UN OMAGGIO DEL GRANDE DRAMMATURGO UNGHERESE MIKLÓS HUBAY AL FRIULI

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AVVISO

UN OMAGGIO DEL GRANDE DRAMMATURGO UNGHERESE MIKLÓS HUBAY AL FRIULI Mercoledì 8 maggio, ore 21 Teatro San Giorgio (via Quintino Sella, borgo Grazzano, Udine. Tel. 0432 504765; info@cssudine.it )

L'ÙALI DI DIU Tragedia in due atti di Miklós Hubay Titolo originale dell’opera Elnémulás Traduzione e sceneggiatura in friulano di Carlo Tolazzi e Martina Arrigoni In scena Aida Talliente – Alleluja Fabiano Fantini – Rinegàt Marco Rogante – Patrick Ambienti sonori e disegno luci di Claudio Parrino Composizione dello spazio di Claudio Mezzelani Il canto è composto ed eseguito da Claudia Grimaz Assistente alla regia Camilla Manzato Regia di Massimo Somaglino La lingua dello spettacolo è la variante friulana della Val Pesarina

Prima italiana assoluta Una produzione Associazione Colonos, Comune di San Vito al Tagliamento, Forum, Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli, Teatro Club Udine, vicino/lontano Si ringraziano Danilo De Marco, Paolo Driussi, Miklós Hubay, Roberto Ruspanti

Teatro S. Giorgio


L'ÙALI DI DIU Tragedia in due atti di

MIKLÓS HUBAY

Un’ampia rete di soggetti ha prodotto con vicino/lontano la messinscena, in friulano, della tragedia che il drammaturgo ungherese Miklós Hubay ha dedicato alla morte di una lingua. Un simile coinvolgimento di energie è motivato dalla potenza teatrale del lavoro, pressoché sconosciuto in Italia, e dal suo evidente collegamento con la sensibilità delle piccole patrie e delle minoranze linguistiche e con la necessità, o con l’urgenza, della loro difesa, di fronte alla minaccia attuale della globalizzazione, spinta perfino oltre lo scenario pasoliniano del genocidio culturale. La forza del tema convinse già nell’estate del 2000 Federico Rossi, insieme a Danilo De Marco, ad approntare una prima versione in friulano del testo che Hubay compose di getto ai Colonos, dove era ospite. Proprio a Villacaccia era stato stimolato a scrivere un’opera sulla scomparsa di un popolo e di una lingua, recuperando dalla memoria un copione andato perduto. Nacque così la prima messinscena di Infin il cidinôr che, per la regia di Massimo Somaglino, vide l’interpretazione di Maria Grazia Plos, Giuliano Bonanni e dello stesso Somaglino. Ora, a distanza di 13 anni, è ancora Somaglino a dirigere un secondo e rinnovato allestimento, in una nuova versione riversata nel friulano della Val Pesarina. Dopo l’esperienza ai Colonos, il testo venne ripreso e pubblicato da Hubay nel 2003 in ungherese ed è apparso in traduzione italiana nel 2008 per i tipi di Rubbettino con il titolo The Rest is Silence. Accanto al lancinante monito sulla resistenza delle microaree, il progetto vuole essere anche un omaggio a un grande intellettuale e drammaturgo cosmopolita e insieme sensibile al destino delle minoranze. Un dramma attuale anche per le grandi lingue, perché “le atrocità commesse contro le piccole etnie possono trasformarsi in una grande catastrofe per tutti”. Secondo l’Unesco metà delle seimila lingue parlate oggi nel mondo sono destinate a scomparire entro la fine del secolo e l’allarme riguarda anche trenta lingue minoritarie presenti in Italia.


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