L'impresa comune

Page 1

L’IMPRESA COMUNE LA COOPERAZIONE BOLOGNESE NEI DATI DEL PRIMO RAPPORTO ECONOMICO-SOCIALE UNITARIO DELLA CITTÀ METROPOLITANA



Si ringraziano per la grande disponibilitĂ e fondamentale collaborazione Guido Caselli (Ufficio-Studi Unioncamere Emilia-Romagna) e Pier Paolo Prandi (Area Studi Alleanza delle Cooperative Italiane).

Š ALLEANZA COOPERATIVE ITALIANE BOLOGNA E IMOLA 2014 www.alleanzacooperativebologna.it ricerca e testi: Walter Williams elaborazione tabelle e grafici: Nicola Busi, CIDES coordinamento: AGCI Bologna, Confcooperative Bologna, Legacoop Bologna, Legacoop Imola progetto grafico: Kitchen | www.kitchencoop.it stampa: Rabbi Bologna

Con il contributo di:



indice

INTRODUZIONE

08

PRIMA PARTE Sintesi del rapporto

11

SECONDA PARTE L'IMPRESA COMUNE

37

IMPIANTO DEL RAPPORTO

39

La cooperazione industriale imolese

93

Motivazioni e obiettivi Le fonti e le chiavi di lettura offerte

39 40

La cooperazione bolognese in prima linea per F.I.CO.

95

CAP. I - IL CONTESTO

44

Il quadro di riferimento territoriale La mappatura delle imprese Le cooperative Longevità del tessuto imprenditoriale Il mercato del lavoro Imprenditorialità giovanile, femminile e straniera

45 47 49 53 54

CAP. III IL PESO NELL’ECONOMIA PROVINCIALE

97

Welfare e cooperazione sociale

64

Le esperienza di alta formazione cooperativa CAP. II - LA CARTA D’IDENTITà DEL MOVIMENTO COOPERATIVO DELL'AREA METROPOLITANA BOLOGNESE Identità e mission L’Alleanza delle Cooperative I soci Gli occupati I risultati economici Redistribuzione della ricchezza: ristorno e 3% Terzo quadrimestre 2013: principali dinamiche congiunturali dell’economia cooperativa Previsioni congiunturali per il 2014

58

67

69 71 74 76 78 79 81

82 87

Le caratteristiche dei campioni Gli occupati Il valore della produzione Gli utili Il patrimonio Gli investimenti Il costo del lavoro

99 103 106 109 112 116 119

La cooperazione bolognese al servizio della legalità

123

La cooperazione del trasporto persone

124

CAP. IV – LA “RAPPRESENTATIVITà” DELL’ALLEANZA DELLE COOPERATIVE

125

Occupazione e costo del lavoro Il valore della produzione e gli utili Il patrimonio e gli investimenti Le imposte

128 131 134 138

I progetti a scuola, per la cooperazione che verrà

142

Il sipario nella cooperazione bolognese

143

CONSIDERAZIONI FINALI

145



"Alcuni movimenti hanno un elevato scopo sociale, altri invece un fine economico; solamente le cooperative li hanno entrambi�

Alfred Marshall, economista (XIX° secolo)


8

l’impresa comune

INTRODUZIONE

La profonda crisi degli ultimi anni ha messo in luce tutti i limiti del modello economico tradizionale, ha rivelato come l’orientamento prevalente verso la sola creazione di ricchezza, abbia lasciato oggi profondi effetti negativi soprattutto sul piano sociale. Queste considerazioni spingono necessariamente verso la ricerca di un nuovo paradigma che riesca a coniugare la crescita economica con la tutela dei diritti, delle garanzie, dei beni comuni, della qualità della vita, dell’ambiente, delle relazioni sociali e della redistribuzione più equa della ricchezza. Per riportare l’economia al centro della nostra società è utile riportare l’economia al servizio dell’uomo e non viceversa, recuperare così il pensiero della scuola italiana del ‘700, che vedeva il mercato come parte della vita civile, perché lo scopo dell’economia era di contribuire al benessere collettivo. L’Italia, la sua storia economica, i valori fondanti la sua società, il suo patrimonio di imprenditorialità diffusa, sono già espressione di una visione dell’economia che vede modernizzazione e benessere realizzarsi in ogni azione economica che persone e imprese compiono ogni giorno, nella coesione sociale. Per salvaguardare questo modo di “fare economia” sarà determinante riportare al centro l’uomo, promuovendo l’iniziativa e il protagonismo dei cittadini e garantendo loro quella libertà di azione che la nostra Costituzione ricorda. Opportunità e spazi in proposito potranno derivare in particolare dalla

ridefinizione di un nuovo e innovativo modo di “fare impresa”, che metta il “valore sociale” al centro della strategia di business, perché oggi “etica” equivale anche a competitività e qualità. Queste considerazioni non provengono da qualche relazione congressuale o documento interno delle associazioni della cooperazione, ma dall’introduzione al rapporto “Cooperazione, non profit e imprenditoria sociale: economia e lavoro” presentato da Unioncamere nel gennaio di quest’anno, che ha voluto portare all’attenzione della comunità nazionale l’importanza di quello spirito mutualistico e solidaristico di fare impresa, che guida le cooperative, riconoscendo loro i risultati molto importanti ottenuti sul fronte occupazionale e nel sostegno alle famiglie e all’economia. Parlando di dati e informazioni, c’è una notizia che contribuisce a legittimare la considerazione che – in termini di elaborazione di un Rapporto sulla cooperazione – non si tratta solo di fotografare delle situazioni o di comunicare con le modalità tradizionali delle performance economiche senza collegare messaggi specifici e provare ad accompagnare i dati con specifiche chiavi di lettura su ciò che le cooperative sono e vogliono fare nella società e nell’economia. Giustamente, a esse non si può chiedere solo di produrre ricchezza e assicurare con continuità opportunità di occupazione. Secondo un sondaggio condotto da SWG nel 2008 aveva fiducia nelle cooperative il 57% degli italiani, contro il 46% di quelli che l’avevano nelle


9

introduzione

imprese di capitali; nel 2011 la quota è salita al 75% contro il 48% delle seconde. Quest’ultimo valore è sceso di un punto nell’anno successivo portando il distacco tra le cooperative e le imprese di capitali, in termini di gradimento, a 28 punti. E il 72% di quanti si sono serviti di una cooperativa, secondo il sondaggio, ha fiducia nelle imprese cooperative perché non hanno come primo obiettivo il profitto, ma altri valori sociali e qualitativi, così come il 60% della popolazione esprime il proprio consenso verso chi dirige le realtà cooperative, rispetto poco più del 40% per quanto riguarda invece chi guida le imprese di capitale. Come hanno riportato le agenzie di stampa, la specifica struttura giuridica, il tentativo di non vivere solo per il profitto e la sua destinazione al lavoro e al reinvestimento fanno sì che gli italiani nutrano nei confronti delle cooperative un crescente apprezzamento perché svolgono un ruolo, ritenuto strategico, di 'calmiere' nel mercato e di anticorpo rispetto alle speculazioni1. Sempre secondo l'indagine SWG, la quota di quanti si sentono ben informati sulle imprese cooperative è aumentata di sei punti percentuali in tre anni, dal 45% del 2008 al 51% del 2011. Non solo, è aumentata anche la percentuale di italiani che conoscono le differenze tra imprese cooperative e imprese di capitale, passata dal 67% al 73% nello stesso periodo. Rimane stabile la percentuale di coloro che percepiscono il fatto di avvantaggiare i propri soci come una delle

funzioni principali delle strutture cooperative (26%), mentre scende di 5 punti la quota di intervistati che pongono al vertice dei compiti delle imprese cooperative, quello di dare lavoro e di promuovere iniziative sociali. Aumenta, infine, la sensazione che le imprese cooperative non conducano ad alterazioni dentro al mercato, ma che, al contrario, creino nuove opportunità (76%). Come argomentare e sostenere questa fiducia? Quantomeno, in termini di comunicazione, ai dati tradizionali ne vanno aggiunti altri e “nuovi”…

1 "In un Paese che continua a essere piegato dalle difficoltà causate dalla recessione – si legge nell'indagine – le imprese cooperative guadagnano favore rispetto alle forme aziendali più 'tradizionali'. Rappresentano una risposta concreta al bisogno di nuove espressioni e opportunità di mercato. Non vengono più viste soltanto come realtà attente alla solidarietà, ma come dei veri e propri 'incubatori di business', come una possibile via d'uscita alla staticità dell’attuale andamento economico-finanziario".



Prima parte sintesi del rapporto


12

l’impresa comune | prima parte

48% Fiducia nelle imprese dI CAPITALI

75% Fiducia nelle imprese cooperative

Secondo un sondaggio condotto a livello nazionale da SWG la fiducia nelle cooperative supera di quasi 30 punti quella nelle imprese di altra natura.

75%

Fiducia nelle imprese cooperative


13

sintesi del rapporto

La cooperazione nell'area metropolitana bolognese Secondo un sondaggio condotto da SWG nel 2008 aveva fiducia nelle cooperative il 57% degli italiani, contro il 46% di quelli che l’avevano nelle imprese di capitali; nel 2011 la quota è salita al 75% contro il 48% delle seconde. Quest’ultimo valore è sceso di un punto nell’anno successivo portando il distacco tra le cooperative e le imprese di capitali, in termini di gradimento, a 28 punti.

E il 72% di quanti si sono serviti di una cooperativa, secondo il sondaggio, ha fiducia nelle imprese cooperative perché non hanno come primo obiettivo il profitto, ma altri valori sociali e qualitativi. così come il 60% della popolazione esprime il proprio consenso verso chi dirige le realtà cooperative, rispetto poco più del 40% per quanto riguarda invece chi guida le imprese di capitale.

Sempre secondo l’indagine Swg, la quota di quanti si sentono ben informati sulle imprese cooperative è aumentata di sei punti percentuali in tre anni, dal 45% del 2008 al 51% del 2011. Non solo, è aumentata anche la percentuale di italiani che conoscono le differenze tra imprese cooperative e imprese di capitale, passata dal 67% al 73% nello stesso periodo.

Come hanno riportato le agenzie di stampa, la specifica struttura giuridica, il tentativo di non vivere solo per i profitto e la sua destinazione al lavoro e al reinvestimento fanno sì che gli italiani nutrano nei confronti delle cooperative un crescente apprezzamento perché svolgono un ruolo, ritenuto strategico, di ‘calmiere’ nel mercato e di anticorpo rispetto alle speculazioni all’interno del nel mercato.

Aumenta, infine, la sensazione che le imprese cooperative non conducano ad alterazioni dentro al mercato, ma che, al contrario, creino nuove opportunità (76%).

La cooperazione nel nostro territorio resta un fenomeno centrale, sempre in evoluzione e al centro del cambiamento, da cui ci si può ancora aspettare un contributo importante e caratterizzante alla crescita e al benessere economico?


14

l’impresa comune | prima parte

IL PESO SPECIFICO NELL’ALLEANZA DELLE COOPERATIVE ITALIANE L’Alleanza delle Cooperative Italiane rappresenta la principale struttura associativa di riferimento.

Al suo interno, in ambito nazionale, la cooperazione bolognese rappresenta l’1,4% delle imprese associate, oltre il 5% dei soci, il 6% degli occupati, il 14% del valore della produzione e il 17% del patrimonio netto delle imprese consolidate. Il suo peso è ulteriormente confermato dalla comparazione con i dati dell’Emilia Romagna, la regione leader nel mondo cooperativo con oltre il 40% dei principali valori economici e il 14% degli addetti di tutta la cooperazione.

5% di soci 6% di occupati

14% del fatturato 17% del patrimonio

In proposito, nell'area metropolitana di Bologna è presente circa il 19% delle cooperative della regione, con il 46% dei rapporti associativi e il 28% degli occupati, che realizzano il 37% dei ricavi e oltre il 40% del patrimonio netto e degli investimenti.


15

sintesi del rapporto

LA “RAPPRESENTATIVITÀ” NELLA COOPERAZIONE BOLOGNESE All’interno della cooperazione bolognese la realtà associata nell’Alleanza rappresenta il 60% delle cooperative più consolidate, quelle con almeno 5 anni di attività alle spalle, ma ben oltre il 90% dei principali valori economici (fatturato, investimenti e patrimonio netto), comprendendo anche il costo del lavoro e le imposte pagate, e con performance in genere migliori nell’arco degli anni della crisi (20082012) rispetto al resto delle cooperative. Ed ha realizzato tutti gli utili aziendali di un ipotetico unico bilancio della cooperazione provinciale degli ultimi tre anni di quel periodo.

Più articolata è la situazione a livello settoriale, dove, sul piano numerico, i due “poli” sono, da una parte l’agroalimentare, nel quale la rappresentatività sale a oltre il 73% delle cooperative a favore dell’Alleanza e, dall’altra, il commercio in cui scende al 41%. Sono circa i due terzi le cooperative sociali “consolidate” che si riconoscono nel movimento cooperativo organizzato.

ACI Bologna e Imola associa il 60% delle cooperative più consolidate, quelle con almeno 5 anni di attività alle spalle. Questo 60% esprime il 90% dei principali valori economici: fatturato, investimenti, patrimonio netto.

Sul piano economico, solo nei servizi alla persona e alle imprese la cooperazione “non aderente” supera la soglia del 10% come quota detenuta.

60% coop con almeno 5 anni di attività

90% dei principali valori economici


16

l’impresa comune | prima parte

L’ARTICOLAZIONE SETTORIALE: UN PUNTO DI FORZA La cooperazione in provincia di Bologna interessa l’intero spettro delle attività economiche, evidenziando in alcuni settori e comparti una presenza estremamente rilevante tale da condizionarne fortemente l’andamento. A livello aziendale è al primo posto nell’agroalimentare (dal latte e derivati, allo zucchero, ai succhi di frutta, all’ortofrutta fresca e trasformata, alla lavorazione di carni e salumi), nell’industria metalmeccanica, nella distribuzione, nella ristorazione, nelle assicurazioni – molto spesso con ruoli di leadership anche a livello nazionale – e poi anche nei servizi alle imprese e nei servizi sociali.

La cooperazione bolognese eccelle in alcuni settori strategici: come l’agroalimentare, l’industria metalmeccanica, la distribuzione, la ristorazione, i servizi alle imprese e i servizi sociali. Senza dimenticare il ruolo di leadership nazionale nel settore assicurativo.

Su base settoriale, è molto forte la polarizzazione della cooperazione bolognese su tre macro-settori, che rappresentano, peraltro, specifiche, storiche tipologie cooperative (distribuzione, agroalimentare e produzione e lavoro) con quasi il 97% del valore della produzione, rispetto a poco meno del 95% nell’Emilia Romagna e all’87% nel Paese. Seppure molto graduale è però in aumento il ruolo degli altri settori, in particolare della cooperazione sociale, che tra il 2008 e il 2012 è cresciuta in proposito di oltre il 27%.

Sul piano occupazionale, come prevedibile, la maggioranza degli addetti (quasi il 58%) è concentrata nella cooperazione di produzione e lavoro (servizi, industria); di questi quasi il 70% è composto da soci-lavoratori. È la sanità e l’assistenza sociale il settore nel quale la cooperazione rappresenta la quota più alta sia di imprese attive (oltre il 38%) e sia di dipendenti (oltre il 59%) rispetto al totale della provincia di Bologna nel settore privato (profit e non profit).


17

sintesi del rapporto

È PROTAGONISTA TRA LE “TOP AZIENDE” Tra le prime 10 aziende bolognesi industriali e di servizi (esclusi credito e assicurazioni) 7 sono cooperative o società di loro proprietà e 10 tra le prime 20 con oltre il 53% del fatturato realizzato nel 2012. Tra le prime 50 sono 21. La prima azienda privata è al dodicesimo posto. In quasi tutti i principali comparti merceologici (dall’agroalimentare all’industria, al commercio, alla ristorazione, ai trasporti, ai servizi

alle imprese) c’è almeno una cooperativa della provincia di Bologna tra le “top-five” dell’Emilia Romagna. Poco meno di un quarto delle prime cento aziende bolognesi è cooperativa o società controllata e tutte hanno chiuso in utile il bilancio 2012, a fronte di circa il 18% delle altre imprese di quello stesso campione che invece hanno registrato delle perdite.

7 coop le prime tra 10 top

Quelle bolognesi rappresentano, all’interno dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, poco meno del 11% delle grandi cooperative (le imprese con almeno 50 milioni di fatturato nel 2012), ma con il 14% del fatturato, al netto delle società di capitali controllate, e circa il 23% del patrimonio netto. Nel corrispondente campione generale (di grandi imprese private) a livello provinciale le cooperative sono il 17%.

1 coop su 4

nella

top

100


18

l’impresa comune | prima parte

COOPERATIVE E COOPERATORI VALORIZZANO LA COMPETITIVITà DELL’ECONOMIA LOCALE E CARATTERIZZANO LA COMUNITà I rapporti associativi delle cooperative dell’Alleanza sono più di un milione 540mila. È più della popolazione della provincia di Bologna, perché, specie nel consumo (ma in parte anche nell’agroalimentare), la rete dei soci delle cooperative bolognesi si estende oltre la provincia e la regione.

Negli ultimi cinque anni, quelli della crisi, l’incremento (che è stato positivo ogni anno, pur con un certo rallentamento nel 2013) è stato di oltre il 20%. L’effettivo numero di soci persone fisiche e giuridiche associate, residenti in provincia di Bologna, è ben superiore a 600.000, tenendo conto anche della possibilità di adesione a più cooperative.

Ciò ci porta ad affermare che poco meno di tre bolognesi maggiorenni su quattro sono soci di almeno una cooperativa. E almeno 8 su 10 acquistano beni e servizi dalle cooperative.

La cooperazione realizza il 20% del fatturato delle imprese private bolognesi.

3 bolognesi su 4 sono soci di almeno una cooperativa


19

sintesi del rapporto

In appena 3 comuni della Provincia di Bologna non ha sede almeno una cooperativa attiva, ma solo in uno di essi sono mancate esperienze cooperative, quantomeno a partire dal 2000. In circa il 40% delle cooperative il ricambio generazionale dei soci è già avvenuto almeno una volta. Il 50% delle cooperative ha almeno mezzo milione di euro di fatturato ed ha realizzato il 95% del valore della produzione cooperativa.

All’interno del tessuto imprenditoriale provinciale più “strutturato” organizzativamente ed economicamente (società di capitali e, appunto, cooperative con almeno cinque anni di attività) la cooperazione rappresenta poco meno del 20% del fatturato realizzato nel 2012, al netto del peso delle società di capitali aderenti al movimento cooperativo.

Con riferimento alle cooperative che creano lavoro stabile (e cioè con dipendenti), oltre l’80% è a mutualità prevalente, svolge cioè più della metà della propria attività a favore o con l’apporto dei propri soci.

I bolognesi scelgono la cooperazione per avere risposte ai propri bisogni: di lavoro, di consumo, di servizi.

8 bolognesi su 10 acquistano beni e servizi dalle cooperative


20

l’impresa comune | prima parte

Anche dal punto di vista occupazionale, sono le cooperative di ACI Bologna e Imola a registrare i migliori risultati.

12%

occupati coop sul totale dei lavoratori

+13% numero di addetti dal 2009 al 2013


21

sintesi del rapporto

CREA IMPRESA E TUTELA LAVORO Le società cooperative attive in provincia di Bologna rappresentano l’1,4% delle imprese, è un dato in linea con quello regionale. Quelle bolognesi sono oltre il 20% del totale delle cooperative emiliano-romagnole. Negli anni 2000 (periodo per il quale sono disponibili i dati) sono nate 1340 cooperative in provincia di Bologna e 1361 sono state chiuse, con un saldo negativo, quindi, di 21 unità, che non tiene conto, però, dei processi di fusione e di incorporazione che ha interessato diversi settori cooperativi. Negli ultimi 10 anni il numero delle cooperative attive è restato sostanzialmente stabile, ma con fasi alterne, e una tendenza al calo negli ultimi due anni, dopo il picco raggiunto nel 2011.

Negli ultimi anni le cooperative hanno potuto vantare un primato che, di questi tempi, è particolarmente degno di nota: sono il tipo di imprese che, a dispetto della lunga crisi economica, sono maggiormente riuscite a preservare e in alcuni casi accrescere l’occupazione. In base ai dati del censimento Istat, nel 2011 l’incidenza di occupati nelle cooperative (al netto, quindi, delle società di capitali aderenti al movimento cooperativo), sul totale nelle imprese, nelle istituzioni non profit e nelle istituzioni pubbliche in provincia, risultava pari al 12%, percentuale più che doppia rispetto a quella del Paese, seconda a livello nazionale come quota sul totale degli occupati e terza dietro Roma e Milano come numeri assoluti. Tale quota è rimasta sostanzialmente la stessa anche due anni dopo.

In generale, negli ultimi quattro anni per cui sono disponibili i dati (giugno 2009-2013) nel suo complesso la cooperazione ha accresciuto, anche se di poco, i livelli occupazionali raggiunti in provincia (+1,4%), peraltro con un’inversione di tendenza nell’ultimo anno (-0,5%), dovuto in particolare alla diminuzione degli addetti “non dipendenti” e comunque alle cooperative “non aderenti”. Nello stesso periodo è cresciuto del 4% il numero delle cooperative con dipendenti, che continuano a rappresentare oltre i due terzi delle cooperative con addetti della provincia. Significativamente migliori i risultati del sistema di imprese (cooperative e società controllate) che fa capo all’Alleanza delle Cooperative: dal 2009 al 2013 si stima sia cresciuto, in termini di addetti, del 13%, peraltro non tutti localizzati nel territorio provinciale.


22

l’impresa comune | prima parte

CONFERMA IL RUOLO ANTICICLICO La cooperazione compete con successo anche negli anni della crisi (dati disponibili per il periodo 2008-2012), nei quali ha saputo manifestare una complessiva superiore tenuta economica e occupazionale, rispetto al resto delle imprese ed ha anche accresciuto il suo ruolo continuando ad assicurare sviluppo e crescita Nel periodo in esame la cooperazione ha tenuto di più, in particolare, quella bolognese si è distinta nei confronti del resto del sistema imprenditoriale bolognese.

Tra il 2008 e il 2012 il fatturato complessivo è cresciuto del 10% (a fronte di un calo del 4% delle imprese di capitali) e si è continuato a investire, visto che il valore complessivo delle risorse a ciò dedicate è aumentato del 15%. La crescita c’è stata in tutti i settori, anche se concentrata in particolare nell’assistenza sociale e servizi alla persona, nel commercio (grande distribuzione) e nell’agroalimentare.

+10% di fatturato tra il 2008 e il 2012

E negli anni in esame, quelli della crisi (20082012), le cooperative che si riconoscono nell’Alleanza hanno realizzato performance in genere migliori rispetto al resto della cooperazione: +13% a fronte di un calo del 6%. Un ipotetico bilancio consolidato di quest’ultima si è chiuso in perdita nel 2012, così come nei due anni precedenti.


23

sintesi del rapporto

Sul piano degli utili realizzati il confronto è positivo anche nei confronti delle società di capitali, che, anche esse, nel periodo in esame, hanno chiuso complessivamente in perdita i bilanci negli ultimi tre anni. A livello settoriale, i risultati migliori nel 2012 all’interno dell’Alleanza si sono registrati nel commercio, nell’agroalimentare e nell’industria. Le cooperative sacrificano gli utili (quasi dimezzati dal 2008 e in particolare, rispetto al 2011, ridotti del 40%) ma garantiscono la tenuta occupazionale e continuano a costituire un bacino prezioso di nuove opportunità di lavoro e di accumulo di risorse destinate agli investimenti e allo sviluppo.

Sulla base di un’ipotetica classifica relativa alla dimensione economica delle imprese bolognesi, tra quelle che hanno realizzato almeno 10 milioni di fatturato (oltre 800), solo il 7% delle aziende che hanno chiuso il bilancio in perdita (sono poco meno di un quarto del totale) è una cooperativa o una società di capitale aderente al movimento cooperativo. E questo gruppo non arriva al 14% all’interno del mondo cooperativo, nella maggior parte dei casi si tratta di aziende costituite negli ultimi anni.

In generale, dalla banca-dati AIDA- Bureau Van Dijk sulle imprese emerge che poco meno del 48% delle cooperative bolognesi ha chiuso il bilancio in utile nel 2012, realizzando, però, il 90% dell’intero fatturato della cooperazione. In proposito, quel 38% di cooperative in perdita rappresenta solo l’8%. Si tratta, per lo più, anche in questo caso, di aziende con pochi anni di attività alle spalle e/o attive nel settore edilizio.

La cooperazione è anticliclica per tradizione perché il suo fine non è il profitto immediato ma essere un valore duraturo e tramandabile alle nuove generazioni.

Le cooperative sacrificano gli utili ma garantiscono la tenuta occupazionale


24

l’impresa comune | prima parte

La cooperazione nel bolognese cresce e contribuisce al consolidamento organizzativo ed economico dell'intero territorio.

2%

+11%

coop sul totale delle imprese bnolognesi

crescita in tutti i settori 2008 - 2012


25

sintesi del rapporto

FA CRESCERE STABILMENTE LA COMUNITà E iL TERRITORIO Come nel resto del Paese, anche la provincia di Bologna ha visto scendere numericamente le imprese “personali”, ovvero le società di persone e le imprese individuali; a sorreggere il suo sistema imprenditoriale – in termini di andamento demografico – sono, ancora una volta, come accade, del resto, da almeno una decina di anni, i risultati positivi delle forme giuridiche più strutturate, come le società di capitale e le cooperative.

Si conferma, così, il processo di maggiore consolidamento organizzativo ed economico del tessuto imprenditoriale provinciale, che si deve anche a queste ultime, che sono aumentate numericamente pur continuando a rappresentare una quota stabile inferiore al 2% delle imprese. Sul piano economico questo processo è certamente favorito anche dalla crescente patrimonializzazione delle imprese cooperative che nel periodo della crisi (dati disponibili: 20082012) è cresciuta dell’11% e in tutti i settori, in particolare nell’agroalimentare e nella grande distribuzione.

La comparazione con i dati di partenza (2008), con riferimento alle imprese di capitali evidenzia la superiore capitalizzazione media delle cooperative (in tutti i settori, a eccezione dei servizi sociali), che smentisce un presunto gap congenito in proposito, anche con riferimento alle attività industriali. È il frutto di un’accumulazione promossa già negli anni di crescita dell’economia e alla quale è stata destinata una quota sempre più importante della ricchezza prodotta e non distribuita a tutto vantaggio delle imprese cooperative stesse, delle future generazioni, della comunità e del territorio in cui sono incardinate indissolubilmente e per il loro sviluppo nel tempo.


26

l’impresa comune | prima parte

CRESCE CON IL LAVORO Nelle cooperative la crescita della dimensione economica nel tempo è tendenzialmente parallela e proporzionale a quella dell’occupazione. Quella di crescere è stata un’opportunità, ma anche una scelta della cooperazione bolognese a livello aziendale, che la caratterizza all’interno sia dell’economia provinciale e sia dello stesso movimento cooperativo un po’ in tutti i settori. La media di addetti per azienda è tra le più alte a livello nazionale, oltre 47 unità, e rilevante è il divario rispetto a quella italiana (che è circa di 28) in ambito cooperativo e ancor di più se riferita al totale delle imprese bolognesi. Ed è legata al superiore tasso di longevità delle coope-

rative sia nei confronti del resto del tessuto imprenditoriale locale e sia all’interno del mondo cooperativo. I dati Unioncamere confermano che le cooperative hanno puntato sistematicamente sulla crescita dimensionale. Oltre il 60% degli addetti-dipendenti è concentrato nelle cooperative che hanno almeno venti anni di attività, che, a loro volta, hanno realizzato più del 90% del fatturato complessivo e rappresentano oltre un terzo (è la maggioranza relativa) delle cooperative con dipendenti. E si arriva a superare il 77% del totale degli occupati se la soglia è quella di almeno dieci anni di anzianità operativa.

La cooperazione bolognese continua a investire sul lavoro, con una scelta antitetica rispetto alle imprese di capitali e una visione di medio-lungo periodo. La spesa per il lavoro cresce, perché tagliare sul lavoro paga solo nell'immediato.

Nel periodo 2008-2012 nelle cooperative il costo del lavoro, che è mediamente più alto (quantomeno per quelle associate all’Alleanza) rispetto agli altri tipi di imprese, è cresciuto (+ 12%) di quasi il doppio rispetto a quello delle società di capitali.

+12%

spesa per il lavoro in coop 2008-2012

47

addetti in media per coop


27

sintesi del rapporto

SI CARATTERIZZA PER LONGEVITÀ E VITALITÀ DEL TESSUTO IMPRENDITORIALE La cooperazione ha partecipato alla crescita del tessuto imprenditoriale, oltre il 43% delle cooperative è nato negli anni 2000; accanto a ciò va ricordato anche, però, che poco meno del 28% del totale è stato costituito prima del 1980, ha, quindi, almeno venticinque anni di attività alle spalle; è, conseguentemente, già almeno alla seconda generazione di soci ed ha realizzato l’88% del fatturato della cooperazione, per la gran parte grazie ad aziende con almeno 500.000 euro di ricavi, che rappresentano il 35% di questo sotto-campione.

C’è un rapporto diretto, nelle cooperative (e in particolare in quelle aderenti all’Alleanza) tra anzianità operativa, crescita economica e dimensionale, consolidamento patrimoniale e politica degli investimenti.

28%

coop nate prima del 1980

43%

coop nate negli anni 2000


28

l’impresa comune | prima parte

FONTE DI FIDUCIA E SPERANZA PER IL TERRITORIO E LA COMUNITÀ I dati finora ricordati, così come il livello di longevità delle cooperative e le caratteristiche del loro assetto proprietario, confermano che questo tipo di tessuto imprenditoriale resta fortemente consolidato e radicato nella realtà bolognese. In base all’elaborazione Excelsior-Unioncamere sulle previsioni occupazionali nell’industria e nei servizi per la provincia di Bologna nel 2013 il 31,6% delle cooperative aveva previsto di effettuare nuove assunzioni, una percentuale maggiore di quella nazionale e di gran lunga superiore a quella del totale delle imprese a livello provinciale, ferma attorno al 15%.

Bologna è al terzo posto dietro a Milano e Roma come valore assoluto e al quarto posto in termini percentuali sul totale delle nuove assunzioni previste, dietro ad altre tre provincie emiliane (Modena, Reggio e Piacenza). Inoltre, le cooperative bolognesi avrebbero assorbito oltre il 21% delle assunzioni previste in tutta la provincia a livello di lavoratori dipendenti (stagionali e non stagionali, esclusi gli interinali) – quasi il doppio della media nazionale – e meno del 20% per quanto riguardava invece i lavoratori in uscita dal mondo del lavoro.

14% delle cooperative programma nuove assunzioni

Secondo l’ultima indagine congiunturale predisposta del centro-studi nazionale dell’Alleanza delle Cooperative italiane sui prossimi 4-5 mesi del 2014 si attenuano le aspettative di deterioramento delle condizioni nel mercato del lavoro e il 14% delle cooperative prevede nuove assunzioni, a fronte del 72% che comunque ipotizza il mantenimento degli attuali livelli occupazionali.


29

sintesi del rapporto

Nelle grandi imprese sono maggiori le attese di crescita occupazionale, mentre le tensioni su questo fronte sono ancora presenti tra le PMI. Più in generale cresce l’ottimismo, rispetto al pessimismo, sulle prospettive aziendali di crescita e di nuovi investimenti, anche se resta ancora decisamente minoritario rispetto alla diffusa prudenza sul futuro prossimo.

Quanto sopra testimonia come, in almeno una parte significativa della cooperazione bolognese, ci sia stata e resti un’ottica di medio/lungo periodo, che sembra rimanere una peculiarità dell’approccio delle imprese cooperative rispetto ai mercati in cui operano, come confermano anche i trend positivi già ricordati in termini di patrimonializzazione e investimenti, i cui livelli raggiunti sono tra i più alti in Italia all’interno del mondo cooperativo e rappresentano anche una garanzia per il presente e per il futuro della comunità e dell’economia bolognesi.

L’ultima indagine congiunturale del centro-studi nazionale dell’Alleanza delle Cooperative italiane sui prossimi 4-5 mesi del 2014 mostra previsioni di miglioramento delle condizioni nel mercato del lavoro, specie nell'area metropolitana bolognese.

72% delle cooperative ipotizza il mantenimento degli occupati


l’impresa comune | prima parte

30

La cooperazione crea e diffonde imprenditorialitĂ soprattutto dove altre realtĂ segnano ritardi.

20%

coop a maggioranza femminile

7%

coop giovanili


31

sintesi del rapporto

DIFFONDE DEMOCRAZIA ECONOMICA E CRESCE NELL’INCLUSIONE SOCIALE La cooperazione crea e diffonde imprenditorialità: circa 50.000 soci-cooperatori sono imprenditori di se stessi o titolari di aziende che affidano al modello cooperativo la tutela e la valorizzazione della propria attività. E la cooperazione contribuisce al protagonismo di tutte le categorie sociali: dai lavoratori, ai produttori agricoli, ai commercianti etc.

Il 20% delle cooperative bolognesi è a maggioranza femminile, quota che corrisponde al 21% di quelle in Emilia-Romagna, la più alta della regione. Le cooperative giovanili, il cui valore è in crescita nell'ultimo anno, sono oltre il 9% delle cooperative bolognesi (il 20% di quelle regionali). Le cooperative di stranieri, che rappresentano il 12% del totale (e il 23% in Emilia Romagna), dopo il calo del 2012 crescono nel 2013.

Quasi i due terzi degli occupati (in particolare grazie al terziario) sono donne e si stima che la quota dei lavoratori extracomunitari sia attorno all’8-10% e in crescita.

Il coinvolgimento di donne, giovani, cittadini stranieri nelle cooperative bolognesi è segno di una forma di impresa in cui le capacità e l'impegno possono intaccare posizioni di privilegio e portare riscatto sociale.


32

l’impresa comune | prima parte

CRESCE NELLA MODERNITÀ E NELL’INNOVAZIONE Le cooperative rappresentano, nel 2012, quasi il 13% degli investimenti fatti dalle imprese private, con una crescita del 15% rispetto al 2008 (positiva per tutti gli anni), minore di quella registrata dalle società di capitali (che è stata superiore al 19%), in entrambi i casi con un rallentamento nell’ultimo anno. Mediamente, però, finora le cooperative hanno investito il triplo di quanto fatto dalle società di capitali: 3,4 milioni di euro rispetto a uno, evidenziando così, chiaramente, qual è stato uno degli scopi primari delle politiche perseguite, in particolare negli anni precedenti alla crisi, di valorizzazione degli utili aziendali e di promozione della capitalizzazione. I dati disaggregati confermano la maggior attitudine rivelata dalle cooperative agli investimenti, con dati medi aziendali significativamente più alti rispetto alle società di capitali in tutti i settori, a eccezione dei servizi alla persona e dell’assistenza sociale.

Tra le cooperative al primo posto si trova il commercio (in particolare la grande distribuzione) con il 24% del totale cooperativo (e il 37,5% degli investimenti del settore), seguito a breve distanza dai servizi alle imprese (poco meno del 23%) e quindi dall’agroalimentare (20,5%), che conferma il protagonismo del modello cooperativo al quale si deve il 44% degli investimenti nel settore, con una media aziendale superiore ai 9 milioni di euro. E mette a segno anche l’incremento maggiore nel quadriennio in esame, +37%, davanti alla cooperazione sociale, che è cresciuta di un terzo e che, pur partendo da valori tra i più bassi, rappresenta il settore con la massima incidenza delle cooperative sul valore complessivo degli investimenti, il 47%, poco meno della metà.

La media aziendale più alta in assoluto, con 11,6 milioni di euro per cooperativa, si registra nell’industria, seguita dal commercio con 11 milioni e dove si registra il maggior scarto nei confronti delle imprese di capitali, a quota 0,55.


33

sintesi del rapporto

CONTRIBUISCE ALLO SVILUPPO DEL MOVIMENTO COOPERATIVO Uniche tra le varie forme di imprese, le cooperative devono destinare per legge il 3% degli utili netti aziendali a fondi nazionali promossi dal movimento cooperativo e dal competente Ministero per la promozione cooperativa e occupazionale nel Paese, con particolare riferimento al Mezzogiorno.

Negli ultimi cinque anni le cooperative aderenti all’Alleanza (al netto delle banche di credito cooperativo) hanno versato ai fondi mutualistici promossi dalle Centrali 15 milioni di euro; il trend è stato inevitabilmente negativo negli ultimi anni, per la compressione degli utili a favore di altri obiettivi aziendali, ma in ogni caso la cifra è restata, anno dopo anno, di assoluto rispetto.

Il contributo complessivo maggiore è venuto dalla grande distribuzione (29% del totale, unico dato tendenzialmente costante negli anni), seguita dall’industria (23%), dalle costruzioni (18%) e dall’agroalimentare e servizi alle imprese con la medesima quota (12%).

Il contributo delle cooperative alla promozione del modello e dei valori condivisi è un altro segnale dell'attenzione al futuro della comunità e del movimento cooperativo stesso.


34

l’impresa comune | prima parte

È PROTAGONISTA NEL NON PROFIT Dai risultati del primo censimento nazionale sul non profit emerge che in provincia di Bologna (dati 2011) le cooperative sociali rappresentano poco meno del 5% degli organismi, ma con il 62% del totale dei dipendenti e una presenza molto più significativa nella sanità (quasi il 23%), nell’assistenza sociali (27%) e soprattutto nell’inserimento lavorativo (circa l’86%). In questi due ultimi settori di attività ancora più rilevante rispetto alla media generale è l’incidenza occupazionale: rispettivamente l’86% e il 96% degli addetti nel non profit.

Sono più di 1000 i volontari impegnati nelle cooperative sociali con una presenza significativa nella ricerca (12% del totale), nell’assistenza e nella promozione della coesione sociali (5% in entrambi i settori), che diventa di gran lunga prevalente nell’inserimento lavorativo con il 75% dei volontari impegnati in questo campo. Il 57% degli enti non profit che ha almeno 50 addetti fissi è una cooperativa sociale. Si arriva vicino al 23% se la soglia dimensionale è di almeno 10 dipendenti.

Se si considera l’arco del decennio esaminato dall’Istat, le cooperative sociali hanno aumentato la loro occupazione di almeno il 50% contribuendo in maniera pressoché analoga all’incremento registrato complessivamente nell’ambito del non profit bolognese. Nel periodo 2008-12 per la cooperazione sociale tutti i valori (occupazione, ricavi, patrimonio, investimenti e costo del lavoro) sono risultati tendenzialmente in crescita, pur con trend molto differenziati tra loro, a eccezione degli utili aziendali.


35

sintesi del rapporto

È PROTAGONISTA ANCHE NELLA NUOVA DIMENSIONE ISTITUZIONALE DELLE AREE METROPOLITANE All’interno delle cosiddette città e aree metropolitane, che rappresentano il nuovo riferimento nell’assetto territoriale e amministrativo del Paese, Bologna si caratterizza per il ruolo di prima protagonista e per performance migliori in ambito cooperativo.

Con il 4% delle cooperative rappresenta (anno 2012) ben oltre il 40% dei principali valori economici (fatturato, patrimonio netto e investimenti); questi, tra il 2008 e il 2012, sono cresciuti a un tasso di circa il doppio rispetto a quello delle aree metropolitane italiane nel loro complesso.

La cooperazione sociale coniuga impresa e attenzione alle persone: un valore per l'intera società che talvolta viene poco riconosciuto.



seconda parte L'impresa comune



capitolo primo | impianto del rapporto

39

IMPIANTO DEL RAPPORTO

Motivazioni e obiettivi Occorre investire molto sulla diffusione di una corretta conoscenza da parte dell’opinione pubblica della cooperazione: investire sulla comunicazione esterna per valorizzare le specificità cooperative e su quella interna per migliorare i sistemi di integrazione delle risorse e l’interscambio tra le persone. Per la cooperazione il rendiconto del proprio ruolo sociale fa parte dei propri “cromosomi” ed è la coerente conseguenza della propria autonoma scelta di essere “differente”, quindi anche della legittima rivendicazione di uno specifico “accreditamento” da parte delle Istituzioni e della comunità. Nella responsabilità sociale non v’è solo contenuto morale, o vantaggio unicamente percepibile dalle coscienze, ma si tratta, invece, di un vero e proprio complesso di fattori competitivi, da impiegare con accortezza, alla pari di ogni altro elemento destinato a comporre il marketing mix dell’impresa. Appare, allora, necessario disporre di strumenti che possano misurare la coerenza tra i motivi di esistenza di una organizzazione cooperativa e il modo in cui essa si esplica materialmente sul mercato e nei confronti dei diversi referenti con cui entra in contatto. In altri termini si potrebbe parlare di strumenti di controllo della relazione «missione/gestione». Il ruolo della comunicazione economica e, nella fattispecie del movimento cooperativo, della comunicazione

socio-economica, è essenziale anche e soprattutto ai fini della ricerca del consenso. Senza questo diviene difficilmente realizzabile qualsiasi disegno strategico orientato al lungo periodo, e il consenso si costruisce anche sulla reputazione. Questa, in realtà, è la questione centrale del futuro prossimo per tutte le imprese, che, per quanto ci interessa, non coinvolge solo le cooperative, ma il movimento cooperativo nel suo complesso, perché rappresenterà nel prossimo futuro la “carta d’identità” distintiva su cui misurare il grado di interesse e di condivisione delle Istituzioni e della comunità per un ruolo di protagonismo del modello cooperativo nella società e nell’economia e per aumentare il proprio grado di coesione e integrazione interne. Nello specifico, quasi settant’anni dal dopoguerra di presenza effettiva del movimento cooperativo organizzato nella realtà bolognese e imolese hanno disegnato un intreccio profondo tra l’esperienza della cooperazione e le complesse vicende storiche, sociali ed economiche della comunità e dell’associazionismo locali. La cooperazione rappresenta lo strumento principe per coniugare dimensione economica e dimensione sociale nella risposta ai problemi della gente e nelle scelte di sviluppo del territorio. Nella nuova fase di riforma istituzionale e di crescente internazionalizzazione


40

l’impresa comune | seconda parte

dell’economia – e di fronte alla crisi – si va formando, in relazione a molti temi, la diffusa convinzione che sia necessario rivedere i rapporti e rinegoziare i ruoli tra i soggetti in campo, ascrivendo maggiori compiti e funzioni alle imprese, ai cittadini, alle associazioni etc, secondo il principio della sussidiarietà sia “verticale” sia “orizzontale”, e cioè orientata alla costruzione della solidarietà e del bene comune in direzione non solo di un ampliamento del ruolo delle autonomie locali, ma anche della valorizzazione della sfera d’iniziativa delle persone e delle formazioni sociali in cui l’individuo si forma e si sviluppa. La cooperazione crede che la Città metropolitana e il suo territorio in questo scenario possano rappresentare un modello non solo di sviluppo, ma anche di forte vicinanza e integrazione sempre più strette tra Istituzioni, economia

e società. In proposito, per l’Alleanza delle Cooperative della provincia di Bologna, uno dei primi atti propositivi viene affidato alla redazione di un Rapporto della Cooperazione, con il quale intende presentare le proprie credenziali, mettersi a disposizione per la verifica di quanto realizzato con e per la comunità territoriale e iniziare con le categorie di interessi che coinvolge, i propri “stakeholder” (i soci – prima di tutti – e poi la società, gli enti pubblici, i clienti, i fornitori, i cittadini, i giovani etc.), un nuovo dialogo, rilanciando un rapporto propositivo, collaborativo, di confronto e “negoziale”. L’obiettivo di lungo respiro può essere quello di arrivare a poter dimostrare in tempo reale «dati alla mano» tutte quelle utilità generali di cui la presenza cooperativa, tipologia per tipologia, è portatrice.

Le fonti e le chiavi di lettura offerte Negli ultimi anni si è cercato di colmare il grande “gap” di dati e informazioni sui risultati delle cooperative, sia all’interno del mondo cooperativo e sia, soprattutto, all’esterno a livello istituzionale, in particolare grazie all’impegno di Unioncamere e Istat, per poter dare maggiori e “oggettivizzati” riscontri in proposito e stimolare l’adeguata diffusione di una moderna cultura dell’informazione. Ferma restando l’esigenza di proseguire su questa strada, si pone oggi, forse con maggiore urgenza, la questione di come e per quali politiche di accreditamento e di sviluppo e per quali obiettivi di immagine/comunicazione rielaborare e divulgare dati e informazioni sul fenomeno cooperativo. Per la redazione di questo Rapporto si è quindi pensato di privilegiare l’utilizzo delle banche dati rese disponibili dal

sistema Unioncamere, accanto alla rilevazione di dati interni da parte delle associazioni componenti l’Alleanza delle Cooperative della provincia di Bologna e alle informazioni e indagini congiunturali elaborate dal suo centro-studi nazionale. In concreto per l’analisi dei dati economici e la comparazione con i risultati delle altre forme di imprese si è ricorsi alla banca dati Aida Bureau Van Dijk, che raccoglie tutti i bilanci delle imprese. Sono state sostanzialmente escluse dall’analisi le imprese che fanno riferimento all’Alleanza delle Cooperative Italiane che operano nei settori del credito e delle assicurazioni, nonché le mutue. Per l’occupazione, la fonte scelta è il sistema SMAIL-Unioncamere che riporta i dati delle imprese con almeno un addetto (dipendente o indipendente,


capitolo primo | impianto del rapporto

con esclusione dei contratti atipici) attingendo anche all’INPS con riferimento al territorio regionale. Questa stessa fonte è stata spesso usata anche per quanto riguarda i riferimenti numerici per le cooperative realmente operative. È stato così possibile sia definire il contributo complessivo della cooperazione all’economia provinciale e sia analizzare e comparare alcune dinamiche e performance delle cooperative con quelle delle altre imprese. Si sono riscontrate indubbiamente delle discrepanze tra le diverse fonti utilizzate, conseguenti alle differenti modalità di raccolta e di tempistica, nonché di classificazione delle attività delle imprese, ma non tali da inficiare le analisi svolte e comunque, quando rilevanti, ne è stata data la spiegazione nel corso del Rapporto. I risultati ottenuti e riportati nel Rapporto presentano anche un interesse più generale ad avere riscontri più evidenti e documentati di quanto il mondo delle cooperative che si riconoscono nell’Alleanza sia effettivamente “rappresentativo” (e in che termini) del complessivo fenomeno cooperativo che, peraltro, specie sul piano qualitativo, offre strumenti di indagine e approfondimento solo occasionali o comunque non facilmente accessibili. Un aspetto non secondario di questo Rapporto e della sua impostazione è la sintesi iniziale, prevista al fine di consentire una più facile individuazione dei dati, delle informazioni e delle analisi oggetto di potenziale interesse da parte del lettore, nonché del tipo e del livello di supporto funzionale – a seconda degli obiettivi da perseguire – all’azione di comunicazione che deve accompagnare l’Alleanza delle Cooperative nella sua attività negoziale e nei rapporti con i propri “stakeholder”. Un’ulteriore traccia delle chiavi di

41

lettura proposte è offerta dallo stesso indice che ha privilegiato una trattazione trasversale, orizzontale, per fattori, a quella tradizionale verticale, per settori di attività e tipologie cooperative, e un richiamo forte al territorio e alla comunità locale. La selezione dei dati e la loro rielaborazione è avvenuta sulla base della loro disponibilità, ma anche e soprattutto in rapporto alle chiavi di lettura selezionate come più funzionali agli obiettivi di prima identificazione della responsabilità sociale generale del movimento cooperativo e alla sua possibile, iniziale rendicontazione. Idealmente e materialmente il presente documento, dopo la parte introduttiva e quella dedicata al contesto territoriale di riferimento, è diviso in tre parti: • la “carta d’identità” dell’associazione, con la sua mission, la struttura organizzativa e i dati di base che consentono di fotografare la realtà che rappresenta; • la definizione del posizionamento della cooperazione nell’economia provinciale, partendo dai principali dati sociali ed economici analizzati nel corso dei cd “anni della crisi” (2008-2012) e dalla comparazione con i risultati del resto del sistema delle imprese provinciale (escluse le società di persone e le partite iva); • il confronto, tutto interno al mondo cooperativo, tra la componente associata nell’Alleanza delle Cooperative Italiane, definita anche “movimento cooperativo organizzato”, e il resto del fenomeno, definito qui come cooperazione “non aderente”; • una prima selezione di alcuni progetti di qualità e di esperienze particolarmente significative realizzate all’interno del movimento cooperativo e presentate via via all’interno dei vari capitoli che compongono il Rapporto.



CAPITOLO PRIMO IL CONTESTO



capitolo primo | il contesto

CAPITOLO PRIMO IL CONTESTO

Il quadro di riferimento territoriale L’ambiente provinciale nel quale le cooperative vivono e operano è senza dubbio tra i più qualificati a livello nazionale e all’interno dello stesso Nord ed, in particolare, della regione Emilia-Romagna, nella quale Bologna ha una posizione di vertice sul piano economico e ancor più su quello sociale. Questa provincia resta saldamente nella parte alta delle varie classifiche stilate sulla qualità della vita e sulla disponibilità di infrastrutture, sia economiche, sia sociali, che confermano la maggiore competitività di questo territorio rispetto a quasi tutte le aree del Paese, come emerge dall’Atlante delle competitività delle provincie e delle regioni, annualmente aggiornato dall’Istituto Tagliacarne per conto di Unioncamere1. Tutti gli indicatori adottati sembrano confermare, nonostante la crisi, il mantenimento di un tenore di vita migliore nella provincia di Bologna, rispetto al livello nazionale e anche a quello regionale. Tiene – sostanzialmente – la qualità della vita e del territorio. Bologna, sulla base dei dati e delle classifiche attinte dall’Atlante, si conferma ai vertici nazionali (davanti a tutte le grandi città e al primo posto in Emilia-Romagna) nell’abbinamento tra qualità della vita e dotazioni infrastrutturali economiche e sociali (abbastanza equilibrate tra di loro e con un valore dell’indice generale migliorato rispetto al 2001)2, nell’ambito di una regione che, in rapporto a questi ultimi valori, a sua volta ha recuperato una posizione nella classifica nazionale nel periodo 200112, ponendosi alle spalle solo di Liguria, Lazio, Toscana (autrice della crescita più significativa ) e Veneto.

45


46

l’impresa comune | seconda parte

In particolare, con riferimento alle classifiche annuali del Sole 24ore, per le quali è disponibile una maggiore articolazione di dati e indici rispetto a quelle di Legambiente e ItaliaOggi, Bologna, nell’ultimo anno, è salita dal decimo al terzo posto, alle spalle delle sole Trento e Bolzano3, con performance equilibrate e di primo piano in tutti i macro-indicatori utilizzati, fatta eccezione (dato peraltro noto) per la sicurezza4. È un ottimo risultato corroborato anche dal fatto che ben sette provincie dell’Emilia-Romagna risultano entro i primi 20 posti della graduatoria nazionale. Un altro dato positivo sulla vitalità e maturità del tessuto imprenditoriale bolognese viene dal rapporto sull’innovazione in Emilia-Romagna, realizzato nel 2013 da Unioncamere regionale con un’indagine campionaria5, da cui risulta che quasi la metà delle imprese bolognesi del campione ha introdotto una qualche forma di innovazione; in proposito Bologna è seconda solo a Modena tra le provincie ed è in media col dato regionale. Lo stesso studio riporta anche altri dati interessanti come quello relativo alla dotazione di capitale sociale6. Sulla base dell’indice di capitale sociale l’Emilia-Romagna si piazza al primo posto fra le venti regioni italiane e ancora, a denotare la sua più alta dotazione di civicness, le prime tre posizioni di questa classifica sono occupate a livello nazionale da sue province, con Bologna in testa7. Queste diverse graduatorie confermano l’elevata dotazione di civicness di cui dispone l’Emilia-Romagna, da leggersi come una risorsa, di cui fruisce e gode il territorio e chi vi opera, lavora e vive, perché il capitale sociale è costituito da un orizzonte di valori comuni e dall’insieme di reti sociali, fiduciarie e norme di reciprocità che caratterizzano la vita sociale e che permettono agli individui di interagire in modo più efficace al fine di ottenere obiettivi condivisi verso la creazione di bene comune. Infine, l’elaborazione di Unioncamere Emilia-Romagna-Prometeia su scenari e previsioni per la provincia di Bologna per il prossimo triennio (2014-2016)8 prevede, in termini di produzione di valore aggiunto totale, il ritorno alla crescita dopo il dato negativo relativo al 2013 (peraltro in termini decisamente più contenuti rispetto al dato regionale e a quello nazionale9), anche in questo caso con un tasso superiore a quello dell’Emilia-Romagna e soprattutto del Paese. E lo stesso vale a livello di macro-settori (agricoltura, industria, costruzioni e servizi) e anche con riferimento alle esportazioni10, ma in quest’ultimo caso, seppur di poco, la crescita è prevista superiore a livello nazionale, ma non rispetto a quello regionale. Sempre con riferimento al periodo 2013-2016, risulta pure positiva, per la provincia di Bologna, ogni comparazione in termini di incremento della quota delle esportazioni e delle importazioni rispetto al valore aggiunto prodotto11. E le performance comparate migliori riguardano anche le previsioni relative all’occupazione (ad eccezione dell’agricoltura e dopo il calo del 2013)12, ai tassi di occupazione, disoccupazione e attività della popolazione13 e al valore aggiunto per abitante e per occupato14. Vista la “longevità” della sua storia e il livello di diffusione nella provincia di Bologna, si può certo affermare che c’è un rapporto di tradizionale “osmosi” tra la cooperazione e il suo territorio: la prima ha fruito delle dotazioni del secondo, ma ha contribuito da protagonista al suo costante sviluppo e alla sua qualificazione nel tempo, nonché alla valorizzazione della sua competitività, e continua a rappresentare, anche per il suo tradizionale radicamento sul territorio, un baluardo


capitolo primo | il contesto

47

contro la crisi e una fonte di speranza. Lo confermano i dati e gli indicatori che verranno analizzati.

TABELLA 1 COMPOSIZIONE PERCENTUALE DELLE ATTIVITÀ ECONOMICHE, 2012 FONTE: ATLANTE DELLA COMPETITIVITÀ DELLE PROVINCIE E DELLE REGIONI

50 40

40,3 35,9

30 23,6

20 10

14,0 10,3

15,9

13,4

14,9 11,0

11,7

11,9

16,6

15,6

35,0

36,1

25,4 21,7 21,5

14,7

10,3

0 AGRICOLTURA

BOLOGNA

INDUSTRIA

EMILIA-ROMAGNA

NORD-EST

COSTRUZIONI

COMMERCIO

ITALIA

La mappatura delle imprese La crisi continua a non dare tregua alle imprese. I dati di Unioncamere-Registro delle Imprese15 mostrano, comunque, complessivamente, una tenuta – seppur faticosa – del sistema imprenditoriale italiano nel 201316. Nell’ultimo anno, per la provincia di Bologna, il saldo tra nuove imprese e quelle cessate è stato negativo (-0,12%), così come per l’Emilia-Romagna17 e per il Nordest del Paese nel suo complesso18, peraltro in controtendenza con il dato nazionale, che ha registrato, invece, un saldo positivo anche nel 2013, peraltro limitato allo 0,2%19, il valore più modesto dal 2004 a oggi. Bologna è comunque sopra la media regionale e quella del Nord-Est, collocandosi al 48° posto tra le provincie italiane (era 57° l’anno prima), ma 13° al Nord. Ed è dietro la sola Rimini, l’unica provincia con un dato positivo in Emilia-Romagna, con il saldo numerico negativo più basso e oltre il 21% delle nuove imprese emiliano-romagnole nel 2013, un risultato certamente migliore di quello dell’anno precedente. Il rallentamento della vitalità dell’imprenditoria italiana risente in modo particolare della crisi del mondo artigiano, ma Bologna evidenzia una sua maggiore tenuta con il miglior risultato di tutta la regione20. Secondo la Camera di Commer-

ALTRE ATTIVITÀ DI SERVIZI


48

10,8

imprese ogni 100 abitanti L'Emilia-Romagna è nella fascia più alta in Italia per “densità imprenditoriale”.

l’impresa comune | seconda parte

cio va ricordato, peraltro, che l’analisi della dinamica artigianale, che comunque sembra confermare andamenti molto vivaci sia in entrata e sia in uscita, potrebbe essere ricondotta, almeno in parte, alle profonde trasformazioni strutturali in atto nell’intero sistema produttivo bolognese e a percorsi di concentrazione aziendale che conducono all’uscita dal mondo artigiano verso la creazione di unità maggiormente strutturate e in grado di competere sui mercati esterni. Tornando al discorso generale, a Bologna, come nel resto dell’Emilia-Romagna, il permanere di un buon tasso di nascita di nuove imprese è più che controbilanciato da quello della mortalità, superiore alla media nazionale21. La cosiddetta “voglia di impresa” non pare, dunque, venire meno ma, a giudicare dalle cifre, il perdurare della crisi sta condizionando sempre più la capacità di tenuta di chi già opera sul mercato: Più che nel comune capoluogo, comunque, dove il numero delle imprese è rimasto sostanzialmente stazionario rispetto al 2012, la sua flessione (sopra all’1%) ha riguardato gli altri ambiti territoriali della provincia. Più in generale, comunque, la nostra regione continua a caratterizzarsi per l’ampia diffusione di imprese. Se rapportiamo il numero di quelle attive alla popolazione residente, la cosiddetta “densità imprenditoriale”, essa si posiziona nella fascia più alta in Italia, con 10,8 imprese ogni 100 abitanti. Peraltro, la provincia di Bologna si colloca, con un dato pari a 9,8, all’ultimo posto in Emilia-Romagna, sotto la media regionale22. Bologna e soprattutto Imola (con poco di più di 10 imprese ogni 100 abitanti) sono in coda tra le aree urbane della regione23. Se prendiamo un dato più affidabile, quello relativo alle imprese attive, nel 2013 in Italia si è verificata una contrazione nel numero delle imprese attive (- 1% ) rispetto al 2012 (53.800 imprese in meno), di poco superiore a quello registrato per la provincia di Bologna (-0,8%, e cioè 660 imprese in meno). Dopo il picco numerico registrato nel 2008, con 88.426 imprese, nei cinque anni successivi, quelli sostanzialmente della crisi, il trend (fino a quel momento sempre positivo) si è invertito e il saldo negativo risulta attorno al 2%, che in termini quantitativi significa essere tornati, più o meno, ai livelli del 2003. È interessante rilevare che, nella graduatoria relativa alle grandi città (+ di 200.000 abitanti), l’anno scorso Bologna è risultata in nona posizione24 e in ottava se ci riferiamo al numero di unità locali attive. Per quanto riguarda la densità delle imprese attive rispetto alla popolazione si sale ancora di una posizione, più o meno al livello di Torino e Genova25. Analizzando la forma giuridica delle imprese, il 2013 evidenzia nel Paese una netta dicotomia nelle dinamiche delle principali tipologie rispetto al 2012. Ogni regione ha visto scendere le imprese “personali”, ovvero le società di persone e le imprese individuali, mentre hanno guadagnato terreno le società di capitale e le “altre forme societarie”. E la provincia di Bologna non fa eccezione, a sorreggere il suo sistema imprenditoriale – in termini di andamento demografico – sono, ancora una volta, come accade, del resto, da almeno una decina di anni, i risultati positivi delle forme giuridiche più strutturate, società di capitale (dato però inferiore alla media nazionale) e altre forme d’impresa (dato qui, invece, più alto invece di quello nazionale e pure di quello regionale.), in cui rientrano, in particolare, le cooperative. Si conferma così il processo di maggior consolidamento organizzativo del tessuto


capitolo primo | il contesto

49

imprenditoriale provinciale, che si deve anche alle cooperative, che sono aumentate numericamente pur continuando a rappresentare una quota stabile attorno al l’1,4% delle imprese bolognesi (pochi decimali in più per l’Emilia-Romagna e per l’Italia).

Le cooperative La diffusione, e quindi la rilevanza delle cooperative, varia significativamente da settore a settore. La presenza cooperativa è particolarmente rilevante in Emilia-Romagna e, accanto al settore agro-alimentare e a quello della grande distribuzione, si caratterizza in particolare – e ancor di più nella provincia di Bologna – per il forte sviluppo nei settori della produzione e lavoro (industria, e costruzioni) e dei servizi alle imprese SMAIL-Sistema di Monitoraggio Annuale delle Imprese e del Lavoro in Emilia-Romagna, messo a punto da Unioncamere, indica, per il 2013, un numero di società cooperative attive in provincia di Bologna pari a 1138, che rappresentano l’1,4% del tessuto imprenditoriale provinciale, il dato numerico di gran lunga più alto in regione (oltre il 20% del totale delle cooperative emiliano-romagnole), che la colloca al 19° posto in Italia. In termini di percentuale sul totale delle imprese la cooperazione è in linea con il dato regionale e anche con quello del Nord26, che è più basso di quello nazionale, e si trova al quinto posto (ma è questione di un paio di decimali…) tra le provincie dell’Emilia-Romagna. La maggioranza relativa delle cooperative (il 42%) appartiene ai servizi alle imprese e si arriva a quasi due terzi del totale se si considera l’intera tipologia della cooperazione di lavoro. Su quote similari (8-9% del totale) si collocano l’agroalimentare, i servizi alla persona e l’assistenza sociale (entrambi riconducibili sostanzialmente alla cooperazione sociale), mentre il commercio rappresenta il 7% delle cooperative bolognesi. Negli anni 2000 (periodo per il quale sono disponibili i dati) sono nate 1340 cooperative in provincia di Bologna e 1361 sono state chiuse, con un saldo negativo, quindi, di 21 unità, che non tiene conto, però, dei processi di fusione e di incorporazione che hanno interessato diversi settori cooperativi. La media provinciale è di poco più di una cooperativa ogni 1000 abitanti, tendenzialmente in linea con il dato nazionale. Negli ultimi 10 anni il numero delle cooperative realmente attive è restato sostanzialmente stabile, ma con fasi alterne, e una tendenza al calo negli ultimi due anni, dopo il picco raggiunto nel 2011. Evidentemente – per una cooperazione da sempre ai vertici come quella bolognese – il primato si gioca su altri valori, rispetto al semplice numero di cooperative presenti sul territorio. Come esempio qui basti solo un dato, quello relativo alle previsioni di assunzioni per il 2013 da parte delle cooperative, rilevate da Unioncamere e Ministero del Lavoro: Bologna è al terzo posto dietro a Milano e Roma come valore assoluto e al quarto posto in termini percentuali sul totale delle nuove assunzioni previste, dietro ad altre tre provincie emiliane (Modena, Reggio e Piacenza) e davanti ad altre tre (Parma, Ferrara e Ravenna) della stessa regione27. In termini di distribuzione territoriale delle imprese un dato da rimarcare è senza

1.138

cooperative attive nel bolognese Rappresentano oltre il 20% del totale delle cooperative emilianoromagnole.


50

l’impresa comune | seconda parte

dubbio che in solo 3 comuni della Provincia di Bologna non ci sono cooperative attive (ma soltanto in uno mancano esperienze cooperative, quantomeno a partire dal 2000), in uno di questi ci sono, ma in fase di liquidazione. In 16 comuni (circa un quarto del totale) hanno sede uno o due cooperative al massimo, ma si tratta dei centri più piccoli e con una loro forte concentrazione in montagna. Circa il 50% di quelle attive è concentrata nei due centri maggiori, Bologna e Imola. È la sanità e l’assistenza sociale il settore nel quale la cooperazione rappresenta la quota più alta sia di imprese attive (oltre il 38%) e sia di dipendenti (oltre il 59%) rispetto al totale della provincia di Bologna nel settore privato (profit e non profit).

2,12 a 3,64 (20) CARTINA 1 Incidenza percentuale delle imprese cooperative attive sul totale delle imprese della provincia, 2013 fonte: elaborazioni su dati unioncamere-infocamere

1,42 a 2,11 (20) 1,15 a 1,41 (19) 0,97 a 1,14 (21) 0,51 a 0,96 (23)


capitolo primo | il contesto

51

OLTRE 4.000 (3) DA 2.000 A 3.000 (4) DA 1.000 A 2.000 (11)

CARTINA 2 Cooperative attive in Italia per area territoriale, 2012

DA 500 A 1.000 (32) DA 250 A 500 (36) MENO DI 250 (17)

fonte: elaborazione centro-studi aci su dati unioncamere

3.60 | 7.00 7.10 | 9.00 9.10 | 10.90 11.10 | 19.20

CARTINA 3 Quota percentuale di dipendenti nelle imprese cooperative sul totale dei dipendenti al 31 dicembre 2011, per provincia * Il totale dipendenti è riferito ai settori privati dell’industria e dei servizi. fonte: unioncamere-ministero del lavoro, sistema informativo excelsior


52

l’impresa comune | seconda parte

OLTRE 4.000 (3)

CARTINA 4

DA 2.000 A 3.000 (4)

Quota percentuale di dipendenti nelle imprese cooperative sul totale dei dipendenti* al 31 dicembre 2012, per provincia

DA 1.000 A 2.000 (11) DA 500 A 1.000 (32) DA 250 A 500 (36) MENO DI 250 (17)

* Il totale dipendenti è riferito ai settori privati dell’industria e dei servizi. fonte: unioncamere-ministero del lavoro, sistema informativo excelsior

-4.80 | -2.00 CARTINA 5 Imprese cooperative: saldi occupazionali previsti nel 2012, per provincia (valori percentuali) fonte: unioncamere-ministero del lavoro, sistema informativo excelsior

-1.90 | -1.00 -0.90 | -0.00 0.10 | 5.20


capitolo primo | il contesto

53

Longevità del tessuto imprenditoriale Risultano mediamente più giovani le imprese bolognesi, seppur di poco, rispetto al dato regionale, ponendosi in proposito al primo posto tra le province davanti a Reggio. Si assiste, quindi, a un loro maggior turn over, in aumento negli ultimi anni, che ha coinvolto in particolare le imprese nate negli anni ottanta e novanta a fronte, invece, del consolidamento del tessuto più “anziano”, con oltre trent’anni di attività. Se da una parte ciò pare evidenziare un maggiore dinamismo in “entrata”, dall’altro può evidenziare una superiore fragilità del tessuto imprenditoriale. Più longevo, mediamente, si rivela il tessuto delle cooperative. La cooperazione ha partecipato alla crescita del tessuto imprenditoriale bolognese: in base alla banca-dati AIDA- Bureau Van Dijk, oltre il 43% delle cooperative è nato negli anni 2000; accanto a ciò va ricordato anche, però, che circa il 28% del totale è stato costituito prima del 1980. Ha, quindi, almeno venticinque anni di attività alle spalle. È, conseguentemente, già almeno alla seconda generazione di soci e ha realizzato l’88% del fatturato della cooperazione, per la gran parte grazie ad aziende con almeno 500.000 euro di ricavi, che rappresentano il 35% di questo sotto-campione. Quasi il 15% delle cooperative è stato costituito negli anni novanta e il restante poco più del 14% è operativo dagli anni ottanta. Hanno realizzato nel complesso il 9% del fatturato delle cooperative, mentre a quelle nate negli anni 2000 si deve il restante 3%, peraltro al lordo dei processi di fusione tra cooperative realizzati in quel periodo. C’è un rapporto diretto, come emerge dalla rielaborazione dei dati AIDA, nelle cooperative (e in particolare in quelle aderenti all’Alleanza delle Cooperative Italiane) tra anzianità operativa, crescita economica e dimensionale, consolidamento patrimoniale e politica degli investimenti. Anticipiamo qui una possibile questione che emergerà dalle elaborazioni sui dati relativi all’universo delle cooperative e sul campione composto da quelle con cinque bilanci depositati e quindi con un minimo di cinque anni di attività.

GRAFICO 1 Struttura per età delle imprese nel 2012. Bologna totale imprese

9,2 12,5

49,5

28,8

PRIMA DEL 1980

DAL 1990 AL 1999

DAL 1980 AL 1989

DAL 2000 IN POI


l’impresa comune | seconda parte

54

GRAFICO 2 Struttura per età delle imprese nel 2012. Emilia-Romagna totale imprese

10,5

14,9

49,2

25,4

PRIMA DEL 1980

DAL 1990 AL 1999

DAL 1980 AL 1989

DAL 2000 IN POI

GRAFICO 3 Struttura per età delle imprese nel 2012. Cooperative del bolognese

28,0

43,0

14,0 15,0

PRIMA DEL 1980

DAL 1990 AL 1999

DAL 1980 AL 1989

DAL 2000 IN POI

Riguarda un’area di possibile problematicità per il mondo cooperativo, che, peraltro, è meno intercettata, come vedremo, dal movimento cooperativo organizzato e riguarda la fragilità diffusa delle giovani cooperative che, nel complesso, appare superiore a quella delle imprese di capitali di pari età. Sempre in base ai dati AIDA, questa fascia di cooperative, pari a circa il 40% del totale delle cooperative bolognesi attive rappresenta il 2% del fatturato della cooperazione, lo 0,5% del patrimonio, meno dell’1% degli investimenti e il 3% del costo del lavoro. Inoltre, ha chiuso un suo ipotetico bilancio consolidato in perdita. I dati che verranno analizzati evidenziano che il percorso di crescita aziendale nelle cooperative richiede non poco tempo e che quindi servono anni, in genere, per acquisire una crescente competitività e forza economica.

Il mercato del lavoro Il problema più drammatico anche in provincia di Bologna resta, senza dubbio, quello dell’offerta insoddisfatta di lavoro. Dal punto di vista occupazionale il 2013, in base ai dati SMAIL-UnionCamere, ha visto in regione ancora una volta un andamento in flessione rispetto all’anno precedente: sono calati gli occupati (-0,7%) e parallelamente è aumentato il numero dei disoccupati (+16,9%). Il tasso di disoccupazione in Emilia-Romagna è passato dal 3,2% del 2008 all’8,5% del 2013. A livello provinciale il tasso è salito dal 2,2% all’8,4%. Nel 2013, a differenza di quanto accaduto nei due anni precedenti, si registra nuovamente un tasso di disoccupazione più elevato per le donne rispetto agli uomini. Il tasso di disoccupazione giovanile risulta anche in provincia di Bologna in fortissimo aumento. In particolare quello tra i 18 e i 29 anni passa dal 3% del 2008 al 25,2% del 201328. In questa fascia d’età, nel 2013, il tasso maschile supera quello femminile di quasi otto punti percentuali.


capitolo primo | il contesto

Anche per la fascia d’età “35 anni e oltre” la disoccupazione ha fatto registrare aumenti: il tasso passa dal 2,1% al 5,8% nel periodo considerato e in particolare quello femminile sale dal 2% al 7,1%. Gli ultimi dati disponibili anche a livello provinciale (media annua 2013) indicano, però, che a Bologna l’occupazione è stata sostanzialmente stabile rispetto al 2012, registrando addirittura un aumento di oltre 1.000 posizioni lavorative; la leggerissima crescita (+0,3%) ha riguardato i lavoratori indipendenti (quasi 4.200 unità in più), mentre i lavoratori dipendenti risultano calati di circa 3.000 unità su base annua. Il dato nazionale e quello regionale sono decisamente peggiori: l’Emilia-Romagna vede il numero di occupati contrarsi di circa 31.000 unità (-1,6%), mentre il calo a livello nazionale si avvicina al mezzo milione di unità su oltre 22 milioni di occupati (pari a un -2,1%). Nel 2013 a livello provinciale si nota una crescita su base annua tra gli occupati nei servizi, aumentati di circa 5.700 unità lavorative (pari al +1,8%); in diminuzione sia l’agricoltura che l’industria, il cui calo sarebbe ancora più rilevante al netto delle costruzioni, che fanno invece registrare un aumento di 856 occupati (+4,1%)29. L’aumento del numero di disoccupati registrato su base annua nella nostra provincia è superiore sia alla media nazionale che a quella regionale: a Bologna le persone in cerca di occupazione segnano nel corso del 2013 un +24,2% rispetto all’anno precedente, corrispondente su base annua a circa 7.900 unità in più. A livello regionale e a livello nazionale l’aumento dei disoccupati nel 2013 è rispettivamente del +19,3% e del +13,4%, pari a quasi 29.000 nuovi disoccupati in regione e 369.000 in Italia. Per la prima volta negli ultimi anni il tasso di disoccupazione della nostra provincia supera ampiamente, nel 2013, l’8%. Rispetto al 6,9% del 2012 la variazione è di un punto percentuale e mezzo. Il dato regionale vede un trend analogo, posizionandosi appena un decimo di punto percentuale sopra il dato bolognese30. Resta, comunque, un fatto importante da ricordare: nel 2013, anche se in leggero calo (dal 72,8% al 72,6%), l’Emilia-Romagna si è confermata la regione italiana con il più alto tasso di attività31. In provincia di Bologna esso si è mantenuto su valori ancora più elevati (74,3%) e in salita di mezzo punto percentuale rispetto al 2012, confermando così la tendenza registrata a partire dal 2010. L’aumento è trainato sia dal tasso di attività maschile, che passa dal 79,3% del 2012 al 79,8% del 2013, sia da quello femminile (che sale dal 68,4% al 68,9%). Nel 2013 Bologna si è confermata la prima provincia per tasso di attività, riconquistando il primato anche a livello maschile, che nel 2012 aveva ceduto a Firenze. Tutti e tre i tassi (generale, uomini e donne) crescono di mezzo punto percentuale rispetto al 2012, ma resta ampia la forbice (oltre 10 punti percentuali) fra i due generi. Il rapporto tra tasso attività e occupati e disoccupati evidenzia che, comunque, un maggior numero di persone si dichiara alla ricerca di lavoro e in proposito certo conta la situazione di bisogno, ma anche il fatto che non si è persa la speranza, quanto meno nel breve/medio periodo. Peggiore sarebbe stata una situazione in cui il rapporto tra occupati e popolazione attiva fosse migliorato solo perché meno

55


l’impresa comune | seconda parte

56

persone cercavano il lavoro avendo perso la speranza di trovarlo. Per quanto riguarda le cooperative, negli ultimi anni hanno potuto vantare un primato che, di questi tempi, è particolarmente degno di nota: sono le uniche imprese che, a dispetto della lunga crisi economica, sono riuscite a preservare e in alcuni casi accrescere l’occupazione. In uno dei decenni più difficili dal punto di vista economico, il ruolo delle cooperative è andato sensibilmente crescendo, almeno da questo punto di vista. L’Emilia-Romagna, in particolare, è l’unica regione ad aver raggiunto un’incidenza occupazionale della cooperazione a doppia cifra (11,5%) rispetto al totale, staccando tutte le altre realtà. Dal punto di vista quantitativo essa si pone in termini assoluti al secondo posto dietro la Lombardia, che percentualmente è solo al 14esimo posto tra le regioni e penultima nel Nord davanti alla sola Liguria. Su scala provinciale, però, la disomogeneità cresce, con il primato nazionale della provincia di Reggio Emilia grazie a una quota di occupati nelle cooperative sul totale provinciale più che tripla di quella media del Paese (43.739 unità, pari al 18,5% dell’occupazione locale). Seguono altre province emiliano-romagnole, quali Bologna (12,4%, percentuale più che doppia rispetto a quella del Paese) – seconda a livello nazionale come quota sul totale occupati, e terza dietro Roma e Milano come numeri assoluti – e Ravenna, anche esse sopra la media regionale.

GRAFICO 4 Occupati in provincia di Bologna (in migliaia)

GRAFICO 5 Occupati in Emilia-Romagna (in migliaia)

FONTE: SMAIL-UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA

FONTE: SMAIL-UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA

2000

500

400

1500 207

204

202

210

205

860

864

855

876

883

863

1.120

1.092

1.087

1.098

1.086

1.075

2008

2009

2010

2011

2012

2013

204

300 1000 200

100

245

239

240

240

237

239

2008

2009

2010

2011

2012

2013

500

0

0

FEMMINE

MASCHI

FEMMINE

MASCHI

Bologna, comunque, partiva già da posizioni di vertice e nel periodo in esame altre realtà, come Reggio e Modena, risultano essere state più dinamiche sul piano occupazionale con tassi incrementali più rilevanti.


capitolo primo | il contesto

57

GRAFICO 6 Disoccupati in provincia di Bologna (in migliaia)

GRAFICO 7 Disoccupati in Emilia-Romagna (in migliaia)

FONTE: SMAIL-UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA

FONTE: SMAIL-UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA

50

200

40

150

30

93

20

76

100

15

20 13

5

0

10

9

10 5

7

2008

2009

FEMMINE

18 10

65

58

48

53

52

2009

2010

2011

50 21

50

12

38 27

74

86

0 2010

MASCHI

2011

2012

2013

2008

FEMMINE

MASCHI

Anche nelle cooperative nel 2013 si è avvertito l’impatto, seppure in misura inferiore rispetto ad altri comparti dell’economia regionale, della crisi dei consumi generata dalla forte diminuzione della capacità di spesa delle famiglie italiane. La scelta di tutelare i posti di lavoro a scapito della redditività aziendale non ha trovato più grandi spazi a fronte della continua diminuzione di quest’ultima. Di particolare interesse resta l’annuale elaborazione Excelsior-Unioncamere sulle previsioni occupazionali nell’industria e nei servizi. Si evidenzia che la maggiore tenuta occupazionale che contraddistingue le imprese cooperative a livello nazionale è il frutto anche di una propensione ad assumere che è decisamente superiore a quanto rilevato per l’intera imprenditoria. Nel 2013, circa 3 imprese cooperative (con almeno un dipendente) su 10 hanno programmato di assumere, contro una media generale relativa al totale delle imprese che non va oltre il 13,2%. In proposito, ancora migliore è il dato per la provincia di Bologna: nel 2013 il 31,6% delle cooperative prevedeva di effettuare nuove assunzioni, una percentuale inferiore al 35,2% regionale. È comunque un dato di gran lunga superiore a quello del totale delle imprese a livello provinciale che era attorno al 15%32. Inoltre, le cooperative bolognesi avrebbero assorbito oltre il 21% delle assunzioni previste come lavoratori dipendenti (stagionali e non stagionali, esclusi gli interinali) – quasi il doppio della media nazionale – e meno del 20% dei lavoratori in uscita. In termini assoluti risultavano attese 2.610 nuove assunzioni e 3.170 uscite di personale, per un saldo negativo di 560 unità (2012, invece, +220), inferiore in termini percentuali al totale delle imprese bolognesi, e un tasso di crescita negativo sul piano occupazionale, pari a –1,5%33 (2012, invece,+0,6%), interrompendo così la tendenza positiva dei due anni precedenti. Questo decremento risultava

2012

2013


l’impresa comune | seconda parte

58

superiore a quello indicato a livello regionale e anche nazionale in ambito cooperativo. Va aggiunto, però, che il trend generale delle imprese a livello bolognese era già stato negativo l’anno precedente (e praticamente in pareggio nel 2011) ed è risultato in linea con quello cooperativo, come valore percentuale nelle previsioni per il 2013. GRAFICO 8 Disoccupati in provincia di Bologna (in migliaia)

GRAFICO 9 Disoccupati in Emilia-Romagna (in migliaia)

FONTE: SMAIL-UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA

FONTE: SMAIL-UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA

10

10 9,7 8,9

8

8,4 8,0 7,0 6,8 6,9

6

8

8,5 7,9

6,0

4

4,0

4,8 4,7 4,7

5,7

4

4,1

4,3

3,4

2

2,0

2,4

4,8 4,2

4,6

7,4

6,4

6,3 5,5

5,0

7,1

7,0

6

5,3 4,5

3,2

2,8

2

2,2

0

2,4

0 2008

FEMMINE

2009

2010

MASCHI

2011

TOTALI

2012

2013

2008

FEMMINE

2009

2010

MASCHI

2011

2012

2013

TOTALI

Considerando le sole assunzioni non stagionali per livello di istruzione richiesto nelle cooperative, sempre dall’indagine Excelsior-Unioncamere risulta che in più della metà dei casi (58%) al personale in ingresso non sarebbe stata chiesta alcuna formazione o titolo di studio specifici, percentuale molto più alta di quella (39%) relativa al totale delle imprese bolognesi, segno evidente che l’opportunità di un lavoro sarebbe stata data in particolare alle fasce più deboli, ma anche meno qualificate, a eccezione della cooperazione sociale, dove la richiesta di diplomati avrebbe superato il 50% dei nuovi assunti.

Imprenditorialità giovanile, femminile e straniera Nel complesso, il contributo dei giovani è stato determinante in questi ultimi anni e mesi per consentire all’Azienda Italia di mantenere in attivo – seppur di poco – il bilancio tra aperture e chiusure di imprese. Grazie alle elaborazioni predisposte dal Ufficio Studi nazionale dell’Alleanza delle Cooperative Italiane e dall’Unioncamere Emilia-Romagna su dati Infocamere è


capitolo primo | il contesto

possibile avere una disaggregazione dei dati a livello provinciale con riferimento al 2012 e 2013 per quanto riguarda le cooperative giovanili, femminili e di extracomunitari34, che rappresentano rispetto ai rispettivi totali provinciali quote intorno all’1-1,4%. Le cooperative giovanili, il cui andamento è stato tendenzialmente stabile fino al 2012, sono calate a livello regionale di oltre il 6% nell’ultimo anno, ma non nella provincia di Bologna, dove sono cresciute di quasi un quarto, portandosi così al primo posto (seppure per una sola unità, 100 rispetto a 99) davanti a Modena. Ora rappresentano poco più di un quarto di quelle regionali e oltre il 9% del totale delle cooperative bolognesi. La maggioranza relativa, il 40%, è concentrata nei servizi alle imprese e ci si avvicina al 60% se si aggiunge il settore delle costruzioni. Un primo elemento di riflessione è dato dal fatto che per la provincia di Bologna (ma la considerazione vale anche per l’Emilia-Romagna e per tutto il Nord) risulta minore, rispetto al dato nazionale, il ricorso al modello cooperativo (soprattutto sul piano del lavoro) da parte dei giovani. I motivi adducibili sono diversi, innanzitutto è un dato generale quello di una minore incidenza a livello provinciale e regionale dell’impresa giovanile sul totale delle aziende. Si risente del peso minore che i giovani hanno nella distribuzione per classi di età della popolazione e di un tasso di partecipazione giovanile più basso rispetto ai dati nazionali. Inoltre, sussiste un tasso di occupazione giovanile provinciale più elevato, che determina un minore ricorso a forme di auto-impiego. In effetti l’esercizio dell’attività imprenditoriale come forma di auto-impiego tende a essere più consistente laddove il mercato del lavoro stenta ad assorbire l’offerta di manodopera. Bologna, invece, si caratterizza ancora per uno dei tassi di occupazione più elevati del Paese. Un altro elemento da ricordare riguarda la composizione settoriale e le caratteristiche dell’imprenditoria provinciale; in proposito va detto che le imprese giovanili sono in genere particolarmente presenti in alcuni settori di attività, come a esempio il piccolo commercio al dettaglio tradizionale e con alcune forme giuridiche delle imprese, come le ditte individuali. Un altro elemento da non sottovalutare è la scarsa conoscenza del modello cooperativo da parte delle nuove generazioni. In ogni caso, lo scarto esistente tra la presenza di imprese giovanili all’interno del tessuto cooperativo e quella tra le aziende in generale si sta riducendo rispetto al 2010, primo anno di attivazione dell’Osservatorio Unioncamere sul fenomeno, grazie alla crescita degli ultimi tempi, a fronte, invece, di tassi rilevanti di decrescita a livello provinciale e regionale nel resto delle imprese, simili a quelli nazionali e cioè intorno al 20%. Più in generale, quindi, il fenomeno del cooperativismo giovanile pare evidenziare una maggiore tenuta, anche all’interno del mondo cooperativo rispetto al dato nazionale e anche su Bologna ha contribuito a alimentare la tendenza in atto (pur se molto graduale) delle imprese giovanili ad adottare forme giuridiche maggiormente strutturate35. Un’altra componente fondamentale per la tenuta e il dinamismo del tessuto imprenditoriale è quella femminile. Circa il 20% delle cooperative bolognesi è a maggioranza femminile e queste ultime rappresentano oltre il 21% del rispettivo totale regionale. Il dato è in calo nel 2013, dopo il trend di crescita degli anni precedenti.

59


60

l’impresa comune | seconda parte

Anche qui valgono sostanzialmente molte delle considerazioni fatte riguardo a dati provinciali e regionali inferiori a quelli nazionali, ma con alcuni distinguo. Esistono, a esempio, alcune tipologie produttive in cui la partecipazione femminile in forma cooperativa è assai elevata e che fanno riferimento all’istruzione e alla sanità e assistenza sociale e avvicina o supera il 50% della realtà settoriale. Più in generale, quasi i due terzi degli occupati, all’interno dell’Alleanza delle Cooperative (in particolare grazie al terziario), sono donne e si stima che la quota dei lavoratori extracomunitari sia attorno all’8-10% e in crescita. Le cooperative di stranieri rappresentano il 12% delle cooperative bolognesi (quasi il 23% del rispettivo totale in Emilia-Romagna); Bologna è sopravanzata sul piano quantitativo (e percentuale) da Modena, insieme concentrano il 57% di questa componente a livello regionale. Dopo il calo del 2012 cresce la loro incidenza sul totale delle cooperative (diversamente dal dato regionale) nel 2013 e resta superiore al resto delle imprese.


capitolo primo | il contesto

61

note capitolo primo 1 Si tratta di una banca dati composta da oltre 500 indicatori a livello provinciale e regioni (con riepiloghi per macro ripartizione e nazionale) organizzati in nove macro-aree: »» »» »» »» »» »» »» »» »»

Popolazione e territorio Il tessuto imprenditoriale Il mercato del lavoro I principali risultati economici Apertura dei mercati Tenore di vita Competitività del territorio Contesto sociale Qualità della vita.

2 In effetti, la scissione dell’indice generale nelle sue due componenti, economica e sociale, non mostra risultati particolarmente diversi fra loro. L’indice di dotazione (quello nazionale è pari a 100) delle infrastrutture economiche fornisce un valore pari a 138,1 nel 2012 (124,1 nel 2001), garantendo all’area bolognese la quindicesima posizione nazionale e la sesta nel Nord-Est. Le infrastrutture sociali fanno registrare un risultato migliore. La provincia con un indice pari a circa 131,7 nel 2012, occupa l’undicesima posizione nella classifica nazionale e la quinta nell’ambito Nord-Orientale. Analizzando le singole categorie si nota come fra le infrastrutture economiche, tutte le voci fanno registrare un valore superiore a 100, con l’eccezione dei porti (ovviamente). In particolare Bologna eccelle nelle ferrovie (prima posizione), nelle reti di trasmissioni dati (27° posto in Italia e 7° nel Nord-Est) e nella strutture che offrono servizi (banche, poste ecc. – 12° posto in Italia e 6° nel Nord-Est). Nel contesto del Nord-Est Bologna occupa anche una buona posizione per quanto riguarda le strade (4° posto nell’area). Ottime notizie provengono dal settore delle imprese: difatti la provincia si segnala per essere in 105° posizione nel rapporto fra sofferenze e impieghi, al 66° per numero di imprese con procedure concorsuali in atto sul totale delle attività registrate e all’80° per numero di protesti ogni 100 mila abitanti.

3  Come ogni anno, il dossier sulla qualità della vita è stato realizzato tenendo conto di 36 differenti indicatori in base ai quali vengono scattate delle fotografie del nostro Paese, raggruppati sotto questi macro-temi: tenore di vita, affari e lavoro, servizi/ambiente/salute, popolazione, ordine pubblico e tempo libero. 4  Cfr. www.ilsole24ore.com 5  L ’indagine dell’Osservatorio Innovazione viene realizzata annualmente e si basa su un questionario strutturato, progettato nel 2005 con il contributo di Unioncamere regionale e delle nove Camere di commercio emiliano-romagnole, concepito e attivato per la prima volta nel 2006 e, nel corso degli anni, via via integrato e arricchito, fino ad arrivare all’ultima versione utilizzata per l’indagine 2013. La rilevazione a livello regionale ha visto coinvolte complessivamente 1.596 imprese. 6  Cfr. Unioncamere Emilia-Romagna, Rapporto sull’economia regionale. Consuntivo 2012, 2013. 7 Le altre due sono Parma e Ravenna, seguite da Mantova, Reggio Emilia e Siena. Anche altre ricerche, condotte in questi anni sul tema, citate nel rapporto Unioncamere, hanno sempre visto Bologna e le altre province della nostra regione collocarsi ai primi posti delle relative graduatorie. 8 L’ultimo aggiornamento è del febbraio 2014 9 Il calo è stato, rispettivamente, pari allo 0,5%,1,1% e 1,4%. 10 in proposito il dato è positivo per Bologna anche con riferimento al 2013 (+1,3%, contrariamente al dato nazionale, -0,2%), ma a un tasso inferiore a quello regionale (+ 2,3%). 11 Per le esportazioni Bologna partiva da una percentuale più bassa rispetto alla regione, e comunque tale resta; per le importazioni questa situazione vale nei confronti sia del dato regionale e sia di quello nazionale.


62

l’impresa comune | seconda parte

12 Anche in questo caso il dato provinciale è migliore di quelli regionale e nazionale. 13 In questo caso la previsione è solo biennale, 2014-15. 14 Qui la comparazione è solo con l’Emilia-Romagna: nel primo caso al trend di crescita per la provincia di Bologna corrisponde quello di limitata diminuzione della regione; nell’altro caso a un modesto aumento (concentrato in particolare nel 2013) per la prima fa riscontro una sostanziale stazionarietà nell’arco dei quattro anni in esame della seconda. 15 I dati sono diffusi da Unioncamere sulla base di Movimprese, la rilevazione statistica condotta da InfoCamere, la società che gestisce il patrimonio informativo delle Camere di Commercio italiane. 16 Pur in presenza di una prolungata contrazione del flusso delle nuove iscrizioni – dal 2007 a oggi è diminuito dell’11,8% – resta il fatto che negli ultimi nove anni le nuove iscrizioni sono risultate sempre più alte delle cessazioni e che anche nel 2013 (l’anno meno brillante della serie) sono nate 1.053 imprese al giorno, a fronte di 1.018 che hanno chiuso i battenti 17 In entrambi i casi è un trend già presente nel 2012 e in linea con il dato di quell’anno.

18 Il calo regionale è percentualmente nella media del Nord-Est (-0,59 rispetto a -0,56%); i saldi sono positivi nelle altre aree, in realtà per il Nord-Ovest ciò è dovuto al risultato della Lombardia, Disaggregando i dati in base alle quattro grandi circoscrizioni territoriali, il Nord-Est appare l’epicentro della depressione demografica delle imprese nel 2013 (peraltro già negativo era il dato per l’anno precedente). Senza il suo saldo negativo (-6.725 unità), il tasso di crescita nazionale sarebbe restato infatti invariato rispetto al 2012. In tutte le altre aree, pur in presenza di un saldo positivo, si registra comunque una crescita inferiore rispetto all’anno precedente, con il Centro Italia che si conferma l’area a maggior tenuta del sistema imprenditoriale (+0,74%, un valore più che triplo rispetto alla media nazionale). Più contenuti, ma sopra la media, i valori del Mezzogiorno (+0,31%) e del Nord-Ovest (+0,23%). 19 In crescita sono commercio, turismo e servizi alle imprese, Sul fronte opposto, i settori che hanno visto ridursi maggiormente la propria consistenza sono stati – al netto dell’agricoltura che, soprattutto per motivi anagrafici, prosegue nella contrazione strutturale della sua base imprenditoriale – le costruzioni (-12.878 imprese), le attività manifatturiere (-5.929) e il trasporto e magazzinaggio (-1.156). 20 Con un saldo negativo limitato all’1,2% è 16° in Italia (solo 4 provincie hanno un saldo positivo per quanto riguarda le imprese artigiane) e 9° al Nord. 21 Si tratta di quasi 18 imprese chiuse al giorno nel corso dell’ultimo anno. 22 Poco più della metà dei comuni della provincia sono sopra la media regionale ma si tratta tendenzialmente dei comuni con meno numero di abitanti 23 Si considerano i centri con più di 20.000 abitanti. 24 Roma, Milano e Napoli guidano la graduatoria, che è chiusa da Taranto e Trieste.


capitolo primo | il contesto

25 Bari risulta al primo posto, seguita da Padova, Verona, Firenze e Milano. 26 Le uniche significative eccezioni sono le provincie di Milano (che da sola ha un numero di cooperative superiore a quello dell’intera Emilia-Romagna) e di La Spezia, che si collocano attorno al 2%. 27 In realtà in termini assoluti la percentuale più alta di previste assunzioni in cooperative rispetto al totale delle imprese) viene registrato a Biella (28,4%) e Gorizia (22,1%), ma il dato è fortemente influenzato dal basso numero del totale delle assunzioni previste dalle imprese (tra le 1400 e le 1700 unità) che pone queste due provincie nella parte più bassa di una ipotetica “graduatoria” nazionale…e non solo riferita al Nord del Paese. 28 Ancora più alto è quello relativo alla fascia 15 e i 24 anni della nostra provincia si posiziona sopra il 45%. Il tributo maggiore a questo valore è dato dai giovani maschi, il cui valore è pari al 52,5%. Migliore, anche se su livelli decisamente elevati, il tasso femminile (35%). Rispetto al 28,9% del 2012 la variazione del tasso di disoccupazione dei giovani bolognesi è di 16,8 punti percentuali. Il dato regionale vede una crescita più contenuta, passando dal 26,4% del 2012 all’attuale 33,3% (+6,9% in 12 mesi). Anche a livello nazionale si registra una crescita simile a quella emiliano-romagnola (+4,7%), anche se il valore 2013 è più alto: il dato medio nazionale si colloca al 40%, in posizione intermedia tra quello della nostra provincia e quello regionale. 29 A livello regionale il settore agricolo perde quasi 10.000 lavoratori (-13,2%), calano anche l’industria (-1,8%, pari a quasi 12.000 occupati in meno) e i servizi (-0,8% , con una perdita di circa 9.500 occupati). Il dato relativo all’intero territorio nazionale indica forti difficoltà per tutti gli aggregati. 30 Anche a livello nazionale si registra una crescita simile (+1,5%), anche se il valore è molto più alto (12,2%).

63

31 È la Lombardia la regione con il maggior incremento; è passata infatti dal 70% del 2012 al 70,7% nel 2013. L’unica macro-area che ha fatto segnare una variazione positiva è rappresentata dal Nord-ovest grazie alla componente femminile in aumento di uno 0,6%. A livello nazionale il tasso di attività è risultato pari al 63,5%, in calo di due decimi di punto percentuale rispetto al 2012, quasi 11 punti percentuali in meno rispetto al dato di Bologna. 32 Il dato è comunque lievemente superiore rispetto allo scorso anno (14,6%) quasi uguale al dato regionale (15,3%).e migliore di quello nazionale (13,2%) e 33 Il saldo occupazionale atteso era negativo nelle cooperative di ogni dimensione. 34 Per rientrare in queste qualifiche è necessario che la maggioranza di soci o degli amministratori sia composta rispettivamente di “under 35”, di donne, di stranieri. 35 In effetti gran parte del calo è dovuto alle ditte individuali e alle società di persone, in particolare in Emilia-Romagna.


64

l’impresa comune | seconda parte

Welfare e cooperazione sociale: innovazione, mutualità e centralità della persona Quello del welfare, in un senso ampio del termine, fa parte fin dalle origini degli ambiti di azione della cooperazione (si pensi alle società operaie e di mutuo soccorso). Oggi, anche a causa di mutamenti demografici (si pensi all’invecchiamento della popolazione, al cambiamento delle strutture familiari o alla crescita della popolazione straniera) e alle sempre più ridotte disponibilità economiche degli enti pubblici, questo è un tema sempre più all’ordine del giorno per tutta la comunità. Risulta necessario un ripensamento dei rapporti tra i vari pilastri del welfare (stato, enti locali, famiglia, terzo settore…) che sappia valorizzare l’apporto di tutte componenti della società. Tra i progetti del Piano Strategico metropolitano in ambito di Benessere e coesione sociale uno è proprio dedicato alle politiche di welfare aziendale in un sistema di welfare condiviso. Le aziende più grandi, e fra queste le maggiori cooperative hanno da tempo attivato azioni o piani di welfare aziendale. La contrattazione nazionale e decentrata negli ultimi anni ha incentivato questa pratica. Le organizzazioni del movimento cooperativo e svariate aziende associate sono impegnate nella realizzazione di una serie di misure di welfare aziendale cooperativo (misure di assistenza sanitaria integrativa, servizi people care e save-time in un quadro articolato di interventi di conciliazione lavoro-famiglia, servizi di sanità leggera, ecc) che possano essere disponibili anche per le aziende più piccole.

È un modo di dare una risposta alla crisi che colpisce imprese e famiglie con modalità di tipo mutualistico e fortemente radicate nell’identità cooperativa, di tutelare il potere d’acquisto dei lavoratori e delle famiglie attraverso politiche retributive non necessariamente monetarie. Un nuovo welfare sarà possibile se si genererà innovazione mettendo in rete tutte le risorse del territorio e attivando connessioni e sinergie. Un piccolo esempio è l’iniziativa promossa dall’Alleanza delle Cooperative Italiane di Bologna e Imola e da Unindustria Bologna “Sconto 10” che grazie a Coop Adriatica, Coop Reno e NordiConad, ha permesso a oltre 150.000 lavoratori del territorio di poter usufruire per alcune volte di uno sconto del 10 per cento sulla spesa. Un ruolo importante nell’ambito del welfare è giocato dalle cooperative sociali, troppo spesso viste come semplici erogatori di servizi per la committenza pubblica. Le coop sociali hanno giocato un ruolo importante nel raggiungimento dei livelli di welfare della area metropolitana. La cooperazione sociale è stata ed è protagonista di grandi innovazioni del welfare territoriale: l’assistenza domiciliare; i gruppi appartamento; i laboratori; i nidi; le residenze assistite; l’housing sociale; la capacità di fare rete; la nuova psichiatria; l’inserimento lavorativo per le persone svantaggiate. Sussidiarietà, innovazione complementarietà e integrazione rispetto al servizio pubblico, sostenibilità economica sono state alcu-


capitolo primo | il contesto

ne delle parole che ne hanno guidato lo sviluppo in questi decenni. L’Alleanza delle Cooperative Italiane rappresenta a Bologna 118 realtà che operano in ambito sociale, socio sanitario e sanitario, che sviluppano un fatturato di 345 milioni di euro, occupano 8.570 persone, con oltre 45.000 soci. Circa il 55% dell’attività è svolta sull’area metropolitana bolognese. Si stima che 65.000 persone ricevano quotidianamente un servizio da parte delle cooperative sociali. Sono oltre 300 le persone svantaggiate inserite nelle cooperative di inserimento lavorativo. La presenza di “piccole” e “grandi” cooperative, di consorzi, di cooperative di tipo A e di tipo B e l’assenza di un unico e rigido modello di riferimento compongono la ricchezza di questa galassia che ogni giorno sperimenta l’incontro e il confronto con altre diversità. Oltre a garantire i propri lavoratori, la cooperazione sociale è un sistema che offre altre importanti garanzie: decenni di esperienza sul territorio; professionalità di elevato livello; tempestività e iniziativa nella gestione delle crisi; affidabilità di un sistema solido e legato al territorio in grado di attivare volontari, finanziatori interessati a investimenti etici. Oltre all’economicità dei servizi rispetto al pubblico, il privato sociale è in grado di garantire anche alti livelli qualitativi. Un esempio è rappresen-

65

tato dalle strutture socio-sanitarie accreditate che hanno livelli qualitativi analoghi alla gestione pubblica. Una conferma indiretta viene da uno studio dell’Istituto degli Innocenti presentato a inizio giugno 2014 che ha comparato qualità e costi di nidi pubblici e privati, scelti fra quelli sostenuti da Fondazione Aiutare i Bambini. Dalla ricerca emerge una qualità comparabile del servizio nei nidi pubblici e in quelli privati. Ma fra i punti di forza del nido privato si evidenzia la flessibilità nell’organizzazione, la qualità delle relazioni e i costi vantaggiosi

La Farmacia Cooperativa di Bologna Fondata 114 anni fa, su iniziativa della Società Operaia Maschile, la Farmacia Cooperativa di Bologna è una delle pochissime di quel periodo ancora operanti nel nostro Paese. Le sue vicende attraversano non solo la storia dell’Italia, ma anche quella dell’evoluzione dei farmaci. La Società Operaia di Bologna, costituita nel 1860, era stata la prima di un’innumerevole serie di altre iniziative di natura mutualistica e sociale nel campo dell’assistenza e dell’istruzione. Superato un lungo periodo di riassetto organizzativo ed economico, oggi la farmacia è in grado di attivare ancora una volta strumenti di convenzionamento e iniziative sociali tese a confermare il ruolo che le è proprio, quello di ente cooperativistico e mutualistico.


66

l’impresa comune | seconda parte

È significativo che il progetto di legge regionale riguardante la cooperazione sociale preveda il riconoscimento della funzione pubblica della sua azione. Sul tema dell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate le associazioni dell’Alleanza delle Cooperative Italiane insieme alla Provincia di Bologna e all’Istituzione Minguzzi hanno promosso una ricerca al fine di ottenere una valutazione economica degli inserimenti lavorativi di persone svantaggiate realizzati dalle cooperative sociali di tipo B della provincia di Bologna. La ricerca ha cercato di pervenire a una definizione dell’ammontare degli oneri o minori proventi e dei proventi o minori oneri a carico della collettività intesa in senso lato originati dall’azione dell’integrazione sociale e lavorativa di persone svantaggiate. Il bilancio sociale di comunità ottenuto evidenzia un utile medio annuale per la comunità pari a euro 672,00 per cia-

scun lavoratore svantaggiato inserito. Sarebbe però miope leggere questo dato senza pensare che –se non ci fossero stati questi inserimenti lavorativi– la comunità avrebbe sostenuto un costo medio annuale pari a euro 3.056,00 per singolo utente relativamente ai vari sussidi, assegni e ospitalità in strutture. Va considerata anche la compartecipazione al potere di spesa annuale di ciascun lavoratore che risulta essere mediamente pari a euro 7.716,00, da coniugare alla quota di tassazione sui redditi pari a una somma annuale pro-capite di euro 974,00. L’aspetto economico non può essere ovviamente l’unica chiave di lettura per promuovere l’inserimento lavorativo e per leggere l’attività della cooperazione sociale di inserimento lavorativo, altrimenti si correrebbe il rischio di assumere solo un’ottica economicistica che non renderebbe giustizia del lavoro svolto e della funzione sociale di questo soggetto.


capitolo primo | il contesto

67

Le esperienza di alta formazione cooperativa: formare i dirigenti del futuro Due importanti esperienze sono testimonianza dell’impegno della cooperazione bolognese a costruire, insieme all’Università di Bologna e alla sua Business School, Alma Graduate, specifici momenti di alta formazione rivolta ai quadri e dirigenti cooperativi. Si tratta in primis del Muec, un Master realizzato da diversi anni, in collaborazione con l’Università di Bologna, che contribuisce a supportare la formazione manageriale di giovani quadri già inseriti o in fase di inserimento all’interno della realtà associativa o delle cooperative associate nei diversi settori. Un’esperienza qualificata che ha contribuito all’immissione nella realtà cooperativa di una nuova leva di giovani, interessati a percorsi di carriera finalizzati, nel tempo, a un significativo rinnovamento dei quadri e dirigenti delle realtà cooperative. L’Embacoop (Executive Master in Business Administration) realizzato da Alma Graduate School di Bologna in collaborazione con Legacoop Bologna rappresenta l’elemento di maggiore impatto e ambizione strategico sul terreno del ricambio dei gruppi dirigenti e della specifica formazione manageriale dei dirigenti apicali o dei nuovi dirigenti che entrano in cooperazione da altre esperienze private. Il master è giunto con successo alla quinta edizione e sta contribuendo in modo autorevole ai percorsi di avvicendamento o d’integrazione di alcuni gruppi dirigenti apicali delle principali cooperative associate nei diversi settori. Embacoop si sta sempre più affermando come strumento fondamentale per la forma-

zione dei gruppi dirigenti di interesse regionale e nazionale e grazie al valore e al prestigio dell’esperienza di Alma Graduate School proietta la realtà della cooperazione nel confronto diretto con le migliori esperienze di management a livello nazionale e internazionale, confrontandole con le specificità proprie del management cooperativo e con i valori e le specifiche missioni di cui la cooperazione e le cooperative sono portatrici.


68

l’impresa comune | seconda parte


capitolo primo | il contesto

69

CAPITOLO SECONDO LA CARTA D’IDENTITÀ DEL MOVIMENTO COOPERATIVO DELL'area metropolitana bolognese



capitolo secondo | la carta d’identità del movimento cooperativo della provincia di bologna

CAPITOLO SECONDO LA CARTA D’IDENTITÀ DEL MOVIMENTO COOPERATIVO DELL'area metropolitana bolognese

Identità e mission Nella verifica del ruolo sociale di un modello imprenditoriale l’analisi del finalismo di impresa, e cioè del ruolo che le aziende hanno nel processo di soddisfazione dei bisogni, non solo economici, dei terzi (diversi da coloro che apportano capitale di rischio) sui quali l’attività economica delle imprese stesse impatta, non è certo secondario. Oggi, la cooperazione può apparire estranea ai modelli culturali dominanti, ma ciò nonostante le si aprono possibilità inedite di incidere sui processi di cambiamento in atto; il suo futuro resta nelle sue mani, ma – più che in passato – dipenderà dalle capacità e dalle motivazioni della sua classe dirigente e dei suoi soci. Lo sguardo retrospettivo e la percezione di ciò che rappresenta oggi la cooperazione nell’Area metropolitana di Bologna dicono di un tempo che sembra non aver consumato invano passioni, coerenze, impegni e dedizione. Il movimento cooperativo organizzato rappresenta storie, visioni, idee organizzative ed esperienze che nel processo unitario si è scelto di amalgamare. E possiede già un comune denominatore in termini di visione strategica, principi e valori vivi, significativi e distintivi che sono il suo punto di forza, sono sanciti negli statuti e restano il faro di orientamento. Costruire seriamente e coerentemente un Rapporto sulla Cooperazione e tracciare una carta d’identità di quest’ultima comporta, prima di tutto, mettere mano alle ragioni profonde dell’esistenza cooperativa. Ed, in ogni caso, il movimento cooperativo bolognese (…ma ovviamente non solo) deve continuare a collocarsi

71


72

l’impresa comune | seconda parte

nel contesto socio-economico-culturale del suo territorio con una sua peculiare incidenza per la valorizzazione della democrazia economica, della mutualità e della solidarietà e per la tutela del lavoro nelle sue varie forme, nonché per la sua peculiare forma d’impresa che trova nella sua storia e nei principi dell’Alleanza Cooperativa Internazionale gli imprescindibili riferimenti. Quello che serve è una reale rivisitazione e ri-attualizzazione dei principi originari e degli elementi fondamentali che hanno determinato il successo dell’invenzione originaria, fatte con la consapevolezza che, se per ogni impresa l’orientamento strategico di fondo è certamente il portato della sua storia, l’importanza delle origini – un vero e proprio imprinting (marchio) – è ancora più evidente nel caso delle cooperative. La loro nascita ha dato risposta a precise esigenze, in parte storiche e quindi datate e in parte declinabili diversamente a seconda dell’epoca, del contesto e delle sue evoluzioni. E questo è lo spartiacque da trovare e da non sacrificare per farne una solida base di cambiamento, partendo dalla riscoperta delle ragioni dei successi (non temporanei o episodici) della formula cooperativa. Cambiano, almeno in parte, i problemi e il contesto di riferimento, ma non le caratteristiche delle risposte date dalla cooperazione, sempre basate sul metodo partecipativo e mutualistico, quando non solidaristico, della rete, dell’inclusione almeno tendenziale, della responsabilizzazione, della ricerca del consenso dal basso, dell’autogestione, della promozione del protagonismo di persone e gruppi etc. L’accento così cade su di un suo aspetto che viene prima del suo statuto come impresa e di cui si è dimostrata la percorribilità nel mercato e di fronte alla concorrenza in tanti settori e comparti di attività: esso indica il carattere umano, di libera associazione di uomini che ha fatto e continua a fare della cooperazione un’esperienza umana completa, non limitata alla soddisfazione di bisogni economici o materiali. Il movimento cooperativo organizzato intende operare come soggetto in grado di promuovere “democrazia” economica, autogestione e protagonismo di tutte le categorie sociali e riequilibrio nella creazione e redistribuzione della ricchezza. La funzione storica, unanimemente riconosciuta alla cooperazione, è quella di risposta alle grandi, cicliche/periodiche emergenze della società, ma essa rischia di diventare riduttiva e limitante (una sorta di ruota di scorta) nella stessa ottica di costruzione del bene comune, perché confina il modello cooperativo e i cooperatori a un ruolo congiunturale, di fronte, invece, alla legittima aspirazione a partecipare al cambiamento delle istituzioni, alla democratizzazione della vita economica e alla diffusione di una maggiore giustizia sociale come soggetto strutturale e caratterizzante un determinato modello (di civiltà, di sviluppo etc) . La ragione d’essere e di persistere del modello cooperativo è – piuttosto – la sua capacità di affrancare dal bisogno (qualitativamente via via più sofisticato) e di essere, più in generale, strumento di libertà e quindi di riscatto, emancipazione, testimonianza, crescita, ricerca di senso e voglia di protagonismo, non da soli ma insieme, di persone, famiglie, gruppi, comunità, categorie sociali. L’obiettivo, che resta attuale in ogni epoca e fase dello sviluppo delle economie, del riscatto dei più deboli va combinato con la giusta, anzi necessaria, aspirazione a restare soggetto produttore di innovazione, e quindi necessario protagonista del nuovo secolo, che deve combinarsi con la capacità di leggere e interpretare tutti i nuovi bisogni e la domanda di autonomia e qualità che provengono dalla società.


capitolo secondo | la carta d’identità del movimento cooperativo della provincia di bologna

Di volta in volta il profilarsi di un bisogno sociale o l’emersione di una particolare “sensibilità” hanno trovato una risposta cooperativa più che soddisfacente, così in sintonia con la sensibilità sociale da assumere – per un periodo più o meno lungo – il ruolo di “catalizzatore di reputazione” dell’intero sistema , coinvolgendo e trainando anche gli altri settori , magari in quel momento più in ombra. È successo, a turno, per la cooperazione di consumo, per quella di lavoro, agricola, di abitazione, di servizi, sociale etc. Ciò porta a pensare legittimamente che questa forma sociale ed economica sia in grado di svolgere un ruolo protagonista anche su dimensioni e in campi non consueti all’agire cooperativo. Non contano, quindi, solo i suoi risultati economici (che peraltro sono il presupposto della sua credibilità), ma anche, e non per ultimi, quelli sociali e morali in senso lato, di crescita cioè e maturazione delle persone e la possibilità (effettiva) di coadiuvare un progetto di maggiore e più diffusa qualità della vita e di ridisegno su basi di maggiore giustizia sociale della società e l’economia, nella dimensione sia della singola esperienza cooperativa e sia di quella del “movimento” al cui interno essa va a inserirsi. Quanto poi alla domanda se – prima le Centrali cooperative e oggi l’Alleanza – intendano essere un’organizzazione di rappresentanza di sole imprese o se anche di persone, se di interessi o di identità sociali, si può rispondere di essere un sindacato di persone che insieme diventano imprenditori per rispondere a bisogni e ad aspirazioni, sviluppando un’identità sociale e praticando la mutualità e la solidarietà e che credono in un disegno politico di equità sociale e di democrazia economica. L’orientamento al territorio in termini di capacità di risposta ai bisogni della comunità locale è un’altra missione “strutturale” del movimento cooperativo e rappresenta uno dei caratteri trasversali della formula cooperativa nell’assunzione di una moderna responsabilità sociale. Centrale è la sfida culturale e quindi valoriale per la cooperazione anche, se non prima di tutto, in termini di coerenza tra valori professati e scelte e comportamenti quotidiani (a livello sia di associazione, sia di imprese) tra volontà e capacità di continuare a essere innovatori nella società e nell’economia…anche andando controcorrente rispetto ai modelli culturali e comportamentali dominanti oggi. Il modello cooperativo resta capace di proporre alla realtà sociale ed economica nazionale un credibile esempio di come migliorare, in termini di democrazia e trasparenza, il governo delle imprese, nella consapevolezza ormai acquisita che anche questi siano fattori che influenzano positivamente i processi di crescita e di sviluppo. Va confermato con forza che la società cooperativa è un’impresa diversa e originale rispetto alle tradizionali società di capitale; è una questione di identità ma anche di possibile, reale competitività. Del resto, l’omologazione “ad altro” ha sempre fatto danni alla cooperazione genuina. Questa diversità viene chiesta a ogni cooperativa. Inoltre, si tratta di mostrare come sia possibile trasformare in fattori di vantaggio competitivo i principi fondativi dell’identità cooperativa: la governance democratica, il reciproco aiuto, il patto intergenerazionale, l’intercooperativismo, il circoscritto ruolo del capitale etc. Tutto ciò comporta anche superare una sorta di visione (solo) “privatistica” della funzione sociale ed economica – circoscritta cioè ai soci e ai “muri” delle coo-

73


74

l’impresa comune | seconda parte

perative – per allargarsi alla dimensione della comunità per cui le cooperative sono nate, nelle quali restano radicate e di cui sono un patrimonio che diventa di interesse generale. La cooperazione è in grado di dare senso, concretezza e stabilità alla democrazia economica, quantomeno come strumento che realizza l’aumento dei protagonisti della vita economica e di quella sociale e che è in grado di concorrere direttamente al perseguimento di finalità di interesse pubblico.

L’Alleanza delle Cooperative L’Alleanza delle Cooperative Italiane è il risultato del processo di collaborazione e coordinamento avviato dalle organizzazioni “storiche” del movimento cooperativo e cioè AGCI, Confcooperative e Legacoop . Essa, al 31 dicembre 2013, rappresentava 531 imprese, tra cooperative e società di capitali aderenti al movimento cooperativo, con un calo del’14% rispetto al 2008, dovuto in particolare a processi di fusione e alla crisi che ha colpito in particolare il settore edilizio e i servizi alle imprese (-13%). Sono, in effetti, le cooperative di abitazione e di facchinaggio e pulizie che fanno segnalare i cali più significativi, mentre ci sono significative eccezioni come nella cooperazione sociale e nella produzione e lavoro e anche nel consumo. In realtà, in alcuni settori la tendenza pare essersi modificata nell’ultimo anno, in termini positivi per cultura e turismo (in calo di un quarto nel periodo 2008-12) e agroalimentare (+7%). A livello settoriale, la quota maggiore, il 30% è rappresentata dalle cooperative di servizi che, assieme al settore emergente della cooperazione sociale, costituiscono più della metà della base sociale. Seguono l’agroalimentare i settori con maggiori tradizioni storiche all’interno del movimento cooperativo, oggetto di profondi processi di concentrazioni e fusioni aziendali. Risultano aderenti all’Alleanza circa il 48% delle cooperative bolognesi (fonte Registro delle Imprese), ma si supera la metà se il riferimento diventano le sole società con dipendenti (fonte SMAIL-Unioncamere). Quest’ultimo dato è in linea con il grado di “rappresentatività” tra le cooperative che l’Alleanza ha a livello nazionale, ma, come vedremo, quella bolognese raggiunge quote maggiori a livello di occupazione e soprattutto di valori economici. In proposito, un riferimento interessante sul piano del peso del movimento cooperativo organizzato all’interno del fenomeno-cooperazione in provincia di Bologna è quello offerto dalla banca-dati AIDA (società di capitali e cooperative) e utilizzato in questo Rapporto per le analisi comparate sui dati di bilancio 2008-2012. All’interno di questo campione le cooperative dell’Alleanza sono il 5% del totale delle imprese bolognesi e il 42% con riferimento al sotto-insieme costituito dalla cooperazione.


capitolo secondo | la carta d’identità del movimento cooperativo della provincia di bologna

TABELLA 2 fonte aci bologna e imola

CARTA IDENTITÀ ACI 2012 - TOTALE | dati bilanci non consolidati Settore

Aderenti

Val. della produzione

Patrimonio

Occupati tot

Soci totali

Agroalimentare

64

€ 2.597.270.553

€ 899.326.010

5.937

13.953

Pl

48

€ 3.546.501.071

€ 1.865.014.587

6.850

3.391

Servizi

164

€ 3.713.223.936

€ 729.665.668

31.927

24.576

Abitazione

104

€ 96.257.198

€ 619.892.503

86

74.117

25

€ 3.681.185.182

€ 1.088.828.128

10.318

1.295.864

Sociale, sanità e mutue

118

€ 345.522.938

€ 44.600.639

8.569

46.053

Cultura turismo e sport

47

€ 73.374.045

€ 14.113.947

1.055

2.211

919

40.215

65.661

1.500.380

Consumo

Bancario*

7

Totale

Bancario*

Gruppo Unipol consolidato

577

€ 14.053.334.923

€ 5.261.441.482

Raccolta bancaria Diretta

€ 4.023.092.000

impieghi

€ 3.954.340.000

Raccolta bancaria Diretta

€ 10.737.000.000

Impieghi

€ 10.100.000.000

Raccolta assicurativa diretta

€ 11.802.000.000

Occupati

14.520

CARTA IDENTITÀ ACI 2012 - CAMPIONE 2012 Val prod

incidenza sul totale aderenti

€ 9.091.078.856

64,69%

€ 1.430.185

95,32%

€ 53.776

81,90%

171

29,43

Soci Addetti Cooperative

2013 - 2012 CAMPIONE 2013 Val prod Soci Addetti Coop

2012

€ 8.773.098.812

€ 9.091.078.856

-3,50%

€ 1.485.351

€ 1.430.185

+3,86%

€ 54.501

€ 53.776

+1,35%

165

171

75


76

1,4%

delle cooperative ACI di tutta Italia La cooperazione bolognese è caratterizzata dalle coop di produzione lavoro, di servizi alle imprese e di distribuzione.

l’impresa comune | seconda parte

I dati evidenzieranno la maggior rappresentatività nei confronti del tessuto imprenditoriale bolognese e cooperativo più consolidato organizzativamente ed economicamente. Più in generale, l’impressione è che sia la nuova cooperazione a essere meno intercettata dalle Centrali, o quantomeno che il rapporto associativo nasca più facilmente quando la cooperativa ha superato la fase dello start-up. In effetti, come emergerà più chiaramente dall’analisi dei dati economici, la strategia di sviluppo del movimento cooperativo organizzato bolognese è stata particolarmente incentrata sul consolidamento e accompagnamento verso una maggiore strutturazione del tessuto imprenditoriale bolognese, che in diversi casi e settori ha significato anche favorire i processi di integrazione e fusione tra le realtà di base, a esempio per combattere la crisi e le difficoltà di mercato. Tornando alla “mappatura” delle cooperative, tra quelle non aderenti è evidente la polarizzazione su due settori, servizi alle imprese e costruzioni, che rappresentano poco meno dei due terzi del totale, mentre all’interno dell’Alleanza un significativo ruolo delle cooperative di servizi alle imprese (circa il 28%) si accompagna a una più omogenea presenza in diversi altri settori quali l’abitazione, l’assistenza sociale e i servizi alla persona, l’agroalimentare, le costruzioni etc Più articolata è comunque la comparazione a livello settoriale tra movimento cooperativo organizzato e cooperazione non aderente, dove, sul piano numerico, i due “poli” sono, da una parte l’agroalimentare, nel quale la rappresentatività sale ai due terzi a favore dell’Alleanza e, dall’altra, costruzioni, commercio e servizi alle imprese (sostanzialmente pulizie e facchinaggio) nei quali scende, invece, attorno a un terzo del totale. E sono più del 50% le cooperative sociali che si riconoscono nel movimento cooperativo organizzato Non meno importante è la definizione del posizionamento della cooperazione bolognese all’interno della cooperazione organizzata a livello nazionale, sia per la storia, sia per il contributo di idee, esperienze, progetti, risorse e uomini allo sviluppo complessivo del movimento cooperativo e alla promozione e definizione delle sue strategie globali e settoriali, nonché per legittimare una leadership ancora molto forte. Nell’ Alleanza essa rappresenta circa l’1,4% delle cooperative a livello nazionale e il 17% a quello regionale. Significativamente sopra queste medie si collocano i settori della produzione e lavoro (costruzioni e industria), dei servizi alle imprese e della distribuzione, che contribuiscono molto a caratterizzare la cooperazione bolognese, soprattutto all’interno del movimento cooperativo nazionale.

I soci I rapporti associativi gestiti dall’Alleanza sono più di un milione 540mila. È più della popolazione di Bologna, perché, specie nel consumo (ma in parte anche nell’agroalimentare), la rete dei soci delle cooperative bolognesi si estende oltre la provincia e la regione.


capitolo secondo | la carta d’identità del movimento cooperativo della provincia di bologna

Negli ultimi cinque anni, quelli della crisi, l’incremento (che è stato positivo ogni anno, pur con un certo rallentamento nel 2013) è stato di oltre il 20%. L’effettivo numero di soci persone fisiche e giuridiche associate, residenti in provincia di Bologna, è ben superiore a 600.000, tenendo conto anche della possibilità di adesione a più cooperative. Ciò ci porta ad affermare che poco meno di tre bolognesi maggiorenni su quattro sono soci di almeno una cooperativa. A livello settoriale il comparto di gran lunga prevalente è quello del consumo, dove si concentrano oltre i due terzi dei soci, con un tasso di crescita dal 2008 di circa il 21%, davanti all’altra storica forma di cooperazione di utenza, quella di abitazione, che rappresenta circa il 12%, con un numero di soci rimasto sostanzialmente stabile nell’arco del quinquennio a causa del calo registrato nell’ultimo anno per l’acuirsi di alcune situazioni di crisi aziendale. Seguono, molto staccate, la cooperazione sociale, che è arrivata a rappresentare il 6% della base sociale “territoriale” grazie a uno dei trend di crescita più alti nel periodo in esame, oltre il 30%, le banche di credito cooperativo con poco più del 5% (+25% dal 2008) e le cooperative di lavoro (servizi, costruzioni e industria), che sono vicine al 4,5% del totale ed hanno avuto una crescita di circa il 28%, frutto, peraltro, più della componente dei servizi, che non degli altri due comparti, e con un’inversione di tendenza (-1%) nel 2013. Sono in crescita, in particolare nell’ultimo anno, anche gli associati del settore agro-alimentare (oltre il 4%), nonostante il calo delle aziende agricole in provincia per il noto invecchiamento della componente produttiva dei coltivatori. Continua ad aumentare, quindi, la capacità di “rappresentare” e tutelare gli interessi del mondo agricolo da parte del modello cooperativo e di assicurare a esso un futuro ancora di protagonismo nell’economia e nel territorio, anche di fronte alle sfide dell’internazionalizzazione. Infine, importante è la crescita – di oltre un terzo – di un settore rivitalizzato e in parte nuovo come quelle delle mutue e della sanità, mentre si è arrestata nell’ultimo anno l’emorragia di soci nelle cooperative culturali e turistiche che si erano quasi dimezzati nel periodo 2008-12. All’interno dell’Alleanza delle Cooperative Italiane quella bolognese rappresenta il 12% dei rapporti associativi; il 5% dei soci, con riferimento a quanti effettivamente residenti sul territorio provinciale. A livello regionale si arriva rispettivamente al 46% e al 19%. In entrambi i casi la quota maggiore è concentrata nel consumo e nella cooperazione di lavoro (servizi, costruzioni e industria). In provincia di Bologna oltre la metà dei soci delle cooperative sono donne, in particolare grazie alla rilevanza del settore del consumo. La maggioranza è femminile anche nelle basi sociali delle cooperative sociali e di quelle degli altri servizi alla persona e alle imprese. Dal momento che, nel periodo in esame, sono maggiormente cresciuti di numero i soci dei settori nei quali la componente delle donne è fortemente maggioritaria, è conseguentemente aumentato anche il divario nei confronti di quella maschile. All’interno dei consigli di amministrazione delle cooperative le donne rappresentano circa il 25% e il dato risulta tendenzialmente in crescita a ogni rinnovo delle cariche, in particolare per il crescente ruolo delle tipologie cooperative in cui sono maggiormente protagoniste. L’Alleanza stima che gli stranieri oramai rappresentino tra l’8 e il 10% dei soci

77

12%

dei soci di cooperative ACI di tutta Italia Un po' meno della metà dei soci di cooperative ACI bolognesi risiede effetivamente sul territorio.


78

l’impresa comune | seconda parte

delle cooperative bolognesi, la loro presenza si concentra nelle cooperative di produzione, lavoro e servizi, comprendendo tra queste ultime anche quelle sociali. Infine, per quanto riguarda le persone giuridiche, e cioè altre aziende (soprattutto artigianali o individuali) associate in forma cooperativa, poco meno del 70% sono concentrate nei servizi alle imprese e nelle costruzioni, seguono l’agroalimentare (13%) e il commercio (10%) e infine i servizi sociali e alla persona. Un’ultima considerazione, se ai soci-lavoratori delle cooperative di produzione, lavoro e servizi aggiungiamo quelli delle cooperative sociali, possiamo affermare che oltre la metà dell’occupazione creata nell’Alleanza ha una “qualifica” particolare a prescindere dalle specifiche attività lavorative svolte, quella di essere composta da “imprenditori di se stessi”.

+13%

Gli occupati

di occupati

Le cooperative di ACI Bologna e Imola stimano una crescita occupazionale dal 2009 al 2013.

Uno dei risultati più importanti ottenuto dal sistema di imprese che fa capo all’Alleanza delle Cooperative di Bologna riguarda l’occupazione – per oltre due terzi realizzata dalle cooperative e per il resto dalle società di capitali aderenti al movimento cooperativo (non è ricompresa l’Unipol) – che è complessivamente cresciuta di quasi il 13% dal 2009. Bologna rappresenta il 6% dei posti di lavoro creati dalla cooperazione italiana e il 40% di quelli regionali. Per la sua storica vocazione, il 59% di essi sono concentrati nella cooperazione di lavoro (servizi, industria e costruzioni) e rappresentano oltre l’8% del totale settoriale nazionale. E per poco meno del 70% si tratta di soci-lavoratori, una percentuale più alta di quella nazionale che si ferma ai due terzi; entrambi sono comunque dati che danno chiaramente il senso del valore e della dimensione della scelta della mutualità mantenuta nel tempo. Al secondo posto, per numero di occupati c’è la grande distribuzione (oltre il 15% del totale) e quindi la cooperazione sociale (per le cui caratteristiche valgono buona parte delle considerazioni già fatte per quella di lavoro) con il 13% del totale e l’agroalimentare, sceso al 9%. Sia il settore bancario e sia cultura/turismo rappresentano individualmente una quota attorno all’1,6% dell’occupazione creata dall’Alleanza. Non è ricompreso il gruppo Unipol che, da solo, rappresenterebbe oltre il 12% dell’occupazione creata dal resto del sistema cooperativo, peraltro distribuita in tutto il Paese. Già questi dati anticipano la presenza di trend piuttosto differenziati tra i settori nel periodo esaminato, che hanno influenzato anche l’andamento complessivo dei singoli anni, con un 2010, a esempio, che risulta essere stato il più difficile per l’occupazione (-1,8%) e il 2011, invece, di forte crescita in proposito. Cali e incrementi sono stati piuttosto concentrati a livello settoriale e di singoli anni (non necessariamente gli stessi), a parte la grande distribuzione che evidenzia l’andamento più regolare nel tempo (+5%). La crescita più significativa è avvenuta nei servizi alle imprese (+30%, determi-


capitolo secondo | la carta d’identità del movimento cooperativo della provincia di bologna

nante in particolare il 2011), che hanno assorbito l’88% della nuova occupazione creata nei quattro anni in esame. Contenuto è stato l’aumento (+4%) negli altri settori della cooperazione di lavoro, industria e costruzioni, maggiormente colpiti dalla crisi economica, che, però, sono tornati a crescere in termini occupazionali a partire dal 2011. È aumentato di poco più del 2% il settore agroalimentare, anche se la tendenza (pur molto circoscritta) è stata negativa nell’ultimo anno. Stazionaria, invece, risulta, nell’arco del periodo in esame, la cooperazione sociale, che però ha ripreso la sua crescita dopo le difficoltà del 2010. Per il 2013 sono disponibili solo dati campionari, che evidenziano un forte rallentamento della crescita dell’occupazione (+1%), che rimane circoscritta alla cooperazione sociale e alla grande distribuzione, mentre per gli altri settori o si inverte il trend o si conferma quello di calo seppur contenuto. All’interno dell’Alleanza circa il 90% dei contratti di lavoro dipendente è a tempo indeterminato, quello a tempo determinato è rilevante solo nell’agroalimentare, dove arriva al 30% del totale e nella cooperazione sociale, dove rappresenta poco meno del 17%. Rispetto alla base sociale delle cooperative è ancora più evidente lo scarto a favore delle donne a livello di occupazione: in particolare grazie al terziario sono due terzi del totale. Nel periodo in esame il divario si è comunque leggermente ridimensionato per il differente trend settoriale che, a esempio, ha privilegiato gli uomini come, in particolare, nell’agroalimentare. Se si vuole usare questo osservatorio (quello dell’andamento dell’occupazione) per valutare l’impatto della crisi economica, si può certo dire che non ha colpito in maniera uguale e soprattutto non negli stessi anni i vari settori e comparti della cooperazione e, come vedremo a proposito dell’indagine congiunturale, l’obiettivo di gran lunga prevalente per l’anno in corso resta quello di mantenere i livelli occupazionali raggiunti.

I risultati economici La base di partenza per questa analisi è stata costituita dalle elaborazioni realizzate dall’Ufficio Studi nazionale dell’Alleanza delle Cooperative Italiane (e presenti sul sito dell’Alleanza delle Cooperative Italiane) e dai dati raccolti all’interno delle singole associazioni che compongono l’Alleanza delle Cooperative di Bologna e Imola. La cooperazione bolognese conferma il suo forte e consolidato ruolo, visto che rappresenta il 14% del valore della produzione cooperativa nazionale consolidata (aziende con bilanci dal 2008 al 2012). Il suo peso è ulteriormente confermato dalla comparazione con i dati dell’Emilia-Romagna, la regione leader con oltre il 40% dei principali valori economici a livello nazionale e oltre il 53% riferito al solo Nord1 anche se numericamente conta per poco più del 18% delle cooperative.

79

7/10

7 cooperative tra le prime 10 aziende La cooperazione bolognesi conta molte eccellenze tra le migliori imprese industriali e di servizi.


80

+9%

di fatturato Il sistema bolognese delle coop ACI è cresciuto fra il 2008 e il 2012 del 12%; nel 2013 la crescita vede una flessione di circa 3 punti.

l’impresa comune | seconda parte

Tra le prime 10 aziende bolognesi industriali e di servizi (esclusi credito e assicurazioni) 7 sono cooperative (o società di loro proprietà) e sono 10 tra le prime 20, con oltre il 53% del relativo fatturato realizzato nel 2012, e 20 tra le prime 50. La prima azienda non cooperativa o non a capitale pubblico è al dodicesimo posto. In quasi tutti i principali comparti merceologici (dall’agroalimentare all’industria, alle costruzioni, al commercio, alla ristorazione, ai trasporti, ai servizi alle imprese) c’è almeno una cooperativa della provincia di Bologna tra le “top-five” dell’Emilia-Romagna. Poco meno di un quarto delle prime cento aziende bolognesi è cooperativa o società controllata e tutte hanno chiuso in utile il bilancio 2012, a fronte di circa il 18% delle altre imprese di quello stesso campione che invece hanno registrato delle perdite. Quelle bolognesi rappresentano, all’interno dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, poco meno del 11% delle grandi cooperative (le imprese con almeno 50 milioni di fatturato nel 2012), ma con il 14% del fatturato, al netto delle società di capitali controllate, e circa il 23% del patrimonio netto. Nel corrispondente campione generale (di grandi imprese private) a livello provinciale le cooperative sono il 17%. La cooperazione in provincia di Bologna interessa l’intero spettro delle attività economiche, evidenziando in alcuni settori e comparti una presenza estremamente rilevante tale da condizionarne fortemente l’andamento. A livello aziendale è al primo posto nell’agroalimentare (dal latte e derivati, allo zucchero, ai succhi di frutta, all’ortofrutta fresca e trasformata, alla lavorazione di carni e salumi), nell’industria metalmeccanica, nelle costruzioni, nella distribuzione, nella ristorazione, nelle assicurazioni – molto spesso con ruoli di leadership anche a livello nazionale – e poi anche nei servizi alle imprese e nei servizi sociali. Il fatturato realizzato complessivamente dal sistema di imprese che fa capo all’Alleanza è cresciuto negli anni fra il 2008 e il 2012 del 12%, la stima per il 2013 è una flessione della crescita di circa 3 punti percentuali. È un risultato fortemente condizionato dagli andamenti differenziati dei vari settori che compongono la cooperazione bolognese e anche dei singoli anni che hanno alternato performance positive e negative, segno di una crisi economica con cui ha dovuto fare i conti anche la cooperazione. In proposito, è molto forte la polarizzazione della cooperazione bolognese su tre macro-settori, che rappresentano, peraltro, specifiche, storiche tipologie cooperative (distribuzione, agroalimentare e produzione e lavoro) con quasi il 97% del valore della produzione, rispetto a poco meno del 95% nell’Emilia-Romagna e all’87% nel Paese. Seppure molto graduale, è però in crescita il ruolo degli altri settori, in particolare della cooperazione sociale, che tra il 2008 e il 2012 ha aumentato i ricavi di oltre il 27%, un risultato inferiore al solo settore dei servizi alle imprese, che ha aumentato di quasi un terzo il proprio fatturato, confermando la propria leadership (rappresenta oltre un quarto del totale) all’interno del mondo cooperativo. Subito dopo, come volumi (quasi equivalenti anche in termini percentuali), viene il commercio (in realtà la grande distribuzione), cresciuta del 23%. Sono i settori nei quali si è concentrato, anche in termini quantitativi, lo sviluppo del fatturato cooperativo determinandone il segno “+” alla fine del periodo preso in esame, che abbiamo chiamato “gli anni della crisi”.


capitolo secondo | la carta d’identità del movimento cooperativo della provincia di bologna

Pr quanto riguarda gli altri settori, stazionario risulta l’agroalimentare, così come il settore della cultura e turismo, dopo una interessante crescita maturata nel 2010, che peraltro incide poco economicamente. Leggermente in calo (-1,5%) è la produzione e lavoro (industria e costruzioni), che però, con la parziale eccezione dell’ultimo anno, appare in ripresa dopo un 2009 (-18% rispetto al fatturato 2008) davvero negativo. In forte crescita risulta il rilanciato settore sanitario e mutue ma in questo caso si partiva da valori economici molto limitati. Infine. la vera crisi, che è quella del settore edilizio in generale, si è manifestata nella cooperazione di abitazione, che in quattro anni ha dimezzato le proprie attività. Per quanto riguarda il settore bancario, rappresentato sostanzialmente dalle banche di credito cooperativo, i dati rilevanti sono la raccolta diretta (+12% tra il 2008 e il 2012) e gli impieghi (+8%), che, oltre a un perdurante stadio di sviluppo, evidenziano un atteggiamento ben diverso da parte del modello cooperativo, rispetto al resto del sistema bancario, anche in termini di radicamento nel territorio e attenzione per lo sviluppo locale. In genere non entra nelle statistiche del movimento cooperativo organizzato il gruppo Unipol, anche per le sue caratteristiche societarie, il settore di attività e le dimensioni di leadership nazionale raggiunte, ma ne fa parte. Nel periodo 20082012 la raccolta di premi assicurativi è cresciuta del 49% e quella della sezione bancaria del 23%. Gli impieghi sono aumentati dell’11%. Certo, sono risultati condizionati dalle acquisizioni societarie effettuate nel frattempo, ma evidenziano una fase di sviluppo in corso nonostante il perdurare della crisi economica.

Redistribuzione della ricchezza: ristorno e 3% La cooperazione redistribuisce la ricchezza prodotta alla comunità, attraverso i propri soci, in vari modi. Uno di quelli che la contraddistingue è il ristorno e cioè la restituzione ai soci di una parte dei profitti della cooperativa, in base all’intensità e qualità del rapporto mutualistico, come maggiore remunerazione dei fattori conferiti (prodotti o lavoro) o minore costo dei servizi acquistati. In proposito sono disponibili solo dati campionari, che però coprono il 40% delle cooperative associate all’Alleanza e oltre la metà del fatturato realizzato nei settori interessati (agroalimentare, consumo, costruzioni, industria e servizi, cooperazione sociale) Nel 2012 sono stati distribuiti ai soci come ristorno quasi 30 milioni di euro, 12 in più dell’anno precedente, e complessivamente negli ultimi 5 anni si è trattato di 105 milioni di euro, con un trend disomogeneo nel tempo, che peraltro ha portato al raddoppio della cifra rispetto al 2008. Sul piano della ripartizione a livello settoriale, agroalimentare, cooperazione di lavoro e consumo praticamente si equivalgono, con un terzo del totale a testa, conseguenza però di un andamento e di politiche aziendali fortemente differenziate tra di loro. Nel primo il ristorno è una pratica temporale sicuramente più recente, ma in forte crescita anno dopo anno,

81

+12

milioni di euro distribuiti ai soci come ristorno Nel 2012 c'è stato un notevole incremento rispetto all'anno precedente, e il raddoppio dell'importo del 2008.


82

15

milioni di euro per la promozione cooperativa e occupazionale Negli ultimi 5 anni le cooperative hanno versato una cifra considerevole nonostante il trend negativo rispetto agli anni prima della crisi.

l’impresa comune | seconda parte

nel 2012 l’agroalimentare è arrivato a rappresentare oltre il 60% del totale del ristorno erogato ai soci. Nel consumo il ristorno, in pratica, incarna “storicamente” il vantaggio mutualistico, ma negli ultimissimi anni pare essere diventato molto meno rilevante nelle strategie aziendali e nei rapporti con i soci. All’interno della cooperazione e lavoro solo nell’industria e nelle costruzioni ha un andamento regolare e stabile nel tempo, che risulta strettamente integrato con il particolare tipo di rapporto mutualistico che sussiste tra socio-lavoratore e cooperativa. L’analisi dei bilanci consente di evidenziare gli obiettivi perseguiti dalle cooperative attraverso la promozione del ristorno: arricchire la funzione mutualistica e quindi la fidelizzazione dei soci e nel contempo valorizzare la qualità del loro apporto, il tutto nell’ambito di strategie finanziarie particolarmente attente a potenziare le leve dell’autofinanziamento e una capitalizzazione che non “penalizzi” il socio. Anche così si genera e consolida fiducia, coinvolgimento e quindi partecipazione nella base sociale. Uniche tra le varie forme di imprese, le cooperative devono destinare per legge il 3% degli utili netti aziendali a fondi nazionali promossi dal movimento cooperativo e dal competente Ministero per la promozione cooperativa e occupazionale nel Paese, con particolare riferimento al Mezzogiorno. Negli ultimi cinque anni le cooperative aderenti all’Alleanza (al netto delle banche di credito cooperativo) hanno versato ai fondi mutualistici 15 milioni di euro; il trend è stato inevitabilmente negativo negli ultimi anni, per la compressione degli utili a favore di altri obiettivi aziendali, ma in ogni caso la cifra è restata anno dopo anno di assoluto rispetto. Il contributo complessivo maggiore è venuto dalla grande distribuzione (29% del totale, unico dato tendenzialmente costante negli anni), seguita dall’industria (23%), dalle costruzioni (18%) e dall’agroalimentare e servizi alle imprese con la medesima quota (12%).

TERZO QUADRIMESTRE 2013: principali dinamiche congiunturali dell’economia cooperativa L’estrapolazione dei dati provinciali e regionali (che evidenziano, sostanzialmente, gli stessi valori) dalla prima indagine congiunturale predisposta dall’Ufficio Studi dell’Alleanza delle Cooperative italiane2 conferma linee di tendenza comuni per la cooperazione a livello territoriale e a quello nazionale, pur con alcune lievi accentuazioni per il quadro provinciale e regionale, a volte in termini negativi, a volte in quelli positivi. Spesso, peraltro, queste ultime sono da mettere in relazione – come vedremo – con la particolare caratterizzazione a livello settoriale della cooperazione bolognese ed emiliano-romagnola. Resta dimostrata la sostanziale tenuta del tessuto cooperativo nel suo complesso, almeno quello più consolidato dimensionalmente ed economicamente. Ciò che conta nella prima analisi congiunturale sul terzo quadrimestre 2013 (presentata a gennaio 2014) è l’attenzione per lo “strumento cooperativo”, che


capitolo secondo | la carta d’identità del movimento cooperativo della provincia di bologna

83

conferma duttilità, capacità dia adattamento e forza rispetto ai condizionamenti esterni che vengono dagli specifici settori, di fronte a una crisi che ha inevitabilmente colpito diversamente le varie attività e quelle di produzione rispetto ai servizi, quelle soggette o meno a una concorrenza solo interna o internazionale e i diversi mercati di riferimento, privati o pubblici.

La domanda Viene confermato a livello provinciale e regionale il dato nazionale relativo al tendenziale peggioramento nel corso dell’anno dell’andamento della domanda, quantomeno fino al terzo quadrimestre compreso del 2013, ma si evidenzia, per l’ultimo quadrimestre, qualche piccola differenza a favore dell’Emilia-Romagna e di Bologna in termini di valutazioni relativamente meno pessimistiche (il 56,5% delle cooperative che definisce basso il livello degli ordini, rispetto a poco meno del 58% del dato nazionale), o comunque di normalità della domanda (40,5% a fronte di un 37,8% in Italia). È, invece, più evidente la quota delle valutazioni positive sugli ordini della media nazionale,: 4,5% rispetto al 3,1% del dato territoriale. Va, però, detto che per le cooperative bolognesi è significativamente maggiore, rispetto al quadrimestre precedente, la quota di chi ha segnalato un aumento della domanda (oltre l’8%, dato peraltro inferiore rispetto a quello nazionale di un paio di punti), a scapito di chi, invece, l’ha stimata in diminuzione, che rappresenta meno di un terzo del totale3. La maggioranza significativa delle cooperative, il 60,6%, ha valutato come invariato il livello della domanda. Non si evidenzia una significativa inversione del ciclo congiunturale per l’ultimo quadrimestre del 2013, ma almeno qualche timido segnale di possibile cambiamento positivo, peraltro colto di più a livello nazionale che non a quello territoriale. Meno deludente (e senza significative differenze a livello territoriale) è risultata la dinamica congiunturale della domanda estera. Nell’ultimo quadrimestre del 2013 per quasi la metà (il 49,5%) delle imprese che si rivolgono ai mercati esteri il livello della domanda è giudicato normale. I giudizi di insoddisfazione si attestano al 36,4%. Il 14% delle strutture ha giudicato, invece, alto il livello della domanda estera negli ultimi quattro mesi dell’anno. Sul fronte dei prezzi di vendita le cooperative bolognesi sono riuscite in gran parte (oltre il 70%) a mantenerli stabili negli ultimi quattro mesi dell’anno, a fronte della stagnazione dei consumi e, più in generale, del processo di decelerazione della domanda, mentre il 22% per presidiare il mercato di riferimento, ha dovuto abbassarli. Una quota marginale (circa il 6%) è riuscita ad aumentare i listini4. Comunque prevalentemente stabili sono restati anche i costi di fornitura.

Il fatturato Per quanto riguarda il fatturato 2013, in un contesto di decrescita dell’economia, il numero di grandi cooperative che ne registrano un aumento è più rilevante di quelle che ne denunciano una diminuzione; il contrario si verifica (con maggiore

60,6%

con domanda invariata La maggioranza significativa delle cooperative ha valutato come invariato il livello degli ordini a fine 2013.


84

l’impresa comune | seconda parte

intensità) per le PMI. Combinando le due opposte dinamiche, si può concludere che il fatturato complessivo è rimasto stabile o è leggermente aumentato rispetto al 2012. Sul piano numerico prevalgono chiaramente le indicazioni di calo del fatturato (38%, nove punti percentuali abbondanti rispetto al dato nazionale) rispetto a quelle di aumento (circa il 27%), al contrario di quanto risulta a livello nazionale, che arriva al 30%. Su questa differente performance incide il ruolo delle PMI. Anche la comparazione a livello di cooperative che hanno una sostanziale stazionarietà del volume di fatturato rispetto ai quattro mesi precedenti è negativa per il livello territoriale (quasi il 35%) rispetto a quello del Paese (oltre il 40%). Occorre, comunque, tener conto, rispetto ai dati complessivi sugli andamenti dei fatturati a livello settoriale già ricordati per la cooperazione bolognese e quella nazionale, che nell’indagine congiunturale si è valutato il numero delle cooperative e non la dimensione della crescita o del calo dei singoli fatturati aziendali.

La liquidità Non si smorzano le tensioni relative alla disponibilità di liquidità rispetto alle esigenze operative delle cooperative. Non si allentano, infatti, le tensioni sul fronte della gestione della tesoreria e permangono forti i problemi di liquidità sopportati dalle cooperative, spesso stremate dai mancati incassi e dai ritardi nei pagamenti. In particolare, il livello di liquidità rispetto alle esigenze operative è giudicato buono solo dal 27,5% (oltre il 31% a livello nazionale). E per la metà (oltre il 43% in Italia) il giudizio non va oltre la mediocrità. Il restante 22% (in questo caso più negativo il dato nazionale: oltre il 25%) delle cooperative bolognesi ha espresso un giudizio totalmente negativo, valutando come cattivo il livello di liquidità rispetto alle esigenze operative.

I pagamenti Non si registrano sostanziali miglioramenti sui tempi medi di incasso dei crediti vantati nei confronti della clientela pubblica e privata. In particolare, prosegue a rilento il pagamento degli arretrati dovuti alle cooperative dalla Pubblica Amministrazione, per quanto la situazione bolognese ed emiliano-romagnola (su questo piano) si presenti un poco migliore rispetto alla media nazionale5. Solo il 13-14% ha registrato un accorciamento dei tempi di pagamento, a fronte di un 23% delle cooperative che ha segnalato, invece, un loro aumento. rispetto al quadrimestre precedente. Per una buona maggioranza (una quota che si avvicina ai due terzi) delle imprese che lavorano con la Pubblica Amministrazione non c’è stata alcuna variazione significativa nel periodo in esame.

Il posizionamento competitivo Nel complesso più di due terzi delle cooperative bolognesi hanno percepito come invariato il proprio posizionamento competitivo nel mercato di riferimento. È


capitolo secondo | la carta d’identità del movimento cooperativo della provincia di bologna

però significativamente superiore la quota di quelle che ritengono peggiorata in proposito la propria situazione (poco più del 22%) rispetto a chi l’ha giudicata migliorata (poco più del 9%). E sono analisi riferibili anche al 2013 nel suo complesso e che risultano più negative, pur se in maniera limitata, rispetto alla media nazionale6. Ne deriva la conferma dell’ipotesi che quantomeno la maggior parte delle cooperative bolognesi abbia trovato maggiori difficoltà nel corso del 2013 rispetto all’anno precedente e che ciò sia dovuto in buona parte anche al maggiore ruolo di settori in forti difficoltà come l’industria e le costruzioni nell’economia cooperativa di questa provincia e dell’Emilia-Romagna rispetto al dato nazionale.

L’occupazione La tenuta dei livelli occupazionali, da sempre prerogativa delle cooperative, si è rivelata più difficile nel 2013 e non solo tra le PMI, diversamente dal passato. Nel complesso, sebbene circa i due terzi (la stessa media a livello nazionale) delle cooperative sia riuscito a mantenere stabili i livelli occupazionali negli ultimi quattro mesi dello scorso anno, sono prevalse, con poco meno del 21% del campione le indicazioni di contrazione in proposito delle rispetto a quelle di aumento, che si sono fermate al di sotto del 14%. Entrambi i risultati sono peggiori di poco più di un punto percentuale rispetto ai dati nazionali. A livello dimensionale, il saldo negativo prevale sia nelle grandi sia nelle PMI, anche con riferimento alla variazione segnalata nell’intero 2013. Ma nelle grandi cooperative si è registrato una superiore “polarizzazione” (attorno ai 4 punti percentuali) ai due estremi (sia crescita e sia diminuzione dell’occupazione) nelle grandi cooperative nei confronti della media delle imprese e soprattutto delle PMI. Nel complesso, l’occupazione, con ogni probabilità e per la prima volta nell’ultimo decennio, è diminuita, ma, se non altro, confrontando le valutazioni sull’intero anno rispetto a quelle relative all’ultimo quadrimestre, è diminuita di cinque punti (era infatti attorno al 25%) la quota delle previsioni di contrazione dell’occupazione a favore di quelle di stabilità in proposito. Certo, è presto per dire se il peggio sia alle spalle su questo piano, anche perché è pure calato, nel frattempo, la quota degli ottimisti seppur di poco (un paio di punti percentuali).

Gli ostacoli alle attività Per quanto riguarda le indicazioni sugli elementi che maggiormente condizionano la crescita e lo sviluppo delle cooperative, emergono le maggiori differenze tra le cooperative bolognesi ed emiliano-romagnole, da una parte, e il sistema cooperativo nazionale nel suo complesso, dall’altra. Per tutti prevalgono i fattori esterni su quelli interni, anche a prescindere dal perdurante stato di forte crisi economica, che, peraltro, resta inevitabilmente al primo posto nelle analisi delle cooperative assieme all’indicazione sulla scarsa domanda. Mentre, però, a livello nazionale ciò vale per oltre la metà delle cooperati-

85


86

18,5%

dei cooperatori lamenta il peso degli impedimenti burocratici sull'export La maggioranza assoluta delle cooperative che si rivolgono anche ai mercati esteri non incontra ostacoli rilevanti all’export; per gli altri, pesano i costi elevati e la documentazione da produrre.

l’impresa comune | seconda parte

ve (il 53,5%) per Bologna e l’Emilia-Romagna si scenda molto significativamente a meno di un quarto (23,6% per l’esattezza) del campione. Per queste ultime al secondo posto, molto staccata, c’è la concorrenza sleale e le offerte al massimo ribasso (10%), che percentualmente è superiore di pochi decimali al dato nazionale, ma che in quell’ambito viene solo al terzo posto, dopo la scarsa liquidità e il ritardo dei pagamenti amplificati dalle difficoltà di accesso al credito (segnalato dal 15%). Quest’ultimo fattore negativo, invece, viene al terzo posto per le cooperative bolognesi, segnalato solo dal 5%, al pari dell’eccesso di burocrazia, delle normative e del sistema fiscale che, nella media nazionale, vengono ancora dopo inefficienze interne e il costo del lavoro con, rispettivamente, il 6,9% e il 6,1% delle indicazioni. Quest’ultimo problema in provincia e in regione è rilevante per meno del 4% Marginali, infine, in termini di condizionamenti negativi sono considerati la difficoltà di reperire manodopera qualificata, la riduzione di fondi dalla Pubblica Amministrazione e gli impianti insufficienti o non adeguati, che non superano il 3% delle segnalazioni. Questi due ultimi ordini di problemi superano, invece, il 5% a livello nazionale. Da un’analisi complessiva si può dedurre un maggior ottimismo (o la percezione di minori difficoltà) da parte delle cooperative bolognesi ed emiliano-romagnole. Tenendo conto che nel questionario sulla congiuntura c’era la possibilità di esprimere più risposte, solo la metà di esse ha evidenziato ostacoli alle proprie attività rispetto alla stragrande maggioranza del campione a livello nazionale. E la rilevanza di ogni singolo fattore negativo è comunque sempre stata reputata minore per Bologna, probabilmente anche grazie a un contesto esterno reputato migliore e più attrezzato. È un dato che, peraltro, è già emerso dall’analisi comparata generale dell’economia e del quadro provinciali rispetto al resto del Paese. La maggioranza assoluta dei cooperatori (senza particolari differenze territoriali) che si rivolgono anche ai mercati esteri dichiara di non incontrare ostacoli rilevanti che precludono le attività legate all’export. Tra coloro che hanno indicato la presenza di fattori negativi che condizionano le esportazioni, il 40,7% dei cooperatori ha segnalato i costi e i prezzi elevati, il 25% altri motivi, in prevalenza legati alla difficile congiuntura economica, il 18,5% gli impedimenti burocratici (spesso amplificati dalla scarsa conoscenza dei mercati esteri, che si collega per lo più ai deficit organizzativi interni alle cooperative e alla carenza di personale qualificato per le attività legate all’internazionalizzazione), il 7,4% l’accesso al credito, il 3,7% i tempi di consegna e la qualità dei prodotti e servizi.

Il credito bancario Si segnalano indicazioni non positive sul fronte del credito anche per le cooperative, seppur circostanziate. E risultano accresciute (solo) per una minoranza, peraltro molto significativa. Quello del rapporto con le banche è, forse, l’ambito nel quale le cooperative bolognesi ed emiliano-romagnole rilevano uno status migliore e in termini significativi rispetto al quadro nazionale. In particolare si registra uno scarto di 9 punti (22% rispetto al 31%) per quanto riguarda la quota di operatori che ha segnalato un aumento dello spread bancario nell’ultimo quadrimestre del 2013, che resta


capitolo secondo | la carta d’identità del movimento cooperativo della provincia di bologna

significativo, pur scendendo a 7 punti (67,5% contro il 60,4%), con riferimento alle cooperative per le quali il costo del denaro è rimasto sostanzialmente invariato. E ancora, è maggiore la quota, pur risicata, di quanti sono riusciti a contrattare un ribasso dei tassi di interesse (9,6% a fronte dell’8,6%). Per quanto riguarda le garanzie richieste sui finanziamenti in essere, non tende a diminuire la pressione degli istituti di credito, ma anche in questo caso la situazione è significativamente migliore a livello bolognese. Si attesta al 24,3% (rispetto al 35% della media nazionale) la quota di cooperatori che ha segnalato richieste aggiuntive a garanzia dei finanziamenti erogati da parte delle banche. Il 72,2% (a fronte del 62,5%) degli intervistati non ha registrato, invece, alcuna variazione. E solo il 3.5% (quasi un punto in più del 2,6% registrato a livello nazionale) ha segnalato una attenuazione delle garanzie richieste. In definitiva, dal maggior potere contrattuale nei confronti del sistema creditizio della cooperazione bolognese emerge la conferma di un suo significativo consolidamento economico e radicamento che lo rende un interlocutore generalmente affidabile per storia, risultati e prospettive e che coglie i risultati del processo realizzato con successo di crescente patrimonializzazione e ristrutturazione interna. E lo stesso può dirsi per i frutti di un efficace e capillare sistema di servizi in campo finanziario che fanno perno sul sistema di garanzia-fidi e che indubbiamente può contare anche sulla collaborazione di quella parte del sistema bancario più attenta alle peculiarità della formula cooperativa e alle esigenze di sviluppo del territorio. Ciò non significa, come si vedrà, che manchino i problemi nell’ulteriore accesso al credito alle condizioni e per gli importi richiesti, in particolare con riferimento alle piccole/medie imprese. e alla loro richiesta di nuovi affidamenti.

Previsioni congiunturali per il 2014 Nonostante gli annunci di una ripresa, comunque timida, fragile e diseguale, le previsioni dei cooperatori sulla tendenza generale dell’economia italiana non concedevano molto all’ottimismo all’inizio di questo 2014. Un diffuso scetticismo regnava tra i cooperatori nei confronti di una ripresa in tempi brevi del Sistema-Paese. E questo sentiment era ancora più radicato tra i cooperatori bolognesi e regionali: oltre il 61% degli intervistati (a fronte di poco più del 57% della media nazionale), infatti, prevedeva ancora un andamento stazionario dell’economia italiana, senza quindi definitive correzioni del ciclo congiunturale nei successivi 4/5 mesi. Inoltre, solo meno del 5% dei cooperatori (con uno scarto significativo rispetto all’8,2% del dato italiano) si definiva fiducioso e credeva che l’economia italiana potesse invertire la rotta nel breve termine. E infine in oltre un terzo dei casi (senza sostanziali differenze a livello territoriale) prevaleva il pessimismo, perché non solo non si vedeva la fine del tunnel, ma si temeva un ulteriore prossimo avvitamento recessivo.

87


l’impresa comune | seconda parte

88

GRAFICO 10 Tendenza generale dell’economia nazionale nei prossimi 4/5 mesi FONTE. ELABORAZIONI UFFICIO STUDI ALLEANZA DELLE

Il saldo negativo nei giudizi sul futuro del Sistema Italia, poi, prevaleva in tutte le classi dimensionali d’impresa,anche se risultava maggiore tra le PMI rispetto alle grandi imprese.

COOPERATIVE ITALIANE

8,8

14,9

La seconda indagine congiunturale dell’Ufficio-Studi nazionale dell’Alleanza delle Cooperative (presentata a maggio 2014) sul primo quadrimestre 2014 e con le previsioni per i 4/5 mesi successivi, però, evidenzia i primi segnali di un cambiamento.

Le attese sulla domanda

76,3

STAZIONARIO

FAVOREVOLE

IN DIMINUZIONE

GRAFICO 11 Tendenza della domanda nei prossimi 4/5 mesi FONTE. ELABORAZIONI UFFICIO STUDI ALLEANZA DELLE COOPERATIVE ITALIANE

11,3

La domanda interna rimane prevalentemente ancora stazionaria, ma le attese a breve sul livello degli ordini e, più in generale, sulla domanda cominciano a migliorare rispetto alla previsione di inizio anno. Scende di un punto, al 65,2%, la quota di coloro che non hanno previsto variazioni significative della domanda e degli ordini a breve termine. Le attese positive prevalgono, ora, su quelle pessimistiche: il 23,5% degli operatori attende, infatti, un affievolimento del trend negativo e una timida risalita della domanda a breve (era il 15% a inizio anno); per converso, scendono a poco più dell’11% (era al 21%) i cooperatori che si attendono una diminuzione della domanda per i prossimi mesi. Il miglioramento delle previsioni sull’evoluzione della domanda interessa tutte le classi dimensionali d’impresa, ma in particolari quelle più grandi.

Il valore della produzione

23,5

Il perdurare della debolezza della domanda contribuisce a congelare i listini, stimati stazionari dal 79% del campione, in diminuzione per il 16,5% e in crescita per il restante poco più del 4%.

65,2

STAZIONARIO IN AUMENTO

IN DIMINUZIONE

C’è però un miglioramento in termini di attesa sul fatturato relativo al 2014, peraltro limitato al calo, rispetto all’inizio dell’anno, della percentuale dei pessimisti che prevedono un contrazione (da oltre il 30% al 20%) e al contemporaneo incremento (dal 49% a poco meno del 56%) di chi stima un andamento stazionario dei ricavi. Simile, invece, attorno al 20%


capitolo secondo | la carta d’identità del movimento cooperativo della provincia di bologna

resta la quota degli ottimisti (rispetto a una crescita del fatturato nei prossimi mesi), la più “minoritaria”, se così si può dire, che è maggiore tra le grandi imprese rispetto alle PMI.

89

GRAFICO 12 Variazione del totale occupati rispetto al quadrimestre precedente FONTE. ELABORAZIONI UFFICIO STUDI ALLEANZA DELLE COOPERATIVE ITALIANE

Le attese sull’occupazione Le indicazioni sulla dinamica attesa dell’occupazione confermano il momento di difficoltà che stanno attraversando le cooperative, pur perseverando sostanzialmente nella loro funzione di tutela in proposito, e che sembra destinato a perdurare anche per i prossimi mesi. Si attenuano, comunque, rispetto all’inizio dell’anno, le aspettative di tensione e di deterioramento delle condizioni nel mercato del lavoro e ora si bilanciano le attese di crescita rispetto a quelle di un calo, entrambe attorno al 14%; nella prima indagine congiunturale erano rispettivamente a poco meno del 9% e al 22,7%. E cresce la forte maggioranza dei cooperatori intervistati (dal 69% a oltre il 72%) che non prevede di ridurre gli organici nei mesi successivi. Le preoccupazioni sul fronte occupazionale sono diffuse a ogni livello dimensionale, ma di più tra le grandi cooperative, tra le quali, però, è anche comparativamente maggiore la quota degli ottimisti.

Le attese sugli investimenti Sebbene non siano venuti meno i fattori esterni e interni che hanno accentuato la cristallizzazione della spesa per investimenti nel 2013, le prospettive in proposito per i prossimi mesi sembrano essere un po’ più favorevoli in ambito cooperativo, ma meno, in questo caso, rispetto a inizio anno. In tal senso, le indicazioni di aumento continuano a prevalere su quelle di diminuzione, ma scendono da quasi il 27% al 22% a fronte della tendenziale stabilità, attorno al 18%, di chi, invece, ridurrà le dimensioni degli investimenti. Conseguentemente, cresce la percentuale (da circa il 55% al 59,6%) – già prima maggioritaria – delle imprese che prevedono, per il 2014, gli stessi livelli di investimenti dell’anno precedente.

13,0

19,1

67,8

STAZIONARIA IN DIMINUZIONE

IN AUMENTO


l’impresa comune | seconda parte

90

GRAFICO 13 Tendenza degli investimenti per l’anno prossimo FONTE. ELABORAZIONI UFFICIO STUDI ALLEANZA DELLE COOPERATIVE ITALIANE

18,4

59,6

All’interno di questa quota, peraltro, è ancora rilevante il numero delle cooperative che, a causa dell’erosione dei margini e della redditività delle cooperative, delle difficoltà di accesso al credito e dei livelli inutilizzati di capacità produttiva (stimati attorno al 25%) tendono a rinviare, sostanzialmente, le scelte di investimento a quando il quadro economico apparirà meno incerto e più favorevole. In ogni caso, e il dato non sorprende alla luce di quanto finora rilevato e delle prossime considerazioni, le prospettive più favorevoli all’aumento degli investimenti provengono, soprattutto, dalle grandi imprese.

21,9

Le attese sul credito bancario

STAZIONARI IN AUMENTO

IN DIMINUZIONE

Le prospettive di crescita della spesa per investimenti sono, spesso, correlate alla normalizzazione delle condizioni di accesso al (nuovo) credito bancario, che paiono migliorare rispetto a inizio anno. Al 21% degli operatori (erano il 38%) che si è rivolto alle banche nel primo quadrimestre del 2014 per un prestito o è stato negato (si tratta del 14%, era di oltre il 26% a inizio anno), oppure è stato erogato in misura inferiore alle richieste (è il 7%, era quasi il 12%). È conseguentemente arrivata al 79% la quota delle cooperative che ha visto andare a buon fine la propria richiesta di nuovi finanziamenti. Forse è presto per parlare di un allentamento definitivo della stretta creditizia, ma almeno pare non esserci il paventato avvicinarsi di una sorta di “tetto” all’esposizione bancaria nei confronti della cooperazione, quantomeno di minori dimensioni produttive e patrimoniali. Resta il fatto che la problematica del rapporto con il sistema creditizio riguardi ancora circa il 40% delle PMI.

Le prospettive per il futuro Per quanto riguarda, infine, le prospettive generali per il futuro della cooperativa, rimane maggioritaria, ma in calo (da oltre il 52% al 51,6%), la quota delle cooperative che prevedono il consolidamento delle attività in essere, che riflette il carattere di resilienza del mondo cooperativo. Cresce, invece, la percentuale non trascurabile (dal 18% al 21,3%) di chi ha espres-


capitolo secondo | la carta d’identità del movimento cooperativo della provincia di bologna

so indicazioni volte all’espansione delle attività, così come (seppur di meno, da circa il 18% al 19%) quella relativa alle segnalazioni, come prospettiva interessante, della strada delle aggregazioni, in particolare attraverso processi di fusione, o attraverso la realizzazione di alleanze strategiche, o tramite l’adesione a forme organizzative allargate. Sono tutti processi da tempo ben noti e praticati nella realtà cooperativa provinciale e in quella regionale. Infine, significativo è il calo (dal 12% a poco più dell’8%) delle cooperative (peraltro concentrate tra le PMI) che ha prospettato un ridimensionamento delle attività. Minore pare essere l’ottimismo per quanto riguarda la tendenza generale dell’economia nazionale per i prossimi mesi: la stragrande maggioranza, oltre i i tre quarti degli intervistati, prevede un andamento stazionario, mentre prevalgono i pessimisti (quasi il 15%) sulla crescita rispetto agli ottimisti, circa il 9%. Migliori, però, sono le previsioni sulla domanda, data come stabile da quasi i due terzi, ma in aumento dal 23,5% del campione e invece in diminuzione dal restante poco più dell’11%. In conclusione e in sintesi finale, si può dire che, per il prosieguo di questo 2014, dall’indagine congiunturale sulle cooperative bolognesi dell’Alleanza emerge una crescita dell’ottimismo, anche se resta ancora decisamente minoritario rispetto alla diffusa, comprensibile, prudenza.

91

GRAFICO 14 Le prospettive per il futuro della cooperativa FONTE. ELABORAZIONI UFFICIO STUDI ALLEANZA DELLE COOPERATIVE ITALIANE

8,2

18,9

51,6

21,3

CONSOLIDAMENTO ATTIVITÀ

ALLEANZE FUSIONI AGGREGAZIONI

ESPANSIONE ATTIVITÀ

RIDIMENSIONAMENTO ATTIVITÀ


92

l’impresa comune | seconda parte

note capitolo secondo 1 Com’è noto è forte la polarizzazione a livello di macro area del peso economico della cooperazione, che resta concentrata qui per quasi il 77% della produzione di ricchezza, mentre il 17,3% è al Centro e il 5,9% è al Sud. 2 Essa ha per oggetto un significativo campione di cooperative (610) aderenti alle tre Associazioni riunite nell’Alleanza delle Cooperative Italiane, delle quali oltre il 21% con sede in Emilia-Romagna. L’estrapolazione dei dati relativi alle cooperative della provincia di Bologna non ha portato a dati significativamente diversi da quelli rilevati a livello regionale. 3 A livello nazionale il dato è migliore, intorno al 29%. 4 Si tratta di risultati che, seppur di poco, sono però sotto la media nazionale che sono del 73,9% (stabilità), del 18,7%(diminuzione) e del 7,4% (aumento). 5 È di un paio di punti percentuali più alta con riferimento sia alla situazione migliorata e sia a quella restata stazionaria e, conseguentemente di 4 punti inferiore la percentuale di chi invece registra un peggioramento del quadro di riferimento. 6 La differenza è tra i due e i tre punti percentuali, che diventano più di quattro con riferimento alle valutazioni negative sul proprio posizionamento competitivo.


capitolo secondo | la carta d’identità del movimento cooperativo della provincia di bologna

La cooperazione industriale imolese: DIMENSIONE INTERNAZIONALE E ATTENZIONE AL TERRITORIO Il Circondario Imolese rappresenta un importante “Distretto cooperativo” di rilevanza europea e un ambito vocazionale dell’esperienza cooperativa con una presenza articolata in tutti i settori economici. L’Alleanza delle Cooperative Italiane Imola rappresenta (dati al 3112-2012) 115 realtà associate che danno lavoro a 7.800 addetti a tempo indeterminato e un altro migliaio di persone con altre forme contrattuali. Il territorio dei dieci comuni del Circondario presenta un elevato numero di rapporti associativi, oltre 78.000, se rapportato ai 130 mila abitanti. Le realtà cooperative del territorio rappresentano un fatturato di 2,4 miliardi di euro con una quota di export di oltre un miliardo di euro. Il patrimonio aggregato ammonta a 1,7 miliardi di euro (1,4 nel settore industriale). La cooperazione industriale è di sicuro il fiore all’occhiello del distretto cooperativo imolese. Storico e di grande tradizione è il processo che ha permesso alle grandi imprese di consolidarsi nel tempo e di garantire occupazione e ricchezza a migliaia di persone, principalmente residenti nel Circondario imolese. Il 22 giugno 1874 nasce la Cooperativa Ceramica di Imola, con la cessione di Giuseppe Bucci ai suoi operai della sua fabbrica di stoviglie e maioliche. Sempre all’inizio del secolo scorso nascono le altre grandi realtà industriali del nostro territorio: la 3Elle (1908), la Sacmi (1919), la Cti (1930), la Cefla (1932)

e la Cesi (1978). Le realtà imprenditoriali manifatturiere imolesi sono punti di riferimento per l’economia locale e non, in quanto una gran parte degli introiti che realizzano proviene da fuori i confini nazionali, testimoniando quanto il made in Italy di qualità sia competitivo sui grandi mercati internazionali. Il settore manifatturiero legato alla filiera dell’edilizia e ai mercati domestici in questi anni sta affrontando momenti di forte difficoltà. Le cooperative di lavoro che operano nell’ambito industriale occupano i settori merceologici dei macchinari e degli impianti per l’industria ceramica, dell’industria della plastica, per il beverege & packaging e il food processing, delle piastrelle e dei prodotti ceramici, del packaging e dell’assemblaggio, dell’abbigliamento e della maglieria, dei prodotti grafici ed editoriali, degli arredamenti per punti vendita, della verniciatura del legno, dei serramenti in legno, dell’impiantistica civile e industriale, delle apparecchiature dentali e medicali, dell’edilizia residenziale e industriale, delle infrastrutture, della sistemazione idrogeologica del suolo. Il dato della propensione all’internazionalizzazione è una delle cifre che caratterizza queste aziende, che presentano un ordine di grandezza di quasi il 70% del fatturato export rispetto al totale del valore della produzione (per le aziende che esportano). Vale per le realtà maggiori, ma anche per impre-

93


94

l’impresa comune | seconda parte

se più piccole e legate a settori meno caratterizzati da ambiti tecnologici. Su 1,7 miliardi di euro fatturato aggregato, l’export ammonta a oltre un miliardo. Se si prendono in considerazione i bilanci consolidati l’export arriva a quasi 1,5 miliardi di euro di fatturato su un fatturato di oltre 2,2 miliardi. Si tratta -per i soggetti maggiori- di aziende che non solo esportano, ma hanno una presenza internazionale, pur avendo nel territorio locale il principale riferimento. Il dato è significativo se si pensa che si stimano in circa 8,5 miliardi di euro le esportazioni del settore manifatturiero in provincia di Bologna. Una caratteristica di governance che caratterizza storicamente le maggiori cooperative industriali è quello della “non prevalenza”. Non sono soci cioè la maggior parte dei lavoratori. Già nel 1925, a esempio, la cooperativa Sacmi aveva 9 soci –che successivamente divennero 11– e 25 addetti. Con la riforma del diritto societario e l’introduzione della “prevalenza” e pur a fronte di una fiscalità meno favorevole per le cooperative che si trovino in questa condizione, queste stesse imprese manifatturiere del territorio non hanno modificato il loro modello per un maggior favore fiscale. Hanno continuato ad associare solo chi ha un interesse reale per la gestione della cooperativa, selezionando i soci sulla

base del merito e delle capacità e qualità. In queste cooperative l’impegno patrimoniale richiesto ai soci è elevato. Potrebbe sembrare che il principio della porta aperta sia applicato in modo imperfetto, invece sono curati meccanismi di democrazia, di partecipazione e di responsabilità dei soci alla governance della cooperativa che difficilmente trovano eguali. Il concetto della mutualità ha elementi sostanziali che sono misurati in modo più puntuale ed efficace che non dal solo parametro dell prevalenza. Le aziende del settore industriale del territorio occupano 4.800 persone, di cui 1.550 sono soci lavoratori. Se si guardano i dati consolidati di gruppo gli addetti arrivano a 8.200. Un altro aspetto qualificante è dato dagli investimenti. Una azienda industriale che non investe in innovazione, in ricerca e sviluppo e nelle risorse umane non può sopravvivere ed essere competitiva nel tempo. Pur calati nel quinquennio della crisi, anche per l’elevato livello raggiunto negli anni immediatamente precedenti, gli stessi rappresentano dati di tutto rispetto. Dal 2008 al 2012 le undici realtà aderenti del settore manifatturiero hanno realizzato in media 66 milioni di euro ogni anno di investimenti (90 se si considerano i dati consolidati).


capitolo secondo | la carta d’identità del movimento cooperativo della provincia di bologna

La cooperazione bolognese in prima linea per F.I.CO. La cooperazione è tra le forza economiche e sociali del territorio bolognese più impegnate nel sostenere, anche finanziariamente, la realizzazione del progetto Fabbrica Italiana Contadina. Le motivazione sono da ricercarsi nella forte presenza della cooperazione nel comparto agroalimentare, e nell’attenzione in generale che la cooperazione pone nei confronti del tema dell’alimentazione. Fabbrica Italiana Contadina si propone, infatti, di diventare la struttura di riferimento per la divulgazione e la conoscenza dell’agroalimentare italiano, attraverso la ricostruzione delle principali filiere produttive. F.I.CO. avrà perciò specifiche aree dedicate alla “Coltivazione”, “Produzione”, “Vendita” e “Ristorazione”, sviluppandosi su 80.000 mq, destinati a funzioni “core” oltre che a funzioni integrate e strutture di supporto.

L’obiettivo è attrarre un cospicuo numero di visitatori (italiani ed esteri) grazie alla scelta di Bologna come location, che è strategica sia come posizione geografica sia per la sua tradizione agroalimentare e gastronomica. F.I.CO. è stato pensato come parte integrante della più ampia valorizzazione in atto della tradizione culturale della città di Bologna e della regione Emilia-Romagna, integrandosi con il sistema museale e culturale locale e divenendo vetrina delle eccellenze del territorio L’offerta spazia in diversi ambiti, tutto riguardanti l’Agroalimentare e il Food, con specifica attenzione alla valorizzazione delle eccellenze della tradizione locale, integrando servizi di supporto e aree dedicate alla promozione di cultura, storia e tessuto imprenditoriale del territorio. A oggi sono previsti.

F.I.CO. sarà realizzato attraverso la riqualificazione edilizia e funzionale del CAAB di Bologna grazie ad un importante investimento privato (stimato in circa 40 milioni di euro). L’iniziativa prevede lo spostamento in altre aree di CAAB degli operatori del mercato ortofrutticolo, lavori di adeguamento del complesso immobiliare nel corso del 2014, e l’apertura nel 2015 in occasione della fine di EXPO, evento con il quale si condivide il tema di fondo e che potrebbe determinare un rilevante supporto nella fase di start-up.

• oltre 100 operatori. • 9.300 mq circa dedicati alla vendita prodotti alimentari • 10.600 mq circa dedicati alla ristorazione • 27.000 mq circa dedicati all’agroalimentare e produzione dimostrativa • 2.000 mq circa dedicati centro congressi ed eventi • 700 occupati diretti • oltre 2.000 occupati nell’indotto su territorio.

95


96

l’impresa comune | seconda parte

Questo progetto è considerato strategico dalla cooperazione per le ricadute occupazionali attese sul territorio, perché occasione di generazione di nuova cooperazione e perché capace di contribuire a rafforzare il posizionamento della città di Bologna e della regione Emilia-Romagna tra le aeree più innovative e attrattive del territorio nazionale.


CAPITOLO TERZO IL PESO NELL’ECONOMIA PROVINCIALE



capitolo terzo | il peso nell’economia provinciale

CAPITOLO TERZO IL PESO NELL’ECONOMIA PROVINCIALE

Le caratteristiche dei campioni Per valutare il peso dell’economia cooperativa in quella provinciale un confronto molto interessante è quello che la banca dati Aida-Bureau Van Dijk (che raccoglie i bilanci delle imprese, un indubbio segnale sul loro stato di attività) consente di fare tra cooperative e società di capitali e cioè nell’ambito di quel tessuto imprenditoriale bolognese che abbiamo già definito come più strutturato e dimensionalmente rilevante e stabile, oltre che complessivamente più longevo. Rappresenta il cuore e l’asse portante (assieme all’artigianato) dell’economia bolognese, nonché il 28% delle imprese private della provincia di Bologna con almeno un addetto. Per poter poi estendere la valutazione a elementi più affidabili e pregnanti e poter disporre, quindi, anche di una serie storica (sostanzialmente quella degli anni della crisi) è stato poi utilizzato, per l’elaborazione dei dati comparati uno specifico campione di riferimento composto dalle sole imprese per le quali sono disponibili tutti i bilanci dal 2008 al 2012. Questo campione rappresenta circa il 60% del totale delle imprese bolognesi (con l’obbligo della consegna del bilancio) e di quelle cooperative attive, che realizza una quota del fatturato provinciale rispettivamente superiore al 93% e al 98%. Si è scelto di comparare le cooperative come tipologia societaria (al netto dei loro bilanci consolidati), e non per quanto economicamente rappresentato dalle Centrali (che comprende anche importanti società di capitali), per dare più pregnanza ai risultati, dal momento che l’obiettivo principale era quello di comparare modelli di imprese e tipologie societarie, prima ancora delle semplici performance economiche aziendali.

99


l’impresa comune | seconda parte

100

TABELLA 3 UNIVERSO IMPRESE, NUMERO IMPRESE ATTIVE 2009-2013 elaborazione su dati unioncamere

Attive 2009

Attive 2010

Attive 2011

Attive 2012

Attive 2013

11.076

10.880

10.656

10.490

10.122

9.805

9.607

9.551

9.428

9.252

TOTALE SRL e SPA 1

Agroalimentare

2

Industria in senso stretto

3

Costruzioni

13.100

12.991

12.974

12.946

12.822

4

Commercio

21.823

21.785

22.001

22.062

21.991

5

Turismo

5.433

5.522

5.698

5.831

5.968

6

Servizi imprese

16.020

16.050

16.162

16.143

16.175

7

Credito/Assicurazioni

2.291

2.254

2.237

2.198

2.237

8

Servizi persone

4.929

4.986

5.087

5.110

5.213

9

Assistenza sociale

108

108

114

123

136

84.585

84.183

84.480

84.331

83.916

SUBTOTALE

COOPERATIVE BOLOGNA NON ASSOCIATE 1

Agroalimentare

36

36

37

36

37

2

Industria in senso stretto

38

30

34

39

42

3

Costruzioni

128

132

129

130

119

4

Commercio

48

47

49

50

52

5

Turismo

14

15

14

14

15

6

Servizi imprese

312

301

312

330

346

7

Credito/Assicurazioni

14

14

15

18

16

8

Servizi persone

47

42

43

46

47

9

Assistenza sociale

44

48

49

47

43

681

665

682

710

717

SUBTOTALE COOPERATIVE BOLOGNA ASSOCIATE 1

Agroalimentare

58

58

58

58

60

2

Industria in senso stretto

22

22

23

22

22

3

Costruzioni

53

54

55

54

44

4

Commercio

27

28

28

29

29

5

Turismo

8

9

10

10

11

6

Servizi imprese

136

139

139

142

138

7

Credito/Assicurazioni

11

11

11

11

11

8

Servizi persone

43

45

48

49

50

9

Assistenza sociale

47

49

54

55

56

405

415

426

430

421

SUBTOTALE


capitolo terzo | il peso nell’economia provinciale

101

Qui si può solo ricordare che circa il 10% del fatturato delle società di capitali è riconducibile a società non cooperative ma aderenti al movimento cooperativo, in particolare nel settore agroalimentare e nei servizi alle imprese. A livello settoriale, oltre i due terzi delle imprese sono concentrati nel terziario (in particolare nei servizi alle imprese, con poco meno del 40% del totale e nel commercio con quasi il 18%); questa polarizzazione è ancora più alta nella cooperazione superando il 71% del totale, sempre con riferimento soprattutto ai servizi alle imprese, ma con una maggiore articolazione negli altri comparti, con particolare riferimento ai servizi alla persona e all’assistenza sociale. Quest’ultimo ambito di attività è l’unico nel quale numericamente è maggioritaria la forma cooperativa e in maniera significativa, visto che è intorno al 64% delle aziende del comparto. La cooperazione rappresenta poco più del 4% sul piano numerico di questa parte dell’imprenditoria bolognese, pur con qualche differenza tra settore e settore: a esempio, oltre al già citato caso dell’assistenza sociale, nell’agroalimentare si raggiunge il 18% e il 10% nei servizi alle persone. Non cambiano significativamente le percentuali ricordate se il riferimento diventa quello del campione delle imprese “consolidate” e cioè con i bilanci 2008-2012 (a questo campione si riferiscono le tabelle dalla n° 6 in avanti). Per quanto riguarda l’occupazione la fonte prescelta è il sistema SMAIL-Unioncamere che riporta i dati delle imprese con almeno un addetto, dipendente o indipendente, con esclusione dei contratti atipici, con riferimento a quella generata sul territorio provinciale o regionale. Tutti i valori esaminati risultano in crescita per la cooperazione nell’arco del quadriennio esaminato – nel quale ha saputo manifestare una complessiva superiore tenuta economica e occupazionale rispetto al resto del tessuto imprenditoriale bolognese – e la disaggregazione dei dati per settore evidenzierà ancora meglio il ruolo e il peso raggiunto nell’economia provinciale.

TABELLA 4 UNIVERSO IMPRESE, BILANCIO 2012 elaborazione su dati unioncamere

Totale SpA e SrL Bologna 1

Agroalimentare

Coop Bologna non associate

Coop associate

Subtotale

355

26

52

433

2 Industria in senso stretto

3.878

28

24

3.930

3 Costruzioni

3.045

109

53

3.207

4 Commercio

4.035

51

25

4.111

955

7

12

974

8.866

278

155

9.299

7 Credito/Assicurazioni

453

6

2

461

8 Servizi persone

968

48

51

1.067

56

45

54

155

22.611

598

428

23.637

5 Turismo 6 Servizi imprese

9 Assistenza sociale TOTALE


l’impresa comune | seconda parte

102

TABELLA 5 UNIVERSO IMPRESE, VALORI DI SINTESI elaborazione su dati unioncamere/aida Costi personale soc. capitali spa e srl soc. coop bologna associate soc. coop. bologna non associate

TOTALE Val. produzione soc. capitali spa e srl soc. coop bologna associate soc. coop. bologna non associate

TOTALE Utile netto soc. capitali spa e srl soc. coop bologna associate soc. coop. bologna non associate

TOTALE Patrimonio soc. capitali spa e srl soc. coop bologna associate soc. coop. bologna non associate

TOTALE Investimenti soc. capitali spa e srl soc. coop bologna associate soc. coop. bologna non associate

TOTALE

2008

2009

2010

2011

2012

€ 6.605.393.839

€ 6.657.011.245

€ 7.010.728.052

€ 7.190.169.122

€ 7.044.310.147

€ 1.287.301.4040

€ 1.287.709.969

€ 1.338.325.021

€ 1.406.118.755

€ 1.435.210.979

€ 120.855.962

€ 133.236.215

€ 158.962.670

€ 164.644.168

€ 148.413.939

€ 8.013.551.205

€ 8.077.957.429

€ 8.508.015.743

€ 8.760.932.045

€ 8.627.935.065

2008

2009

2010

2011

2012

€ 54.244.791.655

€ 48.055.437.298

€ 52.368.541.253

€ 54.374.072.645

€ 51.994.951.058

€ 10.368.242.001

€ 9.716.031.883

€ 10.205.450.593

€ 11.452.856.443

€ 11.287.278.644

€ 731.013.953

€ 716.016.688

€ 737.766.466

€ 706.418.525

€ 671.852.681

€ 65.344.047.609

€ 58.487.485.869

€ 63.311.758.312

€ 66.533.347.613

€ 63.954.082.383

2008

2009

2010

2011

2012

€ 637.723.490

€ 11.795.893

-€ 524.729.050

-€ 644.493.285

-€ 110.700.054

€ 123.921.101

€ 113.200.302

€ 100.836.767

€ 97.443.228

€ 66.514.070

-€ 174.838

€ 871.198

-€ 7.945.192

-€ 26.948.160

-€ 40.467.171

€ 761.469.753

€ 125.867.393

-€ 431.837.475

-€ 573.998.217

-€ 84.653.155

2008

2009

2010

2011

2012

€ 33.862.147.717

€ 35.813.465.158

€ 36.725.406.903

€ 35.698.579.795

€ 38.201.926.276

€ 4.510.741.321

€ 4.690.748.865

€ 4.803.433.255

€ 4.923.603.053

€ 5.005.622.896

€ 129.398.240

€ 135.862.707

€ 132.601.166

€ 110.424.070

€ 135.635.618

€ 38.502.287.278

€ 40.640.076.730

€ 41.661.441.324

€ 40.732.606.918

€ 43.343.184.790

2008

2009

2010

2011

2012

€ 20.149.796.958

€ 22.235.168.829

€ 23.500.448.590

€ 24.140.327.057

€ 24.132.316.187

€ 2.936.716.163

€ 3.086.102.334

€ 3.178.999.667

€ 3.365.440.905

€ 3.379.915.411

€ 109.914.038

€ 126.372.368

€ 129.504.998

€ 123.954.905

€ 121.704.425

€ 23.196.427.159

€ 25.447.643.531

€ 26.808.953.255

€ 27.629.722.867

€ 27.633.936.023


capitolo terzo | il peso nell’economia provinciale

103

TABELLA 6 IMPRESE CON BILANCI 2008/2012, NUMERO elaborazione su dati unioncamere/aida Settori 1

Agroalimentare

2 Industria in senso stretto

Totale SpA e SrL Bologna

Coop Bologna non associate

Coop associate

Sub totale

211

18

50

279

2.577

7

22

2.606

3 Costruzioni

1.787

39

42

1.868

4 Commercio

2.393

33

23

2.449

5 Turismo 6 Servizi imprese

447

6

8

461

5.670

95

137

5.902 248

7 Credito/Assicurazioni

246

0

2

8 Servizi persone

525

27

40

592

31

24

45

100

13.887

249

369

14.505

9 Assistenza sociale SUBTOTALE

Gli occupati Il calo generalizzato dell’occupazione (-2%) nel periodo giugno 2009-13, che ha interessato tutti i settori a eccezione del turismo, dei servizi alla persona e dell’assistenza sociale, in realtà è dovuto agli altri tipi di imprese (con una forte accentuazione del trend negativo nell’ultimo anno), perché per le cooperative si segnala una crescita dell’1,6%. Il suo trend è stato positivo fino a metà 2012 e in realtà anche oltre, se prendiamo, come già visto, il solo dato elaborato dall’Alleanza, con riferimento alla propria base associata, che peraltro riporta l’occupazione creata anche fuori dalla provincia. Si ritiene, quindi, vada attribuito alla prima parte del 2013 (finora l’anno più difficile per l’occupazione) il -0.5% riportato da SMAIL per le cooperative. Queste, globalmente, sono arrivate a rappresentare l’11,5% dell’occupazione delle imprese bolognesi al 30 giugno 2013, con punte dell’82% nell’assistenza sociale, o quote comunque superiori significativamente alla media generale come nell’agroalimentare (19%). Diverse sono le scale di rilevanza dei singoli settori (con conseguenze poi sulle performance di periodo realizzate dalle cooperative e dagli altri tipi di imprese): per gli altri tipi di imprese al primo posto c’è il commercio, con circa un quarto del totale, l’industria, seguito dai servizi alle imprese (oltre il 19%) dalle costruzioni e dall’agroalimentare. Nella cooperazione forte è la polarizzazione sui servizi alle imprese (oltre il 42% del totale), staccatissimi seguono le costruzioni (oltre il 14%, circa la quota stessa rappresentata anche negli altri tipi di imprese) e quindi la cooperazione sociale, l’agroalimentare e i servizi alle persone con la stessa quota, intorno all’8-9%. La disaggregazione degli andamenti occupazionali a livello settoriale evidenzia che una reale crescita occupazionale si è concentrata (comunque lungo tutto il


104

l’impresa comune | seconda parte

periodo) nei servizi alle persone (+17%), nell’assistenza sociale (+7,5%)1 e nel commercio (poco più del 3%); mentre l’andamento risulta tendenzialmente stazionario (+0,3%) per turismo, servizi alle imprese e industria. In quest’ultimo caso, però, si è invertito il trend negativo negli ultimi due anni, mentre per i servizi alle imprese l’inversione ha altro segno e riguarda l’ultimo anno (-4%). Sensibile è il calo occupazionale nelle costruzioni (-8%), spalmato lungo tutto il periodo così come per l’agroalimentare (-4%). Va, comunque, detto che quest’ultimo decremento è interamente dovuto alla cooperazione “non aderente”, la cui performance sul piano occupazionale nel periodo esaminato – come vedremo – ha condizionato negativamente i risultati settoriali della cooperazione, con parziale eccezione dei servizi alle imprese. Il calo occupazionale negli altri tipi di imprese a livello settoriale non ha coinvolto il turismo (+12%), i servizi alla persona (+4,5%) e soprattutto l’assistenza sociale (+19%), il settore, anche in questo caso con il risultato migliore e l’unico, accanto al già citato turismo, superiore a quello della cooperazione. Va detto, però, che nel giugno 2009 (data di inizio della rilevazione) la base occupazionale di partenza era, nell’assistenza sociale, un quinto di quella della cooperazione. Tutti gli altri settori (dalle costruzioni all’industria, all’agroalimentare e anche al commercio) hanno perso addetti e in percentuali superiori a quelli della cooperazione, tali da determinare sostanzialmente, come a esempio a causa delle costruzioni e dell’industria, la performance complessivamente negativa sul piano occupazionale. In base all’elaborazione Excelsior-Unioncamere sulle previsioni occupazionali nell’industria e nei servizi per la provincia di Bologna, nel 2013 il 31,6% delle cooperative aveva previsto di effettuare nuove assunzioni, una percentuale maggiore di quella nazionale e di gran lunga superiore a quella del totale delle imprese a livello provinciale, ferma attorno al 15%. Bologna è al terzo posto dietro a Milano e Roma come valore assoluto e al quarto posto in termini percentuali sul totale delle nuove assunzioni previste, dietro ad altre tre provincie emiliane (Modena, Reggio e Piacenza). Inoltre, le cooperative bolognesi avrebbero assorbito oltre il 21% delle assunzioni ipotizzate in tutta la provincia a livello di lavoratori dipendenti (stagionali e non stagionali, esclusi gli interinali) – quasi il doppio della media nazionale – e meno del 20% per quanto riguardava invece i lavoratori in uscita dal mondo del lavoro. Secondo l’ultima indagine congiunturale predisposta del centro-studi nazionale dell’Alleanza delle Cooperative italiane sui prossimi 4-5 mesi del 2014, si attenuano le aspettative di deterioramento delle condizioni nel mercato del lavoro e il 14% delle cooperative prevede nuove assunzioni, a fronte del 72% che comunque ipotizza il mantenimento degli attuali livelli occupazionali. Nelle grandi imprese, sono maggiori le attese di crescita occupazionale, mentre le tensioni su questo fronte sono ancora presenti, invece, tra le PMI. Un’ultima considerazione che vale soprattutto per il movimento cooperativo organizzato: dalla comparazione dei dati si evince che nelle cooperative la crescita della dimensione economica nel tempo è tendenzialmente parallela e proporzionale a quella dell’occupazione.


capitolo terzo | il peso nell’economia provinciale

105

TABELLA 7 ADDETTI GIUGNO 2009/2013 fonte: smail Addetti 2009

Addetti 2010

Addetti 2011

Addetti 2012

Addetti 2013

21.167

20.974

20.822

20.816

20.250

100.900

98.914

98.413

97.051

95.810

TOTALE SRL e SPA 1

Agroalimentare

2

Industria in senso stretto

3

Costruzioni

30.431

29.168

28.784

27.949

27.037

4

Commercio

67.159

66.707

68.177

68.162

66.532

5

Turismo

24.179

25.055

26.228

27.611

27.006

6

Servizi imprese

78.424

77.888

77.977

77.877

76.980

7

Credito/Assicurazioni

21.261

21.067

20.640

20.249

19.878

8

Servizi persone

15.660

15.924

16.341

16.427

16.363

9

Assistenza sociale

1.346

1.375

1.443

1.522

1.608

360.527

357.072

358.825

357.664

351.464

TOTALE

COOPERATIVE BOLOGNA NON ASSOCIATE 1

Agroalimentare

467

248

276

199

159

2

Industria in senso stretto

320

293

302

310

318

3

Costruzioni

571

566

393

441

453

4

Commercio

281

292

288

320

441

5

Turismo

122

124

99

83

80

5.665

5.840

5.723

6.011

5.776

497

523

540

543

551

6

Servizi imprese

7

Credito/Assicurazioni

8

Servizi persone

977

952

1.133

1.063

1.088

9

Assistenza sociale

876

820

725

577

561

9.776

9.658

9.479

9.547

9.427

TOTALE COOPERATIVE BOLOGNA ASSOCIATE 1

Agroalimentare

4.412

4.455

4.583

4.557

4.509

2

Industria in senso stretto

4.501

4.554

4.493

4.507

4.518

3

Costruzioni

1.562

1.477

1.520

1.547

1.504

4

Commercio

7.202

7.182

7.255

7.322

7.287

5

Turismo

3.380

3.307

3.470

3.453

3.435

6

Servizi imprese

6.007

6.057

6.140

6.147

5.899

1.040

1.030

1.027

1.024

1.021

849

894

882

940

1.041

7

Credito/Assicurazioni

8

Servizi persone

9

Assistenza sociale

TOTALE

5.932

6.171

6.391

6.594

6.760

34.885

35.127

35.761

36.091

35.974


106

l’impresa comune | seconda parte

Quella di crescere è stata un’opportunità, ma anche una scelta della cooperazione bolognese a livello aziendale, che la caratterizza all’interno sia dell’economia provinciale e sia dello stesso movimento cooperativo un po’ in tutti i settori. La media di addetti per cooperativa è tra le più alte a livello nazionale, oltre 47 unità, e rilevante è il divario rispetto a quella italiana (che è circa di 28) e ancor di più se riferita al totale delle imprese bolognesi. Ed è legata al superiore tasso di longevità delle cooperative sia nei confronti del resto del tessuto imprenditoriale locale e sia all’interno del mondo cooperativo. I dati Unioncamere confermano che le cooperative hanno puntato sistematicamente sulla crescita dimensionale. Oltre il 60% degli addetti-dipendenti è concentrato nelle cooperative che hanno almeno venti anni di attività, che, a loro volta, hanno realizzato più del 90% del fatturato complessivo e rappresentano oltre un terzo (è la maggioranza relativa) delle cooperative con dipendenti. E si arriva a superare il 77% del totale degli occupati se la soglia è quella di almeno dieci anni di anzianità operativa.

Il valore della produzione Con riferimento alle imprese bolognesi che sono tenute a depositare il bilancio (banca dati AIDA) la cooperazione (al netto delle imprese di capitali aderenti al movimento cooperativo) è arrivata a rappresentare circa il 20% del valore totale dei ricavi nel 2012, con punte dell’87% nell’assistenza sociale e del 50% circa nell’agroalimentare, nelle costruzioni – entrambi questi due ultimi settori sono caratteristici dell’economia bolognese – e nel turismo. Nel commercio è intorno al 23% e nei servizi alle imprese si collocano vicino alla media generale, mentre si scende al 10-11% nei servizi alle imprese e al 5% per l’industria. A livello provinciale la quota maggiore di fatturato, poco meno del 40%, è realizzata dall’industria, segue il commercio con poco meno del 30%. Gli altri settori sono moto staccati: dai servizi alle imprese (quasi il 15%), alle costruzioni (7-8%), all’agroalimentare (5%), ai restanti comparti del terziario che non arrivano al 4%. Nella cooperazione le quote sono maggiormente distribuite: il settore maggioritario si conferma il commercio, con quasi il 35% del valore di tutta la produzione cooperativa, grazie a una crescita regolare durante tutti gli ultimi quattro anni in esame. Alle sue spalle restano le costruzioni, scese però al 20% (con una ripresa, dopo il 2009, che pare, però, essersi già fermata nel 2012), i servizi alle imprese al 14% (perdono anch’essi due punti percentuali, in particolare nell’ultimo anno, peraltro a causa della cooperazione “non aderente”), l’agroalimentare, che si avvicina a questa quota grazie a una crescita regolare con un’accelerazione nei due ultimi anni, e l’industria (10%), con un lieve calo della quota rappresentata per lo stop dell’ultimo anno, ma comunque in crescita rispetto all’anno peggiore, il 2009. Gli altri settori cooperativi (turismo, assistenza sociale, servizi alla persona e credito/assicurazioni2) sono arrivati a rappresentare il 7% (quasi il doppio del contributo dei rispettivi ambiti di attività al consolidato delle imprese bolognesi)


capitolo terzo | il peso nell’economia provinciale

grazie in particolare, come vedremo, alla crescita della cooperazione sociale. Nell’arco 2008-2012 la cooperazione bolognese si è distinta nei confronti del resto del sistema imprenditoriale bolognese. Il fatturato complessivo è cresciuto del 10% (che, come vedremo, sale di oltre un punto per le cooperative dell’Alleanza), a fronte di un calo del 4% delle imprese di capitali. Per le prime le performance di periodo sono positive in tutti i settori, anche se molto circoscritte (poco più di un punto percentuale,) in quelli che maggiormente hanno sopportato la crisi come l’industria e le costruzioni (che invece è in calo a livello di imprese di capitali), e tutte significativamente superiori come valori al resto delle imprese. Queste ultime risultano in crescita solo nell’industria, nei servizi alla persona e nell’assistenza sociale. Occorre, però, aggiungere, che nel 2012 si registra un’inversione di tendenza (seppur molto circoscritta) e compare il segno “meno“ anche nel consolidato cooperativo a causa del calo che ha colpito tutta la cooperazione di lavoro: industria, servizi alle imprese e in particolare le costruzioni con il riacutizzarsi della crisi. La comparazione settore per settore evidenzia sempre performance decisamente migliori per la cooperazione rispetto alle altre imprese, in particolare nel commercio (grazie alla grande distribuzione), nell’agroalimentare e nei servizi alle imprese. Il tasso di sviluppo maggiore si è registrato nell’assistenza sociale (avviene la stessa cosa anche per le società di capitali), quasi del 50%, e resta comunque a due cifre negli altri settori, a eccezione dei servizi alle imprese, dell’industria e delle costruzioni, nei quali oscilla tra poco più del 2 e l’1,3% (ma per tutta l’imprenditoria sono i settori nei quali più forte si è sentita e si continua a sentire la crisi). Importanti conferme delle analisi fatte vengono dalla comparazione dei dati riferita al campione di imprese con bilanci 2008/12, che abbiamo definito quelle più “consolidate”; rappresentano oltre il 93% del totale del fatturato delle imprese di capitali bolognesi e quasi il 99% di quello cooperativo, segno evidente del maggior peso economico comparato che le aziende più consolidate hanno sull’intera cooperazione. Il campione mostra un trend di periodo migliore rispetto al dato generale, risultando sostanzialmente stazionario, per le imprese di capitali (mentre la crescita è maggiore di un punto per la cooperazione), segno evidente che le maggiori difficoltà economiche si siano manifestate nel tessuto imprenditoriale più giovane che incide di più, peraltro, come presenza rispetto a quello cooperativo. Questa migliore situazione per le imprese di capitali “consolidate” rispetto al rispettivo totale si evidenzia a livello settoriale – pur rimanendo le performance comparate sempre favorevoli alle cooperative (fatta eccezione dell’industria, stazionaria per la cooperazione) – in crescita risultano il commercio, l’industria, l’agroalimentare e l’assistenza sociale. Gli altri settori sono in calo (in controtendenza con il dato dell’universo delle imprese per quanto riguarda i servizi alle imprese), soprattutto le costruzioni, che, con un decremento del 30%, peggiorano il dato riferito al totale delle aziende ed evidenziano il maggior scarto nei confronti delle cooperative che invece sono cresciute (+4%). In ogni caso, sono sempre maggiori i tassi di sviluppo in ogni settore delle cooperative “consolidate” rispetto a quelle di più recente avviamento, in particolare con riferimento al commercio, all’agroalimentare e ai servizi alle persone.

107


l’impresa comune | seconda parte

108

TABELLA 8 VALORE DELLA PRODUZIONE 2008/2012 elaborazione su dati unioncamere/aida Somma di tot val della produzione in euro 2012

Somma di tot val della produzione in euro 2011

Somma di tot val della produzione in euro 2010

Somma di tot val della produzione in euro 2009

Somma di tot val della produzione in euro 2008

TOTALE SOC.CAP. BOLOGNA 1

Agroalimentare

2

Industria in senso stretto

1.606.103.440

1.619.937.515

1.499.773.512

1.499.121.633

1.609.334.692

22.700.459.382

22.339.983.641

19.880.978.252

18.052.732.686

21.343.863.246

3

Costruzioni

2.032.914.444

2.322.097.455

2.341.379.167

2.468.934.086

3.040.629.215

4

Commercio

13.237.758.342

14.025.904.694

13.509.740.352

12.337.559.353

12.997.662.006

5

Turismo

6

Servizi imprese

397.125.864

410.014.055

399.646.577

408.500.619

391.853.366

6.883.144.561

7.451.148.661

7.578.311.546

7.026.336.012

7.666.781.191

7

Credito/Assicurazioni

222.060.999

220.929.211

216.817.569

254.065.925

641.938.534

8

Servizi persone

608.972.122

641.051.891

664.789.757

624.479.104

648.047.417

9

Assistenza sociale

41.508.602

39.751.434

39.095.280

38.067.081

36.425.319

47.730.047.756

49.070.818.557

46.130.532.012

42.709.796.499

48.376.534.986

SUBTOTALE

COOPERATIVE BOLOGNA NON ASSOCIATE 1

Agroalimentare

13.730.911

14.504.851

14.493.795

13.638.916

12.422.178

2

Industria in senso stretto

5.924.650

6.126.840

6.856.000

6.921.996

7.091.961

3

Costruzioni

41.617.235

39.931.207

55.228.444

53.343.049

65.295.978

4

Commercio

308.087.921

250.293.296

216.523.997

209.505.299

216.200.440

5

Turismo

6

Servizi imprese

1.243.843

1.582.838

2.335.806

2.161.082

729.167

178.718.081

181.332.875

175.662.567

163.581.282

183.565.182

7

Credito/Assicurazioni

0

0

0

0

0

8

Servizi persone

12.088.672

11.406.604

10.560.323

10.647.714

11.246.903

9

Assistenza sociale

20.987.963

20.960.630

20.136.528

18.426.808

18.404.599

582.399.276

526.139.141

501.797.460

478.226.146

514.956.408

SUBTOTALE

COOPERATIVE BOLOGNA ASSOCIATE 1

Agroalimentare

1.677.359.581

1.621.885.616

1.414.773.907

1.430.966.841

1.386.439.192

2

Industria in senso stretto

1.184.746.493

1.243.252.164

1.078.637.279

976.068.318

1.285.951.706

3

Costruzioni

2.236.180.967

2.592.325.821

2.062.243.995

1.989.316.948

2.467.105.985

4

Commercio

3.854.681.884

3.739.272.786

3.488.716.032

3.217.606.492

3.164.940.059

5

Turismo

6

Servizi imprese

448.232.954

432.649.213

401.845.487

383.155.356

384.775.555

1.496.785.775

1.465.650.109

1.442.142.828

1.423.611.088

1.430.631.461

7

Credito/Assicurazioni

23.799.586

23.295.011

4.943.833

4.407.595

4.908.499

8

Servizi persone

73.738.995

71.210.502

66.408.233

61.862.779

55.785.079

9

Assistenza sociale

262.780.853

236.808.384

217.689.349

206.426.911

173.899.446

SUBTOTALE

11.258.307.088

11.426.349.606

10.177.400.943

9.693.422.328

10.354.436.982

TOTALE

59.570.754.120

61.023.307.304

56.809.730.415

52.881.444.973

59.245.928.376


capitolo terzo | il peso nell’economia provinciale

109

Anche nel caso di questo campione, però, valgono le considerazioni fatte per il totale delle imprese con riferimento all’inversione di tendenza del 2012. In termini di fatturato aziendale, sono decisamente molto più grandi, come media, le cooperative, con quasi 19 milioni di euro (indipendentemente dalla base-dati usata, ma, come vedremo, con una cifra decisamente più alta per le cooperative associate all’Alleanza) rispetto ai 3,2 milioni delle imprese di capitali (che diventano 4 milioni per quelle consolidate) e ciò risulta ancora più evidente nei principali settori economici, dal commercio alle costruzioni, all’industria e all’agroalimentare. Questi dati, ma la considerazione vale per tutti i valori economici analizzati, in realtà, come si vedrà, risultano parzialmente ridimensionati dalla componente delle cooperative non aderenti, che mediamente hanno sempre ottenuto performance inferiori alle cooperative aderenti all’Alleanza.

GRAFICO 15 Valore della produzione, 2008/2012 ELABORAZIONE SU FONTE AIDA UNIONCAMERE

120 113

110

100

100

100

100

101 94

93

95

98

109 102

99

97

88

80 60 40 20 0 2008

SOC. COOP. BOLOGNA ASSOCIATE

2009

2010

SOC. COOP. BOLOGNA NON ASSOCIATE

2011

2012

SOC. CAPITALI SPA E SRL

Gli utili Anche sul piano degli utili realizzati il confronto è positivo per le cooperative nei confronti delle società di capitali, che, nel periodo in esame, hanno chiuso come aggregato in perdita i bilanci negli ultimi tre anni. In realtà, i dati sono condizionati negativamente per entrambe le componenti dai risultati delle aziende con al massimo quattro anni di attività certificata (nuove nate o cessazioni di attività). Infatti, per le imprese di capitali “consolidate” la perdita complessiva è pari a un terzo rispetto a quella registrata per l’universo


110

l’impresa comune | seconda parte

delle imprese e per le cooperative del campione gli utili sono quantitativamente superiori a quelli di tutte le cooperative (516 milioni di euro rispetto a 454), segno che la componente non consolidata ha anch’essa chiuso in perdita il suo bilancio complessivo e ciò è accaduto per tutti i cinque anni rilevati. Morde la crisi, quindi anche per il mondo cooperativo e le sue difficoltà si aggiungono a quelle dello start up. Circa il 40% delle cooperative nate dal 2009 ha chiuso il bilancio del 2012 in perdita. A livello settoriale, i risultati migliori nel 2012 si sono registrati nel commercio (47% del totale degli utili delle cooperative, quota prevalente in ognuno dei cinque anni esaminati), nell’agroalimentare (29%, unico settore con un costante trend crescente lungo tutto il periodo, ma partendo dal dato negativo del 2008), nell’industria (oltre il 15%, con il maggior calo degli utili rispetto al 2008) e anche nel turismo (6%) tenendo conto delle sue dimensioni. I servizi alle imprese, pur con risultati minori, hanno comunque sempre chiuso in utile ogni anno l’ipotetico bilancio consolidato. In rosso risultano i bilanci – soprattutto – delle costruzioni (dato comunque dimezzato rispetto al 2011 e globalmente dovuto alla cooperazione “non aderente” e comunque a quella non consolidata), i servizi alla persona e l’assistenza sociale, pur se per cifre contenute in entrambi i casi e con andamenti alterni negli anni precedenti. Tra le imprese di capitali solo l’industria e l’agroalimentare hanno chiuso l’ultimo anno di bilancio (e i due precedenti) in utile e il commercio ha limitato le perdite al 2012 nel corso degli ultimi quattro anni. In ogni caso, l’indagine campionaria conferma che i risultati migliori sono stati ottenuti in tutti i settori dalle imprese con maggiore anzianità operativa. Le cooperative sacrificano gli utili (quasi dimezzati dal 2008 e in particolare, rispetto al 2011, ridotti del 40%), ma garantiscono la tenuta occupazionale, come abbiamo visto, e continuano a costituire un bacino prezioso di nuove opportunità di lavoro e di accumulo di risorse destinate agli investimenti e allo sviluppo. Sulla base di un’ipotetica classifica relativa alla dimensione economica delle imprese bolognesi, tra quelle che hanno realizzato almeno 10 milioni di fatturato (oltre 800), solo il 7% delle aziende che hanno chiuso il bilancio in perdita (sono poco meno di un quarto del totale) è una cooperativa o una società di capitale da essa controllata. E questo gruppo non arriva al 14% all’interno del mondo cooperativo, nella maggior parte dei casi si tratta di aziende costituite negli ultimi anni. In generale, dalla banca-dati AIDA-Bureau Van Dijk sulle imprese emerge che poco meno del 48% delle cooperative bolognesi ha chiuso il bilancio in utile nel 2012, realizzando, però, il 90% dell’intero fatturato della cooperazione. In proposito, quel 38% di cooperative in perdita rappresenta solo l’8% del fatturato. Si tratta, per lo più, anche in questo caso, di aziende con pochi anni di attività alle spalle e/o attive nel settore edilizio.


capitolo terzo | il peso nell’economia provinciale

111

TABELLA 9 UTILE NETTO 2008/2012 elaborazione su dati unioncamere/aida

Somma Di Utile Netto in euro 2012

Somma Di Utile Netto in euro 2011

Somma Di Utile Netto in euro 2010

Somma Di Utile Netto in euro 2009

Somma Di Utile Netto in euro 2008

TOTALE SOC.CAP. BOLOGNA 1

Agroalimentare

25.575.780

21.012.714

29.399.196

20.269.153

- 1.017.431

2

Industria in senso stretto

222.057.340

280.176.674

275.662.865

- 171.545.426

95.380.567

3

Costruzioni

- 93.433.410

- 36.724.030

- 35.208.503

23.599.469

89.715.607

4

Commercio

- 5.951.458

111.375.886

116.280.589

59.404.586

101.571.578

5

Turismo

6

Servizi imprese

7

Credito/Assicurazioni

8

Servizi persone

9

Assistenza sociale

SUBTOTALE

- 28.708.182

- 10.032.981

- 14.780.148

- 4.975.794

- 15.271.500

- 395.446.987

- 435.111.322

- 446.083.280

89.972.125

348.523.702

245.953.286

- 380.607.379

- 15.047.968

170.219.445

287.973.310

665.430

10.270.772

3.455.078

- 1.519.344

13.968.185

- 217.942

- 665.375

300.481

160.523

1.757.441

- 29.506.143

- 440.305.041

- 86.021.690

185.584.737

922.601.459

COOPERATIVE BOLOGNA NON ASSOCIATE 1

Agroalimentare

- 603.749

- 320.461

- 300.699

- 76.900

- 4.077.971

2

Industria in senso stretto

- 784.360

- 276.917

- 62.686

- 52.077

- 177.049 984.707

3

Costruzioni

- 4.298.984

- 4.280.397

- 53.522

135.304

4

Commercio

- 3.407.078

11.206.325

- 104.213

1.139.846

937.422

5

Turismo

- 25.617

- 66.286

- 293.301

18.630

- 50.269 3.230.321

6

Servizi imprese

262.223

289.672

806.769

3.252.545

7

Credito/Assicurazioni

- 31.564

- 39.854

0

0

0

8

Servizi persone

- 2.173.551

- 676.048

- 2.276.877

- 635.676

- 515.405

9

Assistenza sociale

- 164.742

- 212.478

82.089

- 104.333

- 2.064.681

- 11.227.422

5.623.556

- 2.202.440

3.677.339

- 1.732.925

SUBTOTALE

COOPERATIVE BOLOGNA ASSOCIATE 1

Agroalimentare

19.083.770

17.457.890

14.726.706

11.774.007

- 2.002.719

2

Industria in senso stretto

10.245.990

25.667.239

19.748.160

23.919.112

35.368.568

3

Costruzioni

6.581.935

15.300.782

13.027.894

14.801.823

44.264.161

4

Commercio

31.147.202

21.256.056

32.457.999

37.769.478

23.473.028

5

Turismo

4.149.145

7.012.923

7.341.331

6.693.851

6.887.418

6

Servizi imprese

3.567.448

10.860.211

16.893.431

17.697.886

16.962.565

7

Credito/Assicurazioni

- 15.782

- 19.927

4.158

40

39.079

8

Servizi persone

- 456.952

527.232

- 838.266

49.594

- 17.466

9

Assistenza sociale

- 108.290

847.572

258.772

785.208

- 774.410

SUBTOTALE

74.194.466

98.909.978

103.620.185

113.490.999

124.200.224

TOTALE

33.460.901

- 335.771.507

15.396.055

302.753.075

1.045.068.758


112

l’impresa comune | seconda parte

Il patrimonio Il processo di maggiore consolidamento organizzativo ed economico del tessuto imprenditoriale provinciale si deve anche al processo di crescente patrimonializzazione delle aziende, in particolare quelle cooperative. Queste ultime, nel 2012, rappresentando poco più del 4% delle imprese, detengono quasi il 12% del patrimonio netto delle imprese bolognesi (che aumenta di quasi un punto percentuale per quanto riguarda il campione delle imprese “consolidate”), con un trend positivo in tutto il quadriennio esaminato e un incremento di poco meno dell’11% rispetto al 2008 e in tutti i settori, in particolare nell’agroalimentare e nella grande distribuzione. La crescita resta più bassa di circa 2 punti percentuali rispetto a quella delle società di capitali, che, d’altra parte, hanno avuto un forte ripresa nell’ultimo anno, dopo il calo registrato nel 2011. In realtà, questa crescita superiore è tutta dovuta alle nuove imprese entrate in attività dopo il 2008 (il cui apporto è decisamente più rilevante per tutti i valori economici esaminati rispetto a quello delle nuove cooperative), perché l’incremento nei quattro anni relativo al campione delle imprese “consolidate” scende al 10,6%, mentre per le cooperative sale all’11,4%. Occorre, poi, ricordare, in ogni caso, che ben differente era la base di partenza. La comparazione con i dati di partenza (2008), con riferimento alle imprese di capitali evidenzia la superiore capitalizzazione media delle cooperative e in tutti i settori, a eccezione dei servizi sociali. Il dato riferito all’universo del tessuto imprenditoriale vede un patrimonio netto aziendale di 5 milioni di euro rispetto ad 1,7 milioni degli altri tipi di imprese. Per l’analisi del trend di periodo si ritiene maggiormente pregnante il dato riferito al campione delle imprese per cui si dispone degli ultimi quattro anni di bilancio perché consente di comparare dati più omogenei: la capitalizzazione media delle cooperative è passata da 7,5 milioni di euro a 8,3 milioni, mentre per le società di capitali la crescita è stata da 2,3 milioni a 2,5 milioni. Prima di passare alla disaggregazione dei dati per settore, si può già anticipare che sembrerebbe smentita la tesi per cui il modello cooperativo avrebbe gap congeniti nell’accumulazione di risorse finanziarie proprie, anche con riferimento alle attività industriali. Nella realtà – nelle cooperative così come negli altri tipi di imprese più strutturate – la diffusione, la dimensione e il successo dei processi di capitalizzazione dipendono, più che dai modelli societari, dalle scelte aziendali della classe dirigente e dei soci, nonché dalle dimensioni imprenditoriali raggiunti e dalle opzioni e dai vincoli di mercato e della concorrenza. Da sottolineare è il fatto che un più forte processo comparato di patrimonializzazione da parte delle cooperative ha avuto senza dubbio origine negli anni precedenti alla crisi. È il frutto di un’accumulazione alla quale è stata destinata una quota sempre più importante della ricchezza prodotta e non distribuita, a tutto vantaggio delle imprese cooperative stesse, delle future generazioni, della comunità e del territorio in cui sono incardinate indissolubilmente e per il loro sviluppo nel tempo. È una strategia congenita alla natura stessa della cooperativa, alla centralità del rapporto mutualistico, al forte rapporto con il territorio e al patto intergenerazionale che è


capitolo terzo | il peso nell’economia provinciale

alla sua base; il profitto resta strumentale e destinato agli obiettivi di sviluppo della cooperativa e alla sua capacità di continuare a dare nel tempo una risposta sempre più qualificata ai bisogni dei suoi soci. E i dati sugli investimenti lo confermeranno. Tra le società di capitali quasi l’85% del valore del patrimonio è concentrato, in parti quasi equivalenti, in tre settori: prima di tutto servizi alle imprese e industria e poi credito e assicurazioni. In ambito cooperativo, la patrimonializzazione risulta più “spalmata” e i primi tre settori, in questo caso ancora più equilibrati tra di loro, raggiungono i due terzi degli oltre 5 miliardi di euro totali e sono, nell’ordine, l’industria, il commercio3 e i servizi alle imprese. Seguono le costruzioni (16,2%, settore che tra le società di capitali si pone alle spalle anche del commercio) e l’agroalimentare (14%, mentre tra le società di capitali non arriva al 2%) Il restante poco più del 4% della capitalizzazione cooperativa è soprattutto concentrato nel turismo. Interessante è la comparazione all’interno dei singoli settori, perché permette di evidenziare maggiormente il fatto che il processo di patrimonializzazione aziendale è stato avviato da tempo e con successo nelle attività in cui è maggiormente richiesto per il livello degli investimenti necessari e il tipo di mercato in cui si opera, come a esempio quelle di carattere industriale e su larga scala, anche in comparti considerati capital intensive. Emblematico è il caso del settore agroalimentare, che rappresenta l’unico settore in cui la cooperazione, che ha un terzo delle imprese rispetto a quelle di capitale, con un valore assoluto del patrimonio netto della cooperazione di poco più di 700 milioni di euro, è arrivato allo stesso livello di quello delle società di capitali. E, se il riferimento diventano le imprese con almeno quattro anni di bilancio4 (le “consolidate”), detiene la maggioranza assoluta del valore della capitalizzazione del settore. Conseguentemente, la media aziendale è decisamente più alta: 9 milioni di euro nelle cooperative rispetto a 3,3 nelle società di capitali. Questo risultato parte da lontano e nel quadriennio 2008-12 ha potuto contare su un tasso di crescita di oltre il 25%. È la conferma anche di un cambio di rotta, peraltro maturato da tempo, parallelamente all’accelerazione del processo di “industrializzazione” della cooperazione agricola, per cui gli investimenti – sostanzialmente da autofinanziare – si spostano inevitabilmente dalle aziende dei produttori alle cooperative e ai loro consorzi. Non è ancora così in tutto il Paese, ma nelle aree avanzate dell’EmiliaRomagna si può riscontrare sempre più spesso. Nelle costruzioni la quota detenuta dalla cooperazione è di un terzo del totale (+3,8% la performance nel periodo in esame) e supera il 30% nel commercio (+18%), ma la media aziendale è rispettivamente di 5 milioni di euro e di 15,6 a fronte di 0,6 e 0,7 nelle società di capitali, il cui tasso di crescita nel quadriennio è stata rispettivamente di poco meno del 12% e di oltre il 22%. Nell’industria le cooperative rappresentano il 10% (+3,6% nel periodo, ma continua a rappresentare il settore più capitalizzato)5, con una media aziendale di 22 milioni di euro; decisamente più alto è stato il trend di crescita delle società di capitali, con

113


114

l’impresa comune | seconda parte

oltre il 22%, ma a fronte di una capitalizzazione media aziendale che resta, nel 2012, altrettanto più bassa, poco oltre i due milioni di euro. I servizi alle imprese e alle persone sono gli unici settori cooperativi sotto la media (generale) in termini di patrimonializzazione; rappresentano rispettivamente l’8% e il 3% del totale settoriale, con incrementi nel quadriennio rispettivamente di 8,3% e di +12,5%, a fronte rispettivamente di un calo del 7,5% (inversione del trend di crescita negli ultimi due anni) e di un aumento del 30,6% da parte delle imprese di capitali. Il dato inferiore alla media è ancora più evidente a livello aziendale: 2,4 milioni di euro per cooperativa nei servizi alle imprese e 0,14 milioni in quelli alla persona, ma nel primo caso è comunque superiore (seppur in termini più contenuti rispetto ai precedenti settori) a quella delle imprese di capitali che è di 1,3 milioni di euro per azienda6. Il confronto è, invece, favorevole per queste ultime nei servizi alla persona, essendo la loro media aziendale attorno a 0,44 milioni di euro, ancor più grazie alla performance dell’ultimo quadriennio. Infine, per quanto riguarda l’assistenza sociale, che, in generale, come valori assoluti e come media aziendale (ad eccezione, in questo caso, dei servizi alla persona), è il settore che meno contribuisce al processo di capitalizzazione, la cooperazione (quella sociale) rappresenta quasi il 43% del totale, con una crescita, nel periodo 2008-12, di quasi il 9% (quasi due punti percentuali superiore a quella delle società di capitale), ma quel dato percentuale è sostanzialmente dovuto al maggior numero di unità attive rispetto alle imprese di capitali, visto che il confronto in termini di media aziendale resta ancora decisamente a favore di queste ultime: 1,4 milioni di euro rispetto a 0,36 delle cooperative. Gli ultimi due settori citati sono, forse, gli unici in cui il minor livello comparato di patrimonializzazione aziendale per le cooperative è conseguente sia a una minore necessità in proposito per il tipo di attività prevalentemente svolte, sia alla circoscritta anzianità operativa e sia a una più lenta maturazione di una specifica cultura aziendale in proposito. In definitiva, si può certo dire che il modello cooperativo conferma, anche a livello settoriale, di non avere limiti intrinsecamente legati alla sua natura e finalità nel capitalizzare l’azienda e anzi, per le sue finalità e lo specifico regime fiscale sull’utilizzo (e sui vincoli) degli avanzi di gestione può essere in grado di indirizzarli maggiormente verso lo sviluppo dell’impresa e di valorizzare di più e meglio il processo di autofinanziamento. Inoltre, anche negli anni della crisi, la cooperazione è stata in grado di continuare con successo l’azione tesa a colmare i ritardi precedentemente accumulati in termini di patrimonializzazione aziendale, anche grazie ai paralleli processi di integrazione e concentrazione portati avanti nei settori maggiormente soggetti alla concorrenza e all’internazionalizzazione dei mercati.


capitolo terzo | il peso nell’economia provinciale

115

TABELLA 10 PATRIMONIO 2008/2012 elaborazione su dati unioncamere/aida

Somma di Somma di Somma di Somma di Somma di Patrimonio Patrimonio Patrimonio Patrimonio Patrimonio Netto in euro Netto in euro Netto in euro Netto in euro Netto in euro 2012 2011 2010 2009 2008 TOTALE SOC.CAP. BOLOGNA 1

Agroalimentare

2

Industria in senso stretto

674.782.451

637.283.319

616.860.559

612.788.276

624.458.706

10.030.878.204

8.759.275.715

8.571.916.222

8.315.597.953

7.724.287.132

3

Costruzioni

1.598.209.598

1.617.686.769

1.470.353.112

1.484.556.877

1.392.029.214

4

Commercio

2.594.276.583

2.649.600.511

2.520.373.684

2.366.386.875

2.122.525.734

5

Turismo

221.773.842

246.058.338

221.224.038

225.041.736

217.559.740

6

Servizi imprese

10.515.818.626

10.554.723.263

11.880.370.508

12.237.364.606

11.948.400.683

9.084.939.452

7.436.239.011

7.968.399.962

7.605.747.994

7.395.692.550

372.830.369

346.040.732

335.460.185

319.007.719

314.724.531

45.369.531

43.708.782

42.955.335

42.288.058

42.241.892

35.138.878.656

32.290.616.440

33.627.913.605 33.208.780.094

31.781.920.182

7

Credito/Assicurazioni

8

Servizi persone

9

Assistenza sociale

SUBTOTALE

COOPERATIVE BOLOGNA NON ASSOCIATE 1

Agroalimentare

2

Industria in senso stretto

292.358

852.712

1.168.245

1.470.880

1.458.306

- 514.146

269.052

509.494

577.548

586.936

3

Costruzioni

3.979.940

8.061.251

12.214.813

12.044.276

11.778.249

4

Commercio

86.010.210

61.189.879

49.933.910

49.708.012

48.607.020

5

Turismo

6

Servizi imprese

7

Credito/Assicurazioni

8

Servizi persone

9

Assistenza sociale

SUBTOTALE

- 142.515

- 105.888

- 86.992

210.063

160.474

45.356.862

44.497.526

44.159.085

43.044.820

39.437.763

€ 00

€0

€0

€0

€0

106.693

843.846

987.058

1.108.269

1.141.698

4.576.641

4.516.800

4.569.318

4.491.454

4.561.152

139.666.043

120.125.178

113.454.931

112.655.322

107.731.598

701.809.770

679.398.813

653.962.348

624.647.559

557.763.383

1.155.058.393

1.156.484.210

1.141.652.490

1.133.179.515

1.115.609.844 752.001.432

COOPERATIVE BOLOGNA ASSOCIATE 1

Agroalimentare

2

Industria in senso stretto

3

Costruzioni

810.845.759

802.024.818

769.633.975

763.097.480

4

Commercio

1.103.905.732

1.055.757.998

1.032.258.261

999.734.769

961.313.933

5

Turismo

178.368.756

174.619.168

167.941.105

160.824.162

154.492.019

1.004.931.895

998.861.817

986.231.430

962.342.768

924.422.883

5.816.595

5.075.587

6.032.247

5.533.154

5.227.972

6

Servizi imprese

7

Credito/Assicurazioni

8

Servizi persone

12.892.160

12.752.926

11.714.375

11.552.627

10.520.157

9

Assistenza sociale

29.182.967

28.404.973

26.600.737

27.485.223

27.328.599

5.002.812.027

4.913.380.310

4.796.026.968

4.688.397.257

4.508.680.222

40.281.356.726

37.324.121.928

38.537.395.504

38.009.832.673

36.398.332.002

SUBTOTALE TOTALE


116

l’impresa comune | seconda parte

GRAFICO 16 Patrimonio, 2008/2012 ELABORAZIONE SU FONTE AIDA UNIONCAMERE

150

130

120

90

100

100

100

104

104

105

106

106

105

109

112

111

111

102

60

30

0 2008

SOC. COOP. BOLOGNA ASSOCIATE

2009

2010

SOC. COOP. BOLOGNA NON ASSOCIATE

2011

2012

SOC. CAPITALI SPA E SRL

Gli investimenti Con oltre 3,5 miliardi di euro le cooperative rappresentano, nel 2012, quasi il 13% degli investimenti fatti dalle imprese private, con una crescita del 15% rispetto al 2008 (positiva per tutti gli anni), minore di quella registrata dalle società di capitali, che è stata superiore al 19%, in entrambi i casi con un rallentamento nell’ultimo anno. Mediamente, però, finora le cooperative hanno investito il triplo di quanto fatto dalle società di capitali: 3,4 milioni di euro rispetto a uno e si sale rispettivamente a 5,6 milioni e a 1,5 milioni, se il riferimento è il campione delle imprese di capitali. Si evidenzia, così, chiaramente quale è stato uno degli scopi primari delle politiche perseguite, in particolare negli anni precedenti alla crisi, di valorizzazione degli utili aziendali e di promozione della capitalizzazione aziendale. Di converso, però, se ne deduce una minore capacità di investimenti, conseguente a una inferiore patrimonializzazione, delle cooperative di più recente costituzione (dal 2008-9 in poi) rispetto alle imprese di capitali della stessa fascia di anzianità operativa. La politica degli investimenti nel mondo cooperativo ha significativamente coinvolto praticamente tutti i settori e con maggior equilibrio rispetto a quella di patrimonializzazione. I dati disaggregati confermano la maggior attitudine rivelata dalle cooperative (una volta consolidatesi) agli investimenti, con dati medi aziendali significativamente più alti rispetto alle società di capitali in tutti i settori, a eccezione dei servizi alla persona e dell’assistenza sociale.


capitolo terzo | il peso nell’economia provinciale

Al primo posto si trova il commercio (in particolare la grande distribuzione) con il 24% del totale (e il 37,5% degli investimenti del settore) e un tasso di incremento leggermente inferiore alla media generale (+12%). È seguito a breve distanza dai servizi alle imprese (poco meno del 23%) e quindi dall’agroalimentare (20,5%), che conferma il protagonismo del modello cooperativo. A quest’ultimo si deve il 44% degli investimenti nel settore, con una media aziendale superiore ai 9 milioni di euro (rispetto a 2,6 milioni che rappresentano il dato settoriale più alto per le società di capitali) e che mette a segno anche l’incremento maggiore nel quadriennio in esame, +37%, davanti alla cooperazione sociale che è cresciuta di un terzo e che, pur partendo da valori tra i più bassi, rappresenta il settore con la massima incidenza delle cooperative sul valore complessivo degli investimenti, il 47%, poco meno della metà del totale settoriale. Al quarto posto per valore degli investimenti troviamo l’industria, con il 17%, settore nel quale la cooperazione rappresenta però solo poco più del 6% del totale degli investimenti, che sono aumentati del 9% negli anni della crisi, il valore più basso dopo le costruzioni, anch’esse tra le più colpite in proposito. Tiene, nonostante la crisi, quest’ultimo settore (che rappresenta l’8,5% in ambito cooperativo), nel quale alle cooperative si deve il 21% degli investimenti. ma la crescita è stata limitata al 2% nel periodo esaminato e la media aziendale, 1,8 milioni di euro, seppure migliore (per gli altri tipi di imprese non arriva ai 500.000 euro), è significativamente al di sotto di quella generale. È la stessa anche nei servizi alle imprese, comparto nel quale, però, la cooperazione rappresenta il 9% e ogni società di capitali ha investito quasi un milione di euro. La media aziendale più alta in assoluto, con 11,6 milioni di euro per cooperativa, si registra nell’industria (a fronte di 2,6 milioni, la più alta tra le società di capitale, la stessa dell’agroalimentare), seguita dal commercio con 11 milioni e dove si registra il maggior scarto nei confronti delle imprese di capitali, a quota 0,55. Tra le imprese di capitali maggiore è la concentrazione degli investimenti in pochi settori, i primi due, industria (38%) e servizi alle imprese, quasi equivalenti come quota, se sommati raggiungono i tre quarti del totale. Seguono, staccatissimi, il commercio (9,5%) e le costruzioni con il 6% del valore totale degli investimenti; marginale è il ruolo dell’agroalimentare con circa il 4%. Servizi sociali e assistenza sociale, infine, assorbono più o meno la stessa quota degli investimenti, attorno al 3%, sia tra le cooperative e sia tra le imprese di capitali. Nelle costruzioni, alle cooperative si deve il 21% degli investimenti nel settore, La media aziendale più alta in assoluto, con 11,6 milioni di euro per cooperativa, si registra nell’industria, Significativo è il dato del turismo, con poco meno del 28% degli investimenti settoriali (incrementatisi di quasi un quarto) e 8 milioni di euro per ogni cooperativa. Infine, l’unico settore in cui, seppur di poco, la media aziendale risulta più alta nelle società di capitali è quello dei servizi alla persona (0, 54 milioni di euro rispetto a 0,3) che con l’assistenza sociale, rappresentano anche quelli con i valori più bassi in ambito cooperativo (0,7 milioni di euro in quest’ultimo caso) e comunque tra i più bassi anche tra le società di capitali.

117


l’impresa comune | seconda parte

118

TABELLA 11 A INVESTIMENTI 2008/2012 elaborazione su dati unioncamere/aida

Totale investimenti in euro 2012

Totale investimenti in euro 2011

Totale investimenti in euro 2010

Totale investimenti in euro 2009

Totale investimenti in euro 2008

8.370.576.767

8.247.490.380

8.067.778.801

7.982.149.129

6.807.600.212

TOTALE SOC.CAP. BOLOGNA 2

Industria in senso stretto

3

Costruzioni

1.309.225.858

1.316.596.666

1.148.200.812

1.099.679.428

971.753.751

4

Commercio

2.063.628.926

2.091.450.986

1.951.245.728

1.952.842.721

1.690.571.986

5

Turismo

6

Servizi imprese

508.644.221

525.000.631

494.979.875

488.274.527

494.451.372

7.797.342.147

8.041.690.756

7.904.747.970

7.378.668.447

7.016.919.767

7

Credito/Assicurazioni

392.097.187

352.708.494

331.207.492

289.374.749

325.952.979

8

Servizi persone

471.007.006

503.161.709

467.159.905

472.350.784

441.782.105

9

Assistenza sociale

69.875.481

62.039.203

61.203.729

62.398.019

63.693.749

21.762.835.984

21.881.455.823

21.166.972.862

20.445.902.466

18.519.742.100

SUBTOTALE

COOPERATIVE BOLOGNA NON ASSOCIATE 1

Agroalimentare

4.037.558

3.495.049

3.046.941

3.093.602

2.964.102

2

Industria in senso stretto

1.024.369

1.077.965

1.006.139

1.357.564

1.307.679

3

Costruzioni

7.092.957

7.312.772

7.758.608

8.973.170

7.583.489

4

Commercio

60.215.681

44.925.628

45.880.623

46.378.929

42.894.669

5

Turismo

6

Servizi imprese

7

Credito/Assicurazioni

8

Servizi persone

9

Assistenza sociale

SUBTOTALE

640.033

690.997

699.206

676.380

336.158

17.996.244

18.210.484

18.434.177

18.779.527

17.419.564

0

0

0

0

0

1.954.453

2.045.047

1.934.905

2.240.327

2.475.051

18.498.246

19.738.910

20.463.853

17.431.306

12.823.845

111.459.541

97.496.852

99.224.452

98.930.805

87.804.557

COOPERATIVE BOLOGNA ASSOCIATE 1

Agroalimentare

715.573.441

689.860.741

600.850.784

582.212.747

523.035.560

2

Industria in senso stretto

595.673.685

614.144.589

598.042.999

557.010.651

549.930.779

3

Costruzioni

286.143.004

279.320.887

282.450.080

280.939.661

266.622.814

4

Commercio

783.545.552

787.540.232

736.767.363

722.715.148

709.646.273

5

Turismo

154.453.710

156.923.291

146.575.802

135.793.741

124.691.984

773.081.946

766.895.939

746.927.244

744.141.793

706.795.505

115.098

107.259

4.277

5.316

6.123

6

Servizi imprese

7

Credito/Assicurazioni

8

Servizi persone

24.879.728

24.338.764

23.463.658

20.851.555

17.855.254

9

Assistenza sociale

42.569.644

42.663.687

40.567.537

39.495.581

36.444.520

3.376.035.808

3.361.795.389

3.175.649.744

3.083.166.193

2.935.028.812

25.250.331.333

25.340.748.064

24.441.847.058

23.627.999.464

21.542.575.469

SUBTOTALE TOTALE


capitolo terzo | il peso nell’economia provinciale

119

Quest’ultimo settore è comunque quello in cui la cooperazione rappresenta la quota più alta degli investimenti, il 47,5%. Servizi alla persona e assistenza sociale, comunque, registrano entrambi, in tema di investimenti, un incremento di circa un terzo tra il 2008 e il 2012, il secondo più alto come valore in ambito cooperativo, segno evidente di un’accelerazione nei processi di modernizzazione e innovazione. Per quanto riguarda le considerazioni di sintesi vale quanto già detto a proposito della patrimonializzazione, più delle imprese di capitali quelle cooperative hanno approfittato dei tempi antecedenti alla crisi per accumulare risorse proprie per l’autofinanziamento al fine sia di potenziare le politiche di investimenti e sia di migliorare la gestione finanziaria interna e diminuire il ricorso al credito. Così facendo sono riuscite, finora, a continuare queste politiche, seppur con minore intensità, difendendo una solidità economica spesso già acquisita e superiore a quella delle imprese di capitali. Va detto che questa situazione è caratteristica della cooperazione bolognese e di buona parte di quella regionale, ma non ancora di quella nazionale e comunque si tratta di un processo che dovrà proseguire nel tempo.

TAB 11 B Universo imprese, valore investim medio aziendale (milioni di euro) Aziende

Agroalimentare

Costruzioni

Industria

Servizi imprese

Commercio

Servizi persona

Assistenza sociale

Coop Alleanza

13,8

5,4

24,8

5

31,3

0,5

0,8

Soc capitali

2,6

0,5

2,6

1

0,6

0,6

1,3

Il costo del lavoro Le cooperative assorbono oltre il 18% del costo del lavoro delle imprese, ma il dato è ridimensionato dalla cooperazione “non aderente”, dal momento che l’Alleanza, con solo il 40% delle cooperative, rappresenta, da sola, poco meno del 17%. In entrambi i casi si aumenta di un punto la quota se il riferimento diventa il campione delle imprese “consolidate”. A livello settoriale la cooperazione arriva a rappresentare il 92% del costo del lavoro nell’assistenza sociale e molto al di sopra della media generale si collocano anche il turismo, l’agroalimentare, le costruzioni e, in misura minore, il commercio. In realtà, la media generale è negativamente condizionata dal preponderante peso dell’industria nel costo globale del lavoro nelle imprese, oltre il 40%, nella quale la cooperazione pesa per il 5%. A livello generale, nel periodo 2008-2012, nelle cooperative la spesa per il fattore lavoro, che è mediamente più alto (quantomeno per quelle associate all’Alleanza) rispetto agli altri tipi di imprese, è cresciuto (+ 12%) di quasi il doppio rispetto al resto delle aziende.


l’impresa comune | seconda parte

120

TABELLA 12 COSTO DEL PERSONALE 2008/2012 elaborazione su dati unioncamere/aida Somma di Somma di Somma di Somma di Somma di Totale costi Totale costi Totale costi Totale costi Totale costi del personale del personale del personale del personale del personale in euro 2012 in euro 2011 in euro 2010 in euro 2009 in euro 2008 TOTALE SOC.CAP. BOLOGNA 1

Agroalimentare

2

Industria in senso stretto

161.462.943

173.102.885

169.436.421

161.518.581

157.491.301

3.137.873.266

3.056.717.641

2.860.175.677

2.742.906.734

2.671.997.996

3

Costruzioni

304.634.035

319.303.632

310.212.890

307.862.110

307.791.671

4

Commercio

1.093.757.845

1.096.747.901

1.032.965.128

972.611.976

890.430.631

5

Turismo

6

Servizi imprese

124.140.556

123.939.226

121.946.743

122.728.096

119.883.554

1.323.380.340

1.387.797.914

1.385.970.354

1.276.237.012

1.277.993.265

7

Credito/Assicurazioni

110.967.588

112.828.094

112.284.921

122.627.577

245.789.461

8

Servizi persone

134.495.356

135.117.358

138.352.180

136.053.786

128.877.753

9

Assistenza sociale

12.935.750

12.577.201

12.160.328

12.044.410

10.516.539

6.403.647.679

6.418.131.852

6.143.504.642

5.854.590.282

5.810.772.171

SUBTOTALE

COOPERATIVE BOLOGNA NON ASSOCIATE 1

Agroalimentare

2.918.770

2.864.887

2.629.412

2.392.034

1.897.115

2

Industria in senso stretto

2.929.471

2.585.187

2.358.696

2.379.132

2.560.108

3

Costruzioni

4.925.926

5.807.985

6.416.330

6.630.406

6.221.304

4

Commercio

15.965.907

12.507.980

12.639.839

12.302.168

11.956.391

5

Turismo

6

Servizi imprese

352.713

476.080

749.615

584.081

218.883

65.652.679

64.330.800

58.700.813

52.698.946

52.123.709

7

Credito/Assicurazioni

0

0

0

0

0

8

Servizi persone

4.954.268

4.580.521

4.238.112

4.322.405

4.025.054

9

Assistenza sociale

6.984.200

7.357.287

7.498.387

7.379.242

7.033.691

104.683.934

100.510.727

95.231.204

88.688.414

86.036.255

SUBTOTALE

COOPERATIVE BOLOGNA ASSOCIATE 1

Agroalimentare

143.625.071

141.313.570

134.769.989

127.195.464

122.319.228

2

Industria in senso stretto

172.297.929

176.888.149

172.295.508

165.544.215

190.913.475

3

Costruzioni

140.108.969

144.469.655

135.891.418

134.855.569

143.687.142

4

Commercio

356.967.587

352.729.959

337.169.381

321.050.305

314.744.324

5

Turismo

184.206.637

179.203.010

158.460.781

148.895.147

146.452.766

6

Servizi imprese

223.594.676

215.010.273

214.051.189

215.347.391

217.596.604

7

Credito/Assicurazioni

1.512.947

911.570

516.136

516.004

646.501

8

Servizi persone

38.338.094

36.024.801

35.641.645

32.770.404

29.463.371

9

Assistenza sociale

157.606.361

143.771.460

136.811.433

132.406.886

115.535.075

SUBTOTALE

1.418.258.271

1.390.322.447

1.325.607.480

1.278.581.385

1.281.358.486

TOTALE

7.926.589.884

7.908.965.026

7.564.343.326

7.221.860.081

7.178.166.912


capitolo terzo | il peso nell’economia provinciale

Va detto, però che questa differenza si riduce a soli due punti percentuali se il riferimento diventa il campione delle imprese “consolidate”, soprattutto (…ma non solo) per la maggiore influenza quantitativa che, rispetto al dato universale, hanno le aziende di capitali di più recente operatività rispetto alle cooperative7. A livello settoriale la quota maggiore è detenuta dal commercio (ma dovremmo dire dalla grande distribuzione) con il 23,5% del totale, seguito a ruota dai servizi alle imprese (21%) e staccati, dal turismo (poco meno del 12%), l’industria (poco più dell’11%), l’assistenza sociale (10,5%) e costruzioni e agroalimentare (entrambi con poco più del 9%); i servizi alla persona si fermano sotto il 3% del costo del lavoro complessivo della cooperazione. Sopra la media generale, in termini di crescita – e significativamente – si collocano l’assistenza sociale (ma potremmo dire la cooperazione sociale, autrice dell’incremento più alto, quasi un terzo), il turismo, i servizi alla persona e l’agroalimentare; più moderato (ma sempre positivo) è lo scarto nel commercio e nei servizi alle imprese. In due settori importanti come industria (-7%) e costruzioni (-0,4%, ma il valore pro capite è di gran lunga il più alto) – peraltro, come più volte ricordato, quelli maggiormente colpiti dalla crisi economica in atto – il costo del lavoro risulta in calo rispetto al 2008. Questo andamento negativo, tra le società di capitali, si riscontra nelle costruzioni (più grave, -7%)8 e, poi, nel turismo e nell’agroalimentare (-0,4%). Tra queste ultime la quota maggiore di costo del lavoro è di gran lunga assorbita dall’industria (47%), seguono i servizi alle imprese (22%) e il commercio (quasi il 17%); tutti gli altri settori rappresentano il restante 14%, di cui quasi un terzo (il 5% del totale) riguarda le costruzioni. Sopra la media generale (questa volta calcolata solo con riferimento alle imprese “consolidate” perchè il campione è più omogeneo), in termini di crescita – e in maniera rilevante – si collocano l’assistenza sociale (+23%, il dato più alto, ma basso era il valore di partenza), seguita a ruota dal commercio e quindi dall’industria (comunque qui il costo pro capite resta inferiore a quello delle cooperative, quantomeno con riferimento all’Alleanza); sotto la media, e di molto, si trovano i servizi alle imprese e il turismo. Un’ultima considerazione generale, che, peraltro, meriterebbe ben altri approfondimenti e verifiche, può essere qui proposta: da una prima comparazione dei dati emerge che, più frequentemente nella cooperazione che non nelle imprese di capitali, il processo di sviluppo (fatturato, patrimonio e investimenti) si accompagna alla crescita (più o meno proporzionale) degli occupati e/o del costo del lavoro.

121


122

l’impresa comune | seconda parte

note capitolo terzo 1 Questi due tipi di attività fanno riferimento soprattutto alla cooperazione sociale a cui, quindi, va ricondotto il miglior risultato ottenuto sul piano occupazionale, significativo anche perché l’assistenza sociale rappresentava già all’inizio del quadriennio esaminato il terzo settore per occupazione in ambito cooperativo, alle spalle dei servizi alle imprese e del commercio. 2 All’interno di questo specifico settore non sono ricompresi né le banche cooperative, né il GruppoUnipol. 3 L’ordine si inverte tra questi due settori se il riferimento sono le cooperative consolidate, ma le differenze sul piano quantitativo sono trascurabili. 4 Per quanto riguarda invece l’universo delle imprese la cooperazione si ferma al 49,5% del totale. 5 A parte i maggiori effetti subiti dalla crisi, va detto che questo settore era cresciuto parecchio (e più degli altri) negli anni precedenti, quelli che abbiamo definito “di vacche grasse”. 6 Il grande divario, quindi, di carattere quantitativo si spiega essenzialmente con il gran numero di imprese di capitali (quasi il 40% del totale) operanti in questo settore. 7 In effetti, il fatto che le cooperative con almeno cinque anni di operatività assorbano una quota superiore del costo del lavoro universale limitata a cinque punti percentuali (96% rispetto al 91%) rispetto agli altri tipi di imprese porta a pensare che ci sia anche un’altra causa e cioè che il costo del lavoro resti sensibilmente superiore nelle cooperative anche all’interno della fascia delle aziende più “giovani”.

8 In realtà in questo settore il calo dei valori è sostanzialmente attribuibili alle aziende con minore anzianità operativa, che in generale, stanno subendo il maggiore impatto della perdurante crisi economica. La considerazione vale anche per il settore agroalimentare con riferimento alle società di capitali.


capitolo terzo | il peso nell’economia provinciale

123

La cooperazione bolognese al servizio della legalità L’Agenzia Cooperare con Libera Terra nasce nel maggio 2006 come associazione senza fini di lucro per iniziativa di alcune importanti imprese cooperative, per la maggior parte dell’area bolognese. La base sociale nel giro di pochi anni è passata da 25 a più di 70 soci assumendo un profilo nazionale. Questa realtà è espressione dell’impegno che la cooperazione bolognese da tempo ha speso e spende al fianco di Libera – associazioni, nomi e numeri contro le mafie – nella promozione della cultura della legalità e per la restituzione all’utilità sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata attraverso l’affidamento di questi a cooperative sociali costituite ad hoc. La missione L’Agenzia Cooperare con Libera Terra nasce con un duplice obiettivo. Il primo, consolidare e supportare lo sviluppo imprenditoriale delle cooperative che gestiscono beni e terreni confiscati al crimine organizzato attraverso il trasferimento di know how. L’Agenzia è quindi, grazie alle cooperative associate che mettono a disposizione le loro professionalità, una “banca delle competenze” al servizio delle giovani cooperative che operano nel mezzogiorno d’Italia. Cooperative ad alto valore sociale che si riconoscono nel progetto “Libera Terra” e nell’associazione “Libera” presieduta da Don Luigi Ciotti. Il secondo obiettivo è creare iniziative di reciproca conoscenza tra i soci dell’Agenzia e le cooperative di Libera Terra attraverso lo scambio di esperienze e la creazione di percorsi comuni tra imprese e territori diversi.

L’Agenzia rappresenta, dunque, anche una “banca delle esperienze”, un incrocio di percorsi che si contaminano reciprocamente e creano nuovo spirito cooperativo e nuova cittadinanza democratica unendo, alla pari, il Nord e il Sud del nostro Paese. In definitiva, “scambio delle esperienze e crescita delle professionalità” è l’originale “scambio mutualistico” che sviluppa l’Agenzia Cooperare con Libera Terra, con al centro la volontà di creare nuova cooperazione e nuova legalità. I risultati Le cooperative di Libera Terra sono 10 (considerando anche la prossima costituzione di una nuova cooperativa a Castelvetrano, Trapani) in 4 regioni (Sicilia, Calabria, Puglia e Campagna). Le cooperative complessivamente lavorano più di 1000 ettari di terreno. Sono riunite nel consorzio Libera Terra Mediterraneo che cura la trasformazione delle derrate producendo e commercializzando più di 80 referenze, che grazie a un incessante lavoro sulla qualità continuano a guadagnare gradimento dei consumatori e quote di mercato. Oggi le cooperative e il consorzio danno occupazione diretta a più di 140 persone, prevalentemente giovani, hanno un fatturato complessivo che supera i 9 milioni di euro e hanno dimostrato di riuscire a consolidarsi e crescere nonostante la crisi. Questo risultato senza l’impegno e la responsabilità sociale della cooperazione bolognese non sarebbe stato possibile. La speranza del futuro è nel segno del noi, del fare insieme e dei giovani. Don Luigi Ciotti


124

l’impresa comune | seconda parte

La cooperazione del trasporto persone Un ambito in cui la cooperazione ha una presenza significativa nell’area metropolitana di Bologna è rappresentata dal Trasporto Pubblico Locale e nel trasporto persone non di linea (Taxi e Noleggio Con Conducente). A maggio 2014 le associazioni che rappresentano 800 aziende artigiane e tre tra le più importanti e innovative cooperative nel panorama nazionale operante nel trasporto persone non di linea hanno siglato un patto che ha l’obiettivo di valorizzare la collaborazione tra tassisti e noleggiatori regolari per offrire servizi sempre migliori e a prezzi competitivi per i cittadini utenti del servizio pubblico non di linea nel rispetto delle leggi vigenti. Vengono garantiti alti standard di servizio, l’utilizzo di veicoli sicuri e rispettosi dell’ambiente, con un’età media inferiore ai 4 anni,

contribuendo in maniera significativa a ridurre al minimo l’inquinamento ambientale prodotto dai mezzi adibiti al servizio pubblico locale. Ogni anno vengono trasportati oltre 2 milioni di utenti. Negli ultimi anni sono stati investiti milioni di euro per migliorare la gestione e l’accessibilità dei nostri servizi, anche attraverso la creazione di siti web e App dedicate. Nel Trasporto Pubblico Locale la cooperazione e le pmi artigiane svolgono il 20% dei 112 milioni di chilometri in regione con un costo cessante per il servizio di TPL 33 milioni di euro. Un minor costo dunque per la collettività con un servizio di qualità. A Bologna, oltre che a Ravenna e Ferrara, sono state create delle società miste pubblico/private per la gestione dei servizi. A Bologna la quota di chilometri affidati alla cooperazione e alle pmi artigiane è di 9 milioni, pari a un quarto del totale.


CAPITOLO QUARTO LA “RAPPRESENTATIVITÀ” DELL’ALLEANZA DELLE COOPERATIVE



capitolo quarto | la "rappresentatività" dell'alleanza delle cooperative

CAPITOLO QUARTO LA “RAPPRESENTATIVITÀ” DELL’ALLEANZA DELLE COOPERATIVE

L’accesso alla banca dati AIDA e SMAIL e le elaborazione del centro studi Unioncamere consentono anche, finalmente, di fare un punto “certificabile” su quanto la cooperazione organizzata rappresenta all’interno del fenomeno più complessivo, e con riferimento alle evoluzioni negli anni della crisi. Anche in questo caso, per dare più pregnanza all’analisi, è stato usato pure il campione già utilizzato per la comparazione con le società di capitali, costituito dalle cooperative i cui bilanci erano già disponibili dal 2008. Rispetto all’universo delle cooperative inserite nella banca-dati AIDA (che quindi hanno consegnato almeno un bilancio) l’Alleanza rappresenta il 42% delle cooperative, ma arriva al 60% riguardo alla componente più “consolidata”, quella del campione. E si sale oltre il 70% nell’industria e nell’agroalimentare e a quasi due terzi nell’assistenza sociale, mentre minoritario (40% del totale) resta solo il commercio1. Visto il peso quasi totalitario che il movimento cooperativo organizzato ha sui valori economici globali espressi dalla cooperazione sopra esaminati, si ha già un primo chiaro segnale di quanto sia preponderante il suo ruolo. Una prima verifica in proposito viene dal fatto che oltre l’86% delle cooperative associate fa parte del campione delle imprese “consolidate”, a fronte di poco meno del 42% per quelle “non aderenti”. Ciò conferma che buona parte delle cooperative di più recente costituzione non sono intercettate dall’Alleanza, ma anche che si tratta di un tessuto ancora molto fragile sul piano imprenditoriale ed economico. Il primo risultato generale che emerge dai dati è chiaramente rappresentato dalle superiori performance incrementali comparate di periodo della cooperazione associata per tutti i valori analizzati.

127


l’impresa comune | seconda parte

128

GRAFICO 17 Imprese con bilanci 2008/2012, numero FONTE: UNIONCAMERE

249 369

13.887

COOP. ASSOCIATE

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

GRAFICO 18 Costo del lavoro 2012 Agroalimentare FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

46,6%

Occupazione e costo del lavoro Con riferimento alle cooperative con almeno un addetto (dati SMAIL sugli occupati in Emilia-Romagna al 30 giugno 2013) la “rappresentatività” numerica del movimento cooperativo organizzato è al 37% (quasi la metà se il riferimento sono le cooperative con dipendenti), senza sostanziali evoluzioni negli ultimi quattro anni, ma sale a poco meno dell’80% per quanto riguarda gli addetti , con un aumento di un paio di punti percentuali rispetto a giugno 2009. In pratica, dal punto di vista quantitativo e percentuale, gli unici settori in cui il ruolo, in termini occupazionali, della cooperazione “non aderente” è rilevante sono i servizi alla persona e alle imprese (con una forte presenza in particolare nel facchinaggio e nelle pulizie), in cui è concentrata il 73% del totale dell’occupazione creata da questa parte della cooperazione (con una crescita superiore al 3% nel quadriennio in esame): nel primo di questi settori il dato è superiore a quello stesso del movimento cooperativo organizzato, mentre nel secondo quest’ultimo rappresenta una risicata maggioranza pari al 50,5% dell’occupazione creata dalla cooperazione. Nelle costruzioni, pur con numeri assoluti limitati, gli addetti delle cooperative “non aderenti” arrivano al 30% del totale e (con l’eccezione di credito/assicurazioni) in tutti gli altri settori rappresentano numeri e quote marginali rispetto all’Alleanza delle Cooperative, oscillando tra il 3% e il 7%. Quest’ultima presenta una distribuzione dei posti di lavoro in maniera più omogenea tra tutti i settori di attività, pur con quella polarizzazione attorno alle varie tipologie di cooperazione di lavoro e la maggioranza relativa della grande distribuzione che sono stati già ricordati nella seconda parte di questo Rapporto.

52,4%

0,95%

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

Gli occupati, all’interno dell’Alleanza, negli ultimi quattro anni sono cresciuti di poco più del 3%, assorbendo tutto l’incremento dovuto alle cooperative, visto che nelle “non aderenti” si è avuto, invece, un calo di poco meno del 4%, peraltro concentrato nel settore agroalimentare (che ha ridotto l’occupazione a un terzo), nell’assistenza sociale (-36%), nel turismo e nelle costruzioni (-20%), mentre positivo è stato il trend del commercio, dei servizi alle persone e anche all’imprese. All’interno dell’Alleanza l’incremento più


capitolo quarto | la "rappresentatività" dell'alleanza delle cooperative

significativo ha riguardato la cooperazione sociale (nell’assistenza, +14%, e, per quota-parte, nei servizi alla persona, globalmente + 22,6%), che diventa così la forma cooperativa che crea più lavoro alle spalle del commercio/grande distribuzione, a fronte del calo registrato nelle costruzioni (- 3,7%), nei servizi alle imprese e nel credito/assicurazioni (-1,8% in entrambi i casi). Infine, abbastanza omogeneamente si distribuisce negli altri settori la leggera crescita occupazionale con valori tra i pochi decimali di punto (l’industria) e poco più del 2% (l’agroalimentare). Nell’ultimo anno disponibile (a cavallo tra giugno 2012 e giugno 2013) risulta un’inversione di tendenza con il primo calo in termini occupazionali, pari a 0,3%, per le cooperative associate all’Alleanza, a fronte, comunque, di un -1,2% tra quelle non aderenti, per le quali, oltretutto, l’anno precedente (giugno 2011-2012) era stato l’unico che aveva segnato un incremento degli addetti. Un’eccezione significativa si rileva nei servizi alle persone e nell’assistenza sociale, mentre continua la lievissima ripresa occupazionale dell’industria iniziata già l’anno prima. In realtà, secondo i dati elaborati dall’Alleanza sui propri associati, anche per il 2013 si sarebbe registrato un, seppur contenuto, aumento complessivo degli occupati (poco più dell’1%), ma va ricordato che vengono conteggiati, come già detto, anche gli addetti delle società controllate e i posti di lavoro creati dalle cooperative bolognesi fuori dal territorio regionale. E ciò spiega la migliore performance, rispetto ai dati SMAIL-Unioncamere, realizzata in proposito durante tutto il periodo esaminato.

129

GRAFICO 19 Costo del lavoro 2012 Industria in senso stretto FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

5,20%

0,09%

94,71%

COOP. ASSOCIATE

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

GRAFICO 20 Costo del lavoro 2012 Costruzioni FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

31,16%

Per quanto riguarda il costo del lavoro, il 90% di quello nella cooperazione è assorbito dal movimento cooperativo organizzato e si arriva al 93% per quanto riguarda il campione delle cooperative “consolidate”, con quote a livello settoriale, come vedremo dai dati-procapite, sempre molto superiori a favore dell’Alleanza rispetto a quelle rappresentate in termini di occupati. In proposito, la media generale dà un primo esempio: ogni addetto costa (anno 2012) mediamente attorno ai 30.000 euro nelle cooperative associate, rispetto a poco meno di 16.000 nelle altre.

1,10% 67,74%

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE


l’impresa comune | seconda parte

130

GRAFICO 21 Costo del lavoro 2012 Commercio FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

1,09%

24,34%

74,57%

COOP. ASSOCIATE

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

E nonostante questo dato (certo condizionato dalla differente “distribuzione” degli addetti fra i vari settori e contratti di categoria) il costo del lavoro è aumentato, nel quadriennio in esame, del doppio (22,8% contro 11,5%) tra le cooperative non aderenti (con la significativa eccezione delle costruzioni, dell’assistenza sociale e dei servizi alla persona nei quali, invece, è diminuito) rispetto a quelle del movimento cooperativo organizzato, peraltro con una brusca e significativa inversione tendenza negativa nel 2012, che non si giustifica semplicemente con il calo degli occupati. Inoltre, non va dimenticato che l’aumento del costo del lavoro si è avuto in questa componente del fenomeno cooperativo a fronte – nel quadriennio esaminato – del già ricordato decremento dei fatturati e di un bilancio “consolidato” chiuso in perdita (e da tre anni). In ogni caso resta positivo il fatto che la tendenza sia verso una diminuzione del gap di remunerazione che – in tutti i settori – i lavoratori delle cooperative non associate subiscono mediamente rispetto ai colleghi che lavorano all’interno del movimento cooperativo .

GRAFICO 22 Costo del lavoro 2012 Servizi Imprese

GRAFICO 23 Costo del lavoro 2012 Servizi persona

FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

2,79%

4,07%

13,87% 21,56%

82,06%

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

75,65%

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE


capitolo quarto | la "rappresentatività" dell'alleanza delle cooperative

Per quest’ultimo la progressione del costo del lavoro è stata regolare e omogenea per tutto il periodo esaminato, fatta eccezione per industria e costruzioni2. La disaggregazione dei dati a livello settoriale – seppur possibile solo a livello di stima3 – conferma che, in tema di costo del lavoro medio, lo scarto a favore dell’Alleanza resta sempre molto evidente4, anche a prescindere dal diverso tasso comparato di crescita degli occupati nel quadriennio esaminato. Questi dati, unitamente alla comparazione tra i valori economici e alla decisamente maggiore dimensione media aziendale (oltre sei volte: 85 addetti rispetto a 13)5 legittimano l’affermazione di una maggiore qualità, stabilità e tutela (nel tempo) del lavoro creato in cooperativa all’interno dell’Alleanza.

131

GRAFICO 24 Costo del lavoro 2012 Assistenza sociale FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

7,29%

88,78%

COOP. ASSOCIATE

Il valore della produzione e gli utili Oltre il 94% dei ricavi è realizzato dalle cooperative aderenti all’Alleanza e si sale di oltre un punto percentuale con riferimento al campione delle “consolidate”. Tale quota risulta in crescita nel periodo 2008-12. In particolare, il fatturato della cooperazione associata è cresciuto del 13% (pur con un’inversione di tendenza nell’ultimo anno), a fronte di un calo dell’8% in quella “non aderente”6. Solo nei servizi alla persona e alle imprese la cooperazione “non aderente” supera la soglia del 10% come quota detenuta dei ricavi prodotti dalle cooperative. In proposito, essa è fortemente concentrata nel commercio e nei servizi alle imprese, che assieme rappresentano l’81% del totale, segue molto staccato, con il 7,5%, il settore delle costruzioni, mentre si conferma la marginalità economica degli altri settori che si dividono il restante poco meno del 12%, con quote individuali tra il 3,5% e il 2% e anche meno. Per quanto riguarda, invece, l’Alleanza delle Cooperative, si conferma il ruolo primario del commercio, con particolare riferimento alla grande distribuzione, che è ulteriormente cresciuto negli ultimi anni ed ha superato il 34% del totale dei ricavi delle cooperative associate, seguito a distanza, ancora una volta, dalle costruzioni che, nonostante la crisi (ha perso quattro

3,93%

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

GRAFICO 25 Valore della produzione 2012 Agroalimentare FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

48,71%

50,87%

0,42%

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE


l’impresa comune | seconda parte

132

GRAFICO 26 Valore della produzione 2012 Industria in senso stretto

punti percentuali) rappresenta ancora poco meno del 20%, davanti all’agroalimentare, ai servizi alle imprese e all’industria, con quote più similari tra di loro, tra poco meno del 15 e poco più del 10% del totale. Agli altri settori resta complessivamente una quota di poco superiore al 7% dei ricavi, per oltre la metà appannaggio del turismo. Nonostante la crescita decisamente maggiore rispetto agli altri settori in tutti gli anni in esame, arrivano – insieme – nel 2012 a superare solo la soglia del 3% del totale dei ricavi delle cooperative l’assistenza sociale (+56% nel periodo 2008-12) e i servizi alla persona (+35%), che rappresentano il terreno di elezione delle cooperative sociali. Lo scarto dimensionale tra le cooperative associate all’Alleanza e le altre è ancor più evidente che non nei confronti delle società di capitali e conferma la grande differenza di ruolo economico e sviluppo tra le due componenti: 26 milioni di euro come fatturato

FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

4,96% 0,02%

95,02%

COOP. ASSOCIATE

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

GRAFICO 27 Valore della produzione 2012 Costruzioni

GRAFICO 28 Valore della produzione 2012 Commercio

FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

0,97%

1,77%

22,15%

47,16%

51,87%

76,08%

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE


capitolo quarto | la "rappresentatività" dell'alleanza delle cooperative

medio rispetto a poco più di un milione per le cooperative non aderenti. Se, in proposito si fa riferimento al campione delle cooperative consolidate si arriva a 30 milioni di euro all’interno del movimento cooperativo, ma il dato delle altre cooperative raddoppia. È la conferma di una realtà in cui marginalità economica e piccole dimensioni aziendali sono spesso collegate anche a un’anzianità operativa limitata nel tempo. La disaggregazione dei dati per settori consente di confermare le analisi fatte ed evidenzia ancor di più il divario di ruolo e di sviluppo tra movimento cooperativo organizzato e resto della cooperazione, con parziale eccezione per i servizi alle imprese e le costruzioni, nonché la sua sostanziale marginalità economica nella gran parte dei settori di attività. Solamente in due settori il valore medio aziendale di fatturato viene superato, nel commercio (dove arriva a 6 milioni di euro, peraltro con il maggior divario quantitativo con la cooperazione associata) e nei servizi alle imprese (1,5 milioni, in questo caso con il divario minore), All’interno dell’Alleanza, con riferimento al campione delle aziende “consolidate” (che non cambia le proporzioni rispetto all’universo delle cooperative aderenti) – che consentono di valutare gli andamenti dello stesso gruppo di imprese – come prevedibile, il dato più alto è nel commercio, grazie alla grande distribuzione, che rappresenta oltre il 34% del fatturato complessivo quasi tre punti percentuali in più rispetto al 2008), seguito dalle costruzioni (sotto il 21% e con due punti percentuali in meno rispetto a quattro anni prima), che paiono aver arrestato la fase di decrescita nel 2012, dall’agroalimentare e dai servizi alle imprese (con quote similari intorno al 13-14%) e un punto percentuale in meno, e dall’industria (sotto all11%, in ripresa, ora attenuata, dal 2010); complessivamente gli altri settori rappresentano il 7% del fatturato complessivo. In sintesi, in questi ultimi quattro anni, sono cresciuti come fatturato, oltre la media generale, cooperazione sociale, commercio, agroalimentare e turismo e, sotto la media, costruzioni, servizi alle imprese e industria. Come dato globale, tutti gli utili aziendali realizzati dalla cooperazione negli ultimi tre anni sono stati realizzati dalle cooperative associate nell’Alleanza perché, in proposito, quelle “non aderenti” hanno chiuso in perdita un ipotetico bilancio aggregato.

133

GRAFICO 29 Valore della produzione 2012 Servizi Imprese FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

2,09%

17,49%

82,42%

COOP. ASSOCIATE

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

GRAFICO 30 Valore della produzione 2012 Servizi persona FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

1,74%

10,61%

87,65%

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE


l’impresa comune | seconda parte

134

GRAFICO 31 Valore della produzione 2012 Assistenza sociale FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

12,76% 6,45%

80,79%

COOP. ASSOCIATE

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

GRAFICO 32 Patrimonio 2012 Agroalimentare FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

49,01%

La conferma viene dalla disaggregazione del dato a livello settoriale che evidenzia un “rosso” generalizzato che si è esteso anche ai due anni precedenti con l’eccezione del commercio nel 2011 e delle costruzioni nel 2010. Queste ultime evidenziano i dati più negativi negli ultimi due anni (peraltro migliorati nel 2012) assieme al turismo. Segue, come entità delle perdite (costanti negli ultimi tre anni), il settore dei servizi alle imprese, quello di più significativa presenza. I dati economici finora analizzati, che influenzano anche quelli che verranno analizzati, evidenziano una situazione complessiva di forte crisi che, quantomeno a partire dal 2008, sta attraversando la componente della cooperazione non associata praticamente in tutti i settori di attività, pur con tonalità differenziate. Per quanto riguarda l’Alleanza valgono anche in questo caso le analisi positive già fatte nel precedente capitolo con performance ancora migliori visto che i dati sono stati “appesantiti” – nel calcolo generale sulla cooperazione – dai risultati negativi della componente “non aderente”. Si confermano, peraltro, le difficoltà già evidenziate per i servizi alla persona e l’assistenza sociale con riferimento al 2012. Il relativo campione delle cooperative “consolidate” rivela poi una capacità di produzione di utili ancora più elevati rispetto a quella indicata per l’universo delle cooperative bolognesi: 515 milioni di euro in cinque anni rispetto a 502. È il segno evidente che, anche all’interno della cooperazione organizzata, le fragilità economiche si annidano in particolare tra le cooperative più giovani e che spesso non hanno ancora superato la fase dello start up.

50,97%

Il patrimonio e gli investimenti 0,02%

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

Il 97% del patrimonio netto della cooperazione fa capo alle cooperative dell’Alleanza e il dato è ormai costante nel tempo. La crescita in proposito è stata dell’11% a fronte del 5% per il resto della cooperazione. In quest’ultima la patrimonializzazione aziendale è quasi inesistente, con l’eccezione del commercio


capitolo quarto | la "rappresentatività" dell'alleanza delle cooperative

(7% del rispettivo totale settoriale), che rappresenta il 63% di quanto accumulato da questa componente del fenomeno cooperativo e ne ha assorbito in gran parte la crescita nel periodo in esame. Sopra la media generale, seppur di poco, si colloca anche il settore dei servizi alle imprese (4%), che possiede quasi il 30% del patrimonio della cooperazione non aderente, ma il trend è stato stazionario. Infine, la quota maggiore del rispettivo totale settoriale è detenuta dalla cooperazione sociale (con particolare riferimento all’assistenza sociale), il 15%, ma i numeri sono piccoli, trattandosi di uno dei settori meno patrimonializzati in ambito cooperativo. Per quanto riguarda le cooperative associate all’Alleanza, evidentemente valgono le analisi già fatte su questo tema nella parte dedicata al confronto con le imprese di capitali, visto che rappresentano quasi totalmente quanto realizzato e promosso dalla cooperazione bolognese in termini di capitalizzazione aziendale e già si può anticipare che la stessa cosa può essere detta con riferimento agli investimenti, che in qualche misura sono una grandezza economica “collegata”. I livelli medi aziendali risultano, conseguentemente, ancora più elevati dal momento che la quasi totalità dei valori complessivi e settoriali rilevati va ripartita per un numero ben minore di imprese, appunto solo quelle che fanno parte del movimento cooperativo organizzato. E ciò vale, in particolare, per le cooperative “consolidate”, a conferma del fatto che il processo abbinato di capitalizzazione e crescente autofinanziamento è partito da lontano ed è proceduto di pari passo nel tempo con quello di “maturazione” delle cooperative (sociale e imprenditoriale) alla luce del modificarsi delle condizioni esterne (aumento del costo del denaro e stretta creditizia) e delle via via accresciute possibilità di accumulazione interna della ricchezza creata e del potenziamento delle strategie di sviluppo delle singole aziende. Tutto ciò, indubbiamente, alla luce delle comparazioni evidenziate, in termini di stimoli ricevuti e di processi di integrazione promossi, è sicuramente stato molto favorito dall’appartenenza delle singole cooperative al movimento cooperativo organizzato. Le limitate prospettive di sviluppo di gran parte delle cooperative “non aderenti” nella maggioranza dei

135

GRAFICO 33 Patrimonio 2012 Industria in senso stretto FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

10,33%

89,67%

COOP. ASSOCIATE

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

GRAFICO 34 Patrimonio 2012 Costruzioni FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

0,16%

66,24%

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

33,60%

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE


l’impresa comune | seconda parte

136

GRAFICO 35 Patrimonio 2012 Commercio FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

2,27%

29,17%

68,56%

COOP. ASSOCIATE

settori di attività sono confermate dal dato relativo agli investimenti, che presenta livelli analoghi alla patrimonializzazione in termini di concentrazione delle risorse dedicate in capo alle realtà associate nell’Alleanza. In questo caso si tratta del 96% del totale delle risorse impegnate per investimenti dalla cooperazione. E non poteva essere diversamente, visto il raggiunto stretto rapporto in ambito cooperativo tra politiche degli investimenti e disponibilità di risorse proprie per le ben note ragioni: più difficile accesso al capitale di rischio dal mercato e a prestito dalle banche e situazione congiunturale negativa per l’economia del Paese. Dal 2008 al 2012 gli investimenti sono cresciuti del 15% per le cooperative dell’Alleanza (e con un trend positivo per ogni anno) a fronte dell11% tra quelle “non aderenti”, ma con un andamento negativo a partire dal 2011. In realtà, la crescita è stata in gran parte

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

GRAFICO 36 Patrimonio 2012 Servizi Imprese

GRAFICO 37 Patrimonio 2012 Servizi persona

FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

0,39%

0,03% 3,34%

8,69%

90,92%

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

96,63%

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE


capitolo quarto | la "rappresentatività" dell'alleanza delle cooperative

assorbita da un settore solo, il commercio (soprattutto in termini quantitativi), mentre in calo risultano i servizi alle imprese, i servizi alla persona, il turismo e soprattutto le costruzioni, che hanno ridotto il valore dei propri investimenti a un terzo rispetto al 2008. Un discorso a parte merita la cooperazione sociale (con riferimento soprattutto alle attività di assistenza), nel quale non solo le cooperative “non aderenti” sono arrivate a rappresentare il 46% degli investimenti settoriali, ma hanno messo a segno l’incremento in assoluto più rilevante, superiore al 50%. Per quanto riguarda le cooperative dell’Alleanza, ancora una volta al primo posto ritroviamo il commercio (23% del totale), davanti ai servizi alle imprese (un paio di decimali in meno), seguono, quindi, l’agroalimentare (21%), l’industria (sotto al 18%), le costruzioni (oltre l’8%), il turismo (4/5%), mentre i servizi alle persone e l’assistenza sociale, terreno di elezione della cooperazione sociale, rappresentano complessivamente il restante 2%. Sopra la media generale in termini di crescita nei quadriennio in esame – e di oltre il doppio – si collocano l’agroalimentare (con l’incremento quantitativo più significativo) e i servizi alle persone, mentre è più contenuto lo scarto per il turismo e l’assistenza sociale. Sotto la media generale sono il commercio, l’industria, le costruzioni e i servizi alle imprese, tutti settori, peraltro, con rilevanti dati di partenza. La media aziendale di investimenti nel 2012 (questa volta riferita alle cooperative “consolidate”, per maggiore chiarezza di analisi) è di 9,1 milioni di euro, sopra di essa si collocano – e significativamente – il commercio (34 milioni di euro), l’industria (27 milioni), il turismo (19,2 milioni) e l’agroalimentare (14,3 milioni). Sotto la media si trovano le costruzioni (6,8 milioni di euro), i servizi alle imprese (5,6 milioni), l’assistenza sociale (0,6 milioni) e i servizi alle persone (0,4 milioni). Questi ultimi due settori sono quelli nei quali lo scarto quantitativo è minore rispetto alle cooperative non aderenti. In conclusione, con riferimento a quest’ultima componente del fenomeno cooperativo in generale, si può aggiungere che, indubbiamente, con i risultati di bilancio di questi anni non era possibile ipotizzare significativi interventi di capitalizzazione e di inve-

137

GRAFICO 38 Patrimonio 2012 Assistenza sociale FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

5,78%

36,88%

57,34%

COOP. ASSOCIATE

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

GRAFICO 39 Investimento 2012 Agroalimentare FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

0,27%

52,03%

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

47,70%

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE


l’impresa comune | seconda parte

138

GRAFICO 40 Investimento 2012 Industria in senso stretto

stimenti (mancando, oltretutto, in pratica, l’alternativa del ricorso al credito bancario per la nota stretta creditizia), che peraltro non risultano essere stati avviati in maniera significativa (pur con eccezioni) nemmeno negli anni precedenti alla crisi economica.

FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

0,01%

6,64%

Le imposte

93,35%

COOP. ASSOCIATE

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

GRAFICO 41 Investimento 2012 Costruzioni FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

044%

17,86%

81,70%

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

Uno dei luoghi comuni ancora diffusi è che le cooperative non paghino imposte. L’esame dei bilanci permesso dalla banca-dati AIDA consente di smentirlo. Dei 384 milioni di euro complessivamente pagati come imposte dalle cooperative dal 2008 al 2012, oltre il 97% sono stati versati dalle cooperative con almeno cinque anni di attività (il nostro campione); quasi il 93% è stato a carico di quelle aderenti all’Alleanza (un punto percentuale in più se il riferimento diventano le cooperative “consolidate”), logica conseguenza della predominanza del ruolo imprenditoriale ed economico rivestito all’interno dell’economia cooperativa bolognese. Peraltro, questa quota è risultata in crescita negli anni e nel 2012 ha raggiunto il 95% del totale. Il carico fiscale dovuto in termini di imposte correnti è stato per le cooperative nel 2012 di 79,5 milioni di euro, con un calo di circa un punto percentuale rispetto al 2008 (peraltro dovuto sostanzialmente a due soli settori, costruzioni e industria), decisamente più contenuto rispetto agli 85,2 milioni dovuti per il 2011 e quindi con una diminuzione di poco meno del 7% nell’ultimo anno. È un altro segnale delle emergenti difficoltà a contenere gli effetti di una crisi che sta aumentando i tempi di durata, anche se, dal punto di vista qui in esame, ancora limitato ai settori più esposti7. Il settore che contribuisce di più , come prevedibile, è il commercio/grande distribuzione, ma con una concentrazione minore rispetto ad altri valori economici finora analizzati (31,6%) e comunque con un trend in crescita lungo tutto il quadriennio esaminato. Seguono l’industria (22,3%), con un forte calo (un quarto) rispetto al 20088, segnale di quella crisi che qui avrebbe avuto i suoi apici nel 2009 e 2010, i servizi


capitolo quarto | la "rappresentatività" dell'alleanza delle cooperative

139

GRAFICO 42 Investimento 2012 Commercio

GRAFICO 44 Investimento 2012 Servizi persona

FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

2,07%

0,39% 5.00% 26,95%

70,98%

94,61%

COOP. ASSOCIATE

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP. ASSOCIATE

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

GRAFICO 43 Investimento 2012 Servizi Imprese

GRAFICO 45 Investimento 2012 Assistenza sociale

FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

FONTE: UNIONCAMERE/AIDA

0,21% 14,13%

9.00%

32,51%

53,36%

90,79%

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE

COOP. ASSOCIATE TOTALE SPA E SRL BOLOGNA

COOP BOLOGNA NON ASSOCIATE


140

l’impresa comune | seconda parte

alle imprese (15,4% in crescita di un quarto rispetto al 2008, ma in calo rispetto al 2011) e, molto staccati, le costruzioni (10%, ma con imposte praticamente dimezzate rispetto al 2008 e con il calo più significativo proprio nel 2011), il turismo e l’agroalimentare (in entrambi i casi vicini all’8%, ma con il dato in crescita dal 2008 solo per quest’ultimo). Il restante 5% delle imposte correnti delle cooperative è stato a carico per oltre due terzi dell’assistenza sociale e comunque con un trend in crescita per tutto il periodo esaminato. Si può rilevare che non c’è una corretta proporzione tra il peso economico dei singoli settori cooperativi e il carico fiscale sopportato, come si evidenzia in particolare nella cooperazione sociale. Anche nel caso delle imposte pagate il divario nei confronti delle cooperative “non aderenti” è molto spesso più alto a livello settoriale, fatta eccezione per i servizi alle imprese, dove esse detengono una quota superiore al 22% del relativo totale, i servizi alla persona e l’assistenza sociale che si collocano tra il 10 e il 15%. Il primo dei settori citati, però, contribuisce per il 62% alle imposte pagate da questa componente del fenomeno cooperativo (corrispondente a oltre 2,7 milioni di euro), mentre gli altri due, sommati, rappresentano poco più del 10% e quindi, dal punto di vista quantitativo, restano valori economici poco rilevanti9. Sempre con riferimento alla cooperazione “non aderente” ancora da sottolineare è il drastico ridimensionamento delle imposte pagate dal settore delle costruzioni, che si sono ridotte a poco più di un quarto del valore del 2008 (che era circa di 1,1 milioni di euro), con il calo più forte a partire dal 2011, che rappresenta un’ulteriore conferma della situazione di grande crisi che sta vivendo, ancora più grave di quella vissuta dalle cooperative dell’Alleanza10.


capitolo quarto | la "rappresentatività" dell'alleanza delle cooperative

note capitolo quarto 1  Il dato si spiega con la forte concentrazione portata avanti nel settore dall’Alleanza delle Cooperative, in particolare con riferimento alla distribuzione, per cui sarà più interessante vedere i dati economici. 2  Il dato più basso si riscontra ancora nell’assistenza sociale (quasi 24.000 euro), che registra, però, l’incremento più alto nei quattro anni, +21%. 3  Non è stato, infatti, possibile utilizzare semplicemente il dato relativo al costo del personale traibile dai bilanci delle cooperative perché ricomprende anche gli addetti fuori territorio (rilevanti in settori come grande distribuzione e servizi) che invece non fanno parte della banca-dati SMAIL utilizzata per quantificare gli occupati. Lo stesso problema è emerso per i dati rilevati dall’Alleanza perché, in questo caso, tra gli addetti sono ricompresi anche quelli delle società di capitali da essi controllate, numericamente rilevanti, a esempio, nell’agroalimentare e nei servizi alle imprese. 4  Nel settore dei servizi le differenze riscontrate non possono che spiegarsi, in particolare, con i contenuti e la qualificazione, superiori, delle prestazioni offerte dalle cooperative associate rispetto alle altre, oltre che con il diverso tipo di occupazione garantita. 5  In proposito la comparazione a livello settoriale evidenzia che, con la parziale eccezione dei servizi alle persone e alle imprese, la cui dimensione media arriva rispettivamente a 23 e a 17 addetti, la realtà della cooperazione non aderente è sostanzialmente composta da micro-aziende, a fronte invece di un movimento cooperativo organizzato imperniato sulla grande e media impresa e comunque su aziende con almeno 50 addetti praticamente in tutti i settori, con l’eccezione, in questo caso, dei servizi alle persone.

6  Il tasso di crescita è lo stesso anche a livello delle cooperative “consolidate” per il movimento cooperativo, mentre è in crescita del 17% per il resto della cooperazione, segno evidente della maggior presenza in questa componente di cooperative di più recente costituzione in difficoltà per la crisi dell’economia e il mancato superamento della fase di start-up. 7  Nel 2012 costruzioni e industria hanno avuto un carico fiscale sostanzialmente equivalente a quello del commercio, mentre quattro anni prima era stato più del doppio. 8  Allora, con oltre 23,6 milioni di euro era il settore massimo contribuente per la cooperazione. 9  Tra gli altri settori solo il commercio ha superato la soglia dei 500.000 euro nel 2012. 10  Per queste ultime la diminuzione è stata “limitata” a circa il 44% rispetto al 2008.

141


142

l’impresa comune | seconda parte

I progetti a scuola, per la cooperazione che verrà La cooperazione che si riconosce nell’Alleanza Internazionale delle Cooperative ha fra i suoi 7 principi uno, il quinto, dedicato alla formazione e alla educazione. A livello nazionale le Centrali cooperative hanno negli anni stipulato con il Ministero dell’Istruzione dei protocolli che affidano alla scuola e al mondo cooperativo il compito di sviluppare nei

Cefa, impegno per la cooperazione internazionale Il CEFA – Comitato Europeo per la Formazione e l’Agricoltura è stato fondato a Bologna il 23 settembre 1972 per iniziativa di Giovanni Bersani e Padre Angelo Cavagna e da un gruppo di cooperative agricole di ispirazione cristiana della provincia di Bologna. Il CEFA è una ONG riconosciuta ufficialmente dal Ministero degli Affari Esteri, tramite decreto di idoneità fin dal maggio 1974, e dall’Unione Europea. È membro della Federazione degli Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario (FOCSIV) e dell’Associazione delle ONG italiane. Propone, fra gli altri progetti, “Cooperazione e Aziende”, un nuovo modello di cooperazione internazionale che coinvolge imprenditori sensibili e disponibili a impegnarsi con contributi in denaro e know how per sostenere il CEFA nelle sue attività rivolte alle popolazioni che soffrono la fame e la povertà. Un modello innovativo di fare Impresa, una carta valori per lo sviluppo in Africa e America Latina, che diventa responsabilità sociale, filantropia strategica, elemento di sostenibilità sociale, per lo sviluppo del Sud e del Nord del mondo.

giovani una cultura dell’auto-imprenditorialità e di fornire loro gli strumenti operativi e concreti per approcciare in prospettiva il mondo del lavoro con nuove opportunità. L’esperienza fa parte di un programma di sviluppo e promozione cooperativa che ha portato nel paese alla costituzione di vere e proprie cooperative – CPT, Cooperativa per la transizione scuola lavoro – all’interno di Istituti Scolastici e a esperienze di simulazione in aula di creazione d’impresa cooperativa – ACS, Associazione cooperativa scolastica. L’Alleanza delle cooperative Italiane propone in provincia di Bologna due progetti per le scuole secondarie superiori: Experiment a Imola, fin dal 2001 e Coopyright a Bologna, dal 2007. Questi progetti intendono diffondere i principi e la cultura cooperativa fra i giovani sfidando gli studenti a inventare una cooperativa innovativa, con tanto di business plan e campagna di lancio. In questi anni sono stati coinvolti a Imola oltre 4.500 studenti di tutti gli istituti superiori del Circondario imolese portando alla presentazione di 300 progetti e a Bologna un migliaio di studenti e una trentina di classi. L’Alleanza delle Cooperative Italiane ha proposto in questi anni anche due progetti rivolti alle scuole secondarie di primo grado: Coopyright Junior a Bologna e Wikicoop a Imola. Hanno la finalità di far conoscere i valori della cooperazione anche ai più piccoli attraverso lo studio e l'elaborazione di una ricerca.


capitolo quarto | la "rappresentatività" dell'alleanza delle cooperative

Il sipario nella cooperazione bolognese La cooperazione teatrale a Bologna e in Emilia-Romagna affonda le radici negli anni ’70 e ha rappresentato e rappresenta un elemento fondamentale nella storia e nel presente del teatro Italiano. Questa realtà si è sviluppata attraverso la vocazione specifica, via via consolidata nei decenni successivi, di saper coniugare efficacia ed efficienza imprenditoriale, rischio di impresa, responsabilità sociale e trasparenza con quella “funzione pubblica” descritta e richiesta doverosamente in specifiche “Convenzioni” dalle Pubbliche amministrazione che iniziarono, appunto nel 1975, a scegliere la forma della sussidiarietà tra pubblico e privato nella gestione e valorizzazione del sistema teatrale pubblico. Questa esperienza è stata laboratorio di sussidiarietà attraverso la condivisione con le Pubbliche amministrazioni di alcune caratteristiche di fondo attinenti al riconoscimento del valore no profit della forma giuridica cooperativa, oltre che agli elementi valoriali e agli obiettivi di rinnovamento della funzione sociale e pubblica del teatro, di cui il movimento della cooperazione teatrale di quegli anni era interprete riconosciuto. Questa portato innovativo, che ha poi contraddistinto gli interventi normativi regionali e le modalità di attribuzione dei finanziamenti del Fondo Unico Spettacolo, si sintetizza in alcune parole chiave: • radicamento territoriale e stabilità, riferiti alla scelta delle cooperative teatrali di investire su un territorio e sulla capacità di costruire e formare nuovo pubblico e alimentare le scelte produttive e artistiche dalla

relazione con uno specifico contesto territoriale e al suo humus socio culturale; • produzione di spettacolo, riferito alla scelta di creare una base produttiva stabile, in grado di connotare produttivamente e non solo per la dimensione dell’offerta culturale i territori in cui le cooperative sono presenti; • valore sociale, economico e occupazionale della cultura e delle arti e mestieri dello spettacolo come elementi imprescindibili delle identità locali, della memoria collettiva e della possibilità opportunità di confronto, inclusione e scambio con altre identità e culture; • teatro come fattore di inclusione sociale ed apertura al mondo e, quindi, opportunità di costruire offerte culturali comunque attenti al nuovo, ai repertori contemporanei, alle nuove tendenze del teatro e dell’arte. A partire dalla storica convenzione del 1976 per la gestione del recuperato Teatro San Leonardo, tra quartiere Irnerio del Comune di Bologna e Legacoop, la crescita e la capacità delle cooperative teatrali di svolgere con successo un ruolo di sussidiarietà della funzione pubblica, all’interno di indirizzi e verifiche puntuali della Pubblica Amministrazione, è divenuta linea guida, come detto, per il ripensamento del sistema teatrale cittadino e regionale. Le esperienze di Nuova scena, della Baracca, di Teatri di Vita, di Compagnia dell’Argine sono solo le più significative testimonianze bolognesi di una realtà che ha riguardato, e riguarda oggi, una specifica modalità cooperativa di interpretare la funzione sociale del teatro e la propria missione di soggetti imprenditoriali che contribuiscono al bene collettivo.

143


144

l’impresa comune | seconda parte

La cooperazione è, infatti, oggi protagonista nell’area del Teatro per l’infanzia e la gioventù con il Testoni Ragazzi Cooperativa La Baracca, soggetto capace di lanciare anche a livello europeo, attraverso l’esperienza delle reti internazionali, Bologna come città all’avanguardia nelle modalità produttive e nelle capacità di scrittura teatrale oltre che ai processi di elaborazione e confronto con le realtà della scuola, delle famiglie e dell’università sulla didattica e la formazione sui temi della cultura e dell’arte per l’infanzia e i ragazzi. Ancora la Compagnia dell’Argine, altra realtà cooperativa della provincia, rappresenta una esperienza di rilevanza nazionale per quanto concerne la sperimentazione e costruzione di nuovo rapporto con i pubblici, per l’elaborazione di innovativi modelli organizzativi che mirano a realizzare processi partecipativi attorno alla gestione, costruendo di fatto un teatro di comunità, uno spazio identitario per l’intera collettività e motore di inclusione sociale. L’Arena del Sole e il passaggio nella sua gestione dalla cooperativa Nuova scena alla Fondazione Emilia-Romagna Teatro rappresentano la palestra la scelta della cooperazione da un lato di salvaguardare e dare futuro a una straordinaria esperienza professionale e di know how costruito in tanti anni, dall’altro la necessità di cogliere nuove modalità per dare valore e opportunità di posizionamento competitivo e crescita effettiva al sistema teatrale regionale in un momento di profondo cambiamento generale, di crisi di risorse e di necessità di ripensare a un nuovo e più fecondo rapporto tra pubblico e privato nella gestione e promozione del principale strumento del sistema regionale dello spettacolo. Che la cooperazione e molte

cooperative associate siano state e siano ancora parte significativa, tramite gli strumenti finanziari cooperativi, di questa nuova fase del ripensamento del sistema teatrale regionale, rappresenta la conferma della centralità del ruolo cooperativo e della capacità della cooperazione di interpretare insieme agli enti pubblici, alla Regione e ad altri soggetti privati la necessità di cambiamento e le soluzioni più opportune da adottare. La cooperazione teatrale, pur nel momento di difficoltà straordinaria per il settore, continua a rinnovarsi partendo dalle proprie specificità, dai propri valori e dalle competenze artistiche, tecniche e manageriali che ha saputo costruire e rinnovare in molti decenni. È pronta a essere riferimento per le nuove generazioni di professionisti che vogliono contribuire al rinnovamento della funzione del teatro nel Paese e al grande obiettivo di avvicinare sempre nuovi pubblici al teatro e alla cultura.


145

considerazioni finali

CONSIDERAZIONI FINALI Le analisi svolte hanno evidenziato che la cooperazione compete con successo anche negli anni della crisi, nei quali ha saputo manifestare una complessiva superiore tenuta economica e occupazionale rispetto al resto delle imprese, continuando ad assicurare sviluppo e crescita. Non si tratta un caso isolato, legato alla specifica storia economica bolognese, perché la funzione anticiciclica delle cooperative – in parte significativa legata alla particolare struttura proprietaria e di governance dell’impresa – era già emersa a livello nazionale dopo i dati del censimento ISTAT del 2011 (Cfr. Rapporti Euricse sulla cooperazione in Italia 2012 e 2013). Nella realtà bolognese il divario di performance è semmai risultato solo più ampio. Il Rapporto è un contributo sostanzioso per smentire vecchi pregiudizi e luoghi comuni sul presunto congenito gap di inefficienza del modello cooperativo rispetto alle imprese di capitali. Consente di dimostrare e di comunicare – risultati ed esperienze alla mano – che le cooperative non sono solo uno strumento congiunturale, ma che anzi possono essere imprese di successo qualunque sia il ciclo economico che vivono. Sono, infatti, in grado di affrontare meglio le crisi grazie al fatto che sono cresciute e si sono attrezzate nei periodi antecedenti a essa e, contribuendo al processo di democratizzazione dell’economia e di riequilibrio della distribuzione della ricchezza, possono rappresentare anche un “antidoto” agli squilibri e alle degenerazioni indotti dalla deriva della finanza e al capitalismo senza regole. I dati, così come il livello di longevità delle cooperative e le caratteristiche del loro assetto proprietario, confermano che questo tessuto imprenditoriale resta fortemente consolidato e radicato nella realtà bolognese. Testimoniano come, in almeno una parte significativa della cooperazione bolognese, ci sia stata e resti, a livello di strategie imprenditoriali e occupazionali, un’ottica di medio/lungo periodo. Lo confermano anche i trend positivi già ricordati in termini di patrimonializzazione e investimenti, i cui livelli raggiunti sono tra i più alti in Italia all’interno

del mondo cooperativo e rappresentano anche una garanzia per il presente e per il futuro della comunità e dell’economia bolognesi. In rapida sintesi sono tre gli ordini di considerazioni che possono essere fatti. La prima riguarda il tipo di “radiografia” effettuata, che rappresenta una sorta di prima fotografia “panoramica” della realtà cooperativa, che richiede, ovviamente, successive e più mirate “messe a fuoco” per meglio definirne tutte le componenti e i particolari. La realtà effettiva è ovviamente ancora più articolata di quanto già si sia cercato di mostrare: dietro gli indubbi positivi risultati aggregati conseguiti, non mancano certamente le situazioni più specifiche rispetto alle quali la crisi ha morso e continua a mordere di più, o si verificano comunque difficoltà e ritardi nel processo di consolidamento aziendale. Un caso, ma non è l’unico, è già stato ricordato e riguarda l’ampio tessuto delle cooperative nate negli anni della crisi e che hanno, quindi, un’anzianità operativa non superiore ai quattro-cinque anni. La seconda osservazione, riguarda la natura di questo lavoro che permette una prima analisi sul livello di rappresentatività complessiva dell’Alleanza delle Cooperative rispetto all’intero fenomeno cooperativo bolognese . L’ultimo ordine di considerazioni riguarda il processo di collaborazione e coordinamento del movimento cooperativo rappresentato dall’Alleanza delle cooperative Italiane. Certo, non tutto si potrà fare e si deciderà a Bologna, ma non c’è dubbio che questo territorio, che per primo a livello nazionale ha dato vita ai coordinamenti territoriali dell’Alleanza a Bologna e Imola, rappresenterà uno dei più importanti e decisivi “laboratori” in proposito. Questo studio rappresenta una prima occasione per fornire un’immagine di quello che l’Alleanza rappresenta nel nuovo contesto istituzionale della Città Metropolitana.



Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.