A little flight with SRV

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In fondo, quello rilasciato da un qualsiasi strumento non è altro che una vibrazione sonora. Aria che si comprime e si rilascia con una certa frequenza. Siamo circondati dai suoni. Quasi costantemente. Eppure capita che se mettiamo questi suoni in una certa sequenzae gli diamo un certo timbro, succede qualcosa di magico. Nasce in noi un emozione. Sentire quella che comunemente definiamo «musica » ha un grande impatto sugli esseri umani. Influenza il nostro stato emotivo e a volte anche le scelte che facciamo. Da sempre, ha un ruolo molto importante nella società umana. Certo, i gusti musicali non si discutono. Come sempre la regola è : « non é bello ciò che é bello ma é bello ciò che piace ». Infatti per una serie di fattori, genetici, di backgruond personale, ma anche di scelta cosciente, i gusti musicali sono piacevolmente diversi. Oppure tristemente incompresi. Alcuni musicisti tuttavia, riescono a comunicare dei messaggi con la musica, che sono condivisi da un grande numero di persone. Sicuramente con le parole e con il genere ma anche attraverso il modo di porsi, di muoversi o di vestire. Quando più persone captano questo messaggio che caratterizza ogni musicista e lo condividono capita qualcosa di ancora più magico. Per un’attimo, o forse per sempre, persone che possono essere di diversa etnia o status sociale, persone che forse non hanno molto in comune, oppure persone che non si sono mai incontrate prima, persone che si volgiono bene o persone che si vogliono male, si sentono irrimediabilmente connessi. E spesso nasce la voglia di condividere ancora di più oltre alla musica. Con questo breve libro illustrato non si vuole di certo convincere il lettore della qualità della musica del personaggio principale, Stevie Ray Vaughan. Piuttosto si vuole dare l’opportunità di avvicinarsi a un personaggio carismatico e ricevere delle informazioni sul suo conto. E in parte anche tentare di descrivere quali sono state le sensazioni che ha lasciato. Buona lettura!

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Il blues, detta anche la « musica del diavolo », è «una musica semplice fatta da persone semplici » , come disse il chitarrista BB King. Il blues nasce come musica popolare della cultura afroamericana. Si dice che i raccoglitori dei campi di cotone già nel 19° secolo cantassero il blues per esorcizzare le fatiche e le difficoltà. Una musica che fuse quindi gli elementi della vita quotidiana degli schiavi africani importati in america con le loro radici ritmiche e religiose.

Stevie Ray Vaughan, con il suo stile caratteristico e rude e la sua immagine buona per i media, riportò questa musica sulle luci della ribalta come pochi riuscirono a fare negli anni ‘90. Riuscì a unire appassionati di ogni cultura e genere e far interessare i giovani a un movimento musicale che li precedettero di trent’anni. Non a caso, ancora oggi, il suo stile e il suono suono continuamente presi come riferimento da chitarristi di tutto il mondo.

Lo scopo di questa musica è proprio questo, non tanto quello di stupire per la sua forma, quanto quello di raccontare, espriemere delle emozioni per mezzo delle parole sostenute dalla musica. Infatti gran parte delle canzoni blues parla di storie e argomenti di gente comune. La struttura e l’armonia blues basilari in se sono piuttosto semplici, così che chiunque abbia i primi rudimenti musicali possa iniziare ad accompagnare con il suono di uno strumento quello che ha da dire. Piano piano, il blues è entrato nella cultura popolare ed è diventata parte di essa e radice di molti altri generi discendenti. Specialmente dagli anni ‘50, quando il blues venne elettrificato e accellerato e diventò rock and roll. Da allora non fu più caratteristica esclusiva degli afroamericani e divenne parte integrante della vita quotidiana di persone di ogni tipo. Proprio grazie alla sua semplicità di base, è possibile, anzi forse richiesto, suonare le canzoni in modo molto personale. Infatti a volte bastano poche note per identificare un certo chitarrista blues. Il blues è una musica ribelle, una musica per gente comune che lotta contro le più comuni difficoltà e ingiustizie della vita, anche se allo stempo profonda nei pensieri. Ecco perché nel ventennio tra gli anni ‘60 e ‘70 caratterizzati dai movimenti hippies e dai grandi gruppi rock divenne molto usato e seguito. Poi piano piano nuovi generi, nuove idee e nuove tecnolgie entrarono nel mainstream.

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Mi ricordo ancora bene la prima volta che sentii Stevie Ray Vaughan e la sua rude chitarra, puntualmente una fender Stratocaster. Avrò avuto circa otto anni. Mio fratello stava sparando nell’aria quelle note a tutto volume: corsi in camera sua e l’impatto di quel suono ebbe l’effetto di un razzo che veniva lanciato nello spazio per un viaggio molto lungo. La musica di Stevie e i suoi “Double trouble” ti colpisce subito per il suo ritmo incalzante e coinvolgente. Ti rendi conto immediatamente di non essere di fronte ad una sonorità sopraffina e ricercata, ma ad uno stile a misura d’uomo. E ti senti subito a tuo agio. Eppure, la tecnica di Stevie è particolare, ricercata e terribilmente difficile da emulare. Le sue canzoni, come molti buoni blues, non si fanno apprezzare solo per l’esecuzione e le sonorità, sono anche delle belle storie: storie di vita, di gente comune, che soffre, che ama, che lotta. Sono storie che ti danno un po’ di consolazione, che deriva dal sapere di non essere soli. Allora capisci che Stevie era sì un grande chitarrista, ma anche un essere umano fatto di carne e sangue. Una persona semplice essenzialmente. Questo tratto traspare molto chiaramente dall’impronta sonora rude di quasi tutte le tracce. Beninteso, ha saputo anche esprimersi con dolcezza e raffinatezza. Come molte persone di estrazione umile che hanno raggiunto un certo successo, anche Stevie ebbe qualche problema nel gestire la sua fama. Nell’86, durante un concerto in Germania, ebbe un collasso dovuto anche all’abuso di sostanze stupefacenti, oltre che a un programma di esibizioni terribilemte fitto. Poco tempo dopo, divorziò dalla moglie Lenny. La fame di notorietà, di denaro, e le pressioni della critica e delle etichette discografiche, spesso troppo occupate a far fruttare i loro beniamini, hanno spinto molti chitarristi eccezionali in un vortice di “autolesionismo“. Altri hanno saputo gestire meglio il loro talento, anche rinunciando ad espandersi troppo sulla scena internazionale. Ci sono chitarristi di gran-

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de esperienza e molto capaci che sono fuori dal “mainstream“. Per questo motivo, la ricerca della qualità artistica non dovrebbe concentrarsi esclusivamente su quegli elementi che sono molto pubblicizzati. Lo stesso Stevie, quando suonò per la prima volta al Jazz festival di Montreux, nell’82, non raccolse pienamente il consenso di pubblico e critica, che trovarono il suo blues troppo “particolare”. Non tutti lo seppero apprezzare immediatamente. Alcuni invece capirono subito il suo talento. Non era certo una divinità, ma un uomo che seppe a poco a poco distinguersi e diventare un’icona per la gente. Riuscì anche a riportare nelle radio un genere che dopo gli anni ‘60 e ‘70 era stato un po’ surclassato da nuove correnti musicali. Oggi si può dire che l’impatto che ha avuto la sua figura a livello collettivo, e sulla comunità texana in particolare, è notevole. Qualsiasi persona che abbia mai imbracciato una Fender Stratocaster saprà probabilmente dirvi qualcosa in proposito, tant’è che la stessa Fender e altri liutai hanno creato e continuano a produrre repliche delle sue famose chitarre. In Texas hanno istituito in sua memoria lo “Stevie Ray Vaughan Day”, che cade il 3 ottobre, giorno della sua nascita. Ad Austin, sempre in Texas, hanno costruito una statua che lo raffigura con la sua chitarra. Purtroppo, per una incredibile coincidenza (stanco dopo un concerto chiese ad Eric Clapton di poter volare al suo posto in elicottero, che poi precipitò), Stevie Ray Vaughan scomparse a soli 35 anni. Al di là dell’impatto sulle comunità e sugli amanti del genere che continua ad avere, è il bagaglio musicale di spessore che ci ha lasciato e le caratteristiche che lo distinsero che dovrebbero catturare maggiormente la nostra attenzione. Il suo nome è ormai scolpito nella storia della musica della gente: il blues.

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La chitarra più utilizzata da Stevie era la Fender Stratocaster, che solitamente rendeva molto personale con alcune modifiche. Le sue chitarre sono continuamente riprodotte da liutai di tutto il mondo. La stessa Fender produce ancora delle repliche. Alcune repliche sono state riprodotte in serie limitata e oggi hanno un valore di mercato molto alto. Number One Questa è la chitarra più utilizzata da Stevie. Si tratta di una Stracostare « sunburst » del ‘59. Le modifiche principali furono il battipenna (originariamente bianco), la leva del tremolo per mancini, e la sostituzione dei tasti per renderli più spessi. Questa modifica si rese necessaria per lo spessore molto alto delle corde utilizzate da Stevie. Durante i concerti era solito « maltrattare » la sua chitarra, saltandoci sopra o buttandola a terra. Potete vedere una riproduzione qui a fianco. Lenny Per il 26° compleanno di Stevie, la moglie Leonora, decise di regalargli una chitarra che vide in un banco dei pegni di Austin. Organizzò una colletta tra gli amici per racimolare i 350 dollari necessari all’acquisto della Fender Straocaster del ‘65 con finitura natural. La stessa notte, Stevie compose le note della canzone « Lenny » che avrebbe irrimediabilmente suonato con questa chitarra. Red Questa era una Fender Stracoster del ‘62, su cui venne montato un manico mancino, come potete vedere qui a fianco. Charley Charley venne costruita e donata a Stevie da Charley Wirz, il proprietario del negozio di Dallas presso cui Stevie si riforniva, nel 1983. I due erano grandi amici e alla sua morte, Stevie scrisse « Life without you », in suo onore. Yellow Sempre una fender stracoster del ‘59 di uno spiccato color giallo. Venne rubata nel 1985 e mai più ritrovata. Main Questa chitarra, costruita dal liutaio James Hamiltone, gli venne regalata da Billy Gibbons degli ZZ Top nel 1984. Era originariamente provvista di pickup attivi.

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Fare questo lavoro è stata una grande opportunità di sperimentazione. Non si capiscono mai completamente quali sono le problematiche di un certo compito finchè non lo si tocca con mano. Avvicinarsi per la prima volta alla creazione di un libro, anche se supportati dall’aiuto dei docenti, non è privo di ostacoli. Organizzarsi nel modo giusto e identificare le necessità è fondamentale e in questo abbiamo ricevuto molti suggerimenti. Tuttavia a volte ci si pone degli obbiettivi che poi, nella quotidianità frenetica, difficilmente si raggiungono come si vorrebbe. Personalmente oltre che capire le prassi legate ai processi di stampa, ho potuto sperimentare varie tecnice di lavorazione per cercare quella che si addicono meglio alle mie caratteristiche ed esigenze attuali. Ho provato diverse tecnice di colorazione e diversi materiali (in grandi linee digitale, acrilico, ecoline ed acquerello) e diverse combinazioni tra le stesse. Ho provato anche a variare le dimensioni di lavoro. Ho cercato di capire quali processi sono necessari e come organizzare il lavoro. Avrei in realtà voluto poter provare ancora più possibilità, ma purtroppo il tempo si sa, è tiranno.

mi in qualche modo aiutato con il loro sostegno e suggerimenti e per aver anche fatto i conti con alcune mie caratteristiche non sempre facili, voglio ringraziare i miei compagni di classe; i miei coinqulini di casa Venini; i miei amici in Svizzera; la scuola e specialmente i docenti; la mia famiglia, i mei nonni, i miei due fratelloni e la mia nipotina. Ringrazio, soprattutto, i miei genitori. Mi hanno supportato molto, senza di loro non ce l’avrei fatta. E ringrazio il Creatore per averci dato anche il dono del disegno!

Poter scegliere il soggetto è stata anche una bella opportunità per approfondire un argomento che già rientra nella nostra sfera di interesse. Ringraziamenti Ringraziare tutte le persone che hanno contribuito a portare a termine questo progetto è davvero impossibile. In fondo è un percorso e una lunga serie di eventi che mi hanno portato a questo punto. Ringrazio quindi tutte le persone che ho incontrato e con cui ho condiviso qualcosa, che mi hanno sostenuto e consigliato. Altre magari mi hanno contestato, ma infondo anche da questo si può imparare qualcosa. In particolare, per aver condiviso dei bei momenti in questi anni, per aver-

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Contatto Mattia SolcĂ air.matti@hotmail.it www.airmatti.blogspot.ch

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