Il disimpegno morale

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INDICE Indice

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Abstract

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Riassunto

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Introduzione

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CAPITOLO 1: LA STORIA DEL GIUDIZIO MORALE 1.1 Le teorie psicanalitiche

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1.1.1

La teoria Freudiana

6

1.1.2

La teoria Kleiniana

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1.1.3

Punti di forza e debolezza delle teorie Psicanalitiche

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1.2 Lo sviluppo cognitivo e morale nella teoria di Piaget 1.2.1

La teoria di Kohlberg

9 12

CAPITOLO 2: IL DISIMPEGNO MORALE NELLA TEORIA SOCIAL–COGNITIVA 2.1 Il comportamentismo

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2.2 La teoria social-cognitiva di Bandura

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2.2.1

Il disimpegno morale

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2.3 Gli studi empirici condotti in Italia sul disimpegno morale

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2.3.1

La misura del disimpegno morale in età evolutiva

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2.3.2

Il disimpegno morale nell’esercizio dell’agentività morale

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2.3.3

Meccanismi di disimpegno morale e propensione all’aggressione in contesti sociali a rischio

2.3.4

23

La misura del disimpegno morale nel contesto delle trasgressioni dell’ agire quotidiano

23

CAPITOLO 3: IL CONTRIBUTO EMPIRICO 3.1 Lo scopo del contributo

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3.2 Metodi e strumenti

25

3.2.1

Il campione

25

3.2.2

Gli strumenti

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3.2.3

La procedura di ricerca

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3.2.4

L’analisi dei dati

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3.3 I risultati

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3.3.1

Differenze ascrivibili al genere

27

3.3.2

Differenze ascrivibili allo stato civile

27

3.3.3

Differenze ascrivibili all’età

27

3.3.4

Differenze ascrivibili al livello d’istruzione

28

3.3.3

Differenze ascrivibili al reddito familiare

28

3.3.4

Differenze ascrivibili alla partecipazione religiosa

28

3.3.5

Differenze ascrivibili alla visione della televisione

28

3.3.6

Differenze ascrivibili all’occupazione

28

3.3.7

Differenze ascrivibili all’interesse politico

29

3.3.8

Differenze ascrivibili alla posizione politica

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3.4 Discussione e conclusione

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Bibliografia

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Appendice A Tabelle e figure

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ABSTRACT The study aims to create a general picture about the moral disengagement. It is divided into three chapters. Inside the first chapter is analysed the psychoanalytic perspective regarding the moral judgement through the conceptions of Freud, Erikson and Klein . The cognitive-evolutive approach is treated later. Throughout this approach, are presented the theories of Piaget and Kohlberg, , which had carry out the current moral disengagement conception, followed by a short critical analysis. The second chapter is dedicated to the behaviourist approach, which represent the social-cognitive theory of Bandura and includes the today's definition of moral disengagement followed by the eight mechanisms on which this melts leans. The main empiric contributions made on the Italian territory are shown afterwards. The third chapter, is dedicated to the presentation of a little piece of research performed by me, founded, really on - as shown --, in the previous theoretical chapters and suitable for the measurement of the eight disengagement mechanisms morals.

Key words: moral developement; solcial-cognitive theory; Moral disengagement.

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RIASSUNTO L’elaborato mira a creare un quadro generale circa il disimpegno morale. È suddiviso in tre capitoli. All’interno del primo capitolo è analizzata la prospettiva psicanalitica riguardante il giudizio morale attraverso le concezioni di Freud, Erikson e Klein. Successivamente viene trattato l’approccio cognitivo-evolutivo. Di questo approccio sono presentate le teorie di Piaget e Kohlberg, con le relative critiche, da cui è poi emersa l’attuale concezione di disimpegno morale. Il secondo capitolo è dedicato all’approccio comportamentista, sul quale poggia la teoria social-cognitiva di Bandura che comprende la definizione odierna di disimpegno morale e degli otto meccanismi su cui questo si fonda. In seguito vengono anche illustrati i principali contributi empirici effettuati sul territorio italiano. Il terzo capitolo, infine, è dedicato alla presentazione di una piccola ricerca da me svolta, fondata proprio su quanto illustrato nei precedenti capitoli teorici ed atta alla misurazione degli otto meccanismi di disimpegno morale.

Parole chiave: Sviluppo morale; Teoria social-cognitiva; Disimpegno morale.

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INTRODUZIONE La questione della morale è stato un argomento di riflessione prima per filosofi come ad esempio Kant (Critica della Ragion Pratica) e successivamente ha suscitato l’interesse della Psicologia.

La morale è stata discussa da diversi punti di vista e da differenti correnti di pensiero. Infatti vengono analizzati di questa l’insorgenza e lo sviluppo, ma anche la significativa azione che svolge sul comportamento umano. Si tratta quindi di una questione universale, che è stata studiata in diverse condizioni, come ad esempio nel bullismo adolescenziale, nell’ambito legale, ma anche nel contesto civile quotidiano. Nello studio proposto cerco di spiegare come è stata studiata la morale per poi concentrarmi sul disinvestimento della stessa, cioè sul disimpegno morale.

Il disimpegno morale permette di colmare il divario tra pensiero ed azione, che si crea nel momento in cui un individuo agisce contro i propri valori morali e quelli della società.

Ciò permette

all’individuo stesso di compiere azione deplorevoli senza però far emergere il senso di colpa o modificare il pensiero di sé.

L’elaborato cerca quindi di costruire un quadro teorico, ma anche di concentrarsi sull’aspetto pratico, cioè sulla misura del disimpegno morale in ambito evolutivo, aggressivo e civile.

Basandomi su queste ricerche ho dato un mio contributo, attraverso un’analisi statistica dei dati raccolti.

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CAPITOLO 1: La storia del giudizio morale 1.1 Le Teorie psicanalitiche Le teorie psicanalitiche caratterizzano lo sviluppo essenzialmente in termini di pulsioni e motivazioni intrinseche, per lo più inconsce, che influenzano ogni aspetto del pensiero e del comportamento di un individuo. Tali pulsioni e motivazioni rappresentano il fondamento degli stadi di sviluppo universali e degli scopi particolari nell’ambito di ogni stadio.

L’approccio psicanalitico ha costituito la prima interpretazione esauriente del comportamento umano dal punto di vista psicologico. Il padre di tale approccio è stato Sigmud Freud (1856-1939), un medico che, andando alla ricerca delle cause dei disturbi fisici dei pazienti, diede origine ad una scuola di pensiero tra le più influenti in psicologia.

1.1.1 La teoria Freudiana L’interesse di Freud era rivolto a pazienti adulti, poiché cercava di comprendere e risolvere i sintomi nevrotici di questi. Tuttavia egli arrivò alla conclusione che le cause di tali disturbi e dell’intero comportamento nella maturità, erano da ricercarsi negli eventi della prima infanzia.

Il bambino è per lui una creatura guidata da impulsi primitivi che deve soddisfare ad ogni costo, ed è perciò compito dei genitori aiutarlo a sviluppare una giusta valutazione della realtà esterna e ad imparare i modi di rinviare e inibire la gratificazione dei suddetti impulsi. I conflitti che i bambini sperimentano tra i loro forti bisogni interni, da un lato, e le richieste dei genitori e della società dall’altro, avvengono in accordo con una crescita corporea definita dalla successione degli stadi orale, anale, fallico, della latenza e genitale.

Freud sostiene quindi che alla base della formazione della coscienza morale vi sono proprio questa lunga dipendenza dai genitori e le vicende del complesso edipico.

Egli sosteneva che il bambino cominciasse la sua vita con un Es, fonte di tutti gli impulsi egoistici che richiedono una gratificazione immediata e governato quindi dal principio di piacere. Con il passare del tempo emergevano altre due entità: l’Io, rivolto verso il mondo esterno, che funziona in accordo con il principio di realtà ed è quindi in grado di esercitare il controllo degli impulsi, e il Super Io, che si sviluppa a partire dalle proibizioni dei genitori e consente all’individuo di autoregolarsi tramite meccanismi come quelli relativi al senso di colpa. Il bambino interiorizza il 6


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modello parentale propostogli dai genitori facendo propri atteggiamenti, valori, comportamenti e divieti in accordo a tale modello, affinché il Super Io emergente sia in grado di controllare le tendenze dell’Io e svolgere, a servizio di questo, importanti funzioni circa l’orientamento nei confronti del mondo, l’autosservazione e rassicurazione. Da questa azione critica del Super Io nasce il senso di colpa.

È proprio tramite questa differenziazione tra Io e Super Io che Freud spiega come il bambino sia inizialmente privo di morale (dominato dal principio di piacere) e gradualmente strutturi il principio di realtà ed il controllo della carica istintuale.

Da quanto detto si riscontra come Freud stimasse gli eventi traumatici artefici di effetti irreversibili sulla personalità in via di sviluppo, senza tenere conto di tutte le altre considerazioni quali, ad esempio, il contesto interpersonale nel quale questi eventi si verificavano.

Tale visione contrasta in maniera significativa quella di Erik Erikson (1963), secondo il quale il bambino trae fiducia o sfiducia nei confronti di chi si prende cura di lui, nutrendolo ed accudendolo, e trasferisce tali emozioni negli stadi successivi dello sviluppo, influenzando quindi le modalità del loro superamento. Oltre ad attribuire maggiore importanza alle qualità interpersonali generali piuttosto che alle esperienze specifiche e non considerando le prime esperienze isolatamente, ma inserendole in un contesto più ampio dello sviluppo, Erikson, ritenne le fasi dello sviluppo di Freud poco esaurienti e limitate. Per questo motivo propose un numero maggiore di fasi (otto), in modo da abbracciare l’intera esistenza umana: -

della fiducia o sfiducia di base (1 anno)

-

dell’autonomia o vergogna e dubbio (2-3 anni)

-

dell’iniziativa o sensi di colpa (3-6 anni)

-

dell’operosità o senso di inferiorità (6-7/10-11 anni)

-

dell’identità o confusione dei ruoli (adolescenza)

-

dell’intimità o isolamento (età adulta)

-

della generatività o stagnazione (età adulta)

-

dell’integrità dell’io o disperazione (età adulta)

è interessante infatti notare come le prime cinque fasi del modello di Erikson siano sovrapposte a quelle proposte da Freud e le restanti, a differenza di quest’ultimo che individuava l’adolescenza come l’ultima fase dello sviluppo, si protraggono sino all’età adulta.

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Sono presenti anche ulteriori differenze, tra cui: -

le fasi si imperniano non su una parte del corpo, ma sul rapporto di ogni persona con l’ambiente sociale.

-

La risoluzione di ciascun conflitto evolutivo dipende dall’interazione tra le caratteristiche dell’individuo e il supporto dato dall’ambiente sociale.

1.1.2. La Teoria Kleiniana Pur non abbandonando l’impianto teorico di base che poneva l’accento sul primato della pulsione, Melanie Klein (1928) introdusse, forte anche della propria esperienza diretta con i bambini, alcuni concetti che si distanziano dalla teoria psicanalitica classica in materia di sviluppo psichico.

Il nucleo centrale di questa teoria è la relazione: i contenuti sui quali viene investita (oggetti parziali e totali), il conflitto energetico che ne regola il dinamismo (pulsione di morte e pulsione di vita, invidia e gratitudine), le tappe evolutive lungo le quali si forma (la posizione schizoparanoide e la posizione depressiva). Nel pensiero della Klein la relazione con la madre riveste un ruolo centrale e determinante per lo sviluppo psichico del bambino e di conseguenza dell’adulto.

Una prima distinzione con Freud riguarda la metapsicologia: mentre per Freud le istanze psichiche esposte nella seconda topica (Es, Io, Super Io) hanno un valore metaforico, nella teoria Kleiniana assumono un valore concreto. La formazione stessa delle istanze psichiche è differente: mentre per Freud l’Io si forma in un secondo momento, secondo la Klein l’Io esiste già dalla nascita, anche se in modo poco integrato. Proprio la presenza di questo Io primitivo rende possibile la relazione oggettuale. Vi sono differenze anche per quanto riguarda il complesso edipico e la conseguente formazione del super Io come istanza morale e giudicante: per Freud L’Edipo avviene intorno ai 4-5 anni e permette l’interiorizzazione del Super Io paterno (istanza morale), mentre la Klein pone la nascita dell’Edipo tra i 6 e i 12 mesi, come frutto della posizione depressiva.

È proprio in questi primi momenti che si gettano le basi del successivo senso di colpa e della tendenza alla riparazione. Quindi attraverso l’introiezione della madre come oggetto buono avviene il passaggio da un Super io tiranno ad un Super Io equilibrato, che è alla base della coscienza morale. Anche il positivo sviluppo delle pulsioni sessuali è importante per la trasformazione del Super io tirranico in un’istanza più moderata che andrà a costituire la vera coscienza morale suscitando meno angoscia e più sensi di colpa.

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1.1.3. Punti di forza e debolezza delle teorie psicanalitiche Le diverse teorizzazioni psicanalitiche hanno causato un forte sconvolgimento del pensiero contemporaneo dando origine a una delle scuole di pensiero tra le più influenti in ambito psicologico. Tra i sui maggiori punti di forza riscontriamo: -

L’aver riconosciuto che le motivazioni inconsce esercitano un’influenza sul comportamento.

-

Il fatto che molte elaborazioni teoriche su questioni importanti come, ad esempio, l’attaccamento madre –bambino, l’identità sessuale e lo sviluppo morale, hanno tratto origine dalla teorizzazione psicanalitica.

Tuttavia sono presenti anche alcuni punti di debolezza: -

Le caratteristiche della personalità sono influenzate, nel corso di tutta l’esistenza, non solo dalle esperienze della prima infanzia, ma anche da fattori genetici, dal contesto socioculturale, nonché dagli eventi correnti.

-

La descrizione della lotta tra Es e Super Io proposta da Freud sembra rispecchiare la moralità tipica della Vienna del diciannovesimo secolo più che dei processi validi universalmente.

-

Le teorie psicanalitiche non si prestano, o assai difficilmente, ad essere sottoposte a verifiche empiriche in condizioni controllate.

1.1.4 Lo sviluppo cognitivo e morale nella teoria di Piaget Lo sviluppo cognitivo si riferisce all’acquisizione e all’ampliamento graduale, con processi di crescita, di tutte le capacità di tipo cognitivo.

Per Piaget il processo di crescita cognitiva del bambino avviene attraverso il raggiungimento di alcuni livelli di ragionamento (astratto, ipotetico, logico) ed attraverso il tentativo di dare un senso al mondo circostante che percepisce attraverso l’invenzione e l’elaborazione di nuove idee e comportamenti. Tale crescita avviene grazie a due processi: l’assimilazione e l’accomodamento.

L’assimilazione è costituita dall’applicazione ad un’azione di schemi d’azione presentati. L’accomodamento invece spinge a modificare gli schemi per renderli compatibili con l’oggetto nuovo e quindi per adattarlo ad esso.

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Piaget (1926) individua quattro diversi stadi evolutivi: Stadio senso-motorio: l’intelligenza del bambino si manifesta nelle situazioni. Questo stadio ha inizio nei primi diciotto mesi di vita, differenziandosi in sei sottostadi evolutivi. -

I Stadio (dalla nascita al primo mese di vita): è caratterizzato dalla presenza di riflessi innati.

-

II Stadio (dai 2 ai 3 mesi): sono presenti le relazioni circolari primarie, che consistono nella ripetizione di semplici atti privi di qualsiasi scopo o interesse.

-

III Stadio (da 4 ai 6 mesi): si manifestano le relazioni circolari secondarie.

-

IV Stadio (da 7 ai 10 mesi): è costituito dalle coordinazioni delle relazioni secondarie, per risolvere semplici problemi (riconoscimento delle persone note e permanenza degli oggetti).

-

V Stadio (dagli 11 ai 18 mesi): compaiono le relazioni circolari terziarie, grazie alle quali il bambino non ripete un’azione interessante in modo stereotipato, ma cerca di scoprire nuovi metodi, attraverso prove ed errori.

-

VI Stadio (18 mesi): se il bambino vuole raggiungere uno scopo e non sa come fare, non si avvale di azioni reali, ma elabora mentalmente dei tentativi di soluzione che successivamente applicherà.

Stadio pre-operatorio: è il periodo in cui si attua il passaggio dall’azione pratica al pensiero. Il bambino è in grado di pensare tramite immagini e simboli. Stadio delle operazioni concrete: il bambino è in grado di rappresentare mentalmente alcune azioni, anche se complesse. È capace di conservare la quantità, la lunghezza e il numero. Stadio delle operazioni formali: dai 12 anni in poi si sviluppa da parte dell’adolescente la capacità di analizzare tutte le possibilità di soluzione e cambiamenti per risolvere il problema.

Uno psicologo americano, Jerome Bruner, pur essendo di chiara impostazione cognitivista, propone una teoria che si distanzia nettamente da quella di Piaget, poiché non si concentrò sulle strutture mentali bensì sui processi mentali. Secondo Bruner (1968) l’evoluzione dell’individuo avviene mediante il passaggio attraverso tre forme di rappresentazione: La rappresentazione esecutiva: si sviluppa nel primo anno di vita in cui il bambino inizia già a fare programmi nella percezione, nell’attenzione, nella manipolazione e nell’interazione sociale. La rappresentazione iconica: circa a un anno di vita il bambino seleziona le caratteristiche dei vari oggetti e delle diverse situazioni per poi utilizzarli per i propri scopi. La rappresentazione simbolica: inizia verso i due anni di età in cui, il bambino si serve dell’uso del linguaggio. La fase simbolica viene acquisita in modo idoneo a 10-11 anni. 10


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Per Bruner il comportamento morale si riferisce alla capacità di elaborare, accettare e seguire delle regole, riferendosi ai diritti e doveri che definiscono i rapporti sociali.

Dal punto di vista psicoanalitico abbiamo il Super Io e l’ideale dell’Io dove il primo rappresenta il cursore, la guida morale dell’io, che impone le regole di condotta.

Dal punto di vista socio-cognitivo Piaget (1932) studia lo sviluppo del giudizio morale, cioè la capacità di affrontare e quindi valutare i problemi attuali. L’autore dopo aver interrogato bambini di età compresa tra i 4 e 13 anni, individuò uno sviluppo del modo di intendere le regole che poteva suddividersi in tre livelli: I Livello: le regole sono ancora approssimative e non del tutto obbligatorie. II Livello: è lo stadio in cui le regole vengono bene conosciute e sono considerate inviolabili ed immodificabili, esse derivano da decisioni degli adulti o da enti ponenti che sono del tutto esterni. III Livello: in questo livello la regola non deriva più da un’impostazione esterna, ma è il risultato di un’accettazione interna, è una legge valida ed affinché tutti la considerino tale bisogna rispettarla. A questo proposito Piaget (1932) sostiene che quanto detto dimostra l’esistenza di tre diversi tipi di moralità: Anomia morale: (0-3 anni) assenza di regole perché il bambino non ne è ancora consapevole. Moralità eteronoma: (3-7 anni) l’adulto impone le regole e le leggi che sono sacre ed immutabili. È caratterizzata dal realismo morale nel quale il bambino tende a ritenere che i valori ed i doveri esistono di per sè e pertanto siano indipendenti dalla coscienza che li pensa. Quindi per il bambino con moralità eteronoma i doveri e i valori sono visti come sussistenti di per sé, indipendentemente dalla coscienza, le regole sono assolute, indipendenti dal contesto e ciò che conta è il risultato dell’azione. In questa ottica, quindi, non vengono riconosciute né la trasgressione, laddove non vi è la punizione, né la reciprocità. Moralità Autonoma: (dai7-8 anni) in essa domina la reciprocità con i coetanei e la convinzione che le regole nascono da un mutuo consenso e accordo. Gli aspetti della moralità autonoma sono: -

responsabilità soggettiva: valgono le intenzioni più che le conseguenze.

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Definizione del bene e del male come qualità in sè: qualcosa o è buono o è cattivo.

-

Il dovere è definito come l’insieme delle aspettative che gli altri hanno circa il nostro comportamento.

-

Riconoscimento della reciprocità.

-

Vengono prese in considerazione le circostanze.

-

È riconosciuta la responsabilità individuale.

Il passaggio dalla morale eteronoma a quella autonoma è reso possibile sia dallo sviluppo intellettivo, sia dalle esperienze di cooperazione bambino-coetanei, bambino-adulti.

1.2.1 La teoria di Kohlberg Anche Kohlberg (1976), così come Piaget, ritiene lo sviluppo morale dipendente dallo sviluppo maturativo e segue quindi delle tappe e un percorso obbligato, tracciato dalle leggi della maturazione. Lo sviluppo morale quindi si caratterizza come un moto interno di ogni individuo.

La teoria di Kohlberg, ottenuta attraverso lo studio di bambini oltre i sette anni, si differenzia da quella di Piaget per: -

L’intervallo d’età studiato.

-

Un’indagine più puntuale e ampia, che prende in esame anche lo sviluppo della morale nell’adolescenza e nell’età adulta.

-

La varietà ed ampiezza del campione

In particolare Kohlberg individua nello sviluppo morale tre livelli che comprendono a loro volta due periodi ciascuno. Moralità preconvenzionale: (6-10 anni) a questo livello la moralità è quanto gli altri dicono al bambino di fare. Il primo stadio è assai conforme al realismo morale di Piaget, nel senso che la gravità della trasgressione è giudicata in base alla quantità di danno compiuto; nel secondo stadio il bambino inizia a considerare le intenzioni delle altre persone. -

I stadio (orientamento premio punizione): il giudizio dell’azione è correlato alla punizione o al premio conseguente.

-

II stadio( individualismo e orientamento strumentale): le regole sono rispettate solamente quando è nell’interesse immediato del bambino. Ogni azione è giudicata in base alla soddisfazione o meno dei bisogni.

Moralità convenzionale: (fino a 20 anni) a questo livello gli individui giudicano la moralità dei propri atti in tremini di conformità alle regole prevalenti del gruppo a cui appartengono. Al III 12


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stadio le regole vengono rispettate allo scopo di ottenere approvazione, mentre al 4 per aderire alla legge e agli usi formali. -

III stadio (aspettative, relazioni e conformità interpersonali reciproche): essere “buono” significa corrispondere alle aspettative degli altri, avere buone intenzioni e mostrare interesse.

-

IV stadio (sistema sociale e coscienza): ogni azione ha come fine il rispetto delle leggi di coloro che hanno o stanno al potere.

Moralità postconvenzionale: (adolescenza ed età adulta) sebbene a questo livello gli individui accettino largamente le regole, essi danno precedenza a principi etici di base che desiderano rispettare, anche quando si scontrano con le leggi del paese. -

V stadio (contratto sociale): l’azione corretta è determinata da modelli criticamente accettati dalla società ed i valori vengono giudicati in maniera relativistica.

-

VI stadio (principi etici universali): i valori morali si basano su principi di giustizia universali e devono essere seguiti anche se qualche volta possono essere in contrasto con le leggi o le norme sociali.

Lo sviluppo morale si realizza attraverso una differenziazione dei contenuti morali, differenziazione che, come si è detto, è influenzata dalle esperienze sociali.

Non tutti gli studiosi hanno accettato e condiviso le conclusioni della teoria di Kohlberg; la critica più importante ha interessato soprattutto la presunta universalità delle tappe dello sviluppo morale. In particolare sono state criticate: -

Una quasi esclusiva attenzione ai valori della civiltà occidentale.

-

Una certa rigidità nella suddivisione degli stadi.

-

Un campione formato quasi esclusivamente da soggetti maschi mentre le conclusioni sono state estese anche al universo femminile.

In merito a quest’ultimo punto Carol Gilligan (1982), discepola di Kohlberg, ha innovato in modo radicale questo ramo della psicologia. Tale studiosa non ha contestato le teorie dello sviluppo dei giudizi morali, ma ne ha denunciato l’unilateralità, concentrandosi quindi sulle caratteristiche della morale femminile.

Se nell’uomo domina una morale dei diritti e della giustizia, il dilemma morale è vissuto dalle donne come un problema di cure e di responsabilità.

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In particolare: -

le donne si rivolgono agli altri pensando soprattutto a come aiutarli mentre i maschi sono più preoccupati di se stessi.

-

Le donne sono meno radicali nelle loro posizioni e nei loro giudizi.

Nella prima fase dello sviluppo morale, autocentrata, la donna pensa soprattutto a se stessa, ai suoi bisogni ed è preoccupata sostanzialmente della sua sopravvivenza.

La seconda, dell’autosacrificio, è caratterizzata da un rifiuto di ogni forma di egoismo a favore di un totale ed esclusivo prendersi cura dell’altro. La donna dimentica se stessa per dedicarsi completamente all’altro e questo comportamento può portare ad uno squilibrio tra sacrificio di sé e servizio.

Nell’ultima fase dell’etica la donna raggiunge un equilibrio tra la responsabilità nei confronti di se stessa e la responsabilità nei confronti degli altri, l’autonomia del giudizio e una interdipendenza responsabile e consapevole.

Naturalmente Gilligan ammette anche che ci possano essere delle eccezioni pur rimanendo sostanzialmente convinta del fatto che la teoria morale di Kohlberg tende a svalutare l’universo femminile.

Infine è significativo citare Wilson che ha cercato, tramite un quadro riassuntivo, di esprimere quanto sia complesso da un punto di vista psicologico lo studio della moralità. Secondo Wilson (1993) la morale è costituita da un interesse e un rispetto verso i propri simili che si fondano su: -

il concetto di persona, con il riconoscimento delle somiglianze e delle differenze tra individui.

-

I sentimenti universali, se la persona prova rispetto e attenzione verso gli altri.

-

La traduzione comportamentale di tali sentimenti in una disponibilità ad aiutare gli altri.

-

Consapevolezza dei sentimenti propri e altrui.

-

Conoscenze specifiche di fatti e di valori rilevanti per poter operare su decisioni morali.

-

Capacità di valersi di tutti i punti precedenti per prendere decisioni morali

-

Capacità di tradurre tali decisioni in comportamenti effettivamente prodotti.

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CAPITOLO 2: Il disimpegno morale nella teoria social-cognitiva 2.1. Il comportamentismo Nell’ambito del comportamentismo lo sviluppo morale è stato studiato come un’aspetto dell’apprendimento. L’individuo impara le norme di comportamento morale attraverso una serie di esperienze nelle quali alcuni atti sono soggetti a rinforzi positivi, come l’affetto, mentre altri a punizioni, ad esempio fisiche.

All’interno di questo campo di ricerca non sono stati utilizzati solamente i paradigmi classici del condizionamento operante: negli ultimi decenni infatti i quadri comportamentisti si sono fusi con altre componenti, come ad esempio quelle a carattere sociale e cognitivo di Bandura.

L’orientamento comportamentista che si è occupato con maggior successo dello sviluppo morale è rappresentato dalla concezione del social learning. In questa corrente di pensiero si ritiene improbabile che i vari comportamenti moralmente rilevanti siano acquisiti inizialmente tramite rinforzo, sostenendo invece che un comportamento, per essere rinforzato, deve prima prodursi spontaneamente. Questo dimostra come il rapido progresso di tali comportamenti nell’infanzia non si possa spiegare solo sulla base del rinforzo successivo. Si ritiene quindi che i bambini apprendano questi comportamenti tramite l’osservazione e l’imitazione di modelli appropriati.

Una forte messa in discussione dell’approccio delle teorie cognitivo-evolutive è stata condotta da Bandura, il quale in una riformulazione delle tesi del social learning, assumendo una prospettiva cognitivo-sociale ha contestato a Kohlberg la concezione di una gerarchia precostituita di forme di moralità.

2.2. La teoria social-cognitiva di Bandura Il principio esplicativo alla base di suddetta teoria è il determinismo triadico reciproco (Bandura, 1976, 1986). In questa teoria Bandura sostiene che il funzionamento di una persona derivi dall’interazione tra tre fattori: l’ambiente fisico e sociale, i sistemi cognitivi e affettivi ed il comportamento individuale. I tre fattori si determinano reciprocamente tramite l’azione causale di ciascuno sugli altri due assumendo così forme differenti nei vari contesti. La persona agisce nell’ambiente tramite le strutture conoscitivo-motivazionali che possiede comprendendo così i vincoli e le opportunità della relazione con l’ambiente tramite la conoscenza delle conseguenze.

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Il secondo fattore fondamentale della teoria social-cognitiva è l’insieme delle caratteristiche utilizzate per concettualizzare la persona, ovvero i meccanismi cognitivi che la rendono capace di conoscere il mondo e se stessa e di usare tale conoscenza per regolare il proprio comportamento. Bandura individua cinque capacità di base: -

Capacità di simbolizzazione: è fondamentale per lo sviluppo di tutte le altre e consiste nella capacità di rappresentare simbolicamente la coscienza. Il linguaggio è l’esempio più evidente della capacità del soggetto di utilizzare simboli.

-

Capacita vicaria: corrisponde alla capacità di acquisire conoscenze, abilità e tendenze affettive attraverso l’osservazione ed il modellamento. L’analisi di tale capacità è uno degli aspetti che contribuisce a rendere la teoria di Bandura così completa.

-

Capacità di previsione: consiste nella capacità di anticipare gli eventi futuri ed è estremamente rilevante a livello emotivo e motivazionale.

-

Capacità di autoragolazione: si fonda sulla capacità di porsi degli obiettivi e valutare il proprio comportamento riferendosi a standard interni di prestazione.

-

Capacità di autoriflessione: si tratta della capacità, esclusivamente umana di riflettere in modo cosciente su se stessi. Le persone, osservandosi mentre agiscono, valutano il significato e le conseguenze degli eventi in relazione al proprio benessere.

Un’altro aspetto cruciale della teoria social-conitiva riguarda il senso di efficacia personale che si sviluppa grazie alla capacità di valutare e riflettere sul proprio operato: Bandura la chiama “autoefficacia percepita”, definendola come la valutazione che le persone danno, delle proprie capacità, di mettere in atto specifici piani d’azione e quindi raggiungere determinati livelli di prestazione (Bandura, 1977, 1997).

2.2.1 Il disimpegno morale La teoria social-cognitiva si fonda inizialmente sui processi di rinforzo e modellamento vicario per poi spostarsi verso i meccanismi di autoregolazione che sono alla base degli standard interni. Questi permettono alla persona di comportarsi in funzione delle conseguenze previste, consentendole di arrivare alla soddisfazione personale e al senso di autostima, evitando così auto-sanzioni dovute alla trasgressione dei valori morali. Maggiore è il disimpegno morale e minore è il senso di colpa e il bisogno di riparare al male causato dalla condotta lesiva (Bandura, Barbaranelli, Caprara, Pastorelli, 1996 b).

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Di norma gli individui non adottano una condotta riprovevole finché non hanno giustificato a se stessi la correttezza delle loro azioni.

Bandura ha approfondito i meccanismi e le condizioni che, nel corso della socializzazione, determinano l’attivazione o meno dei controlli morali interni, agendo così come cause del comportamento immorale di persone pur capaci delle più elevate forme di ragionamento morale. Bandura ha individuato otto diversi meccanismi di disimpegno morale: Una parte di questi operano sul comportamento lesivo stesso. -

Giustificazione morale: si tratta di un meccanismo attraverso il quale i comportamenti socialmente deleteri vengono resi accettabili, sia personalmente che socialmente, attraverso la ricostruzione cognitiva o forme di ideologizzazione. Gli individui, quindi, agiscono per impulso di un imperativo sociale o morale. Nelle vicende della vita quotidiana, numerosi comportamenti aggressivi vengono giustificati col pretesto di voler proteggere l’onore e la reputazione (Cohen & Nisbett, 1994). Questo processo può essere inoltre paragonato al meccanismo psicodinamico di razionalizzazione.

-

Etichettamento eufemistico: è un meccanismo che si fonda sul potere del linguaggio: questo se elaborato, permette di mascherare un’azione riprovevole conferendole un carattere di rispettabilità proprio grazie all’attribuzione di caratteristiche positive alla condotta deviata, in modo tale che il soggetto si senta libero da ogni responsabilità.

-

Confronto vantaggioso: consiste nel mettere a confronto la propria azione deplorevole con una peggiore, in modo da alterarne la percezione ed il giudizio. Più flagranti sono le attività utilizzate nel confronto, più è probabile che la propria condotta lesiva appaia trascurabile o addirittura benevola (Bandura, 1991). I deterrenti interni vengono eliminati dalla ristrutturazione morale che mette così l’autoapprovazione a servizio di imprese distruttive, trasformando ciò che prima era condannabile in fonte di autostima.

Il seconda gruppo di meccanismi opera nascondendo o distorcendo la relazione agentiva fra le azioni e gli effetti da esse provocati. -

Dislocazione della responsabilità: è un meccanismo che permette alle persone di compiere azioni che solitamente ripudiano poiché non si sentono direttamente responsabili del loro operato. Questo è evidente quando si obbedisce ad una 17


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autorità: considerando l’obbedienza come obbligatoria si individua l’autorità stessa come responsabile. Milgram (1974), grazie a diversi esperimenti, ha dimostrato che maggiore è l’autorità che assegna il comando e maggiore è l’obbedienza, ma che questa diminuisce nel momento in cui gli effetti lesivi del proprio operato sono evidenti. -

Diffusione della responsabilità: è un meccanismo che permette di distribuire fra membri diversi la responsabilità derivante dall’attività rischiosa, della quale vengono eseguiti aspetti parziali che sembrano quindi innocui in sé, ma che sono pericolosi nella loro totalità. La diffusione della responsabilità permette agli individui, altrimenti attenti alle esigenze altrui, di comportarsi in maniera crudele. Gli individui si comportano in modo molto più crudele quando la responsabilità è del gruppo rispetto a quando si ritengono personalmente responsabili delle loro azioni (Zimbardo, 1969, 1995).

-

Distorsione delle conseguenze: è un meccanismo in cui opera la minimizzazione o la selezione strumentale nella rappresentazione delle conseguenze positive o negative dell’atto. Ad esempio, i questi casi, i soggetti ricordano con prontezza le informazioni sui potenziali vantaggi delle loro azioni, ma sono meno capaci di ricordare quelli dannosi. Anche Milgram (1974) ha dimostrato, tramite la diminuzione dell’ubbidienza al comando aggressivo, che è più facile danneggiare quando la sofferenza delle vittime non è visibile e quando le azioni causali sono temporalmente remote dagli effetti, rispetto a quando il dolore della vittima è evidente e personalizzato. L’ultimo gruppo di pratiche di disimpegno opera sui destinatari degli atti lesivi.

-

Disumanizzazione della vittima: si fonda sulla capacità di attribuire alla vittima caratteristiche spregevoli, non umane, in modo da evitare l’insorgenza di angoscia alla visione della sofferenza causata. Infatti considerare le vittime come soggetti subumani consente di mettere in atto azioni estremamente crudeli, considerandole giustificabili così da alleviare il senso di angoscia. Questo è stato confermato da uno studio sulle dinamiche di vittimizzazione svolto da Perry, Williard e Perry (1990) nel quale è stato riscontrato che i bambini aggressivi mostrano scarso interesse empatico quando fanno male a coetanei sminuiti ai loro occhi.

-

Attribuzione di colpa: è un meccanismo che riduce il controllo interno tramite la percezione dell’altro come colpevole. Infatti durante una disputa è facile 18


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attribuire alla controparte delle colpe così da giustificare la propria condotta violenta come difesa contro la provocazione aggressiva. Anche i bambini inclini all’aggressività sono pronti ad ascrivere l’intenzione ostile ad altri, cosa che fornisce una giustificazione ad atti preventivi di ritorsione (Crick & Dodge, 1994). Pertanto se l’altro è ritenuto responsabile, non solo le proprie azioni sono giustificabili, ma ci si può sentire addirittura più buoni ed onesti di altri. Sebbene i meccanismi di disimpegno morale operano simultaneamente nel processo di autoregolazione, differiscono per grado di influenza nelle diverse età. Ad esempio, l’interpretazione della condotta lesiva come funzionale a scopi giusti, il disconoscimento della responsabilità per gli effetti lesivi e la svalutazione di coloro che vengono maltrattati sono le modalità maggiormente utilizzate per autogiustificarsi durante l’infanzia e l’adolescenza. Mentre celare attività riprovevoli dietro denominazioni eufemistiche oppure renderle innocue tramite il confronto palliativo sono meccanismi che richiedono capacità cognitive avanzate e sono pertanto utilizzate con minor frequenza (Bandura, Brabaranelli, Caprara, Pastorelli, 1996).

Il processo di disimpegno morale, che trasforma individui benevoli in carnefici, non avviene sicuramente repentinamente, bensì in maniera graduale. Il mutamento avviene attraverso una progressiva rimozione del sentimento di autocensura. Inizialmente, coloro che compiono azioni disumane si abbandonano a misfatti abbastanza limitati, che essi mettono in atto non senza qualche difficoltà morale. Una volta che la ripetitività degli atti di natura violenta ha smussato il loro sentimento di colpevolezza, le azioni diventano via via più odiose, fino al punto che azioni considerate all’inizio come ripugnanti, vengono perpetrate quotidianamente senza suscitare angoscia né disgusto. Il comportamento disumano diviene a questo punto una routine.

Uno studio condotto da Elliot e Rhinehart (1995) sulle aggressioni e sulle trasgressioni di grave entità dei giovani americani conferma la generalizzabilità della teoria del disimpegno morale.

2.3. Gli studi empirici condotti in Italia sul disimpegno morale Di seguito verranno riportati alcuni tra i principali contributi empirici sul costrutto di “disimpegno morale”. La totalità di questi studi si è svolta nel contesto italiano a partire dai primi anni novanta fino ad oggi.

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2.3.1 La misura del disimpegno morale in età evolutiva Un primo studio volto a valutare il disimpegno morale in età evolutiva e i nessi con le varie caratteristiche di personalità associate all’aggressività è stato svolto da Caprara, Pastorelli e Bandura (1995). In questa ricerca sono state create due differenti scale di 24 e 14 item rispettivamente per giovani adolescenti (tra gli 11 e i 14 anni) e bambini in età di transizione tra infanzia e adolescenza (tra i 9 e i 10 anni) partendo dai 56 item, contenuti in un antecedente questionario proposto da Bandura ed Elliot (1990). La ricerca ha voluto verificare la validità interna e di costrutto delle due scale.

Il primo studio è stato svolto a Roma su un campione di 446 preadolescenti a cui sono state somministrate sei diverse scale di auto valutazione riguardanti il disimpegno morale, il comportamento pro sociale, l’aggressione fisica e verbale, l’irritabilità, la ruminazione/dissipazione e la tolleranza verso la violenza. Riguardo alle eterovalutazioni sono invece state utilizzate le nomine dei pari attraverso la richiesta ai soggetti di indicare i compagni che più frequentemente mostravano i comportamenti indicati.

I risultati, oltre a confermare la validità interna e di costrutto della scala, hanno evidenziato, una differenza di genere significativa: i maschi risultavano molto più inclini al disimpegno morale rispetto alle femmine. Inoltre, dalla presa in esame delle relazioni con la condotta aggressiva e prosociale, sono emersi nessi positivi del disimpegno morale con gli indicatori associati alla condotta aggressiva e correlazioni negative con il comportamento prosociale. Questi risultati sono stati ulteriormente confermanti dai dati emersi dall’analisi delle eterovaltazioni.

Nel secondo studio, svolto su un campione di 263 bambini della Capitale, è stato utilizzato lo stesso metodo relativamente all’autovalutazione (senza però indagare il meccanismo di diffusione della responsabilità), mentre per l’eterovalutazione sono state analizzate sia le nomine dei compagni che la valutazione degli insegnanti.

Come nello studio sui preadolescenti sono state evidenziate differenze significative a carico del sesso: i maschi risultano maggiormente inclini al disimpegno morale e vi è una correlazione positiva di questo con la condotta aggressiva sia nella autovalutazione che nella eterovalutazione.

È inoltre emersa, nella eterovalutazione, soprattutto all’interno del campione femminile, una maggiore associazione tra disinvestimento morale e condotta aggressiva. 20


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In generale è stata riscontrata una maggiore correlazione tra disimpegno morale e condotta aggressiva nei soggetti adolescenti rispetto ai bambini di 9-10 anni. Questo avvalora l’ipotesi di Bandura (1991) secondo la quale i meccanismi di controllo, antagonisti della trasgressività, si evolvono parallelamente alla competenza cognitiva e all’esperienza.

2.3.2 Il disimpegno morale nell’esercizio dell’agentività morale Questo studio, condotto da Bandura, Barbanelli, Caprara e Pastorelli (1996) ha preso in esame la struttura e l’impatto del disimpegno morale sulla condotta aggressiva e sui processi psicologici attraverso i quali esercita la sua influenza. La ricerca è stata condotta su un campione di 799 soggetti di età compresa tra i 10 ed i 15 anni, tramite la somministrazione di diverse scale riguardanti: il disimpegno morale, il comportamento aggressivo (fisico e verbale) e prosociale, la popolarità ed il rifiuto tra i coetanei, la ruminazione delle offese e l’irascibilità, il senso di colpa e riparazione ed il comportamento delinquenziale. Lo studio si fonda sulla concezione dell’influenza in forma diretta e indiretta, da parte del disimpegno morale, sulla condotta lesiva. Il modello concettuale di ciò è presentato in figura 1. (vedi fig. 1) Sulla base di ciò gli autori hanno previsto quanto segue: -

Ad un elevato livello di disimpegno morale corrisponde uno scarso senso di colpa.

-

L’autogiustificazione per la condotta lesiva e la disumanizzazione protettiva degli altri attribuendo loro la colpa produce uno scarso orientamento sociale.

-

Una bassa prosocialità influenza la condotta lesiva sia grazie alla scarsa immedesimazione negli altri sia attivando un basso senso di colpa anticipatorio.

Comportamento prosociale

Comportamento morale

Propensione all’aggressione

Comportamento dannoso

Riparazione Ruminazione Irritabilità

Fig.1 Struttura causale delle linee di influenza attraverso al quale opera il disimpegno morale: modello concettuale (Bandura, Barbaranelli, Caprara, Pastorelli, 1996). 21


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I risultati confermano pienamente le previsioni effettuate dagli autori: infatti, in accordo con il modello supposto, il disimpegno morale ha influenzato il comportamento delinquenziale sia direttamente sia riducendo la prosocialità e il senso di colpa anticipatorio per le trasgressioni, favorendo quindi la propensione all’aggressività (vedi fig.2).

.22

Comportamento prosociale -.28

Comportamento morale -.10

-.18

-.11

..51

Propensione all’aggressione

.31

-.31

.30

Riparazione

.71

.72

Comportamento dannoso -.22

Ruminazione Irritabilità

Fig.2 L’influenza del disimpegno morale sul comportamento delinquenziale: modello empirico (Bandura, Barbaranelli, Caprara, Pastorelli, 1996).

L’influenza del disimpegno morale sulla condotta aggressiva è stata mediata dalla prosocialità, dal senso di colpa e dalla propensione all’aggressività (vedi fig.3). Un elevato disimpegno morale ha ridotto la prosocialità ed i sensi di colpa, favorendo reazioni affettive e cognitive tendenti all’aggressività.

.

Comportamento prosociale -.28

Comportamento morale -.09

..51 .31

-.17

-.08

Propensione all’aggressione

.53

.30

Riparazione

.67

..76

Comportamento dannoso -.21

Ruminazione Irritabilità

Fig.3 L’influenza del disimpegno morale sul comportamento aggressivo (Bandura, Barbaranelli, Caprara, Pastorelli, 1996).

22


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Concludendo, si può affermare che questo studio ha evidenziato come i soggetti con elevato disimpegno morale risultano maggiormente collerici ed adottano comportamenti maggiormente aggressivi rispetto ad individui che, al contrario, censurano, attraverso le autopunizioni morali, la condotta lesiva.

2.3.3. Meccanismi di disimpegno morale e propensione all’aggressione in contesti sociali a rischio Questa ricerca è stata svolta da Pastorelli, Incatasciato, Rabasca e Romano (1996) ed è volta a indagare le relazioni presenti tra i meccanismi di disimpegno morale e la propensione all’aggressione ed alla violenza in contesti sociali a rischio.

La ricerca si è svolta creando due gruppi di adolescenti definiti a rischio (per la presenza, nel loro contesto sociale, di un’elevata percentuale di gruppi camorristci) e non a rischio (per l’assenza, nel loro contesto sociale, di tali gruppi). A questi due gruppi, entrambi del capoluogo campano, sono state somministrate sei diverse scale di autovalutazione atte ad indagare: irritabilità, suscettibilità emotiva, ruminazione/dissipazione, paura della punizione, tolleranza verso la violenza e disimpegno morale.

I risultati hanno mostrano che i giovani dell’area a rischio presentano non solo una maggiore propensione al disinvestimento morale, ma anche una spiccata propensione all’aggressione di tipo offensivo e cognitivo-strumentale rispetto al gruppo non a rischio. Questa maggiore inclinazione al disinvestimento morale ed alle disposizioni di personalità connesse alla condotta aggressiva avvalorano la definizione di rischio proposta dagli sperimentatori.

Dai risultati emerge anche che i soggetti del gruppo a rischio mostrano una maggiore capacità di differenziare manifestazioni aggressive di natura impulsiva da quelle di natura socio-cognitiva.

2.3.4 La misura del disimpegno morale nel contesto delle trasgressioni dell’agire quotidiano Tale studio è stato effettuato da Caprara, Barbaranelli, Beretta, Iafrate, Pastorelli, Steca e Bandura (2006).

L’indagine, a differenza di quelle precedenti, impegnate nell’analisi delle condotte aggressive e violente, si è concentrata sulla misura del disimpegno morale quotidiano all’interno del contesto civile (verso una operalizzazione dei meccanismi di disimpegno morale in connessione a 23


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trasgressioni che si estendono oltre la violazione dell’incolumità) e sulla verifica della validità di costrutto della nuova scala utilizzata.

Il contributo è costituito da due studi separati, il primo condotto su adolescenti mentre il secondo su soggetti adulti.

Al primo studio hanno partecipato 1.179 soggetti di età compresa tra i 15 e i 20 anni, a cui sono state

somministrate

le

seguenti

scale:

disimpegno

morale,

disimpegno

morale-civile,

comportamento prosociale, autoefficacia percepita regolatoria, propensione all’aggressione fisica e verbale, tendenze delinquenziali.

I risultati ottenuti in questo primo studio attestano la validità della nuova scala per la misura del disimpegno morale e civile, che è risultato maggiormente correlato al comportamento prosociale rispetto al disimpegno morale misurato con la scala originaria. Per quanto riguarda le differenze di genere, è stata notata nei maschi una maggiore inclinazione all’uso di meccanismi cognitivi di disimpegno morale nel contesto delle condotte aggressive ed una più marcata propensione all’aggressione ed alla delinquenza, infine una maggiore tendenza al disimpegno morale e civile. Le ragazze mostrano invece maggiori capacità autoregolatorie nei confronti delle trasgressioni e maggiori tendenze prosociali.

Nel secondo studio, condotto su 779 soggetti compresi tra i 21 e gli 85 anni è stata analizzata la validità della nuova scala e le sue relazioni con il rischio etico e l’amicalità. Ai soggetti è stata somministrata una batteria comprensiva delle seguenti scale: disimpegno morale-civile, rischio etico, amicalità.

I risultati evidenziano che la scala di disimpegno morale-civile ha una correlazione elevata con il rischio etico (r=.44,p<.001) ed una correlazione negativa con la scala di amicalità (r=-.31,p<.001). Anche negli adulti, come per gli adolescenti, è stata riscontrata una maggiore tendenza dei maschi verso il disimpegno morale-civile rispetto alle femmine. I risultati di questo studio avvalorano, come prima per gli adolescenti, la validità e generalizzabilità della nuova scala anche per gli adulti.

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CAPITOLO 3: Contributo empirico 3.1 Scopo del contributo Lo studio riportato di seguito si fonda sulle teorizzazioni presentate nei precedenti capitoli di questo elaborato.

Il contributo è volto ad indagare il disimpegno morale suddiviso negli otto diversi meccanismi individuati da Bandura: Giustificazione morale, etichettamento eufemistico, confronto vantaggioso, dislocamento della responsabilità, diffusione della responsabilità, distorsione delle conseguenze, deumanizzazione della vittima e attribuzione di colpa. Gli obiettivi del contributo empirico sono quelli di: -

Individuare i meccanismi che sono utilizzati con maggiore frequenza.

-

Esaminare l’influenza esercitata sul disimpegno morale da parte di alcune caratteristiche individuali come: il genere, l’età, lo stato civile, il livello d’istruzione, la situazione economica, il culto religioso, la professione e l’interesse politico.

3.2. Metodi e strumenti

3.2.1. Il campione Alla ricerca hanno partecipato 40 soggetti, tutti residenti nella regione Lombardia. I soggetti costituenti il campione sono 22 maschi e 18 femmine di età compresa tra i 20 e i 77 anni con una età media di 49.10 anni. 21 sono coniugati, 13 non hanno svolto le scuola media superiore, 27 hanno conseguito il diploma superiore e 9 di questi la laurea. La maggior parte di loro (17) ha un reddito familiare annuo medio ( tra i 16.000 e i 60.00 euro), 9 un reddito basso (tra i 5.000 e i 15.000 euro) e 10 alto (sopra i 61.000 euro). Sono principalmente di religione cristiana e indipendentemente dal culto 14 di loro prendono costantemente parte alle loro pratiche religiose. 24 svolgono un lavoro retribuito, mentre i restanti sono pensionati, studenti e disoccupati. 17 non sono interessati alla politica mentre la rimanenza si divide equamente tra un interesse medio ed uno elevato; sono principalmente votanti tranne 7 di loro dichiaratisi apolitici. Tutti guardano la televisione ( 29 assiduamente).

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3.2.2 Gli strumenti Le scale di valutazione utilizzate in questa ricerca fanno parte fanno parte di uno strumento molto più ampio, somministrato a livello nazionale, atto ad indagare il sistema valoriale degli italiani. Questo strumento è suddiviso in due diverse parti in modo da rendere più agevole la compilazione del test.

La scala utilizzata per effettuare questa ricerca, contenente solo i dati di soggetti residenti in Lombardia, consiste in un questionario di autovalutazione costituito da quaranta diverse domande volte alla misurazione delle otto diverse componenti del disimpegno morale.

Il questionario è preceduto da una piccola introduzione, nella quale vengono riportate le modalità di compilazione e la richiesta di essere il più sinceri possibile.

Le quaranta domande indaganti gli otto meccanismi prevedono una risposta, tramite scala Likert, con cinque diverse posizioni, in cui 1 equivale a “per nulla d’accordo” e 5 all’estremo opposto, cioè a “molto d’accordo”. Le domande facenti riferimento allo stesso meccanismo non sono disposte in maniera continua, bensì intrecciate con quelle relative agli altri meccanismi; solo successivamente, durante l’analisi dei dati, le domande saranno suddivise in base all’aspetto indagato.

Oltre a questo sono state estrapolate dallo strumento totale anche altre informazioni, sempre tramite questionari, relative a vari aspetti individuali come: il genere, lo stato civile, l’età, il livello d’istruzione, la condizione economica, l’impiego, la partecipazione religiosa e politica, la posizione politica e la visione della televisione.

3.2.3 La procedura di ricerca La ricerca effettuata si può suddividere in due diverse fasi. Innanzi tutto sono stati consegnati, nei mesi di Ottobre e Novembre, i questionari a quaranta diversi soggetti residenti in Lombardia. Dopo aver preso accordi in merito ai tempi di riconsegna è stato brevemente presentato il questionario e gli obiettivi della ricerca. È stato inoltre raccomandato di leggere con attenzione le domande e di rispondere nel modo più sincero possibile considerando l’inesistenza di risposte giuste e sbagliate e la compilazione anonima.

Una volta raccolti tutti i dati necessari si è proceduto con l’analisi statistica di questi attraverso il software SPSS 13.0.1 realizzato da The Apache Software Foundation. Questo software ha così 26


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permesso di comprendere eventuali tendenze e relazioni significative tra i meccanismi di disimpegno morale e le altre caratteristiche indagate.

3.2.4 L’analisi dei dati Sulla base dei dati raccolti sono state effettuate diverse analisi parametriche tramite il software SPSS. Per prima cosa ho effettuato l’inserimento e pulizia dei dati. Successivamente è stato esplorato tramite il Test-T e l’Anova univariata la presenza di differenze statisticamente significative ascrivibile ad alcune variabili sociodemografiche.

Nei casi significativi, i risultati dell’analisi della varianza sono stati successivamente approfonditi tramite dei confronti post-hoc effettuati con il test di Tukey.

3.3. I risultati I risultati ottenuti dalle analisi dei dati sono illustrati nell’appendice A.

3.3.1 Differenza ascrivibili al genere Come riportato nella figura 1 è emersa una differenza significativa a favore dei maschi nell’utilizzo della giustificazione morale.

3.3.2 Differenze ascrivibili allo stato civile Allo scopo di indagare le relazioni intercorrenti tra il disimpegno morale e lo stato civile i soggetti costituenti il campione sono stati suddivisi in due differenti gruppi. Coniugati e non coniugati.

Come è indicato nella figura 2 è presente una differenza significativa a favore dei non coniugati circa l’etichettamento eufemistico e, sempre a loro favore, una tendenza al confronto vantaggioso.

3.3.3 Differenze ascrivibili all’età Anche in questo caso, allo scopo di individuare differenze significative, il campione è stato suddiviso in due diversi gruppi in base all’età media: 49,10 anni.

Come presentato in figura 3 non sono state individuate né tendenze né differenze significative tra i due gruppi nell’utilizzo dei meccanismi di disimpegno morale.

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3.3.4 Differenze ascrivibili al livello d’istruzione Per indagare eventuali differenze significative, il campione è stato suddiviso in tre gruppi sulla base del livello di istruzione raggiunto (media inferiore, diploma media superiore, Laurea).

Come indicato nella figura 4 non sono state individuate differenze significative nell’utilizzo di meccanismi di disimpegno morale tra i tre gruppi. È presente solamente una tendenza a favore del primo gruppo (diploma di scuola media inferiore) circa la diffusione di responsabilità.

3.3.5 Differenze ascrivibili al reddito familiare Come nell’analisi precedente, il campione è stato suddiviso in tre diversi gruppi. Sulla base del reddito familiare sono state create le categorie: basso, medio e alto.

Come riportato in figura 5 non sono state riscontrate differenze significative se non una piccola tendenza a favore del gruppo “medio” nella diffusione di responsabilità.

3.3.6 Differenze ascrivibili alla partecipazione religiosa Il campione è stato suddiviso in due differenti gruppi sulla base della partecipazione alle pratiche religiose (indipendentemente dal loro credo).

Come mostrato in figura 6, non sono emerse né tendenze né differenze significative nell’utilizzo dei meccanismi di disimpegno morale ascrivibili alla partecipazione religiosa.

3.3.7 Differenze ascrivibili alla visione della televisione I soggetti sono stati suddivisi in due gruppi in base a quanto tempo guardano la televisione (occasionalmente o spesso).

Come è riportato in figura 7 in questa analisi è stata individuata una differenza significativa, a favore di coloro che guardano spesso la televisione, circa la diffusione della responsabilità.

3.3.8 Differenze ascrivibili all’occupazione Il campione è stato suddiviso in due gruppi: lavoratori e non lavoratori. Come indicato in figura 8 sono state individuate delle tendenze nella diffusione della responsabilità e nell’attribuzione di colpa a favore di coloro che non lavorano.

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3.3.9 Differenze ascrivibili all’interesse politico In questo caso i soggetti sono stati suddivisi in tre gruppi in base al loro interesse per la politica (poco, abbastanza, molto).

Come mostrato in figura 9 non sono state individuate né tendenze né differenze significative ascrivibili al grado d’interesse politico.

3.3.10 Differenze ascrivibili alla posizione politica Qui i soggetti sono stati suddivisi in quattro diversi gruppi (sinistra, centro, destra, apolitico) in base alla loro posizione politica.

Come indicato in figura 10 è stata rilevata una differenza significativa a favore dei soggetti di destra nel meccanismo di giustificazione morale rispetto a quelli di centro e sinistra. È inoltre presente, sempre a favore dei soggetti di destra, una tendenza all’attribuzione di colpa.

3.4 Discussioni e conclusioni Questo contributo empirico, seppur limitato, visto la ridotta numerosità del campione e la limitatezza geografica dell’area di somministrazione dei questionari, ha comunque contribuito alla comprensione e chiarificazione delle teorie e dei concetti sopra enunciati.

Da questo studio è risultato che il meccanismo di disimpegno morale maggiormente utilizzato è la giustificazione morale, presente sia nelle differenze di genere a favore dei maschi, sia nella posizione politica a favore dei soggetti di destra. È inoltre emersa, in quattro degli otto casi che hanno presentato risultati interessanti, una tendenza (che nel caso di chi guarda assiduamente la tv costituisce una differenza significativa) alla diffusione della responsabilità. Questo dato potrebbe essere dovuto al caso, considerando le caratteristiche del campione, ma risulta sicuramente interessante la sua frequenza di comparsa. Sarebbe quindi utile effettuare un’indagine su un campione più vasto e vario, non solo per comprendere se questo meccanismo è realmente così comune, ma anche per verificare se, a differenza di quanto dimostra questo studio, non costituisca esso stesso il meccanismo maggiormente utilizzato.

È inoltre emersa un’analogia significativa tra questa ricerca e alcune di quelle riportate in tesi ( Caprara, Pastorelli, Bandura, 1995; Caprara, Barbaranelli, Beretta, Iafrate, Pastorelli, Steca, Bandura, 2006) relativamente alle differenze di genere. Infatti, in tutti questi contributi, è stata 29


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individuata una significativa differenza a favore dei maschi nell’utilizzo dei meccanismi di disimpegno morale. In particolare, quella da me condotta, ha evidenziato, oltre ad una maggiore tendenza generale da parte dei maschi all’utilizzo del disimpegno morale, una prevalenza significativa da parte di questi nell’utilizzo della giustificazione morale.

Può essere anche interessante riflettere su quanto questo studio non ha evidenziato. Infatti per quanto riguarda l’analisi dei dati relativamente all’età, a differenza di quanto è emerso dallo studio condotto sui meccanismi di disimpegno morale nell’esercizio dell’agentività morale ( Bandura, Barbaranelli, Caprara, Pastorelli, 1996), non è emersa nessuna differenza significativa tra i due gruppi circa l’utilizzo dei meccanismi di disimpegno morale. Nello studio sopracitato (Bandura et al., 1996) è stato dimostrato come i soggetti

giovani (preadolescienti) utilizzino con minor

frequenza l’etichettamento eufemistico ed il confronto vantaggioso rispetto a soggetti di età maggiore. Quindi questa ricerca, condotta solo su soggetti adulti, non avendo riscontrato differenze di frequenza nell’utilizzo dei vari meccanismi di disimpegno morale, va implicitamente a confermare come la spiegazione che Bandura ha fornito sia appropriata, cioè che non tutti i meccanismi sono presenti già dall’infanzia, poiché alcuni emergono con lo sviluppo. Infatti i soggetti più giovani, non avendo ancora acquisito le capacità cognitive più avanzate, utilizzano questi meccanismi con minor frequenza.

Concludendo posso inoltre affermare che, nonostante il campione non sia particolarmente ampio e quindi possa aver causato delle distorsioni nei risultati, questo contributo suggerisce alcuni approfondimenti interessanti come, ad esempio, l’analisi di quali siano i meccanismi di disimpegno morale legati a specifici partiti ed ideologie politiche o alla visione di determinati canali/programmi televisivi.

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APPENDICE A TABELLE E FIGURE Figura 1 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili al genere. Genere 3 2,48

2,5

2,482,48 2,3

2,18

2

1,78

1,94 1,82

2,04 1,89

1,94 1,78

1,9

1,77 1,68

1,58

1,5 maschi f emmine

1

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Giustificazio Etichettamen Confronto Dislocazon Diffusione Distorsione ne morale to vantaggio e responsabil conseguenz eufemistico so responsabil ità e ità T 2,24 0,72 1,56 0,88 0,78 0,55 Sig + n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. .

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo 33

m tti vi

a

Attribuz Deumaniz ione zazione colpa vittima 0,75 n.s.

0,02 n.s.


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Figura 2 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili allo stato civile.

Stato civile 3 2,44 2,35

2,5 2,11

2,07 1,94

1,9

2

2,01 1,93

1,94 1,8

1,72

2,5 2,45

1,78 1,69

1,59

Coniugato

1,5

Non coniugato

1

0,5

0

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Giustificazio Etichettamen Confronto Dislocazon Diffusione Distorsione ne morale to vantaggio e responsabil conseguenz eufemistico so responsabil ità e ità T 1,06 2,15 1,7 0,76 0,41 0,54 Sig n.s. + n.s. n.s. n.s. n.s. .

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

34

Attribuz Deumaniz ione zazione colpa vittima -0,36 n.s.

-0,2 n.s.


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Figura 3 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili all’età. Età media: 49,10 Età 3 2,57 2,422,38

2,5 2,011,99

2

1,96 1,81

1,951,99

1,94 1,8

1,79 1,72

2,4

1,711,75 Sotto media

1,5

Sopra media

1

0,5

0

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Giustificazio Etichettamen Confronto Dislocazon Diffusione Distorsione ne morale to vantaggio e responsabil conseguenz eufemistico so responsabil ità e ità T 0,1 0,87 0,31 0,76 -0,23 -0,27 Sig n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. .

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

35

Attribuzio Deuman ne colpa izzazion e vittima 0,15 n.s.

0,66 n.s.


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Figura 4 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili al livello d’istruzione. A= nessun titolo, licenza elementare, licenza media inferiore. B= diploma professionale, superiore, universitario. C= Laurea Istruzione 3

2,5

2,31 1,95 1,88

1,89 1,93 1,81

1,92

1,82 1,71

1,681,67

2,24

2,19

2,14 2,01

2,1

2

2,61 2,5

2,54 2,4

1,64

1,83 1,72 1,6

A

1,5

B C

1

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0

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e

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co

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ne

co

lp

a

iz an m u de

z

Giustificazio Etichettamen Confronto Dislocazon Diffusione Distorsione ne morale to vantaggio e responsabilit conseguenz eufemistico so responsabil à e ità F 1,7 1,72 0,61 0,15 2,04 0,47 Sig n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. .

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo 36

i az

e on

a m tti i v

Attribuz Deuman ione izzazion colpa e vittima 0,59 n.s.

0,57 n.s.


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Figura 5 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili al reddito familiare. A= fino a 29.000 Euro. B= da 30.000 a 60.000 Euro. C= da 61.000 fino oltre 80.000 Euro. Reddito 3 2,61

2,5

2,26 2,05

2 1,94

2

1,98 1,81

1,84 1,71

2,45 2,32 2,24

2,16 1,98

1,861,84 1,78

2,2

2,3

1,84 1,62

1,52

1,651,6

A

1,5

B C

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a

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Giustificazio Etichettamen Confronto Dislocazon Diffusione Distorsione ne morale to vantaggio e responsabil conseguenz eufemistico so responsabil ità e ità F 0,88 1,26 1,13 0,06 2,66 0,55 Sig n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. .

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo 37

z za

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Attribuz Deumaniz ione zazione colpa vittima 0,23 n.s.

0,94 n.s.


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Figura 6 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili alla partecipazione religiosa. A= almeno una volta a settimana. B= da due volte al mese a mai. Partecipazione religiosa 3 2,54 2,37

2,49 2,37

2,5 2,031,98

2

1,84 1,86

1,991,95

1,9 1,84

1,83

1,79

1,6

1,7 A

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a

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Giustificazio Etichettamen Confronto Dislocazon Diffusione Distorsione ne morale to vantaggio e responsabil conseguenz eufemistico so responsabil ità e ità T 0,22 -0,13 -1,04 0,31 0,17 0,49 Sig n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. .

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

38

z

i az

e on

a m tti i v

Attribuz Deumaniz ione zazione colpa vittima 0,46 n.s.

-0,63 n.s.


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Figura 7 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili alla visione della televisione Guardara la tv 3 2,54

2,46

2,5

2,31

2,25 2

2,09

2

1,97 1,85

2

1,891,86

1,78 1,69

1,711,74

1,65

A volte

1,5

Spesso

1

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0

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a

z iz an um de

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Giustificazio Etichettamen Confronto Dislocazon Diffusione Distorsione ne morale to vantaggio e responsabil conseguenz eufemistico so responsabil ità e ità T 0 0,63 -0,37 0,18 -2,17 -0,15 Sig n.s. n.s. n.s. n.s. + n.s. .

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

39

m tti vi

a

Attribuz Deumaniz ione zazione colpa vittima -0,8 n.s.

-0,83 n.s.


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Figura 8 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili all’occupazione. Occupazione 3 2,65

2,64 2,37

2,5 2,06 1,91

2

2,23

2,17 1,93 1,86

1,82 1,71

1,8

1,91

1,83

1,86 1,64 No

1,5

Si

1

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Giustificazio Etichettamen Confronto Dislocazon Diffusione Distorsione ne morale to vantaggio e responsabil conseguenz eufemistico so responsabil ità e ità T -0,75 0,41 0,54 -0,59 1,84 1,27 Sig n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. .

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

40

ne io z a

a m tti i v

Attribuz Deumaniz ione zazione colpa vittima 1,82 n.s.

1,01 n.s.


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Figura 9 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili all’interesse politico. A= poco/nulla. B= abbastanza. C= piuttosto/molto. Interesse politico 3

2,79 2,6

2,5

2,26 2 1,94

2

2,24

2,18 1,98

2,06

1,98 1,91

1,87

2,06

1,8 1,67

1,71

2,31 2,16

2,28

2,02 1,86

1,8

1,73 1,55

A

1,5

B C

1

0,5

0

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e

ist em f u

ico o nt ro f n co

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e

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n

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lità

o si or t is

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e nz e u eg ns

tri at

o zi bu

ne

co

lp

a

iz an m u de

Giustificazio Etichettamen Confronto Dislocazon Diffusione Distorsione ne morale to vantaggio e responsabil conseguenz eufemistico so responsabil ità e ità F 0,75 0,77 0,1 1,74 0,65 1,1 Sig n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. .

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo 41

z za

ne io

a m tti vi

Attribuz Deumaniz ione zazione colpa vittima 1,02 n.s.

2,49 n.s.


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Figura 10 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili alla posizione politica. A= di sinistra. B= di centro. C= di destra. D= apolitico. Posizione politica 3,5 3,03

3 2,66

2,6

2,51

2,49

2,5 2,14

2

2,77

2,14 2,13

1,78 1,83

1,96

2,2

2,1 1,83

1,65

1,6 1,57

1,91

2,16 2,1 1,89 1,77

1,8

1,64

2,27

2,2 2,17

A

1,9

1,77 1,64 1,69

B C

1,5

D

1 0,5 0

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n

bi sa

d

lità

o si or t is

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e nz e u eg ns

tri at

o zi bu

ne

co

lp

a

iz an m u de

Giustificazio Etichettamen Confronto Dislocazon Diffusione Distorsione ne morale to vantaggio e responsabil conseguenz eufemistico so responsabil ità e ità F 3,92 2,3 1,48 1,32 0,78 0,51 Sig + n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. .

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo 42

z za

ne io

a m tti vi

Attribuz Deumaniz ione zazione colpa vittima 2,44 n.s.

0,8 n.s.


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