salsa della libertà ed romanesca: tragicomiinnalzando in loro co. vece le Croci, disciolta L’Italia è anche il paese la Guardia Civica, di Goldoni. abolita la *** Municipalità, il tutto Fin’ora anche le corsenza opposizione e renti storiografiche senza disturbo”. più attente allo studio Fu proprio nella città delle condizioni generdi Monteleone che il ali e particolari in cui Ruffo organizzò la sua si è realizzata l’unità armata cristiana tra le d’Italia hanno trascufeste della poporato un piccolo partilazione e le funzioni colare e cioè quello di religiose come scriveindagare a fondo ed in va nel suo ottimo modo particolare la situazione politica ed eco- La retorica e gli storici libro l’Abate Domenico “Memorie nomica di una delle da strapazzo parlano con Sacchinelli storiche sulla vita del carregioni che componeva toni trionfalistici dinale Fabrizio Ruffo” assieme ad altre il Regno Napoli,1856. delle Due Sicilie: la dell’apporto di Con diecimila ducati e Calabria. Monteleone ventidue cavalli sellati La sfida unitaria che Monteleone omaggiò il all’unità d’Italia. ancora è di la da Cardinale. Tutto falso! venire ha riproposto con La retorica e gli storici da forza la lettura del strapazzo parlano con Risorgimento e dei personaggi che ne costituis- toni trionfalistici dell’apporto di Monteleone cono le icone. Valga come esempio la figura di all’unità d’Italia. - Tutto falso! – Michele Morelli, il monteleonese che nel 1820 L’assenza dei monteleonesi ai grandi avvenimencapitanò le truppe di Nola che diedero vita ai ti storici fu quasi totale. moti napoletani per la “ Costituzione”. Anche il famoso ’48 passò senza lasciare tracce. Inquadrare questa figura nel suo contesto storico Pochi furono gli ardimentosi montaleonesi che è importante perché per restare in Calabria spet- mantennero viva la fiaccola del patriottismo. ta a lui il merito d’aver posto il tema dell’indipen- Tra questi “rivoltosi liberali” tenuti d’occhio dalla denza e dell’unità in una condizione che vedeva polizia troviamo: la nostra regione arretrata e sottosviluppata non Carmelo Faccioli, deputato di Monteleone al Parlamento napoletano è degno di nota per aver solo economicamente ma anche storicamente. Avere un quadro non superficiale della storia cal- respinto la formula del giuramento presentata dal abrese per capire certi avvenimenti storici e per- Re, che toglieva ai Deputati la facoltà di modifisonaggi a cominciare da Michele Morelli, impor- care lo Statuto, e per l’azione di un ristrettissimo tante è sia sul terreno della politica sia dell’azione numero di “ rompicolli e vagabondi” - secondo la che si presenta come la conclusione di un proces- definizione dei savii del tempo - che disarmarono so di formazione svoltosi in un ben determinato la gendarmeria e raggiunsero il generale Ciccio Stocco al campo dell’Angitola. ambiente ed in precise circostanze storiche. Non bisogna dimenticare che il Morelli, insieme Un'altra figura di liberale fu Carlo Massinissa ad una ristretta elites di liberali e democratici Presterà assieme ad altri montaleonesi tra i montaleonesi, aderì al movimento unitario esclu- quali Giuseppe Santulli, Ferdinando sivamente per “convinzione ideologica” non di Santacaterina (suocero di Luigi Bruzzano), certo per effettiva spinta del fattore economico. Giuseppe Morelli, Raffaele Buccarelli, Al momento dell’unificazione nazionale la strut- Francesco Protetti e Vincenzo Ammirà. tura economico-sociale di Monteleone era patri- Affiliato all’Associazione dei “Figlioli della Giovane Italia” diretta da Benedetto arcale e feudale. I dati del catasto del tempo (1755) il c.d. Musolino. Presterà fu arrestato nel 1849. Era Onciario chiamato cosi perché la valutazione dei imputato di “aver con cartelli, affissi in luogo pubredditi e delle imposte era fatta sulla base blico, eccitato la guerra civile in Monteleone, dell’Oncia pari a lire 12.75, su una popolazione nonché di ... Segue a pagina 5 (dopo l’Inserto)

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Da Morelli e Ammirà a Berlusconi

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canzone era opera sua: la “Ceceide”. “Cose contro il buon costume” recitava l’accusa, (...) reato di saccheggio di armi e di effetti militari pertanto “la Regia giustizia condanna don a danno del Regio Governo col fine di distruggere e Vincenzo Ammirà a due mesi di esilio correzionale,a lla perdita del libro e dello scritto, alla cambiare il Governo”. multa di ducati 20 e alla spese di giudizio”. La Fu assolto per insufficienza di prove. Fu tra i più attivi rappresentanti dei liberali mon- causa andò in appello, dove la pena fu ridotta alla teleonesi, partecipando alla organizzazione delle sola multa ma intanto il poeta monteleonese accoglienze che l’odierna Vibo Valentia riservò a aveva trascorso 58 giorni nel carcere di Giuseppe Garibaldi il 27 agosto 1860, oratore Sant’Agostino dalla data del sequestro a quello ufficiale nel 1878 e 1882 in occasione delle ceri- della prima sentenza. Allora come ora. monie commemorative di Vittorio Emanuele II Nel 1858 fu di nuovo in carcere per aver scritto il sonetto “Su Agesilao Milano”. Non poteva mane di Garibaldi. Gli intellettuali, per buona parte avversa ai care nel 1860 a fianco di Garibaldi alla volta di Borboni, nel 1859 erano in numero ristretto: Soveria Mannelli. Massimo Massara, scrittore e dodici avvocati, quattro notai, tre professori di giornalista, in un suo scritto, presentato al seconlegge, due professori di filosofia, un professore di do convegno di studi Gramsciani dedicato ai matematica, un professore di declamazione, sei “Problemi dell’Unità d’Italia”che risale ad oltre maestri elementari, otto medici e cerusici, dodici mezzo secolo fa, scriveva: farmacisti, quattro pittori, sei architetti, dieci “E’ vero che i nobili monteleonesi accolsero con agrimensori, sette professori di musica, due tutti gli onori il Generale Giuseppe Garibaldi ed il suo Stato Maggiore e che tutta la cittadinanza librai. Numeroso e potente era il clero: quaranta preti, accorse ad applaudirlo, ma è lecito dubitare della sei padri delle scuole pie, tre frati, otto filippini, sincerità di questi sentimenti per nulla dissimili a venti monaci, dodici monache e tre suore della quelli espressi verso il Cardinale Ruffo e verso i restauratori del 1815. carità. I nobili del paese, che continuarono a consider*** Come appare evidente il monopolio del- are i giovani che seguirono Garibaldi, arruolanl’istruzione apparteneva al clero; di conseguenza dosi nel suo esercito, - rompicolli e vagabondi la stragrande maggioranza della popolazione era cercarono di accattivarsi le simpatie dei “conquisanalfabeta e senza alcuna qualifica professionale. tatori” concedendo al Maggiore Barone Gustavo Su circa undici mila abitanti si trovavano solo Friggesi Sutak, ungherese, lasciato al comando quattro incisori,quattro ebanisti, quattro para- della piazza, la Cittadinanza onoraria della Città. tori, cinque orefici, sette armaiuoli, tre fonditori Il popolo Monteleone fu assente del tutto, di campane ,tre ottonai, tre filande, due tessitori tranne poche onorevoli eccezioni ,al movimento di seta, trecento tessitrici, dodici tintori, tre cav- di emancipzione nazionale che si risolse per esso allerizzi, quaranta negozianti con bottega, con la conquista regia. cinque venditori di generi di privativa, quattordi- D’altra parte, - conclude Massara - esisteva una ci caffettieri ,sedici barbieri, tre speziali manuali, frattura netta tra i pochi intellettuali progressisti ed il popolo, perché quelli potessero rappreventiquattro bettolieri e due locandieri. Un assetto feudale , dunque, di quella società sentare una guida rivoluzionaria adeguata”. *** arretrata e quindi un Un sentimento eliRisorgimento “a modo tario e letterario suo”, senza tanti ritratti quindi, senza la in posa e storici gridi di partecipazione dolore, limitando la porpopolare fu quel tata rivoluzionaria delle moto risorgimennuove idee che venivano tale. avanzate negli ambienti Il motivo è molto semcolti, mentre il popolino plice: come poteva monteleonese invece di esserci partecipazione scacciare i borbonici popolare di una società prendeva parte del saccontadina nella più cheggio unitamente ai assoluta povertà, nelmilitari del regno. l’isolamento e nell’alfaAncora non esisteva da betismo? queste parti “l’idea di Le rivoluzioni sono popolo”, di nazione, di state sempre e patria senza confini. comunque un fatto di Era solo un sogno di elite, le masse furono pochi, a dispetto di molti assenti a Monteleone e nell’indifferenza dei per i motivi che abbipiù. amo evidenziato e per L’ i m p l a c a b i l e Benedetto Musolino forti ingerenze della Pizzo, 8 febbraio 1809 - Pizzo, 15 novembre 1885 Vincenzo Ammirà era Chiesa di Roma e per la considerato dai monteleonesi un depravato e un cinico, un volgare sudditanza pontificia del Regno di Napoli. verseggiatore licenzioso ed osceno ,perseguitato, Emblematico l’assassinio del vescovo di Filadelfia arrestato e dimenticato da morto. Eppure questo (importante centro del monteleonese) e il grande poeta nel ’48 si affiancò ai liberali for- giansenista Giovanni Andrea Serrao, assassinato mando assieme a Francesco Fiorentino ed altri da emissari del Cardinale Ruffo il 27 febbraio un Comitato rivoluzionario e si prodigò sino al 1799. Serrao fu strenuo difensore dei diritti dello 1860 a propagandare l’idea della indipendenza e Stato contro le usurpazioni e le ingerenze della dell’unità della Patria diffondendo manifesti e Chiesa. giornali rivoluzionari che si procurava attraverso Dovremo quindi impegnarci ad accendere tante il farmacista Giuseppe Montoro e da un ingeg- luci radicali, libertarie e democratiche nel grigio nere della Corsica, Massons, inviato nella dell’attuale situazione culturale italiana e calminiera di lignite tra Briatico e Pannaconi per lo abrese che, travolta da scandali, corruzione e risse sfruttamento di quelle risorse. Sempre sorveglia- politiche rischia di perdere quel patrimonio di to dalla polizia, subì numerose visite domiciliari; libertà e di identità cui i nostri “padri risorgimengli venne pure sequestrato un libro e una can- tali” si immolarono. Maria Elisabetta Curtosi zone: il libro era il Decamerone di Boccaccio e la

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I campioni di italianità, forgiati nel collegio S. Adriano, non restarono in Calabria a contenere i loro ideali

GLI ITALO ALBANESI NEL PROCESSO DELL’ITALIA UNITA

Un contributo pieno di motivi di orgoglio per la progenie di tanti eroi di Salvatore Colace e Nicola Basilio Barbieri a storia del “ruolo del Mezzogiorno nell'Unità d'Italia” s'intreccia, in Calabria, con quello delle popolazioni arbëreshë. Una minoranza etnica e linguistica albanese che si stanziò nell'Italia meridionale dal XV e il XVIII secolo, in seguito alla morte dell'eroe nazionale albanese Giorgio Castriota Skanderbeg e alla conquista progressiva dell'Albania e di tutto l'Impero Bizantino da parte dei turchi ottomani. Nel corso dei secoli sono riusciti a mantenere e a sviluppare la propria identità greco-albanese, grazie alla loro caparbietà e al valore culturale esercitato principalmente dai due istituti religiosi cattolici di rito orientale, con sede in Calabria il "Collegio Corsini" (1732) e poi "Corsini-Sant'Adriano" nel 1794. A ricordarci il loro ruolo e il loro contributo all'Italia Unita, è una vecchia rivista:, la “Rassegna Calabrese”, diretta da Alfredo Gigliotti. Un mensile di vita, cultura, informazioni che, nel numero unico di novembre e dicembre del 1961, proprio in occasione del centenario dell’Unità d’Italia, ne ripercorreva la storia calabrese. Il contributo degli Albanesi al processo di unificazione d’Italia – scrive il Gigliotti - è stato pieno di motivi e di orgoglio per la progenie di tanti eroi e martiri di stirpe albanese i cui nomi cospargono le pagine della storia d’Italia. Già nel XV secolo nuclei immigratori giunsero nelle regioni nel sud Italia insediandosi in centri esistenti o fondando paesi ex novo all’interno dei quali mantennero usi, costumi, lingua e riti originari del proprio paese. Infatti il collegio Italo Albanese “S. Adriano” di S. Demetrio Corone, nasceva con l’intento educare e istruire i giovani delle colonie albanesi e creare nuove generazioni. La sua istituzione sorse nella mente del sacerdote Stefano Rodotà, il quale la propugnò davanti al Pontefice Clemente XI degli Albani del Lazio, il quale la approvò, ma non poté mandarla effettivamente. Clemente XII Corsini impose l’istituzione con la bolla del 7 marzo 1733 e il Collegio sorse in S. Benedetto Ullano nel monastero concesso dal Cardinale Caraffa e con una dotazione di dodici mila scudi erogati dallo stesso Pontefice. Gli stessi Re di Napoli furono prodighi di cure e di premure per lo sviluppo del Collegio che Ferdinando IV, nel 1794, fece trasferire nel monastero basiliano di S Demetrio Corone, più vasto e ospitale. Ne ebbero la presidenza maestri insigni, mons. Francesco Bugliari, Domenico Bellusci di Frascineto nominato dal gen. Masséna, Gabriele De Marchis, Antonio Marchianò, maestri che prima di infondere nei giovani discepoli gli insegnamenti delle più alte virtù civili e dei più profondi sentimenti religiosi, filtravano la propria coscienza per essere all’altezza della loro missione educativa, primario dovere

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tinuò la tradizione degli avi Donato e Luca, lapide che dice: “Alla onesta memoria di >> Segue da pagina 5 di ogni educatore degno di questo nome. Dal Giuseppe Marchianò, Vincenzo Marchese, Giuseppe Dramis Carafa, padre amatissimo, che collegio di S. Benedetto Ullano uscirono i due Pietro Antonio Basile, Attanasio Dramis, nel martirio di una fede ardente all’ Italia primi grandi campioni italo albanesi, Pasquale Agesilao Milano, Giambattista Falcone da Acri, Bandiera tutto immolasti, onori, sangue, fortuBaffi e Angelo Masci. Il Baffi, a vent’anni nel lo sfortunato eroe di Sapri, tutti alunni del colle- na, spartanamente i figli traendo ai campi della 1769 ebbe la cattedra di lingue classiche a gio italo albanesi, liberali e mazziniani, con il Giustizia e della Libertà, questo ricordo i figli Salerno, quindi passò alla cattedra superiore di pensiero e con l’azione non diedero tregua alla tuoi consacrano in questo umile marmo, da cui Napoli, ove fu stimato il più grande ellenista polizia borbonica. Ed eccoci, difatti, all’avveni- potente il fremito risuoni dalle tue fredde ceneri, dell’Europa e ricoprì la carica di bibterror de vili, eccitatore dei liotecario dell’ Accademia forti”. La epopea garibaldina La fucina di diavoli Ercolanense. investe come corrente di aria Nel 1776 fu arrestato per la prima ossigenata i paesi albanesi e volta perché sospettato di massone- Gli “Eroi che si sono distinti in tutte le lotte contro la tirannide” schiere di giovani e di anziani ria; nel 1779, per essere stato rappoccorrono ad aggregarsi ai di resentante del popolo nella gloriosa Mille ed a combattere sino a Salvatre Colace e Nicola Basilio Barbieri quanto infelice Repubblica Capua e al Volturno. Basti Partenopea, salì il patibolo con ricordare che Attanasio animo intrepido dopo aver rifiutaDramis, dopo un colloquio to il veleno offertogli nel carcere da con Garibaldi a Palermo, potè mano amica. organizzare nel solo paese di S. Il Masci, magistrato famoso e Giorgio Albanese, che contava incorrotto, ebbe il coraggio di allora appena 1300 anime, una combattere il dispotismo feudale falange di 125 volontari, che qualificandolo il peggiore dei mali con quelli di S. Cosmo, del regno e di propugnare la sparVaccarizzo, S. Demetrio, S. tizione delle terre ai contadini in Sofia, Macchia e Spezzano nome della giustizia sociale e, confecero parte della legione tro ogni esitazione e in concomiSprovieri. A Napoli, Garibaldi tanza del suo magistero, pubblicò nomina Ministro di Grazia e un ardito “Esame politico legale Giustizia Pasquale Scura, già dei diritti e delle prerogative dei Procuratore Generale nella baroni del Regno di Napoli” anticGran Corte di Basilicata, alunipando quella che fu poi la legisno del collegio lazione napoleonica. S. Adriano, cospiratore antiDopo breve periodo di inattività borbonico, dimesso dalla cariforzata, il Collegio, che sarebbe dovuto essere mento culminante dell’8 dicembre 1856 che ca per vendetta personale di Re Ferdinando. trasferito a Corigliano Calabro o alla badia del commosse tutta Europa: Agesilao Milano atten- Lo Scura, il cui nipote Angelo a Genova, nei Patire sulle montagne di Rossano, riapri i batten- ta alla vita di Re Ferdinando e affronta il patibo- telegrafi, fungeva da organo trasmettitore di segti e vi si continuò ad alimentare con maggiore lo come un eroe dell’ antica Roma. Secondo il reti messaggi patriottici, si trovò, nel Ministero ardimento la fiamma per la fiaccola della libertà e Nisco, la perseveranza di Re Ferdinando ad garibaldino, con Crispi e Giura, altri due albanedell’indipendenza nazionale. Nel 1838 fu accentrare in sé ogni autorità, col rendere la mag- si, e dettò la formula del plebiscito del 21 ottobre arrestato il poeta Gerolamo De Rada, nel 1843 istratura strumento di sua politica, col servirsi 1960. Federico Verdinois per lo Scura dettò, oltre viene arrestato per la prima volta Domenico dell’arma terribile delle accuse di lesa maestà per che l’epigrafe che si legge in via dei Sette Dolori Mauro perché l’organizzatore di quella som- compiere vendette, col rendere potenti i di Napoli, anche quella che il popolo Vaccarizzo mossa, che, non scoppiata a Cosenza nel luglio, gli dedicò con una lapide dello scultore Salvatore scoppierà nel marzo 1844, tre mesi prima dell’arCarpentieri e che dice: “in tempi malvagi di librivo in Calabria e della cattura dei fratelli ertà bugiarde, Pasquale Scura, Procuratore Bandiera, e della quale fecero parte, nella massiGenerale, educato a liberi sensi, per realtà di ma parte, rivoluzionari albanesi di S. Benedetto compiuto dovere cittadino, esulò in Piemonte, Ullano e di Cerzeto, arrestati e condannati, tra tornò coi destini rinnovellati d’ Italia, cui il giovane Raffaele Camodeca di Castroregio, Consigliere di Cassazione, Guardasigilli con studente nel collegio S. Adriano. Si giunge al Garibaldi e Pallavicino Trivulzio, presiedette il 1848, l’anno dei portenti rivoluzionari. plebiscito Napoletano, sollecito di una forte L’insurrezione di Napoli viene soffocata nel compagine nazionale, ne volle la formula, ad sangue, ma la guerra è nelle province. Gli studenonorare la memoria del Magistrato insigne, i citti di S. Demetrio, con a capo il preside prof. tadini vollero qui posta questa lapide”.Garibaldi, Antonio Marchianò, disertano in massa le scuole nella giornata del 2 ottobre 1860, memoranda per raggiungere gli insorti cosentini accampati nei fasti gloriosi dell’ indipendenza nazionale, nella valle di S. Martino, allo sbocco di proclamò: “Gli Albanesi sono eroi che si sono Campotenese, sotto il Pollino, ove le schiere distinti in tutte le lotte contro la tirannide” e il albanesi erano con Domenico Mauro e Giuseppe 20 ottobre, da Caserta,: “Italia e Vittorio Pace di Castrovillari per ostacolare il passo ai accusatori, con l’ affidare la suprema autorità di Emanuele – Il dittatore dell’Italia Meridionale. borbonici che muovevano verso Cosenza. Tre polizia ad uomini che ridestavano le tristi memo- In considerazione dei segnalati servizi resi alla albanesi, Francesco Saverio Tocci da S. Cosmo, rie di Lucio Elio Seiano, fece concepire ad causa nazionale dai prodi e generosi Albanesi, Demetrio Chiodi e Vincenzo Mauro da S. Agesilao Milano, albanese di stirpe, di spiriti Decreta: Cessati i bisogni della presente guerra e Demetrio si spingono oltre gli avamposti nemici, ardenti, giovane di ventisei anni, il disegno di costituita l’Italia con Vittorio Emanuele, dovrà il fino Rotonda, per uccidere il gen. Lanza, ma ven- imitare Cassio Cherea, di cui studiando nel col- Tesoro di Napoli somministrare immediatagono fatti prigionieri, straziati e trucidati volgar- legio di S. Demetrio, la storia dei Cesari aveva mente la somma di diecimila ducati per l’inmente. imparato ad onorare il nome per aver tentato di grandimento del collegio “S. Adriano” di S. Ma i campioni di italianità, forgiati nel collegio ridestare in Roma la libertà offesa da Caligola. Demetrio Corone. Io pongo sotto la garanzia S. Adriano, non restarono in Calabria a con- L’unico amico del Milano, colui che conosceva della Nazione e del suo magnanimo Sovrano, l’etenere i loro ideali e a partecipare a sommosse e sicuramente il disegno regicida, divenuto in lui ducazione del presente Decreto. Giuseppe rivolte. Gli albanesi raggiunsero nella maggior vocazione, fu Attanasio Dramis da S. Giorgio Garibaldi”. parte a Napoli, la capitale borbonica, e quivi si Albanese, compagno di studi, che venne, con Ecco perché Re Ferdinando e i borbonici averitrovarono e si congiunsero con altri noti patri- tanti altri, tratto in arresto e a duro carcere, con- vano attribuito al Collegio Italo Albanese l’epiteotti per agire. A Napoli, Domenico Mauro, fermando l’esempio del genitore, alla cui memo- to di “fucina di diavoli” e più volte minacciarono Gerolamo De Rada, Guglielmo Tocci che con- ria, in S. Giorgio Albanese, è stata dedicata la di sopprimerlo.

ITALO ALBANESI E L’ITALIA UNITA


Speciale 150° dell’Italia Unita

A b o l i re l a m i s e r i a d e l l a C a l a b r i a www.abolirelamiseriadellacalabria.it

Presagi e moniti di Benedetto Musolino

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esercitato, ed in caso di bisogno non avremo più dei corpi di truppa incomposta, ma dei soldati d’ordinanza”. Attento ai problemi internazionali nel novembre del 1872, Musolino prende la parola alla Camera per esporre il suo pensiero netto e chiaro sui rapporti tra la Russia, la Prussia e l’Austria, i cui imperaUn calabrese dalla “costante fede italiana” che “amava aguzzare l’occhio nell’avvenire tori si erano incontrati in un convegno a Berlino nell’ottobre precedente: “La razza della Patria” slavo moscovita si ritiene come predestinaPer una riforma radicale: l'imposta progressiva per combattere la lussuria ta al compimento di una grande missione, irrompente del capitale al rinnovamento dell’umanità accasciata sotto il peso della decrepitezza e della cordi ruzione, mediante l’assorbimento delle Giuseppe Candido e Filippo Curtosi altre razze, nazioni e credenze allo stesso segue dalla prima centro politico e religioso. E' un’utopia, ... paese dove viveva sotto stretta sorveg- proponendo “l’imposta progressiva”. Nel escalamo taluni. Ed io rispondo che divenlianza con l’obbligo di non allontanarsi dal- corso della sua esposizione sollevava, senza terà realtà se l’Europa non vi provvede in l’abitato anche di giorno e il divieto di assumere atteggiamenti demagogici, le sue tempo. Se l’Europa le permetterà, non dico rimanere fuori casa dopo il tramonto. accuse contro l’ingiustizia sociale della dis- di fare, ma di sviluppare gli immensi eleUn sorvegliato molto speciale che anche in tribuzione della ricchezza e precisa i rap- menti di potenza e di espansione che in sé quelle condizioni ebbe però il coraggio di porti tra capitale e lavoro criticando aspra- racchiude, prima di mezzo secolo il vecchio cospirare ancora, assieme ad Eugenio De mente le “malsane deviazioni dell’incipi- continente di Europa e di Asia sarà invaso e Riso e altri, per preparare i moti che poi ente nostro socialismo”: “Il lavoro è mal dominato dalla razza slavo-moscovita (…). sfociarono nella rivoluzione del 1848. ripartito, afferma Musolino ; il capitale Per analoghi motivi la Prussia, avendo Musolino, scriveva il Gigliotti, “aveva il fer- assorbe tutto. L’operaio lavora quando il innalzata la bandiera della nazionalità, vore della fede e delle idee, talvolta senza capitalista lo vuol far lavorare e, quando deve necessariamente osteggiare ogni conoscere il freno, onde fu spesso ritenuto questi non ci trova più la convenienza, lo ingrandimento della Russia e perché non piuttosto uno spirito bizzarro che sapeva getta sulla via”. E se ciò non bastasse affer- può lasciarsi assorbire in Europa e perché dire stravaganze brutali e verità”. Un uomo ma parole di straordinaria attualità anche non può permettere che quella estenda la di pensiero e azione, un patriota che oggi: “Signori, la pretesa civiltà moderna sua dominazione nell’Asia minore. Il giorno “Amava ag uzzare l’occhio nell’avvenire tende a sostituire il feudalesimo economico che l’Europa permetterà alla Russia di sbocdella Patria e dimostrò averne il senso e la all’antico soppresso feudalesimo civile e care e avere possessi nel Mediterraneo, sia perspicacia negli anni avanzati, così come, politico. Tutt’oggi è capitale, e noi tendi- avanzando dalla parte del Bosforo sia disnei tempi della giovinezza, aveva avuto l’ar- amo ad una radicale trasformazione sociale. cendendo dall’Armenia in Siria e in dore dell’azione”. Se vogliamo costruire il nuovo Stato, la Anatolia, l’Europa avrà segnato il decreto Per un decennio si batté alla Camera quasi nuova società, su basi incrollabili, atteni- della sua servitù, giacché avrà concesso alla solo per la preparazione nazionale, lancian- amoci alla giustizia distributiva. Di fronte a Russia il mezzo di come avere quei marinai do proposte, illustrando progetti che questa lussuria sempre irrompente del capi- che non può avere con le sue gelate conammiriamo ancora oggi. Radicale nell’ani- tale, io credo che per ora non c’è nessun trade: marinai senza cui non potrà mai mo. In un discorso pronunciato alla altro rimedio se non l’imposta progressiva. mettere in piedi delle grandi flotte che le Camera il 30 giugno del 1861, Benedetto Dacché il capitale è tanto favorito, è ben sono indispensabili per girare le nazioni di Musolino domandava se la Francia avesse giusto che chi gode i maggiori privilegi, sia occidente, onde neutralizzare la loro azione mai pronunciato una sola parola relativa sottomesso ai maggiori sacrifici”. e il loro concorso quando sarà arrivato il all’unità italiana. E rispondeva : “No. E Personaggio polivalente e poliedrico momento di operare contro tutta l’Europa, dunque come fondate voi la vostra speranza dedicò “studi diligenti” ai problemi di invadendola da lato della Germania con nell’aiuto di questa alleata? Io dico – con- politica nazionale ed internazionale. Capì enormi masse che potrà avere al più tardi tinuava Musolino – che l’alleanza della che per avere e mantenere la sicurezza in fra due generazioni a causa dello sviluppo Francia non esiste più. Questa è un’altra Patria e nell’Europa delle nazioni di allora, naturale e prodigioso della sua popoillusione che ci facciamo: pretendiamo o era necessaria una forza armata nazionale di lazione. E la Germania si trova nella stessa fingiamo pretendere di penetrare a forza di professionisti “allenati”. In occasione della nostra condizione come quella che, essendo fantasia là dove ci vogliono cannoni e discussione sul riordino e sull’armamento confinante con la Russia, sarebbe esposta baionette. (…) L’Italia diverrà grande alla della Guardia Nazionale proposti da elle prime invasioni dalle orde settentrionsua volta con saviezza delle sue istituzioni, Garibaldi si espresse affermando che : ali, che per essere le prime, sarebbero con la sua industria e con la sua forza: allo- “Bisogna che il cittadino acquisti le attitu- accompagnate dal maggiore accanimento e ra essa darà alla Francia la sua libertà”. dini che all’occorrenza lo facciano essere seguite dalle più desolanti rovine. Considerando, inoltre, l’infido atteggia- soldato, e perché diventi soldato bisogna I sapienti uomini politici del nuovo Impero mento francese nei confronti di Roma che sia istruito in tutte quelle pratiche che Germanico non possono né debbono chidimostrava quanto fossero illusi coloro che costituiscono l’arte militare. Perché si udere gli occhi di fronte all’avvenire che è avevano sempre predicato Napoleone III il ottenga un’istruzione solida da avere, al riservato a tutte le Nazioni del vecchio conpiù sincero promotore ed amico dell’Unità bisogno, tanti soldati quanti sono i cittadi- tinente dallo spirito di cosmopolitismo italiana ed ammoniva: “Bisogna fare causa ni capaci di tenere un fucile, è d’uopo che moscovita. E se non pensiamo fin da ora a comune con la Germania, armarsi ogni cittadino sia abituato alle pratiche mettere quest’ultimo nell’impotenza di poderosamente, prendere da una parte della milizia”. A tale fine prevedeva peri- continuare la sua espansione, essi avranno Roma e dall’altra invadere il territorio odiche “esercitazioni” che avrebbero con- fabbricato sull’arena. Potranno ben costifrancese incominciando con l’occupazione ferito “un’idea precisa di come guerreggiare tuire una Germania sapiente, splendida, di Nizza e Savoia”. in campo” per cui, “in breve tratto di tempo gloriosa, ma sarà una Germania che non Più oltre, nello stesso discorso, Musolino, si potrà vedere il nostro popolo armato ed durerà più di cinquant’anni”. Sorprendono ancora l’attualpensando di aver dinnanzi i francesi, Filippo Curtosi Giuseppe Candido ità e la veridicità dei presagi dichiarava la volontà italiana : “Non S. Maria a Sacra Littera di quest’eroico garibaldino e temete, l’Italia non aspirerà a conquiste, Sulle origini e sul culto della Madonna della Lettera dovrebbero destare ammisiamo contenti della nostra terra, del nosTra storia, arte e letteratura popolare razione sincera. Crediamo tro cielo, della nostra eredità: in Italia non Prefazione di S.E. Mons. Vincenzo Rimedio giusto che quello spirito, abbiamo razze diverse, diversa lingua, istinNon Mollare edizioni - Luglio 2010 quei suoi discorsi, quel suo ti diversi: una è la lingua, una è la razza. La Pag. 228 - euro 9,00 - ISBN 9788890504006 ardore, quelle di idee e base della nazionalità sta nella razza e nella quelle azioni di rivolingua”. Ancora ignaro – su questo – quante Uno spaccato di religiosità popolare proposto nella luzionario, patriota e polititrattazione in chiave antropologica delle feste che sciagure, proprio quei nazionalismi basati si svolgono in Calabria, ma l’intento di fondo co di “fede italiana” fossero su razza e identità linguistiche, avrebbero a degli Autori è di focalizzare la tradizione della meditati anche oggi in breve causato. lettera della Madonna alla Città di Messina e questo cento cinquantesimo Dura la sua critica al socialismo che si della conseguente devozione alla Madonna della anniversario dell’Unità Lettera andava profilando. Si intese di economia e Mons. Vincenzo Rimedio d’Italia, alla quale Musolino, il 18 marzo del 1863, quando alla Camera assieme a tanti altri di si prendeva in esame il fabbisogno Calabria, sacrificò la vita e finanziario della Nazione, Benedetto ogni bene di fortuna. Musolino, “che ad ogni problema apportava Sarebbe sicuramente un belcompetenza dotta e sicura”, pone all’ordine Prenota e richiedi una copia con una e mail l’esempio per vecchie e del giorno dei suoi colleghi deputati “una associazionenonmollare@gmail.com nuove generazioni. riforma radicale” del sistema contributivo

E’ be n g iusto che chi g od e i mag g iori privil eg i, sia sottomesso ai mag g iori sacrifici


Nel 150° dell’Italia Unita Un numero speciale

ABOLIRE

LA MISERIA DELLA

CALABRIA

Uno di quegli eroici veggenti “Mentre l’Italia dormiva, egli vegliava pensava e agiva”

Giuseppe Mazzini,

Nel 150° dell’Italia Unita Un numero unico

precursore del nuovo diritto pubblico europeo Con il contributo della

L'apostolo che ci ha mostrato il cammino verso un nuovo mondo

Con il contributo della

di F. C. & G. C.

l Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dallo scoglio di Quarto da cui mossero nel 1860 i Mille di Garibaldi, ha dato ufficialmente il via alle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia nei luoghi della “memoria storica”. Rispondendo alle polemiche degli esponenti della Lega che preferiscono tifare Padania, il Capo dello Stato ha reso omaggio all'impresa con la deposizione di una corona di fiori presso la stele celebrativa della partenza dei Mille a Genova da dove partì la missione dei garibaldini. “Non sono tempo perso e denaro sprecato ma fanno tutt'uno con l'impegno a lavorare” ha detto. E ancora: “Onoriamo i Patrioti”. Prima l'unione della Lombardia al Regno di Sardegna, la fusione con l'Emilia, la Romagna e la Toscana sino al loro congiungimento alla Sicilia, al Mezzogiorno, alle Marche e all'Umbria e, soltanto nel 1861, venne ufficialmente proclamato il Regno d'Italia. L'embrione era stato generato. "Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; Noi abbiano sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861". Il 21 aprile 1861 quella legge diventa la n. 1 del Regno d’Italia. Il 17 marzo del 2011 l’Italia compirà ufficialmente 150 anni. Il Paese del "bel canto", acciaccato ma ancora in piedi, ne ha fatta di strada. Ma spesso gli anniversari, le ricorrenze, si accavallano e, il prossimo 10 marzo, sarà pure il 140mo anniversario dalla morte di uno degli uomini considerato, assieme a Giuseppe Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Camillo Benso, uno dei padri della patria. E non è tempo perso riportarli all'attualità. Qualcuno oggi polemizza se l'Unità d'Italia sia stata un bene oppure una fregatura, soprattutto per il mezzogiorno. Poi c'è la lega che ha visto suoi esponenti dichiarare l'inutilità di queste celebrazioni. Mazzini, politico e patriota, si presenta ai giovani, ancora adesso, come una figura luminosa. “La repubblica, come necessità storica sorgerà dai cento errori governativi che terranno dietro ai cento commessi; sorgerà, dal convincimento degli animi, che la guerra ogni giorno alla libertà degli italiani, alle associazioni, alla stampa, al voto, è conseguenza inevitabile del sistema, non d’uno o d’altro ministero; sorgerà dal senso di pericolo mortale e di disonorare che lo spettacolo di corruzione dato da un governo senza dignità e senza amore, susciterà presto o tardi, onnipotente negli uomini che hanno a cuore l’avvenire della Patria”. Inoltre ci spiega che è necessaria “l’eguaglianza di tutti dinnanzi al Diritto: la protezione dei deboli, la distruzione dei privilegi usurpati dai forti; la libertà per tutti; libertà di disporre della propria persona sotto la propria responsabilità; libertà d’andare, di venire, di operare; libertà di pensiero, di parola, di scritto; libertà di associarsi pel compimento di tutti quegli atti, che, se commessi da individui isolati, non sarebbero considerati criminosi”. E questa dottrina fu quella che Mazzini insegnò: al suo trionfo consacrò l’intera sua vita. “Un Essere guidato da un’intelligenza e da un’unica volontà. Mazzini fu uno di quegli eroici veggenti. Quanti credono nel Progresso, conclude il giornalista, gli debbono il tributo del loro rispetto e della loro ammirazione. Ed io vi sono riconoscente di avermi offerto l’occa-

sione di deporre il mio”. Le sue idee e la sua azione politica, senza dubbio contribuirono in maniera decisiva alla nascita dello Stato unitario italiano. E furono di grande importanza, anche successivamente all’Unità, nella definizione dei moderni movimenti europei per l’affermazione della democrazia attraverso la forma repubblicana dello Stato. Il pensiero politico e sociale dimostra che Mazzini fu davvero una di quelle “grandi anime che visitano d’epoca in epoca, l’Umanità per annunciare un nuovo ordine di cose”. Cajo Renzetti, nel ricostruirne il pensiero scrisse che “Mazzini fu uno di quegli eroici veggenti. Queste potenti individualità sorgono, confusamente presentite da molti, sul morire di una fede religiosa allo spirare di un periodo storico filosofico. Sorgono potenti della sintesi del passato e forti dell’intuito divinatore dell’avvenire. Ardentemente amano, e però nella lotta contro l’errore si scagliano cavalieri della morte. La loro virtù atterra e suscita, abbatte ed edifica. L’epoca li deride li calunnia li perseguita, ed essi perseguono immutati, paghi della riconoscenza del futuro”. Un patriota, un cospiratore, un legislatore, un filosofo e un letterato. Tra la chiesa cattolica ed il secolo, egli evocò la libertà di pensiero e di coscienza. Tra la libertà ibridamente sposata al principato, preferì la democrazia. Tra i capitalista e il salariato, scelse il “libero produttore”. La sua missione fu essenzialmente “Rigeneratrice” morale umanitaria, e questa si estese a tutti i popoli ed abbracciò tutte le nazioni. Egli è l’uomo dei politici ardimenti che col fervore di un antico ascende la gloriosa tribuna dei Gracchi, e “più fortunato e più innovatore di Crescenzio di Arnaldo di Stefano Porcari e di Cola

ertà, senza l’uguaglianza, è una pianta sterile: “La libertà non è un principio, ma quello stato in cui lo sviluppo di un principio è concesso ad un popolo. Non è il fine, ma il mezzo per raggiungerlo.” E per ascendere a questa “città futura”, egli accenna a due principi fondamentali: la nozione del dovere e la virtù del sacrificio; la vita significa “missione”, compito di trasformare le cose a favore di tutti, dovere di “procacciare il benessere sociale”. La legge scritta non può essere altro che un riflesso, una fotografia, per così dire, della legge morale e naturale. Nessuno potrebbe dettarla a suo capriccio perché essa deve essere liberamente discussa e unanimemente accettata. Lo Stato, secondo l'idea mazziniana, non decapita i delinquenti, perché “il suo codice penale protegge la società, e ne educa gli individui; non sparge le locuste della burocrazia, perché fa pochissime leggi e buone; non si circonda di baionette permanenti, perché tutti i suoi cittadini militano; non tiene gabellieri alle porte o alle dogane, perché non ha corte, né lista civile, né balli diplomatici, né livree di ministri, né galloni di generali: non compra coi fondi segreti , perché non ha spie, e non ha spie, perché tutto si può dire e stampare intorno ai problemi sociali, e l’interesse della sussistenza dello stato è comune; ivi i migliori per ingegno e virtù hanno dovere e diritto al raggiungimento dei pubblici negozi, e vengono eletti da tutti, rimanendo sindacabili, amovibili, responsabili.” Questa specie di Stato favoreggia, stimola, inizia a proteggere le tendenze e le spontaneità collettive. Esso può dirsi uno stato patriarcale che invece di perpetuare sé stesso ed allargare la propria sfera d’azione, tende mano mano ad innalzare il cittadino fino alla libertà, cancellando, ogni giorno che passa, una riga della propria legge”. A guisa del buon padre di famiglia, lo Stato “scende lieto nel sepolcro, vedendo adulti e felici i suoi figliuoli.” La proprietà non può essere il risultato della frode, dell’usura della fortuna. La proprietà deve possedere un più giusto fondamento, una più onesta origine: “il lavoro”. Nei Doveri dell’Uomo, lo stesso Mazzini scriveva che “la proprietà è il segno, la rappresentazione della quantità di lavoro, col quale Foste schiavi un tempo, l’individuo ha trasformato sviluppato accresciuto le poi servi, forze produttrici della natura”. Essa dunque è il frutpoi salariati: to di un lavoro compiuto, e siccome in una società fondata sulla eguaglianza tutti hanno dovere e diritsareste fra non molto, to al lavoro, ne consegue che “la proprietà non può, purché lo vogliate, né deve agglomerarsi nelle mani di pochi e tirannegliberi produttori giare il lavoro”. Forse questa non è utopia, forse è e fratelli nell’associazione proprio il modello cui uno Stato dovrebbe tendere e a cui si riferisce Napolitano nel suo discorso in cui da Rienzo, decreta la fine del Papa e del re, proclaspiega che non si tratta di tempo sprecato. Ma sapmando la sovranità del popolo, libero di ogni laccio piamo bene, a distanza di 150 anni, che non è andadi chiesa costituita e militante, sciolto d’ogni tiranta precisamente così. Che serve un cambiamento di nide di mediazione spirituale o temporale”. E ancora rotta perché mentre Scajola si dimette, la corruzione potremmo dire che “Egli è l’uomo delle redentrici dilaga nel centro sinistra quanto nel centro destra. aspirazioni che detta il libro dei Doveri dell’Uomo, Questo Stato, in cui viviamo l’oggi, non tende più la dove con sapienza mirabile tenta armonizzare la lib- mano ad innalzare il cittadino fino alla libertà. Non ertà colla legge, l’individuo coll’aggregazione, la pro- favoreggia, non stimola, non protegge le tendenze e prietà col lavoro, la donna coll’uomo”. Mazzini è cul- le spontaneità collettive dei suoi cittadini. Non tore altissimo dell’arte, ma, scriveva Renzetti, “l’arte educa e, soprattutto, non rieduca i cittadini con per l’arte non costituisce il suo ideale. Per lui arte sig- carceri da paese incivile e che rendono, per la loro nifica missione, missione morale e sociale. Mazzini è inumanità, 15 volte maggiore il tasso dei suicidi al amante della patria, ma resta assai lontano d”a quel loro interno. E’ uno stato che spesso “sparge locuste patriottismo pel patriottismo per il quale oggi molti, burocratiche” per non semplificare la vita dei suoi repubblicani un giorno, riposano stanchi sugli allori cittadini e per compromettere la vita stessa democdell’unità, carichi il petto di ciondoli regi”. ratica scegliendo, per legge, la via partitocratica della La patria sacra in oggi, sperava Mazzini, sparirà forse nomina al posto dell’elezione, dell’insindacabilità e un giorno, quando ogni uomo rifletterà nella prodell’inamovibilità invece della responsabilità. pria coscienza la legge Proprio per questo, forse, ricordare oggi il pensiero morale dell’Umanità. E' di Giuseppe Mazzini, di uno di quei padri fondatori www.almcalabria.org fautore della libertà, della dell’Italia, della tanto festeggiata Unità d’Italia, non IN EVIDENZA L’Ottocento è un Secolo importante per la Calabria di Giovanna Canigiula libertà la più ampia, la serve ad un suo tripudio storico ma, non certo La scenografia del presepe di Franco Vallone più sconfinata, ma, “il tempo sprecato, può essere utile per evidenziare la Greccio, Betlemme e Gerusalemme ... Le note del calabrese Canocchiella di Franco Vallone liberalismo per il liberalrivoluzione necessaria e il lungo cammino che non è La morte di Mario Monicelli e il dibattito sulla dolce morte di Giuseppe Candido ismo non costituisce il ancora stato sufficiente a renderlo, questo Stato, ... e molti altri ar ti col i an cora su l n o stro s ito intern e t suo ideale”. Anche la lib- davvero democratico.

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