Age stampa 7/8 2011

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EDITORIALE

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Dipendenze, giovani a rischio

Non diamo solo cose ai giovani

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Mamo, un rap ricorda il nonno

di Davide Guarneri

SOMMARIO

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Scuola, speciale per il nuovo anno

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E se l’insegnante non va?

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Andare bene a scuola

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Crescita, studio e postura

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Genitori, consigli per crescere

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Mani pulite contro le malattie

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Spazio Age

ËCOPIE AGGIUNTIVE DI AGESTAMPAÁ Eventuali copie aggiuntive della nostra rivista possono essere richieste direttamente alla sede nazionale. Ecco i recapiti: Associazione Italiana Genitori A.Ge. Onlus Via Aurelia, 796 - 00165 Roma Tel. 06.66514566 Fax 06.66510452 È richiesto un contributo per le spese postali. 7/8 - 2011 Direzione Amministrativa: Via Aurelia 796 - 00165 ROMA Tel 06.66514566 - Fax 06.66510452 Direttore Responsabile: Paolo Ferrari E.mail: redazione@age.it Sito Internet: www.age.it Registr. Trib. Roma n° 519/88 del 18.10.88 Abbonamento annuo: € 20,00 per i non soci c/c postale 15359003 c/c bancario 1000/1369 Banca Prossima codice IBAN IT05 W033 5901 6001 0000 0001 369 Progetto grafico: Annamaria Guerrini Fotocomposizione e stampa: Com&Print s.r.l. Brescia

Per esigenze di postalizzazione, nella copertina di questo numero è inserito un riquadro bianco destinato all’etichetta. Ci scusiamo per il disagio, che risolveremo nei prossimi numeri.

Age Stampa riserva in questo numero alcune pagine a uno sguardo sulla realtà giovanile, insieme ad approfondimenti, per noi più usuali, sul mondo della scuola. Molti lettori potrebbero rimanere colpiti dalle notizie su nuove tendenze trasgressive, unite alla ricerca talora spasmodica di ebbrezza ed emozioni. Insieme, abbiamo voluto incorniciare due espressioni giovanili, il testo di un rap e una poesia, ambedue con il dolore e la sofferenza come sfondo: a ricordarci che, da genitori ed educatori, non dobbiamo lasciarci trascinare dalla quasi rassicurante convinzione che i giovani d’oggi sono tutti uguali, tutti difficili da capire, senza valori, vuoti. Vorremmo, piuttosto, porre molte domande. Di chi sono figli questi ragazzi? A quali modelli si ispirano, e chi ha fornito loro proposte, testimonianze, idealità? Preferiamo giudicare o ascoltare? Nel tempo in cui il rispetto per l’adulto non è ad ogni costo dovuto, l’adulto ha l’autorevolezza sufficiente per meritarlo? Quale ambiente (scuola, media, territorio) è intorno ai nostri figli? In altre parole, noi adulti (cioè noi scuola, noi famiglia, noi società civile, noi società politica) stiamo comunicando ai più giovani che la vita non è successo a ogni costo, giovinezza eterna, prestazione elevata in ogni campo, corsa sfrenata precedendo il tempo stesso per essere sempre efficienti, sempre produttivi, sempre in forma? Cultura, arte, istruzione, poesia, riflessione sulla vita e sulla morte, parole distese per la relazione, per “stare con” e ascoltare: è difficile dire a tuo figlio di impegnarsi nello studio per edificare se stesso, quando per molti, in giro, quelle cose appartengono al tempo perso. «C’è un tempo per nascere e un tempo per morire…un tempo per cercare, un tempo per perdere…un tempo per parlare, un tempo per tacere»: il libro di Qoèlet dice delle età della vita, della relatività delle cose e dei successi, della bellezza di un tempo perso, forse guadagnato. Per la saggezza antica è importante la qualità degli eventi. Noi invece continuiamo a costruire tutta la nostra vita intorno alle date e alle ore. Poi cerchiamo novità, meriti e successi, poiché tutto si riduce a cose che riempiono gli spazi e il tempo, quantificano il tempo perché ci servono, magari per accumulare di più, per essere più sicuri affrontando il futuro: ma queste cose sono sempre cose.


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PRIMO PIANO

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No Vasco,

io non ci casco Il direttore del Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio scrive al cantante dopo alcuni suoi interventi discutibili di Giovanni Serpelloni * Egregio signor Rossi, le scrivo questa lettera aperta prima ancora che da medico, da padre di quattro figli e le voglio cortesemente e apertamente dire alcune semplici cose: si prenda una breve pausa di salute anche da facebook, fac- | Giovanni cia una intelligente e minima autocritica Serpelloni e riconosca che le droghe, tutte le droghe, non hanno mai portato e non porteranno mai nulla di buono né nella sua vita né in quella dei suoi amici. Smetta di volere fare pretestuose quanto inesistenti distinzioni tra droghe più o meno tossiche. Sottolineare e sostenere la differenza tra le droghe serve solo a giustificarne l’uso di alcune, soprattutto della cannabis. La scelta se usare o no, per un ragazzo, purtroppo di solito è una scelta in bianco e nero. Soprattutto per i giovani, non ci possono essere compromessi o mediazioni e credo che la scelta migliore e di vera libertà e indipendenza da raccomandare sia “mai nessuna droga”, compreso alcool e tabacco. È ormai scientificamente provato che, per un ragazzo vulnerabile, i primi spinelli sono quelli più pericolosi, non tanto per i problemi tossicologici acuti, che tuttavia esistono, ma per la grande capacità che hanno di sensibilizzare le strutture cerebrali a ricercare droghe sempre più attive (il 95% degli attuali tossicodipendenti da eroina o cocaina hanno iniziato con la cannabis), oltre che far deviare e alterare la fisiologica maturazione cerebrale. Le neuroscienze ormai lo hanno dimostrato molto chiaramente. Ne prenda umilmente atto e agisca di conseguenza. Le assicuro che esistono moltissimi studi approfonditi su questo tema. Li legga e, se preferisce, siamo disponibili a mostrarglieli in via privata al fine che Lei ne sia pienamente consapevole. Poi deciderà se continuare su questa strada. Con il cuore in mano e non con l’ascia della censura, la prego di smetterla di fare confusione nella testa dei nostri figli e dei ragazzi italiani mandando messaggi ambigui e purtroppo assai superficiali per il complesso problema delle tossicodipendenze. Non la prenda come una imposizione o una limitazione del suo libero pensie-

ro (e chi potrebbe fermarla!) ma una semplice richiesta di buon senso. Esca definitivamente dal lato oscuro e abbracci con forza la vera vita, che spesso scorre nelle sue opere musicali, completamente fuori e libera di ogni tipo di condizionamento e vincolo (come lei stesso spesso ci comunica con tanta passione). Non è neppure per lei accettabile né per il suo spirito che un uomo possa essere vincolato e incatenato da una banale molecola chimica. Non pensa anche lei che la cosa più stupefacente che un ragazzo ha a disposizione è vivere la propria vita intensamente e fortemente, ma nella piena consapevolezza e lucidità dei suoi sentimenti, vissuti anche con estrema intensità, ma sempre veri e sinceri e non alterati da sostanze e quindi falsi e illusori anche per se stessi oltre che per gli altri? I sentimenti, quelli veri, si alterano e si confondono con le droghe. Come è possibile per un ragazzo comprendere le proprie emozioni e le proprie relazioni affettive e di amore se vive e pensa sotto l’effetto di sostanze? Egregio signor Rossi, credo che anche lei possa permettersi di sognare un mondo libero dalle droghe, cosi come dalle guerre e dalla povertà. Per questo non venderà meno dischi, né biglietti per i suoi concerti ma lascerà una traccia ancora più profonda e utile per tutti i giovani che tanto la amano. Le faccio i miei più sinceri auguri di una pronta e completa guarigione. Sempre a disposizione. * Direttore Dipartimento Politiche Antidroga - Presidenza del Consiglio

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Contro i rischi delle dipendenze Le cose da sapere per prevenire In questo campo non ci sono ricette, ma conoscere scientificamente alcuni effetti delle sostanze può aiutare anche la relazione educativa di Chiara Crivelli * Conoscere gli effetti di alcune sostanze, come droga, alcool, fumo, suscita in noi genitori pensieri ed emozioni contrastanti: da un lato vorremmo sapere e cerchiamo di informarci, dall’altro, poiché ci spaventa molto l’idea che i nostri figli possano, anche una sola volta, entrare in contatto con le occasioni di consumo, non vorremmo sapere. Questo si traduce spesso in comportamenti ambivalenti tra divieti assoluti e “ma, in fondo, cosa vuoi che sia”, senza tacere che spesso i nostri figli adolescenti “ce la fanno” sotto il naso. In questo campo, come in molti altri campi dell’educazione, non vi sono “ricette”. Il nodo educativo rimane la paziente costruzione della comunicazione tra genitori e figli, l’attesa, il proporre occasioni di riflessione, il farci trovare preparati senza far emergere emozioni estreme. In una parola, per noi genitori è necessario riflettere e trovare in noi i modi e le strategie per “far passare” informazioni ai nostri ragazzi. In questa ottica, conoscere alcuni studi scientifici che ricercatori di tutto il mondo continuano a fare per comprendere sempre meglio gli effetti delle sostanze e, soprattutto, cosa cambia quando la persona non usa più quella sostanza, può essere utile nella relazione con i figli adolescenti e con i loro compagni ed amici. Molto interessante, al riguardo Drog@news, pubblicato dal dipartimento Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, un interessante periodico on-line che riunisce notizie di politica antidroga, con la descrizione di studi effettuati in tutto il mondo, in particolare nel campo delle neuroscienze. Per i miei studi, e per la mia professione, ho sempre avuto un interesse specifico per la funzionalità cerebrale e per tutte le condizioni che contribuiscono ad alterarla, provocando sintomi di diversa natura, che non sempre sono “patologici”, ma che possono alterare anche notevolmente la capacità di relazione, le funzioni indispensabili ad affrontare i compiti della vita, il funzionamento stesso dell’organismo. Nel vol. 2 numero 7, del luglio 2011 del periodico, ho trovato alcuni studi che mi sono sembrati interessanti per aumentare le nostre conoscenze di genitori.

Cannabis e dintorni La dottoressa Storr,1 e i suoi collaboratori negli Stati Uniti, hanno compiuto uno studio longitudinale, cioè hanno messo a confronto le valutazioni della preparazione scolastica e del comportamento effettuate a metà degli

anni ‘80 su bambini di prima elementare, con le interviste effettuate dopo 15 anni sul 75% di quei bambini (ora giovani, età media 21 anni) in merito alle circostanze e ai tempi (età) in cui avevano avuto eventualmente occasione di usare cannabis, la pianta da cui si estraggono l’hashish e la marijuana. L’86% dei giovani intervistati aveva avuto una o più occasione di provare cannabis, il 61% riferiva di averla provata almeno una volta. Le occasioni si erano presentate a partire dai 13 anni di età, con un picco ai 15/16 anni. L’aspetto più importante da considerare è la correlazione tra la valutazione scolastica e del comportamento a 6 anni e la probabilità di uso di cannabis: i problemi comportamentali riscontrati da bambini “possono influenzare indirettamente il rischio d’uso, attraverso un aumento delle possibilità di provare la sostanza”.

Binge drinking Un altro studio americano2 riguarda gli effetti della pratica del “binge drinking” che sta aumentando anche tra i nostri adolescenti italiani. Cos’è il binge drinking? “Il termine indica l’assunzione di 5 o più bevande alcoliche nella stessa serata per gli uomini e 4 o più per le donne. In questa definizione non è importante il tipo di sostanza che viene ingerita: lo scopo principale di queste “abbuffate alcoliche” è l’ ubriacatura, la perdita di controllo.” (Wikipedia) Nello studio descritto i ricercatori hanno sottoposto adolescenti dai 16 ai 19 anni a test neuropsicologici e a Risonanza magnetica funzionale durante compiti di memoria spaziale. Gli adolescenti che consumano alcool, soprattutto periodicamente in grande quantità (binge drinking), hanno mostrato meno aree cerebrali attivate durante i compiti. E questo si è dimostrato più vero per le ragazze che per i ragazzi: le ragazze che hanno riferito un forte uso di alcol hanno dimostrato una minore attivazione cerebrale in numerose aree rispetto alle coetanee sobrie In altre parole le femmine risultano più vulnerabili agli effetti neurotossici conseguenti l’assunzione di alcol rispetto ai maschi, in ragione delle differenze di carattere ormonale e metabolico. La conclusione dei ricercatori è di notevole impatto per noi genitori: durante l’adolescenza il cervello è nel pieno processo di m atur azione, sopr attutto le regioni frontali associate a capacità di pianificazione ed organizzazione. Il forte consumo di alcol durante questa fase della vita potrebbe interrompere la normale crescita delle cellule cerebr ali, in par ticolare in queste regioni frontali del cervello, con effetti anche di lunga durata.


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L’Olanda a una svolta?

Gli effetti della sigaretta

Uno studio olandese3 ha analizzato l’associazione tra consumo di cannabis, disturbi psicotici (alterazioni gravi del comportamento) e una serie di sintomi psichiatrici subclinici. Hanno partecipato a questo studio 18.000 giovani tra 18 e 25 anni. Occorre tenere presente che in Olanda dal 1976 è possibile comperare e consumare, in locali aperti al pubblico conosciuti in tutto il mondo come “coffeeshop”, un quantitativo di marijuana e/o hashish che non deve superare i 5 gr. per persona. Le conclusioni di questo studio sono parecchio inquietanti: l’uso precoce di cannabis era associato a esperienze psicotiche, e l’età del primo utilizzo di cannabis e il dosaggio influenzerebbero fortemente gli eventuali futuri disturbi psicotici. Secondo i ricercatori infatti, il consumo di cannabis in giovane età, aumenterebbe notevolmente il rischio di sintomi depressivi e esperienze subcliniche psichiatriche, soprattutto per età di inizio al di sotto dei 12 anni, e questo a causa di una maggiore vulnerabilità cerebrale data dalla fase di maturazione del cervello ancora non completa in età adolescenziale. In un’altra parte del periodico veniamo informati che recentemente il Consiglio di Stato Olandese con sede all’Aja ha emanato un sentenza dove ha espresso parere favorevole al divieto di accesso nei “coffeeshop” per i cittadini stranieri. La proposta di revisione legislativa viene da Coskun Çörüz promotore del progetto: “La droga ti fa male, crea problema di criminalità e di salute dunque deve essere fermata”. Questo nuovo piano di contrasto si andrebbe ad incardinare nella strategia governativa contro la tossicodipendenza. Çörüz, parlamentare esperto in legislazione antidroga ha lanciato la sua proposta partendo dall’assunto che se il divieto di vendita di sostanze stupefacenti agli stranieri è dettato da motivi di prevenzione per tutelare la salute dei cittadini, non c’è motivo per cui questo non debba applicarsi anche agli olandesi. «Si tratta di una svolta epocale ha commentato Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento politiche antidroga - la volontà di arrivare alla chiusura dei coffeeshop testimonia che anche l’Olanda si arrende alle evidenze scientifiche e ai danni cerebrali che tale sostanza è in grado di provocare e che sempre più vengono evidenziati dalle ricerche avanzate nel campo delle neuroscienze».

Il fumo di sigaretta è forse il tipo di sostanza più “assolto” dal senso comune: tutti conoscono personaggi molto longevi che fumano e hanno fumato tutta la vita. Ma anche la nicotina influenza la funzionalità cerebrale e molti ricercatori hanno studiato il suo ruolo sul sistema dei recettori in diversi circuiti neurali cerebrali. Uno studio5 mostra una differenza, tra fumatori e non fumatori, nel funzionamento di uno specifico circuito che consente di mantenere un’attività neurale di fondo durante il periodo di riposo. Normalmente, questo circuito si de-attiva nel momento in cui si intraprende l’esecuzione di un compito specifico. I tabagisti non riuscivano a “staccare” questa attività quando passavano dal riposo all’esecuzione di un compito. Per i ricercatori, può essere una spiegazione per la difficoltà riscontrata dai tabagisti nel mantenimento dell’attenzione costante e continua durante i compiti, e potrebbe indicare una maggiore suscettibilità neuronale alle informazioni irrilevanti durante compiti di natura cognitiva, che si traduce con maggior distraibilità. Con l’aumento della popolazione che usa sostanze e con l’aumento degli studi nel campo delle neuroscienze, conosciamo sempre più gli effetti dell’uso. In particolare, gli studi ci dimostrano come l’uso in età precoce, quando è ancora in corso la formazione dei circuiti cerebrali, possa interferire, anche pesantemente, nella maturazione del cervello. Certamente, veniamo poi confortati dalla possibilità che le interferenze siano reversibili dopo l’astinenza, ma quanto, e in che estensione questo possa avvenire non è ancora dato di sapere. Come genitori, davanti a un figlio adolescente o a qualche suo amico che ci dice ridendo: “Ma per una canna, cosa vuoi che sia!” forse possiamo proporre maggiori argomentazioni e riflessioni. * Vicepresidente nazionale Age 1

Storr CL, Wagner FA, Chen CY, AntPhony JC. Childhood predictors of first chance to use and use of cannabis by young adulthood, Drug and Alcohol Dependence, August 2011,Volume 117(1): 7-15

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Squeglia LM, Schweinsburg AD, Pulido C, Tapert SF, Adolescent Binge Drinking Linked to Abnormal Spatial Working Memory Brain Activation: Differential Gender Effects. Alcoholism: Clinical and Experimental Research 2011

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Schubart C. D., van Gastel W.A.,Breetvelt E.J., Cannabis use at a young age is associated with psychotic experiences, Psychol Med (2011), 41, 1301–1310

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Ruth Salo, Michael H. Buonocore, Martin Leamon, Yutaka Natsuaki, Christy Waters, Charles D. Moore, Gantt P. Galloway, Thomas E. Nordahl Extended findings of brain metabolite normalization in MA-dependent subjects across sustained abstinence: A proton MRS study Drug and Alcohol Dependence 113 (2011) 133–138 doi:10.1016/j.drugalcdep.2010.07.015

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Paul A. Newhouse, Alexandra S. Potter, Julie A. Duma, Christiane M. Thiel. Functional brain imaging of nicotinic effects on higher cognitive processes. Biochemical Pharmacology (2011) in pressdoi: 10.1016/j.bcp.2011.06.008

Metanfetamine ed ecstasy Molti studi nel passato avevano dimostrato alterazioni permanenti nel metabolismo delle cellule nervose dopo un uso prolungato di metanfetamine (uno dei principali componenti l’ecstasy), altri studi avevano riscontrato la normalizzazione del funzionamento delle cellule nervose dopo un periodo di astinenza. In uno studio americano4 sono stati messe a confronto tre tipologie di persone: soggetti consumatori di metanfetamine in astinenza da 1-5 anni, soggetti consumatori di metanfetamine in astinenza da 1-6 mesi, soggetti non consumatori di metanfetamine. Questo studio fa rilevare che è necessario un lungo periodo di astinenza per normalizzare il metabolismo cerebrale alterato dalla metanfetamina, mentre brevi periodi di astinenza mostrano il metabolismo ancora alterato.

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Abuso di sostanze, quando il bicchiere è mezzo pieno Bisogna sfatare la leggenda che tutti i giovani ne facciano uso Ma soprattutto imparare a far emergere le esperienze positive di Gabriele Rossi * Occorre sfatare una leggenda: che tutti i giovani facciano abuso di sostanze che creano dipendenza. Alcuni sono così, ma, a differenza di quello che sembra emergere dai media che fanno a gara a presentare i fatti drammatici e le tragedie, per fare audience o vendere più copie, la maggioranza di adolescenti e giovani non è così. Basta guardare il mondo del volontariato, dell’associazionismo: quanti ragazzi si impegnano, anche perché saggiamente educati e indirizzati dalla famiglia, dalla scuola, dalla parrocchia, dal gruppo sportivo. Eppure non fanno notizia, nemmeno una riga o un flash di agenzia: come se non esistessero; eppure sono il futuro buono del nostro Paese. Per combattere l’abuso di sostanze serve una paziente opera educativa che sappia proporre ai figli valori per cui vivere e impegnarsi. Non bastano più i discorsi moralistici, che lasciano il tempo che trovano. Servono soprattutto testimoni veri e credibili: chi più di una madre e un padre possono esserlo per i figli? Allo stesso modo anche tantissimi insegnanti, educatori, formatori, allenatori, sacerdoti. Occorre fare delle alleanze educative che sappiano proporre percorsi anche impegnativi e mete spesso ardue, ma

che danno sapore alla vita. Occorre, permettetemi la battuta, imparare a vedere anche il bicchiere mezzo pieno: chi mai si è occupato, dando risonanza a livello nazionale, a splendide esperienze che sono proposte agli studenti nelle scuole per aiutare coetanei in difficoltà, per impegnarsi a sostegno della legalità, per imparare a condividere e a sperimentare in prima persona cosa significhi la solidarietà? Eppure questa può essere una strada educativa per contrastare l’abuso di sostanze come alcol, fumo, droghe, cibo, ma anch, di internet, di play station, ipod e quant’altro significhi in ultima analisi: egoismo, individualismo, mancanza di rispetto per la propria vita e di quella altrui. Ecco un compito per tutti noi dell’Age: far emergere e diffondere buone esperienze, che vedano i nostri ragazzi protagonisti e responsabili della loro crescita e della loro formazione integrale; fare incontri per condividere modalità educative che hanno dato risultati; diffonderle; fare incontri con esperti per analizzarle migliorarle; ben sapendo che sarà una grande fatica, perché i messaggi che la nostra società invia sono molto spesso agli antipodi. Perché non provate a raccontarcele queste esperienze positive? * Responsabile Ufficio Famiglia, Adolescenti e Giovani Age


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Alcol e adolescenti, i numeri di una relazione pericolosa Si calcola che siano un milione e mezzo i giovani che in Italia fanno abuso di alcolici, rischiando danni fisici oltre che psichici «L’adolescenza - secondo Giuseppe Di Mauro, presidente della Sipss, che ha trattato il tema nel congresso di cui riferiamo in altra parte della rivista - è una fase evolutiva complessa, durante la quale si verificano trasformazioni a livello fisiologico, psicologico e sociale. Nella società attuale, caratterizzata da ritmi frenetici, gli adolescenti sono spesso vittime di un disagio sociale provocato da continui mutamenti, che mettono in pericolo l’equilibrio del singolo individuo e molte volte questo disagio diventa manifesto attraverso comportamenti etichettati come a rischio e /o devianti». L’uso e l’abuso di alcool tra i giovani, sempre più diffuso come stile di vita, ne è un chiaro esempio. L’alcool ha assunto la funzione di tamponare situazioni di malessere individuale: si beve per dimenticare, per lenire i dispiaceri, per combattere la noia, per disinibirsi o assumere ruoli sociali più brillanti. In Italia, secondo i dati Istat del 2008, il problema dell’alcool di-

pendenza coinvolge circa 1.5 milioni di individui. All’abuso di alcool si arriva progressivamente nel corso degli anni e ciò comporta conseguenze di diverso genere: danni fisici, danni psichici e danni sociali.

Giappone, 18 marzo 2011 Non ci sono solo adolescenti che inseguono lo sballo ma anche ragazzi attenti al mondo che li circonda. Ecco un esempio positivo di Luca Visconti, studente seconda superiore La neve cade lenta, stanca, imperterrita; il vento soffia sulle acque quiete del mare; il sole sorge ancora dietro i monti, e la luna, faro nell’infinità del cielo, illumina la cupa notte. Ma qualcosa è cambiato, qualcosa non è più e non potrà mai essere uguale a prima: non esiste al mondo gomma così grande, così potente, capace di cancellare una tale tragedia, non esiste pennarello in grado di riscrivere su una tale cancellatura. La neve cade lenta, stanca, imperterrita. Sembra voler celare tutto ciò che sopravvive, tutto ciò che resta di quel tragico istante col suo velo candido e splendente, voltare pagina coprendo il nero dolore di un bianco incerto, finto, forzato.

Il vento soffia ancora sulle acque quiete del mare. Quelle acque assassine che hanno avuto il coraggio di abbattere un’intera nazione, sola, indifesa di fronte a qualcosa che nessuno mai potrà sfidare; quelle acque che d’un tratto, senza bussare alla porta, si sono presentate nel loro lato peggiore, si sono mostrate nella loro natura più selvaggia. Il sole sorge ancora dietro i monti e la luna illumina ancora la cupa notte. Ma i giorni non saranno più gli stessi ora che l’inferno ha fatto capolino senza nemmeno concedere il tempo di riflettere, di pensare che forse domani questa sarà soltanto una pagina di storia, un semplice frammento, un pezzo di carta scarabocchiato di quel che oggi è un qualcosa di indescrivibile. La neve cade, il vento soffia, il sole sorge. Ma il Giappone non è più lo stesso.

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Il rap struggente di Mamo per il nonno che se ne è andato “Il tuo sorriso” è il testo che Massimo (Mamo per i rapper) ha scritto dopo la morte del nonno. Parole calde e provocazioni per ogni adulto che sgorgano dall’esperienza di dolore nel cuore di un diciassettenne RIT: Manca tutto il tuo sorriso (il tuo sorriso, il tuo sorriso): sei tutto ciò che rivoglio dal cielo. So come si sta dopo una morte cara (morte cara), l’agonia nel silenzio di questa vita avara. Tu disteso su quel letto che poi ti ha visto morire, io lì a fianco che piangevo tanto da non respirare chiedendo un fottuto “perché” a Quello che sta in cielo, cercando di svegliarmi da ‘sto sogno troppo veritiero: invece era realtà quella che stavo vivendo, vedendo quel sorriso che ora se ne stava andando, ripensando a ogni momento, ricordando ogni consiglio. Mi hai sempre trattato quasi fossi io tuo figlio. «Dai nonno, giochiamo a rubamazzo?» «Massimo sei pazzo, se giochiamo ti strapazzo». Sempre col sorriso ogni secondo che passava, tutte le domeniche lì in chiesa in prima fila, un giorno mi dicesti: «Sarò sempre con te»: quell’abbraccio caloroso ora mi ritorna in mente. Dicevi: «Chiedi aiuto a Dio nelle situazioni spesse», ma mentre te ne andavi io rinnegavo che esistesse

bra, la mia bomba, il mio soccorso, nel corso di ‘sta storia l’aiutante magico, il personaggio storico che mi lascia la sua traccia, io il rappuso, e ti dedico ‘sta traccia. Quella lunga luce bianca sarà pure la mia via, se ti ho dato delusioni c… è solo colpa mia, se sta male chi fa male non devo goderci. Il tuo è stato il più brutto arrivederci! RIT: Manca tutto il tuo sorriso (il tuo sorriso, il tuo sorriso): sei tutto ciò che rivoglio dal cielo...

RIT: Manca tutto il tuo sorriso (il tuo sorriso, il tuo sorriso)... Non espongo ciò che provo, perché ho solo rabbia in corpo: chi me l’ha portato via avrà avuto un buon motivo e scrivo, e scrivo compensando paranoie, rimembrando le tue storie, trasformando noie in pare, vedo scivolare dallo zigomo una lacrima rapida, attraversa il mio viso, troppo limpida, candida, pura, perché ti impersoni in lei non ti trovo: cosa? mayday! Raggiungimi, aiutami, guardami ogni istante, sei l’angelo più bello, e di te niente è irrilevante, beato il Padre eterno che ti vede quando vuole, io non ti vedo già da troppo, e per questo il cuore duole. «Papi, poi ritorna?»: la risposta fu un no secco, un altro abbraccio stretto al petto, poi sorrisi. «Grazie pa’, grazie ma’, e grazie Michela perché voi ci siete sempre». Nonnino mio, sempre nella nostra mente RIT: Manca tutto il tuo sorriso (il tuo sorriso, il tuo sorriso)... In chiesa, l’estremo saluto, il primo banco, quasi svenuto Andrea non può conoscerti, se mi pensi rivolgiti in sogno, ti vedo, poi ti sento nella stanza, sento aria positiva, perché tu non sei a distanza. Guarda quelle foto Mamo, il nonno, io e te: ora sorrido, so che mi pensi e che sei con me sei, quasi la mia om-

Si può ascoltare la versione originale in http://www.youtube.com/watch?v=btYe_fMquJc


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SPECIALE SCUOLA

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Il primo giorno di scuola di Giovanni Bonvini *

Lo studente, il vero protagonista dell’apprendimento, non vuole più sentirsi dire che deve studiare, che deve imparare, che deve pensare al domani, ma è intenzionato a stabilire subito con l’insegnante una forma di comunicazione nuova e realistica, perché ha bisogno di conoscere se stesso, il mondo nel quale deve vivere, le fatiche che deve compiere per scoprire tante verità e tanti fallimenti, senza trascurare l’umano che c’ è in ognuno di noi e la capacità che egli può avere di scoprire tanti misteri e di meravigliarsi di quanto il Creatore ha messo a disposizione delle sue creature. Però il fantomatico studente vuole vedere, sentire, cogliere in ogni manifestazione del fare e dell’essere del docente qualcosa di vivo, di palpabile, di convincente, che lo convinca della necessità di mettersi in gioco pure lui con entusiasmo, con autonomia, con lo stesso stimolo di quell’insegnante. Il quale cerca di trasmettergli la passione di imparare a vivere, perché si tratta di spendersi per un fatto irripetibile e progettuale, che ne farà un uomo libero e indirizzato verso il pensiero, l’azione e la ricerca del bene e del bello. Credo che i primi giorni di scuola siano il momento più adatto per stabilire o riprendere un rapporto fra adulto e bambino/ragazzo/ adolescente che esprima un’esigenza profonda, un richiamo accorato a far sì che, chi si trova davanti al maestro o professore, non possa eludere questo appello: «Non prendermi in giro, dimmi cose vere, aiutami a entrare nel mondo della scienza e della sapienza, dell’essere e del dover essere con obiettività e sincerità». Se pensiamo che questo ci chieda chi sta per entrare nel mondo della scuola, dobbiamo, come genitori-educatori-persone preoccupate e responsabili delle istituzioni e società attuali e future, cercare di non deludere i nostri figli e nipoti ma dare loro garanzie su di noi e su quanto chiediamo loro di fare per il benessere di un mondo diverso e più equo, di un’umanità più genuina e florida, di una spiritualità più intensa e vivace per non mettere a repentaglio il completamento di quell’opera che l’Onnipotente ha lasciato incompiuta, affinché noi possiamo completarla adeguatamente e giustamente. * Presidente regionale Age Emilia Romagna

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Merito e uguaglianza, le parole della scuola italiana al Quirinale La festa più bella e gioiosa dell’anno, la definisce Napolitano, che ha chiesto di fare dell’istruzione una priorità per il Paese di Davide Guarneri La scuola italiana, secondo tradizione, si è ritrovata nel cortile del Quirinale, festeggiando, insieme al presidente Giorgio Napolitano, l’avvio dell’anno: il 23 settembre, gli attesi discorsi del presidente Giorgio Napolitano e del ministro della Pubblica istruzione Mariastella Gelmini sono stati incorniciati dalla rappresentanza delle scuole italiane (migliaia gli studenti, di ogni ordine e grado, insieme ai loro insegnanti), da personaggi dello spettacolo e dello sport che hanno raccontato la loro esperienza scolastica, dalla consegna di premi a giovani e scuole distintisi per particolari meriti o progettualità. Presenti i rappresentanti delle Associazioni dei Genitori. «Il primo giorno di scuola rappresenta l’inizio di un percorso destinato ad arricchirvi sul piano umano, culturale, e personale – ha detto il ministro Gelmini ai giovani presenti -. Quando da adulti leggerete un libro, apprezzerete un’opera d’arte, ricorderete l’opera di insegnanti e maestri che, pur nelle difficoltà, vi hanno aperto le porte della conoscenza». La scuola ha contrassegnato la storia dell’Italia unita, e l’hanno riconosciuto centinaia di progetti e per-

corsi promossi nell’anno 150° dell’Unità. “Siamo piccoli cittadini”, hanno cantato i bambini di una scuola dell’infanzia. E il Ministro ha ricordato che «oggi il compito della scuola non è meno ambizioso che nel Ventesimo secolo: il passaggio dall’inclusione alle nuove competenze, chiamati a imparare e apprendere in tutte le età». L’acquisizione di conoscenze accompagnata da apertura culturale, insieme a responsabilità sociale: queste sono le competenze oggi richieste. Il presidente Giorgio Napolitano, accogliendo per il sesto anno la scuola al Quirinale per quella che ha definito «la cerimonia più bella e gioiosa dell’anno», rivolgendosi agli adulti, insegnanti e genitori, ha affermato: «Noi abbiamo il dovere di dare speranza, e ciò rende molto impegnativa questa occasione d’incontro. Nei 150 anni abbiamo superato momenti difficili, e oggi è un altro di quei momenti per fare un grande sforzo per garantire un degno futuro alle generazioni più giovani». Non sfugge certamente la difficoltà economica e sociale che il Paese attraversa, ma, secondo il Presidente, «dobbiamo essere in tanti a fare ciascuno la sua parte: la serenità e il benessere sono in piccola parte un regalo della buona sorte, ma sono il frutto di una conquista quotidiana, del nostro impegno, della com-


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SPECIALE SCUOLA petenza con cui affrontiamo i problemi. E tutto ciò si impara soprattutto a scuola, e in questo processo un ruolo importante è svolto dalle famiglie. Con il loro supporto la scuola è motore del rinnovamento etico e morale della società». Opportuno citare integralmente le parole che il Presidente ha riservato al tema del merito da premiare, insieme alla promozione di opportunità per tutti: «È giusto e necessario che, nella scuola come in ogni altro ambito, il merito sia premiato, ma bisogna anche che sia reso possibile e promosso. Non si possono contrapporre il perseguimento dell’uguaglianza, da una parte, e la valorizzazione del merito, dall‘altra. Paesi particolarmente avanzati come, in Europa, la Finlandia presentano i migliori rendimenti scolastici ai livelli più alti e, allo stesso tempo, hanno anche sistemi scolastici caratterizzati da minore disparità nelle competenze acquisite e da minore dispersione tra gli studenti provenienti da gruppi sociali svantaggiati. In sintesi, se c’è una maggiore uguaglianza di opportunità, si possono mettere tutti in condizione di meritare e anche far emergere con più facilità le eccellenze. Penso alle lezioni che ci ha lasciato il mio predecessore Luigi Einaudi, che fu presidente della Repubblica per sette anni dal 1948, dopo l’entrata in vigore della Costituzione. Einaudi scrisse, quando nel dopoguerra il nostro Paese era ancora caratterizzato da un accesso limitato all’istruzione: “È un errore grave (ritenere) che sia dannoso mettere

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tanta gente allo studio. Non ce ne è mai troppa, fino a che tra i sei e i venticinque anni ci sarà qualcuno il quale non abbia avuto l’opportunità di studiare quanto voleva e poteva”». Ancora una volta, dal Presidente, l’appello a considerare l’istruzione una priorità del Paese: «Proprio nell’affermare criteri di massimo rigore e di effettiva produttività nella spesa pubblica, nel mettere mano a una sua profonda revisione e selezione, è possibile e necessario stabilire un nuovo ordine di priorità, nel quale non sia riservata alla scuola una collocazione riduttiva, attribuendo una quota chiaramente insufficiente alle risorse per l’istruzione, l’alta formazione, la ricerca».

Filippo Zagarella Nelle parole del nostro presidente Napolitano il nocciolo dell’impegno che ogni genitore, educatore, uomo di buona volontà, deve assumersi nei confronti dei nostri figli: “il dovere di dare speranza” facendo, “in tanti, ognuno la sua parte”. Spetta, infatti, agli adulti, quali punti di riferimento, dare ai nostri bambini l’insegnamento che le difficoltà, personali, relazionali, sociali siano ostacoli, che rappresentano opportunità di crescita. Perché questo si avveri bisogna recuperare valori universali quali quelli che, con tanta semplicità ma, anche, con tanta determinazione, gli stessi ragazzi ci comunicano quotidianamente: bisogna ricevere amore per poter amare. Concetto incisivamente espresso dal protagonista della breve rappresentazione teatrale dell’Istituto “Vittorio Emanuele III” di Palermo. Non ricordo le parole precise ma il significato era questo: «Mi son sentito amato e questo mi consente di amare, perché nessuno può dare ciò che non ha». Un assioma di antiche radici ma che spesso dimentichiamo, anche come genitori. Chissà, forse le difficoltà sono un’opportunità per fare un “default”, un “resettaggio”, dell’anima e ritornare all’essenzialità?

Michela Lazzè L’inaugurazione dell’anno scolastico a cui ho partecipato è stata entusiasmante. Anzitutto per come i ragazzi di scuole di ogni ordine e grado di diverse città italiane hanno interpretato ed espresso con canti, danze e poesie l’amore per il proprio Paese, da Nord a Sud, e l’attaccamento alla Costituzione. Per esempio, la musica rap e ancor più il testo scritto per il brano “Costi quel che costi, Costituzione” hanno coinvolto tutti i presenti ed è stata spunto di riflessione sul senso della Legge Suprema che ci unisce in Nazione e che va difesa a tutti i costi. L’impegno profuso dagli insegnanti nella preparazione di tutte le rappresentazioni è veramente lodevole e a loro va la nostra riconoscenza. L’intervento del Presidente Napolitano è stato chirurgico nell’individuazione dei problemi che il Paese deve affrontare, ma anche assolutamente ottimista circa la possibilità di superare, come già nel passato è avvenuto, le presenti difficoltà purché ognuno faccia la sua parte. Con l’augurio finale di buon anno scolastico ha infine, come farebbe un nonno, invitato i ragazzi «a divertirsi anche un po’». Il riferimento all’importanza della famiglia e dell’impegno dei genitori è stato presente più volte nei discorsi del Presidente e del ministro Gelmini, ma anche parte integrante della testimonianza di Valentina Vezzali, pluricampionessa olimpionica di fioretto e mamma. Forse è mancata, quest’anno, la chiamata per nome e cognome di quei ragazzi presenti che per eccellenza si sono distinti nei vari concorsi nazionali e internazionali: loro costituiscono in carne e ossa la possibilità di dare il meglio di sé e dunque quale migliore esempio per tutti gli altri seduti nel Cortile del Quirinale?

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E se l’insegnante non va? Piccola guida per difendersi Cosa succede se, a fronte di tanti professori che fanno più del proprio dovere, si incontra chi danneggia studenti e scuola di Gianni Nicolì * È una delle preoccupazioni più forti e diffuse tra i genitori all’inizio di ogni nuovo anno scolastico. È ovvio che ci sia l’aspettativa che i propri figli siano affidati alle cure educative, istruttive e socializzanti di docenti qualificati, motivati e attenti alle specifiche esigenze di ciascuno. Non mancano in Italia tante situazioni buone o addirittura di eccellenza, dove gli insegnanti spesso “fanno più del proprio dovere” mutuando nella loro identità quella sorta di missione civile che questa professione richiede. Purtroppo, però, risulta anche che esistano molti casi di carenza, inadeguatezza, se non di vera e propria trasgressione anche dei principi più elementari. In questi casi non è più sufficiente il dialogo per potersi intendere, ma si deve necessariamente ricorrere alle norme che regolano, anche nella scuola, i rapporti tra i cittadini e soprattutto la tutela dei minori e i loro diritti. Spesso, di fronte a tali situazioni negative, ci si arrende dicendo che alla fine “non ci si può far niente”. Non è così. Fatta la tara al consistente numero di genitori iperapprensivi, iperprotettivi e pretestuosi che vedono nella scuola solo il loro figlio e i suoi sacrosanti diritti, vi sono

Notizie dal FONAGS Il Forum delle Associazioni dei Genitori della Scuola ha ripreso a incontrarsi dopo la pausa estiva. Due le notizie da condividere. • È stato pubblicato nel sito del MIUR l’elenco delle scuole finanziate in relazione ai progetti rispondenti al Bando di Concorso, in attuazione del protocollo d’intesa tra MIUR, Ministero Pari Opportunità e Associazioni dei Genitori, per la prevenzione e contrasto di ogni forma di violenza e intolleranza fra i giovani. A fronte di una notevolissima partecipazione di scuole, che hanno realizzato le proposte d’intesa con le associazioni dei genitori, i fondi stanziati hanno potuto sostenere una esigua parte di iniziative (di scuole singole o in rete). Si precisa che il FONAGS ha condiviso i criteri generali di stesura del bando, ma la valuta-

casi oggettivi ed eclatanti che meritano un intervento puntuale per ripristinare situazioni dannose per gli allievi, per la necessaria serenità del rapporto famiglia e scuola, basato su un mandato fiduciario, che non deve mai venire meno.

Se non basta il dialogo sincero In base alle norme vigenti cosa possono fare i genitori per contribuire, anche con la loro equilibrata vigilanza, al miglioramento di tutto il sistema scolastico? Va richiamato il principio basilare della partecipazione dei genitori, a tutti i livelli della vita scolastica, che è prioritaria, preventiva ed efficace. La valorizzazione e la qualità delle relazioni interne ed esterne alla scuola stessa fa la differenza sul funzionamento e sul raggiungimento di positivi risultati. Spesso nella scuola si possono risolvere molte difficoltà solo con un dialogo sincero tra persone oneste, disinteressate e leali che hanno intenti comuni e perseguono gli stessi obiettivi. In caso, invece, in cui paiono violate le regole del vivere sociale sul piano civile e penale si può ri-

zione dei progetti era affidata ad una commissione di esperti nominata dal MIUR. Non erano contemplati criteri di territorialità, né di distribuzione fra diverse associazioni. Il MIUR si assume completamente la responsabilità delle scelte, e si impegna, qualora individuati altri fondi, a proseguire il finanziamento di altri progetti secondo l’elenco predisposto dalla Commissione valutatrice. • Si terrà il prossimo 23 novembre un seminario di studio e approfondimento per la Giornata dei Genitori e della Scuola. Parteciperanno, a Roma, il Ministro, parlamentari, le associazioni dei genitori, rappresentanti di dirigenti, docenti e studenti, nonché gli Uffici Scolastici Regionali. Obiettivo principale è fare il punto sul percorso della partecipazione, dai “vecchi” (vigenti) organi collegiali ai Patto di Corresponsabilità educativa, individuando prospettive. Annunciate azioni concrete, in quella giornata, per sostenere la presenza dei genitori nella scuola e, soprattutto, sollecitati gli Uffici Scolastici Regionali nella promozione di iniziative locali di sensibilizzazione di scuole e genitori sul tema.


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SPECIALE SCUOLA correre alla giustizia ordinaria con denunce, o attraverso esposti e ricorsi amministrativi: il primo interlocutore deve essere il Dirigente scolastico dell’istituto, ma opportuno informare per conoscenza, in caso di esposti e segnalazioni, il direttore dell’Ufficio scolastico regionale e dell’Ufficio scolastico territoriale. Ogni segnalazione (opportunamente sottoscritta dai rappresentanti dei genitori, oppure da un congruo numero di genitori) deve essere il più possibile oggettiva, descrittiva di situazioni reali, evitando interpretazioni o giudizi, anche per non incorrere in ulteriori controdenunce/querele.

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ma ancora viene la coscienza di ciascun membro della comunità scolastica e le coscienze di coloro che le devono applicare. La prevenzione, la vigilanza la partecipazione dei genitori, meglio ancora con la mediazione associativa, sono valori molto importanti per evitare conflitti inutili e controproducenti e per creare qual clima propizio e virtuoso che invogli anche i meno motivati a fare bene. * Responsabile Ufficio scuola e università Age

Una guida alla normativa Di seguito richiamiamo alcuni punti della vigente normativa scolastica ai quali i genitori possono riferirsi, precisando che sono poco conosciuti e poco applicati. Ciò è dovuto anche al fatto che parte di questi sono oggetto di contenzioso sindacale e quindi non sono tutte norme effettivamente considerate. Il riferimento più generale, che riguarda tutta la Pubblica amministrazione e regola i corretti rapporti di Servizio, è il Codice di comportamento dei dipendenti da pubblicare sugli albi, anche elettronici, della scuola1. Questo è allegato ai vari Contratti nazionali di lavoro (Ccnl), così come le competenze, le funzioni e le responsabilità dei dirigenti 2. Il riferimento normativo al quale è sottoposto il personale docente della scuola è il Decreto legislativo 16 Aprile 1994, n. 297. Successivamente ad inasprire la possibilità di sanzioni nei confronti del corpo docente è giunto il Decreto legislativo 150 del 2009, conosciuto anche come “decreto Brunetta”, che ha modificato la normativa sul procedimento disciplinare nei confronti di tutto il personale scolastico. L’8 novembre 2010, sul sito del Ministero dell’Istruzione è stata pubblicata la circolare sulle “Indicazioni e istruzioni per l’applicazione al personale della scuola delle nuove norme in materia disciplinare introdotte dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150“. Le sanzioni, al momento, restano quelle previste dal Testo unico sull’istruzione, ma il potere di irrogarle passa ora nelle mani del dirigente scolastico. Tra le novità introdotte dalla circolare «la pubblicazione nel sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare» che «equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro». Dopo la prima contestazione di addebito e lo svolgimento del procedimento, il capo d’istituto prende una decisione che il lavoratore può appellare soltanto davanti al giudice. Finora le cose sono andate in maniera diversa. Il preside poteva infliggere soltanto “l’avvertimento scritto”. Tutti gli altri provvedimenti (censura, sospensione dal servizio e destituzione) venivano irrogate dal Consiglio di disciplina provinciale, (per gli insegnanti della scuola dell’infanzia, primaria e media) o da quello nazionale per i professori del ciclo superiore. Le norme esistono e vanno conosciute, ma pri-

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L’obbligo di pubblicazione del Codice disciplinare è stato sancito, oltre che dall’art. 7, comma 1 della legge 300/1970, dall’art. 55 del decreto legislativo 165/2001 e da diversi contratti collettivi nazionali di lavoro (art. 13, comma 8, del CCNL Comparto Ministeri del 12/6/2003; art. 9, comma 11, del CCNL Area I Dirigenza del 12/2/2010; art. 16, comma 12, del CCNL Area V Dirigenza del 15/7/2010). Il decreto legislativo 150/2009, all’art. 68, è intervenuto sulla materia, modificando l’art. 55, comma 2 del citato D.L.gs. 165/2001, prevedendo che “La pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare, recante l’indicazione delle predette infrazioni e relative sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro”. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, con circolare n. 14 del 23 dicembre 2010, recante “Disciplina in tema di infrazioni e sanzioni disciplinari e procedimento disciplinare – problematiche applicative”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 57 del 10 marzo 2011, si è espressa nel senso che la dovuta pubblicazione dei Codici disciplinari, nonché del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, debba avvenire sia nel sito istituzionale Internet, sia nella rete interna Intranet.

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CCNL – AREA V - Titolo VI – Responsabilità disciplinare; dall’art. 13 al 25.

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Più trasparenza tra i banchi per una vera corresponsabilità Comunicare meglio con i genitori è necessario per costruire qualità A partire dal diritto di conoscere i risultati Invalsi della propria scuola di Giuseppe Richiedei * In molte scuole si sono avviate interessanti iniziative per migliorare il servizio e innalzare i livelli di apprendimento, sulla base delle indicazioni più aggiornate della “cultura della qualità”. I genitori vengono coinvolti in modo in modo continuativo e intenso, essendo identificati come “i primi clienti” nell’accezione non banale del linguaggio comune, ma come “fattore essenziale nella costruzione della qualità sia educativa che organizzativa della scuola”. Anche qui si sta concretizzando il capovolgimento culturale per cui il meglio non è più dettato dall’alto, sia esso il ministero o l’università, ma ha bisogno di una verifica dal basso, che rileva periodicamente la soddisfazione di studenti e famiglie, pubblicizza i risultati raggiunti, certificati anche attraverso le indagini Invalsi e Pisa, controlla i processi didattici e organizzativi, e interagisce positivamente con la comunità circostante. Sta diffondendosi la nuova cultura della qualità che migliora il servizio attraverso il coinvolgimento convinto di operatori e clienti, impegnati in un franco confronto e una cooperazione efficace. Il tutto finalizzato non a delineare sulla carta la scuola ideale, irrealizzabile nella pratica, ma a innescare un effettivo miglioramento graduale e continuo dell’esistente. In queste scuole il coinvolgimento dei genitori è vivace, dinamico e soddisfacente, riempie di senso la partecipazione dei genitori negli organi collegiali, sostiene la dedizione di molte mamme e papà, che generosamente si impegnano in numerosi progetti scolastici. Tutto questo, purtroppo, non accade dovunque, ma solo nelle scuole dove dirigenti e docenti decidono, per propria scelta, di farlo. Dove questi si oppongono, accampano soprattutto obiezioni in ordine alla difesa della privacy della scuola, che non sarebbe tenuta a far conoscere ai genitori i risultati raggiunti dagli allievi. È evidente che, bloccando le informazioni, si blocca tutto il processo collaborativo tra famiglia e scuola. I genitori e gli studenti, tenuti nell’ignoranza della situazione, sono impossibilitati a maturare un’opinione fondata, da cui trarre adeguate proposte e azioni migliorative.

La pubblicazione delle prove Invalsi La resistenza di molte scuole riguarda soprattutto la messa in comune dei “report delle prove Invalsi e Pisa” che, riguardando tutti gli istituti, permettereb-

bero un confronto tra i livelli raggiunti dalle varie scuole e potrebbero innescare fenomeni di migrazione dei genitori verso quelle migliori. Tenendo conto che il fenomeno migratorio già avviene comunque sulla base a volte di dicerie e pettegolezzi, va detto che costituirebbe, invece, un passo avanti se si potesse fondare su elementi di accettabile oggettività, come sono quelli forniti dalle predette indagini ufficiali, realizzate annualmente da esperti, su tutto il territorio nazionale. Tenendo riservati i risultati, ovviamente si vanifica la finalità del miglioramento, che queste indagini si prefiggono, con conseguente dispendio delle notevoli risorse economiche impiegate. Inoltre, la paventata ondata di migrazione dei genitori, che dovrebbe creare scuole di serie A e di serie B, risulta pressoché impossibile nelle scuole italiane, data la loro diffusione capillare in ogni zona del Paese e il diritto di precedenza di iscrizione che spetta, per legge, ai genitori residenti, rispetto a chi abita fuori dal bacino di utenza. Ne consegue che la scuo-


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SPECIALE SCUOLA la, ritenuta migliore, sarebbe prioritariamente frequentata dai genitori del luogo, che naturalmente appartengono a differenziati livelli culturali ed economici. Le famiglie di altre zone potrebbero iscriversi solo in caso di posti liberi disponibili. A sua volta la scuola, valutata negativamente, sarebbe semplicemente incentivata a migliorarsi, per non perdere quota parte dell’utenza del proprio bacino. La pubblicizzazione dei livelli raggiunti dalle scuole nelle indagini, potrebbe innescare virtuosi confronti tra scuole e una corretta concorrenza per la qualità. Risulta dalle indagini che in ogni regione alcune scuole raggiungono i primi livelli di eccellenza internazionale, mentre è la media tra tutte le scuole che fa precipitare la scuola italiana agli ultimi posti. Un autorevole esperto, prendendo posizione nella polemica, ha ribadito a proposito delle prove Invalsi che «rispondono a metodiche consolidate a livello internazionale nella costruzione di test di competenza cognitiva; i test servono semplicemente a informare gli insegnanti, gli studenti e le loro famiglie. Per questo è opportuno fare i test in modo tale da poter rendere pubblici i dati scuola per scuola». Sembra, quindi, fondata nel merito la richiesta dei genitori di conoscere i risultati Invalsi, ma lo è anche a livello formale e normativo. I riferimenti giuridici della privacy, invocati in difesa della riservatezza delle scuole, risultano ormai estremamente fragili se non totalmente vanificati da leggi del Parlamento e decreti ministeriali, approvati recentemente. La legge 106 del 2011 afferma che «in corretta applicazione della normativa europea le comunicazioni relative alla riservatezza dei dati personali sono limitate alla tutela dei cittadini» (art. 6); come a dire che la privacy può essere invocata in favore dei genitori e degli allievi e non dell’istituto scolastico.

Un diritto per genitori e studenti Il Garante per la protezione dei dati personali ha stabilito da tempo il diritto di genitori e studenti “di conoscere le informazioni che li riguardano, di apprenderne il contenuto, di farle rettificare se erronee, incomplete o non aggiornate. Se non si ottiene risposta, o se il riscontro non è sufficiente, è possibile rivolgersi alla magistratura ordinaria o al Garante stesso. Non esiste alcun provvedimento del Garante che imponga di tenere segreti i voti dei compiti in classe e delle interrogazioni, gli esiti degli scrutini o degli esami di Stato, perché le informazioni sul rendimento scolastico sono soggette a un regime di trasparenza (cfr. Nota del Garante “La privacy tra i banchi di scuola”). Ogni genitori ha, quindi, il diritto di conoscere i risultati raggiunti dal figlio, i rappresentanti di classe di verificare il livello raggiunto dalla classe, i rappresentanti di istituto di valutare i risultati complessivi, raggiunti dalla scuola. Infatti, la trasparenza «è intesa

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come accessibilità totale delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione… dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Ogni amministrazione, sentite le associazioni degli utenti, adotta un Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, da aggiornare annualmente, che indica le iniziative previste per garantire: a) un adeguato livello di trasparenza, b) la legalità e lo sviluppo della cultura dell’integrità. In caso di mancata adozione e realizzazione del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità è fatto divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti preposti agli uffici coinvolti (art. 11 Decreto legislativo 150 del 2009)». Anche l’Europa va in questo senso, introducendo tra gli indicatori di qualità di una scuola proprio “la partecipazione dei genitori” e riaffermando che “migliorare la scuola significa che tutte le scuole dovrebbero impegnarsi a realizzare l’eccellenza e che dovrebbero rendere conto di questo miglioramento agli alunni, ai genitori, alla società in modo trasparente e significativo” (Rapporto OCSE - 98). Il pregiudizio che “la scuola non debba confrontarsi con i destinatari del servizio” risulta oggi infondato e scorretto rispetto alla evoluzione del diritto e alle migliori pratiche professionali. La trasparenza nella cooperazione tra famiglia e scuola rende l’esperienza scolastica più gratificante per tutti e più efficace nel migliorare la qualità complessiva del servizio scolastico. * già Presidente nazionale Age

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Come andare bene a scuola E non stiamo parlando di voti Dobbiamo preoccuparci anche dell’angolo di studio, cioè della posizione che assumono i nostri ragazzi quando sono chini sui libri a casa o in classe di Gianni Nicolì È il sogno di tutti i genitori e la preoccupazione di tutti gli studenti. C’è una ricetta? Sicuramente no, comunque se ci fosse non sarebbe così facile come prendere una pastiglia, se no non avremmo tutti gli insuccessi scolastici di ogni anno con le relative polemiche su chi sia il responsabile. Il buon senso storico dei genitori sa bene che studiare è fatica, bisogna, come dire, “metterci la gobba”… ma sicuramente non bisogna farsela venire! Così è chiaro che un buon risultato scolastico si ottiene dall’insieme di molti fattori ben combinati: motivazione personale, determinazione, qualità complessiva della scuola, dei docenti, della didattica eccetera. Tra questi elementi uno dei più importanti è quello che potremmo definire l’angolo di studio, anche se magari angolo non è. Poniamoci una domanda: non solo se studiano ma dove, come e in che posizione si

applicano i nostri figli. C’è chi preferisce la cucina di casa, chi tiene accesa la tv o la radio, chi si stravacca sul letto e chi “guai se non ci sono i propri feticci simbolici nella propria stanza”: pupazzetti, macchinine, foto dei cantanti e dei calciatori idolatrati. Posto, però, che studiare è un lavoro duro che comporta molta fatica e rischi anche per la salute, dobbiamo considerare la postazione di studio in termini ergonomici e quindi di prevenzione. I nostri figli stanno crescendo, lo fanno in fretta al punto che continuiamo a cambiare loro vestiti e misure di scarpe, e il frigo, quando non ci sono crisi dietologiche, si svuota velocemente. Stare seduti si sa, è un valore solo quando si è stanchi, mentre risulta essere una grande penitenza quando ci si vuol muovere e, da giovani, questo è predominante perché è fisicamente necessario alla salute. Tutta la recente evoluzione sull’igiene del lavoro e gli studi posturologici dimostrano che qualsiasi attività si svolga, si deve assumere un’impostazione corporea corretta, funzionale all’attività che si svolge e ai risultati che si vogliono ottenere. Ciò vale sia per suonare uno strumento musicale che per stare di fronte a un monitor del pc o per guidare la moto e l’auto, difatti le case automobilistiche stanno investendo sempre di più sulla ricerca e l’applicazione tecnologica in questo settore. Quali caratteristiche deve avere l’ambiente di studio per i nostri figli? Vi sono ovviamente molte variabili personali. I genitori noteranno che queste si differenziano anche di molto da figlio a figlio. Alcuni criteri generali però sono comuni, potremmo dire scientifici. L’aria che si respira deve essere più possibilmente pulita, spesso rigenerata, non troppo secca e priva di polveri e odori troppo marcati. L’illuminazione non deve danneggiare la vista, quindi sono preferibili sia i raggi indiretti che l’uso di lampade dette a diffusione solare con possibilità di regolare l’incidenza della luce sui libri che hanno le pagine a finizione patinata lucida (testi vietati per legge per la scuola primaria). Anche la visione a monitor deve prevedere tempi congrui con rilassamento della vista su campi poco illuminati e a distanza. Per un maggior approfondimento i genitori possono rivolgersi a personale specializzato che potrà calibrare per ogni soggetto i consigli giusti. Rimane vero, comunque, che in un clima di confusione acustica nessuno riesce a concentrarsi bene. Non si può, non si deve e non si riesce a studiare con l’hard rock sparato dagli auricolari degli Mp3 o con


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SPECIALE SCUOLA l’aspirapolvere e la lavatrice in esercizio. Non parliamo poi delle continue interruzioni da cellulari con squillini, telefonate e messaggini vari. Si sta dicendo che il luogo fisico dove studiano i nostri e la postazione dove siedono e lavorano devono essere confortevoli, accoglienti e sicuri, adatti allo scopo. La nostra associazione da molti anni e con molte iniziative si è preoccupata della salute dei nostri figli a scuola. Dai macro interventi sull’edilizia scolastica a quelli di natura squisitamente familiare: l’alimentazione, il peso degli zainetti, i diari, l’uso delle nuove tecnologie in apprendimento. Recentemente abbiamo incrociato il nostro impegno ad alcune realtà universitarie e centri di ricerca industriali che hanno posto la loro attenzione sul mezzo fisico attraverso il quale i nostri figli impostano il loro corpo per lo studio. Lo definiamo comunemente banco, anche se, oltre a questo, comprende una sedia e una serie di accessori ergonomici utili a tenere in ordine cartella o zaino, scarpe da ginnastica e libri o quaderni a disposizione. Un sistema quindi ben congegnato e studiato, ben superiore a un comune tavolino con sedia. È paradossale che non chiediamo ai posti dove ci sediamo lo stesso impegno di elaborazione tecnica e di adattamento alla fisiologia del soggetto che invece esigiamo da calzature e vestiti. È vero che per una seduta comune per sostare basta un sedile qualsiasi dove il corpo si adatta, magari con sforzo, ma è altrettanto vero che dove si lavora e ci si ferma per molto tempo (a scuola si tratta di mesi e anni nella fase più delicata della vita che è quella evolutiva), non può essere così. È la postazione che deve adattarsi al corpo e rispettarlo, non viceversa, pena gravi danni evidenti e

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non sempre recuperabili. Tutti avranno notato che la statura media delle giovani generazioni è in continua elevazione e chi, docente come me, ha qualche decina di anni di presenza in classe ha visto molti menti sfiorati dalle ginocchia degli allievi su banchetti di misura sottodimensionata e dalla struttura fragile, destinata a non durare. Altra esperienza tipica sono i cosiddetti banchi rotti che ogni anno si raccolgono in mucchi sui giardini delle scuole. Quale soluzione a questo spreco e a questa minaccia reale alla salute dei nostri figli? Come mettere a loro disposizione ambienti e strutture confortevoli e adeguate allo scopo che debbono perseguire? Oggi, per fortuna, la scienza ci viene incontro e le relative applicazioni tecnologiche consentono la realizzazione di attrezzature ben studiate e adatte alla progressiva crescita dei nostri figli. Si pensi solo che uno dei fastidi più dolorosi che affliggono la schiena, cioè la scoliosi, trae il suo nome proprio dal termine scuola dove si dovrebbe andare per uscire più formati e non deformati! Lo stesso vale per l’ambito di studio domestico. Sarebbe bello poter disporre anche a casa di una postazione analoga a quella scolastica che risponda pienamente a criteri estetici e di buon arredo…perché anche l’occhio vuole la sua parte e contribuisce a creare quell’armonia della quale tutti abbiamo oggi sempre più bisogno. Così potremo avere figli che vanno più volentieri a scuola e con esiti migliori, spenderemo molto meno per la loro cura da vizi contratti da sistemi non preventivi e avremo persone più sane anche nel loro futuro da adulti.

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Crescita, studio e postura Regole e consigli dell’esperto Ci sono leggi per la tutela dei lavoratori che stanno tutto il giorno seduti, ma non per i nostri ragazzi: come lasciare che un albero giovane cresca curvo per cercare di raddrizzarlo quando è cresciuto di Sergio Zanfrini*

Il tempo della scuola

Si sente parlare molto di postura ma in realtà, oltre allo stare “ben diritti”, le conoscenze dei non addetti ai lavori sono generalmente limitate. Cercheremo quindi di spiegare in maniera semplice l’importanza della postura. La postura è un insieme di fattori genetici e stili di vita, causa e contemporaneamente effetto di varie problematiche. Il bambino che gattona comincia ad organizzare a livello del sistema nervoso la quadrupedia. Quando comincerà a stare in piedi dopo diversi tentativi (apprendimento) e a camminare, il suo movimento sarà correttamente coordinato: braccio destro avanti, gamba sinistra avanti; gamba destra indietro, braccio sinistro indietro. Può sembrare banale ma una incoordinazione motoria potrà portare a eseguire movimenti alternativi a quelli ottimali. Il gioco nei primi anni di vita è fondamentale per lo sviluppo di una mente sana in un corpo sano.

Arrivano però anni importanti: l’inizio della scuola. Una scuola in cui occorre attenzione, silenzio, disciplina e soprattutto una postura statica: ore e ore seduti nello stesso banco, a scrivere, disegnare, leggere, ascoltare. Bisogna dire che il corpo è costruito per muoversi, tutti i muscoli a contrarsi e rilassarsi alternativamente, le articolazioni a lubrificarsi attraverso il movimento. Ora stiamo fermi: 5 anni di elementari, 3 di scuole medie, 5 di superiori… e il nostro corpo è formato. Esistono leggi per la tutela dei lavoratori che stanno tutto il giorno seduti, ma non per i nostri ragazzi: è come lasciare che un albero giovane cresca curvo per cercare di raddrizzarlo quando è cresciuto. Il peso dello zainetto è importante ma limitato nel tempo, la postura più dannosa è quella protratta più a lungo nel tempo. Occhi, colonna vertebrale, mandibola, circolazione sanguigna, ginocchia e piedi avvolti attorno alle gambe


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| Sedia alta o bimba piccola?

della sedia e poi, sedia rigida, piano non inclinabile, lavagna posta di lato rispetto alla posizione ideale. Quanti problemi possono creare questi atteggiamenti? Quando i genitori si preoccupano della schiena, della dentizione e della vista, sanno come i loro figli passano ore e ore di scuola? I migliori medici di questo mondo possono proporre le terapie migliori ma se i ragazzi mantengono l’atteggiamento sbagliato – e non per colpa loro - fare due ore di nuoto alla settimana per combattere la scoliosi sarà una goccia rispetto alle ore in cui si fa “contro-ginnastica”.

Banchi e sedie ergonomici Per risolvere il problema alla radice è necessario che l’ergonomia dei banchi di scuola sia adattabile alle caratteristiche antropometriche dei ragazzi. L’altezza è solo uno dei parametri: c’è chi ha le gambe lunghe e il busto corto, chi ha un rapporto diverso tra il bacino e la distanza del gomito da terra. La ricerca scientifica condotta dal Centro di ricerca interuniversitario sulle posture delle tre Università di Pisa, Siena e Firenze, sotto la direzione del professor Luciano Fonzi e seguita in prima persona dal dottor Raul Guelfi e validata dal professor Marcello Bunelli, neurofisiologo di livello mondiale, ha portato all’elaborazione dei parametri ideali, suggerendo la brevettazione di un banco e sedia regolabili millimetricamente in ogni comparto e quindi adattabili a qualsiasi conformazione anatomica. La sedia ha quattro regolazioni: altezza della seduta, profondità del piano per evitare che il ragazzo debba stare seduto in punta di sedia o con lo schienale troppo lontano, schienale regolabile in altezza con il lato convesso a sostegno del tratto lombare e una rotazione del

piano di appoggio per seguire meglio le spiegazioni alla lavagna anche se la stessa è di lato rispetto alla perpendicolare. Il banco a sua volta è regolabile sia in altezza che per l’inclinazione del piano, facilitando la lettura senza tenere il capo e lo sguardo rivolti troppo in basso. Un comodo software, accessibile sul sito www.scuolasalute.it, permette di calcolare le misure esatte per sedia e banco dopo avere inserito le misure del ragazzo. Nel caso in cui si abbia difficoltà a trovare i punti corretti il pediatra di famiglia potrà farlo per i genitori in pochi minuti. Se i genitori, all’atto dell’iscrizione a scuola forniranno i parametri antropometrici corretti, potranno trovare, all’inizio dell’anno scolastico, le aule già preparate, con banchi e sedie nominative e regolate correttamente.

Fami school La ditta Fami di Rosà (Vi) , nell’ambito della tradizionale attenzione all’ergonomia sul luogo di lavoro, ha deciso di adottare i criteri scientifici del Centro di Ricerca Interuniversitario per la propria linea Fami School (www.famischool.it) avviando la produzione, unica al mondo, di banco e sedia totalmente adattabili. Certamente il costo di questo tipo di banco è più elevato rispetto a banchi fissi ma il risparmio è assoluto: quanto costa un paio di plantari, un paio di occhiali, un busto ortopedico? Un Amministratore pubblico attento sa che investire nella prevenzione oggi vuol dire un grande risparmio domani, senza contare la cosa più importante: la salute ed il benessere dei nostri figli. * Libero docente Università di Siena, Pisa e Chieti, professore onorario Università Maimonides Buenos Aires

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Mantova, più spazio ai genitori per smorzare i segnali di guerra La scuola deve tornare ad aprire il portone alla famiglia per non chiedere solo contributi, ma per educare insieme di Davide Pedrazzani * Il “management” di alcune scuole mantovane non sembra gradire la presenza dei genitori. Abbiamo trovato roccaforti invalicabili o dirigenze super personalizzate, se non adirittura “distratte” da gessate procedure. Lo vediamo nel momento dei veri problemi: classi affollate, inserimento degli studenti stranieri, supplenze, scelta del tempo prolungato, ecc. Una chiusura al confronto e al dialogo, ma ancora peggio, la pessima abitudine di effettuare scelte importanti all’ultimo minuto dell’ultimo giorno, così da imporre prestabiliti risultati. Tutto questo in barba a tante leggi che valorizzano la componente genitori e associativa, quale partner di percorsi educativi: «La scuola dell’autonomia può svolgere efficacemente la sua funzione educativa soltanto se è in grado di instaurare una sinergia virtuosa, oltre che con il territorio, tra i soggetti che compongono la comunità scolastica: il dirigente scolastico, il personale della scuola, i docenti gli studenti ed i genitori …». (Dal Patto educativo di Corresponsabilità - Nota del Ministro n.3602/P0-31 luglio 2008). Inoltre, questione ben più profonda, la scuola pubblica ha l’opportunità di esercitare al meglio la democrazia come strumento decisionale. Pertanto dobbiamo imporci, laddove si istruisce e si educa, un percorso formativo di relazioni democratiche, per far sì che i giovani apprendano, vivano e respirino, sin dalla

giovane età, le basi di un strumento sociale di convivenza. La scuola deve essere il luogo per eccellenza dove tutti partecipano con i propri diritti e doveri nel rispetto dei ruoli; solo così possiamo “insegnare” ai nostri figli. Ma se tutto questo non avviene manca il dialogo, manca l’ascolto, non c’è il confronto. Perché, quindi, dobbiamo star zitti, perché dobbiamo versare un contributo volontario (le cosiddette “liberalità” in genere presentate come tassa d’iscrizione), perché dobbiamo versare una quota ”pro carta igienica”, perché dobbiamo pagare per un assicurazione spesso assurda? Non esiste l’obbligo di legge. Siamo convinti che il Dirigente sia chiamato a scelte importanti: sta a lui/lei impostare una scuola nuova o lasciare scadere tutto, sta al dirigente prima di tutti considerare la componente genitori come partner collaborativo, migliorare la collaborazione tra famiglia e scuola e costruire un solido rapporto con il territorio. Ciò, in certe realtà, è stato ben capito e ben sviluppato, dando frutti inaspettati. Noi dell’Age non siamo un sindacato dei genitori, anche se qualcuno potrebbe pensarlo. La natura stessa dei ruoli non giustifica l’esserlo: non dobbiamo difendere nessun contratto di lavoro e la scuola non è un supermercato o un distributore di servizi. Siamo convinti che la scuola sia luogo di formazione, di educazione e di buona socialità. La formazione è sì nozione, ma è anche comprensione, esercizio, discussione, prova, cioè relazione. L’educazione è ben altro che il voto in condotta, è un sistema di conoscenze e atteggiamenti che attraversano anche la sfera affettiva e questo lo sappiamo bene e lo ribadiamo nei nostri seminari di formazione e di confronto tra i genitori. Allora siamo chiamati a scegliere: o continuare a creare “armi” di distruzione reciproca, cioè da una parte Tar, Corte dei conti, note disciplinari e, dall’altra, silenzi, accordi sottobanco, scorciatoie, di fatto non comunicazione. Oppure si tratta di partire oggi ad aprire la scuola pubblica, aprire il portone anche ai genitori, e scriverci sopra: «Qui i genitori possono collaborare all’educazione dei loro figli», oppure «lavoriamo tutti insieme per creare speranze per il domani» o ancora «insieme accompagniamo il talento dei vostri figli, perché possano realizzarsi nella vita che avete donato». Forse anche noi adulti così miglioreremmo. * Consigliere nazionale e Presidente provinciale Age Mantova


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CONSIGLIO NAZIONALE

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Mamma e papà, consigli per crescere Il Consiglio direttivo nazionale dell’Age, riunito all’inizio di ottobre ha dedicato una riflessione per delineare, partendo dai nostri figli, di quali genitori ci sia oggi bisogno. Ecco cosa è emerso Una riflessione su come essere genitori oggi a partire da una lettura sui nostri figli. È stata al centro della riunione del Consiglio direttivo nazionale Age svoltasi nei giorni 1 e 2 ottobre, preceduta dall’incontro fra i presidenti e delegati delle associazioni regionali. Un incontro assai intenso per i contenuti affrontati: scuola, handicap, notizie dall’Europa, politiche familiari, media. Assai gradita la partecipazione ad una sessione del consiglio di don Maurizio Viviani, direttore dell’Ufficio nazionale Educazione, scuola e università della Cei, che ha celebrato anche la S. Messa per i consiglieri. Offriamo ai lettori di AgeStampa una sintesi per punti dell’intervento programmato di Filippo Zagarella, presidente Age Roma Nord, psicologo e psicoterapeuta, al quale avevamo chiesto una riflessione che, partendo dai nostri figli, delineasse di quali genitori oggi abbiamo bisogno. La relazione genitori/figli non è di tipo istruttivo, di insegnamento. Noi adulti (genitori, ma anche educatori) dobbiamo porci prima di tutto in ascolto, sia di noi stessi che dei nostri figli. È l’atteggiamento di “umiltà”, cioè di attaccamento alla terra (humus), la capacità di accogliere la vita, di lasciarci interrogare dai fatti, dalle persone, rimettendoci in gioco, ridefinendo le nostre posizioni. La capacità di cambiamento è oltre la sola conoscenza. In questa prospettiva possiamo superare la nostra rigidità, che nasce spesso dall’insicurezza, dall’incapacità di mettersi in discussione temendo la novità. Nulla nella vita e nelle relazioni avviene a caso, anche le esperienze negative. Tutto può essere utile, per me e per gli altri, se mi colloco, appunto, nella di-

sponibilità al cambiamento. Devo anche sapere accettare che, in un sistema complesso (la famiglia, l’educazione, la scuola) è presente una certa indeterminatezza, qualcosa di non definibile che sfugge al controllo, ma ha una sua logica, magari non comprensibile. Le nostre percezioni (magari condivise da molti), persino la scienza stessa (il “sapere” di psicologi e pedagogisti!) non comprendono ed esauriscono totalmente la realtà. Perciò dobbiamo agire con fiducia, senza la pretesa di governare ogni rapporto. Dobbiamo, però essere consapevoli dei cambiamenti fisici e psicologici dei figli, che chiamano noi stessi a cambiare. Dobbiamo, per esempio, sapere che ci sono fasi della vita (in gravidanza, nel primo anno di vita, in adolescenza) in cui il cervello stesso dei ragazzi si ristruttura. Ci pare, soprattutto con gli adolescenti, impossibile comunicare con loro: dobbiamo sapere, però, che, poiché la loro vita si ricostruisce sulla base delle vie tracciate e delle esperienze incontrate, il nostro lavoro educativo non è mai inutile. La consapevolezza della vita, del cambiamento, della relatività di molte cose ci chiede anche di non cercare sempre un colpevole esterno (la società, i tempi moderni, il gruppo degli amici, la TV o internet…). Se abbandono l’impegno educativo, o quello per cambiare me stesso, devo accettare che è responsabilità mia. L’incontro e il confronto con altri genitori è una grande risorsa. Quando è presente un esperto, può aiutare a ricentrare il discorso, ma l’associarsi è proprio il cercare insieme le soluzioni, sostenendosi reciprocamente.

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PREVENZIONE

Mani pulite contro le malattie Una campagna di pediatri e Age Lavare le mani è il primo gesto per combattere la diffusione di virus e batteri. Un’azione semplice ma importante a cui educare i nostri figli È un gesto banale, ma può prevenire molte malattie infettive. L’igiene delle mani è il primo strumento di difesa per combattere la diffusione di molti virus e batteri. Infatti, nonostante i progressi negli ultimi decenni, le malattie infettive continuano a richiedere un impegno sempre maggiore, a causa dell’aumento della resistenza agli antibiotici; l’igiene delle mani viene considerata una delle misure più efficaci per prevenire le malattie infettive trasmissibili: un bambino ammalato, oltre ad accumulare assenze dalla scuola, trasmette l’infezione ai compagni di classe, agli insegnanti ed ai familiari. Per questo la Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps), in collaborazione con la Casa editrice Editeam e l’Associazione italiana genitori ha dato vita al progetto “La Salute di mano in mano”, che ha come responsabile scientifico del progetto il pediatra Luciano Pinto e coordinatore del progetto il dottor Roberto Liguori. L’obiettivo di far pervenire alle famiglie, attraverso i loro figli, un messaggio che induca ad adottare i principi dell’igiene delle mani nella vita quotidiana. Il progetto ha interessato fino ad ora 800 classi, 15.000 studenti e 1.000 docenti delle Scuole Primarie della Campania e della Lombardia.

Il pediatra che vorrei Accogliente, competente, professionale, organizzato e comunicativo. Questo il profilo del pediatra ideale delineato dal congresso milanese della Sipps Capire quali siano le aspettative dei genitori italiani nei confronti del pediatra: questo l’obiettivo della tavola rotonda “Il pediatra che vorrei”, all’interno del ventitreesimo Congresso nazionale della Sipps, la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale. Dal dibattito, al quale, oltre a pediatri ed esperti, hanno partecipato il presidente nazionale Age Davide Guarneri e la presidente di AGe Pontoglio (Bs) Anna Bertoli, è emerso come accoglienza, competenza professionale, organiz-

zazione dell’attività e relazione di cura siano i principali desideri che le famiglie italiane nutrono nei confronti dei pediatri di famiglia. L’accoglienza è un aspetto fondamentale per iniziare positivamente il rapporto con i genitori del bambino, che inizia una fase di cura e di controlli. Durante il primo incontro il pediatra convenzionato deve fornire le informazioni necessarie sull’organizzazione del proprio studio: quando è concretamente disponibile al telefono per i consulti, gli orari di ricevimento, i compiti che rivestono i propri collaboratori e tutte le altre informazioni che ritiene utile fornire ai genitori. La competenza professionale è legata naturalmente agli studi che abilitano il medico alla professione e alla specializzazione in pediatria, ma è fondamentale il continuo aggiornamento tramite convegni, corsi, seminari, letture e approfondimenti di tematiche specifiche. Tuttavia i genitori si aspettano dal pediatra un approccio a 360°, quindi una buona preparazione generale, ma anche un’attenzione all’approccio educativo


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PREVENZIONE L’importanza dell’igiene delle mani Le malattie infettive continuano a occupare infatti i primi posti fra le priorità sanitarie; eppure basterebbe un semplice gesto di prevenzione quotidiana, come lavarsi le mani, per ridurne la diffusione nelle scuole, negli ospedali e nei principali luoghi di incontro. Una corretta igiene delle mani, secondo l’OMS, riduce infatti l’incidenza delle infezioni gastrointestinali del 30% e di quelle respiratorie del 40%.

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reportage, ecc.) sull’igiene delle mani, con cui partecipare al Concorso indetto dalla Sipps, in collaborazione con la Casa editrice scientifica Editeam. Il 15 ottobre 2011 si è svolta, in occasione della Giornata Mondiale per la pulizia delle mani, una festa in Campania. Altre iniziative sono previste nei prossimi mesi.

Trasmissibilità a scuola La scuola è uno degli ambienti a maggior diffusione di infezioni, in particolare respiratorie e gastrointestinali. Alcune abitudini tipiche degli alunni, infatti, come mettere in bocca gli oggetti o utilizzare i bagni comuni, associate a una scorretta igiene personale, facilitano la diffusione di microrganismi che possono causare malattie.

Progetto Sipss nelle scuole primarie Il progetto, effettuato in collaborazione con l’Associazione italiana genitori, prevede la realizzazione di riunioni fra i docenti delle scuole primarie coinvolte con i pediatri delle sezioni regionali Sipps, in cui sono trattati i diversi aspetti dell’igiene delle mani nella scuola. A ogni classe è consegnata una cartellina contenente un vademecum sull’igiene delle mani per i docenti, e materiale didattico e ludico per gli alunni, per avvicinarli all’igiene delle mani attraverso giochi di società (tra cui il “Manopoli”, adattamento dello storico gioco), cruciverba, giochi enigmistici, schede didattiche e poster, appositamente ideati per sensibilizzarli a questo tema. Sotto la guida dei loro insegnanti, ogni classe realizza materiale visivo (poster, disegni, filmati, ecc.) o descrittivo (temi,

e psicologico, alle relazioni con l’ambiente e la scuola, al clima familiare. L’organizzazione dell’attività tiene conto della situazione e delle modalità del tutto italiane, dove la maggioranza dei pediatri lavora da solo, in studi disseminati sul territorio, con la necessità di essere manager di se stessi in tutta l’organizzazione del lavoro. Diversamente, all’estero è più comune trovare medici riuniti in associazioni e organizzati di ambulatori polispecialistici. I genitori hanno anche posto il problema dell’assistenza nei fine settimana: non si può, e non è giusto, ricorrere sempre al pronto soccorso pediatrico, ma talvolta la guardia medica generica non ha la necessaria competenza pediatrica. Relazione di cura significa capacità comunicativa da parte del medico, che deve essere affabile e rassicurante, in grado non solo di fare diagnosi, ma anche di porsi in modo corretto nei confronti del bambino e della famiglia. La capacità di comunicare bene non è solo una dote personale, ma può essere anche sviluppata attraverso per-

corsi formativi specifici e seminari di counselling. Una delle caratteristiche insite nella buona comunicazione è l’ascolto, che si traduce in disponibilità, pazienza e simpatia.

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EDUCAZIONE

Imparare a “perdere tempo” per far nascere relazioni Dai dati Istat emerge una famiglia che non cresce. L’Age a Educa, una della principali manifestazioni del nostro Paese sull’educazione La famiglia è forte solo se si apre alla relazione, alla vita e al tempo. Creare alleanze, sostenersi a vicenda, promuovere forme di associazione. Questa è la soluzione alla crisi della famiglia italiana, come è emerso nell’incontro promosso all’interno di Educa: “Tempi di vita, tempi di relazione”. Una famiglia che incrocia la vita e la relazione delle persone ancora in modo molto forte, ma che non riesce a partorire progetti concreti, perché guarda troppo l’ombelico di sé stessa ed è troppo autoreferenziale. «Se singolarmente fare un unico figlio sembra essere la soluzione migliore, a livello di società non stiamo più in piedi», spiega Pietro Boffi del Centro Internazionale Studi Famiglia (Cisf). Per questo il nucleo familiare è ancora più cruciale di prima: se un tempo, infatti, la società si sosteneva a vicenda (con una piramide dalla base giovane e solida che sosteneva il vertice della popolazione anziana) oggi è lasciata sola e può contare solo su se stessa. Il quadro che emerge dai dati Istat esposti da Boffi, è quello di una famiglia che non cresce, di giovani che non si legano e che non fanno figli. Nel 1994 l’Italia deteneva il livello più basso mai raggiunto nella storia: 1,19 figli per famiglia. Oggi c’è un crollo dei matrimoni, cioè di relazioni, passati da 419.000 a 117.00 negli ultimi 40 anni. E con un costante aumento delle separazioni annuali. «Eppure la relazione familiare nell’immaginario degli italiani – continua Boffi – occupa sempre un ruolo positivo. È una contraddizione che può essere spiegata proprio con la categoria del tempo: il tempo si è fatto lungo, c’è stato uno spostamento cronologico rilevante nelle giovani generazioni rispetto alle medie europee e alle generazioni precedenti. Questo vale sia per il matrimonio (secondo l’Istat l’età in Italia per gli uomini è

33 anni e per le donne 30), che per la genitorialità: gli italiani sono indietro di 4-5 anni rispetto alla media europea. Le cause oggi sono da un lato legate a fattori strutturali (difficoltà economiche e legate alla casa e al lavoro), ma anche a fattori culturali già preesistenti nella società italiana». Come sbloccare, quindi, questa situazione? «Bisogna buttarsi, anche se non si sa dove si andrà a finire, e cercare le risposte di volta in volta. Se la situazione è così, non deve fermarci. Va bene indignarsi, ma poi è necessario lanciarsi, perché la soluzione non la darà nessuno: né scienza né politica né Chiesa - afferma Bruno Volpi dell’Associazione nazionale Mondo Comunità e Famiglia e per diversi anni missionario laico in Africa -. Dovremmo imparare a perdere tempo, a guardarci negli occhi e far nascere le relazioni. Io, brianzolo, l’ho imparato vivendo all’estero e ho fatto fatica a reintegrarmi con la mia famiglia al ritorno in Italia. Ma credo davvero che la via d’uscita sia ricominciare dalla base, cioè dalla voglia di vivere. Il problema della famiglia di oggi è che è figlio-centrica invece che “coppia-centrica”. I figli vanno lasciati crescere per far loro trovare i propri talenti, non cercando di evitare loro sofferenze e difficoltà, ma sostenendoli». Ma si può quindi vivere alla giornata? Ci si può inventare il lavoro in un altro modo per trovare il tempo di stare insieme? Per non condividere solo la fatica della sera? Sembra di sì, ma solo se non si è da soli. «Viviamo fra il desiderio di coltivare delle relazioni - dice Domenico Simeone, professore di pedagogia generale all’Università di Macerata - e la necessità di rincorrere qualcosa. Siamo stati illusi che con l’arrivo delle nuove tecnologie avremmo avuto più tempo libero, ma non è così. Siamo convinti


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EDUCAZIONE che non esiste più la famiglia tradizionale in cui l’uomo lavorava e la donna educava i figli, ma non sappiamo che alternativa abbiamo. La soluzione sta nel trovare il tempo non solo di stare con l’altro ma anche per l’altro». Il presidente Age Davide Guarneri, citando le parole di Vittorino Andreoli, ha detto che «è sempre tempo per amare, per prendere moglie o marito, per

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fare un figlio. Perché la famiglia non è dissipatrice di tempo». Il tempo non è solo denaro, appunto: è fatto di relazioni, di scambi gratuiti, di cambiamenti, assaporando le età della vita. In un’epoca in cui esiste solo la giovinezza, inseguita a ogni costo, riscoprire l’età adulta, valorizzare la bellezza della vecchiaia potrebbe essere un’altra risposta all’emergente istanza educativa.

Educazione per uscire dalla crisi e costruire futuro Chiusa la quarta edizione di Educa: importante riscontro di pubblico e di critica, ma soprattutto, opportunità di riflessione e confronto: una manifestazione che è già punto di riferimento nazionale sui temi dell’educazione. L’Age è tra i partner, ed è stata protagonista in un convegno e due laboratori per genitori Migliaia di insegnanti e genitori, bambini e ragazzi hanno preso parte alla quarta edizione di Educa, manifestazione nazionale dell’educazione che si è svolta a Rovereto, e che dal prossimo anno vedrà la proposta di eventi in altre piazze nazionali. “Educare nell’incertezza”, il tema scelto dal Comitato promotore, ha dimostrato, secondo Michele Odorizzi, presidente della manifestazione, che «l’educazione è una scommessa sull’uomo, cruciale per ridare prospettiva e futuro alla comunità». Nella tre giorni sono stati proposti studi, riflessioni e ricerche che non hanno nascosto le criticità esistenti e hanno evidenziato i possibili spazi di miglioramento sia nella scuola che nella famiglia, sia nella politica che nel mondo del lavoro. L’Age è stata presente fra i partner della manifestazione, ed è intervenuta nel seminario “Tempi di vita, tempi di relazione” a cui hanno partecipato il presidente nazionale Davide Guarneri, insieme al sociologo Cisf Pietro Boffi, al pedagogista Domenico Simeone, al fondatore dell’Associazione “Mondo, comunità, famiglia” Bruno Volpi). Nel pomeriggio di sabato 24 settembre due partecipati laboratori: “Genitori non si nasce, ma ogni giorno si impara” hanno coinvolto molti genitori ed educatori, con la guida di Chiara Crivelli, Maria Grazia Ferrari e Annalisa Celegato, formatrici Age-Irsef. La riflessione condivisa dai promotori sull’educare nell’incertezza del nostro tempo non si esaurisce di certo nelle giornate di Educa. In-

tende essere una traccia per approfondire, che offriamo anche ai nostri lettori, in ampia sintesi. «Siamo figli di un tempo che ci ha illuso con l’idea che fosse felice l’uomo forte, l'uomo che domina. Un uomo molto informato, istruito, protetto, economicamente agiato, relazionalmente non troppo vincolato dagli altri. Era molto seducente l’idea di depurare la realtà e la vita dalle sue ombre: la morte, il dolore, l’affanno, la mancanza, l’insuccesso, la fragilità. Oggi però non possiamo ignorare che la crisi non è più eccezione, ma regola. E così l'incertezza sembra essere divenuta la cifra di una grande ansia individuale e collettiva, fonte dell’angoscia contemporanea, spesso generatrice di paure e di egoismi. Queste paure chiedono alla famiglia, alla scuola, alla società di cercare e trovare strumenti o soluzioni educative buone per tutti. Noi crediamo invece che l'educazione - responsabilità di tutti e proprietà di nessuno - abbia il compito di favorire percorsi ed esperienze che consentano a ciascuno di scoprire le proprie caratteristiche. Quegli elementi unici, utili a fare i conti con sé stessi e con il mondo - realtà entrambe in costante movimento - facendo della capacità creativa la propria guida interiore. Crediamo quindi sia centrale costruire e innovare le politiche e le pratiche educative basandole sulla capacità di leggere l’incertezza nelle sue diverse sfaccettature: quella creativa motore di cambiamento, quella deprivante di diritti e responsabilità. Vogliamo trovare e promuovere modalità educative che approccino la singola situazione di precarietà non più come il risultato di un’incapacità individuale, ma come condizione comune a tutti gli uomini. Siamo convinti che scoprendoci tutti potenti, proprio perché fragili senza vergogna, si creeranno possibilità di nuove relazioni ed un nuovo senso di vita comune».

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S PA Z I O A G E – L A V I TA D E L L E A S S O C I A Z I O N I

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Fano Una sede per Age Extra Sabato 23 giugno 2011, ore 19 circa: uno strano movimento in via del Carmine a Fano . Un gruppo di giovani genitori e alcuni bambini si aggirano quasi impazienti fuori dal n. 1. Sono in attesa dell’arrivo del Vescovo, per l’inaugurazione della nuova sede, messa a disposizione dalla diocesi, dell’Associazione Genitori Extracomunitari (Age Extra). Oltre ai soci è presente il presidente regionale dell’Age Primo Galassi con la sua famiglia e una rappresentanza dell’Age di Pesaro. Il Vescovo taglia il nastro, entra e dietro lui tutti noi, qualcuno incuriosito, altri no perché conoscevano bene quella sede per essersi impegnati a rendere vivibile e bella questa struttura: la presenza del Vescovo è motivo di benedizione. Una breve visita ai locali, dove sono affissi cartelli che raccolgono un po’ la nostra storia dalla fondazione (2008) a oggi, che ricordano l’invito a Roma per l’audizione presso la Settimna commissione cultura alla Camera dei Deputati, il grosso Convegno di Educa a Rovereto, il lungo articolo apparso su Famiglia Cristiana. Ci riuniamo in una stanza ed Emanuele Perini, fondatore di Age.Extra onlus, prende la parola. Si nota sul suo volto la gioia e la soddisfazione, si sente nel suo parlare la commozione, che ha interrotto più volte il suo dire. «Questo è il momento di lasciar parlare il cuore per dire il mio grazie commosso a quanti hanno reso possibile la realizzazione di questa sede», esordisce Emanuele e prosegue ringraziando innanzitutto il Vescovo, al quale da tempo aveva chiesto aiuto e che, appena ha potuto, è venuto incontro alle nostre esigenze con sensibilità, affetto e generosità. La nostra presenza dimostra la nostra più profonda gratitudine, che in concreto si traduce nell’impegno di vivere seriamente la nostra vita di genitori impegnandoci nell’educazione dei nostri figli perché crescano e diventi-

no uomini veri, anzi, come più volte ci ha detto Emanuele, “galantuomini”. Emanuele prosegue ringraziando i giovani soci che hanno lavorato sodo e, citandoli uno a uno, afferma: «Dietro a ciascun nome c’è molto di più, ci sono tante e tante ore di lavoro fatte dopo pesanti giornate lavorative, fatte da chi era in cassa integrazione, fatte da amici, e tutto questo per puro volontariato. Io vedo in questo nostro fare un grande atto di amore verso la nostra associazione, che ci deve far sentire sempre più fraternamente uniti». Il Vescovo poi ci intrattiene simpaticamente ricordando che è passato sì un po’ di tempo dalla richiesta di Emanuele a oggi, ma è bene quel che finisce bene: è contento di aver fatto questo per noi come uomo, come cristiano e come Vescovo nel rispetto di tutti quelli che vivranno in Age Extra. Si sofferma sull’aspetto educativo, che deve essere una priorità per ciascun genitore nel lavoro quotidiano per fare dei nostri figli uomini veri, anzi “galantuomini”. Consegnandoci ufficialmente la nuova sede, in comodato gratuito, si augura, che i locali vengano sfruttati per tante attività, che via via proporremo, ma anche come luogo di incontro, di fraternità, per scambio di pareri, per aiutarci reciprocamente a crescere. Il presidente regionale dell’Age porta il suo saluto ribadendo l’importanza del fattore educativo e citando una frase del salesiano don Lorenzo Macario, che ha promosso in Age fin dal 1984 la Scuola Genitori. Mirdash Laci, presidente di Age Extra conclude i ringraziamenti e invita tutti a un aperitivo. La sede sarà aperta dal lunedì al venerdì dalle 16,30 alle 18,30 (per appuntamenti 3477264947): ci si conosce, si parla, si sbrigano pratiche per permessi di soggiorno, carte di soggiorno, cittadinanza e quanto altro la nostra fantasia riuscirà a produrre.


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Marche Il progetto Tobia porta la famiglia in piazza Age Marche, con il contributo determinante di AGe Ancona, ha partecipato al Progetto “Tobia”(http://www.libreriatobia.it/), che, in occasione del Congresso eucaristico nazionale, ha stabilito una sua tappa anche nel capoluogo marchigiano. Il progetto è promosso dal Forum delle Associazioni Familiari, con l’intento di portare nelle piazze italiane dibattiti, cultura, persone, insieme a buoni libri da conoscere. Ad Ancona, il 9 settembre, si è discusso di educazione in famiglia, con la partecipazione del presidente nazionale Age Davide Guarneri e della psicologa Dolores Rollo. Tra il pubblico, genitori, associazioni, educatori e anche molti curiosi, di passaggio in piazza. Si sono toccati tutti i temi dell’educazione familiare, nel-

la consapevolezza che il “mestiere di genitore” richiede un apprendimento continuo, ma è anche, insieme, affascinante e bello. Le domande del pubblico hanno sollecitato a riflettere intorno ad argomenti su cui anche l’Age continuamente si interroga: la promozione dell’autonomia dei figli, il confronto fra i valori proposti in casa e quelli dell’ambiente, la gestione difficile dei media, la conciliazione dei tempi per la scuola, lo sport, la formazione, lo svago. Un ringraziamento speciale all’Age di Ancona, che ha anche creato l’occasione perché, prima della serata, tutte le associazioni delle Marche potessero riunirsi amichevolmente con il presidente nazionale e, per una coincidenza familiare fortuita, anche con amici dell’Age Spinazzola.

Ventimiglia In marcia per integrare il mondo dei disabili Come ogni anno l’Associazione Genitori Age di Ventimiglia e provincia ha organizzato la “Marcia podistica d’integrazione” con il mondo dei disabili. Una manifestazione che vogliamo riproporre per sensibilizzare la gente che essere disabili non vuol dire essere diversi. E puntualmente raggiungiamo l’obiettivo sempre con ottimi risultati. Dopo aver fatto una colazione alla Casa Famiglia dei disabili ci siamo messi in marcia per 7 km, non facendoci mancare canti e giochi nel tragitto. Arrivati a destinazione abbiamo trovato un’accoglienza da parte di una frazione che ci ha emoziona-

ti. Insieme al loro ricco buffet si è aggiunto anche quello preparato dai ragazzi disabili che con il loro laboratorio di cucina ci hanno fatto degustare degli ottimo piatti. La giornata è continuata con vari intrattenimenti: con i giochi un po’ singolari organizzati da noi genitori,con un gruppo di sbandieratori e tamburini che hanno fatto provare l’emozione ai bambini e infine con uno stupendo Topolino che ha intrattenuto, lasciandoli a bocca aperta, i più piccoli. Come ogni anno torniamo a casa ognuno di noi con un bagaglio pienissimo di emozioni.

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SPAZIO AGE

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Nuvolera (Bs) Imparare giocando il codice della strada di Narcisa Busi

«Una calda sera d’estate il campo da calcio si è trasformato, quasi per magia, in una piccola accogliente cittadella con strade, incroci, semafori e case. Ai bordi della città il trenino sfrecciava avanti e indietro mentre al centro, sulla rotonda, il vigile dirigeva il traffico cittadino. Belle e colorate le macchine che andavano da un luogo all’altro incrociandosi con le biciclette, mentre i pedoni se ne stavano sulla pista pedonale. Ci sono stati anche piccoli incidenti subito assistiti dai vigili e dagli infermieri che con l’ambulanza e la lettiga portavano i feriti in ospedale. Ci sono state persino delle rapine e i ladri correvano seminando il caos in città, poi per fortuna tornava l’ordine e il traffico circolava tranquillo, attento ai segnali e alle indicazioni». Spesso i nostri bimbi corrono in paese con le biciclette, ma sanno quando fermarsi o quando dare la precedenza? Senza pretendere di fare una lezione approfondita sulla viabilità, ma semplicemente imparare-giocando e divertendosi, abbiamo organizzato una serata estiva un po’ diversa. Ogni bambino, a turno, è stato: un postino, una maestra,

un tranviere, un passeggero, un autista, un infermiere, un vigile, un ladro, un ciclista, una persona investita. I partecipanti hanno costruito i propri mezzi di trasporto o semplicemente girato con le proprie biciclette in un posto adatto e protetto: piccoli cittadini in una città su misura. Divertente è stato anche costruire, colorando e ritagliando i segnali stradali in compagnia, per creare dal nulla una cittadina. Chissà che questo aiuti qualcuno a fermarsi al vero stop.

Il benvenuto dell’Age alle nuove Associazioni *Primo semestre 2011 Bergamo Alta • Catania-Etnea Isola della Scala (Vr) • Madone (Bg) Ponteranica (Bg) • Suisio (Bg) • Torino Ovest Caserta • Castelnuovo di Sotto (Re) Chignolo d'Isola (Bg) Modena-Dislessia • Mazzarino (Cl) Empoli (Fi) • Berlingo (Bs) Borgo San Giacomo (Bs) • Catania Foggia • Argentario-Porto S. Stefano (Gr)


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SPAZIO AGE

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Borgo San Giacomo (Bs) Si presenta l’associazione che rinasce come nuova La festa del volontariato è stato un buon biglietto da visita per la nuova associazione locale Age. L’11 settembre, giorno in cui sono scese in piazza numerose realtà del volontariato locale, è stata una buona occasione per presentare la rinata Associazione genitori, che per la circostanza ha potuto usufruire di un gazebo, fornito dall’amministrazione locale, sotto il quale abbondavano riviste e libri gentilmente forniti dalla sede di Brescia, peraltro andati a ruba. Su tutto l’allestimento campeggiava il logo ufficiale, nato dalla penna del fantasioso Maurizio Baselli, presidente dell’Age locale nonché autore dell’apprezzata locandina pubblicitaria. Il presidente nazionale Davide Guarneri ha fatto l’onore di tenere a battesimo l’associazione e con grande disponibilità è salito sul palco, seguito dal “decano” dell’Age Pompilio Cesaretti. Ha raggiunto la piazza anche la presidente provinciale, Anna Bertoli, che da “supermamma” è riuscita a volare in quel di Borgo San Giacomo. Si sono

unite alla comitiva anche le rappresentanti dell’Age di Orzinuovi. Il breve rinfresco che subito dopo si è svolto presso l’Oratorio, ha permesso ai genitori di scambiare idee e avere ulteriori informazioni riguardo l’associazione. Nel pomeriggio i genitori hanno animato una favola e lanciato caramelle ai numerosi bambini presenti. L‘Age ha suscitato l’interesse di molti e il bilancio della giornata è più che positivo. [r.g.]

Lecco Sportello genitori, insieme per far crescere la scuola di Cesare Bosisio

Cita e traduce un brano famoso dei Pink Floid l’Age di Lecco per lanciare anche quest’anno l’attività dello Sportello genitori. «Ehi tu – cantava il famoso gruppo inglese in Hey You del 1979 – Non dirmi che non c’è più alcuna speranza, insieme resisteremo, divisi cadremo». Un invito a non mollare l’impegno nella scuola come genitori e ad accogliere la proposta di un coinvolgimento attivo. Nell’attivare lo sportello, l’Age del distretto di Lecco fa anche un augurio a tutte le componenti della scuola perché insieme facciano crescere questa istituzione per il bene di tutti i giovani E lo fa con parole tratte dalla rivista “Conflitti” che invita alla collaborazione tra genitori e docenti: «Bisogna fare gioco di squadra. Occorre creare un’alleanza con i genitori. In questa crisi le educazioni barbariche e clandestine acquistano terreno: quando un adolescente passa tre quattro ore al giorno davanti allo schermo, con un tempo che è maggiore di quello scolastico, qualcosa chiaramente recepisce. È importantissimo che sia

la scuola a prendere l’iniziativa per creare l’alleanza con i genitori, e la prima cosa da fare è evitare che la qualità della scuola sia garantita dai singoli insegnanti e basta. La qualità deve essere garantita dall’istituzione. Il genitore deve sentire di affidare il figlio all’istituzione non a un insegnante più o meno eccellente. Un genitore deve sentire che sta aderendo a un progetto pedagogico, non che sta tentando la sorte! È importante definire e spiegare tutto: come funzionano i compiti a casa, quale abbigliamento si usa a scuola, quali regole definiscono l’uso della tecnologia. E le problematiche vanno gestite come istituzione complessiva, non dai singoli insegnanti. Occorre gioco di squadra anche perché oggi tendenzialmente i genitori si alleano con i figli e quindi è importante favorire invece un loro coinvolgimento». Lo Sportello genitori, che è ospitato presso la sede Acli provinciale, è un’occasione per essere ascoltati, per avere una prima consulenza psico-educativa, per portare la propria voce di genitore nella scuola, per porre dubbi, domande, richieste, e infine per ascoltare le esperienze di altri genitori.

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COMUNICAZIONE AGE

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Possiamo definirla una vetrina affacciata sul “corso” oggi più frequentato: internet. Ma anche la scelta di andare a cercare le persone dove si incontrano, sia pure virtualmente. Stiamo parlando delle novità che l’Age ha messo in campo nell’ambito della comunicazione online. Il sito internet www.age.it si rinnova con un restyling che ha per obiettivo quello di migliorarne l’usabilità oltre che di rendere anche più gradevole la vista. Ma accanto a questo arriva un nuovo servizio di mailing list (cioè di organizzazione della spedizione di email e newsletter) e la pagina facebook dell’Age (www.facebook.com/ageonlus). Questi tre strumenti, lontano dalla volontà di “far semplicemente parlare di sé”, rispondono all'esigenza di mettere al centro le questioni che stanno a cuore ai genitori e stimolare una discussione attorno a questi temi. Il sito web, oltre che un servizio per gli associati, è una vetrina sul mondo, uno spazio in cui potenzialmente un numero grandissimo di persone può entrare a vedere cosa fa, cosa è e cosa pensa l’Associazione italiana genitori. Ma per sua natura è uno strumento che implica che ci sia qualcuno che venga a cercarci, magari perché ci ha incontrato dal vivo, magari perché ci ha scoperti per caso citati su un giornale o in una rubrica televisiva e ha inserito la parola “Age” in un motore di ricerca. La scelta dei social network ha una logica diametralmente opposta, perché prevede di non aspettare che le persone entrino in uno spazio virtuale che abbiamo preparato loro, ma di andare direttamente a cercare un contatto dove giovani e meno giovani si incontrano virtualmente grazie a una di queste “piazze virtuali” che

vanno per la maggiore. Al di là della discussione sulla sfida educativa e sui rischi per la privacy, che abbiamo analizzato nel numero 5 di Age Stampa, essere presenti in questi “luoghi” può permetterci di rispondere alle domande di tanti genitori e di farci conoscere a persone che non avrebbero altro modo di farlo. Oltre che diffondere idee e segnalare iniziative in uno spazio che a volte è utilizzato per parlare del nulla. Nel nostro piccolo, da quando è online, e sono trascorsi pochi mesi, la pagina facebook dell’Age nazionale ha visto passare a leggere i suoi “post” circa 23.000 utenti. L’avventura sul social network, nata come esperimento, si è rivelata un piccolo successo. Persone che difficilmente sarebbero state intercettate da altre forme di comunicazione hanno conosciuto il pensiero della nostra associazione. Non dimentichiamoci, però, che la nostra realtà è fatta da genitori reali, appassionati che si prendono a cuore il futuro: solo nell’incontro personale, nella condivisione delle esperienze e nella vita associativa potremo veramente comunicare i valori che ci spingono a mettere in campo le nostre migliori energie. A loro è destinato in particolare Age Stampa, che ha rinnovato la veste grafica e da questo numero sale a 32 pagine. Un restyling che riscuote gradimento.

Nuovo sito e social network, l’Age è finita nella rete


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PROGETTO ANDREA

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XI Convegno Nazionale Network ospedali di Andrea Associazione Italiana Genitori - Ospedale Bambino Gesù di Roma con il patrocinio di Ministero della Sanità, Regione Lazio, Comune di Roma, Ufficio Pastorale della Salute CEI, Società pediatriche SIPO, SIPPS e SIMEUP con la collaborazione della Direzione Generale per lo studente, la partecipazione e l’integrazione del MIUR

Per un’accoglienza sicura in ospedale Aula Salviati Roma ONLUS

1 - 3 Dicembre 2011- Sintesi del programma Venerdì 2 Dicembre 2011

Giovedì 1 Dicembre 2011 9.30

Saluto di benvenuto Giuseppe Profiti, Presidente Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma

9:30

Tavola rotonda “Il lungo viaggio dell’Umanizzazione nelle diverse realtà del Paese”. Interventi di operatori e genitori degli ospedali di brescia, brindisi, pescara, tivoli, s. giovanni rotondo

Introduzione L’Umanizzazione tra Etica e Comunità (don Andrea Manto, Direttore Ufficio pastorale della Salute della CEI e medico)

10:45 “Ascolta ciò che non dico: supporto al bambino e alla famiglia attraverso il counseling”

Il Progetto Andrea: una storia a più voci, da una piccola esperienza locale all’accordo nazionale SIPO- A.Ge.

11.30 Tavola rotonda ”I diritti dei bambini e degli adolescenti in ospedale” Silvia Ranocchiari, Presidente Associazione OFFICIUM Giampaolo Montini, Direttore Associazione Peter Pan, Roma Grazia Piccinelli, Consigliere Associazione Ciavattini Serena Freato, Volontaria Associazione Volontarie OPBG

11:00 La famiglia, il bambino e l’ospedale: punti di riferimento orientati (Maria Rita Parsi, psicologa e psicoterapeuta, Presidente Fondazione Movimento Bambino) Prospettive e nuove frontiere. (a cura dell’Ospedale Bambino Gesù) Per l’umanizzazione in Pediatria Per le Malattie Rare Per l’assistenza Infermieristica

14:00 Scuola in ospedale: garanzia di diritto all’istruzione e laboratorio per l’innovazione nella complessità”- Speranzina Ferraro, responsabile MIUR per le Scuole in Ospedale 14:15 Stare bene a scuola o a casa, anche seduti: il banco che cresce con il bambino - Sergio Zanfrini, docente di Posturometria - Università di Siena

12:30 Premio “Daniela Sardella” Presentazione del Premio e Presentazione dei sei elaborati finalisti

14:30 L’alleanza pedagogica tra la Scuola e l’Ospedale Rosa Isabella Vocaturo, Dirigente scolastico Istituto Comprensivo “Virgilio” Roma

15:30 Premio “Guido e Marcella Caccia” Presentazione del Premio e presentazione degli elaborati finalisti

15:15 Premio “Lavinia Castagna” Presentazione del Premio e presentazione degli elaborati finalisti

Sabato 3 Dicembre 2011 9:30

Introduzione. Alberto Raponi – Coordinatore Nazionale Progetto Andrea

11:00 Coro dell’Istituto Comprensivo “Virgilio” 11:30 La Ludoteca dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

10:00 Presentazione elaborati e Premiazione vincitori premio “Star bene ….. “ Elena Pasetti, Direttore Pinacoteca Internazionale Età Evolutiva, Rezzato (BS) Rosa Vocaturo, Dirigente scolastico Istituto Comprensivo “Virgilio”, Roma

12:00 Chiusura convegno Davide Guarneri, Presidente nazionale A.Ge.

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