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upplemento FLP News

N. 1 ANNO I MERCOLEDI’ 02 Marzo 2011

ISSN 2039-5280

Mediazione Oggi Rivista Scentifica sulla Mediazione, Conciliazione, arbitrato e tecniche ADR

Ambiti e prospettive della Mediazione di Marco Carlomagno

“Scoraggia la lite, Favorisci l’accordo ogni volta che puoi. Mostra come l’apparente vincitore sia spesso un reale sconfitto .....” (Abraham Lincoln )

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Supplemento n.1 FLP a News n.159

Mediazione Oggi Rivista Scentifica sulla Mediazione, Conciliazione, arbitrato e tecniche ADR FLP News DIRETTORE: Marco Carlomagno DIRETTORE RESPONSABILE: Roberto Sperandini COMITATO EDITORIALE: Lauro Crispino, Roberto Sperandini, Vincenzo Patricelli Sito www.flp.it e-mail: flpnews@flp.it REDAZIONE: Via Roberto Bracco, 45 – 80133 Napoli REDAZIONE ROMANA: Via Piave, 61 – 00187 Roma EDITORE: FLP Registrazione Tribunale di Napoli n. 24 del 01.03.2004 Iscrizione al R.O.C. n. 12298 PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE: FLP News Supplemento a FLP News. E’ diffuso in formato cartaceo e disponibile online. Può essere scaricato dal sito internet www.adrinstitute.it; Chiunque può collaborare con la redazione, inviando notizie, commenti o articoli da pubblicare in formato Word, all’indirizzo e-mail: adrinstitute@adrinstitute.it I contenuti espressi negli articoli firmati dai collaboratori, sia interni che esterni, sono da considerare opinioni personali degli autori che non impegnano pertanto la FLP.

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Redazione: Marco Carlomagno, Roberto Sperandini Lauro Crispino, Vincenzo Patricelli

Collaboratori: Gabriella Carlomagno, Serena Pane, Eliana Manes Rossi, Fabio Tozzi, Angelo Gagliardi, Amelia Crasta, Francesco Carlomagno, Gaetano Laghi, Francesco Lambiase, Giuseppe Morando, Manuela Catapano, Chiara Sernia

Comitato Scientifico Leonardo Bugiolacchi, Nora Capece, Marco Carlomagno, Vittorio Carlomagno, Amelia Crasta, Vincenzo Maria Cesaro, Stefano Dumontet, Ezio Ercole, Gennaro Ferrara, Lucilla Gatt, Riccardo Izzo, Gaetano Laghi, Francesco Lambiase, Maria Luigia Melillo, Claudio Quintano, Mario Quinto, Antonio Scamardella, Concezio Ezio Sciarra, Maurizio Sibilio


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Ambiti e prospettive della Mediazione di Marco Carlomagno

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’impossibilità da parte dei sistemi di giustizia ordinari di rispondere alle esigenze di legalità che emergono a tutti i livelli e nei diversi ambiti di interazione fra cittadini e fra cittadini e istituzioni è emersa, con sempre maggiore evidenza negli ultimi anni, sia a livello nazionale che a livello internazionale.

mente corretti che consentano la definizione del profilo di competenze dei professionisti che nei diversi contesti utilizzano la mediazione e la attestazione dell’efficacia degli interventi di mediazione attuati. La prima competenza necessaria ad un mediatore affinché il suo intervento non si traduca nell’applicazione di categorie di “buon senso” (le stesse che i configgenti a loro volta potrebbero autonomamente produrre) è l’assunzione di una proposta teorica ampia, che sappia cogliere il “senso” del conflitto dal punto di vista di chi lo genera1 .

Le linee guida europee riconoscono nella mediazione lo strumento in grado di consentire la diffusione di una cultura di gestione dei conflitti che fuoriesca da un paradigma sanzionatorio rispondendo a criteri di giustizia e di equità generati dagli Utilizzando la metafora del conflitto stessi contraenti il conflitto o la con- come “gioco” proposta dal sociolotroversia. go Goffman, potremmo dire che il All’interno della cornice normativa configgente è contemporaneameninternazionale e ancor più in quella te colui che desidera interrompere nazionale, si pone, pertanto, al cen- la sfida, ma è anche colui (in quantro della gestione delle controversie/ to “giocatore”) che farà il possibile conflittualità tra persone, enti ecc. per tenere aperta la “partita”. la cultura della mediazione come In tale prospettiva, la cooperazione prassi istituzionale a disposizione nazionale ed internazionale si riledel procedimento giudiziario. va condizione necessaria affinché

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Elena Faccio Docente di psicolgia clinica presso l’Università di Padova 2 Gian Piero Turchi membro del Consiglio Direttivo del World Mediation Forum

La peculiarità di tale prassi risiede nel fatto che essa riesce a diffondere, nei contraenti la controversia/ conflitto, una cultura della gestione della relazione che risponde a criteri di giustizia e di equità generati dagli stessi contraenti, dunque di per sé trasmissibile.

sia possibile la condivisione delle “best practices” della mediazione e l’attuazione di progetti di ricerca europei ed internazionali 2.

A fronte della rilevanza assunta dalla mediazione a livello nazionale e internazionale, diviene necessario il riferimento a modelli operativi scientificamente fondati e metodologica-

Si è richiamato infatti alla necessità che la mediazione, in tutti gli ambiti di pertinenza, sia utilizzata con il massimo anticipo possibile rispetto all’insorgere di conflitti o controver-

Ma sono soprattutto le esperienze di alcuni Paesi in cui la mediazione si diffusa culturalmente, che consentono di poter comprendere l’impatto dell’introduzione della Tale mediazione consente di: 1. fuoriuscire da paradigmi sanzio- mediazione rispetto alla crescente natori, per affacciarsi a paradigmi richiesta di intervento nell’ambito riparativi che implichino la compar- della gestione dei conflitti. tecipazione dei contraenti in qualità Nell’arco degli ultimi 10 anni la medi gestori della controversia/conflit- diazione in ambito europeo è stata to che essi stessi hanno generato; oggetto di una forte attenzione nor2. rispondere alla richiesta di lega- mativa, tale che tutti i Paesi Eurolità della società, poiché consen- pei sono stati richiamati all’utilizzo te alla “giustizia” di fuoriuscire da della mediazione non solo in ambiun’ottica di “sanzione”, ed entrare a to extra giudiziario, ma anche come tutti gli effetti nelle prassi quotidiane strumento operativo a disposizione del sistema di giustizia. delle persone.


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incerto), sia intesa come metodo tendente a raggiungere lo scopo di trovare una soluzione ad hoc per il singolo soggetto e per la singola fattispecie.

sie, nonché che siano utilizzati tutti quei dispositivi procedurali per far sì che alle parti già all’interno di iter giudiziari sia offerta l’occasione di usufruire della mediazione per pervenire ad accordi da sottoporre essi stessi all’autorità giudiziaria. La sfida che l’Europa attualmente sta ponendo è quella di poter intraprendere percorsi che operino uno scarto tra le pratiche di mediazione che ciascun Paese membro realizza (a diversi livelli e con diverse velocità) a pratiche che siano riferite a specifici indicatori, tale per cui la mediazione possa assurgere a prassi che possa essere valutata nella sua efficacia a livello transnazionale, affinché ciò che è prodotto all’interno di un Paese membro divenga patrimonio trasferibile agli altri Paesi 3 . Dal punto di vista della sociologia del diritto, in quanto orientata ad analizzare le difficoltà e le trasformazioni che caratterizzano la natura e la struttura dello strumento giuridico oggi, la mediazione riveste una duplice positiva prerogativa: la capacità di colmare il divario spesso irrisolvibile tra norme e realtà sociale cui le stesse dovrebbero applicarsi e la possibilità di riportare il diritto ad una dimensione di flessibilità e informalità tale, da consentirgli di riconoscere le particolarità delle situazioni che è chiamato ad amministrare e di favorire le soluzioni più adeguate ai caratteri delle stesse 4. Nel settore civile e commerciale, oggetto in Italia della recentissima riforma attuata con la Legge 69/2009, il Dlgs. 28/2010 ed il DM 180/2010, la mediazione in ambito commerciale è ormai considerata un mezzo indispensabile per trovare una soluzione ai conflitti potenziali o in essere, sia intesa come via alternativa al canonico “giudizio” (lento ed 3

Valeria Gherardni Membro del Consiglio Direttvo dell’European Mediation Network Initiative 4 Giuseppe Mosconi Docente di sociologia del Diritto presso l’Università di Padova 5 Decreto legislativo 4 marzo 2010,n.28, recante attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali;

La mediazione civile e commerciale (che attua la Direttiva 2008/52/ CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale) è, infatti, un istituto giuridico italiano introdotto con il Decreto Legislativo n. 28 del 4 marzo 20105 , per la composizione dei conflitti tra soggetti privati relativi a diritti disponibili, che, essendo finalizzato alla deflazione del sistema giudiziario italiano rispetto al carico degli arretrati e al rischio di accumulare nuovo ritardo, rappresenta uno dei pilastri fondamentali della riforma del processo civile. La mediazione civile ha lo scopo di far addivenire le parti ad una conciliazione attraverso l’opera di un mediatore, vale a dire un soggetto professionale, qualificato e terzo che aiuti le parti in conflitto a comporre una controversia. Il mediatore assiste le parti nella ricerca di una composizione non giudiziale del problema senza attribuire ragioni e torti. Il compito principale del mediatore (designato da un organismo pubblico o privato controllato dal Ministero della Giustizia) è quello di condurre le parti all’accordo amichevole. Soltanto in caso contrario, egli può proporre alle parti una soluzione della controversia. Il decreto legislativo distingue nettamente l’istituto della mediazione civile da altre forme di conciliazione già esistenti nell’ordinamento giuridico italiano. L’atto, infatti, dispone che per mediazione civile debba intendersi l’attività finalizzata alla composizione di una controversia e che, invece, la conciliazione sia il mero risultato di tale attività. Tale distinzione è stata ben evidenziata per sottolineare il fatto che la mediazione civile, rispetto a precedenti istituti finalizzati alla composizione dei conflitti, sia uno strumento innovativo di portata generale riguardante tutte le contro-


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versie civili e commerciali 6. Le prospettive a riguardo sembrano essere fortemente incoraggianti: stanno, infatti, incrementando esponenzialmente i numeri delle conciliazioni effettuate presso gli organismi di mediazione e i procedimenti di conciliazione paritetica attivati dalle associazioni dei consumatori e le realtà economiche più significative a livello nazionale.

ne i risoluzio ò d o iv t a n che pu o alter n metod visto in Italia bassi u a t n e s i pre con appre tempo e iazione r nico metodo ogg e d i e v e m r b la cordo”, d che ia in e l’u c o h a iz r t c l’ e s “ n v a iu g o è ..È vere i.... rovat , ma ilità di a nte, una volta t solidi e duratur troversie n ib o s s c o e p ll e d o la più nse i nuovi, o che co l cittadin offrire a oprattutto l’unic earne magari de cr ès costi ed il rapporto e di e r mantene

e l’incapacità tendenziale dell’ordinamento giuridico di interloquire adeguatamente con le vittime di reato ha veicolato una risposta di espansione del modello riparativo, nel tentativo di sopperire ai difetti del modello retributivo basato unicamente sulla sanzione come risposta all’atto criminale, e di quello riabiUlteriore settore di sviluppo della me- litativo, che non ha forse saputo raggiungere gli obiettivi prefissi, diazione è quello penale. anche a causa della mai sopita e diffusa esigenza di ritenere la La mediazione penale si inserisce in repressione come l’unica strategia deterrente praticabile. un complesso di interventi aventi si- Di fatto, la mediazione è lo strumento cui i vari ordinamenti giugnificato riparativo, che possono com- ridici fanno più spesso ricorso per realizzare in concreto politiprendere le più svariate attività, quali che di giustizia riparativa, ed è lo strumento nel quale, unico, il risarcimento economico, la ripara- appaiono riponibili positive istanze di cambiamento positivo del zione diretta ed indiretta, la prestazio- sistema giudiziario10. ne di servizi in favore della vittima o della comunità, purché sia ben chiaro Particolare attenzione va posta relativamente alla mediazione l’intento di fondo, come bene mette penale minorile. in luce Bouchard, affermando che: “Il Nella mediazione penale minorile, l’asimmetria delle parti, vittisenso della riparazione indiretta va ri- ma e reo, costituisce un fattore specifico che richiede particolari trovato nella connessione tra reato e cautele e tutele a protezione dei soggetti ed una diversificazione attività riparatoria, nel passaggio emo- degli obiettivi della mediazione: questi devono essere chiariti dal tivo e logico che intercorre tra atto ille- mediatore agli interessati per permettere un incontro e una cocito e azione positiva, tra il fare ciò che municazione efficace tra le parti. non andava fatto e ciò che può (…) es- Per la vittima, che nel processo penale minorile non può costitusere fatto” 8. irsi come parte civile (art.10 del D.P.R. 448/88)11 , la mediazione Generate dalla crisi dei meccanismi di consente di esprimere in un contesto protetto il proprio vissuto regolazione sociale e di legittimazione personale rispetto all’offesa subìta, di uscire da un ruolo passivo dell’istituzione giudiziaria, la giustizia dando voce e visibilità alla propria identità personale. riparativa e, al suo interno, la media- Al minore - autore del reato, la mediazione permette una rezione penale sono in grado di promuo- sponsabilizzazione sul danno causato e sulle possibilità di ripavere il ripristino del legame sociale e razione: la riservatezza dell’incontro e la separazione dal proun diverso modo di “fare giustizia”. cedimento penale favorisce l’emersione dei contenuti emotivi Le competenze in materia di gestione legati agli eventi in un contesto relazionale protetto. alternativa dei conflitti di cui sia possi- Il mediatore/i ha un ruolo neutrale, non direttivo, di facilitatore bile valutare l’efficacia si prospettano, della comunicazione oltre che di garante delle regole di interain tal senso, come fondamentali per zione verbale che all’inizio dell’incontro di mediazione vengono tutte le professioni che, a vario titolo, prioritariamente esplicitate, condivise ed accolte dalle parti. vengano esercitate nell’ambito del siL’esito del percorso di mediazione penale si configura come stema penale (con riferimento ad adulti e minori) o in settori contigui 9. Il tutto sottolineando come, anche a livello europeo, non manchino spunti di notevole interesse e, quindi, di notevole ricaduta 7.

Il crimine tende a realizzare, genericamente, un molteplice danno: la perdita della propria reale inviolabilità, la perdita del virtuale sentimento di invulnerabilità e il conseguente dissolvimento della propria percezione di sicurezza in relazione all’una e all’altra. L’indebolimento di questa percezione

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Sito Ministero della Giustizia http://www.giustizia.it

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Damiano Marinelli - Avvocato, arbitro e conciliatore.

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Bouchard M. – Mierolo G. (2005), Offesa e riparazione. Per una nuova giustizia attraverso la mediazione, Bruno Mondadori, Milano.

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Patrizia Ciardiello - Referente per la giustizia riparativa per il PRAP della Lombardia

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Carlo Alberto Romano Presidente dell’associazione “Carcere e Territorio” di Brescia

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Codice di Procedura Penale per i minorenni Decreto del Presidente della Repubblica del 22 settembre 1988, n. 448

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positivo o negativo e viene comunicato al giudice dal mediatore, senza riferire motivazioni specifiche data la riservatezza dell’incontro. Per esito positivo s’intende una ricomposizione o significativa riduzione del conflitto: in tal caso si prevede la possibilità di definire accordi di riparazione riguardanti interventi diretti alla vittima, compreso il risarcimento, o attraverso lo svolgimento di attività di utilità sociale 12. Tale opportunità consente, prescindendo dal giudizio penale, una riparazione delle conseguenze del reato con una diretta valenza restitutiva per la vittima ed educativa per l’autore del reato . Le prime iniziative in materia di mediazione penale minorile sono state avviate a Torino nel 1995 ed hanno poi interessato numerose altre sedi quali Milano, Bari, Trento: le sperimentazioni si caratterizzano per il carattere interistituzionale che le contraddistingue, infatti, riguardando la vittima e l’autore del reato, coinvolgono conseguentemente il sistema penale e quello sociale. Il modello organizzativo prevalente è costituito da un organismo, denominato “ufficio” o “centro per la mediazione penale”, con sede autonoma rispetto al Tribunale per i Minorenni, con il quale collaborano operatori dei Servizi Minorili della Giustizia e dei servizi territoriali sociali e sanitari, esperti e volontari. Benché in Italia si sia ancora in attesa di definire il profilo di professionalità del mediatore familiare, è crescente l’interesse per tale figura e il suo ruolo, visto anche l’importante riconoscimento che mediazione e conciliazione hanno ottenuto nella legge sul nuovo processo civile. Dopo il primo timido accenno alla mediazione contenuto nella legge 54/06 14, i disegni di legge attualmente in Parlamento, prevedono che un passaggio preliminare informativo presso un centro di mediazione familiare accreditato sia condizione di procedibilità per la separazione per tutte le coppie non in grado di costruire un accordo con le sole proprie risorse 15. Il modello applicativo che è scaturito

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Commissione nazionale consultiva e di coordinamento per i rapporti tra il ministero della giustizia, le regioni, gli enti locali ed il volontariato -“Linee d’indirizzo per l’attività di mediazione nell’ambito della giustizia penale minorile” (1999) Sito Ministero della Giustizia http://www.giustizia.it Maglietta M. (2006) L’affidamento condiviso.Guida alla nuova legge, Milano, Franco Angeli Marino Maglietta - Presidente Associazione Nazionale Crescere Insieme Giovanni Ghibaudi - Responsabile Centro Mediazione della Città di Torino

dall’approfondita riflessione teorica e di ricerca compiuta nel corso degli anni e dalle esperienze maturate nella materia presta particolare attenzione al tema della cura dei legami tra i generi, le generazioni e i gruppi sociali. Famiglie e comunità vivono frequentemente situazioni critiche e transizioni difficili siano esse relative a fasi della vita, oppure a relazioni sociali. Per questo esse, oltre che poter contare sulle proprie risorse, abbisognano di professionisti capaci di offrire supporto e cura dei legami, in possesso di un itinerario formativo finalizzato all’acquisizione delle seguenti competenze professionali: - la gestione del processo di mediazione familiare nelle situazioni di separazione di coppie coniugali o di fatto e in quelle di conflitti tra generazioni che rischiano di minare le fondamenta della relazione familiare, - la progettazione e la realizzazione di interventi di mediazione comunitaria all’interno dell’organizzazione scolastica, in collaborazione con i Tribunali e in ambito comunitario come nel caso di conflitti tra culture e tra gruppi sociali e generazionali. In particolare, il diffondersi di comportamenti altamente conflittuali e di situazioni di crisi nella famiglia, nella scuola, nei quartieri e tra gruppi sociali richiedono la presenza di interventi di mediazione in grado di aiutare persone, gruppi e organizzazioni a gestirli e a diffondere benessere relazionale. Gli Enti Locali, a fronte di un aumento della conflittualità ed alla percezione della insicurezza da parte dei cittadini, hanno il compito di individuare politiche innovative, connesse alla mediazione ed alla gestione dei conflitti, che tengano conto dei diversi ambiti applicativi (sociale, comunitaria, scolastico, familiare, interculturale), e

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si fondino sull’interazione coordinata di operatori pubblici e privati; stimolare, interventi preventivi da attivare in un’ottica di legame sociale, all’interno della comunità di appartenenza, e di accesso ai diritti; individuare una serie di parametri di approccio alle diverse forme di mediazione in contesti urbani diversificati 16. In merito alla formazione del mediatore dei conflitti sociali ed interculturali va privilegiata una formazione universitaria in ambito economico, politologico, sociologico, antropologico, psicologico, pedagogico, territoriale e progettuale, con una particolare attenzione alle conoscenze e competenze relative alla capacità di gestire in maniera costruttiva i conflitti micro- e meso-sociali. Tra le competenze essenziali, assumono particolare rilievo: capacità di analizzare dinamiche di conflitto e possibili strategie di prevenzione, mediazione e soluzione dei conflitti in diversi contesti sociali (vicinato, quartiere, territorio, mondo del lavoro, scuola, istituzioni socio-sanitarie, ecc.); capacità di comunicare con le parti e gestire interventi di mediazione del conflitto nella veste di “terza parte” neutrale; capacità di disseminare conoscenze e competenze in merito alla gestione costruttiva dei conflitti, alla mediazione e alla comunicazione interculturale nei diversi contesti sociali. Gli ambiti lavorativi privilegiati di tale figura professionale sono, oltre agli enti locali, scuole e organizzazioni del terzo settore attive nei diversi ambiti sociali sopra ricordati, anche organizzazioni e aziende con un alto grado di interazione con i cittadini. All’interno del profilo professionale possono essere distinte due figure professionali differenziate : - Mediatore dei conflitti sociali e identitari, per la prevenzione, soluzione e trasformazione dei conflitti “orizzontali” all’interno della società; - Facilitatore dei rapporti tra istituzioni, società civile e territorio, per la prevenzione, soluzione e trasformazione dei conflitti “verticali” tra gruppi di cittadini e pubbliche amministrazioni.

La prima competenza necessaria ad un mediatore affinché il suo intervento non si traduca nell’applicazione di categorie di “buon senso” (le stesse che i configgenti a loro volta potrebbero autonomamente produrre) è l’assunzione di una proposta teorica ampia, che sappia cogliere il “senso” del conflitto dal punto di vista di chi lo genera Bibliografia •Ardone, R.; Lucardi, M. (2005) La mediazione familiare, Roma, Libreria Kappa. •Bindi, L.; Faedda, B. (2001), Luoghi di frontiera. Antropologia delle mediazioni, Cagliari, Punto di fuga. •Bouchard M. – Mierolo G. (2005), Offesa e riparazione. Per una nuova giustizia attraverso la mediazione, Bruno Mondadori, Milano. •Bouchard M. (1995), Vittime e colpevoli: c’è spazio per una giustizia riparatrice?, in Questione giustizia, n. 4, p. 912 ss. •Brunelli F. (2000), La mediazione nel sistema penale minorile. L’esperienza dell’Ufficio di Milano, in Prassi e teoria della mediazione, a cura di G.V. Pisapia, CEDAM, Padova. •Caputo Antonio e Misto Pia Grazia (2010), Mediazione, Adr, Arbitrato, Guida teorico pratica, Giappichelli, Torino •Ceretti A. – Di Ciò F. – Mannozzi G. (2001), Giustizia riparativa e mediazione penale: esperienze e pratiche a confronto, in SCAPARRO F. (a cura di), Il coraggio di mediare, Guerini e Associati, Milano. •Commissione nazionale consultiva e di coordinamento per i rapporti tra il ministero della giustizia, le regioni, gli enti locali ed il volontariato (1999) - “Linee d’indirizzo per l’attività di mediazione nell’ambito della giustizia penale minorile”; •Consiglio d’Europa, Strasburgo, 17 settembre 1987, Raccomandazione N.R (87) 20 sulle risposte sociali alla delinquenza minorile •Consiglio d’Europa - Raccomandazione N.R (99) 19, adottata dal Comitato dei Ministri in data 15.9.1999 •Folberg, J.; Milne, A. L.; Salem, P. (2008) Manuale di mediazione familiare, Roma, Edizioni Carlo Amore. •Giannella, E.; Palumbo, M.; Vigliar, G. (2007) Mediazione familiare e affido condiviso, Roma, Sovera Multimedia. •Haynes, J. M.; Haynes, G. L.; Fong, L. S. (2004), La mediazione. Strategie e tecniche per la risoluzione positiva dei conflitti, Roma, Edizioni Carlo Amore, •Luison, L. (2006), La mediazione come strumento d’intervento sociale, Milano, Franco Angeli. •Fiorucci, M. (2000), La mediazione culturale. Strategie per l’incontro, Roma, Armando, •Lanna M. (2006), Mediazione sistemi e culture. Viaggio attraverso le comunità immigrate della Campania, Edizioni Melagrana Onlus, •Maglietta M. (2006) L’affidamento condiviso dei figli. Guida alla nuova legge, Milano, Franco Angeli, •Martini C.M. – Zagrebelsky G. (2003), La domanda di giustizia, Einaudi, Torino. •Mazzucato C, (2006), “Dal buio delle pene alla luce dei precetti. Il lungo cammino del diritto penale incontro alla democrazia”, in Marchetti I. – Mazzucato C., La pena ‘in castigo’. •Un’analisi critica su regole e sanzioni, Vita e Pensiero, Milano, pp. 3-135. •O.N.U., New York, 29 novembre 1985, Regole minime per l’amministrazione della giustizia minorile •Palermo G., (2005), La violenza intrafamiliare tra diritto e mediazione, La città del sole, Napoli. •Palermo G. (2008), Prospettive socio-giuridiche della mediazione penale in Italia. Analisi comparativa con la Spagna, Edizioni Labrys. •Pupolizio, I. (2007) La mediazione familiare in Italia, Torino, Linea professionale, •Scardaccione G. (2003), “Le insidie della mediazione penale”, in Mediares, n. 1, p. 81 ss.


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La mediazione

un’opprtunità per il nostro Paese

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di Eliana Manes Rossi bassi costi ed è soprattutto l’unico che consente, una volta trovato “l’accordo”, di mantenere il rapporto e di crearne magari dei nuovi, più solidi e duraturi. Se si “allarga la torta” si può arrivare a trovare infinite soluzioni che ci consentono di ritrovare rapporti e di consolidarli. In una normale causa civile anche chi vince in realtà perde. Certo, perchè perdi il rapporto con la “controparte”, perdi l’opportunità di fare nuovi contratti con essa e soprattutto perdi tempo e denaro, in anni e anni di liti che ti corrodono e ti rendono più duro, insoddisfatto e diffidente. a mediazione in Italia, a differenza di altri paesi, non è solo un “alternative dispute resolution” (ADR) rappresenta piuttosto, un sistema necessario per far fronte alla crisi della giustizia italiana.

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La relazione di apertura dell’anno giudiziario 2011 ancora una volta ha evidenziato che nel 2010 sono stati presentati 30.382 ricorsi civili con un incremento del 7% rispetto al 2009, nonchè al 30 giugno 2010 le pedenze del settore civile erano 5.600.616, dati solo parziali, ma che rendono già ben chiara la situazione del nostro paese 1. Con un numero così elevato di cause è naturale che non si riesca a dare una risposta adeguata al “bisogno”, ma in una situazione globale di crisi, non solo giudiziaria, il “bisogno” che deve essere soddisfatto è anche quello di crescita, di rinascita, di coesione e di creazione di accordi che portino nuove iniziative e nuovo carburante al rilancio dell’economia. 1

Tratto dal discorso di E. Lupo Presidente della Corte di Cassazione, all’ apertura dell’anno Giudiziario 2011.

Se ci soffermiamo su questo aspetto, ci rendiamo conto che la mediazione può fare molto anche in questo senso. È vero che la mediazione rappresenta un metodo alternativo di risoluzione delle controversie, ma è anche l’unico metodo oggi previsto in Italia che può offrire al cittadino la possibilità di avere giustizia in breve tempo e con

Non parliamo poi delle cause civili in tema di successioni e di divisione ereditarie, alla fine del processo hai perso molto, diciamo pure, troppo. Hai perso un fratello, una sorella o un parente stretto. Magari avrai vinto una casa o un conto cospicuo in banca, ma di quello che è stato il giocare insieme da piccoli, il crescere giorno per giorno in una casa dove i tuoi genitori speravano di darti amore e comprensione, valori e sicurezza, di tutto questo, dopo una causa non rimarrà più niente. Vincitori di una causa, sì certo, ma perdenti su tutta la linea. Perdenti su quello che dovrebbero essere i cardini principali di una società sana. Effetti concatenati che si ripercuotono sul Sistema nel suo intero, sulle imprese e, infine, sulle dinamiche sociali del nostro Paese. Il fenomeno italiano è veramente deprimente, se si esaminano le tabelle sui tempi, sui costi processuali, ma sopratutto quelle che analizzano il numero di imprese impegnate sulla soluzione delle controversie con altre imprese, si esce avviliti. Certo non bisogna generalizzare, bisogna guardare anche la variabilità territoriale e accorgersi che il sud


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avviliti. Certo non bisogna generalizzare, bisogna guardare anche la variabilità territoriale e accorgersi che il sud ancora una volta perde. Nei procedimenti di cognizione ordinaria sopravvenuti nei tribunali per area geografica vediamo il centro e il sud (incluse le isole) ai primi posti 2

Se ci soffermiamo sui procedimenti in materia di lavoro, previdenza e assistenza sopravvenuti nei tribunali, vediamo il sud predominare in maniera tristemente sovrana in un rapporto che va da 200 per il nord est contro gli oltre 1200 per il sud, ove le regioni che risultano aver una maggiore incidenza sono la Campania e la Puglia.

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Vedasi A.Carmignani e S. Giacomelli, La Giustizia Civile in Italia: i divari territoriali, Questioni di Economia e Finanza, della Banca d’Italia, Febbraio 2009 n.40 3

Vedasi sito: http://www.giustizia. lazio.it/appello.it, e http://www.giustizia.it/ giustizia

Causa principale di questo divario è certamente la minore cultura della legalità che potrebbe spiegare il tasso di litigiosità che al sud arriva ad oltre il 50%. Certo il sistema giudiziario non riesce a funzionare in maniera adeguata sostanzialmente perchè è difficile far fronte ad una così grossa “domanda” . L’offerta non può farcela a produrre decisioni per la definizione delle controversie considerando il numero esagerato delle stesse. Oggi il sistema giustizia pesa enormemente sul Bilancio dello Stato e non si può pensare che per abbreviare i tempi di giustizia, si possano incrementare le voci di bilancio ad oggi dedicate. Parliamo poi di come la conflittualità tra le imprese si traduca in altrettanti costi. Spese di avvio del contenzioso, spese giudiziarie ed onorari legali che si moltiplicano e si aggiungono di anno in anno. Consideriamo che, vi sono stime ufficiali3 che dimostrano come un processo tra i due gradi di giudizio, a seconda del settore, può avere una durata media

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che va dagli 8,1 ai 12,1 anni.

Questi sono solo una parte dei costi, potremmo dire che questi rappresentano i cosiddetti costi tangibili. Ci sono di contro una serie di costi intangibili che gravano pesantemente sulle imprese molto più di questi. Ci sono i costi per i mancati incassi o gli effetti finanziari dovuti dal loro posticipo; esistono i costi derivanti dalla mancata sottoscrizione di nuovi contratti; i costi che scaturiscono magari dagli interessi per eventuali prestiti che si rendono necessari; potrebbero esserci i costi per gli inadempimenti a cui si può andare incontro o magari potrebbero esserci perdite di clienti o di fornitori, ma principalmente si può perdere “immagine” ed i costi relativi a questa perdita sono davvero incalcolabili. Esistono sistemi alternativi per ovviare a tutto questo, ma l’ostinazione delle imprese italiane4 nel continuare a ricorrere solo ai canali tradizionali della giustizia ordinaria ci conduce alla nascita necessaria, a parer mio, del decreto legislativo 28/2010. Certo esso nasce da un lato, dalla necessaria risposta scaturente dalla volontà comunitaria (vedasi la Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio U.E. n.52 del 21 maggio 2008), ma è stata anche l’unica alternativa possibile per arginare il numero di controversie. L’obbligatorietà della mediazione5, la condizione di procedibilità scaturente non potevano essere posti in maniera differente. Senza questi necessari “paletti”, quanti avrebbero aderito spontaneamente e quanti avrebbero saputo dell’esistenza di un metodo alternativo? Soprattutto quanti piccoli conflitti di basso importo avrebbero avuto la possibilità di un confronto, la possibilità di ricerca di giustizia. 4

Per completezza di dati leggasi anche il Terzo rapporto sulla diffusione della giustizia alternativa in Italia, Isdaci, 2010 5 Art.5 del D.lgs. 28/2010 , Condizione di procedibilità e rapporti con il processo, comma 1: Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

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La mediazione dà una concreta possibilità a tutti di trovare una giustizia concreta, non cerca vincitori e vinti, piuttosto riapre i canali interrotti e ricrea una comunicazione tra le parti. Immaginate per un attimo la comunicazione tra le parti in un processo civile. È finita il giorno in cui uno dei due ha detto all’altro :” Ti faccio causa!” Da quel momento le parti hanno iniziato a parlare con i loro avvocati e probabilmente non si sono più incontrate, poi i loro avvocati hanno parlato con il giudice, e così via... La comunicazione tra le parti non c’è più stata. La mediazione è diversa, le parti si presentano insieme, oppure una parte invita l’altra a sedersi ad un tavolo comune. Ci sono state delle incomprensioni, degli scontri come può sempre accadere nella realtà di tutti i giorni, ma se entrambe le parti si seggono a quel tavolo e grazie al terzo imparziale riprenderanno il dialogo, si potranno aprire tante nuove porte. Ognuno può diventare il protagonista della risoluzione del proprio conflitto, può cercare soluzioni con l’altro che soddisfino entrambi, può spezzare la punta dell’iceberg 6, far emergere i reali bisogni, spogliarsi dalle proprie posizioni e trovare una nuova strada. Il terzo imparziale che assisterà le parti in questo percorso farà solo da guida, dapprima per redarguire gli animi tesi e poi per condurli per mano verso la ricerca di una soluzione soddisfacente, naturale e vincente per entrambi. Qualcuno dirà che è eccessivo pensare che la mediazione possa essere una rivoluzione sociale e, perchè no, anche culturale, ma forse non ha ancora compreso in pieno il valore aggiunto che la stessa può offrire. Se si lavora sulla diffusione della mediaziane, se ci si sforza di cambiare mentalità si possono raggiungere buoni risultati che si ripercuoteranno beneficamente sull’intero sistema. 6

La metafora dell’iceberg per comprendere le dinamiche del conflitto viene utilizzata in diversi testi per cui è difficile poter attribuire l’effettiva paternità, si indicano alcuni testi - Abel , A comparative theory of dispute Institutions in society, in 8 Law ans Society, rev. 1974 p.277, - Festiner, Abel, Sarat, The emergence and trasformation of dispute: naming, blaming, claming in 15 Law and Society, Rev. 1981 p. 630-638

I primi che devono affrontare questo percorso sono i professionisti che ogni giorno affiancano persone, imprese e società. Sono i professionisti che si devono rendere conto delle svariate opportunità che vengono offerte dalla mediazione. Considerando che è difficile credere ad un senso diffuso di buonismo, i professionisti potrebbero soffermarsi sulla propria opportunità. In momento di crisi lavorativa, la figura del mediatore offre nuovi sbocchi. La nuova normativa in tema di mediazione tra l’altro ha anche ampliato le figure professionali coinvolte nella mediazione. Il mediatore, il mediatore ausiliario e l’esperto (CTU) ma, non dimentichiamoci che le parti possono essere sempre accompagnate anche dal proprio consulente. La normativa già dalle definizioni, ha previsto figure diverse di mediatori. Infatti l’art. 1 del d.lgs 28/2010, nel definire la mediazione, precisa:” a)mediazione:

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l’attività comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti, sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.”.

scutendo sul futuro di alcune categorie che si ritengono a rischio. Bisogna spogliarsi delle vecchie abitudini e rendersi conto che, con il tempo, la diffusione di questo istituto è un’opportunità per tutti.

Dall’analisi di questo periodo, emergono netta- È normale che bisogna prepararsi, speciamente la figura del mediatore facilitativo e quella lizzarsi e soprattutto valutarsi. del valutativo. Non tutti potranno ritenersi mediatori, ma Il primo, infatti, sarà colui che assisterà le parti per dalla mediazione i vantaggi potranno esserci la ricerca dell’accordo amichevole, colui che li con- comunque per tutti, in termini di imprese più durrà a trovare da soli l’accordo che soddisfi en- sane, di imprenditori e privati meno ancorati trambi, qualora questo non accada potrà interveni- e affossati dai litigi che potranno portare una re il mediatore valutativo che formulerà la proposta nuova spinta all’intero Paese. per la risoluzione della stessa. Al di là delle possibili disquizioni sul fatto che le due figure di mediatore possano essere coincidenti o meno, dobbiamo riflettere che ognuno di noi nello svolgere il suo ruolo professionale potrà essere più idoneo a condurre per mano, o potrebbe avere la capacità di trovare soluzioni e quindi proposte. È difficile che tutti posseggano tutte le caratteristiche. Allora il responsabile dell’organismo 7 potrà preventivamente decidere di assegnare ad una determinata mediazione un “mediatore” affiancato anche da un “mediatore ausiliare”.

7Art 8 D. Lgs. 28/2010: Procedimento - All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito delladomanda.La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari. 8

Art. 7 del DM. 180/2010

Dove quest’ultimo potrà essere magari un mediatore con spiccate caratteristiche valutative o che magari abbia capacità tecniche adatte allo specifico caso e che, pertanto, potrà poi valutare obiettivamente la controversia, proponendo alle parti una soluzione soddisfacente per entrambe. Se poi questo non fosse previsto in partenza, ossia al momento della designazione del mediatore e, quindi, il responsabile non abbia ritenuto di inserire sin dal principio la figura del mediatore ausiliare si potrà sempre, con il consenso delle parti, inserire in un determinato momento un esperto (CTU) che possa venire in ausilio con una perizia ed essere di supporto al mediatore affinchè la proposta possa considerare al meglio la situazione nel suo complesso. Ancora, se le parti lo riterranno opportuno, ove previsto dal regolamento dell’organismo, potranno decidere che a fare la proposta, sia un altro mediatore che non ha seguito fino a quel momento gli incontri e che potrà decidere “ sulla base delle sole informazioni che le parti intendono offrire al mediatore proponente”8. Infine le parti potranno sempre decidere di farsi assistere da un proprio consulente, il che soprattutto per cause di un certo valore o di una data difficoltà, sicuramente accadrà. La mediazione, quindi, con i diversi profili professionali appena evidenziati rappresenta una nuova opportunità e non può essere messa al bando di-

diala me rie h c vero ivo di . . È do alternat l’unico to he un me , ma è anc ò offrire a t n e e s si che pu in rappre trover zione e delle con in Italia e giustizia o r tt e to on soluzi oggi previs bilità di av è soprattu ci d a s o e s metod dino la po assi costi trovato “l’ e b a rn al citt mpo e con , una volta e di crea e e t o t t breve che consen e il rappor raturi.... u er l’unico di manten ù solidi e d i , p ” , o cord dei nuovi ri maga


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La Direttiva dell’Unione europea

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ell’ambito del diritto dell’Unione Europea viene detto direttiva uno degli atti che il Parlamento congiuntamente con il Consiglio può adottare per l’assolvimento dei compiti previsti dai trattati, perseguendo un obiettivo di armonizzazione delle normative degli stati membri. È così prevista normativamente: « La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi »(art. 288 TFUE, 3° comma) L’elemento principale della direttiva è, pur essendo un atto vincolante, la portata individuale che la contraddistingue dal regolamento, invece generale: i destinatari dell’atto normativo sono un singolo o un numero definito di stati membri, anche se non sono mancate cosiddette direttive generali rivolte a tutti gli stati. Il fine principale di questa fonte del diritto comunitario è l’avvicinamento degli istituti giuridici riguardanti date materie tra gli Stati dell’Unione. La direttiva non è obbligatoria in tutti i suoi elementi, in quanto, dettando solo un obbligo di risultato, lascia spazio all’iniziativa normativa di ogni stato cui è diretta. La libertà dello Stato non è assoluta in quanto deve garantire l’effetto voluto dall’Unione: se ad esempio deve modificare una materia disciplinata da fonti primarie (leggi e atti aventi “forza di legge”) non può farlo attraverso fonti regolamentari.

Allo Stato è inoltre posto un obbligo di stand still: nel periodo antecedente il termine di attuazione non può adottare atti in contrasto con gli obiettivi della direttiva. Lo Stato deve inoltre, in fase di recepimento, comunicare la forma e i mezzi attraverso i quali la direttiva è stata recepita sì da permettere, nel caso, alla Corte di giustizia dell’Unione europea di valutare se i mezzi adottati corrispondono al principio di certezza del diritto. La Corte di giustizia ha stabilito che in determinate circostanze (termine scaduto senza attuazione, disposizioni di

precettività immediata e sufficientemente precise) le direttive, pur non essendo direttamente applicabili, possono avere effetti diretti (caratteristica propria anche di alcune disposizioni dei trattati), possono cioè essere idonee a creare situazioni giuridiche soggettive in capo ai singoli e prendono il nome di direttive dettagliate. Tale interpretazione è nota anche come principio dell’effetto utile cioè nel riservare agli atti dell’Unione la maggiore efficacia possibile nella realizzazione degli obiettivi dell’Unione, efficacia che sarebbe compromessa se alle posizioni giuridiche attribuite da una direttiva inattuata ai singoli non fosse concesso tutela giurisdizionale. L’idoneità a produrre effetti diretti di una direttiva inattuata è solo “verticale”: le situazioni giuridiche soggettive che essa pone in capo ai singoli possono essere fatte valere solo nei confronti degli organi statali (in quanto responsabili dell’inadempimento). Si tratta dunque di una sanzione a carico dello Stato che non può più pretendere l’adempimento di un dovere imposto ai singoli che sia in contrasto con tale atto. L’idoneità ad avere effetti diretti “orizzontali”, cioè nei rapporti tra soggetti, delle norme contenute in direttive è invece negata (è peraltro ammessa per alcune norme dei trattati). Le norme (contenute in direttive) prive di effetti diretti, in quanto carenti dei requisiti di chiarezza, precisione e carattere incondizionato, assumono rilevanza nell’ordinamento in via indiretta grazie all’obbligo di interpretazione conforme che è posto in capo ai giudici nazionali e all’effetto legato alla responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione europea. Tale ultimo effetto, affermatosi con la sentenza Francovich del 1991, impone che lo stato sia tenuto a risarcire il danno causato al singolo dalla mancata attuazione di una direttiva priva di effetti diretti a tre condizioni: - che sia volta a conferire dei diritti ai singoli; - che vi sia una grave e manifesta violazione del diritto (la Corte la presume per il fatto stesso della mancata attuazione da parte dello stato); che vi sia la presenza di un danno. Con la Costituzione Europea le direttive comunitarie avrebbero assunto il nome di legge quadro europea. Tuttavia, con la bocciatura della Costituzione Europea e con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, si è ritornati alla dicitura originale.

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Le inefficienze del sistema giudiziario italiano e la Mediazione di Gennaro Ferrara

1. I SERVIZI GIUDIZIARI E LO SVILUPPO ECONOMICO - SOCIALE

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Il sistema giudiziario rappresenta il complesso delle istituzioni pubbliche cui è affidato l’esercizio del potere giudiziario. Lo stesso si compone di istituzioni che operano a livello centrale con funzioni di coordinamento e di governance del sistema (Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della giustizia, ecc.) e istituzioni periferiche (Tribunali, Corti, Penitenziari) che provvedono all’erogazione agli utenti di diverse tipologie di servizi che danno concretezza all’attività di amministrazione della giustizia. 2

Per un approfondimento si rinvia, fra gli altri, a Buchanan & Tullock (1962); La Porta, Lopez-de-Silanes, Shleifer & Vishny (1998); Marchesi (2003); Bianco e Giacomelli (2004); Paganetto e Tria (2005). 3

Gli studi che mettono in relazione l’efficienza dei sistemi di amministrazione della giustizia e gli effetti sull’economia di un Paese sono relativamente recenti, anche se si stanno diffondendo con sem-pre maggiore celerità. Per un approfondimento si vedano, fra gli altri, Masciandaro et al. (2000); Mar-chesi (2003); Bianco e Giacomelli (2004); Paganetto e Tria (2005); La Porta,Lopezde-Silanes, Shleifer & Vishny (1996,1998);Demirgüç-Kunt e Maksimovic (1998). 4

Cfr. Borgonovi (2005).

sistemi giudiziari 1 svolgono una funzione fondamentale nell’ambito del processo di sviluppo economico-sociale, nelle economie avanzate così come nei Paesi in via di sviluppo. Servizi giudiziari efficienti ed efficaci, infatti, possono rappresentare un fat-tore determinante per la crescita di un Paese nella misura in cui, garantendo la certezza del diritto per la definizione dei contratti, contribuiscono a creare opportunità di sviluppo alle imprese, disponibilità del credito, propensione all’investimento nel capitale di rischio e capacità di attrarre capitali dall’estero2.

Il riconoscimento della rilevanza dei suddetti servizi ai fini dello sviluppo sociale ed economico di un Paese rappresenta una delle motivazione che ha spinto diverse organizzazioni sovranazionali a sostenere la necessità di riformare i sistemi di amministrazione della giustizia. Al riguardo, si rileva che la Banca mondiale da anni promuove il ruolo dei sistemi giudiziari quali infrastrutture indispensabili per lo sviluppo sia nel settore privato sia in quello pubblico, in quanto capaci di ampliare le possibilità di accesso al capitale, incentivare la competizione nei mercati, creare maggiore certezza, stabilità e prevedibilità ambientale e,dunque, perché capaci di spingere verso il basso i costi di transazione. La criticità dei servizi giudiziari ai fini dello sviluppo sociale ed economico di un Paese rappresenta inoltre il presupposto logico del crescente interesse che ricercatori nazionali ed internazionali hanno rivolto al tema dell’efficienza delle strutture giudiziarie. In particolare, nell’ultimo decennio

diversi studiosi (La Porta, Lopez de Silanes, Shleifer & Vishny, 1996; Levine, 1997; Demirgüç-Kunt e Maksimovic, 1998; Johnson e Shleifer 1999; Masciandaro et al., 2000) hanno cominciato ad occuparsi con sistematicità del tema, conducendo una serie di studi e ricerche volte ad indagare l’esistenza e la natura di relazioni tra l’efficienza dei sistemi giudiziari da un lato e lo sviluppo dei mercati creditizi, finanziari, del lavoro e in generale del sistema economico dall’altro3 Ai precedenti studi, si devono aggiungere quelli di management che sono stati condotti prevalentemente all’estero, con riferimento a diverse tipologie di Amministrazioni del sistema giudiziario, quali gli Istituti di Pena (Prison Management), le Corti e i Tribunali (Court Management). Negli ultimi anni, questi studi, sviluppati originariamente negli Usa, hanno cominciato ad attrarre l’attenzione anche di studiosi europei. Nel contesto delineato, la nostra comunità scientifica ha mostrato una generale tendenza a trascurare gli studi sull’Amministrazioni giudiziarie, in linea con quanto accaduto in passato con altri comparti della PA4. In merito agli studi di cui si diceva sopra, può essere utile richiamare brevemente alcuni dei principali risultati prodotti, al fine di apprezzare il ruolo che sistemi giudiziari efficienti possono avere sullo sviluppo economico-sociale di un Paese. Molti studi si sono focalizzati sulla relazione tra Amministrazioni giudiziarie efficienti e la propensione all’investimento nel capitale di rischio


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A ben vedere, ai fini dello sviluppo dei mercati finanziari e della propensione all’investimento, un ruolo di rilievo risulta essere giocato anche dalla qualità della comunicazione economico-finanziaria delle imprese. Quest’ultima può intendersi, in una concezione ampia, come l’insieme delle comunicazioni relative all’aspetto reddituale, patrimoniale e finanziario dell’aziendale. Si tratta di informazioni finalizzate a soddisfare le esigenze conoscitive delle varie classi di interessi convergenti sull’impresa, nonché ad alimentare il circuito del consenso esterno e della fiducia (Coda, 1989 e 1991). Secondo questa prospettiva il processo di comunicazione economico-finanziaria annovera fra i suoi obiettivi quello di favorire la creazione e sviluppare relazioni più intense con i soggetti esterni all’impresa, fra cui i finanziatori giocano un ruolo particolare, favorendo l’armonizzazione del fisiologico conflitto d’interessi tra i pubblici aziendali. La qualità della comunicazione economico-finanziaria, quindi, può essere considerata come fattore potenziale di vantaggio competitivo delle imprese nella misura in cui riesce a migliorare le relazioni con i portatori di capitale, riducendo il rischio sopportato dagli stessi nei rapporti con l’azienda. Ciò accade, in altri termini, perché un’informazione migliore aumenta il grado di consapevolezza nelle scelte. Maggiore qualità delle informazioni e minore rischio si traducono per l’impresa in consenso sulla sua azione, ossia capacità di attrazione di soggetti potenzialmente interessa-ti e capacità di trattenere i soggetti già collegati all’azienda (Allegrini, 2003; Capaldo, 1998; Corvi, 2000; Corvi e Fiocca, 1996). 6 L’indagine è stata realizzata su un campione composto da 50 tra le maggiori banche, rappresen-tative del 55% circa del sistema in termini di crediti verso la clientela. 7 La stessa Autrice in uno studio successivo (Marchesi, 2003) compie un approfondimento sulle cause dell’inefficienza della giustizia italiana, proponendo possibili soluzioni innovative per ridurre tempi e costi della risoluzione dei procedimenti giudiziari, salvaguardando al contempo equità, corret-tezza e garanzie.

e di credito. La Porta, Lopez-de-Silanes, Shleifer & Vishny, per esempio, hanno empiricamente indagato la relazione fra l’efficienza del sistema giudiziario e lo sviluppo del mercato azionario ed obbligazionario in 49 Paesi di diversa tradizione giuridica, sia Common law sia Civil law. I risultati rivelano una maggiore propensione ad investire nel capitale di rischio e di credito delle imprese e, conseguentemente, la presenza di un mercato finanziario più sviluppato in quei Paesi che si contraddistinguono per una maggiore tutela degli azionisti ed obbligazionisti. In pratica, laddove l’investitore percepisce una maggiore trasparenza e tutela dei propri diritti si mostra più propenso ad investire direttamente capitali in attività d’impresa; al contrario, qualora intraveda minore certezza dal punto di vista legale nella salvaguardia dei diritti, dimostra minore propensione all’investimento (La Porta, Lopez-de-Silanes, Shleifer & Vishny, 1998)5 . A simili risultati giungono anche gli studi condotti da Levine (1997) e da Demirgüç-Kunt e Maksimovic (1998), così come quello realizzato da Bianco e Giacomelli (2004), con riferimento alle sole aziende italiane. In particolare, le due studiose hanno verificato empiricamente l’esistenza di una relazione fra la dimensione modesta delle nostre imprese e l’inefficienza del sistema giudiziario. Un’altra ricerca interessante, che ha messo in evidenza indicazioni rilevanti sul si-stema giudiziario del nostro Paese, è stata condotta dal Laboratorio sull’economia delle regole – ABI – Bocconi (Masciandaro et al., 2000). Lo studio si è posto l’obiettivo di analizzare i principali meccanismi attraverso i quali l’efficienza del sistema giudiziario, in particolare della giustizia civile, può influire sulla disponibilità del credito per le imprese. Nella prima parte del lavoro gli studiosi hanno evidenziato come la lentezza delle Amministrazioni giudiziarie influenzi negativamente l’allocazione e il costo dei flussi creditizi, con danni per la generalità delle famiglie, delle imprese e delle banche del Paese. Nella parte successiva hanno provato, poi, a quantificare gli effetti generati da una situazione quale quella descritta6, giungendo alla conclusione che il costo per le banche italiane attribuibile al differenziale di ritardo dei Tribunali nazionali rispetto alla media europea è pari a quasi due miliardi di euro annui nelle sole procedure esecutive immobiliari. Ritardi nelle procedure di recupero crediti si registrano, però, anche nelle procedure fallimentari, nei concordati preventivi e nelle procedure esecutive mobiliari. Il costo del ritardo, in tal caso, è stimato in un miliardo e cento milioni all’incirca. In aggiunta ai precedenti studi, un’ulteriore ricerca, condotta da Marchesi (1998) con riferimento all’Italia, ha messo in evidenza come un sistema giudiziario inefficiente ingeneri un circuito vizioso in cui la lentezza della giustizia determina inefficienze ulteriori del sistema giudiziario e l’effetto finale è rappresentato da inefficienze diffuse nel sistema economico7 .

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Dalle considerazioni svolte, risulta evidente il ruolo di rilievo che l’efficienza del sistema giudiziario gioca rispetto allo sviluppo economico-sociale del Paese.

2. L A C R I S I D E L S I S T E M A G I U D I Z I A R I O I TA L I A N O Scopo del presente paragrafo è quello di illustrare alcuni dati di performance del sistema giudiziario del nostro Paese8 , al fine di comprenderne lo “stato di sofferenza”. I dati indicati nelle tavole seguenti mettono in evidenza, anche se in maniera parziale, alcune performance delle Amministrazioni giudiziarie italiane, in confronto con quelle degli altri Paesi europei e con le risorse finanziarie impiegate. La tavola 1 mostra i valori di uno specifico indicatore di efficienza del sistema giudiziario: la tempestività di risoluzione dei procedimenti. I dati disponibili evidenziano che i tempi necessari per la risoluzione delle controversie nel nostro Paese sono di gran lunga superiori a quelli di molte Nazioni europee. Più precisamente, il tempo necessario in Italia per concludere una causa derivante da un inadempimento contrattuale in primo grado nel 2005 era pari a 1210 giorni, un valore quasi triplo rispetto a quello necessario in Francia e Germania, più che doppio rispetto a quello della Spagna. Ritardi analoghi si registrano anche nelle altre tipologie di procedimento giudiziario analizzate, ossia divorzi e licenziamenti. Con riferimento ai primi, la tavola mo-stra che in Italia occorrono 582 giorni per la conclusione della causa, contro i 117 dei Paesi Bassi ed i 100 della Finlandia. Riguardo ai secondi, dalla tavola si evince come in Italia siano necessari 696 giorni, contro i 342 della Francia e i 244 del Portogallo.

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avola 1 – Indicatori di efficienza del Sistema Giudiziario

onte: MEF (2007), Libro Verde sulla spesa pubblica italiana.

La situazione non è migliorata negli anni successivi. Come si evince dalla figura seguente, infatti, le performance delle nostre Amministrazioni giudiziarie definite dalla CEPEJ rimangono ancora deludenti nel 2008. In particolare, la figura 1 mostra il disposition time in diversi Paesi, ossia il numero di giorni mediamente necessari per risolvere un procedimento giudiziario civile. 8 Gli indicatori di performance presi in considerazione riguardano le risorse finanziarie utilizzate per il funzionamento del sistema giudiziario, le risorse umane impiegate, il numero di giorni mediamente necessari per risolvere diverse tipologie di procedimenti, la capacità di smaltimento dei procedimenti, ecc.. Si tratta dunque di indicatori di input e di output. Gli stessi derivano da rielaborazioni di dati estratti da fonti differenti (CepeJ 2006, 2008, 2010; World Bank 2007, 2011; Ragioneria Generale dello Stato 2005; Ministero dell’Economia e delle Finanze 2007).

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igura 1 – “Disposition time” procedimento giudiziario civile nel 2008 Il valore dell’indicatore per i Tribunali italiani di prima istanza è pari a 533. Dalla figura si evince che l’Italia è uno dei Paesi che presenta i valori più elevati. Performance peggiori si registrano solo a Monaco, a San Marino, in Bosnia e a Malta, mentre tutti gli altri Paesi indagati presentano risultati migliori. Passando all’analisi delle risorse utilizzate per finanziare l’offerta dei servizi giudiziari, dai dati presentati nel Rapporto della Commissione europea per l’efficienza dei sistemi giudiziari (Cepej, 2006, 2008, 2010) e nel Libro verde sulla spesa pubblica (MEF, 2007) risulta evidente come, nel confronto internazionale, la spesa del sistema giudiziario in Italia non è affatto bassa. Considerando il dato aggregato, ossia l’ammontare della spesa pubblica per Tribunali, Legal Aid e Pubblica accusa, risulta che nel 2008 l’Italia è il Paese in Europa che spende di più in assoluto per il funzionamento del sistema giudiziario9 . Come mostra la tavola 2, tale spesa nel nostro Paese è pari a euro 4.282.629.598.

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onte: Ns. rielaborazione da Rapporto Cepej 2010.

9 Al fine di rendere significativo il confronto fra i sistemi giudiziari nazionali, nella tavola 2 vengono esposti i dati relativi ai maggiori Paesi europei, con l’esclusione delle Nazioni più povere o comunque caratterizzate da situazioni politiche, economiche e sociali molto dissimili da quella italiana. I dati elaborati sono estratti dal Rapporto della Commissione europea (Cepej 2010), cui si rinvia per ulteriori approfondimenti. Tale rapporto estende la ricerca ai sistemi giudiziari di 45 Paesi, i quali presentano una spesa per il sistema giudiziario inferiore in valore assoluto a quella italiana.

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avola 2 – Budget pubblico per Tribunali, Legal Aid e pubblica accusa nel 2008

onte: Ns. rielaborazione da Rapporto CEPEJ 2010.


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Pur essendo significativi, questi dati di spesa non riflettono del tutto fedelmente le effettive dimensioni dell’offerta complessiva del sistema giudiziario per due motivazioni. In primo luogo, perché risentono delle differenze istituzionali presenti nell’organizzazione dei sistemi dei vari Paesi. In aggiunta, i dati precedenti non sono del tutto significativi in quanto sono assoluti, ossia non tengono conto della numerosità della popolazione che usufruisce dei servizi giudiziari oppure di altre variabili significative come, per esempio, il tasso di litigiosità10 . Risulta, dunque, necessario che vengano integrati con altre informazioni affinché l’analisi di benchmarking possa considerarsi significativa. Al riguardo, potrebbe essere utile considerare il budget per Tribunali, Procure e Legal Aid disaggregato per abitante o in percentuale sul PIL. La tabella seguente11 mostra che, anche considerando i valori relativi, la spesa pubblica del settore giudiziario in Italia non è inferiore rispetto a quella degli altri Paesi europei, i quali tuttavia, come accennato sopra, fanno registrare performance migliori in termini, per esempio, di tempestività di risoluzione dei procedimenti (cfr. tav. 1 e fig. 1). La tavola 3 mostra come nel 1995 la spesa pubblica della giustizia sia stata pari allo 0,26% del PIL, più elevata quindi di quella del Regno Unito e dei Paesi Bassi, rispettivamente pari a 0,10% e 0,15%. Quattro anni più tardi, nel 1999, il livello della spesa per gli Uffici giudiziari è aumentato fino allo 0,29% e si è mantenuto al di sopra dei livelli di quella del Regno Unito e dei Paesi Bassi. I dati relativi all’anno 2002 confermano il livello sostenuto della nostra spesa che, essendo pari a 45,98 euro per abitante, risulta superiore a quella della maggior parte dei Paesi indagati. Più elevati sono, infatti, soltanto i dati relativi a Germania, Austria e Belgio. Anche i dati del 2004 mettono in evidenza come la spesa italiana procapite per Tribunali e Procure sia elevata se paragonata a quella degli altri Paesi d’Europa.

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avola 3 – Spesa pubblica per gli Uffici giudiziari e per il Legal Aid

onte: Libro Verde sulla spesa pubblica italiana 2007

10 Il tasso di litigiosità nel nostro Paese risulta superiore rispetto a quella dei Paesi più direttamente confrontabili per dimensioni, sviluppo economico e per caratteristiche del sistema giudiziario. Secon-do il rapporto CEPEJ (2006), nel 2004 la domanda di giustizia procapite in Italia era tripla rispetto a quella della Spagna, più di due volte quella di Francia e Regno Unito, più di una volta e mezzo quella della Germania. 11 Risultati elaborati sulla base di dati dell’Istituto di Ricerche sui Sistemi Giudiziari (IRSIG) del CNR, dell’OCSE e della Cepej.

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Nel contesto delineato, la recente crisi economico-finanziaria mondiale ha indotto in alcuni Paesi alla realizzazione di tagli, più o meno ampi, alla spesa dei sistemi giudiziari. Tale tendenza si è registrata anche in Italia, facendo registrare dal 2006 al 2008 una riduzione delle risorse destinate alla giustizia di circa il 7%14 . Nonostante però l’entità delle risorse investite dall’Italia per l’erogazione dei servizi giudiziari si stia avvicinato progressivamente a quella degli altri Paesi europei, le performance si presentano ancora modeste e, comunque, inferiori a quelli degli altri sistemi giudiziari europei. Il numero dei procedimenti pendenti (caseload), sia civili sia penali, non è affatto diminuito, anzi il tasso di crescita è risultato in continua ascesa, così come la durata media.

2. LA MEDIAZIONE COME POSSIBILE ALTERNATIVA PER IL MIGLIORAMENTO DELL’EFFICIENZA L’ingente ammontare di risorse destinate ogni anno al nostro sistema giudiziario e soprattutto il livello non esaltante delle performance generate sembrano essere le determinanti principali del processo di riforma posto in essere dal legislatore da qualche anno.15 Coerentemente infatti con le diverse riforme legislative che hanno tracciato la strada della modernizzazione in altri comparti della Pubblica Amministrazione, alcune innovazioni normative sembrano aver dato avvio ad un processo analogo, seppur più lento, anche nel settore della giustizia. L’intento generale è quello di recuperare margini di efficienza, di efficacia e di qualità nei servizi erogati. Rientrano fra gli interventi cui ci si riferisce: le operazioni di downsizing delle strutture ministeriali, realizzate con il D. Lgs 300/99 e con il DPR 55/01; la ridefinizione del grado di autonomia e responsabilizzazione in capo ai dirigenti amministrativi dei Tribunali, posta in essere col D. Lgs 240/06; l’introduzione delle Information and Communication Technology e il Processo Civile Telematico ad opera del DPR 123/2001. Nell’ambito di tale processo, di particolare interesse ai fini del presente lavoro risulta essere il Decreto Legislativo n. 28 del 4 marzo 2010, con il quale il Governo ha dato attuazione alla delega, di cui all’art. 60 della Legge n. 69 del 18 giugno 2009, relativa all’introduzione della mediazione come strumento di risoluzione alternativa delle controversie civili e commerciali16 . Nella prospettiva economico-aziendale, la mediazione – così come le altre forme alternative di risoluzione delle controversie che hanno luogo al di fuori del sistema giudiziario tradizionalmente inteso – può essere interpretata come una forma di gestione esternalizzata del servizio pubblico. Difatti, l’intero procedimento di risoluzione della controversia e, dunque, l’erogazione del servizio giudiziario, non avviene ad opera del Tribunale, bensì di un soggetto esterno, pubblico o privato, iscritto in uno specifico registro. La mediazione rientra fra i metodi di risoluzione delle controversie alternativi rispetto al processo tradizionalmente inteso. Gli stessi sono spesso definiti ADR, dall’acronimo inglese Alternative Dispute Resolution. Il ricorso alle ADR si è affermato dapprima nei Paesi anglosassoni, a partire dagli Stati Uniti, per poi diffondersi anche in altre Nazioni17.

15 Per un approfondimento sulle diverse azioni di riforma intraprese nel nostro Paese al fine di migliorare le performance del sistema giudiziario si rinvia, fra gli altri, a Lepore (2011) e Alvino e Lepore (2009). 16

Con il D. Lgs. 28/2010, inoltre, il Governo ha recepito la Direttiva 2008/52/CE del Parlamen-to Europeo e del Consiglio, emessa il 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale. 17

Quanto agli USA, già dall’inizio del 1900, studiosi ed operatori del settore, in particolare l’American Bar Association, mettevano in evidenza l’inadeguatezza del sistema giurisdizionale pubblico ad offrire risposte in tempi ragionevoli ad un’ampia gamma di contenziosi. Da allora si cominciarono a cercare delle soluzioni che consentissero di recuperare margini di efficienza e fra queste un ruolo di rilievo è stato giocato spesso dalle ADR.

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Il governo statunitense infatti già nel 1887 istituì un meccanismo di mediazione in ambito commerciale per le controversie sindacali tra le compagnie ferroviarie e i loro dipendenti che può considerarsi, per certi versi, come un antenato dell’attuale istituto. Diversi altri provvedimenti sono stati emanati negli anni successivi al fine di agevolare e favorire il ricorso ai metodi alternativi di risoluzione delle controversie. Si deve attendere però fino agli anni Sessanta del secolo scorso per assistere ad un vero e proprio fiorire della mediazione e dell’arbitrato come reali soluzioni alternative al processo dinanzi al giudice. Il ricorso a tali istituti è stato incentivato negli ultimi anni, stabilendo che per diverse tipologie di liti le ADR rappresentino la via prioritaria di risoluzione della controversia. Quanto al nostro Paese, precedentemente all’emanazione del D. Lgs. 28/2010, la mediazione si configurava esclusivamente come facoltativa o demandata dal giudice. La decisione di ricorrere alla mediazione era, quindi, lasciata alla volontà delle parti, ovvero era consigliata dall’autorità giudiziaria cui le stesse si erano rivolte. La Tavola 4 mostra il numero di mediazioni gestite dalle Camere di Commercio nell’ultimo decennio. Come risulta evidente, nel periodo considerato si è registrato un crescente ricorso alla mediazione, in particolare si è passati da un numero di 485 mediazioni nel 1999 ad un valore di 20.246 nel 2008. Tale valore poi si riduce minimamente nel 2009 e nel primo semestre del 2010. Il minore ricorso alla mediazione che ha caratterizzato questo ultimo periodo sembra essere giustificato dalla costituzione, avvenuta in diverse regioni durante l’anno 2009, dei Comitati Regionali dell’Autorità per le Comunicazioni (CORECOM) i quali, gestendo le mediazioni in materia di telefonia, hanno sottratto parte del contenzioso alle Camere di Commercio. Per queste ultime, infatti, quasi l’80% delle mediazioni gestite ha riguardato nel periodo considerato controversie avvenute nel settore delle telecomunicazioni. Nonostante i dati precedentemente descritti lascino immaginare, almeno in prima approssimazione, un contributo importante delle mediazione nella riduzione del gap esistente fra domanda e offerta di servizi giudiziari, l’analisi del dato aggregato mette in evidenza come il ricorso volontario alla mediazioni in Italia non abbia portato ad oggi significativi benefici al sistema giudiziario. Per rendersi conto di ciò basta pensare che nel 2010 i processi civili pendenti nel nostro Paese sono ancora circa 5 milioni. Tale considerazione non lascia adito a dubbi sul fatto che la conciliazione occupi ancora, e diremmo purtroppo, un posto marginale nell’ambito delle modalità di risoluzione delle controversie. avola 4 – Il numero delle mediazioni gestite dalle Camere di Commercio dal 1999 al I semestre 2010

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onte: Ns. rielaborazione da Unioncamere 2009 e 2010.

In tal senso, l’approvazione del D. Lgs. 28/2010, rendendo obbligatoria tale forma di ADR per diverse tipologie di controversie, dovrebbe ingenerare una inversione di tendenza nel ricorso alla mediazione. Dovrebbe cioè portare ad un progressivo incremento del numero di mediazioni condotte relativamente a tutte quelle controversie che hanno ad oggetto le specifiche materie

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elencate all’art. 5 della disposizione citata, ossia il condominio, i diritti reali, la divisione, le successioni ereditarie, i patti di famiglia, la locazione, il comodato, l’affitto di aziende, il risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, i contratti assicurativi, bancari e finanziari. A partire dal 21 marzo 2011, in pratica, per le suddette liti le parti dovranno obbligatoriamente ricorrere alla mediazione prima di procedere in Tribunale, prima cioè di percorrere le vie “tradizionali” di risoluzione della controversia18 . La decisione di introdurre una «condizione di procedibilità» per le cause civili ricadenti nelle materie anzidette sembra riconducibile alla volontà del legislatore di creare un deterrente all’avvio del contenzioso giudiziario, riducendo conseguentemente il numero delle cause civili e, dunque, la domanda di servizi rivolta al sistema giudiziario tradizionalmente inteso. In altri termini, dunque, in linea con le diverse azioni di riforma che hanno visto la luce negli ultimi anni, anche l’introduzione e la regolamentazione della mediazione realizzata con il decreto suddetto si pone l’obiettivo di rendere più efficiente il sistema giudiziario, riducendo il flusso in ingresso di nuove cause e, allo stesso tempo, offrendo al cittadino uno strumento più semplice e veloce di risoluzione delle controversie, caratterizzato da tempi e da costi certi. Secondo lo studio “I costi del mancato uso della mediazione in Europa” coordinato dall’ADR Center e pubblicato nel mese di giugno 2010, l’introduzione della mediazione obbligatoria prima del processo dinanzi all’autorità giudiziaria dovrebbe condurre ad una significativa riduzione dei tempi e dei costi di risoluzione delle controversie. In particolare, nella ricerca cui ci si riferisce sono stati indagati e valutati i tempi e i costi per la risoluzione di un contenzioso, con caratteristiche standard e un valore di € 200.000, nei due seguenti scenari19 : a) ricorso diretto in Tribunale; b) ricorso preventivo ad un organismo di mediazione e poi in Tribunale. La Tavola 5 mostra i tempi ed i costi previsti per la risoluzione di una controversia mediante il processo in Tribunale e, quindi, in assenza di mediazione. Come si evince dalla tavola, in Italia la durata media del processo in tale ipotesi è stimata in 2.205 giorni ed il costo medio è di € 19.527.

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avola 5 – I tempi ed i costi per la risoluzione di una controversia mediante il processo in tribunale

onte: ADR Center (2010), I costi del mancato uso della mediazione in Europa.

18 Occorre precisare che l’obbligatorietà per le controversie in materia di condominio e risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti è stata differita al 20 marzo 2012. 19

I dati necessari allo svolgimento della ricerca sono stati attinti da un campione di avvocati operanti in 27 Paesi europei.

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La tavola 6 mostra i tempi ed i costi previsti per la risoluzione del contenzioso nel secondo scenario ipotizzato, ossia nel caso di introduzione obbligatoria della mediazione prima del processo in Tribunale. In particolare, è stato ipotizzato che il 75% dei contenziosi venga risolto in mediazione ed il restante 25% invece, dopo aver tentato senza successo la prima fase di mediazione, prosegua in Tribunale. Dalla tavola seguente, si evince che l’introduzione della mediazione obbligatoria prima del processo dinanzi all’autorità giudiziaria potrebbe influire positivamente sia sui tempi, sia sui costi di risoluzione della controversia. Sulla base delle ipotesi formulate e con i dati acquisiti, l’ADR Center nell’ambito dello studio condotto sottolinea che la durata media del contenzioso passerebbe da 2.205 giorni a 598 giorni, i costi medi diventerebbero invece pari a € 18.627.

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avola 6 – I tempi ed i costi di risoluzione di una controversia con l’introduzione della mediazione obbligatoria prima del processo in tribunale

onte: ADR Center (2010), I costi del mancato uso della mediazione in Europa.

Al di la dell’entità della riduzione dei tempi e dei costi di risoluzione delle controversie stimata da ADR Center, quello che preme sottolineare in questa sede è l’effetto potenziale che il ricorso alle ADR, e alla mediazione in particolare, potrebbe avere nel nostro Paese.

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ndizione di procedibilità» per le La decisione di introdurre una «co zidette sembra riconducibile alla cause civili ricadenti nelle materie an errente all’avvio del contenzioso volontà del legislatore di creare un det ente il numero delle cause civili giudiziario, riducendo conseguentem olta al sistema giudiziario tradiriv i viz ser di da an dom la , que dun e, zionalmente inteso. con le diverse azioni di riforma In altri termini, dunque, in linea anni, anche l’introduzione e la che hanno visto la luce negli ultimi realizzata con il decreto suddetto regolamentazione della mediazione te il sistema giudiziario, si pone l’obiettivo di rendere più efficien cause e, allo stesso riducendo il flusso in ingresso di nuove nto più tempo, offrendo al cittadino uno strume semplice e veloce di risoluzione delle controversie, caratterizzato da tempi e da costi certi. 4 .CONCLUSIONI Le inefficienze diffuse nel sistema giudiziario del nostro Paese ed il riconoscimento della funzione che lo stesso svolge per lo sviluppo economico e sociale sembrano essere le determinanti principali che hanno spinto il legislatore ad avviare un intenso processo di riforma dello stesso. Nell’ambito di tale processo, di particolare interesse risulta essere, almeno nelle intenzioni, il Decreto Legislativo n. 28 del 4 marzo 2010, con il quale il Governo ha dato attuazione alla delega relativa all’introduzione della mediazione come strumento di risoluzione alternativa delle controversie civili e commerciali. Precedentemente all’emanazione del suddetto decreto, in Italia la mediazione era esclusivamente volontaria o demandata dal giudice. Oggi, invece, la stessa diviene obbligatoria per diverse tipologie di controversie. Si viene a creare, dunque, un’alternativa reale al ricorso alle vie giudiziarie tradizionali, il che potrebbe effettivamente deflazionare la domanda di giustizia rivolta ai Tribunali, consentendo con-

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seguentemente agli stessi di migliorare le proprie performance. Al di la di quelle che sono le possibilità, ancora potenziali, di questo strumento, c’è da rilevare ad oggi come nonostante negli anni si sia riscontrato un aumento nel numero di mediazioni gestite dalle Camere di Commercio, la quantità di controversie definite mediante tale modalità di risoluzione alternativa è purtroppo ancora irrisoria rispetto al numero di procedimenti civili che percorrono le vie tradizionali e che risultano ancora pendenti. Questo rappresenta il motivo principale in virtù del quale si ritiene di poter affermare che il ricorso volontario alla mediazioni in Italia non abbia generato benefici sostanziali per il sistema giudiziario. Migliori risultati si attendono invece dalla previsione dell’obbligo della mediazione imposto dal D. Lgs. n. 28 del 2010. Uno studio condotto recentemente e le simulazioni realizzate (ADR Center, 2010) mettono in evidenza come l’introduzione della mediazione obbligatoria prima del processo in Tribunale potrebbe condurre ad una riduzione della durata e dei costi della risoluzione delle controversie, migliorando conseguentemente l’efficienza, l’efficacia e l’economicità del sistema giudiziario nel suo complesso. I pareri in merito alla capacità delle diverse forme di ADR di ridurre il flusso di casi che vengono convogliati verso i Tribunali sono ad oggi poco concordi. Da un lato, infatti c’è da sottolineare che se le ADR non si dimostrano veramente in grado di risolvere le controversie fra le parti, conducendole ad un accordo, le stesse finiranno solo per generare una duplicazione del procedimento di risoluzione della lite, spostando avanti nel tempo, ma non risolvendo, il problema dei carichi di lavoro dei Tribunali. La partita si giocherà, come spesso accade, nell’applicazione concreta della norma che dovrebbe trasformare i vantaggi potenziali della forma di ADR analizzata, ossia la mediazione, in vantaggi reali, senza condurre alla creazione di una forma di “giustizia privata”, rapida, efficiente ed efficace che si contrappone ad una “giustizia pubblica”, lenta, macchinosa, inefficiente a cui continueranno ad accedere soltanto coloro che non potranno sostenere i costi della prima soluzione.

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Le attività dei Comitati Regionali per le Comunicazioni che rafforzano l’espletamento della funzione di conciliazione obbligatoria: il caso delle telecomunicazioni, nella realtà toscana di Claudio Quintano

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’ noto che sin dal 2007 sono stati costituiti i Comitati Regionali per le Comunicazioni (CORECOM). Essi sono anzitutto organi di consulenza e di gestione delle Regioni in materia di comunicazione. Inoltre sono organi funzionali dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ai quali è stata concesso, per quanto di interesse in questa sede, il ruolo di conciliatori in materia di controversie tra gestori del servizio di telecomunicazione e utenti in ambito locale nelle controversie tra gestori del servizio di telecomunicazione e utenti in ambito locale L’attività dei CORECOM, che si presenta molto ampia e non limitata, quindi, a quella della conciliazione, non si è diffusa con la medesima velocità ed intensità per tutte le Regioni. Seguendo l’attività di un campione rappresentativo di quei CORECOM che sono all’avanguardia nel Paese è da segnalare quello toscano che, per esempio, se ci si limita all’ultimo anno ha segnato la fine dell’iter relativo all’assegnazione di tre nuove deleghe significative che potenziano decisamente le attività del Corecom.Esse riguardano, in particolare, il terreno della gestione del monitoraggio dell’emittenza radiotelevisiva locale, la definizione delle controversie tra utenti e gestori dei servizi di telecomunicazione (il cosiddetto “arbitrato”), e la gestione del Registro degli Operatori della Comunicazione (ROC) in ambito locale.

A tale proposito nella Relazione del 2010 del CORECOM Toscana vengono prospettati una serie di possibili interventi per contribuire alla correttezza dei programmi radiotelevisivi ed al miglioramento della qualità dei loro contenuti. In pratica si tratta di direttive sul monitoraggio

circa gli obblighi di programmazione, pubblicità, pluralismo politico e sociale, garanzie dell’utenza (tra cui la tutela dei minori). La prospettiva di fondo è senza dubbio più ampia in quanto partendo da un computo quantitativo (minuti di comparsa in video delle varie parti politiche espresse dal territorio in caso di elezioni) si arriva ad una effettiva analisi di un pluralismo che tenga conto delle tematiche trattate anche per quanto attiene alla dimensione sociale, alle differenze di genere, alla cultura nelle sue multiformi sfaccettature. Per questa via, sarà possibile suggerire innovazioni alle emittenti e diverse prospettive di lavoro agli operatori, con l’obiettivo di arrivare, da parte delle emittenti sia pubbliche che private, ad un più efficace modo di rappresentare l’immagine del territorio e di quanto in esso avviene di rilevante. Vale la pena di ricordare che in difesa della qualità dei programmi televisivi, il CORECOM della Toscana si è mosso da tempo con l’istituzione di premi e riconoscimenti alle emittenti impegnati all’ideazione-programmazione di format rivolti a segmenti del pubblico specifici come giovani e anziani” Infine la gestione del “Registro degli operatori di comunicazione” della Toscana permetterà un continuo monitoraggio degli operatori presenti (e delle loro dimensioni, oltre che del settore di attività) e di quelli costretti a cessare la loro attività. Ciò permetterà di conoscere per tempo le si-


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tuazioni di eccellenza o di crisi di questo importante settore. Queste nuove deleghe sono una tappa importante nella direzione verso cui si muove il Corecom, e cioè quella di diventare una vera e propria Autorità regionale di vigilanza e garanzia sul sistema dei media locali, con un progressivo ampliamento degli ambiti di intervento.In questa prospettiva, il CORECOM ha già messo in atto, Già da qualche anno, una serie di studi e sperimentazioni sia sui temi del monitoraggio politico e della “par condicio” sia sul monitoraggio in materia di pubblicità e della tutela dei minori. Per quanto attiene alle “funzioni proprie” del CORECOM, sono in via di modifica tenendo conto anche dell’auspicata nuova legge regionale sulla comunicazione e la conseguente rivisitazione della legge istitutiva del CORECOM. Quest’ultima dovrebbe muoversi riconoscendo al CORECOM funzioni non solo di controllo, ma anche in chiave di promozione e cooperazione tecnica con la Regione almeno per quanto riguarda alcune aree, in particolare quelle della formazione e promozione della partecipazione socio-politica e culturale.Grazie all’aumento di risorse da parte dell’Autorità e da parte del Consiglio Regionale della Toscana dedicate all’organico del personale permetterà lo svolgimento delle attività anche se al minimo delle necessità, in confronto con quello degli altri CORECOM di analoghe dimensioni regionali. Il programma di lavoro di questo nuovo organo offre alla Regione ed alle altre istituzioni locali e nazionali un utile quadro di riferimento per quanto attiene alle tematiche oggetto di competenza del CORECOM. In relazione al primo punto, verranno promossi monitoraggi per quanto attiene alla tutela dei minori e alla comunicazione pubblicitaria (come affollamento e aspetti su cui intervenire) oltre a mettere a punto la “macchina” relativa alle elezioni regionali del marzo 2010.A questo organismo è affidata la promozione della partecipazione. E’ noto che la partecipazione sociale (e quella politica in particolare) conosce un certo declino anche grazie all’intervento massiccio, nel senso del disimpegno dei grandi media dello spettacolo per recuperare una funzione di informazione impegnata e di coinvolgimento sul territorio. Quindi il progetto è di “allargare” gli spazi dell’accesso radiotelevisivo delle associazioni no-profit, insistendo sulla necessità di favorire uno stretto contatto tra le associazioni socio-culturali e di volontariato e la Regione per estendere, a più associazioni e in più tempo, tali trasmissioni. Ciò significa promuovere l’accesso dell’associazionismo alla comunicazione, facendo conoscere la propria esistenza e le attività svolte nell’interesse dei cittadini in tutto il territorio della Toscana: un modo virtuoso di promuovere il decentramento in chiave sociale e culturale.Nella relazione del 2010 si dichiara l’intento di incentivare la qualità dell’emittenza radiotelevisiva con l’iniziativa relativa alla “Buona Televisione in Toscana” ed alla “Buona Radio in Toscana”, che propone per il 2010 un premio per la “migliore informazione in ambito locale”.La valorizzazione dell’ informazione locale, la macchina comunicativa l’associazionismo comunicativo, il contributo al decentramento sociale e culturale, il controllo dell’accesso televisivo per i minori, esprimono i tanti tasselli di cui è intrisa l’attività di questo nuovo organo che porta a rafforzare le competenze e le conoscenze da sfruttare per l’altro tassello, quello della conciliazione obbligatoria

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Si tratta di una funzione di arbitrato che potrà fornire una più celere ed esaustiva risposta ai problemi e reclami posti dagli utenti. Funzione certamente onerosa dal punto di vista del personale necessario (ad esempio dal punto di vista della preparazione tecnica di tipo giuridico), anche tenendo conto del continuo e crescente numero di istanze di conciliazione presentate ai CORECOM, ma sicuramente di grande utilità sociale per fornire una risposta certa e immediata a quanto richiesto dagli utenti, non sempre garantiti da un adeguato sistema di tutela. Prendiamo per esempio la Regione Toscana che dal 1 gennaio 2007, dopo una fase sperimentale avviata il 29 gennaio 2004 firma la Convenzione tra Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e Regione Toscana per la gestione delle attività delegate passata al regime ordinario. Risale a quel periodo l’assegnazione di un primo pacchetto di materie delegate, a cui ne sono seguite altre. Sin dal 2007 deve essere obbligatoriamente esperito, prima di ricorrere alla giustizia ordinaria il tentativo di conciliazione. E’ una procedura gratuita per risolvere le controversie tra utenti e gestori dei servizi di telecomunicazione (telefonia, internet, pay-tv, etc). L’istanza di conciliazione può essere presentata solo se è già stato fatto un reclamo formale al gestore, i cui riferimenti devono essere riportati nell’istanza stessa. Incontrandosi presso il CORECOM le parti possono tentare di risolvere amichevolmente la questione. In caso di esito negativo dell’incontro, le parti possono scegliere se far ricorso al giudice o se far definire la controversia al CORECOM. La procedura è regolata da una delibera AGCOM. Nel caso in cui venga sospesa l’erogazione del servizio, in pendenza di un procedimento di conciliazione, può essere inoltrata al CORECOM richiesta di provvedimento temporaneo di riattivazione sempre che ricorrano le condizioni di cui all’art. 5 del Regolamento sulle procedure di conciliazione.Per facilitare l’accesso degli utenti alle procedure per l’esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione presso il CORECOM viene compilato un modulo che tra gli altri elementi fissa: ILTIPO DI UTENZA - privata ¨ business - Servizi di telefonia fissa - Servizi di telefonia mobile - Servizi internet/adsl - Sevizi televisivi a pagamento - Altro (specificare): L’OGGETTO DELLA CONTROVERSIA - Guasti non risolti nei termini o malfunzionamenti - Traffico non riconosciuto - Non rispettate condizioni contratto - Mancata o ritardata attivazione di servizi richiesti - Problemi per passaggio a nuovo operatore - Attivazione/Disattivazione servizi

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- Sospensione del servizio - Mancato/errato inserimento in elenco telefonico - Portabilità numero fisso/mobile non eseguita - Altro …………………………………... Per legge il tentativo di conciliazione è obbligatorio e preliminare all’azione legale e si svolge in maniera gratuita per i cittadini.La quantità delle controversie tra gestori dei servizi di telecomunicazioni ed utenti in ambito locale rilevano un ritmo sostenuto di richieste di conciliazione – dalle 50 istanze nel 2004 alle oltre 3.700 del 2009 alle quali si garantisce celerità di percorso ed efficienza. L’analisi dei dati 20042009 relativi al flusso delle istanze di conciliazione ha evidenziato come siano i cittadini di Firenze e della provincia quelli che usufruiscono in maggior misura del servizio. La conoscenza del CORECOM e delle sue attività e la maggiore facilità di raggiungere la sede della conciliazione. Al fine di garantire a tutti i cittadini toscani pari opportunità di accesso al servizio, si procederà, attraverso le Convenzioni firmate con CTC e UNCEM e agli accordi siglati con il Difensore Civico Regionale, alla sperimentazione di servizi decentrati. E’ disponibile un software che permette la conciliazione online con attrezzatura dedicata allo svolgimento delle udienze in videoconferenza. Nello specifico si intende attivare nei centri attrezzati delle Comunità Montane della Toscana servizi di conciliazione online e videoconferenza. Si potranno inoltre utilizzare gli sportelli decentrati delle Associazioni dei Consumatori e gli uffici del Difensori civici locali per istruire e inoltrare online le istanze.Il decentramento dei suddetti servizi sarà oggetti di specifica attività di comunicazione ed informazione per i cittadini dei territori interessati.

facendo , e n o i z a comunic ini in tutto il a l l a o d sm ciazioni teresse dei citta nto in chiave o s s a ’ l l e d e ’in l’accesso ività svolte nell ere il decentram ivare la quae r e v o muov le att incent promu o in i r e d p a c a i i o f t z d i n n n e e nt evisione oso i l ’ u e l t r i a T v r Ciò sig la propria esist a a i o un mod “Buon 010 un premio e 0 si dich conoscer ella Toscana: azione del 201 va relativa alla per il 2 l e i d e t n r a mazione o o i i r p a r z l o o i l f o r t e n n p i i ’ l e ’ l N h l terri n . c e o culturale adiotelevisiva c in Toscana”, azione d ibuto al decene z z e i l r a o i l c a o r o s adi tenza .La v cativo, il contr t R ” i e l a m rimono a n e p ’ c s o l l o e u l e , i d i o r n t i B à o u t “ b li m om la min forzare a” ed al formazione in a sociazionismo c elevisivo per i f n a r a c s a o a t rt T n as o che po conciliazione igliore i comunicativa l’ llo dell’accesso n m a “ g r a l o r a pe tro lla ovo macchin ulturale, il con à di questo nu sello, quello de a l , e l a c vit tas loc sociale e i è intrisa l’atti tare per l’altro o t n e m cu tra rut selli di noscenze da sf s a t i t n o i ta ze e le c n e t e p m le co oria obbligat Bibliografia -Armone, Giovanni M., Tecniche alternative di risoluzione delle controversie: procedure di conciliazione e arbitrato, in “Annuario dei diritti del consumatore”, 1993 -Alpa, Guido, I contratti dei consumatori in “I contratti in generale:aggiornamento 1991-1998”, UTET, 1999, p. 465 -Azzali, Stefano, Arbitrato amministrato, in “Codice degli arbitrati, delle conciliazioni e di altre ADR”, Buonfrate, Angelo - Giovannucci

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Mediazione: Europa chiama, Italia risponde di Serafina Pane

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a decenni, a partire dagli anni Novanta in poi, l’Unione Europea ha iniziato a prendere coscienza della necessità di garantire l’accesso alla giustizia come principio fondamentale e unitario in tutti gli stati membri soprattutto per quelle controversie in materia di consumo e di scambi transfrontalieri1 , consapevole delle difficoltà di accesso per il cittadino Ue alle corti di altri Stati membri.

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Sono un esempio le raccomandazioni 98/257/CE e 01/310/CE, la raccomandazione n. 1/98/CE in materia di mediazione familiare, il Libro Verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale – Bruxelles 19/4/202. 2 L’art. 1 della Direttiva UE prevede: “Promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario”.

Nella riunione di Tampere già nel lontano ottobre 1999, l’Europa invitava gli stati membri a istituire procedure di risoluzione alternativa delle controversie. Un percorso lungo e difficile conclusosi dopo quasi un decennio con l’emanazione della Direttiva n. 52 nel 2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, “relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale.”La Direttiva, che doveva essere attuata nei singoli Stati membri entro il termine del 21 maggio 2011, prevede in particolare i seguenti principi cardine: 1. L’organo giurisdizionale investito di una causa può, se lo ritiene appropriato e tenuto conto di tutte le circostanze del caso, invitare le parti a ricorrere alla mediazione allo scopo di dirimere la controversia. Può altresì invitare le parti a partecipare ad una sessione informativa sul ricorso alla mediazione se tali sessioni hanno luogo e sono facilmente accessibili. 2. Gli Stati membri assicurano che le parti, o una di esse con l’esplicito consenso delle altre, abbiano la possibilità di chiedere che il contenuto di un accordo scritto risultante da una mediazione sia reso esecutivo. 3. Gli Stati membri provvedono affinché alle parti che scelgono la mediazione nel tentativo di dirimere una controversia non sia successivamente impedito di avviare un procedimento giudiziario o di arbitrato in relazione a tale controversia per il fatto che durante il procedimento di mediazione siano scaduti i termini di prescrizione o decadenza. 4. Tranne specifiche e limitate ipotesi, gli Stati membri garantiscono che, a meno che le parti non decidano diversamente, né i mediatori né i soggetti coinvolti nell’amministrazione del procedimento di mediazione siano obbligati a testimoniare nel procedimento giudiziario o di arbitrato in materia civile e commerciale riguardo alle informazioni risultanti da un procedimento di mediazione o connesse allo stesso.L’obiettivo connesso, oltre a garantire un più facile accesso alla giustizia, è quello di ridurre la mole di controversie incardinate presso i tribunali, problema che in Italia assume proporzioni mastodontiche. Convenienza e rapidità nella soluzione delle liti sono gli ulteriori fini auspicabili in un sistema di giustizia civile. La mediazione è concepita dal Consiglio Europeo come un procedimento di volontaria giurisdizione2 ossia gestito dalle parti sia nella fase iniziale che conclusiva dell’iter.Sono le specifiche normative nazionali a fissare un termine al processo di mediazione.In Italia la direttiva è stata recepita con la legge n. 69 del 2009 che, nel riformare il

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L’art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69 così recita:

“1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale. 2. La riforma adottata ai sensi del comma 1, nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria e in conformità ai principi e criteri direttivi di cui al comma 3, realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della Giustizia e successivamente trasmessi alle Camere, ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest’ultimo è prorogata di sessanta giorni. 3. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi: a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l’accesso alla giustizia; b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all’erogazione del servizio di conciliazione; c) disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l’estensione delle disposizioni di cui al D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l’istituzione, presso il Ministero della Giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione, di seguito denominato «Registro», vigilati dal medesimoMinistero, fermo restando il diritto delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell’articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, ad ottenere l’iscrizione di tali organismi nel medesimo Registro; d) prevedere che i requisiti per l’iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del Ministro della Giustizia; e) prevedere la possibilità , per i consigli degli ordini degli avvocati, di istituire, presso i tribunali, organismi di conciliazione che, per il loro funzionamento, si avvalgono del personale degli stessi consigli; f) prevedere che gli organismi di conciliazione istituiti presso i tribunali siano iscritti di diritto nel Registro; g) prevedere, per le controversie in particolari materie, la facoltà di istituire organismi di conciliazione presso i consigli degli ordini professionali; h) prevedere che gli organismi di conciliazione di cui alla lettera g) siano iscritti di diritto nel Registro; i) prevedere che gli organismi di conciliazione iscritti nel Registro possano svolgere il servizio di mediazione anche attraverso procedure telematiche; l) per le controversie in particolari materie, prevedere la facoltà del conciliatore di avvalersi di esperti, iscritti nell’albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali, i cui compensi sono previsti dai decreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 anche con riferimento a quelli stabiliti per le consulenze e per le perizie giudiziali; m) prevedere che le indennità spettanti ai conciliatori, da porre a carico delle parti, siano stabilite, anche con atto regolamentare, in misura maggiore per il caso in cui sia stata raggiunta la conciliazione tra le parti; n) prevedere il dovere dell’avvocato di informare il cliente, prima dell’instaurazione del giudizio, della possibilità di avvalersi dell’istituto della conciliazione nonchè di ricorrere agli organismi di conciliazione; o) prevedere, a favore delle parti, forme di agevolazione di carattere fiscale, assicurando, al contempo, l’invarianza del gettito attraverso gli introiti derivanti al Ministero della Giustizia, a decorrere dall’anno precedente l’introduzione della norma e successivamente con cadenza annuale, dal Fondo unico giustizia di cui all’articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181; p) prevedere, nei casi in cui il provvedimento che chiude il processo corrisponda interamente al contenuto dell’accordo proposto in sede di procedimento di conciliazione, che il giudice possa escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato l’accordo successivamente alla proposta dello stesso, condannandolo altresì, e nella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente, salvo quanto previsto dagli articoli 92 e 96 del Codice di procedura civile, e, inoltre, che possa condannare il vincitore al pagamento di un’ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell’articolo 9 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115; q) prevedere che il procedimento di conciliazione non possa avere una durata eccedente i quattro mesi; r) prevedere, nel rispetto del Codice deontologico, un regime di incompatibilità tale da garantire la neutralità , l’indipendenza e l’imparzialità del conciliatore nello svolgimento delle sue funzioni; s) prevedere che il verbale di conciliazione abbia efficacia esecutiva per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e costituisca titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.” 4

Art. 4 (Accesso alla mediazione)

1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data della ricezione della comunicazione. 2. L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa.

Codice di Procedura Civile, con l’art. 603 ha delegato il governo ad emanare uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale.La delega è stata esercitata con l’emanazione del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, una norma composta da 24 articoli in cui il principio cardine è l’obbligatorietà del ricorso alla mediazione quale condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria.In particolare, l’articolo 44 del suddetto decreto prevede esplicitamente l’obbligo dell’avvocato di informare l’assistito dell’obbligatorio tentativo di mediazione mentre l’articolo 5 statuisce: 1. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente ad sperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni. 2. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede

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di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può invitare le stesse a procedere alla mediazione. L’invito deve essere rivolto alle parti prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Se le parti aderiscono all’invito, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. 3. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale. Mentre la consapevolezza del legislatore europeo è quella di garantire una risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale, la ratio della norma italiana è più improntata verso una interpretazione della mediazione come utile strumento deflattivo del contenzioso. Tale esegesi ha suscitato nell’ambito forense non poche critiche e proteste che hanno prorogato di un anno (dal 20 marzo 2010 al 20 marzo 2011) l’entrata in vigore della norma. In effetti, la normativa non poteva trovare applicazione in precedenza in quanto mancavano una serie di decreti ministeriali attuativi. La regolamentazione di tutti gli aspetti tipici della materia è avvenuta con il D.M. n. 180 del 18 ottobre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4 novembre 2010, n. 258. In particolare, sono stati dettati i requisiti e le modalità di iscrizione nel registro da parte degli organismi di mediazione e degli enti formatori presso il Ministero della Giustizia nonché i criteri di vigilanza, monitoraggio, sospensione e cancellazione dei singoli organismi dal registro.Dopo un iter travagliato, dallo scorso 20 marzo, la mediazione obbligatoria è divenuta operativa.

3. All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’avvocato informa altresì l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione.

Bibliografia - M. Barbuto “In principio c’è l’Europa” rivista Press aprile 2011 - Consiglio di Stato verbale adunanza del 26.08.2010 - Consiglio di Stato Relazione Integrativa del 2.09.2010 - Il Sole 24ore “Il debutto conteso della mediazione” del 14.03.2011 - Il Sole 24ore “La scheda di sintesi sulla mediazione obbligatoria” del 24.11.2010

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Mediazione e conciliazione delle controversie civili e commerciali DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2010 , n. 28 Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilita’ medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicita’, contratti assicurativi, bancari e finanziari, e’ tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione Pubblicato in G.U. n. 53 del 5.3.2010

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Visto l'articolo 60 della legge 19 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali; Vista la direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 ottobre 2009; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 febbraio 2010; Sulla proposta del Ministro della giustizia; E m a n a il seguente decreto legislativo: Capo I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 1 Definizioni. 1. Ai fini del presente decreto legislativo, si intende per: a) mediazione: l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa; b) mediatore: la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo; c) conciliazione: la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione; d) organismo: l'ente pubblico o privato, presso il quale può svolgersi il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto; e) registro: il registro degli organismi istituito con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 16 del presente decreto, nonché, sino all'emanazione di tale decreto, il registro degli organismi istituito con il decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222. Art. 2 Controversie oggetto di mediazione. 1. Chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del presente decreto. 2. Il presente decreto non preclude le negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali, né le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi. Capo II DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE Art. 3 Disciplina applicabile e forma degli atti. 1. Al procedimento di mediazione si applica il regolamento dell’organismo scelto dalle parti. 2. Il regolamento deve in ogni caso garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell’articolo 9, nonché modalità di nomina del mediatore che ne assicurano l’imparzialità e l’idoneità al corretto e sollecito espletamento dell’incarico.

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3. Gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità. 4. La mediazione può svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell’organismo. Art. 4 Accesso alla mediazione. 1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante dep sito di un’istanza presso un organismo. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data della ricezione della comunicazione. 2. L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa. 3. All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente de- creto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’avvocato informa altresì l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5,comma 1, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione. Art. 5 Condizione di procedibilità e rapporti con il processo. 1. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata,ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni. 2. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può invitare le stesse a procedere alla mediazione. L’invito deve essere rivolto alle parti prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Se le parti aderiscono all’invito, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. 3. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale. 4. I commi 1 e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile; c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile; d) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata; e) nei procedimenti in camera di consiglio; f) nell’azione civile esercitata nel processo penale. 5. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto, lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine

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di cui all’articolo 6. Allo stesso modo il giudice o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi. La domanda è presentata davanti all’organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui all’articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all’atto costitutivo, l’individuazione di un diverso organismo iscritto. 6. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo. Art. 6 Durata. 1. Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi. 2. Il termine di cui al comma 1 decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del quarto o del quinto periodo del comma 1 dell’articolo 5, non è soggetto a sospensione feriale. Art. 7 Effetti sulla ragionevole durata del processo 1. Il periodo di cui all’articolo 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’articolo 5, comma 1, non si computano ai fini di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89. Art. 8 Procedimento 1. All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari. 2. Il procedimento si svolge senza formalità presso la sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo. 3. Il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia. 4. Quando non può procedere ai sensi del comma 1, ultimo periodo, il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell’organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti. 5. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Art. 9 Dovere di riservatezza 1. Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo o comunque nell’ambito del procedimento di mediazione è tenuto all’obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo. 2. Rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate e salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni, il mediatore è altresì tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti. Art. 10 Inutilizzabilità e segreto professionale. 1. Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto dellestesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio. 2. Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Al mediatore si applicano le disposizioni dell’articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per

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il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del codice di procedura penale in quanto applicabili. Art. 11 Conciliazione. 1. Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo. Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13. 2. La proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l’accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata. Salvo diverso accordo delle parti, la proposta non può contenere alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento. 3. Se è raggiunto l’accordo amichevole di cui al comma 1 ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. L’accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento. 4. Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della proposta; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore da atto della mancata partecipazione di una delle parti al proce-dimento di mediazione. 5. Il processo verbale è depositato presso la segreteria dell’organismo e di esso è rilasciata copia alle parti che lo richiedono. Art. 12 Efficacia esecutiva ed esecuzione 1. Il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all’ordine pubblico o a norme imperative, è omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo. Nelle controversie transfrontaliere di cui all’articolo 2 della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, il verbale è omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l’accordo deve avere esecuzione. 2. Il verbale di cui al comma 1 costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Art. 13 Spese processuali. 1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì alle spese per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. 2. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può non dimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente. 3. Salvo diverso accordo le disposizioni precedenti non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri. Art. 14 Obblighi del mediatore.

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1. Al mediatore e ai suoi ausiliari è fatto divieto di assumere diritti o obblighi connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, fatta eccezione per quelli strettamente inerenti alla prestazione dell’opera o del servizio; è fatto loro divieto di percepire compensi direttamente dalle parti. 2. Al mediatore è fatto, altresì, obbligo di: a) sottoscrivere, per ciascun affare per il quale è designato, una dichiarazione di imparzialità secondo le formule previste dal regolamento di procedura applicabile, nonché gli ulteriori impegni eventualmente previsti dal medesimo regolamento; b) informare immediatamente l’organismo e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio all’imparzialità nello svolgimento della mediazione; c) formulare le proposte di conciliazione nel rispetto del limite dell’ordine pubblico e delle norme imperative; d) corrispondere immediatamente a ogni richiesta organizzativa del responsabile dell’organismo. 3. Su istanza di parte, il responsabile dell’organismo provvede alla eventuale sostituzione del mediatore. Il regolamento individua la diversa competenza a decidere sull’istanza,quando la mediazione è svolta dal responsabile dell’organismo. Art. 15 Mediazione nell’azione di classe 1. Quando è esercitata l’azione di classe prevista dall’articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni,la conciliazione, intervenuta dopo la scadenza del termine per l’adesione, ha effetto anche nei confronti degli aderenti che vi abbiano espressamente consentito. Capo III ORGANISMI DI MEDIAZIONE Art. 16 Organismi di mediazione e registro. Elenco dei formatori. 1. Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione nelle materie di cui all’articolo 2 del presente decreto. Gli organismi devono essere iscritti nel registro. 2. La formazione del registro e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, l’istituzione di separate sezioni del registro per la trattazione degli affari che richiedono specifiche competenze anche in materia di consumo e internazionali, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi sono disciplinati con appositi decreti del Ministro della giustizia, di concerto, relativamente alla materia del consumo, con il Ministro dello sviluppo economico. Fino all’adozione di tali decreti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222 e 23 luglio 2004, n. 223. A tali disposizioni si conformano, sino alla medesima data, gli organismi di composizione extragiudiziale previsti dall’articolo 141 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n.206, e successive modificazioni. 3. L’organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e il codice etico, comunicando ogni successiva variazione. Nel regolamento devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente decreto, le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall’organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati. Al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati, proposte per l’approvazione a norma dell’articolo 17. Ai fini dell’iscrizione nel registro il Ministero della giustizia valuta l’idoneità del regolamento. 4. La vigilanza sul registro è esercitata dal Ministero della giustizia e, con riferimento alla sezione per la trattazione degli affari in materia di consumo di cui al comma 2, anche dal Ministero dello sviluppo economico. 5. Presso il Ministero della giustizia è istituito, con decreto ministeriale, l’elenco dei formatori per la mediazione. Il decreto stabilisce i criteri per l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché per lo svolgimento dell’attività di formazione, in modo da garantire elevati livelli di formazione dei mediatori. Con lo stesso decreto, è stabilita la data a decorrere dalla quale la partecipazione all’attività di formazione di cui al presente comma costituisce per il mediatore requisito di qualificazione professionale. 6. L’istituzione e la tenuta del registro e dell’elenco dei formatori avvengono nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti, e disponibili a legislazione vigente, presso il Ministero della giustizia e il Ministero dello sviluppo economico, per la parte di rispettiva competenza, e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato. Art. 17 Risorse, regime tributario e indennità. 1. In attuazione dell’articolo 60, comma 3, lettera o), della legge 18 giugno 2009, n. 69, le agevolazioni fiscali previste dal presente articolo, commi 2 e 3, e dall’articolo 20, rientrano tra le finalità del Ministero della giustizia finanziabili con la parte delle risorse affluite al «Fondo Unico Giustizia» attribuite al predetto Ministero, ai sensi del

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comma 7 dell’articolo 2, lettera b), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, e dei commi 3 e 4 dell’articolo 7 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 30 luglio 2009, n. 127. 2. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. 3. Il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente. 4. Con il decreto di cui all’articolo 16, comma 2, sono determinati: a) l’ammontare minimo e massimo delle indennità spettanti agli organismi pubblici, il criterio di calcolo e le modalità di ripartizione tra le parti; b) i criteri per l’approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi costituiti da enti privati; c) le maggiorazioni massime delle indennità dovute, non superiori al venticinque per cento, nell’ipotesi di successo della mediazione; d) le riduzioni minime delle indennità dovute nelle ipotesi in cui la mediazione è condizione di procedibilità ai sensi dell’articolo 5, comma 1. 5. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’articolo 5, comma 1, all’organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115. A tale fine la parte è tenuta a depositare presso l’organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena di inammissibilità, se l’organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato. 6. Il Ministero della giustizia provvede, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, al monitoraggio delle mediazioni concernenti i soggetti esonerati dal pagamento dell’indennità di mediazione. Dei risultati di tale monitoraggio si tiene conto per la determinazione, con il decreto di cui all’articolo 16, comma 2, delle indennità spettanti agli organismi pubblici, in modo da coprire anche il costo dell’attività prestata a favore dei soggetti aventi diritto all’esonero. 7. L’ammontare dell’indennità può essere rideterminato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall’Istituto Nazionale di Statistica, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel triennio precedente. 8. Alla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni dei commi 2 e 3, valutati in 5,9 milioni di euro per l’anno 2010 e 7,018 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione della quota delle risorse del «Fondo unico giustizia» di cui all’articolo 2, comma 7, lettera b) del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, che, a tale fine, resta acquisita all’entrata del bilancio dello Stato. 9. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui ai commi 2 e 3 ed in caso si verifichino scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 8, resta acquisito all’entrata l’ulteriore importo necessario a garantire la copertura finanziaria del maggiore onere a valere sulla stessa quota del Fondo unico giustizia di cui al comma 8. Art. 18 Organismi presso i tribunali. 1. I consigli degli ordini degli avvocati possono istituire organismi presso ciascun tribunale, avvalendosi di proprio personale e utilizzando i locali loro messi a disposizione dal presidente del tribunale. Gli organismi presso i tribunali sono iscritti al registro a semplice domanda, nel rispetto dei criteri stabiliti dai decreti di cui all’articolo 16. Art. 19 Organismi presso i consigli degli ordini professionali e presso le camere di commercio 1. I consigli degli ordini professionali possono istituire, per le materie riservate alla loro competenza, previa autorizzazione del Ministero della giustizia, organismi speciali, avvalendosi di proprio personale e utilizzando locali nella propria disponibilità. 2. Gli organismi di cui al comma 1 e gli organismi istituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono iscritti al registro a semplice domanda, nel rispetto dei criteri stabiliti dai decreti di cui all’articolo 16. Capo IV DISPOSIZIONI IN MATERIA FISCALE E INFORMATIVA Art. 20 Credito d’imposta 1. Alle parti che corrispondono l’indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli

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organismi è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa, fino a concorrenza di euro cinquecento, determinato secondo quanto disposto dai commi 2 e 3. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è ridotto della metà. 2. A decorrere dall’anno 2011, con decreto del Ministro della giustizia, entro il 30 aprile di ciascun anno, è determinato l’ammontare delle risorse a valere sulla quota del «Fondo unico giustizia» di cui all’articolo 2, comma 7, lettera b), del decreto-legge16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, destinato alla copertura delle minori entrate derivanti dalla concessione del credito d’imposta di cui al comma 1 relativo alle mediazioni concluse nell’anno precedente. Con il medesimo decreto è individuato il credito d’imposta effettivamente spettante in relazione all’importo di ciascuna mediazione in misura proporzionale alle risorse stanziate e, comunque, nei limiti dell’importo indicato al comma 1. 3. Il Ministero della giustizia comunica all’interessato l’importo del credito d’imposta spettante entro 30 giorni dal termine indicato al comma 2 per la sua determinazione e tra smette, in via telematica, all’Agenzia delle entrate l’elenco dei beneficiari e i relativi importi a ciascuno comunicati. 4. Il credito d’imposta deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi ed è utilizzabile a decorrere dalla data di ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché, da parte delle persone fisiche non titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo, in diminuzione delle imposte sui redditi. Il credito d’imposta non da luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, né del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. 5. Ai fini della copertura finanziaria delle minori entrate derivanti dal presente artico- lo il Ministero della giustizia provvede annualmente al versamento dell’importo corrispondente all’ammontare delle risorse destinate ai crediti d’imposta sulla contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate - Fondi di bilancio». Art. 21 Informazioni al pubblico 1. Il Ministero della giustizia cura, attraverso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con i fondi previsti dalla legge 7 giugno 2000, n. 150, la divulgazione al pubblico attraverso apposite campagne pubblicitarie, in particolare via internet, di informazioni sul procedimento di mediazione e sugli organismi abilitati a svolgerlo. Capo V ABROGAZIONI, COORDINAMENTI E DISPOSIZIONI TRANSITORIE Art. 22 Obblighi di segnalazione per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. 1. All’articolo 10, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, dopo il numero 5) è aggiunto il seguente: «5-bis) mediazione, ai sensi dell’articolo 60della legge 18 giugno 2009, n. 69;». Art. 23 Abrogazioni. 1. Sono abrogati gli articoli da 38 a 40 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e i rinvii operati dalla legge a tali articoli si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto. 2. Restano ferme le disposizioni che prevedono i procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati, nonché le disposizioni concernenti i procedimenti di conciliazione relativi alle controversie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile. I procedimenti di cui al periodo precedente sono esperiti in luogo di quelli previsti dal presente decreto. Art. 24 Disposizioni transitorie e finali 1. Le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 1, acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e si applicano ai processi successivamente iniziati. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addì 4 marzo 2010

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