Il Sorpasso - Obiettivo Generazionale n°2

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Numero 2 - Luglio 2011 - In corso di Registrazione

Il orpasso Obiettivo

Generazionale

About a boy Scatti di Gaetano Giordano

In tre lettere? POP Intervista a Francesco Cisky Gabriele

Un sogno romantico Inedito di Pasquale Miccoli


Direttore Luigi Bramato

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Responsabile della pubblicazione Francesco G. Caputi Iambrenghi Redattori G i a n l u c a C a r d e l l i c c h i o, Giuseppe Ceddìa, It a l o C i n q u e p a l m i , Lu i g i S c o r c i a

progetto grafico Claudio Capasso claudiocap82@live.it

Pubblicità cell. +39 3383452117 Contatti rivista.ilsorpasso@gmail.com

Hanno collaborato: Chiara Gasparro, Andrea Bitonto, Nicoletta Panza, Leonardo Petrocelli, Gaetano Giordano, Giuseppe Del Buono, Elvira Buttiglione, Vittorio Morisco, Pasquale Miccoli, Bruna D. Tonelli Ringraziamenti: eKoinè ri-Pub - Giovanni S. Celentano - Angelo Neve Riproduzione foto e testi vietata. Salvo accordi scritti la collaborazione prestata è da intendersi a titolo gratuito e volontario


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SOMMARIO 3

EDITORIALE 6

di Luigi Bramato

SETTANTA100

In tre lettere? Pop di Chiara Gasparro 13 Prossima fermata di Andrea Bitonto 15 Paracity di Luigi Scorcia 7

JAM SESSION

Festival musicali, specie protetta di Gianluca Cardellicchio 23 Note dall’Oregon di Chiara Gasparro e Luigi Bramato 25 Sono solo…cantautori di Gianluca Cardellicchio 27 Dal velo all’ altoparlante 17

di Nicoletta Panza

CLICK

29 About a boy di Luigi Scorcia

QUARTA PAGINA

38 Sfogliando il futuro di Leonardo Petrocelli 40 L’assenza nella vita, il nulla esistente, la felicità di un attimo di Giuseppe “Corto” Ceddia 43 Sfida aperta a Dan Brown di Leonardo Petrocelli

Cartoline da...

45 Sotto le stelle del cinema di Vittorio Morisco

L’inedito

48 Un sogno romantico di Pasquale Miccoli


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Il Sorpasso Generazionale

Foto elisa perrino

Obiettivo

editoriale

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di Luigi Bramato

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en ritrovati, cari lettori. Sono trascorse soltanto alcune settimane dall’uscita inaugurale de «Il Sorpasso». Un’uscita sperimentale, lo ricorderete, quasi un’anteprima. Che avete tuttavia accolto e seguito con attenzione e grande affetto. E di questo ve ne siamo riconoscenti. Non spetta a me rendicontare le reazioni e valutare gli esiti di quelle giornate. I tempi, me ne rendo conto, non sono ancora maturi. Lo sono invece per proseguire il lavoro iniziato, facendo tesoro dei vostri suggerimenti e valutando con attenzione ogni nuova proposta. Come è avvenuto per questa seconda uscita. Frutto di un lavoro di squadra serrato e dell’apporto positivo e armonioso di tutti i nostri collaboratori. Le vignette di Giuseppe Del Buono, la

pop intervista di Chiara Gasparro, l’inedito di Pasquale Miccoli sul sogno romantico di Ernesto, giovane argentino, e la cartolina bolognese di Vittorio Morisco sono solo alcune delle novità che troverete nelle pagine a seguire. Insieme ai lavori di Giuseppe Ceddìa e Leonardo Petrocelli; Gianluca Cardellicchio e Nicoletta Panza; Bruna Tonelli e Luigi Scorcia; Italo Cinquepalmi ed Elvira Buttiglione, già nostre firme. Senza dimenticare il contributo prezioso di Andrea Bitonto e il fortuito incontro con il giovane cantautore americano Jonathan Brinkley. Un numero dunque più ricco e di più ampio respiro che mi auguro troverà il vostro favore. Buona lettura, dunque, cari lettori. Arrivederci a settembre. luigibramato@virgilio.it


a cura di Italo Cinquepalmi

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Settanta100


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In tre lettere? POP

Foto di

Un pop-pomeriggio con Francesco “Cisky� Gabriele

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ra il 1956. Richard Hamilton realizzava Just what Is It that Makes Today’s Homes so Different, so Appealing? Nasceva la Pop-Art. Bisogna subito chiarire un equivoco: pop, pur essendo l’abbreviazione di popular, non significa “popolare” ma “di massa”. Se inteso correttamente, il termine consente di individuare il bersaglio, il soggetto che gli artisti pop prendono come base del loro immaginario; basti ricordare Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Tom Wesselmann o, per guardare ai giorni nostri, sbirciare tra le opere di Francesco “Cisky” Gabriele. Francesco nasce a Bari il 25 aprile del 1981. Grazie a suo nonno, apprezzato artista locale nonché suo mentore, il colore diventa sin da subito una seconda pelle. La sua. Per capire ed apprezzare la sua vocazione è importante individuare cosa sta al centro della sua potenza espressiva: desiderio, scevro da ogni timore e da ogni vergogna, di uscire allo scoperto e di abbracciare il mondo reale. È Pop perché il desiderio di comunicare gli suggerisce di dipingere con lo stesso spirito con cui in passato si dipingevano i portali delle chiese per parlare agli analfabeti. Mi è bastato un pop-pomeriggio nel suo laboratorio, una chiacchierata

FOTO LUIGI SCORCIA

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di Chiara Gasparro


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informale e uno sguardo alle sue opere, per entrare in contatto con il piacere inalterato che prova nell’esprimere se stesso. Una “spugna isterica”, così si è definito casualmente ed io non potevo non annotarlo (non me ne voglia!), ossessionato dalla mancanza di tempo che cerca di distribuire tra le innumerevoli opere commissionate e quelle personali, sempre pieno di progetti (che per scaramanzia è preferibi Uno,nessuno,cento Mina: 100x150 cm tecnica mista su tela le non approfondire). Un artista poliedrico, che si Go Kurt: 60x40 cm acrilici lavorati a firma con il solo cognome spatola, ditate, incisioni su tela per restare in contatto con V 4 Vendetta: 70x100 cm acrilici su tela quelle che sono le sue ori gini.

FOTO LUIGI SCORCIA

Francesco Cisky Gabriele

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Un artista che è prima di tutto un uomo... che ringrazio per quel dono, per quel vasetto di acrilico verde smeraldo, che conservo gelosamente. chiaragasparro@hotmail.com

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Cinquina: 4 tele da 50x50 cm acrilici su tela Il testa test: 80x100 acrilici su tela LìNonC’èPonte: 50x50 cm acrilici su tela



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n una casa di campagna, anche di quelle più recenti, è sempre facile trovare oggetti che, a giudicare dalla polvere che vi si accumula in superficie, risalgono a cinquanta, sessanta anni prima, o anche più: un macinino, un cesto, una falce. Magari appesi in alto, in bella mostra, in segno di gratitudine. In altre situazioni invece, a volte impera l’estetica del “nuovo, maleditte e sùbbete”, col corollario di una necessaria e incondizionata rimozione del “vecchio”, da nascondere il più possibile alla vista (e alla memoria): “il passato lo butto, un taglio netto, me ne frego della storia che rappresenta quell’oggetto.” Eppure, un intero autobus a due piani (sì, quello di Prossima Fermata, progetto dell’Osservatorio Sud) era vecchio, vecchissimo, di trent’anni d’immondizia, praticamente un rottame: e adesso, riciclato, è nuovo. Di nuovo. Anzi: è più nuovo. Perché qui si fa cultura in modo aperto e spregiudicato. Perché qui la gente si raccoglie e si entusiasma sulla scia delle pure emozioni e dei limpidi ricordi di ciascuno e di

Foto Assunta Simone

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di Andrea Bitonto

quando il vecchio è più nuovo del nuovo.

“Tutto, spiegano gli organizzatori, nel segno della convivialità e del vivere civile. La poesia può dunque scendere dalle stanze austere dell’accademia e fare capolino in dimensioni più “terrestri”. (Ignazio Minerva)

Foto Assunta Simone

Prossima Fermata:


Il Sorpasso

Foto Assunta Simone

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Insomma: a ben guardare la Bari di oggi, un progetto vera m e n t e nuovo. tutti - non per fumosi “bisogni culturali”. Perché qui si cercano e si propongono risposte e soluzioni concrete a problemi sociali, ambientali, energetici - non vuoti proclami o inutili convegni di parole, idee di alcuni che non si traducono mai in realtà per tutti. Perché il bus non molla la presa, si porta appresso la sua storia, e con la sua, tutte le altre che gli si sono attaccate dietro lungo i molti, onesti chilometri di servizio pubblico. andreabitonto@yahoo.it

Foto Assunta Simone

Foto Assunta Simone

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“Uno spazio culturale dinamico, e aperto alla città”


Intervista al collettivo di street-art barese a cura di Luigi Scorcia

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Parassita: ospite indesiderato, qualcosa nello stesso tempo dannoso e fastidioso. Non sembra però la descrizione adatta ai Paracity, collettivo di street-art che da un po’ sta colorando la monotonia che spesso pervade le nostre strade. Nulla è risparmiato: cartelli, semafori, cestini...un bel riutilizzo di luoghi irrimediabilmente grigi e spenti. È una simbiosi tra cemento e stencil, tra metropoli e arte. Ma i Paracity diventano anche protagonisti di installazioni presso l’ex Socrate occupato o i giardini dell’Ateneo. Un sintomo di vitalità artistica barese usando un “media” diretto e spiazzante come il murales. Perché vi definite “parassiti”? Perché “approfittiamo” della città per realizzare i nostri lavori. Il nome indica “per la città” perché intendiamo abbellire spazi grigi e tristi con un po’ di colore e poi... chi di noi non è un parassita. Chi sono i vostri Maestri? Sono coloro che ogni giorno parlano con noi e ci insegnano un lato della vita che non conoscevamo. Tutti abbiamo da insegnare qualcosa agli altri, siamo tutti Maestri di Vita. Perché proprio la street-art per esprimervi? Perché è diretta, imprevedibile e fuori da contesti amministrativi. Diffici-

le da contaminare perché non ha vincoli, censure e soprattutto ... è gratis! Vivere a Bari è stato un impulso positivo al vostro lavoro o un ostacolo? Ogni esperienza fatta in questa città ha contribuito ad avere una concezione di vita che si rispecchia nei nostri lavori, tuttavia nascere in una metropoli come Londra o Barcellona avrebbe potuto aprire più velocemente le nostre teste. Evviva Internet. Cosa avete in cantiere? Esposizioni, mostre, eventi? Come disse Caparezza: “Spunto come un fungo, ungo dove giungo”. gigi76@gmail.com


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“Muromania” sbarca a Japigia Il progetto ”Muromania”, appena creato dalla Va circoscrizione e dal sindaco Emiliano, dà la possibilità a chiunque di utilizzare muri comunali e privati per disegnare murales e graffiti. Basterà tesserarsi e chiedere gratuitamente uno spazio dove poter dipingere, scegliendo tra cinque possibili aree: l’arena Giardino, il mercato coperto, la sede della circoscrizione, il torrente Valenzano e via Dogali a Torre a Mare. Tale progetto, nelle intenzioni della circoscrizione, verrà ampliato a tutto il territorio barese, e prevede anche la creazione di un albo di writers.

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Jam Session a cura di Gianluca Cardellicchio

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Festival musicali, specie protetta Puglia Sun importa i festival a rischio estinzione


di Gianluca Cardellicchio

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he sia un momento critico per la cultura è un dato di fatto. I pesanti tagli o i profondi momenti di crisi vissuti dagli Enti locali hanno vessato non poco le amministrazioni, gli assessorati e gli addetti del settore. Per non parlare del venir meno degli sponsor, spesso garanzie inconfutabili per la riuscita di importanti eventi culturali. Il caso più eclatante, forse, il Rototom Sunsplash, il più grande festival europeo di musica reggae, quest’anno emigrato dalle sue sedi storiche (le province di Pordenone e Udine) a Benicasim, in Spagna. Ma nell’emorragia di realtà artistiche importanti, la Puglia sta diventando una sorta di isola felice dello spettacolo. Grazie ad una virtuosa gestione dei fondi europei per la cultura, la rete “Puglia Sun” è stata in grado di annoverare grandi festival che altrimenti sarebbero scompar-

si, come l’Italian Wave Love Festival. Originariamente “Arezzo Wave” (spostatosi poi a Firenze e a Livorno), il festival raccoglie accanto a nomi importanti della musica colta band emergenti e underground di ogni genere grazie alla Fondazione Arezzo Wave che funge da importante trampolino di lancio per band, artisti singoli, dj, vj, ecc. Nell’ambito del festival inoltre

vi sono worskhop, seminari, esposizioni e performance di fumettisti, fotografi, cabaret, letteratura. Questo importante melting pot musical-culturale poteva andar perso del tutto se la Puglia non avesse dato la possibilità di ospitarlo in quel di Lecce, dal 14 al 17 luglio. Molta malinconia tra i musicisti storici di questo evento e gli operatori del settore che vedevano il Wave


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come fiore all’occhiello della toscanità culturale. Ma tutti, a cominciare da Pau (cantante dei Negrita), Petra Magoni e Orla della Bandabardò, nonostante il disappunto iniziale, sono soddisfatti che il festival non si sia perso del tutto e che la Puglia della recente espansione culturale ne diventi la portavoce. A novembre invece si terrà il “MEI - Meeting delle Etichette Indipendenti” nell’ambito del “MEDIMEX - 1° Mediterranean Music Expo” presso la Fiera del Levante di Bari, originariamente tenutosi ogni anno a Faenza.

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La manifestazione ospita una media di 400 artisti tra emergenti e non, nonché operatori del settore delle etichette indipendenti, le cosiddette Indies. Una vetrina importantissima per la musica made in Italy che non ammette etichettature di genere o imposizioni delle grandi major e, per gli stessi motivi dell’Italian Wave, a rischio estinzione. Il Puglia Sun Festival inoltre, sostenuto da Puglia Sounds, unirà quattro festival presso il Parco Gondar di Gallipoli: il Reggae Saturday Green Festival che ogni sabato vedrà avvicendar-

si nomi celebri del Reggae tra cui Anthony B e la Dance Hall Writers; l’Hula Hoop Festival, il 7 e 9 agosto con Mannarino e i Sud Sound System; “Il Grido” tra il 15 e il 18 agosto,

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con live e dj set di musica elettronica fra i quali Paul Kalkbrenner e Miss Kittin; l’attesissimo “Cube Festival” dal 12 al 16 agosto con nomi importanti tra cui Caparezza, Afterhours, Subsonica e dj set dopo ogni concerto. Insomma accanto ai consueti appuntamenti puntualmente rinnovati (basti pensare fra gli altri al “Bari in Jazz”, il prestigioso “Festival della Valle d’Itria”, “Acqua in Testa”, e la seguitissima “Notte della Taranta”), la Puglia delle eccellenze artistiche è stata capace di fare la sua parte nel recupero dei festival a rischio estinzione e di offrire al pubblico e agli addetti del settore un’opportunità unica nel panorama in fieri della cultura musicale del sud Italia. jazzyman@email.it

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Note dall’ Oregon Il live barese di Jonathan Brinkley di Chiara Gasparro e Luigi Bramato

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n incontro casuale. È così che potremmo definire quello avvenuto qualche settimana fa tra «Il Sorpasso» e il cantautore americano Jonathan Brinkley tra i tavolini dell’eKoinè della città vecchia. Poche le notizie a nostra disposizione: John viene dall’Oregon e da sei mesi è in viaggio per l’Europa insieme alla compagna, Jennifer Holm, per promuovere il suo secondo album Everything’s a Phoenix. Lo avviciniamo con curiosità al termine della sua dolcissima esibizione. Una stretta di mano, un invito al tavolo e il ragazzo americano sembra già un vecchio amico. Che ne diresti di partire dal principio? Parlaci del tuo tour Il mio non è un vero e proprio tour. La passione per la musica nasce dall’infanzia ma solo da sei mesi è iniziato il mio lungo “viaggio”, che si snoda non tra piazze e folle oceaniche ma che penetra nel cuore di poche persone. In che modo? Amo portare la mia musica

tra le mura domestiche. Poi quasi per gioco, mi è stato consigliato di iscrivermi ad uno di quei siti di interscambio culturale per rendere eclettica un’esperienza all’inizio solo americana. Le tue note richiamano i classici del cantautorato Per uno come me che ha ascoltato e amato i brani di Paul Simon, Cat Stevens, James Taylor, il vostro è un grande complimento. Puoi anticiparci i temi delle tue canzoni? Sono un sognatore ed un giramondo. I temi nascono dalla vista di un paesaggio, dal profumo di un piatto tipico, da una stretta di mano. E poi l’Amore, che sembra nascere spontaneo dalle corde della mia chitarra. Prossime tappe? Ravenna. Il mondo. Ovunque. Buon viaggio, allora … Grazie e buona fortuna per il vostro progetto. chiaragasparro@hotmail.com luigibramato@virgilio.it


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Everything's a Phoenix 1. Built in a Day 2. Lazy Bones 3. Gresham F104º 4. Sunset 5. Everything’s a Phoenix 6. I Intend to Die 7. Messy 8. Layla 9. Me and My Friends 10. Water Song

11. Butterflies 12. Children of Men 13. Not Hiding Now

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Sono solo… Cantautori Dalla parte sbagliata, il primo disco di Pier Dragone

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di Gianluca Cardellicchio

na scelta coraggiosa quella di voler inseguire le radici di un cantautorato ormai desueto laddove la musica leggera è filtrata da una miriade di produttori che troppo rimaneggiano testi e musiche, rendendo quasi irriconoscibile all’autore stesso il prodotto finale. Pier Dragone, come egli stesso afferma, è cresciuto con Guccini, De Andrè, Dalla, De Gregori e ha composto tutte le tracce e i testi (tranne “Treni a vapore”, una cover di Fiorella Mannoia con Gabriella Schiavone special guest). Oltre a queste altre influenze simili si evincono in tutto l’album: Battiato, Fossati, Vecchioni, Bennato, con una sensazione di pathos e di nostalgia per una ricercatezza

interiore e un intimismo formale, scevro di tecnicismi fini a sé stessi, tra autobiografismo e senso critico per la realtà esteriore. Gli arrangiamenti testimoniano gli studi da chitarrista dell’autore e sono quasi tutti incentrati sull’utilizzo di suoni acustici ed elettrici della chitarra, effettata al punto giusto. Emergono qua e là contrappunti di clarinetto e pianoforte e il disco si sposta su sonorità variegate, dal folk di “Un po’ così” agli echi elettronici di “Silenzio”, momenti leggermente rock come in “Solo una bestia” o “Dalla parte sbagliata”, passando per atmosfere più riflessive come “La pausa” o “La mia paura”, quest’ultima con tutte le carte in regola per diventare una hit radiofonica. jazzyman@email.it



Dal velo all’ altoparlante Cos’è la musica acusmatica? di Nicoletta Panza

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« Quali parole potrebbero designare la distanza che separa i suoni dalla loro origine... Rumore acusmatico si dice di un suono che si ascolta senza scoprirne le cause. Ebbene, questa è la definizione stessa dell’oggetto sonoro ... di cui la testa sarebbe vicino al cielo e i cui piedi toccherebbero il regno dei morti» da Musique animée 1955.

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trano ma vero, è Bari una delle città prescelte per il festival di Arte Acusmatica, un tipo particolare di musica elettronica creata ad hoc per essere ascoltata tramite altoparlanti. Fu Pierre Shaeffer nel 1966 a chiamarla musica acusmatica facendo derivare quest’ultimo da akousmatikoi, la scuola pitagorica i cui discepoli udivano il maestro parlare dietro ad un velo qui sostituito metaforicamente dall’altoparlante. Una musica complessa da ascoltare, comprendere pienamente e produrre. Produrre non è un termine scelto a caso perché tale musica è innanzitutto realizzata su “supporto”. Poi il musicista


Il Sorpasso partendo da registrazioni del suono elabora la sua creazione attraverso procedimenti squisitamente tecnici e, per dirla con Shaeffer, “strumentalmente astratti”. Molti gruppi famosissimi si sono riallacciati alle tendenze acusmatiche: i Beatles in Revolution 9, i Pink Floyd con The Dark Side of the Moon, i Tangerine , i Velvet Underground. Anche la più vicina (ad alcuni di noi!) musica techno, in talune sue varianti, rivendica l’eredità del già citato Shaeffer e di Pierre Henry definito il più

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28 vecchio dj del mondo! Nel 2011 Bari ha ospitato il Festival Silence presso la Cittadella mediterranea della Scienza e, tramite l’acusmonium dell’associazione culturale M.ar.e., i partecipanti hanno avuto l’opportunità, sotto la regia del suono di Girardi e Cicala, di ascoltare una vasta selezione di opere internazionali. Esperienze che nonostante la ricerca spasmodica del suono “esatto” hanno trasportato la mente dell’ascoltatore acerbo nella “situazione musicale” perfetta dove musica elettronica e Natura onirica si uniscono.

nicolettapanza@gmail.com

“Fu Pierre Shaeffer nel 1966 a chiamarla musica acusmatica dalla celebre scuola pitagorica Ακουσματικοι”


Click

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“About a boy”

di Luigi Scorcia

Passioni e Moda di Gaetano Giordano


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Citando le parole di Neil Leifer, “la fotografia non mostra la realtà, mostra l’idea che se ne ha”.

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Nel breve percorso di queste pagine scorreremo l’idea di realtà di Gaetano Giordano, giovane talento bitontino, attraverso il suo tocco colto e raffinato. Nel suo percorso formativo la macchina fotografica si è trasformata da semplice strumento di un’arte tutta da scoprire ad un mezzo per realizzare immagini che esprimono di sé e specchio delle sue speranze, paure, delle sue passioni e utopie. Con la scelta di tale strumento comunicativo incominciano le prime mostre ed i primi riconoscimenti di pubblico e critica, stimoli che lo porteranno ad affinare il suo occhio: inizialmente dalla street-photography delle metropoli europee, in un rigoroso bianco-nero, ad eventi mondani, colorati e movimentati, per poi concentrarsi sulla fotografia concettuale come in Nocturama e nell’effimero autoritratto Transit#. Gaetano inizia a collaborare con l’Atelier 1900, un atelier/ museo della moda “vintage” organizzato


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e competente, dove può dare vita a lavori come subURBIA; questa sinergia gli permette di esporre spesso nel territorio barese, ma anche di essere selezionato per Vogue Fashion’s night out, che si terrà a settembre a Milano. Nelle esposizioni a tema “150 anni nei panni delle donne” ci si immerge in atmosfere che si credevano perdute nel tempo e che avvolgono lo sguardo in un frame lungo un secolo. Nel suo portfolio è possibile trovare moda, ritratti, paesaggi e manipolazioni digitali. Notevoli lavori come About a boy portano a guardare dentro l’Individuo, lasciando che lo sguardo scivoli attraverso i canali della psiche e riuscendo a guardare “oltre”. Nelle post-produzioni ritroviamo le fantasie sterminate ma anche le profonde paure ed ansie che caratterizzano noi tutti. Non una singola realtà quindi come diceva Leifer, ma le idee di realtà. gigi76@gmail.com

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www.gaetanogiordano.com


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Quarta pagina a cura di Giuseppe “Corto” Ceddia

Sfogliando il futuro

Libro ed ebook: le origini di una strana convivenza

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di Leonardo Petrocelli

una media di trecento pagine. E leggerli con gli occhi incollati ad un monitor non è precisamente un inno alla comodità. Si dirà che le piattaforme subiscono una perpetua evoluzione e che sono i tablet tipo iPad ad incarnare oggi il supporto perfetto. Vero, ma costando mezzo

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Foto gianluca cardellicchio

l libro è come il cucchiaio, il martello, la ruota, le forbici. Una volta che li hai inventati non puoi fare di meglio”. Così scriveva Umberto Eco nel suo Non sperate di liberarvi dei libri e l’asserzione è ancora in attesa di smentita perché gli esiti della sfida a due fra il libro ed il suo omologo elettronico, l’ebook, sono tutt’altro che decisi in partenza. Alla prova dei fatti, la carta e l’inchiostro resistono agli assalti informatici, ma per ragioni diverse da quelle comunemente rilevate che vorrebbero il libro un idolo senza tempo da adorare e venerare. In realtà si tratta sempre, in fin dei conti, di un oggetto, nell’ottanta per cento dei casi pieno zeppo di sciocchezze. Peraltro, le suggestioni romantiche poco o nulla hanno a che fare con le strategie del mercato e le evoluzioni della tecnologia. Per rintracciare le ragioni del mancato sorpasso è necessario partire da una constatazione più generale: la tecnologia riesce ad imporre la novità semplicemente perché essa risulta, nella fruizione, più comoda di ciò che intende sostituire. In nome di ciò, Wikipedia ha pensionato l’enciclopedia classica e l’email ha esiliato la vecchia corrispondenza in un immaginario giurassico. Ma il libro fa storia a sé, anche a causa di un’imprevista anomalia: i successi commerciali degli ultimi anni – da Harry Potter alla trilogia di Stieg Larsson, passando per Gomorra – sono mallopponi che viaggiano ad


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stipendio, appare improbabile che il lettore ne faccia un uso disinvolto, portandoseli sotto l’ombrellone a rischio di una fatale ‘sabbiatura’. Il libro, invece, si presta ad essere bistrattato in ogni modo e poi, si sa, non lo ruba nessuno. Partita chiusa? Nemmeno per sogno. Il libro un punto debole ce l’ha ed è la consultazione. La pigrizia dei nostri tempi non incoraggia di certo l’uomo comune a comprare un tomo o a perdere una mattinata per rintracciarlo in biblioteca, qualora di esso serva conoscere un sola riga. Più comodo, per l’utenza media, risulterebbe accedere istantaneamente ad una banca dati universale digitalizzata, piena zeppa di ebooks in tutte le lingue, per trovare ciò che si vuole. Il colosso accentratore Google la sta già preparando e le Biblioteche Nazionali di Roma e Firenze hanno di buon grado concesso i loro testi. Poiché la storia ha spesso un finale già scritto, sappiamo che in breve tempo tutti faranno lo stesso e così l’ebook, cacciato dalla porta, rientrerà dalla finestra informatica, preparandosi a convivere con il suo arcinemico di carta. Il più strano matrimonio dell’era postmoderna si prepara ad essere

celebrato e a benedirlo, come sempre, sarà il mercato. Libro ed ebook: insieme finché morte (dei profitti) non vi separi. leo.petrocelli@libero.it

Dostoevskij e la tradizione di Marco Caratozzolo letto per voi da Giuseppe “Corto” Ceddìa

Tradizione come qualcosa di fluido che sfocia nella reinterpretazione è assunto base del volume, mito inteso come momento interpretativo dunque. L’analisi del realismo dello scrittore russo sfocia nel suo dare vita a un puro simbolismo, da qui la tradizione collega l’autore alla satira menippea, al dialogo socratico, al carnevalesco. La rielaborazione del mito in Dostoevskij assurge a pilastro portante della stessa tradizione che si innesta nella sua opera e non tralascia nulla, fa anzi sue due fonti di ispirazione perenni come il poema omerico e le Sacre Scritture. Mito e sua destrutturazione convergono nel processo di remitologizzazione del romanzo europeo. Il filtro del mito pulisce il realismo e lo avvicina nientemeno che al modernismo, la cultura russa si sazia di modelli che sono stati la base di altrui passati. Dalle similitudini ornitologiche alla tradizione iconografica, dall’archetipo del briccone divino alle riduzioni televisive per lo schermo italiano, il volume copre l’opera dostoevskijana nella sua totalità e la rende viva agli occhi del lettore attuale che scopre la varietà tematica, pedina fondante dell’opera del romanziere russo.

Ci sono notti che non accadono mai

di Cristiano Carriero letto per voi da Italo Cinquepalmi Un romanzo che commuove, diverte e fa riflettere il lettore. Ci sono notti che non accadano mai nasce da una domanda: quanto sono cambiate le relazioni interpersonali negli ultimi vent’anni? Quanto è cambiato il modo di dirsi “Ti amo!” con l’avvento del web? Cristiano Carriero prova a rispondere senza citare esperti di social media e sociologia: lo fa semplicemente, nel modo più naturale possibile, raccontando una storia. Tra la Milano della moda e delle agenzie di pubblicità e la Puglia della giovinezza si incontrano le storie di Edoardo, creativo pubblicitario con la nostalgia della propria terra, e di Gaia, laureanda alle prese con una tesi sulle relazioni umane al tempo dei social network. Tutto intorno l’amore. Quello mitizzato dell’adolescenza, mai abbastanza rimpianto, e quello che avrebbe potuto essere. Quello delle notti d’estate con la turista tedesca, quello incontrato nei viaggi nella peccaminosa Europa dell’Est e, finalmente, quello che ti fa dire “Non l’avevo mai provata prima questa sensazione”. Una storia fatta di tante storie e tanti personaggi. Dedicata a chi ama, ha amato e ama amare. E ricordare.


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L’assenza nella vita, il nulla esistente, la felicità di un attimo di Giuseppe “Corto” Ceddia “Furtiva mano di un fantasma occulto fra le pieghe del buio e del torpore mi scuote, e io mi sveglio, ma nel cuore notturno non trovo gesto o volto. Un antico terrore, che insepolto porto nel petto, come da un trono scende sopra di me senza perdono, mi fa suo servo senza cenno o insulto. E sento la mia vita di repente Legata con un filo di Incosciente A ignota mano diretta nell’ignoto. Sento che niente sono, se non l’ombra Di un volto imperscrutabile nell’ombra: e per assenza esisto, come il vuoto”.

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urtiva mano è il titolo della bellissima poesia di Fernando Pessoa, tratta dal suo Canzoniere, qui nella traduzione di Antonio Tabucchi. Tra sonno e sogno cambia una sola lettera e non è un caso: quante volte la notte una mano ci afferra e ci sveglia e siamo lì, nel buio, a osservare un soffitto che il buio non ci fa vedere. Un desiderio inconscio, un pensiero, l’amore, il lavoro, un fantasma immobile che ci percuote. Siamo intrisi di ricordi, siamo pedine sulla scacchiera della vita e qui, nel mondo, viviamo il nostro (non) essere. Nel dormiveglia stringiamo la mano all’amico immaginario dal nome proprio Ignoto, un patto di non belligeranza ci lega ad esso, un respiro sottile si eleva nel buio. Sono l’ombra dell’ombra e quindi niente o forse tutto. Esistiamo per assenza, viviamo di sottrazione, il vuoto ci colma. Pessoa decise pirandellianamente di essere tanti, scrivendo le sue opere firmandosi con vari pseudonimi, invece in questa poesia sembra non essere nessuno. La molteplicità annulla tutto e sfocia nel nulla. Oggi si esce di casa e si indossa una maschera, poi

un’altra e un’altra ancora, siamo tanti, torniamo a casa e la notte, nel nostro letto, non siamo nulla. Il fantasma occulto (proiezione nostra) ci sveglia ma non c’è il balsamo della visione, niente gesti e niente volti, solo l’illusione (più Montale che Leopardi) che tutto è vano forse, che l’onirico sfonda la porta del reale e, come persona invadente, si siede sul trono del nostro inconscio e ne fa ciò che vuole. “Vivere è fare l’uncinetto con le opinioni degli altri” scrive lo scrittore portoghese ne Il libro dell’inquietudine, zibaldone imprescindibile del Novecento. Prima si vedeva, ora ci si vede mentre si vede e tutto sfuma. Eravamo bambini. Siamo ora uomini. E Pessoa (la P è quella del Portogallo e del suo mare, l’urlo dell’infante e il fado


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avvolgente) scriveva di qualcosa che è viva ogni notte per tutti noi anime sensibili. E tutti noi anime sensibili, affamate di associazionismo, cerchiamo il parallelo del nostro “io” con l’arte, con quello che ci rende felici. Non scrutiamo con attenzione ciò che ci circonda e le persone reali che osserviamo, bensì con immaginativi voli pindarici andiamo alla ricerca del simile nell’arte, del rigo di romanzo, della scena di film, del movimento sul palcoscenico, della nota musicale, che più si sposano al nostro personale e particolare momento sensibile. Scrive l’autore portoghese ne Il Libro dell’inquietudine: “Considero mie, con maggiore consanguineità e intimità, talune figure che sono scritte nei libri, certe immagini che ho conosciuto nelle illustrazioni, più di molte persone che sono considerate reali, che sono fatte di quell’inutilità metafisica chiamata carne ed ossa. E carne ed ossa, infatti, è una perfetta descrizione: sembrano cose fatte a pezzi ed esposte sul banco di marmo di una macelleria, morti che sanguinano come la vita, gambe e cotolette del Destino”. E la carne e le ossa, mi vien da pensare, vanno nutrite come un cucciolo dalla propria madre con il latte dell’arte, con il balsamo dell’apertura mentale. Un conto è restare coi propri pensieri in una stanza, un altro è farli fluttuare in ampie distese metaforiche e fisiche. ordet7768@libero.it

Videosofia

di Valentina De Carlo letto per voi da Elvira Buttiglione Videosofia è un testo edito da una giovanissima casa editrice barese e scritto da una brillante “penna” locale (Valentina De Carlo, giornalista, regista, autrice e presentatrice televisiva). L’autrice si interroga sul rapporto tra filosofia e televisione perché, come afferma uno dei tanti aforismi citati, “questo libro susciterà l’interesse di tutti coloro che pensano che la televisione sia ben altro da un tostapane o da un frigorifero”. Il libro è diviso in varie parti. Nelle prime tre l’autrice esplora il rapporto tra filosofia e Tv sotto vari aspetti (la TV e l’ontologia degli oggetti pop; la filosofia e la “cattiva maestra” TV; il filosofo in TV). Le restanti due sono quelle più filosoficamente complesse e si occupano della questione della tecnica televisuale secondo Martin Heidegger e delle posizioni di altri filosofi contemporanei, come Baudrillard, Paul Virilio e Vilém Flusser che appare, invece, sull’argomento, meno critico e più propositivo, a volte fin troppo ottimista “in direzione di una democratizzazione globalizzante”.

Ernest Hemingway Una vita da romanzo di Linda Wagner-Martin letto per voi da Luigi Bramato

Et alors, Monsieur Hemingway, ça va… canta Paolo Conte alla radio. Sulla scrivania l’immagine ritagliata dello scrittore americano. La pelle è arsa dal sole e la barba ispida e lunga. Sullo sfondo lo scenario notturno di una tenda da campo. È l’Africa, afosa e magica, dei suoi safari. Sfoglio con avidità le pagine di questa biografia scritta dalla professoressa Wagner-Martin. La trovo semplice e dolcissima. La mia fantasia corre lungo i binari di un vecchio sogno. È quello pionieristico della mia prima giovinezza. Dentro c’è tutto quello che un ragazzo potrebbe desiderare: l’immensità degli oceani, il cameratismo militare, i matadores di Madrid e il vino di Pamplona. Più in là le pendici del Kilimagiaro, le struggenti corrispondenze partigiane, i viaggi in Oriente. Fino alla gloria letteraria, ai bistrot parigini e al buen retiro cubano, confortato dai rhum di Havana e ispirato alle storie dei vecchi pescatori del porto. Ah, quale incanto per i nostri vent’anni ha riportato alla luce, cara professoressa Wagner-Martin.



Sfida aperta a Dan Brown

Quell'estate prima della fine del mondo, il romanzo di Enzo Varricchio

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di Leonardo Petrocelli

e una fonte ufficiale comunica una notizia, nessuno ci crede o, comunque, i dubbi sono sempre più delle certezze. Al contrario, di fronte alle suggestioni più inverosimili la predisposizione all’ascolto cresce e la diffidenza cala. Insomma, l’astronave aliena che atterra nel giardino di casa è più credibile della morte di Bin Laden”. Stranezze di un’epoca secolarizzata in cui tutto, quasi per contrappasso, è chiamato ad attraversare le forche caudine dell’occulto e del mistero. E la letteratura non fa eccezione. Per informazioni chiedere a Dan Brown. O, meglio, a Enzo Varricchio – avvocato, saggista, esperto di diritto d’autore, perito estimatore di opere d’arte – nonché autore, per Giuseppe Laterza Ed., del romanzo Quell’estate della fine del mondo. Un titolo che occhieggia ai deliri apocalittici di questi anni bui, nascondendo sapientemente ciò che in realtà si dispiega fra le pagine: una complessità, una densità e una raffinatezza ormai del tutto inusuali per un filone letterario adagiatosi sui ritmi della mediocrità americana. Varricchio, ci introduce nel romanzo? “La storia possiede una chiave d’ingresso e una di uscita. Entrambe conducono ad una località marittima salentina, ove uno scienziato, da tempo in rapporti con una setta esoterica, viene rinvenuto cadavere. Come nella migliore tradizione, c’è un qualcosa di perduto che bisogna recuperare e un delitto da risolvere. Se ne occuperà un pool di investigatori coadiuvato da un esperto d’arte. Inutile dire che la parte più interessante è il viaggio fra i due estremi della storia”.

Quell’estate prima della fine del mondo Edizioni Giuseppe Laterza, pp. 495, euro 20.00

Un viaggio cui la Puglia farà da sfondo... “Una certa Puglia, per essere esatti. Quella dei ‘diamanti’, cioè delle sfumature sconosciute di alcuni suoi luoghi: Ostuni, Mottola, Soleto, Sovereto. Realtà familiari di cui il lettore potrà apprezzare numerosi riflessi ignoti”. É possibile imprigionare tutto questo in una definizione?


Il Sorpasso Obiettivo

Generazionale

“Come struttura narrativa parliamo certamente di un thriller esoterico. Ma, in realtà, nasconde una volontà parodistica e volutamente ironica perché il genere in questione è fin troppo di moda. Da Il codice Da Vinci in poi, infatti, tutto il filone è rimasto intrappolato in uno schema da azione pura. Ci possiamo accontentare?” Certamente no, ma come rispondiamo? “Personalmente, mi piacerebbe contribuire a creare un genere nuovo che restauri la centralità della narrativa europea. Non suggerisco di ritornare all’Ottocento, ma dobbiamo smettere di imitare (male) gli altri e ricominciare a far leva sulla nostra cultura millenaria. La mia è una polemica, seppur indiretta e a distanza, con autori come Brown e Coehlo che non entrano mai nello specifico”. Lei, invece, non esita... “Sì. Affronto ogni aspetto in modo analitico senza temere di risultare Enzo Varricchio (Bari 1964) è avvocato ed esperto di diritpesante perché la base del roman- to d’autore e beni culturali. È presidente del Centro Studi di Diritto delle Arti, del Turismo e del Paesaggio. zo è leggerissima, gradevole, ironica. Dunque, spazio alle riflessioni sul Cristianesimo e sulle sue origini, sulla storia occulta, sul confuso rapPresentazione porto tra fiction e realtà, sull’ipocrisia della scienza, sui poteri forti, sulla 25 luglio 2011 giustizia, sul desiderio di immortalità c/o Palazzo della Provincia dell’uomo. Un’aspirazione, quest’ultidi Bari ma, non più tanto chimerica. Sono ore 20.00 digressioni che, peraltro, permettono di interessare un pubblico vasto, Interverranno appassionato di questo o quell’altro prof. Francesco Schittulli argomento”. dr. Benny Campobasso E la fine del mondo? “Sinceramente penso sia abbondanManlio Triggiani temente avvenuta, nel senso che il Roberto Stefanelli peggio lo abbiamo già rischiato. Ora, Moderatore forse, è tempo di risalire la china”. Pietro Giulio Pantaleo Conclusioni Giuseppe Laterza

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Cartoline da... Sotto le stelle del cinema di Vittorio Morisco

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«Ma dici a me? Ma dici a me? … Ma dici a me? Ehi, con chi stai parlando? Dici a me? Non ci sono che io qui». No, Travis Bickle / Robert De Niro, non ci sei solo tu qui. Siamo almeno un centinaio a Piazza Maggiore a guardarti. A guardare te, la tua psicopatologia, la tua solitudine, la tua sete di giustizia in una New York cupa, notturna, sordida, che sta uscendo dal trauma della guerra in Vietnam. La tua voce risuona rauca e iraconda nei confronti del resto del mondo che non ti capisce, tra la basilica di San Petronio e Palazzo D’Accursio, lambendo il Nettuno che sembra sbirciare il film sottecchi. Perché Bologna è come se costringesse un po’ a sognare. Una piazza che è il ritrovo della città dove i vecchietti bisticciano sulla politica, dove i ragazzi si ritrovano a discutere quasi tutti i giorni, ora sulla TAV, ora su quello che succede in Grecia, s e d u t i per terra, passandosi il microfono. Piazza Maggiore fino al 30 luglio sarà ogni sera un cinema all’aperto. “Sotto le stelle del cinema”, questo il titolo della manifestazione che offre alcune delle pietre miliari della settima arte, come “Taxi driver” e molti altri. E mentre Travis Bickle guida il suo taxi in una New York disperata ci sali anche tu e inizi a percorrere gli angoli di Bologna. Quelli che ti hanno segnato. Quelli che ti hanno colpito. Via Mascarella e le sue librerie aperte fino a tardi; Cavaticcio con la sua spiaggia metropolitana fatta di erba e di un pezzo di Reno riportato in superficie; piazza San Francesco con i suoi locali dall’umanità varia. Perché a Bologna la soli


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tudine è bandita. “La città che con voce ostinata / vicino al tuo orecchio sussurra … non disperare”, recita la poesia di Roberto Roversi. All’improvviso, in modo dissacrante, ti scopri a pensare sorridendo che qui Trevis Bickle si sarebbe fatto la cresta e invece della sparatoria finale del film, sarebbe andato tra i punk che si ritrovano a piazza Verdi. Bologna la solitudine è bandita. “La città che con voce ostinata / vicino al tuo orecchio sussurra … non disperare”, recita la poesia di Roberto Roversi. All’improvviso, in modo dissacrante, ti scopri a pensare sorridendo che qui Trevis Bickle si sarebbe fatto la cresta e invece della sparatoria finale del film, sarebbe andato tra i punk che si ritrovano a piazza Verdi. moriscovittorio@libero.it

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Un sogno romantico di Pasquale Miccoli

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uella vecchia moto rimessa a punto rappresentava il viaggio di due amici. Lo zaino sulla spalla e all’interno poche cose, poche letture. La loro avventura stava per cominciare. La Poderosa correva avvolta nella terra rossa di un Sud America arido. Il Cile con le sue Ande si presentava agli occhi di Ernesto stretto e roccioso, come le curve sinuose di una donna. Ancora su, correndo e risalendo per “terre mai viste e così tanto diverse tra loro” diceva Alberto. Ma Ernesto rimaneva. Iniziava a capire qualcosa, ad intravedere la vera esperienza di quel viaggio. Per il giovane medico argentino quei paesi non erano tanto diversi tra loro. I visi degli uomini e delle donne che si lasciavano alle spalle avevano gli stessi solchi. Uomini schiavi della povertà e donne costrette alla rassegnazione. Ernesto si fermava ad osservare gli occhi tristi dei bambini pur racchiusi nella gioia di un sorriso. Il viaggio lo portava verso il nord e lì si sarebbe fermato. Lì sarebbe finita quella pazzia iniziata al “galoppo di una sella”. Sarebbe finita sì, ma al galoppo di un cavallo entrando a Santa Clara diversi anni dopo. Ma questo Ernesto ancora non poteva saperlo. L’Argentina era lontana e la Poderosa li aveva abbandonati. Ernesto riprendeva il cammino. Questa volta da solo. Arrivò a Cuba a bordo di una vecchia barca. Impetuosamente e lealmente Ernesto cercò la sua strada e visse sognando. Nutrì la sua mente di speranze, educò i suoi figli all’amore. Fu anch’egli uomo con i suoi errori e i suoi rimorsi; ma lo fu ancor di più perché seppe vivere da uomo osando sempre senza mai risparmiarsi un sol filo di fiato. Fece della sua vita l’azione più romantica. Cercò di regalare a quei bambini un sorriso per cui essere davvero felici. Cercò di creare un sogno di libertà nei cuori di quegli uomini schiavi della propria condizione. Decise di ripartire in silenzio. Per trentuno anni nessuno seppe nulla di lui e l’ultima volta fu visto da alcuni contadini boliviani ad Higueras seduto a scrivere con un sigaro tra i denti e il basco in testa lungo la riva di un fiume. Quando ricomparve, solo allora capimmo “… bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza”.

m.pasquale84@hotmail.it


“...quando sogno dietro a frasi di canzoni, dietro a libri e ad aquiloni, dietro a ciò che non sarà...” (Francesco Guccini)

... ci vediamo a settembre


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