Il miracolo della Santa Casa di Loreto, di Federico Catani

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Il Miracolo della Santa Casa di Loreto


Federico Catani, nato a Jesi (Ancona) nel 1986, laureato in Scienze Politiche presso la LUISS “Guido Carli” (Roma) e in Scienze Religiose presso la Pontificia Università della Santa Croce (Roma), è stato docente di religione cattolica nelle scuole statali. Giornalista pubblicista, collabora con diverse riviste e blog del mondo cattolico. È direttore responsabile di Spunti, dell’Associazione Luci sull’Est.

Ringrazio il prof. Giorgio Nicolini per i preziosi consigli e le informazioni fornite. Un ringraziamento speciale va anche a Nestor Fonseca per il suo aiuto materiale e spirituale, senza il quale questo libro non sarebbe stato possibile.

Copertina: Traslazione della Santa Casa. Francesco Foschi. Sec. XVIII Museo Antico Tesoro della Santa Casa, Loreto. Fotografie e Progetto grafico: Felipe Barandiarán Associazione Luci sull’Est Via Savoia, 80 – 00198 Roma Tel.: 06 85 35 21 64 - www.lucisullest.it E-mail: segreteria@lucisullest.it Stampa: Everprint srl Via G. Rossa n°3 - 20061 Carugate (Milano) © Associazione Luci sull’Est - Tutti i diritti riservati.


Federico Catani

Il Miracolo della Santa Casa di Loreto

Luci sull’Est



Il presente lavoro è offerto in segno di gratitudine alla Madonna e soprattutto in riparazione per i peccati commessi contro i suoi privilegi, nello spirito di quanto raccomandato da Lei stessa a Fatima.


Annunciazione. Federico Barocci, cappella dei Duchi di Urbino Basilica di Loreto


In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei. (Vangelo di San Luca 1,26-38)


Introduzione – Tutto ebbe inizio da qui...

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Capitolo I – Com‘è fatta la Santa Casa?

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1.1 1.2 1.3 1.4 1.5

Ma è davvero la casa della Madonna? I baci alle pareti e il giro della Casa in ginocchio Perché la Madonna è nera? Com’è arredata la Santa Casa? Dove fu celebrata la prima Messa?

19 32 35 38 39

1.6 La Casa dei miracoli 40

Indice

Capitolo II – La Casa portata dagli Angeli 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7 2.8 2.9

Le traslazioni storicamente accertate Il triplice miracolo nella prima Traslazione Le due tavolette antiche Prima tappa: Tersatto Seconda tappa: Ancona Terza tappa: la selva della signora Loreta Quarta tappa: il campo di due fratelli Quinta tappa: la pubblica strada Alcune precisazioni

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2.10 Gli angeli o… la famiglia Angeli?

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2.11 La misteriosa notte tra il 9 e il 10 dicembre…

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Capitolo III – Dove è nata la Madonna?

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Capitolo IV – La Chiesa non ha dubbi

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4.1 La festa della Traslazione della Santa Casa 4.2 Le Litanie Lauretane 4.3 La voce dei Sommi Pontefici

81 83 85

4.4 La presenza dei santi

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Capitolo V – Loreto, baluardo dell‘Europa cristiana contro l‘Islam

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5.1 La battaglia di Lepanto (1571) 5.2 La battaglia di Vienna (1683)

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5.3 La difesa eroica dello Stato Pontificio

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Capitolo VI – Dove i grandi si fecero pellegrini

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Appendice – Loreto, il santuario dei “princìpi non negoziabili”

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Bibliografia 137



Introduzione

Tutto ebbe inizio da qui... Il 15 agosto 1993, nella Lettera inviata in occasione del VII centenario del Santuario della Santa Casa di Loreto, Papa Giovanni Paolo II lo definì il «primo Santuario di portata internazionale dedicato alla Vergine e, per diversi secoli, vero cuore mariano della Cristianità»1. In effetti quello di Loreto non è un tempio come tanti altri. E non solo perché è stato a lungo il più importante centro di devozione mariana d’Italia e d’Europa, ma soprattutto per la preziosa reliquia che ospita e per il modo in cui è giunta nella località marchigiana. La Santa Casa di Loreto è il luogo in cui – come detto in una splendida omelia di San Bernardo2 – ebbe inizio la Redenzione dell’umanità. È l’umilissima cella in cui av1 Cfr. Lettera di Giovanni Paolo II a monsignor Pasquale Macchi per il VII centenario del santuario della Santa Casa di Loreto, 15 agosto 1993, in https://w2.vatican. va/content/john-paul-ii/it/letters/1993/documents/hf_jp-ii_let_19930815_monsmacchi.html. 2

“Hai udito, Vergine, che concepirai e partorirai un figlio; hai udito che questo avverrà non per opera di un uomo, ma per opera dello Spirito Santo. L’angelo aspetta la risposta; deve fare ritorno a Dio che l’ha inviato. Aspettiamo, o Signora, una parola di compassione anche noi, noi oppressi miseramente da una sentenza di dannazione. Ecco che ti viene offerto il prezzo della nostra salvezza: se tu acconsenti, saremo subito liberati. Noi tutti fummo creati nel Verbo eterno di Dio, ma ora siamo soggetti alla morte: per la tua breve risposta dobbiamo essere rinnovati e richiamati in vita. Te ne supplica in pianto, Vergine pia, Adamo esule dal paradiso con la sua misera discendenza; te ne supplicano Abramo e David; te ne supplicano insistentemente i santi patriarchi che sono i tuoi antenati, i quali abitano anch’essi nella regione tenebrosa della morte. Tutto il mondo è in attesa, prostrato alle tue ginocchia: dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, la redenzione dei prigionieri, la liberazione dei condannati, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutto il genere umano.” Cf. Omelie sulla Madonna di San Bernardo, abate, Om. 4, 8-9; Opera omnia, ed. Cisterc. 4, 1966, 53-54.


venne il fatto più importante della storia: l’Annunciazione della Beata Vergine Maria e la conseguente Incarnazione del Verbo divino. Tra le pareti che un tempo furono a Nazareth, sperduto e misero villaggio della Palestina settentrionale, Dio si fece uomo per salvare gli uomini dal peccato, l’Eterno entrò nel tempo per restaurare l’universo ferito dalla colpa d’origine. E il tutto avvenne grazie alla cooperazione di una donna che, con il suo “Sì”, il suo “Fiat”,


La Sacra Famiglia nella casa di Nazareth. Affresco di Modesto Faustini. Cappella spagnola, Basilica di Loreto

cambiò per sempre il corso degli eventi, contribuendo anch’Ella in maniera tutta speciale, quale Corredentrice, al riscatto del mondo. Quella povera dimora, dove avvenne anche il concepimento immacolato e la nascita di Maria Santissima – apparteneva infatti ai suoi genitori Gioacchino ed Anna – venne scelta come dimora comune dalla Sempre Vergine e dal suo sposo San Giuseppe proprio per la santità che emanava e


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perché fu lì che avvenne l’Incarnazione. Pertanto, in quella casa visse la Santa Famiglia e lì crebbe, venne educato e lavorò Gesù sino all’inizio della sua vita pubblica. Le pareti che oggi si trovano a Loreto hanno visto quotidianamente e per lunghi anni i santi volti di Gesù, Maria e Giuseppe, hanno ascoltato le loro voci, i loro respiri, le loro preghiere, sono state toccate dalle loro mani, restando impregnate di santità e divinità, tanto da essere già su questa terra un anticipo di Paradiso. Tra quelle mura è morto San Giuseppe, fra le braccia di suo Figlio e della sua santissima Sposa. In quella Casa è stato celebrato dagli Apostoli il Santo Sacrificio della Messa, dove Cristo si rese nuovamente presente nell’Eucaristia, così come anni prima, proprio nel medesimo luogo, era divenuto uomo nel grembo della sua santissima Madre, dopo l’annuncio dell’arcangelo Gabriele. L’Italia ha la grazia straordinaria di ospitare sul suo territorio una così insigne reliquia, che secondo la tradizione della Chiesa – e l’avallo di innumerevoli studi storici, archeologici e scientifici – è stata miracolosamente “traslata” nel territorio di Loreto, per il “ministero angelico”. Un fatto così eclatante merita di essere conosciuto o riscoperto. Molte volte infatti capita di dare per scontato o di non tenere in giusto conto ciò che si ha a portata di mano. E invece non va mai dimenticato che nulla ci è dovuto: il dono della Santa Casa va fatto fruttificare e deve essere usato per aiutare tutti ad orientarsi verso il cammino della santità. Il primo passo da fare è pertanto quello di conoscere, per meglio amare. Per conoscere, ovviamente, bisogna attingere solo a fatti, eventi e dati certi, sicuri e perfettamente documentati. Ed è proprio questo che il presente lavoro cerca di fare.


Capitolo I

Com’è fatta la Santa Casa? La storia di Loreto inizia a Nazareth, dove Maria Santissima ricevette la salutazione angelica. Nella Palestina di quel tempo, le abitazioni della gente umile solitamente erano formate da tre pareti addossate ad una grotta, che costituiva una stanza a parte. Non è certo da escludere che vi potessero essere altri piccoli locali e un cortile esterno. Ad ogni modo, la stanza principale era quella addossata alla grotta. Questo ovviamente valeva anche per la dimora della Santa Famiglia di Nazareth: una famiglia che – sia detto per inciso – pur non essendo tanto miserevole come certo cattolicesimo pauperista ama dire, era comunque umile e austera, nonostante appartenesse alla stirpe regale di Davide. Come è noto, la cella dove avvenne l’Incarnazione del Verbo di Dio per mezzo del “Sì” pronunciato dalla Madonna si trasformò in luogo di culto e meta di pellegrinaggi sin dalle origini del Cristianesimo. In pratica fu venerata sin da quando Maria Santissima era ancora su questa terra. Chiaramente nel corso del tempo, si cercò di rendere l’ambiente più adatto ad accogliere l’enorme afflusso di fedeli. Infatti, man mano la cappella venne inglobata in una struttura più grande, che, da una chiesa sinagogale di epoca costantiniana, nel tempo passò ad essere una basilica, dapprima di costruzione bizantina e poi crociata. Lungo questo periodo capitò senz’altro che i devoti pellegrini (ma anche ladri e simoniaci) asportassero alcune pietre o frammenti di esse da quelle sacre mura, sicché i custodi dovettero rimediare aggiungendo nuovo materiale in alcuni


Grotta di Nazareth, Basilica dell’Annunciazione. Le abitazioni comuni solitamente erano formate da tre pareti addossate ad una grotta, che costituiva una stanza a parte. Non è da escludere che vi potessero essere altri piccoli locali e un cortile esterno.


Com’è fatta la Santa Casa? 19 punti. Insomma, l’edificio subì qualche piccola trasformazione, funzionale peraltro alla sua miglior conservazione. Ed è in effetti un dato certo e innegabile che per secoli la dimora della Sempre Vergine fu preservata da ogni pericolo. Anche nel 1263, quando gli eserciti islamici rasero al suolo la basilica dell’Annunciazione, la Santa Casa – che si trovava al di sotto di questa – venne risparmiata. La presenza dei crociati in Palestina, dove difendevano i Luoghi Santi, ebbe fine nel maggio del 1291, con la conquista musulmana dell’ultima roccaforte cristiana, San Giovanni d’Acri. Ma pochi giorni prima della definitiva disfatta dell’esercito crociato, la cella della Santissima Annunziata sparì da Nazareth, del tutto inspiegabilmente. E tutti i pellegrini che giunsero sul luogo dopo quella data confermarono di aver visto solo la grotta, ma non le tre pareti.

1.1 Ma è davvero la casa della Madonna? Nel corso dei secoli – cominciando dai protestanti, cui seguirono gli illuministi – non sono mancate le voci critiche che hanno messo in dubbio l’autenticità della Santa Casa di Loreto. Il pensiero razionalista e materialista da sempre cerca di confutare tutto ciò che appare sacro e miracoloso, perché non accetta l’esistenza di qualcosa o, meglio, di Qualcuno, che trascende e supera il mondo terreno. In poche parole, non vuole riconoscere l’irruzione del soprannaturale nella storia. Eppure, anche per la Santa Casa di Loreto, le prove non mancano e la maggior parte di queste sono frutto della ricerca tecnico-scientifica. Fermo restando che quanti si ostinano a non credere troveranno sempre un motivo a giustificazione della loro fallace opinione, a Loreto è sotto gli occhi di tutti un miracolo permanente. Prendiamo ora in esame alcuni elementi gra-


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zie ai quali è possibile affermare con ragionevolezza che sì, quelle che si trovano nel santuario marchigiano sono proprio le pareti, integre ed intatte, tra le quali visse la Santa Famiglia di Nazareth e che vennero miracolosamente trasportate in Italia. • Una costruzione senza fondamenta? Di fronte alle caratteristiche della Santa Casa, non si può non restare meravigliati per questo miracolo che perdura da oltre sette secoli. Pertanto, non si tratta nemmeno di “credere”, ma semplicemente di constatare. Spetta dunque ai critici l’onere di provare la loro posizione. 1) Assunto che dal punto di vista tecnico-edilizio, gli studi hanno confermato che l’edificio non ha subìto alcuna variazione sostanziale nel corso del tempo3, va innanzi tutto sottolineato un dato molto curioso Le tre pareti della Santa Casa non hanno fondamenta proprie e sono collocate sulla nuda terra, per giunta su un terreno irregolare, non allo stesso livello, perché una parte è sospesa sul vuoto di un fosso. Il che è assolutamente inconcepibile per qualsiasi costruzione, seppure rudimentale, eccezion fatta per edifici – come quelli palestinesi dell’epoca di Gesù – che, stando addossati ad una grotta, avevano come fondamenta la viva roccia. Ma se una casa (o un luogo di culto) viene costruita ex novo, come hanno sempre insinuato i critici di Loreto, perché mai edificarla senza fondamenta e oltretutto sporgente su un fosso? In aggiunta, durante i vari scavi archeologici è stato anche scoperto un cespuglio d’erba, con una parte schiacciata da una parete della casa4, e con l’altra sporgente da sotto la 3

Per una visione complessiva sugli scavi archeologici e sulla struttura edilizia della Santa Casa cfr. G. SANTARELLI, La Santa Casa di Loreto, Edizioni Santa Casa, Loreto 20145, pp. 95 e ss.

4 Cfr. G. NICOLINI in Nuovi studi confermano l’autenticità della Santa Casa di Maria a Loreto, Agenzia Internazionale Zenit, Roma 28 marzo 2006.



Le pareti sono formate da un tipo di pietre e di calcina inesistenti nelle Marche. Si tratta di uno stile di costruzione e di materiale tipici della Terra Santa. Su diverse pietre poi sono incisi dei graffiti di chiara provenienza giudeo-cristiana.


Graffito con scrittura sincopata in greco dove si legge Iesous Christos Theou Yios (Gesù Cristo Figlio di Dio). Si possono anche identificare due lettere ebraiche (lamed e waw).

Graffito che rappresenta una croce semicosmica, simbolo giudeo-cristiano del Pleroma e del Kenoma, ossia un segno della pienezza e dell’imperfezione, del Cielo e della Terra.


Le tre pareti della Santa Casa non hanno fondamenta proprie e sono collocate sulla nuda terra, per giunta su un terreno irregolare, non allo stesso livello, perché una parte è sospesa sul vuoto di un fosso.

medesima parete, proprio come se le mura siano state calate e appoggiate dall’alto, su un terreno polveroso e non pulito da alcuno prima della loro collocazione. Quale costruttore lavorerebbe così? Solo in un tempo successivo, per paura che la reliquia potesse crollare o comunque potesse venire danneggiata, gli abitanti di Recanati – nel cui territorio era giunta in ultimo la Santa Casa – posero delle sottofondazioni e attorno alle pareti il cosiddetto “muro dei recanatesi” (che però, come si vedrà tra poco, è situato a una certa distanza dalle sacre pareti). Interventi, questi, che si spiegano solo riconoscendo la preziosità di un edificio, apparentemente così povero e insignificante, e che tuttavia lasciano aperta una domanda di fondo: se davvero si fosse trattato di un’operazione umana,


Com’è fatta la Santa Casa? 25 magari volta a far credere che quella era una insigne reliquia per poi lucrare denaro e ingannare il popolo, per quale motivo questi lavori, peraltro più impegnativi e costosi di semplici fondamenta, non si fecero sin da subito? 2) Altro dato rilevante. Le stesse pareti sono situate su quella che all’epoca dei fatti era una pubblica strada del comune di Recanati, un luogo, cioè, di transito e sul quale era proibito costruire, per ovvi motivi, come dimostrano bene le ricerche dell’ingegnere Nanni Monelli5. Le norme comunali prevedevano la demolizione di eventuali strutture ivi edificate senza permesso. Ebbene, per la Santa Casa ciò non avvenne, evidentemente a causa della sua sacralità e del modo miracoloso con cui era giunta, come riconobbe la collettività sin da subito. Per di più, considerando che nel XIII secolo gli spazi pubblici dove edificare – sia di proprietà comunale, sia di proprietà ecclesiastica – non mancavano, non si comprende per quale motivo l’autorità civile avrebbe dovuto impiegare tante risorse per aprire un nuovo tronco di strada a sostituzione e compensazione del tratto occupato dalla Santa Casa. Se l’intera operazione della traslazione e dell’edificazione della stessa fosse stata opera umana, e se addirittura si fosse trattato di costruire una cappella spacciandola per la dimora nazaretana, i recanatesi non avrebbero potuto eseguire il tutto utilizzando uno spazio più idoneo? Anche perché sarebbe bastato collocare l’edificio a soli 200 metri di distanza verso ovest, su uno dei due dossi che affiancavano la stessa strada. 3) Ma non finisce qui. Come sempre è stato direttamente verificato dagli scavi archeologici nel corso dei secoli (gli ultimi risalgono agli anni 1962-1965), il perimetro della Santa Casa di Loreto coincide perfettamente con quello 5

Cfr. N. MONELLI, La Santa Casa a Loreto – La Santa Casa a Nazareth, Edizioni Santa Casa, Loreto 1997². Cfr. anche G.M. PACE, Miracolosa Traslazione a Loreto della dimora della Santissima Annunziata, Priorato Madonna di Loreto, Rimini, pp. 22-23.


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dell’antica abitazione di Nazareth, dove attualmente restano le fondamenta, seppure molto semplici, dalle quali sembra che le pareti siano state come divelte. Fatto ancor più straordinario e comprovante è che persino a Tersatto (Croazia), come si vedrà più avanti, il luogo dove per circa tre anni e mezzo rimase la Santa Casa prima di raggiungere Loreto misura esattamente lo stesso perimetro. Mera coincidenza o attestazione dell’autenticità della dimora della Santa Famiglia di Nazareth? 4) E non si può poi tralasciare che la disposizione della porta originale e della finestra è inconcepibile per un tempietto edificato appositamente in quel preciso luogo di Loreto. La porta infatti si trova sul lato lungo (e non su quello corto come in tutte le chiese) e la finestra, posizionata a ovest, non è funzionale alla ricezione di un’adeguata illuminazione pomeridiana, in contrasto con quanto avveniva invece in territorio marchigiano. Queste anomalie si spiegano solo se idealmente la casa viene ricollocata nella sua posizione originaria, davanti alla grotta di Nazareth. 5) In aggiunta, è senza dubbio di grande aiuto la verifica del materiale con cui è costruita la Santa Casa. Le pareti sono formate da un tipo di pietre e di calcina inesistenti nelle Marche. Si tratta di uno stile di costruzione e di materiale tipico della Terra Santa. Gli studi lo hanno sempre confermato senza lasciar spazio a dubbi. La presenza di alcuni mattoni non originali si spiega con il loro utilizzo, introdotto in epoca tardo-bizantina, per restauri o adattamenti resisi necessari soprattutto a causa dell’enorme afflusso di pellegrini: si sarebbe quindi trattato di interventi precedenti la miracolosa traslazione. Anche la presenza del legno di cedro conferma la provenienza dalla zona di Nazareth, vicino alle colline meridionali del Libano, noto per quel tipo di alberi. 6) Su diverse pietre poi sono incisi dei graffiti di chiara provenienza giudeo-cristiana, assolutamente estranei all’am-


Com’è fatta la Santa Casa? 27 biente e alla storia marchigiani6: evidentemente i pellegrini sin dalle origini hanno visitato con devozione quel luogo così sacro e carico di significato, lasciando un attestato della loro fede con questi piccoli segni. Va rilevato peraltro che alcuni graffiti sembrano collocati in posizione inversa a come dovrebbero essere, il che si può spiegare con i lavori di chiusura della porta originale avvenuti nel 1531-1535. Le pietre tolte per fare le due nuove aperture, sono state utilizzate per murare quella vecchia e i muratori possono aver inserito per sbaglio le pietre al contrario. 7) Infine, lasciamo la parola agli architetti che hanno studiato la Santa Casa. Già Giuseppe Sacconi, direttore dei restauri della basilica lauretana dal 1884 al 1905, constatò che «la Santa Casa sta parte appoggiata sopra l’estremità di un’antica strada e parte sospesa sopra il fosso attiguo»7, ragion per cui non può essere stata fabbricata o rifabbricata come è, nel posto in cui si trova. Federico Mannucci, a seguito di studi e ricognizioni commissionate dall’autorità ecclesiastica, in una relazione del 1922 constatò che «il muro della S. Casa ha termine a pochi centimetri sotto il pavimento e che il terreno sul quale poggia è disciolto»; inoltre «in alcuni punti si è trovato quasi completamente isolato dal terreno sottostante». Pertanto, nella lettera inviata quello stesso anno all’allora vescovo di Loreto e Recanati, mons. Alfonso Maria Andreoli, arrivò alle seguenti conclusioni: «I muri della S. Casa, quantunque di rozza apparenza, sono di una perfetta costruzione a file orizzontali di pietra. La loro fattura esige necessariamente un fondamento che ne assicuri il solido appoggio, o 6 Per maggiori informazioni, cfr. G. SANTARELLI, I graffiti della Santa Casa di Loreto, Edizioni Santa Casa, Loreto 2010. Cfr. anche G. SANTARELLI, La Santa Casa di Loreto, cit., pp. 139 e ss. 7 Cit. in G. NICOLINI, Alcune “prove” storiche, archeologiche e scientifiche comprovanti “la verità” delle miracolose traslazioni della Santa Casa di Nazareth a Loreto, in Il segno del soprannaturale n. 210, dicembre 2005, p. 18.


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almeno una preparazione del terreno per rendere possibile la struttura speciale a strati orizzontali. Al contrario i muri della S. Casa non hanno alcun fondamento né preparazione alcuna del terreno sottostante, che si presenta invece completamente disciolto e polveroso. Si può quindi certamente concludere che la costruzione della S. Casa non può essere fatta nel luogo dove si trova. […] È assurdo solo pensare che il sacello possa essere stato trasportato con mezzi meccanici; rimane quindi pienamente confermata la prodigiosa traslazione, come ne fanno fede i documenti storici, la tradizione secolare e il consenso ininterrotto della Chiesa. Concludo poi col rilevare che è sorprendente e straordinario il fatto che l’edificio della Santa Casa, pur non avendo alcun fondamento, situato sopra un terreno di nessuna consistenza e disciolto e sovraccaricato, seppure parzialmente, del peso della volta costruitavi in luogo del tetto, si conservi inalterato, senza il minimo cedimento e senza una benché minima lesione sui muri»8. Si tratta di dati che nessuno finora è mai riuscito a smentire e che anzi sono stati pienamente confermati dagli scavi del 1962-1965. • Alcuni, tra gli innumerevoli, eventi miracolosi 1) Poiché le pareti della Santa Casa poggiavano direttamente a terra, senza fondamenta, per paura che crollassero, i recanatesi posero delle sottofondazioni e decisero di circondarle con un muro di sostegno, il cosiddetto “muro dei recanatesi”. Tuttavia, avvenne un fatto eccezionale: al termine dell’opera, il suddetto muro appena costruito si distaccò dalle sacre pareti, tant’è che – come racconta il padre Raffaele Riera9 – un fanciullo poteva tranquillamen8 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, Edizioni Paoline, Catania 1962, pp. 116 e ss. 9

Padre Raffaele Riera, gesuita e penitenziere a Loreto dal 1554 al 1582, autore della Historia Domus Lauretanae Liber singularis (1565 circa). Cfr. G. SANTARELLI, La Santa Casa di Loreto, cit., p. 16.


Il rivestimento marmoreo della Santa Casa. Disegnato da Donato Bramante su commissione di papa Giulio II, venne affidato da papa Leone X ad Andrea Sansovino, cui successero Raniero Nerucci e Antonio da Sangallo il Giovane.

te passarvi in mezzo e, con l’ausilio di una candela accesa, mostrare alla gente la verità del miracolo. Si trattò di un fenomeno constatato pure dall’architetto Raniero Nerucci durante l’edificazione dell’imponente rivestimento marmoreo ai tempi di Papa Clemente VII. Ancora oggi la distanza tra questo e le sacre pareti è di 112 millimetri: in tal modo la Santa Vergine sembra voler dimostrare che non necessita dell’ausilio umano per mantenere in piedi la sua dimora10. 2) C’è poi la questione delle aperture della Santa Casa. Originariamente l’unico punto in cui si poteva 10 Cfr. G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 100.


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entrare o uscire era in mezzo alla parete settentrionale, di fronte alla quale si trovava l’altare (poi spostato nella parte orientale). Visti però i problemi sorti per un agevole deflusso dei numerosissimi pellegrini che visitavano devotamente la sacra reliquia, nel XVI secolo i papi Giulio II e Leone X stabilirono che doveva essere chiusa quell’apertura per aprirne altre due. Considerate le proteste dei fedeli, contrari a quella che ritenevano essere una profanazione, al tempo di papa Clemente VII si decise di eseguire i lavori di notte. Così descrive i fatti il già citato Riera: «L’architetto [Raniero Nerucci n.d.a.], accompagnato da alcuni operai scelti, entrò nella Santa Casa per eseguire gli ordini ricevuti. Con un punteruolo traccia, nella sede voluta, le dimensioni di altezza e larghezza delle porte da aprire, poi, preso, un martello, colpisce fortemente il muro dicendo ai suoi uomini: sfondate qui e aprite la porta. Ma ecco che nello stesso istante il braccio dell’architetto è preso da un forte tremito; egli impallidisce, tutto il corpo s’affloscia e, sentendosi quasi morire, ritratta l’ordine impartito; quasi senza vita è portato a casa e adagiato sul letto dove rimane otto ore privo di conoscenza. Tornato in sé, prega la Vergine di Loreto che non tarda a soccorrerlo. Clemente VII, commosso fino alle lacrime, consultò nuovamente il cielo prima di procedere oltre. Illuminato dall’alto, ripeté il suo ordine: “Muros sacri sacelli – scrisse all’architetto – non timeas aperire portasque conficere, sic jubet Clemens Septimus”11. Nello stesso tempo il papa lo consigliava ad armarsi non solo di scalpello e del martello, ma anche della preghiera e del digiuno. Nerucci, sempre sotto i colpi dell’emozione, ricusò di obbedire agli ordini del pontefice e i lavori restarono sospesi fino a quando un giovane sacerdote della 11 “Non temere di aprire i muri del sacro sacello e di realizzare le porte, così ordina Clemente Settimo”.


Com’è fatta la Santa Casa? 31 basilica si offrì a sostituirlo dopo tre giorni di digiuno e di preghiere. Entrando nella Santa Casa e attorniato dal clero e dai fedeli, egli fece pubblica protesta della purità delle sue intenzioni: “O Vergine Santa, disse, non sono io che colpirò con questo martello i muri della tua dimora: è Clemente, il Vicario di Tuo Figlio, ed è per la tua maggior gloria che ha impartito quest’ordine!”. Fatta la preghiera, egli avanza, dà un primo colpo, poi un secondo e le pietre si staccano quasi da sé. Le porte furono dunque aperte e quella del centro settentrionale chiusa con una parte dei materiali: se ne vedono ancora gli stipiti e l’architrave di cedro»12. La Madonna sembra dunque essere stata gelosa della sua casa e a seguito di questi episodi prudenzialmente la Chiesa ha proibito ai pellegrini di scalfire o asportare anche i più piccoli pezzetti di pietra o di calcina dalle pareti. 3) A tal proposito, un altro fatto straordinario capitò durante il Concilio di Trento, nel 1562, e riguardò Giovanni Suarez, vescovo di Coimbra, in Portogallo. Questi, con l’autorizzazione del papa Pio IV, aveva fatto estrarre dal sacerdote aretino Francesco Stella una pietra (ancor oggi cerchiata in ferro, al lato destro dell’altare) per porla nelle fondamenta di un santuario da costruire nella sua diocesi sul modello di quello lauretano. Oltre al fatto che nel suo tragitto verso Trento il sacerdote subì tutta una serie di incidenti e contrattempi, il vescovo, che godeva di ottima salute, venne immediatamente colpito da uno strano male, che quasi lo portò alla morte. Ricevette quindi la rivelazione soprannaturale, tramite una monaca, che per tornare a star bene avrebbe dovuto rimettere al suo posto la pietra. L’interessato obbedì e rimandò lo stesso Francesco Stella 12 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., pp. 102-103.


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a Loreto con la reliquia. Non appena la pietra venne riposizionata, il vescovo guarì. Il prelato, pentito, scrisse di suo pugno una lettera al governatore di Loreto relazionando la vicenda13. Episodi simili si verificarono anche con altre persone, ecclesiastici o semplici fedeli, sia per aver sottratto pietre, sia per aver preso pezzi di calce14. Nel 1557 un vescovo tedesco cadde malato per aver accettato in dono una piccola pietra asportata da un soldato: guarì solo dopo aver restituito il maltolto, ancora oggi riconoscibile. Nel 1559 un signore restituì una pietra rubata anni prima dopo che aveva perduto – per questo – figli, beni e salute. Lo stesso capitò a un fedele siciliano, nel 1585. Ma non si tratta solo di fatti di secoli passati. Anche nel XX secolo, dopo essere stati colpiti da vari inconvenienti e castighi, singoli fedeli hanno dovuto restituire ciò che, sebbene solo per devozione, avevano sottratto. La stessa Santa Teresa del Bambino Gesù, nel suo pellegrinaggio del 1887, confessò di aver avuto la tentazione di «grattare furtivamente i muri santificati dalla presenza divina»15.

1.2 I baci alle pareti e il giro della Casa in ginocchio Tutto ciò sta ad indicare che a Loreto il primario oggetto di venerazione e devozione è stata sempre la Santa Casa. Non è un caso che il gesto tradizionalmente più diffuso sia quello di baciare e toccare le sacre pare13 Cfr. O. TORSELLINI, Lauretanae Historiae libri quinque, Roma 1597, libro IV, cap. 4. Torsellini «è considerato il principe degli storiografi antichi lauretani» (cfr. G. SANTARELLI, La Santa Casa di Loreto, cit., p. 16). 14 Cfr. G. SANTARELLI, Tradizioni e leggende lauretane, Edizioni Santa Casa, Loreto 2014, pp. 107-108. 15 Cit. in G. SANTARELLI, Tradizioni e leggende lauretane, cit., p. 109.


Foto: Longarini Bruno, Loreto.

Tradizionalmente i pellegrini che giungevano a Loreto, prima di entrare nella sacra cella di Maria ne percorrevano in ginocchio il perimetro esterno, recitando il Rosario mentre passavano sopra il marmo, che ancora adesso mostra molto bene due solchi scavati dalle ginocchia di milioni di pellegrini lungo i secoli.


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ti. Charles-Auguste de Sales racconta che suo zio, San Francesco di Sales, pellegrino a Loreto nel 1599, una volta entrato in Santa Casa si prosternò in ginocchio e baciò la terra e le sacre mura. Jaques Le Saige, pellegrino nel 1518, scrisse: «Io credo che il benedetto Gesù, quando imparò a camminare, si appoggiava al muro della detta Casa. Noi vi abbiamo toccato nel frattempo le nostre corone di rosario»16. Del resto, immaginando la vita quotidiana della Santa Famiglia all’interno della dimora non può non venire spontaneo entrare in contatto con quelle pietre. Che difatti appaiono consumate. Così come consumata è la base del rivestimento marmoreo voluto dai Sommi Pontefici a protezione ed esaltazione della Santa Casa. Nonostante da qualche decennio non sia più consueto – purtroppo ormai sono considerate superate tante belle pratiche che per secoli hanno forgiato le fede dei cattolici –, tradizionalmente i fedeli che giungevano a Loreto, prima di entrare nella sacra cella di Maria ne percorrevano in ginocchio il perimetro esterno, recitando il Rosario mentre passavano sopra il marmo, che ancora adesso mostra molto bene due solchi scavati dalle ginocchia di milioni di pellegrini lungo i secoli. Il gesto serviva per ringraziare e chiedere favori alla Vergine ed aveva pure un significato penitenziale. Il 1° ottobre 1766 Papa Clemente XIII concesse un’indulgenza di sette anni e sette quarantene a chiunque avesse girato in ginocchio nella parte esterna intorno alla Santa Casa. Questa forma di devozione accomunava tutti, a prescindere dal ceto sociale, dall’età o dalla provenienza geografica. Raccontano le cronache che, tra gli altri, la Regina di Polonia Maria Casimira, moglie di Giovanni III So16 Cit. in ibidem, p. 104. Dallo stesso testo sono state prese le altre informazioni su questo tema.


Com’è fatta la Santa Casa? 35 bieski, eroe di Vienna contro i turchi, giunta a Loreto nel 1698, percorse in tutta umiltà in ginocchio la parte esterna della Santa Casa, pellegrina tra i pellegrini17.

1.3 Perché la Madonna è nera? Contrariamente a quanto si possa pensare, l’immagine della Madonna di Loreto, dal caratteristico colore nero, ha sempre avuto un ruolo di “secondo piano”, se così si può dire, rispetto alla Santa Casa in sé. Certamente le riproduzioni della statua mariana sono diffuse in tutto il mondo, ma è anche vero che esistono tante altre varianti della Virgo Lauretana, spesso associata ad una casa trasportata dagli angeli. Quando si affronta la questione lauretana, quindi, l’effigie della Madonna nera non è il tema principale. Tuttavia, vista la popolarità di cui comunque gode (soprattutto nelle Marche), è interessante soffermarsi un po’ anche su questo punto. Mentre in passato si credeva che sin dalle origini in Santa Casa fosse presente la statua lignea, nelle fattezze che ancor oggi conosciamo, secondo un diverso studio delle fonti parrebbe che all’epoca della traslazione tra le sacre pareti fosse conservata un’icona della Madonna col Bambino. La statua, di abete rosso, risalirebbe alla seconda metà del XIV secolo. Ad ogni modo, entrambe le raffigurazioni sono sempre state attribuite dalla tradizione all’evangelista San Luca, di cui è nota la confidenza con la Madre di Dio e al quale si fa riferimento come autore di altre immagini della Vergine. Il colore nero della Madonna è riconducibile allo stile e al genere delle Madonne nere. Molti lo spiegano rifacendosi al Cantico dei Cantici, dove vengono interpretate 17 Cfr. G. SANTARELLI, Tradizioni e leggende lauretane, cit, pp. 97 e ss.


Foto: Longarini Bruno, Loreto.

“Bruna sono ma bella, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone. Non state a guardare se sono bruna, perché il sole mi ha abbronzato” (Ct 1,5-6).


Com’è fatta la Santa Casa? 37 in chiave mariana queste parole: “Bruna sono ma bella, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone. Non state a guardare se sono bruna, perché il sole mi ha abbronzato” (Ct 1,5-6). Oppure all’invocazione Turris eburnea delle Litanie Lauretane, che rimanda al libro del Siracide, dove alla Madonna viene attribuita questa frase: “Sono cresciuta come un cedro sul Libano” (Sir 24,17). Altra caratteristica della Virgo Lauretana è senza dubbio la dalmatica, una veste che va dal collo ai piedi, coprendone anche braccia e mani, ma che non tocca direttamente la statua. L’abito nel corso del tempo e nelle varie riproduzioni ha subito diverse modifiche. Si è sempre mantenuta invece la devozione di porre un velo nero sulla statua il Giovedì e il Venerdì Santo (oggi solo in quest’ultimo giorno), che poi viene ritagliato e dato ai pellegrini come reliquia. Fino al 1797, quando il simulacro, con l’antica veste di lana che lo copriva, venne razziato dai francesi, il pagellino consegnato ai fedeli che attestava l’autenticità di quella reliquia per contatto così recitava: “Attesto io sottoscritto Custode della Santa Casa di Loreto che il velo nero sigillato ed annesso a questa mia, sia stato indosso alla Sacra Statua Giovedì e Venerdì Santo, e poi toccato alla Santa Veste ed alla Santa Scodella della Beatissima Vergine, che si conserva in questa Santa Casa. In fede, etc. Dato in Loreto dalla Custodia questo dì…”18. A proposito di invasione francese, quando, nel 1797, Napoleone occupò l’Italia alla testa dell’esercito rivoluzionario, si fermò a Loreto e si rese responsabile (come del resto in tante altre parti della penisola) di un grande saccheggio del Tesoro del Santuario, a causa del quale oggi molte ricchezze e molte opere d’arte sono state irrimediabilmente perdute. La statua della Madonna venne rubata e portata al 18 Cit. in G. SANTARELLI, Tradizioni e leggende lauretane, cit., p. 125.


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Museo del Louvre, a Parigi. Vi rimase fino al 1802, quando Papa Pio VII ne ottenne la restituzione e, dopo averla tenuta qualche tempo nella cappella del suo Palazzo del Quirinale, l’8 dicembre di quello stesso anno, la fece solennemente trasportare in Santa Casa attraverso un tragitto che percorse l’Alto Lazio, l’Umbria e le Marche. Il 23 febbraio 1921, invece, nella cella della Santissima Annunziata un incendio distrusse completamente la statua lignea del XIV secolo. Venne sostituita temporaneamente con un’altra, la stessa utilizzata durante gli anni della “cattività” francese dell’originale, e che oggi è conservata nel convento delle monache della Visitazione di Treia (Macerata). L’8 settembre 1922 venne collocata in Santa Casa la nuova statua, la stessa che ancor oggi possiamo vedere, benedetta da Pio XI e per sua volontà scolpita in legno di cedro di un albero dei giardini vaticani19. Il nero di questa statua è però più uniforme e accentuato rispetto all’originale20.

1.4 Com’è arredata la Santa Casa? Tra gli oggetti presenti in Santa Casa è degno di nota un piccolo vano, situato nella parete sud a lato dell’altare, dove oggi vengono riposte le ampolline. Secondo la tradizione21 si trattava della “credenza” dove la Madonna poneva le stoviglie e gli alimenti. Nella parte opposta, sempre nella stessa parete, v’è un altro vano da cui è stata ricavata un’acquasantiera (ora non più usata), che sarebbe stato il punto in cui Maria lavava le mani. Di fronte alla “credenza”, sul lato destro dell’altare, c’è un armadio in cui sono 19 Cfr. G. SANTARELLI, Tradizioni e leggende lauretane, cit., pp. 176 e ss. 20 Cfr. ibidem, p. 168. 21 Cfr. ibidem, pp. 112 e ss.


Com’è fatta la Santa Casa? 39 conservate due tazze che nell’immaginario dei pellegrini vennero usate direttamente dalla Santa Famiglia. Ma a suscitare la maggior devozione è sempre stata la cosiddetta scodella di Gesù Bambino, che gli studiosi considerano risalente proprio all’epoca della vita terrena di Nostro Signore (I secolo d. C.)22. Santa Teresina di Lisieux raccontò di avervi deposto la corona del Rosario, uno dei gesti di omaggio che compivano i fedeli. Attualmente la scodella viene conservata nell’angolo destro di quello che comunemente viene detto “santo camino”, situato sotto la statua della Madonna. Infine, sopra la finestra della parete ovest, è appeso un crocifisso ligneo della fine del XIII secolo. Storici lauretani come il Torsellini e il Martorelli, però, sostengono sia arrivato con le tre pareti e hanno scritto che data la miracolosità dello stesso, i recanatesi pensarono fosse meglio sistemarlo in una cappella a parte nel santuario. E così fecero. Tuttavia, il crocifisso si andò a ricollocare prodigiosamente nella Santa Casa. I fedeli fecero un secondo tentativo, ma andò di nuovo a vuoto: il crocifisso voleva stare nella dimora di Maria. E lì è rimasto23.

1.5 Dove fu celebrata la prima Messa? Un’altra importante reliquia giunta a Loreto insieme alla Santa Casa è il cosiddetto altare degli Apostoli, che si trova oggi nel lato est, sotto l’altare di marmo dove viene celebrata quotidianamente la Santa Messa. Secondo la tradizione, si tratta dell’altare che gli Apostoli fecero erigere nella sacra dimora di Nazareth e dove, secondo Jacques Le Saige e il Torsellini, San Pietro cele-

22 Cfr. G. SANTARELLI, La Santa Casa di Loreto, cit., p. 192. 23 Cfr. G. SANTARELLI, Tradizioni e leggende lauretane, cit., p. 166.


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brò la prima Santa Messa24. È davvero evocativo offrire il Santo Sacrificio e ricevere la Santissima Eucaristia proprio nella stanza dove il Verbo si fece carne. Ed è altrettanto edificante immaginare la Beata sempre Vergine Maria mentre riceveva il suo Figlio realmente presente col suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità per mano degli apostoli e proprio in quello stesso luogo dove qualche decennio prima era stata salutata dall’Angelo ed era diventata tabernacolo vivente di Cristo, suo ostensorio per l’umanità. Che nella dimora di Maria ci fossero delle are per celebrare la Messa (costruite certamente nel corso del tempo) è attestato da numerosi testimoni che lì si recarono pellegrini. E che quello attualmente a Loreto sia un altare risalente alle origini della Chiesa lo confermano i materiali utilizzati. Le pietre del basamento e della mensa sono lavorate a spina di pesce con tecnica nabatea, ovvero con lo stesso stile che si riscontra in numerose pietre della Santa Casa. Dal XVI secolo l’altare è stato rivestito di marmo, ma a seguito del terribile incendio scoppiato tra il 23 e 24 febbraio 1921 l’architetto ufficiale del santuario Guido Cirilli eseguì un nuovo rivestimento e un nuovo altare (quello attuale), mentre quello degli Apostoli è ora poco visibile e solo attraverso una griglia metallica.

1.6 La Casa dei miracoli Se quanto fin qui detto per alcuni non fosse sufficiente, ad attestare l’autenticità della Santa Casa stanno anche i miracoli lì avvenuti lungo il corso dei secoli sino ad oggi. La maggior parte è costituita da fenomeni discreti, silenziosi, di tipo spirituale. Ma non mancano, non sono mai mancati, quelli più evidenti ed eclatanti. La quantità 24 Cfr. N. MONELLI-G. SANTARELLI, L’altare degli Apostoli nella Santa Casa di Loreto, Edizioni Santa Casa, Loreto 2012, pp. 23 e ss.


La cosiddetta scodella di Gesù Bambino, che gli studiosi considerano risalente proprio all’epoca della vita terrena di Nostro Signore (I secolo d. C.).

Il cosiddetto altare degli Apostoli, che si trova oggi nel lato est, sotto l’altare di marmo dove viene celebrata quotidianamente la Santa Messa.


Sopra la finestra della parete ovest, è appeso un crocifisso ligneo della fine del XIII secolo.


Com’è fatta la Santa Casa? 43 di documentazione sopra queste irruzioni del soprannaturale nella vita delle persone è talmente vasta che riempirebbe volumi interi. Pertanto, elencare qui tutti i miracoli non è possibile e per una trattazione generale (ma riferita in particolare agli eventi più recenti) si rimanda ad opere specifiche25. Da un punto di vista cronologico, ogni secolo ha registrato i suoi fatti straordinari. Il santuario divenne subito internazionalmente noto per le numerose guarigioni che vi si verificavano. Papa Gregorio XI, già nel 1375, riconosceva che, «per i molti miracoli che ivi l’Altissimo si degna di manifestare, vi confluisce una grande moltitudine di fedeli, mossi da devozione»26. Del resto, gli ex voto donati al santuario lungo i secoli sono innumerevoli, segno di una presenza e attenzione costante della Madonna per i figli che a Lei si rivolgono nella sua abitazione. Oltre a gente comune, alcuni di questi miracoli hanno riguardato insigni personalità, sovrani, Papi e santi. Vedremo più avanti ad esempio i casi dei Pontefici Pio II e Paolo II e di sovrani come Luigi XIII. Degno di nota è l’esorcismo attraverso il quale fu possibile sapere dov’erano esattamente la Santissima Vergine e l’Angelo Gabriele nel momento dell’Annunciazione. Nel 1489, il nobile Pietro Orgentorix, di Grenoble, fece ogni tentativo pur di liberare sua moglie Anna, posseduta da sette demoni. In Francia, nonostante gli esorcismi, non si riuscì a ottenere nulla. La famiglia scese quindi in Italia e in particolare nella Città Santa di Roma, ma senza risultati. Si diressero allora al santuario di Loreto. Ebbene, gli esorcismi praticati in Santa Casa furono efficaci – per la stessa ammissione dei demoni – grazie alla Madonna, par25 Cfr. ad esempio P. CAVATORTI, Le guarigioni a Loreto. Gli sguardi e le carezze della Madonna, Congregazione Universale della Santa Casa, Loreto 2001. 26 Cit. in ibidem, p. 5.


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ticolarmente potente in quel luogo, che fu davvero la sua dimora. Non solo. Il sacerdote esorcista costrinse l’ultimo diavolo che lasciò il corpo della povera donna a confessare la posizione esatta di Maria e dell’angelo al momento dell’Incarnazione. Il demonio dichiarò che la Santissima Vergine si trovava poco oltre l’altare, sul lato sinistro, mentre Gabriele, si fermò dalla parte destra della finestra, mantenendo una certa distanza per rispetto della purezza immacolata della Madonna27. Tra gli altri miracoli, possiamo qui ricordare la grazia fatta dalla Virgo Lauretana a San Giacomo della Marca, che guarì da un flusso di sangue e poté continuare la sua missione di predicatore. Oppure il miracolo alla figlia del re di Danimarca, Cristina, duchessa di Lorena, portata in lettiga in Santa Casa, dove prontamente riacquistò la salute. E ancora miracoli avvenuti addirittura su ebrei e musulmani, che in tal modo si convertirono al Cattolicesimo. Un altro miracolato fu il francese Jean Jacques Olier, sacerdote fondatore della Società di San Sulpizio: colpito da una grave malattia agli occhi, guarì dopo un pellegrinaggio a piedi al santuario. Vi sono poi la guarigione, avvenuta nel 1727, di Maria d’Angiò, che contribuì alla conversione al Cattolicesimo della mamma, di fede luterana e quella della calvinista Isacca Lamott, nel 1732, che perdeva stranamente la vista ogniqualvolta guardava l’immagine della Madonna in Santa Casa: una volta promesso di passare alla religione cattolica, il suo sguardo non fu più impedito di vedere la statua della Madre di Dio. Nel XX secolo, con l’inizio dei pellegrinaggi a Loreto dei treni bianchi dell’Unitalsi (a partire dal 1936), si sono verificati moltissime guarigioni di malati, italiani e stranieri. 27 Cfr. P.V. MARTORELLI, Teatro istorico della Santa Casa, Roma 1732-1735, v. 1, pp. 346-347.


Gli ex voto donati al santuario lungo i secoli sono innumerevoli. Oltre a gente comune, alcuni di questi miracoli hanno riguardato insigni personalità, sovrani, Papi e santi. Già nel 1375 il Papa Gregorio XI, riconosceva che, «per i molti miracoli che ivi l’Altissimo si degna di manifestare, vi confluisce una grande moltitudine di fedeli, mossi da devozione». Il Papa Sisto V scrisse sul frontespizio della basilica “Deiparae domus in qua Verbum caro factum est” (“Casa della Madre di Dio in cui il Verbo si è fatto carne”), e «considerando che qui si operano continui miracoli a favore dei numerosi fedeli che vi affluiscono da tutto il mondo», conferì a Loreto il titolo di città e di vescovado.


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Innumerevoli sono stati i fatti straordinari accaduti non solo dopo la permanenza tra le sante pareti, ma anche a distanza, con la preghiera, la visione di un’immaginetta della Madonna di Loreto, o l’utilizzo dell’olio benedetto delle lampade della Santa Casa. Trattando di miracoli, non si può non fare cenno a San Pio da Pietrelcina, che lungo tutta la sua esistenza fu un vero e proprio “miracolo vivente”. Pur non essendosi mai recato a Loreto, Padre Pio ebbe sempre grandissima devozione verso la Santa Casa, e raccomandava a molti di recarvisi per pregare. “Se entrassi un solo istante in quella Casa, per la grande emozione ne morirei”, ebbe a dire ad un suo figlio spirituale28 . E ad un altro il padre spiegò: “A Lourdes la Madonna è apparsa; a Loreto ci passeggia”29. Tuttavia, come testimoniato dal cappuccino padre Remigio da Cavedine, per vari anni custode della Santa Casa di Loreto, lo stigmatizzato del Gargano soleva arrivare nella dimora della Madonna in maniera del tutto straordinaria: quando alle ore 21 di ogni giorno il padre Remigio recitava il Rosario in Santa Casa vedeva arrivare Padre Pio, che rimaneva lì per tutto il tempo della preghiera. Qualcuno gli chiese: “Padre Remigio, come potrei vedere Padre Pio?”. Ed egli rispose: “Non so se il Signore ti permetterà di vederlo, ma guarda le catenelle poste ai lati delle transenne, al suo passaggio le vedrai muoversi”. E quando nel 1958 un membro della fraternità cappuccina di Loreto andò in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, disse a Padre Pio: “Padre, continui a venire a visitarci in Santa Casa”. Il santo sorrise e col cenno della testa annuì.30 28 http://www.sanpiodapietrelcina.org/madonna.htm. 29 http://www.padreguglielmo.it/new/padre-pio-in-santa-casa/ 30 Ibidem.


Capitolo II

La casa portata dagli angeli Come è arrivata a Loreto la Santa Casa? Negli ultimi decenni si è iniziato a sostenere che le pietre (si badi bene, le pietre e non le pareti, come sempre si è inteso) della dimora nazaretana furono portate in Italia dagli uomini. In pratica, la Traslazione angelica della Santa Casa sul colle lauretano oggi viene da molti derubricata ad una pia leggenda. Un’operazione questa, che, inserita nel processo di continua minimizzazione degli eventi miracolosi, sembra voler porre la Chiesa al passo coi tempi, per risultare più credibile agli occhi del mondo. In realtà però, simile atteggiamento mina la fede dei semplici. Come si vedrà tra poco, infatti, viene più di qualche dubbio in merito alla versione “moderna” della questione lauretana. Fermo restando che non si tratta di un dogma di fede, e che lo stesso papa Giovanni Paolo II nella Lettera per il VII centenario di Loreto scrisse di voler lasciare «piena libertà alla ricerca storica di indagare sull’origine del Santuario e della tradizione lauretana», proprio in virtù di tale libertà ci sentiamo in diritto di continuare a pensare che sia


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molto più ragionevole e persino scientificamente fondata la versione tradizionale della traslazione miracolosa. Lo stesso padre Giuseppe Santarelli – storico della questione lauretana dalle cui opere anche qui ampiamente abbiamo attinto, data la quantità di preziose informazioni che offrono – nel sostenere il trasporto umano e dunque questa nuova versione dei fatti presenta solo una sua ipotesi, senza alcuna certezza. Tale ipotesi è stata peraltro sconfessata con chiare dimostrazioni probative da altri studiosi, come più avanti viene meglio precisato. Anche Mons. Giovanni Tonucci, vescovo delegato pontificio di Loreto dal 2007 al 2017, nella prefazione all’opera di Santarelli, pur riprendendo l’invito alla libera ricerca storica, scrive che «sbaglia chi si permette di considerare con sufficienza coloro che amano la bella tradizione del trasporto angelico, quasi che si trattasse di una credulità superficiale»31. Ebbene, cerchiamo ora di capire perché quella della Traslazione miracolosa non è né una pia invenzione, né una credulità superficiale.

2.1 Le traslazioni storicamente accertate Storicamente sono accertate almeno cinque traslazioni miracolose della Santa Casa di Nazareth, avvenute nell’arco di tempo che va dal 1291 al 1296: a Tersatto (oggi un quartiere della città di Fiume), ad Ancona (località Posatora), nella selva della signora Loreta (attuale località detta della Banderuola), sul campo di due fratelli situato sul Monte Prodo (antistante all’attuale santuario lauretano) e sulla pubblica strada, dove ora sorge l’attuale basilica e dove soprattutto è stata costruita una città, proprio attorno all’insigne reliquia32. Ciò ovviamente non significa che le sante pareti nazaretane non possano aver toccato altri luoghi: non vi sono però 31 G. SANTARELLI, La Santa Casa di Loreto, cit., pp. 6-7. 32 Cfr. G. NICOLINI, Le cinque traslazioni “miracolose” della Santa Casa di Nazareth, in Il segno del soprannaturale, n. 216, giugno 2006, p. 28.


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documentazioni storico-archeologiche al riguardo. Tuttavia, le tradizioni popolari locali di Toscana, Umbria e Marche lasciano intendere che nel periodo di tempo in cui è partita da Tersatto (9-10 dicembre 1294) e prima di arrivare ad Ancona (1295), la Santa Casa ha viaggiato e forse sostato in varie località dell’Italia centrale33. Non a caso mentre nelle Marche si parla di “Venuta”, in Umbria si parla di “Passaggio” e in qualche zona della Toscana di “Gran Tragitto”: modi diversi per raccontare lo stesso fatto miracoloso, tramandato di generazione in generazione. Per di più, proprio in queste aree si collocano l’Antica Via Lauretana e i cosiddetti cammini lauretani: è quindi possibile che la Santa Casa vi abbia davvero fatto delle brevi soste. Dei cinque spostamenti suddetti, invece, vi sono validissime ragioni per ritenere che siano autentici. Ma perché la Santa Casa avrebbe lasciato la Palestina? Le tre pareti sono scomparse dalla Basilica dell’Annunciazione di Nazareth nello stesso anno (1291) in cui i crociati, con la sconfitta di San Giovanni d’Acri, hanno dovuto definitivamente abbandonare la Terra Santa. In effetti, si è sempre detto che la Traslazione miracolosa è avvenuta per preservare la Santa Casa dal dominio islamico. Si tratterebbe dunque di un chiaro segnale di difesa dalle conquiste del mondo musulmano, un tema che è molto legato a Loreto, come si vedrà più avanti. Significativo poi che dalla Terra Santa questa grande reliquia della Cristianità abbia scelto come ultima tappa del suo viaggio il territorio dello Stato Pontificio, governato dal Vicario di Cristo. Guglielmo Garratt, professore di arte all’Università di Cambridge, nonché convertito dall’anglicanesimo al cattolicesimo e grande storico di Loreto34, rivolse a se stesso 33 Cfr. G. SANTARELLI, Tradizioni e Leggende Lauretane, cit., p. 161. 34 Autore di Loreto, la nuova Nazareth (1893).


Rappresentazione delle successive traslazioni della Santa Casa. Autore anonimo del XVI secolo. Museo della Pinacoteca, Loreto.

l’interrogativo di un cavaliere di Terra Santa, chiedendosi se Dio avrebbe mai permesso ai musulmani di trasformare la Santa Casa in moschea. «No, Dio non lo sopporterà – si rispose –. La Santa Casa scomparirà se necessario, perché Dio saprà certamente sottrarla alla profanazione e alla distruzione. […] Nazareth biancheggerà delle ossa dei guerrieri cristiani; neppure più un soldato della Croce resterà a difendere le sacre mura dove il Figlio di Dio si è fatto uomo.


Il fanatismo dei seguaci del falso profeta profanerà tutte le altre chiese cristiane; ma l’Onnipotente saprà mettere a suo tempo un limite al cieco furore dei malvagi e, quando più nessun braccio d’uomo proteggerà la casa benedetta, Dio ordinerà ai suoi Angeli di intervenire onde sia sottratta alla profanazione, la portino sulle loro braccia e noi possiamo ritrovarla in una terra cristiana. Sì, il Creatore dell’Universo […] trasporterà la testimonianza immortale dell’Incarnazione in una regione sicura dove migliaia di anime correranno a venerarla»35.

2.2 Il triplice miracolo nella prima Traslazione Nella notte della prima traslazione, tra il 9 e il 10 maggio 1291, avvenne un triplice miracolo. La preziosa reliquia 35 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., pp. 49-50.


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si trovava al di sotto della Basilica dell’Annunciazione di Nazareth, nella cripta, ed era già stata preservata dalla distruzione islamica del 1263 ad opera di Alan ed-Din Taybar, luogotenente del sultano del Cairo Bajbars Banokan. Ma nel 1291,le tre pareti si sono sradicate dalle fondamenta e sono uscite dal sotterraneo della chiesa. Inoltre le sante mura, improvvisamente, nello spazio di una notte, giunsero in Istria. Se fino al 9 maggio 1291 la Santa Casa era nel suo posto originale, il giorno dopo, 10 maggio, non c’era più. E senza che qualcuno potesse addurre una spiegazione. Cosa era accaduto? Come è stato possibile – nel caso si fosse trattato di un’operazione umana – eseguire il lavoro in così poco tempo, cioè divellere le pareti dalle fondamenta, farle fuoriuscire dalla cripta protettiva senza smontarle e portarle nell’arco di una sola notte a migliaia di chilometri di distanza, a Tersatto? E per ordine e con il permesso di chi sarebbe avvenuta questa “traslazione umana” vista l’assenza di documenti e testimonianze al riguardo?

2.3 Le due tavolette antiche Bisogna inoltre tener presente anche quanto riportato dal beato Giovanni Battista Spagnoli, detto il Mantovano, celebre ed autorevole religioso carmelitano, il quale, recandosi nel santuario di Loreto, lesse una tavoletta antichissima, appesa alle pareti della chiesa, in cui si narrava la storia delle traslazioni. In una lettera inviata al cardinale Girolamo Della Rovere, il 22 settembre 1489 (o, secondo alcuni, nel 1479), il Mantovano, così come già avevano fatto Pier Giorgio Tolomei, detto il Teramano, Governatore della Santa Casa (nel 1472) e Giacomo Ricci (nel 1469), scrisse: «Essendo venuto da poco presso la Santa Casa della Sacratissima Vergine Maria di Loreto e avendo veduto le cose mirabili che Dio opera in quel luogo […] incominciai ad osservare ogni cosa con diligenza, ad ammirare l’ingente mole e a leggere gli “ex


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voto” affissi alle pareti. Ed ecco che ai miei occhi si presenta una tavoletta corrosa, per la lunga esposizione e per l’antichità, nella quale era scritta la ragione per cui quel luogo aveva raggiunta una così grande autorità. Allora io, acceso da pio zelo, affinché per l’incuria degli uomini, che di solito offusca anche le cose più insigni, non sia cancellato il ricordo di un fatto così meraviglioso, ho voluto raccogliere dalla tavoletta, consumata dal tarlo e dalla polvere, la serie dei fatti»36, ovvero le traslazioni miracolose della stessa Santa Casa da Nazareth in vari luoghi e infine a Loreto. Il beato Giovanni Battista Spagnoli poi proseguiva sottolineando: «Tutte le cose che abbiamo detto più sopra, fatta eccezione di pochissime, che chiariscono e non alterano la storia, sono state prese, salva sempre la verità dello scritto, da un esemplare autentico della suddetta tabella, al quale bisogna prestar fede»37. Pertanto, all’epoca in cui scrive (seconda metà del XV secolo), c’erano due tavolette: una corrosa dal tempo, l’altra – una copia – più leggibile. Ciò significa che la storia delle traslazioni miracolose non è una leggenda fabbricata in quel periodo. Le due tavolette, che per stare in chiesa dovevano avere ricevuto necessariamente l’approvazione ecclesiastica, erano sicuramente assai antiche. Secondo alcuni studiosi38 la tavoletta più antica era opera del Beato Pietro Moluzzi, vescovo di Macerata, alla cui diocesi nel 1320 Papa Giovanni XXII aveva aggregato il territorio di Recanati e dunque di Loreto, incaricandolo della custodia della Santa Casa. Non solo. In base a quanto viene riportato da alcuni testi ed autori antichi, lo stesso Beato Pietro Moluzzi, vivente negli anni delle Traslazioni Miracolose e testimone delle stesse, è stato anche autore di una prima 36 Cit. in G. NICOLINI, La veridicità storica della miracolosa traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto, La Voce Cattolica, Ancona 2004, pp. 25-26. 37 Cit. in ibidem, p. 26. 38 Cfr. ibidem, p. 27.


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storia scritta, che veniva addirittura utilizzata nelle lezioni scolastiche, per istruire i fedeli e le nuove generazioni su quanto di straordinario era accaduto in quel luogo benedetto. Sebbene non esista più il testo originale manoscritto, in vari libri antichi sono riportati estratti dello scritto del Beato Pietro Moluzzi o di sue copie, che autori successivi ebbero modo di consultare e ritrascrivere. A conferma dell’antichità delle testimonianze scritte e risalenti proprio alle origini degli eventi miracolosi, esiste nell’Archivio dei Canonici di Loreto una Cronichetta della Santa Casa, stampata nel 1844, in cui viene citato un documento del 1324, appartenente all’Archivio di Stato di Padova. In esso si leggono le seguenti parole: “Triginta abhinc annis Domus Beatae Virginis Mariae de Nazareth per manus Angelorum translata fuit per mare Adriaticum prope Urbem Recineti”, e cioè “Trenta anni fa la Casa della Beata Vergine Maria di Nazareth è stata trasportata per mano degli Angeli attraverso il mare Adriatico vicino alla città di Recanati”. L’autore della Cronichetta della Santa Casa che riporta quel documento era il Can. Cav. Raffaele Sinibaldi, cappellano della Casa Reale Borbone. Egli asserisce che il testo autentico dell’importantissimo documento fu presentato a S. E. Mons. Stefano Bellini, vescovo di Loreto, mentre questi stava scrivendo una storia della Santa Casa.

2.4 Prima tappa: Tersatto Il primo luogo in cui la Santa Casa si posò dopo aver lasciato Nazareth fu Tersatto, oggi divenuto un quartiere della città di Fiume, in Croazia e dove ancora esiste un santuario dedicato alla Madonna, costruito a ricordo della permanenza della santa dimora. L’evento miracoloso risale alla notte tra il 9 e il 10 maggio 1291. Il legame fra Tersatto e Loreto è sempre stato molto forte nei secoli. Non è un caso che nella piazza del santua-


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rio marchigiano nel XVI secolo sia stato costruito il Palazzo Illirico (Illiria è l’antico nome della Croazia), dedicato alla formazione dei chierici dalmati e albanesi. Inoltre i pellegrini provenienti dall’altra sponda dell’Adriatico sono sempre stati numerosissimi a Loreto. A Tersatto le testimonianze della venuta della Santa Casa sono innumerevoli. Lungo la scalinata monumentale che conduce al santuario, a metà percorso, di fronte ad una delle cappelle che costeggiano i gradini, sono presenti queste parole sul marmo, probabilmente risalenti già al XIV secolo: “Venne la Casa della Beata Vergine Maria da Nazareth a Tersatto, l’anno 1291, allì 10 di Maggio e si partì allì 10 di Decembre 1294”39. Secondo quanto relazionato dal francescano istriano Francesco Glavinich nella sua Historia Tersattana40, la mattina del 10 maggio 1291 alcuni boscaioli scorsero nella radura della foresta allora presente su quel territorio un edificio che non avevano mai visto prima: era una casetta, con un altare all’interno. Il fatto non passò inosservato e la notizia della scoperta venne prontamente diffusa fino ad arrivare al parroco della zona, don Alessandro Giorgiewich, che era a letto infermo, gravemente malato di idropisia. Desideroso di vedere coi propri occhi il piccolo edificio giunto misteriosamente nel territorio della sua parrocchia, il sacerdote pregò la Madonna, che gli apparve per guarirlo e informarlo che le pareti in questione erano quelle della sua dimora nazaretana, sottratta alle profanazioni degli infedeli. «Sappi – disse Maria Santissima – che in questa casa io sono nata; vi sono cresciuta nella mia prima infanzia. Qui, all’annunciazione dell’arcangelo Gabriele, ho conce39 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 51. 40 Per una sintesi cfr. G.M. PACE, Miracolosa traslazione a Loreto della dimora della Santissima Annunziata, cit., pp. 8 e ss.


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pito il divin Figlio per opera dello Spirito Santo. Qui il Verbo si è fatto carne. Gli apostoli hanno consacrato questa dimora e vi hanno celebrato l’augusto sacrificio… Dio, a cui nulla è impossibile, è l’autore di questo prodigio ed affinché tu stesso ne sia il testimone e l’apostolo, abbiti la guarigione. Il tuo ritorno improvviso alla salute, dopo sì lunga malattia, avvalorerà questo miracolo»41. Vista l’eccezionalità di quanto accaduto, il viceré della zona, Nicola Frangipani, inviò a Nazareth una delegazione di quattro uomini, tra cui lo stesso don Alessandro, per accertarsi che si trattasse davvero della Santa Casa della Madonna. Gli inviati poterono constatare che nella Basilica dell’Annunciazione le pareti della dimora in cui avvenne l’Incarnazione non c’erano più: restavano le sole fondamenta, il cui perimetro concordava esattamente con quello delle pareti giunte a Tersatto. Tutto venne messo per iscritto, con atto notarile, e conservato. Tuttavia, tra il 9 e il 10 dicembre 1294, le tre pareti lasciarono la Croazia, altrettanto misteriosamente così come erano arrivate tre anni e mezzo prima. Fu allora che si iniziò a costruire una piccola cappella per ricordare che in quel luogo aveva sostato la dimora della Madonna. Nel 1420 il papa Martino V concesse indulgenze a tutti coloro che avrebbero contribuito al mantenimento del santuario croato. Niccolò V, accettando i francescani come custodi della chiesa, parlò della stessa come di un luogo di culto da Dio reso celebre nei secoli passati. Papa Urbano V, giunto a Loreto nel 1367, ebbe modo di vedere il dolore dei tanti pellegrini croati che ancora piangevano la partenza della Santa Casa dalla loro terra (“Torna, torna a noi bella Signora con la tua Casa” era il lamento più comune42). Fu per consolarli della grave perdita subita che il Pontefice 41 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 53. 42 Cfr. P.V. MARTORELLI, Teatro istorico della Santa Casa, cit., v. 2, capo 4, p. 353.


Rappresentazione delle successive traslazioni della Santa Casa. Autore anonimo del XVI secolo. Museo della Pinacoteca, Loreto. L’autore di quest’opera dipinge le città idealizzate alla maniera medievale e gli eserciti del duca di Urbino con la divisa militare del XVI secolo. La casa della Madonna appare in una Nazareth circondata di mura (1), attaccata dagli infedeli. In una seconda rappresentazione (2), è trasportata dagli angeli e in una terza immagine (3) la casa ormai in salvo riposa dentro un’altra città circondata di mura, dall’altra parte del mare. (Museo del Virreinato del Messico) Il primo luogo in cui la Santa Casa si posò dopo aver lasciato Nazareth fu Tersatto, oggi divenuto un quartiere della città di Fiume e dove ancora esiste un santuario dedicato alla Madonna, costruito a ricordo della permanenza della santa dimora.

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donò ai tersattesi un’immagine della Madonna43 da porre nel loro santuario. Il rammarico dei croati comunque perdurò nei secoli, a suprema attestazione dell’autenticità della dimora della Santissima Annunziata. Il Martorelli, citando il padre Riera, riferisce di un massiccio pellegrinaggio nel 1559 quando cinquecento tersattesi tra uomini e donne, nel consueto percorso in ginocchio sia in chiesa, sia attorno alla Santa Casa, con i ceri accesi in mano ripetevano insieme ad alta voce: “Tornate, tornate a noi Maria, tornate, perché c’abbandonate Maria”44. Del resto, la devozione alla Madonna di Loreto, oltre a Tersatto, continua ad essere molto viva in tutta la Croazia45.

2.5 Seconda tappa: Ancona Secondo la tradizione, dopo la partenza da Tersatto, la Santa Casa giunse ad Ancona, che all’epoca era il più importante porto dello Stato Pontificio. La presenza nel capoluogo marchigiano è attestata per circa nove mesi durante il 1295. A testimoniarlo è un documento (di cui è rimasta solo una copia rinvenuta nel 1732 nella cassetta delle “reliquie autentiche” esistenti ancora in quell’anno nel Duomo di Ancona) di un sacerdote contemporaneo ai fatti, un certo don Matteo, il quale proprio dopo gli anni delle traslazioni miracolose lasciò uno scritto, per devozione personale, perché non si perdesse la memoria di quel fatto prodigioso, venerato dagli abitanti della città anche con l’edificazione di una cappellina sulla collina 43 Cfr. G.M. PACE, Miracolosa traslazione a Loreto della dimora della Santissima Annunziata, cit., p. 29. 44 P.V. MARTORELLI, Teatro istorico della Santa Casa, cit., v. 2, capo 4, p. 353. 45 Tanto per citare un esempio, proprio nel maggio 2017 sul colle Gaj di Primôsten è stata inaugurata una statua della Madonna di Loreto alta 17 metri, comprese le scale d’accesso e il piedistallo (cfr. Il Messaggio della Santa Casa, n. 7, luglio-agosto 2017, p. 269).


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prospiciente il porto, ove la Santa Casa era rimasta. Così recita lo scritto: «Io, don Matteo, rettore e plebano di S. Onofrio fora della Porta di Campo Marte della città di Ancona, per mia devozione lascio questa memoria di questo miracolo, ch’è dell’anno 1295. Nella selva di Contrada di Posatore si posò per nove mesi la S. Casa della Madre di Dio, e perché semo tanto costernati et restati in tanto poco numero di persone, per le gran guerre e pestilenze patite, ho voluto mettere questa scrittura per ricordarlo sotto la pietra sacra della Chiesa di Santa Caterina, acciò piacendo alla Madonna Santissima al suo tempo si ritrovi. Umilissimo servo di Dio»46. Molto più probativa del fatto miracoloso è soprattutto la costruzione – da parte dei vescovi locali – di ben tre chiese, edificate a ricordo della permanenza della Santa Casa, sulla collina di Posatora di Ancona e delle successive traslazioni nella zona di Recanati. Una di queste tre chiese, nella località di Barcaglione (sulle colline tra Ancona e Falconara Marittima), si trova ancor oggi nello stesso luogo dove sorgeva una cappellina che ricordava l’avvistamento da parte degli abitanti del luogo della Santa Casa, proveniente in volo dal mare. Poi va menzionata l’attuale chiesa di Posatora, sulla stessa area collinare dove per nove mesi sostò la Santa Casa. Il termine stesso della località è indicativo e deriva dal latino “posat et ora”, che sta a significare che la dimora della Madonna lì si è posata e lì ha pregato per la città ed è stata pregata dalla popolazione. Infine, all’inizio del XIV secolo, vi fu la costruzione accanto alla Cattedrale di San Ciriaco, della chiesa di Santa Maria di Nazareth, ormai scomparsa per le distruzioni 46 Cit. in G. NICOLINI, La veridicità storica della miracolosa traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto cit., p. 53. Da notare, come osserva lo stesso Nicolini a p. 54, che la chiesa di S. Onofrio era vicinissima a quella di S. Caterina e che nella stessa giurisdizione parrocchiale rientrava la zona di Posatora.


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belliche, e consacrata dal Vescovo di Ancona, contemporaneo e testimone dei fatti delle traslazioni, proprio per fare memoria e celebrare liturgicamente tutte le Traslazioni miracolose della Santa Casa. Inoltre, nella chiesa di Posatora due lapidi hanno testimoniato il miracolo lì avvenuto. Una è del secolo XIIIXIV ed esistente fino agli anni Cinquanta-Sessanta dello scorso secolo XX. Venne purtroppo smarrita a seguito di lavori di restauro, ma vi sono testimoni oculari, ancora viventi, che lo ricordano e lo testimoniano. L’altra lapide, risalente al 1545, è ancora presente nella chiesa: evidentemente traduceva e copiava la prima. E sulla stessa ancora adesso si può leggere: “In questa selva, qui posò la Santa Casa della Madre di Dio per nove mesi MCCXCV”. La prima lapide, nella parte leggibile che i testimoni ricordano, recitava, in latino volgare antico: “Quita futa reposata la Madonna de Loreta” (ovvero “qui è fuggita dopo essersi posata la Madonna di Loreta”)47. Interessante perché già si usa il termine “Loreta”, che indica il luogo della selva della signora Loreta della successiva Traslazione miracolosa.

2.6 Terza tappa: la selva della signora Loreta Sempre nel 1295 le tre pareti della Santa Casa giunsero in un bosco nella zona di Recanati, ubicato dietro l’attuale stazione ferroviaria di Loreto48. Il luogo, selvoso e paludoso, era proprietà di una nobile signora recanatese chiamata Loreta, dalla quale poi è derivato il nome della cittadina che accoglie il santuario. Oggi nell’area dove si è posata la preziosa reliquia sorge una chiesetta a ricordo. La 47 Cfr. G. NICOLINI, La veridicità storica della miracolosa traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto cit., pp. 57-58. Cfr. anche G. NICOLINI, Le cinque traslazioni “miracolose” della Santa Casa di Nazareth, cit., pp. 28 e ss. 48 Cfr. G. NICOLINI, La veridicità storica della miracolosa traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto cit., p. 68.


La chiesa di Santa Maria Liberatrice fu edificata nel XVI secolo su un precedente edificio sacro del XIII secolo.Secondo le documentazioni storiche e archeologiche esistenti, infatti, nel viaggio che ha accompagnato la Santa Casa da Nazaret fino alle Marche, gli angeli “posarono” le tre pareti della Santa Casa Nazaretana per nove mesi proprio dove oggi sorge questa chiesa.

località è detta “Banderuola”, perché alcuni devoti, all’epoca dei fatti miracolosi, issarono una bandiera sulla cima di un altissimo pino per mostrare ai pellegrini provenienti da lontano il punto esatto dove si trovava la Santa Casa. In tale luogo la permanenza della dimora della Madonna durò per alcuni mesi. A testimonianza del fatto stava la già citata antichissima tavoletta esposta nella stessa Santa Casa e menzionata negli studi dei già citati Teramano (nel 1472) e del beato Giovanni Battista Spagnoli (nel 1479). Non solo. Il Teramano ricevette la testimonianza, sotto giuramento, di due anziani abitanti del posto, Paolo di Rinalduzio e Francesco il Priore49. Il primo riferì di aver saputo che un antenato aveva visto con i suoi occhi la Santa Casa venire in volo dal mare per poi collocarsi nella selva. Il secondo dichiarò che un suo avo aveva visitato la Santa 49 Cfr. G. NICOLINI, Le cinque traslazioni “miracolose” della Santa Casa di Nazareth, Il segno del soprannaturale, n. 220, ottobre 2006, pp. 28-29.


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Casa quando era ancora nella proprietà della signora Loreta e assistette al miracoloso spostamento sul Monte Prodo. Certamente si può anche sorridere di queste testimonianze e ritenerle superficiali e non probanti. D’altra parte, non vi sono nemmeno ragioni valide per non tenerle in considerazione, vista anche la serietà dello scrittore che le riporta. Oltre ai due testimoni del Teramano vi fu la conferma dell’evento miracoloso da parte di san Nicola da Tolentino, che attestò l’arrivo della Santa Casa, e di fra’ Paolo della Selva, un eremita che viveva nel vicino colle di Montorso ed ebbe anch’egli la rivelazione soprannaturale sulla vera origine delle tre pareti50. I pellegrini iniziarono subito ad affluire numerosi in quel luogo sacro, nonostante si trattasse di una zona priva di ogni attrezzatura per l’ospitalità. Ma tanta era la fede e tanto l’entusiasmo, che non se ne curavano, preferendo stare giorno e notte accampati sotto gli alberi in preghiera piuttosto che andarsene. Il Mantovano scrisse che i pellegrini venivano anche da regioni remote. Tutto questo afflusso però comportò dei problemi. Come spiega il Ricci nella sua Historia Virginis Mariae Loretae (XV secolo), iniziarono a imperversare briganti e delinquenti, che rapinavano i devoti, tanto da rendere impossibile la visita alla Santa Casa. Questa fu evidentemente la motivazione principale del nuovo spostamento, questa volta poco più in alto, sul Monte Prodo. Tuttavia, i miracoli in quel luogo continuarono. Testimoni e storici come il Riera e l’Angelita raccontano che l’area in cui si era posata per otto mesi la Santa Casa continuava ad avere fiori ed erba, a differenza delle parti circostanti, invase da cespugli e spini. Purtroppo il tutto venne meno quando i contadini del luogo, per ignoranza, iniziarono a disboscare la zona e a lavorare il terreno, 50 Cfr. G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., pp. 62 e ss.


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cancellando quei segni miracolosi. Nell’operazione di bonifica dell’area, ordinata da papa Gregorio XIII nel 1575, caddero vittime gli alberi che per trecento anni erano rimasti piegati in direzione del mare, da dove cioè era giunta la Casa della Santa Vergine51. Sul luogo, però, come detto, venne edificata una cappella, ancor oggi esistente. Riguardo il “miracolo degli alberi”, riteniamo utile per il lettore riportare il resoconto che ne fece don Antonio Gaudenti, patrizio di Osimo e arcidiacono della basilica lauretana, nel 1790, citando letteralmente quanto scritto, in epoca più vicina ai fatti, dal celebre Torsellini (nel primo libro, capitolo sesto della sua opera monumentale già menzionata, Lauretanae Historiae libri quinque): «È fama, né vana è la credenza, che all’arrivo della Casa di Maria, gli alberi in lunga fila fossero curvati al suo passaggio, ed in tal guisa stesser così piegati infino, che a terra caddero, o per vecchiezza, o per la forza de’ venti, o perché in appresso tagliati fossero; e questi in lungo ordine schierati, e chini solevansi mostrare a’ pellegrini come testimoni di un tanto miracolo. Ancora fresca n’è la memoria, ed io, prosegue lo stesso autore, posso assicurare, che un uomo ben degno di fede mi accertava, ch’Egli non più di venti anni sono avea spesso veduto molti di questi alberi starsene così curvi, e piegati con tutto il tronco verso il mare, e che i medesimi alberi vi erano così appositamente lasciati per religioso riguardo nel tagliarli il rimanente della selva, e questi, come si disse, non più da venti anni in qua furono dalla sciocchezza, ed imperizia de’ contadini gettati affatto a terra, acciò non servissero d’impedimento all’aratro»52. 51 Cfr. G. SANTARELLI, Tradizioni e Leggende Lauretane, cit., pp. 160-161. Del miracolo degli alberi scrissero anche, tra gli altri, il Torsellini e il Martorelli. 52 Cit. in A. GAUDENTI, Storia della Santa Casa di Loreto esposta in dieci brevi ragionamenti fra un sacerdote custode di S. Casa ed un divoto pellegrino, ed. seconda, Loreto 1790, p. 41.


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2.7 Quarta tappa: il campo di due fratelli Le tre pareti giunsero quindi sul Monte Prodo, dove all’epoca non c’era nulla se non qualche albero e casupola. Il luogo prescelto questa volta fu il campo di due fratelli, Simone e Stefano Rinaldi degli Antici53. È ormai difficile individuare il punto esatto in cui si posò la Santa Casa. Tuttavia si sa che era di fronte a quello che oggi è il santuario. In effetti si conserva ancora una piccola pietra scolpita sul muro, alla fine dell’attuale Palazzo Apostolico e raffigurante un’immagine della Madonna seduta sopra la Santa Casa. Sotto c’era l’iscrizione “visitatio custodivit” (ovvero “questo luogo custodì la visita” della Santa Casa). I due fratelli, ben contenti di essere stati privilegiati dalla divina Provvidenza, ben presto iniziarono però a litigare. I numerosi pellegrini che affluivano alla sacra dimora, infatti, lasciavano ricchi doni votivi in onore della Madre di Dio. E fu così che i due, presi dall’avidità e dalla brama di guadagni, entrarono in conflitto. La situazione divenne talmente problematica che il Comune di Recanati si rivolse al Papa Bonifacio VIII (informato e consapevole delle traslazioni miracolose, come attestò nel XVIII secolo il già citato vescovo di Montefeltro Valerio Martorelli) per risolvere il contenzioso e disporre magari di espropriare il terreno ai due fratelli e renderlo suolo pubblico. In realtà non ci fu bisogno di alcun intervento umano perché la Santa Casa nel mese di dicembre del 1296 lasciò il campo e si collocò laddove è possibile venerarla ancora oggi. Fu la quinta ed ultima traslazione.

2.8 Quinta tappa: la pubblica strada Alla fine del 1296, dunque, la Santa Casa “per il ministero angelico” si venne a posare in mezzo alla strada pub53 Cfr. G. NICOLINI, Le cinque traslazioni “miracolose” della Santa Casa di Nazareth, Il segno del soprannaturale, n. 222, dicembre 2006, pp. 28-29.


Iniziarono a imperversare briganti e delinquenti, che rapinavano i devoti, tanto da rendere impossibile la visita alla Santa Casa. Questa fu evidentemente la motivazione principale del nuovo spostamento, questa volta poco più in alto, sul Monte Prodo. Rivestimento marmoreo, Antonio da Sangallo, 1531-1534.


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blica che congiungeva Recanati con Ancona e Porto Recanati. Le tre pareti sono poste sulla strada, senza fondamenta proprie. Solo quando si ritenne poco sicura la loro statica si inserirono delle sottofondazioni e un grosso muro intorno. Per capire che la collocazione della Santa Casa sulla pubblica strada non è stata un’opera umana basterebbe il più elementare buon senso. Come spiegare infatti che l’autorità possa aver permesso di erigere un edificio su di una strada pubblica importante, a costo di rifare un tratto considerevole della medesima e che inoltre tale edificio sia stato edificato senza fondamenta proprie e che si sia rimediato a tale supposta omissione con delle opere successive di sottofondaNel 1295 le tre pareti della Santa Casa giunsero in un bosco nella zona di Recanati, ubicato dietro l’attuale stazione ferroviaria di Loreto. Oggi nell’area sorge una chiesetta a ricordo. La località è detta “Banderuola”, perché alcuni devoti, all’epoca dei fatti miracolosi, issarono una bandiera sulla cima di un altissimo pino per mostrare ai pellegrini il punto esatto dove si trovava la Santa Casa.


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zione, molto più impegnative e costose di quanto sarebbero state le comuni fondamenta di cui ogni edificio è dotato?

2.9 Alcune precisazioni Circa le date, occorre precisare che generalmente e convenzionalmente si considera il 1294 come l’anno in cui la Santa Casa giunse a Loreto. In realtà però l’unica certezza è che in quell’anno la preziosa reliquia lasciò Tersatto e arrivò in suolo italiano. Secondo il già citato Prof. Giorgio Nicolini54 l’errore di computazione si deve all’archivista recanatese Girolamo Angelita, che nel XVI secolo fissò la data del 10 dicembre 1294 come quella di arrivo a Loreto, confondendo la data della scomparsa da Tersatto (appunto il 10 dicembre 1294) con quella di arrivo nella zona recanatese, ove poi sorse Loreto. Riguardo invece all’attestazione dell’autenticità delle traslazioni miracolose avvenute in quegli anni, è degna di nota la costruzione della chiesa di Forio, nell’isola di Ischia. Nel 1295, a seguito delle notizie sulla Santa Casa portate dai pescatori locali che tornavano da Ancona, gli abitanti di Forio iniziarono a edificare una chiesa dedicata proprio ai miracoli avvenuti in terra marchigiana prima ancora che tali fatti miracolosi avessero conclusione (nel 1296), segno che già all’epoca v’era una diffusa conoscenza del grande evento55.

2.10 Gli angeli o… la famiglia Angeli? A questo punto occorre fare alcune puntualizzazioni sulla versione moderna che sembra aver ormai quasi totalmente soppiantato quella tradizionale, per secoli riconosciuta ufficialmente dall’autorità della Chiesa e dai fedeli. 54 Cfr. G. NICOLINI, La veridicità storica della miracolosa traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto cit., pp. 78-79. 55 Cfr. ibidem, pp. 80-81.


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Il miracoloso volo angelico sarebbe stato semplicemente una sublimazione e rielaborazione popolare di un evento meramente umano – pur assistito dalla divina Provvidenza –, attribuibile invece ad una certa famiglia Angeli o De Angelis? La presunta fonte storica cui fanno riferimento quanti sostengono questa ipotesi56 (perché di mera ipotesi si tratta) è il cosiddetto Chartularium Culisanense, una raccolta di documenti di vario tipo, di cui non si possiede l’originale, ma solo una copia (vera o presunta che sia) del 1859 e conservata attualmente presso la biblioteca dei monaci di Montevergine (Avellino). Tale documento, stando alla pubblicazione del Prof. Andrea Nicolotti di cui si dirà tra poco, è un falso storico, creato nel XIX secolo da una famiglia di Culisano (Palermo), di cognome De Angelis, per far credere che il suo casato derivasse dalla famiglia principesca “Angeli” dell’Epiro. In tale falso, nel foglio n. 181 si menziona l’elenco dei beni dotali che Ithamar, figlia del despota d’Epiro Niceforo I Angeli-Comneno, portò a Filippo d’Angiò, principe di Taranto e figlio del re di Napoli Carlo II d’Angiò, in occasione del loro matrimonio, avvenuto nel 1294. Tra questi beni si segnalano le “sante pietre” portate via dalla casa della Madonna (“sanctas petras ex domo Dominae Nostrae Deiparae ablatas”) e una tavola di legno dipinta con la sua immagine, con in braccio Gesù Bambino. Anche a voler ammettere, senza concederlo, una autenticità del suddetto documento, dire di aver portato via 56 Ad aver sposato con maggior forza tale ipotesi è il padre Giuseppe Santarelli. Cfr. G. SANTARELLI, La Santa Casa di Loreto, cit., pp. 219 e ss. Per una sua confutazione, lo studio recente più importante è senza dubbio G. NICOLINI, La veridicità storica della miracolosa traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto cit., pp. 40 e ss. Nel presente lavoro si attingono informazioni da entrambe le ricerche.


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alcune pietre “dalla Santa Casa” non significa affatto che ci si riferisca alla Casa di Nazareth, avendo la Vergine abitato in più case durante la sua vita (come a Gerusalemme, in Egitto, ad Efeso). E in ogni caso il documento stesso sconfessa l’interpretazione che sia stata trasportata l’intera Santa Casa, dato che parla solo di “sante pietre portate via”: quindi non la Santa Casa “intera”, ma al massimo alcune pietre di essa! Invece a Loreto c’è proprio la Santa Casa “integra” e non “alcune pietre” della stessa. Oltretutto da sempre si è parlato o comunque inteso che a lasciare miracolosamente Nazareth sono state le pareti integre della camera di Maria, e non delle singole pietre. Anche perché se di semplici pietre si tratta, diventa assurdo parlare di “Santa Casa”, in quanto a Loreto oggi non vi sarebbe parte della dimora della Madonna, ma semplicemente alcune pietre prese da lì. Inoltre non si comprendono molte questioni. Come mai Niceforo Angeli-Comneno ha potuto disporre a suo piacimento dell’insigne reliquia, che allora si trovava sotto la Basilica dell’Annunciazione? Nessuna autorità ecclesiastica locale ha avuto nulla da ridire? E poi, ammettendo che le operazioni di trasporto siano state pensate anche per preservare la casa dalle violenze islamiche (la conquista di San Giovanni d’Acri avvenne proprio nel 1291), come mai questi beni dotali sono poi finiti nel territorio di Loreto, in quello che all’epoca era lo Stato della Chiesa? Come mai non si sa nulla di questo viaggio che avrebbe sicuramente richiesto denaro, tempo e organizzazione?57 L’ipotesi più diffusa parla di un dono al Pontefice, ma non trova alcun solido fondamento. Tuttavia, pur essendoci la possibilità di trasportare materialmente grandi quantità e pesi di pietre via mare (ma non una casa integra!), non si spiega 57 Cfr. G.M. PACE, Miracolosa traslazione a Loreto della dimora della Santissima Annunziata, cit., pp. 18 e ss.


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davvero il motivo di ben cinque spostamenti e soprattutto non si vede come sia poi stato possibile ricostruire la reliquia con tutte le caratteristiche davvero eccezionali (senza fondamenta, con calcina mediorientale e risalente a secoli e secoli prima, sulla pubblica strada e in parte sporta nel vuoto, etc.) di cui si è già parlato. Che lungo i secoli la Traslazione o, meglio, le Traslazioni miracolose siano state messe in dubbio da singole personalità con uno spirito materialista, razionalista e di diffidenza verso ogni intervento soprannaturale è noto: era lo spirito presente già a partire dall’Umanesimo. Ma ai nostri giorni il prof. Nicolini denuncia le manipolazioni che alcuni studiosi contemporanei apportano a pitture, raffigurazioni e xilografie dei secoli XV e XVI, facendo credere che in tali riproduzioni si mostrino già le due ipotesi del trasporto umano e del trasporto miracoloso, come ad esempio in un dipinto del XVI secolo conservato nel Museo-Pinacoteca del Santuario. Trattandosi di una sorta di cartina geografica, in tale dipinto l’autore raffigura delle navi e la Santa Casa portata dagli angeli sopra il mare. L’intenzione è ben illustrata nella didascalia posta in basso, ove è scritto espressamente che il dipinto mostra solo e soltanto le traslazioni miracolose, mentre le navi sono solo un abbellimento dell’opera; inoltre ciò che da alcuni oggi viene identificata come la Santa Casa è in realtà il casotto che le navi medievali avevano a prua e in cui si conservavano gli strumenti utili alla navigazione. Ma l’interpretazione manipolata nei libri di alcuni studiosi recenti, che pubblicano soltanto dei parziali riquadri senza la descrizione inequivocabile dell’autore in basso, fanno credere ai lettori che si volesse in realtà rappresentare le due ipotesi: quella del trasporto miracoloso e quella del trasporto umano, dando credito naturalmente più alla seconda che alla prima.


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Lo stesso discorso vale per una stampa del 1582-1585, conservata agli Uffizi di Firenze: il particolare, minuscolo, di una nave con una casa e senza vela non dimostra alcunché, anche perché l’autore, pure in questo caso, nelle note scritte in basso parla solo e soltanto del trasporto miracoloso. L’esistenza di scettici sulla questione lauretana, come per tanti altri avvenimenti, non può perciò inficiarne la veridicità storica. Oltretutto, se in passato i negatori si concentravano più sull’autenticità della Santa Casa, fu grosso modo solo all’inizio del XX secolo, con il canonico Ulisse Chevalier, che si iniziò a parlare di trasporto marittimo e dunque umano della stessa. Ma l’autorità ecclesiastica ha sempre preso le distanze da questa ipotesi e svariati autori cattolici l’hanno smentita in molti testi, come vedremo tra poco. Tornando al Chartularium Culisanense, in uno studio del 2012 il sopra citato Prof. Andrea Nicolotti58 (del Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli Studi di Torino) ha minimizzato di molto la presunta decisiva importanza del documento, di cui mette in dubbio l’autenticità. Nelle sue conclusioni, pur affermando di non essere in grado di prendere una posizione netta sull’argomento per mancanza di prove, dice però chiaramente che a suo parere «il carattere sostanzialmente fasullo della storia e dei documenti bizantini prodotti dalla famiglia De Angelis [di Palermo, nel cui palazzo è stato rinvenuto il Chartularium e senza alcun legame con i regnanti d’Epiro nda] deve indurre a sospettare fortemente della credibilità di tutte le fonti che essi accreditano»59. Se ciò è vero, tutta l’ipotesi del trasporto umano e della sublimazione popola58 Cfr. A. NICOLOTTI, Su alcune testimonianze del Chartularium Culisanense, sulle false origini dell’Ordine Costantiniano Angelico di Santa Sofia e su taluni suoi documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Napoli, in www.lavocecattolica. it/falseorigini.cartularium.pdf 2012. 59 A. NICOLOTTI, cit., p. 17.


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re della famiglia Angeli negli angeli del Cielo, viene meno clamorosamente. E a supportarla non basta nemmeno il ritrovamento, nel sottosuolo della Santa Casa, di due monete coniate dalla famiglia Angeli e databili tra il 1287 e il 130860. Innanzi tutto perché di monete ne sono state trovate centinaia e di varie epoche, persino di età romana (anticamente in quel luogo vi era una necropoli), in quanto era normale fare donazioni in occasione della visita-pellegrinaggio. E poi perché la loro presenza semmai attesta un gesto di devozione di alcuni pellegrini, non certo il trasporto umano e la ricostruzione dell’edificio in quel luogo. Anzi, la presenza di quelle monete e di cinque croci di stoffa rossa appartenute ai crociati non fa che confermare l’autenticità della Santa Casa giunta proprio alla fine del XIII secolo nelle Marche. Altrettanto inconsistenti sono i riferimenti – cui si alluse tra fine Ottocento e inizio Novecento – a presunti documenti dell’Archivio Segreto Vaticano61, nascosti o distrutti (non si sa bene) perché avrebbero smentito la tesi del trasporto miracoloso della casa di Maria, sostenuta invece da tutti i Papi e dalla Chiesa fino ad allora. Si tratta di un’insinuazione diffusa ai tempi di Leone XIII dal vescovo di Digione mons. Landrieux, che ne avrebbe appreso l’esistenza dal medico pontificio, Giuseppe Lapponi62, scettico per tutto quello che riguardava Loreto. Tuttavia, a sostegno di questa ipotesi non c’è nessuna prova, se non, per l’appunto, voci di corridoio, probabilmente interessate a seminare confusione. Possibile che in tanti anni nemmeno i nemici della questione lauretana, come lo stesso Lapponi, siano riusciti a dimostrare nulla? 60 Cfr. G. NICOLINI, La veridicità storica della miracolosa traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto cit., pp. 47-48. 61 Cfr. G. NICOLINI, La veridicità storica della miracolosa traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto cit., pp. 44-45. 62 Cfr. G. SANTARELLI, La Santa Casa di Loreto, cit., pp. 211 e ss.


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Insomma, nonostante tutto resti avvolto da un certo mistero (e del resto lo possiamo dire anche per innumerevoli altri avvenimenti della storia sacra e di miracoli recenti), parlare di Traslazione miracolosa della Santa Casa appare ancora oggi la soluzione più razionale e ragionevole e non si vede per quale motivo tanto accanimento verso di essa proprio da parte di un certo mondo cattolico.

2.11 La misteriosa notte tra il 9 e il 10 dicembre… Un’ulteriore attestazione della Traslazione miracolosa si ritrova nelle feste popolari. La Madonna di Loreto è la patrona delle Marche e il 10 dicembre, giorno in cui viene ricordata liturgicamente la Traslazione della Santa Casa, è stata proclamata anche dalle istituzioni civili “Giornata delle Marche”. Ebbene, a questa festa sono legate tradizioni secolari che purtroppo, a seguito dei profondi mutamenti sociali e culturali avvenuti a partire dalla fine degli anni Sessanta, si sono andate perdendo. Bisogna però dire che negli ultimi tempi si è assistito ad una loro ripresa, dettata specialmente dal desiderio di conservare il prezioso e ricco patrimonio folkloristico locale. Tradizionalmente è la sera e la notte della vigilia della Traslazione che avvengono le manifestazioni più importanti e caratteristiche. Quella del 9 dicembre, infatti, per i marchigiani è la sera della “Venuta”, ovvero la notte in cui si ricorda la Traslazione miracolosa, per mano angelica, delle tre pareti integre della Santa Casa di Nazareth sul colle lauretano. A livello popolare e in maniera spontanea, i festeggiamenti per la venuta della Santa Casa incominciarono quasi subito, fin dal XIV secolo63. Si ebbe però la loro ufficia63 Le informazioni sono tratte da G. SANTARELLI, Tradizioni e Leggende Lauretane, cit., pp. 26 e ss.


In tantissime chiese marchigiane si conservino tipici gruppi scultorei, solitamente in legno, raffiguranti la Santa Casa a forma di chiesetta, munita di un piccolo campanile e con sopra la Vergine e il Bambino.

Foto: Longarini Bruno, Loreto.

Collegiata di San Secondo, Asti

“Fuochi della Venuta” e processione a Loreto


La casa portata dagli angeli

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lizzazione e celebrazione in maniera organizzata nel XVII secolo, soprattutto grazie alla predicazione e all’opera dei cappuccini padre Bonifazio di Ascoli e fra Tommaso di Ancona. Nel 1624, il comune di Recanati (cui Loreto allora apparteneva), dispose che la sera del 9 dicembre «con lo sparo dei mortari e col suono di tutte le campane, si faranno fuochi sopra la terra del comune e si metteranno i lumi a tutte le finestre della città e si accenderanno fuochi da’ contadini di tutte le campagne»64. Da qui è iniziata la tradizione dei “fuochi” (detti “focaracci” nel maceratese e fermano, “fugarò” nell’anconetano e “fochère” nell’ascolano) che si accendono nelle campagne, nei piazzali delle chiese e nei quartieri dei borghi di tutta la regione per illuminare la strada alla Madonna e a Gesù Bambino che arrivano in volo sulla loro casa. Non è un caso che in tantissime chiese marchigiane si conservino tipici gruppi scultorei, solitamente in legno, raffiguranti la Santa Casa a forma di chiesetta, munita di un piccolo campanile e con sopra la Vergine e il Bambino. Ecco perché nella regione la Madonna di Loreto è conosciuta anche come Madonna del “tettarello” (nel maceratese “de li cuppitti”), ovvero del tetto, perché è raffigurata sopra il tetto della casa. Pur variando da paese a paese, da quartiere a quartiere e anche da famiglia a famiglia, generalmente i “fuochi della Venuta” venivano accesi prima o dopo cena ma comunque, ovvio, sempre di notte. La gente si radunava attorno al falò, recitava il Santo Rosario e cantava le Litanie Lauretane, aggiungendo poi canzoni ed inni mariani di devozione popolare. Ogni casa ed abitazione, inoltre, metteva almeno un lumino alla finestra o sul davanzale. Tutto ciò è stato recentemente e lodevolmente recuperato da diverse parrocchie e comunità locali. Un tempo era poi tradizione che i nonni o i genitori raccontassero ai più piccoli la storia 64 Cit. in G. SANTARELLI, Tradizioni e Leggende Lauretane, cit., p. 30.


Il Miracolo della Santa Casa di Loreto

della miracolosa Traslazione e non è difficile immaginare quanto ai bambini questo solleticasse la fantasia. Il momento culminante comunque avveniva generalmente alle 3 di notte, l’ora in cui si riteneva che le tre pareti fossero approdate in suolo marchigiano. In quell’orario le campane suonavano a festa e molti capifamiglia sparavano diversi colpi di fucile dalle finestre per accogliere la Venuta. Poi ci si recava in chiesa per pregare e sovente era prevista la celebrazione della Messa.

Nascita della Vergine. Dettaglio del polittico dell’Incoronazione di Maria Vergine. Vittore Crivelli, 1485-1489. Pinacoteca Civica “Vittore Crivelli”, Sant’Elpidio a Mare (FM).

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Capitolo III

Dove è nata la Madonna? Concentriamoci ora su un altro fatto eclatante avvenuto in Santa Casa, oltre a quello, fondamentale, dell’Annunciazione. La dimora di Nazareth, ora a Loreto, è anche il luogo dove la Madonna è nata? In effetti, l’8 settembre, festa della Natività di Maria Santissima, sin dal XIV secolo è solennemente celebrato nel santuario. Più volte i Sommi Pontefici (e la Sacra Congregazione dei Riti nel 1916) hanno concesso particolari indulgenze e privilegi per quel giorno e hanno scritto che sì, fra quelle tre sante pareti è avvenuta l’aurora della Redenzione, ovvero la nascita della Madre di Dio (basti pensare a Giulio II nel 1507, Pio IV nel 1560, Sisto V nel 1586 e Clemente VIII nel 1595). Addirittura alcuni, tra i


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quali Pio IX, si sono spinti a scrivere che pure l’immacolato concepimento della sempre Vergine ha avuto luogo lì (Bolla Inter omnia, del 1852). Ovviamente si tratta di una questione su cui è lecito discutere e pensare diversamente: nessuno ha la certezza assoluta e d’altro canto non solo tutto ciò non è necessario ai fini della salvezza, ma possiamo ritenere che Dio abbia avvolto certi avvenimenti nel mistero per farci comprendere meglio la nostra piccolezza e per stimolarci a indagare e occuparci così delle “cose celesti”, elevando il nostro sguardo da terra. Tuttavia non possiamo ignorare alcuni fatti inequivocabili che confermerebbero la tradizione. Molti padri dell’antichità, tra cui Epifanio, il Sinassario Armeno, Ippolito di Tebe e soprattutto quelli occidentali, hanno sempre concordato con la cosiddetta “tesi nazaretana”. Tesi che ha trovato crescenti consensi nel corso del tempo, dal Medioevo in poi, basti pensare al sacerdote Giovanni di Würtzburg, che cita lo Pseudo-Girolamo: «Ella è nata a Nazareth ed anche nella medesima camera dove, più tardi, dopo la salutazione angelica, concepì per opera dello Spirito Santo»65. In effetti, «Luca nel racconto dell’annunciazione e della visitazione fa supporre che Maria fosse di Nazareth, dove aveva la sua casa. L’evangelista, dopo il racconto della visita di Maria a S. Elisabetta, scrive “rimase con lei circa tre mesi e poi tornò a casa sua (1,56)»66. Ed essendo avvenute in quella casa l’Annunciazione e l’Incarnazione, è normale ritenere che poi venne eletta a dimora della Santa Famiglia. Diverse rivelazioni private, come quelle alla venerabile Maria d’Agreda e alla beata Caterina Emmerich, inoltre, hanno confermato che la Santa Vergine è nata a Nazareth. 65 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., pp. 31-32. 66 G. SANTARELLI, La Santa Casa di Loreto, cit., p. 198.


Dove è nata la Madonna? 79 Quando, dopo la miracolosa traslazione delle sante pareti a Tersatto, la Madonna apparve al parroco del luogo, don Alessandro Giorgiewich, che era affetto da idropisia, lo guarì e gli spiegò che quella era la casa dove era nata, era cresciuta e dove il Verbo si fece carne. Lo stesso accadde in Italia, dove la Madonna diede le medesime informazioni apparendo ad un eremita di Montorso (Loreto). Inoltre, tanto il Teramano quanto il Mantovano, nel XV secolo, danno per certa la nascita di Maria nella casa nazaretana. In un opuscolo, che nel 1578 Papa Gregorio XIII fece tradurre in otto lingue, il Teramano scrisse: «E in questa camera visse la Beatissima Vergine. Qui nata, educata e poi salutata dall’Angelo Gabriele e adombrata dallo Spirito Santo». A lui si associò il Mantovano: «Il Tempio della Beata Madre Lauretana il quale fu culla della stessa Vergine, nella quale è nata, cresciuta, salutata dall’Angelo Gabriele e adombrata dallo Spirito Santo»67. C’è poi un fatto miracoloso degno di nota e che sarebbe la conferma divina della tradizione occidentale: il miracolo delle fiamme68, di cui hanno scritto il Teramano e il Riera. Il Teramano ricorda che all’epoca dell’arrivo della Santa Casa nella zona di Loreto, per diversi anni consecutivi, ogni 8 settembre, prima che scendesse la notte, un eremita del luogo, tale fra’ Paolo della Selva, vide una luce scendere dal cielo verso le sante pareti e poi diffondersi intorno. Il Torsellini narra che lo stesso si verificò anche nel 1550, mentre un padre gesuita stava predicando in basilica: alcuni fuochi di luce chiara scesero sopra la Santa Casa, vi sostarono per qualche tempo e poi si sparsero sulla folla presente, tornando infine verso l’alto e sparire. Ne fu testimone diretto lo 67 Per entrambe le citazioni, cfr. G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., pp. 222223. 68 Cfr. G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., pp. 155-156.


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storico padre Riera. Due anni dopo il miracolo delle fiamme si ripeté: apparve una sorta di cometa sulla sommità interna della cupola, si posò sulla Santa Casa, si diffuse ancora una volta sui fedeli e, dopo una sosta sopra il crocifisso presente in Santa Casa, sparì. Nel 1554 il fenomeno si ripeté all’esterno, arrivando a riguardare anche i paesi vicini a Loreto, dalle due di notte fino all’aurora. Sono stati registrati anche tanti altri casi. Urbano VI nel 1389 concesse al santuario un’indulgenza plenaria per l’8 settembre. E a ricordo di tutto ciò era stata appesa alla cupola una stella a sei punte, che fino al 1972 ogni 9 dicembre (anniversario della Traslazione e non per la festa della Natività di Maria) veniva accesa per la grande gioia dei fedeli, specie dei più piccoli.69 Infine, va segnalato un altro miracolo davvero significativo. Nel 1654, un fratello converso dell’ordine di San Francesco entrò nella Santa Casa di Loreto con spirito alquanto scettico verso tutto quello che si diceva al riguardo. Appena varcata la soglia, subito cadde a terra come colpito da un malore, tanto da sembrare vicino alla morte. Venne condotto fuori e soccorso. A quel punto, tornato in sé, gridò tra le lacrime: “Sì, è questa la camera natale della Beata Vergine Maria; è questo il santuario dove il Verbo è stato concepito”. Cosa era accaduto nel frattempo? Cosa gli aveva fatto cambiare radicalmente idea? Cosa aveva fugato ogni suo dubbio? Egli stesso spiegò di aver visto la Madre di Dio con il Bambino Gesù guardarlo con un’aria irritata e minacciarlo con il fuoco dell’inferno. Colpito da un salutare timore, per tutta la vita si adoperò per proclamare la verità sulla Santa Casa venerata a Loreto.70

69 Cfr. G. SANTARELLI, Tradizioni e Leggende Lauretane, cit., pp. 55 e ss. 70 Cfr. A.R. CAILLAUX, Histoire critique et religieuse de Notre Dame de Lorette, Parigi 1843, p. 243.


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Capitolo IV

La Chiesa non ha dubbi Papa Giovanni Paolo II, come già ricordato, nel 1993 definì la Santa Casa di Loreto, «primo Santuario di portata internazionale dedicato alla Vergine e, per diversi secoli, vero cuore mariano della cristianità», ricordando pure come lo stesso abbia «goduto sempre speciale attenzione da parte dei Romani Pontefici che ne hanno fatto meta frequente del loro pellegrinaggio e oggetto delle loro cure apostoliche». In effetti, ad attestare l’importanza e la straordinarietà della basilica lauretana e del miracolo lì avvenuto è stato, lungo i secoli, proprio il Papato, con vari pronunciamenti e soprattutto con la liturgia, attraverso la quale hanno trovato riconoscimento ufficiale sia l’autenticità della Santa Casa sia le sue miracolose traslazioni.

4.1 La festa della Traslazione della Santa Casa Innanzi tutto occorre sottolineare che il 10 dicembre liturgicamente ricorre la festa della Traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto e non la festa della Madonna di Loreto, come da diversi anni si scrive erroneamente nei calendari o si afferma per semplicità ed ignoranza. Certamente si tratta anche di una festa mariana, ma è significativo ricordare che nel calendario liturgico tradizionale, prima cioè delle riforme volute dal Concilio Vaticano II, nelle formule della Messa di quel giorno al centro stava (e dovrebbe stare ancor oggi) la Santa Casa. Stabilendo questa festa, la Chiesa si è impegnata fortemente: è sempre valido infatti il principio lex orandi, lex


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credendi. E sebbene il fatto lauretano non sia un dogma infallibile, come peraltro le rivelazioni private e molte altre questioni, è comunque vero che i pronunciamenti della Chiesa sono stati della massima autorevolezza e meritano rispetto e obbedienza. L’istituzione di questa festa, presente da sempre a livello locale, avvenne sotto il pontificato di Urbano VIII, con un decreto della Congregazione dei Riti il 29 novembre 1632, che la approvò limitatamente alla regione delle Marche. Il 30 agosto 1669 fu poi inserita da Clemente IX nel Martirologio Romano, dove stava scritto: “A Loreto, nel Piceno, traslazione della Santa Casa di Maria, Madre di Dio, in cui il Verbo si è fatto carne”71. Lo stesso Pontefice autorizzò per i popoli della Croazia un ufficio e una messa propri per la traslazione della Santa Casa a Tersatto. Il 16 settembre 1699 Innocenzo XII approvò l’Ufficio e la Messa72 propri e fece aggiungere alla VI Lezione del Breviario Romano la storia del prodigio, che così recitava: «La casa natale della Beata Vergine Maria, consacrata dai divini misteri, è stata trasportata per ministero degli angeli dalla terra dei pagani, sotto il pontificato di San Celestino V, prima in Dalmazia, poi in territorio di Loreto, della provincia picena. Che si tratti della vera casa in cui il Verbo si è fatto carne ed ha abitato fra noi è provato sia dalle lettere e bolle papali e dalla venerazione ben nota in tutto il mondo, sia dai continui miracoli che qui si ottengono»73. Papa Benedetto XIV, a tal proposito, affermò che «voler dimostrare la verità dei fatti accennati in questa Lezione, sarebbe un 71 Cit. in G. NICOLINI, La veridicità storica della miracolosa traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto cit., p. 38. 72 Questa la traduzione dell’ orazione della Messa di allora: “O Signore, che nella tua misericordia, col mistero della tua Incarnazione hai santificato la casa della Beata Vergine Maria e l’hai miracolosamente trasportata nel seno della tua Chiesa, fa’ che, scostati dalla casa dei peccatori, noi diventiamo degni abitatori dei tuoi santi tabernacoli”. Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 182. 73 Cit. in ivi.


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voler rifare quanto gli storici della Santa Casa hanno fatto con tanto zelo e dottrina»74. Benedetto XIII e i suoi successori estesero la festa anche alla Toscana, a Roma, alla Repubblica di Venezia e poi all’intera penisola italiana e a tutte le nazioni, diocesi ed ordini religiosi che lo avessero richiesto. La Sacra Congregazione dei Riti in un decreto del 16 aprile 1916 confermò una volta per tutte: «Si tratta veramente della casa natale della Beata Vergine Maria dove tanti divini misteri si sono compiuti. Questa casa così favorita, trasportata già dagli angeli dalla Palestina in Dalmazia e poi a Loreto, nel Piceno, si manifesta a tutti con il fulgore continuo dei suoi miracoli e il favore costante dei doni celesti: veramente qui il Verbo si è fatto carne»75. La festa subì alterne vicende. Fino al 1956 in tutta Italia il 10 dicembre era celebrato con rito doppio di prima classe con ottava (così disposto da papa Leone XIII in un breve del 23 luglio 1894). Dopo il 1956, nel contesto di una semplificazione del Messale, scomparve l’ottava. Il 14 febbraio 1961, poi, la Sacra Congregazione dei Riti emise un’istruzione in cui stabilì che la Traslazione dell’Alma Casa della Beata Vergine Maria tornasse ad essere celebrata obbligatoriamente soltanto nelle Marche.76

4.2 Le Litanie Lauretane Accanto alla liturgia, non si possono tralasciare le Litanie Lauretane, la cui diffusione evidenzia molto bene l’importanza che sempre ha avuto il santuario di Loreto. Erano 74 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 182. 75 Cit. in ibidem, p. 186. 76 La Congregazione del Culto Divino, il 7 ottobre 2019, ha inserito nel Calendario Romano Generale, al 10 dicembre, la memoria facoltativa della “Beata Vergine Maria di Loreto”. Nel testo del decreto il miracolo della Traslazione della Santa Casa viene totalmente omesso. Cfr. https://press.vatican.va/content/salastampa/it/ bollettino/pubblico/2019/10/31/0834/01731.html


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le invocazioni che recitavano i pellegrini nella Santa Casa e si basavano su testi preesistenti. Tuttavia il più antico formulario che le raccoglie risale al XVI secolo e così le Litanie divennero ben presto riconosciute solennemente dalla Santa Sede. Il primo Papa ad approvarle ed indulgenziarle fu il marchigiano e francescano Sisto V, con la bolla Reddituri dell’11 luglio 1587. Durante il pontificato di Clemente VIII, invece, con il decreto Quoniam multi del 6 settembre1601, il Sant’Uffizio stabilì la loro forma attuale: «Dato che di questi tempi, anche molte persone private ogni giorno divulgano nuove litanie col pretesto di fomentare la devozione; poiché circola già una gran varietà, quasi innumerevole di litanie, ed in alcune di esse sono state trovate espressioni sconvenienti e in altre, cosa ben più grave, anche pericolose che sapevano di errore; volendo provvedere con sollecitudine pastorale all’incremento della devozione delle anime e dell’invocazione di Dio e dei Santi, senza il pericolo di quel detrimento spirituale, [Clemente VIII] stabilisce e comanda che si mantengano le Litanie più antiche e comuni, che si trovano nei Breviari, Messali, Pontificali e Rituali, nonché le Litanie che solitamente si cantano nel santo tempio di Loreto. Chiunque volesse pubblicare altre Litanie, o usarne nelle Chiese – sia negli oratori, sia nelle processioni – di già pubblicate, sia tenuto a presentarle alla Congregazione dei Sacri Riti, perché siano approvate e corrette, se necessario. Non presumano, costoro, di divulgarle in pubblico o di recitarle pubblicamente senza il permesso e l’approvazione della suddetta Congregazione, sotto la pena (oltre a quella del peccato commesso) che sarà severamente inflitta a discrezione dell’Ordinario e dell’Inquisitore»77. Per questo motivo da allora in poi ogni modifica ed aggiunta alle Litanie Lauretane deve essere approvata dalla Santa Sede. 77 Cit. in A. M. APOLLONIO, Le Litanie Lauretane, Casa Mariana Editrice, Frigento (AV) 2013, p. 7.


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È interessante ricordare che durante un suo viaggio a Loreto, nell’estate del 1770, il giovane Wolfgang Amadeus Mozart rimase talmente colpito ed estasiato dalla Santa Casa che l’anno successivo compose le sue Litaniae Lauretanae Beatae Mariae Virginis.

4.3 La voce dei Sommi Pontefici I pronunciamenti dei Papi su Loreto sono davvero tanti. Seppur con brevità, è opportuno fornire un quadro che sia il più completo possibile. Pare innanzi tutto – stando a quanto riportato da San Pietro Canisio78 – che il marchigiano Niccolò IV fosse venuto a conoscenza della miracolosa traslazione a Tersatto. Bonifacio VIII invece fu informato dell’arrivo in Italia della preziosa reliquia. E a tal proposito alcuni sostengono che l’indizione del primo Giubileo da parte sua, nel 1300, ovvero solo quattro anni dopo l’ultima traslazione della Santa Casa, sia stata motivata anche dalla volontà di permettere ai pellegrini diretti a Roma di recarsi a Loreto79. Indiretto ma primo esplicito riferimento al “miracolo della Santa Casa” è contenuto nella bolla di Clemente V del 18 luglio 1310, in cui ratificò il voto fatto da alcuni pellegrini tedeschi a Loreto e scrisse della “miracolosa divina Vergine Lauretana”. Altri riferimenti alla Santa Casa vennero poi fatti da Giovanni XXII nel 1320. Benedetto XII concesse privilegi e indulgenze a quanti si fossero recati a pregare a Loreto. Decisione che venne successivamente ribadita e confermata da Urbano VI, Bonifacio IX, Martino V ed Eugenio IV. Papa Niccolò V si recò due volte in pellegrinaggio nella Santa Casa e dispose che i doni offerti venissero conservati per costituire il tesoro. 78 Cfr. G. SANTARELLI, La Santa Casa di Loreto, cit., p. 17. 79 Cfr. P.V. MARTORELLI, Teatro istorico della Santa Casa, cit., c. III, p. 50.


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A conferma della tradizione delle traslazioni miracolose è importante segnalare il gesto di papa Urbano V, che nel 1367 inviò ai fedeli di Tersatto di una immagine della Vergine Lauretana, allo scopo di consolare il loro dolore per aver perduto la Santa Casa. I tersattesi ritennero infatti sempre un vero miracolo l’apparizione della casa e, una volta saputo del suo spostamento a Loreto, cominciarono a fare pellegrinaggi verso la località marchigiana, pregando la Vergine di tornare ad abitare tra loro. Tutt’oggi, quell’immagine della Vergine Lauretana di Urbano V è assai venerata a Tersatto e tra gli sloveni. Un rapporto particolare con Loreto lo ebbero Pio II e Paolo II. Pio II riuscì a visitare il santuario nonostante fosse in fin di vita proprio per una grazia speciale della Virgo Lauretana: morì infatti poco tempo dopo, nel 1464, ad Ancona, dal cui porto era in partenza la crociata da lui promossa contro i turchi. Paolo II nel 1470 indisse un giubileo straordinario limitato alla visita alla basilica e nelle bolle ad essa dedicate parlò di santuario “miracolosamente fondato” e dell’immagine della Madonna giunta per mirabile clemenza divina in mezzo ad una scorta celeste. Non solo: quando era ancora cardinale (il suo nome era Pietro Barbo) e assisteva Pio II nella sua malattia, venne colpito dalla peste. Pregando tra le mura della Santa Casa, gli apparve la Madonna, che lo guarì e gli preannunciò la sua imminente elezione al soglio pontificio: così avvenne e addirittura al primo scrutinio del conclave, il 30 agosto 1464. Paolo II, in segno di gratitudine e per attestare esplicitamente il miracolo, dedicò la sua prima enciclica proprio alla Vergine di Loreto. Il sommario del documento venne fatto scolpire dal Governatore della Santa Casa, Vincenzo Casali, su una grande lastra di marmo che ancora oggi è murata nella lesena della navata di sinistra del Santuario80. 80 Cfr. G. NICOLINI, L’approvazione dei Sommi Pontefici delle miracolose traslazioni della Santa Casa di Nazareth a Loreto, in Il Segno del soprannaturale, n. 209, novembre 2005, p. 19.


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Sisto IV dichiarò Loreto proprietà della Santa Sede e conferì alla Santa Casa il titolo di Alma Domus. Giulio II, che il 21 ottobre 1507 emanò una bolla in cui confermò le indulgenze concesse dai suoi predecessori e confermò le miracolose traslazioni prima in Dalmazia e poi in Italia81, fu miracolato dalla Vergine Lauretana, che gli salvò la vita durante la battaglia di Mirandola. Il Papa visitò il santuario celebrandovi la Messa nel giorno della Natività di Maria del 1510. Donò inoltre come ex voto la palla di cannone dalla quale si era salvato. Riferendosi alla insigne reliquia, Papa Della Rovere tra l’altro scrisse «che non solo l’immagine della Beata Vergine si trova in questa chiesa, ma ut pie creditur et fama est, conformemente alla tradizione, qui si trova anche la camera dove la Beata Vergine Maria fu concepita, cresciuta, dove fu salutata dall’Angelo, dove concepì per opera dello Spirito Santo il Salvatore del mondo, dove nutrì e allevò il divin Figlio, dove rapita nelle cose celesti, se ne stava pregando, e questa camera dagli apostoli fu trasformata in cappella dedicata alla Beata Vergine, dove fu celebrata la prima messa…»82. Leone X, nel breve del 1° giugno 1515, parlando della Santa Casa scrisse testualmente che: «è provato da testimoni degni di fede che la Santa Vergine, dopo aver trasportato per l’onnipotenza divina, la sua immagine e la propria casa da Nazareth in Dalmazia, quindi nella foresta di Recanati e nel campo di due fratelli, la fece deporre per il ministero degli angeli, sulla pubblica via, ove trovasi tuttora e dove l’Altissimo, per i meriti della Santissima Vergine, continua a operare miracoli»83. Clemente VII inviò una delegazione di uomini a Nazareth per confermare l’autenticità della preziosa reliquia: e il 81 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., pp. 172-173. 82 Cit. ivi. 83 Cit in G. NICOLINI, La veridicità storica della miracolosa Traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto, cit., p. 32.


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responso fu positivo. Giulio III fondò a Loreto il Collegio dei Penitenzieri, affidandolo ai gesuiti. Pio IV nel 1560 ribadì che quella sacra stanza dove la Beata Vergine fu concepita, nacque, venne allevata e fu salutata dall’angelo Gabriele, come attestato da testimonianze degne di fede «fu trasportata con la sua statua, per ministero degli angeli, dalla città di Nazareth nel territorio di Recanati, dove resta l’oggetto della venerazione profonda di tutte le nazioni cristiane»84. Pio V, che come vedremo ricorse alla Vergine Lauretana contro il pericolo islamico, fece riprodurre sugli Agnus Dei la Santa Casa, sulla cui autenticità mai mostrò il minimo dubbio. Gregorio XIII fondò il Collegio Illirico e fece coniare alcune monete con l’effigie delle tre Sante Pareti. Sisto V, papa marchigiano, la cui statua troneggia davanti al santuario, fece scrivere sul frontespizio della basilica “Deiparae domus in qua Verbum caro factum est” (“Casa della Madre di Dio in cui il Verbo si è fatto carne”), e – come disse – «considerando che Loreto gode di una straordinaria fama mondiale, perché nel centro della sua chiesa si trova la santa stanza nella quale la Vergine Maria nacque, fu salutata dall’Angelo e concepì di Spirito Santo il Salvatore del mondo, che questa stanza è stata trasportata dagli angeli in questo luogo, che qui si operano continui miracoli a favore dei numerosi fedeli che vi affluiscono da tutto il mondo»85, le conferì il titolo di città e di vescovado. Fu sempre Sisto V a dare slancio, nel 1586, all’Ordine della Madonna di Loreto (i Cavalieri Lauretani), con il compito di difendere la città e proteggere la Marca d’Ancona dalle razzie dei corsari e dei turchi. Un altro marchigiano, Papa Clemente VIII, nel 1595 fece scolpire sul marmo del rivestimento della Santa Casa un’iscrizione che ripercorre la sua origine e il suo aspetto miracolistico. La riportiamo qui, tradotta dal latino: «Ospite 84 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 174. 85 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., pp. 174-175.


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cristiano che qui venisti o per devozione o per voto, ammira la Santa Casa Loretana venerabile in tutto il mondo per i misteri divini e per i miracoli. Qui nacque Maria SS. Madre di Dio, qui fu salutata dall’Angelo, qui s’incarnò l’eterno Verbo di Dio. Questa gli Angeli trasferirono dalla Palestina, la prima volta in Dalmazia, a Tersatto, nell’anno 1291 sotto il pontificato di Nicolò IV. Tre anni dopo, nel principio del Pontificato di Bonifacio VIII, fu trasportata nel Piceno, vicino alla città di Recanati, in una selva, per lo stesso ministero angelico, ove, nello spazio di un anno, cambiato posto tre volte, qui ultimamente fissò la sede già da 300 anni. Da quel tempo commossi i popoli vicini di sì stupenda novità ed in seguito per la fama dei miracoli largamente divulgata, questa Santa Casa ebbe grande venerazione presso tutte le genti, le cui mura senza fondamenta, dopo tanti secoli, rimangono stabili e intere. Fu cinta da marmoreo ornato da Clemente VII l’anno 1534. Clemente VIII P.M. ordinò che in questo marmo fosse descritta una breve storia dell’ammirabile Traslazione l’anno 1595. Antonio M. Gallo Cardinale, Vescovo di Osimo e Protettore di Santa Casa, la fece eseguire. Tu, o pio pellegrino, venera con devoto affetto la Regina degli Angeli e la Madre delle grazie, affinché per i suoi meriti e preghiere, dal Figliolo dolcissimo, autore della vita, ti ottenga perdono delle tue colpe, la sanità corporale e le gioie della eternità»86. Nella sua opera Delle feste di Gesù Cristo Signor nostro e della B. Vergine Maria, scritta quando era ancora cardinale arcivescovo di Bologna, parlando della Santa Casa e attingendo, tra gli altri, anche a San Pietro Canisio e al noto storico cardinal Baronio, Benedetto XIV la chiamò «Aula, dove il Verbo Divino prese l’umana carne, trasportata per ministero degli Angeli; così attestano sia gli antichi documenti, e la 86 Cit. in G. NICOLINI, Miracolose Traslazioni della Santa Casa di Nazareth a Loreto, in http://www.vaticano.com/la-traslazione-miracolosa-nella-selva-dellasignora-loreta/.


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perpetua tradizione, sia le testimonianze dei Sommi Pontefici, come il comune sentimento dei fedeli e i miracoli che si verificano di continuo» Non solo. Papa Lambertini, nel suo monumentale De Servorum Dei Beatificatione et Beatorum Canonizatione (libro III, cap. X, n. 5), così scrisse: «[…] non mancano coloro che hanno osato inserire tra le favole la traslazione della santa casa, nella quale il Verbo si fece carne, fatta dalla Galilea alle Marche, a causa della mancanza di autori contemporanei che narrino la predetta traslazione. […] Sia lecito annotare che o non mancarono autori contemporanei, su testimonianza del citato Guido Grandi cit. dissert. 3 cap. 8 num. 12: Poiché esistono, dopo pochi anni dalla venuta in Italia della santa casa, indubbi documenti di quella regione nella quale fece sosta di circa un secolo e mezzo più antichi dello stesso Antonino (del cui silenzio fanno uso soprattutto i fautori dell’argomento negativo di questa controversia), al quale nessun uomo prudente avrà detto che avrebbe dovuto inserire nelle sue storie una espressa testimonianza di un evento molto conosciuto; da qui è tanto manifesto che alcuni autori contrari hanno abusato intenzionalmente del suo silenzio per impugnare la verità della casa di Loreto; oppure bastano gli annali Fluminesi, nei quali si descrive tutta la storia, visti e studiati da Girolamo Angelita, storico della casa di Loreto, su testimonianza di Antonio Salt nel libro che intitolò Sanctuarium Lauretanum, perché non si dica che manchino documenti contemporanei. Bisogna inoltre prestare fede agli scrittori celebri, cioè al sopra ricordato Angelita, e a Orazio Torsellino, che ebbero questi scritti tra le mani quando stesero la storia lauretana e trassero da essi le loro narrazioni […]». Più recentemente, Pio IX, Papa marchigiano e molto devoto alla Vergine Lauretana che in gioventù, dopo un voto, lo aveva miracolosamente guarito dall’epilessia permettendogli così di abbracciare la vita ecclesiastica, nella Bolla Inter omnia del 1852, scrisse che «fra tutti i Santua-


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ri consacrati alla Madre di Dio, l’Immacolata Vergine, uno si trova al primo posto e brilla di incomparabile fulgore: la veneranda ed augustissima Casa di Loreto. Consacrata dai divini misteri, illustrata dai miracoli senza numero, onorata dal concorso e dall’affluenza dei popoli, stende ampiamente per la Chiesa Universale la gloria del suo nome, e forma ben giustamente l’oggetto di culto per tutte le nazioni e per tutte le stirpi umane. A Loreto, infatti, si venera quella Casa di Nazareth, tanto cara al Cuore di Dio, e che, fabbricata nella Galilea, fu più tardi divelta dalle fondamenta e, per la potenza divina, fu trasportata oltre i mari, prima in Dalmazia e poi in Italia. Proprio in quella Casa la Santissima Vergine, per eterna divina disposizione rimasta perfettamente esente dalla colpa originale, è stata concepita, è nata, è cresciuta, e il celeste messaggero l’ha salutata piena di grazia e benedetta fra le donne. Proprio in quella Casa ella, ripiena di Dio e sotto l’opera feconda dello Spirito Santo, senza nulla perdere della sua inviolabile verginità, è diventata la Madre del Figlio Unigenito di Dio»87. Grande devoto del santuario lauretano fu Leone XIII, che in occasione del VI Centenario della Traslazione Miracolosa pubblicò il Breve Felix Nazaretana (23 gennaio 1894), dove ebbe parole di entusiasmo: «Questa Casa, come narrano i fasti della Chiesa, non appena fu prodigiosamente trasportata in Italia, nel Piceno, per un atto di suprema benevolenza divina, e fu aperta al culto sui colli di Loreto, attirò immediatamente su di sé le pie aspirazioni e la fervida devozione di tutti, e le mantenne vive nel corso dei secoli. […] Comprendano tutti, e in primo luogo gli Italiani, quale particolare dono sia quello concesso da Dio che, con tanta provvidenza, ha sottratto la Casa ad un indegno potere 88 87 Cit in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 188. Cfr. anche G. NICOLINI, La veridicità storica della miracolosa Traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto, cit., p. 33. 88 Quello dei musulmani, che avevano invaso la Terra Santa.


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e con significativo atto d’amore l’ha offerta ad essi. Infatti in quella beatissima dimora venne sancito l’inizio della salvezza umana, con il grande e prodigioso mistero di Dio fatto uomo, che riconcilia l’umanità perduta con il Padre e rinnova tutte le cose»89. Fu poi sotto il pontificato di Papa Pecci che venne fondata la Congregazione Universale della Santa Casa (1883), con lo scopo di promuovere il culto mariano-lauretano e di provvedere alla cura della basilica. Con Pio X la devozione lauretana dovette affrontare le critiche razionaliste del canonico francese Ulisse Chevalier, raccolte nel libro Notre Dame de Lorette – Étude historique sur l’authenticité de la S. Casa (1906), dove veniva messa in dubbio sia l’autenticità della Santa Casa, sia quella delle miracolose traslazioni in nome della lotta alla “superstizione” e della purificazione della fede. Il libro ricevette il plauso (ma non l’imprimatur) del Maestro dei Sacri Palazzi, perché a suo parere non intaccava la pietà dei fedeli. Ma l’allora Segretario di Stato, il cardinale Rafael Merry del Val, a un quesito posto alla Santa Sede circa il libro, a nome del Sommo Pontefice rispose che «per quanto concerne la recente pubblicazione del Can. Chevalier, l’intervento del Maestro dei Sacri Palazzi non è affatto piaciuto a Sua Santità. A questo proposito, Sua Santità non ha nascosto a nessuno il dispiacere avutone e m’incarica di manifestarvelo pubblicamente; da tale premessa voi dedurrete facilmente che, in questo caso, le parole del R. P. Maestro non possono mettere alcun ostacolo a ulteriori ricerche e a lavori di confutazione»90. Sempre per smascherare le menzogne sull’autenticità della Santa Casa e della sua miracolosa traslazione, la Congregazione Universale nel 1907 creò un “Collegio perpetuo di difesa della S. Casa”. Papa Sarto inoltre accettò di finanziare il gesuita padre Ilario Rinieri (1853-1941) 89 Cfr. G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., pp. 188-189. 90 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 195.


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affinché studiasse la questione lauretana e difendesse la tradizione contro gli attacchi dello Chevalier. Cosa che fece nella sua celebre opera in tre volumi La Santa Casa di Loreto (Torino 1910-1911). Quelli del pontificato di Pio X erano gli anni del modernismo, “sintesi di tutte le eresie” come ebbe a definirlo nella sua enciclica Pascendi (1907) e dunque le critiche di stampo razionalista e scettico alla tradizione lauretana non stupiscono più di tanto. Al riguardo è utile riportare le parole pronunciate al Congresso Mariano di Le Puy nel 1910 dal P. Thomas, O.M.C., il quale (con piena approvazione di Pio X) notò che dietro la questione lauretana «bisogna riconoscere lo scontro di una mentalità ipercritica molto vicina al Modernismo, mentalità da cui anche i migliori difficilmente si difendono […]. La sana critica può giudicare: da un lato, ecco una scuola nata ieri che vuol riformare le conclusioni emesse con tutta conoscenza di causa e che per sé non ha nessun documento, che formula unicamente giudizi a priori; dall’altro, tutto ciò che il mondo cattolico ha conosciuto di più erudito, i Pontefici romani, i santi, il popolo cristiano nella sua cattolicità, i documenti riconosciuti autentici, le conclusioni delle Commissioni ufficiali. La retta ragione non potrebbe esitare. La verità non si trova certamente con poche unità isolate che hanno falsato la storia. […] Come il protestantesimo nel secolo XVII, come il filosofismo nel XVIII, come il razionalismo nel XIX, l’ipercriticismo nel XX non riuscirà a velare la verità del fatto storico. La reliquia è sicuramente autentica: la vera scienza s’inchina e la fede del popolo cristiano non è cambiata. I Pontefici romani non hanno cessato di proclamare la verità, la tradizione rimane costante. La Santa Casa è proprio la Casa in cui il Verbo si è fatto carne»91. 91 Cit. in G. GOREL, op.cit., pp. 202-204.


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Il trasporto miracoloso delle sante pareti è stato confermato in maniera ancora più solenne e definitiva da Benedetto XV, quando ha dichiarato la Beata Vergine di Loreto “Patrona degli aviatori e di tutti i viaggiatori in aereo” il 24 marzo 1920,92 e ciò proprio in ragione del riconoscimento dell’autenticità storica del volo miracoloso della Santa Casa93. Pio XI benedisse una statua della Madonna di Loreto che accompagnò la missione al Polo Nord di Umberto Nobile94 e scelse la città lauretana per il Congresso Eucaristico Nazionale Italiano del 1930. La Santa Sede, in virtù del Trattato Lateranense, inoltre, riottenne il controllo della basilica e dei beni da essa dipendenti. Degna di nota è a tal proposito l’allocuzione che il cardinal Granito Pignatelli di Belmonte rivolse al Papa Pio XI in occasione del nuovo anno (1935) a nome del Sacro Collegio. Il porporato, tra i temi toccati, indirizzò un pensiero anche a Loreto: «Non vogliamo neppure passare sotto silenzio il grande gesto con cui è piaciuto a V. Santità dare una nuova costituzione 92 In occasione del centesimo anniversario di tale proclamazione, papa Francesco ha indetto un Giubileo Lauretano presso il santuario marchigiano dall’8 dicembre 2019 al 10 dicembre 2020. Cfr. https://www.jubilaeumlauretanum.it/ 93 A testimonianza della popolarità di questo provvedimento e della diffusione della devozione, basti ricordare, a titolo di esempio, che lo stesso poeta Gabriele D’Annunzio, nonostante le sue idee e la sua condotta non propriamente filocattolica, si occupò più volte di Loreto nei suoi lavori letterari. Il 10 Dicembre1937 scriveva al Generale Valle quanto segue: “Oggi, dieci dicembre, ricorre la Traslazione della Santa Casa di Loreto, che nel primo ardore della guerra fu da me proposta (sic!) al riconoscimento degli Aviatori e dichiarata Tutelare degli Aviatori, in guerra ed in pace. Sono certo che in tutti i miei fedeli compagni vige l’onoranza alla Vergine Alata, che ‘in Dalmatiam prius, deinde in Agrum Lauretanum translata fuit’”. Una medaglia benedetta con l’immagine della Madonna di Loreto venne portata dall’astronauta americano James McDivitt e dai suoi due compagni nel volo dell’Apollo 9 del 3-13 marzo 1969. Per queste e altre informazioni, cfr. 80° Anniversario della proclamazione della Madonna di Loreto a Patrona dell’Aviazione, estratto da Il Messaggio della Santa Casa, n. 7, luglio-agosto 2000. 94 Umberto Nobile (1885-1978), uno dei massimi esponenti dell’aeronautica italiana, divenne famoso in tutto il mondo per le sue due trasvolate (nel 1926 e nel 1928) in dirigibile del Polo Nord.


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a uno dei più cari tesori posseduti dalla cristianità nella nostra Italia, voglio dire la Santa Casa di Loreto. Può esserci santuario mariano più venerando della Casa consacrata dalla presenza personale di Maria SS. che l’abitò nella sua vita mortale, di questo “piccolo tesoro” testimone dell’ineffabile scena dell’Annunciazione, dove Maria con il suo “Fiat” accettò di diventare la Corredentrice del genere umano, accogliendo nel suo seno purissimo il Verbo divino? Ecco perché, Santo Padre, come non si trova cristiano sincero che non ami teneramente la SS. Vergine, così non si trova cristiano che non gioisca e non esulti alla vista della Santa Casa, oggetto delle vostre cure e delle vostre sollecitudini pontificie»95. Pio XII, concesse il privilegio di poter celebrare il Santo Sacrificio della Messa sull’altare della Santa Casa per 24 ore consecutive in occasione del 25 marzo, festa dell’Annunciazione. Rivolgendosi ai marchigiani residenti a Roma, il 23 marzo 1958, Papa Pacelli non poté non accennare al santuario lauretano, già definito in un altro discorso del 1956 “insigne e caro”96: «quanto a valori spirituali caratteristici vostri, basta pensare alla Santa Casa di Loreto, per vedere là una benedizione specialissima di Maria, che vi ha fatto e vi fa visitare da innumerevoli anime, le quali vengono a voi portando un atteggiamento di pietà sincera, di fede ardente, di umiltà profonda, oltre che uno spirito di mortificazione proprio di ogni pellegrinaggio veramente devoto»97. 95 Cit. In G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 210. 96 Cfr. Radiomessaggio di Sua Santità Pio XII alle partecipanti al pellegrinaggio nazionale al santuario della Vergine SS.ma di Loreto, in https://w2.vatican. va/content/pius-xii/it/speeches/1956/documents/hf_p-xii_spe_19561014_ pellegrinaggio-loreto.html. 97 PIO XII, Discorso ai marchigiani residenti in Roma, 23 marzo 1958, in https://w2.vatican.va/content/pius-xii/it/speeches/1958/documents/hf_p-xii_ spe_19580323_marchigiani.html.


Giovanni XXIII si recò pellegrino al santuario il 4 ottobre 1962, per chiedere protezione sulla Chiesa in vista dell’apertura imminente del Concilio Vaticano II.

Giovanni Paolo II, recatosi al santuario ben cinque volte e Benedetto XVI in due occasioni.


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Giovanni XXIII si recò pellegrino al santuario il 4 ottobre 1962, per chiedere protezione sulla Chiesa in vista dell’apertura imminente del Concilio Vaticano II. In quell’occasione, oltre a ricordare le visite fatte prima di divenire Sommo Pontefice, Papa Roncalli ripercorse la secolare devozione di tante anime e di tanti suoi predecessori: «Motivi di pietà religiosa mossero Papi e personaggi illustri di ogni secolo a sostare in preghiera in questa Basilica di Loreto, che si estolle sul digradare dei colli Piceni verso il mare Adriatico. Animati da fervida fede in Dio e da venerazione verso la Madre di Gesù e nostra, essi vennero qui in pellegrinaggio, talora in tempi difficili e di gravi ansietà per la Chiesa. Basta ricordare, fra gli altri, i Papi Pio II, Paolo III, l’iniziatore del Concilio di Trento, Pio VI e Pio VII, Gregorio XVI e Pio IX, ed inoltre S. Carlo Borromeo, S. Francesco di Sales e altri Santi e Beati, per averne un tratto di edificante incoraggiamento»98. I viaggi a Loreto degli ultimi Papi sono storia recente. Abbiamo già detto di Giovanni Paolo II, recatosi al santuario ben cinque volte. Al momento, l’ultimo ad avervi fatto visita è stato, in due occasioni, Benedetto XVI. Il 2 settembre 2007, parlando agli abitanti di Loreto, raccomandò loro di non dimenticare mai il “grande privilegio di vivere all’ombra della Santa Casa”99. Il 4 ottobre 2012, invece, riferendosi alla Santa Casa durante l’omelia, volle sottolineare che «questa umile abitazione è una testimonianza concreta e tangibile dell’avvenimento più grande della nostra storia: l’Incarnazione; il Verbo si è fatto carne, e Maria, la serva del Signore, è il canale privilegiato attraverso il quale Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi». E poi continuò evidenziando che «essa fu collocata sopra una strada. La cosa potrebbe apparire piuttosto strana: dal nostro punto di vista, infatti, la casa 98 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 216b. 99 BENEDETTO XVI, Incontro con i fedeli di Loreto, 2 settembre 2007, in https:// w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2007/september/documents/hf_ ben-xvi_spe_20070902_fedeli-loreto.html.


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e la strada sembrano escludersi. In realtà, proprio in questo particolare aspetto, è custodito un messaggio singolare di questa Casa. Essa non è una casa privata, non appartiene a una persona o a una famiglia, ma è un’abitazione aperta a tutti, che sta, per così dire, sulla strada di tutti noi. Allora, qui a Loreto, troviamo una casa che ci fa rimanere, abitare, e che nello stesso tempo ci fa camminare, ci ricorda che siamo tutti pellegrini, che dobbiamo essere sempre in cammino verso un’altra abitazione, verso la casa definitiva, verso la Città eterna, la dimora di Dio con l’umanità redenta»100. Quanto all’assetto giuridico del Santuario della Santa Casa, dal 1507 è stato direttamente soggetto alla Sede Apostolica. Sino al 1698 venne retto da un cardinale protettore e poi dalla Congregazione Lauretana, presieduta dal cardinale Segretario di Stato, rappresentato però a Loreto da un prelato-governatore. Anche durante i vari rivolgimenti politici avvenuti a partire dall’invasione francese nel 1797 fino ad arrivare all’occupazione sabauda nel 1860, il santuario di Loreto godette sempre di uno speciale statuto giuridico. Dopo il Concordato tra la Santa Sede e l’Italia del 1929, il governo venne affidato all’Amministrazione della Pontificia Basilica della Santa Casa, retta da un Pontificio Amministratore nominato direttamente dalla Santa Sede e rappresentato a Loreto da un Vicario, insignito della dignità episcopale (cfr. bolla Lauretanae Basilicae del 15 settembre 1934). Il 24 giugno 1965 con la Costituzione Lauretanae Almae Domus, Paolo VI soppresse la Pontificia Amministrazione della Basilica e costituì la Delegazione Pontificia per il Santuario della Santa Casa di Loreto. Istituì inoltre la Prelatura della Santa Casa con giurisdizione canonica sul territorio comunale di Loreto, ed eresse a cattedrale la Basilica della Santa Casa, designando lo stesso Delegato Pontificio a reggerla in qualità di Prelato. 100 BENEDETTO XVI, Omelia in occasione della Visita Pastorale a Loreto, 4 ottobre 2012, in https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2012/documents/ hf_ben-xvi_hom_20121004_loreto.html.


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4.4 La presenza dei santi Fornire un elenco di tutti i santi che hanno visitato la Santa Casa e si sono pronunciati su di essa richiederebbe un lavoro a parte.101 Ci limitiamo qui solo ad alcuni esempi, particolarmente significativi, utili per comprendere che i santi hanno sempre fermamente creduto sia nell’autenticità della Santa Casa, sia nella sua traslazione miracolosa. San Francesco d’Assisi102 profetizzò l’arrivo della Santa Casa nelle Marche nel 1215, quando ricevette un convento per i suoi frati dal comune di Sirolo. Visitando l’edificio, il grande santo guardò da lontano la valle e la selva predicendo la venuta miracolosa della preziosa reliquia (l’artista Cesare Maccari raffigurò l’episodio in uno dei quattro spicchi murati delle piccole arcate della cupola del santuario). Come già accennato, poi, un altro santo, san Nicola da Tolentino103, ha avuto conoscenza, per mezzo soprannaturale, del volo della Santa Casa alle tre di notte tra il 9 e il 10 dicembre 1294, mentre era in preghiera. Secondo i racconti, all’arrivo della sacra dimora in suolo italico, le campane iniziarono a suonare da sole a festa104 e molti alberi, in segno di omaggio, si curvarono verso di essa, anche in direzione contraria al vento. Anche questo episodio è dipinto dal Maccari in uno degli spicchi già menzionati. Santa Caterina da Bologna, il cui corpo è ancor oggi incorrotto e miracolosamente seduto (quando venne riesumata la salma, per rispondere a un ordine impartitole dalla 101 Per una visione d’insieme, si rimanda a M. MONTANARI-A. SCHIAROLI, Santi e beati a Loreto, Congregazione Universale Santa Casa, Loreto 2005. 102 Cfr. G. SANTARELLI, Tradizioni e Leggende Lauretane, cit., pp. 144 e ss. 103 Cfr. ibidem, pp. 147 e ss. 104 Un fenomeno simile, con musiche celestiali ascoltate dagli abitanti, accadde nel 1467 a Genazzano, vicino Roma, quando arrivò miracolosamente l’immagine della Madonna del Buon Consiglio, trasportata in Italia da Scutari (Albania) per fuggire all’invasione islamica.


San Nicola da Tolentino, ha avuto conoscenza, per mezzo soprannaturale, del volo della Santa Casa alle tre di notte tra il 9 e il 10 dicembre 1294, mentre era in preghiera. Secondo i racconti, all’arrivo della sacra dimora in suolo italico, le campane iniziarono a suonare da sole a festa e molti alberi si curvarono verso di essa, in segno di omaggio.

superiora, la santa si mosse da sola e si collocò nella posizione in cui ancora la si può vedere, del tutto inspiegabilmente dal punto di vista scientifico) raccontò di una rivelazione ricevuta da Gesù circa la miracolosa traslazione della Santa Casa. Il 25 marzo 1440 Gesù le parlò della Santa Casa e le disse: «Per l’idolatria di quella gente [i turchi che avevano occupato la Palestina n.d.a.] fu trasportata in Dalmazia da uno stuolo di angeli. Quindi, per le stesse e per altre ragioni portarono questa degnissima chiesa in vari luoghi. Finalmente, portata dai santi angeli, fu collocata stabilmente a Loreto e posta nella provincia d’Italia e nelle terre della Santa Chiesa»105. Santa Caterina da Bologna era una monaca claustrale, mai stata a Loreto e dunque non aveva potuto 105 Cit. in G. NICOLINI, La veridicità storica della miracolosa traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto, cit., p. 18.


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leggere il racconto dalla tavoletta posta nel santuario. Infine, il particolare della traslazione miracolosa “in vari luoghi”, così come tramandato da diverse tradizioni locali, all’epoca non si trovava scritto in alcun documento conosciuto. Certamente i fenomeni mistici vanno sempre presi con cautela, tuttavia non si possono nemmeno considerare come mere invenzioni o fantasie. Il caso della Beata Anna Caterina Emmerich è altrettanto significativo. Sia perché grazie alle sue esperienze mistiche si riuscì ad individuare a Efeso la casa dove probabilmente visse Maria Santissima gli ultimi anni della sua esistenza terrena, sia perché anche la sua vita fu un continuo miracolo: immobilizzata a letto per una malattia, e oltretutto stigmatizzata, negli ultimi 11 anni si nutrì esclusivamente dell’Eucaristia. Senza aver mai visto la Santa Casa, era capace di descriverla con esattezza, dichiarando che lì era avvenuta l’Annunciazione e che le sue pareti erano assolutamente le stesse di Nazareth. Ebbe inoltre la visione della traslazione miracolosa: «Ho visto spesso, in visione, la traslazione della Santa Casa di Loreto. […] Ho visto la Santa Casa trasportata sopra il mare da sette angeli. Non aveva alcun fondamento […]. Tre angeli la tenevano da una parte e tre dall’altra; il settimo si librava di fronte: una lunga scia di luce sopra di lui […]»106. Non possiamo poi tralasciare la celebre visione che ebbe San Giuseppe da Copertino nel giungere ad Osimo, città a pochi chilometri da Loreto dove visse l’ultimo tratto della sua vita. Egli vide salire e scendere dal santuario della Santa Casa innumerevoli schiere di angeli, a testimonianza della sacralità di quel luogo e della reliquia ivi custodita, e a tale vista si sollevò anch’egli in un volo estatico, come gli capitava innumerevoli volte di fronte a migliaia di testimoni, 106 Cit. in G. NICOLINI, La veridicità storica della miracolosa traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto, cit., p. 21.


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per cui venne chiamato “il santo dei voli”. Tale volo mistico alla vista della Basilica della Santa Casa, testimoniato da tanti presenti all’evento, divenne come diretta conferma anche dell’autenticità del volo miracoloso della Santa Casa, per l’onnipotenza divina. Anche la stigmatizzata santa Veronica Giuliani ebbe delle grazie straordinarie, compiendo due pellegrinaggi mistici nella Santa Casa di Loreto il 10 dicembre 1714 e il 10 dicembre 1715, nella festa della Traslazione Miracolosa. Il confessore, allora il gesuita Padre Mario Cursoni, le diede questo sconcertante comando: “Dopo che siete stata comunicata, voi ed io andiamo a Loreto a visitare Maria SS.ma”. E così, ricevuta la comunione eucaristica, dopo un rapimento dello spirito, iniziò il suo mistico pellegrinaggio a Loreto. Nel diario la santa annotò: «Come di volo mi trovai a Loreto nella Chiesa di Maria SS.ma. Era una Chiesa grande e dentro a questa vi era, dopo l’altare maggiore, una Chiesa più piccola. Così pareva a me». Negli Atti del Processo per la sua beatificazione e canonizzazione, il suo confessore Padre Cursoni affermò che Veronica, da lui interrogata in proposito, gli descrisse così bene e nei dettagli il Santuario, che meglio non avrebbe potuto fare se personalmente vi fosse stata più volte. Per questo le domandò se prima di entrare in clausura non fosse mai stata a Loreto; e lei assicurò che non vi era mai andata. Scrisse la santa il 10 dicembre 1714: «Restai tutta in tutto donata a Maria». E la Vergine, apparsale nella Santa Casa, le assicurò di essere “la mediatrice fra Dio e le creature” e che tutte le grazie passano per le sue mani. Tra gli altri santi, a Loreto si recarono san Carlo Borromeo, san Francesco di Sales in gioventù e san Francesco Saverio, che qui ebbe l’ispirazione di partire per l’India e il Giappone e guarì diversi orientali semplicemente facendo toccare le Litanie Lauretane scritte di suo pugno. A Loreto guarì san Francesco Borgia; giunse san Luigi Maria Gri-


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gnion de Montfort, che vi restò due settimane intere e ricevendo l’ispirazione di scrivere il celebre Trattato della vera devozione a Maria. Il Montfort fu un grande devoto della Santa Casa di Loreto. E proprio per il fatto straordinario lì avvenuto, l’Incarnazione di Dio nel seno della Beata Vergine Maria, si può affermare che il santuario lauretano è il luogo ideale di tutti coloro che praticano la schiavitù mariana. Sì, Loreto è anche la Casa degli schiavi di Maria, secondo il metodo insegnato dal grande santo francese nel suo Trattato. Non a caso infatti il Montfort raccomandava di festeggiare con particolare solennità il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione, perché è il giorno in cui lo stesso Nostro Signore Gesù Cristo si fece schiavo della Madonna. San Benedetto Giuseppe Labre venne ogni anno dal 1775 al 1783. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori parlò di Loreto nelle sue Glorie di Maria, difendendo la verità delle miracolose traslazioni e dell’autenticità della Santa Casa107. E ancora si fecero pellegrini nel santuario mariano san Stanislao Kostka, san Luigi Gonzaga, san Giovanni Berchmans. 107 Nella sua Novena di Natale, così scrisse il santo: «O casetta fortunata di Nazaret, io ti saluto e ti adoro. Verrà un tempo che sarete visitata dai primi grandi della terra; ritrovandosi i pellegrini entro di te non si sazieranno di piangere per tenerezza, in pensare che dentro le tue povere mura menò quasi tutta la sua vita il re del paradiso. ln questa casa dunque il Verbo incarnato visse pel resto della sua fanciullezza e della sua gioventù. E come visse? visse povero e disprezzato dagli uomini, facendo l’ufficio di semplice garzone ed ubbidendo a Maria e Giuseppe... Oh Dio qual tenerezza è il pensare che in questa povera casa il Figlio di Dio vive da servo! ora va a prender l’acqua, ora apre o serra la bottega, ora scopa la stanza, or raccoglie i frantumi de’ legnami per lo fuoco, ora fatica in aiutar Giuseppe ne’ suoi lavori. – O Stupore! vedere un Dio che scopa, un Dio che serve da garzone! Oh pensiero che dovrebbe farci ardere tutti di santo amore verso un tal Redentore che si è ridotto a tali bassezze per farsi amare da noi! Adoriamo sopra tutto la vita nascosta e negletta che fe’ Gesù Cristo nella casa di Nazaret. O uomini superbi, come potete ambir di comparire e d’essere onorati vedendo il vostro Dio che spende trent’anni di vita vivendo povero, nascosto e sconosciuto, per insegnarci il ritiramento e la vita umile e nascosta?». Cit. in T. REY-MERMET, Il santo del secolo dei lumi, Città Nuova, Firenze 1983, pp. 634-635.


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E come non ricordare l’emozione provata da santa Teresa del Bambin Gesù quando, giovane fanciulla, giunse al santuario con la sua famiglia?108 E così, ancora, tanti altri santi e beati pellegrinarono a Loreto e nella Santa Casa ricevettero grazie straordinarie, anche per l’ispirazione della fondazione di Ordini e Congregazioni religiose. Concludiamo con alcune parole di San Pietro Canisio, che tenacemente lottò contro le menzogne dei luterani, i primi a mettere in dubbio sistematicamente l’autenticità della Santa Casa. Nella sua opera De Maria Virgine Libri quinque (1577), nella sezione dedicata alla Madonna Lauretana, così scrive: «A Loreto il miracolo si è manifestato con tale potenza, tale notorietà, tale costanza, tale evidenza, tale prodigalità che l’Europa intera ne è rimasta sbalordita e che nessuno può sottrarsi, qualora non sia un temerario, alla mano onnipotente dell’Altissimo, di cui tutti questi manifesti segni costituiscono altrettante pubbliche testimonianze dimostranti a tutto il mondo, oltre a tutte le altre prove, la verità del fatto meraviglioso della traslazione della Santa Casa di Nazareth»109.

108 “Non mi sorprende che la Madonna abbia scelto quel luogo per trasportarvi la sua casa benedetta: la pace, la gioia, la povertà vi regnano sovrane; tutto è semplice e primitivo [...], insomma Loreto mi ha incantata! Che dirò della Santa Casa?... Ah, la mia emozione è stata profonda quando mi sono trovata sotto lo stesso tetto della S. Famiglia, a contemplare i muri sui quali Gesù aveva posato gli occhi divini, a calpestare la terra che S. Giuseppe aveva bagnata di sudori, dove Maria aveva portato Gesù tra le braccia, dopo averlo portato nel suo ventre verginale”. Teresa di Gesù Bambino, Storia di un’anima, Edizioni OCD, Roma 2010, p. 144. 109 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 161.


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Capitolo V

Loreto, baluardo dell’Europa cristiana contro l’islam Tra gli innumerevoli fatti storici ad esso legati, il santuario di Loreto ha avuto un ruolo essenziale nella lotta della Cristianità contro l’aggressione islamica. Di fronte agli attacchi del mondo musulmano, la Vergine Lauretana è stata invocata a protezione del Papato, della Chiesa Cattolica e, in generale, dell’identità cristiana europea. Per avere un’idea dell’importanza di Loreto, è sufficiente menzionare due eventi epocali, decisivi per la storia delle relazioni tra il nostro continente e l’islam, ovvero le battaglie di Lepanto e di Vienna.

5.1 La battaglia di Lepanto (1571) La battaglia di Lepanto frenò l’espansionismo turco verso Occidente. E se le armate cristiane ottennero la vittoria, lo si deve – oltre all’eroismo di chi si batté e versò il suo sangue – all’intervento della Madonna, invocata proprio come Virgo Lauretana. Non è un caso quindi se al termine del conflitto navale al santuario vennero donati alcuni trofei di guerra, quali bandiere, stendardi e armi strappate al nemico turco. In caso di sconfitta, l’islam sarebbe dilagato in Europa e avrebbe preso possesso delle nostre terre, sottomettendoci e imponendo il suo dominio politico e la sua religione. Ma lasciamo parlare il p. Arsenio d’Ascoli, che nella sua opera I Papi e la Santa Casa110 si soffermò dettagliatamente su quelle vicende. 110 A. D’ASCOLI, I Papi e la Santa Casa, Loreto, 1969, pp. 54 e ss.


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«San Pio V – scrisse – aveva messo sotto la protezione della Vergine di Loreto l’esito della grande battaglia che le Nazioni cristiane combattevano contro i Turchi, che stavano facendo per mare gli ultimi sforzi per aprirsi un varco nel Mediterraneo Occidentale e colpire al cuore la Chiesa Cattolica. Il Santo Pontefice aveva ordinato preghiere continue nella Santa Casa di Loreto, per tutto il periodo dell’ultima grande crociata. Se la gloria militare della battaglia di Lepanto si riverbera sulla leggendaria figura di Don Giovanni d’Austria, la vittoria fu solo il risultato della preghiera fiduciosa di San Pio V. Egli odiava la guerra, ma l’amore verso la Chiesa in pericolo lo faceva così parlare ai Cardinali riuniti in Concistoro, il 2 aprile 1566: “Mi armo contro i Turchi, ma in ciò mi può giovare solo la preghiera”. Il Papa per le strade di Roma, a piedi nudi, andava in processione per piegare la bontà di Dio verso la sua Chiesa; nello stesso tempo però preparava le armi e alzava torri di vedetta lungo tutta la costa del mare di Roma. Il 25 maggio 1571 veniva sottoscritta a Roma la “Lega Cristiana”. Marcantonio Colonna, comandante della flotta pontificia, venne a Loreto con la sposa per mettere nelle mani di Maria la sorte della guerra. La flotta cristiana salpò dai porti d’Europa e, dopo 20 giorni di navigazione, fu in vista della flotta nemica, forte di 300 navi. Don Giovanni d’Austria con un Crocifisso in mano girò di nave in nave, bello e luminoso in volto come l’arcangelo della vittoria; infuse ardore e coraggio e issò lo stendardo del Papa e la bandiera della spedizione su cui dominava l’immagine della Vergine. Fu per tutte le navi un segnale di preghiera. Era quello un momento particolarmente solenne. Dietro a loro l’Europa e il Papa erano in ansia. La Vergine di Loreto, invocata con l’ardore dei figli, prese parte


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alla battaglia gigantesca. Verso mezzogiorno del 7 ottobre 1571 cominciò la furibonda mischia. Alle cinque di sera la battaglia era finita. San Pio V stava esaminando con diversi prelati il movimento del tesoro pontificio. Tutto d’un tratto, quasi mosso da un impulso irresistibile, si alzò, si accostò a una finestra fissando lo sguardo verso l’oriente come estatico; poi ritornando verso i prelati, con gli occhi brillanti d’una gioia divina: “Non occupiamoci più d’affari – esclamò – ma andiamo a ringraziare Dio. La flotta cristiana ha ottenuto la vittoria”. Congedò i prelati e andò subito in cappella, ove un Cardinale accorso al lieto annunzio lo trovò immerso nel pianto della gioia. La notizia ufficiale giunse però con un certo ritardo per una tempesta di mare che costrinse il messo di Don Giovanni d’Austria a fermarsi. Al suo arrivo (notte del 21 ottobre 1571) egli lo accolse esclamando: “Il Signore ha esaudita la preghiera degli umili, e non ha sdegnato le loro domande. Siano queste cose tramandate ai posteri, e il popolo che nascerà loderà il Signore”. Fece coniare una medaglia con incise le parole del Salmista: “La destra del Signore ha fatto cose grandi; da Dio questo proviene”. Passando poi al valoroso Generalissimo applicò a lui il motto dell’Angelo: “Fuit homo missus a Deo cui nomen erat Joannes”111. La stessa cosa fu fatta più tardi per Giovanni Sobieski nel 1683 a Vienna. Il Pontefice, preso da incontenibile gioia, ordinò a tutti quelli che si trovavano a letto di alzarsi e venire con lui nella Cappella a glorificare la bontà divina. La vittoria di Lepanto è perciò intimamente legata al Santuario di Loreto. Il culto speciale alla Madonna del Rosario ebbe origine e sviluppo dopo questa storica battaglia. 111 “Venne un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni”.


Il 25 maggio 1571 veniva sottoscritta a Roma la “Lega Cristiana”. Marcantonio Colonna, comandante della flotta pontificia, venne a Loreto con la sposa per mettere nelle mani di Maria la sorte della guerra. E nel 1576 Don Giovanni d’Austria venne a Loreto a sciogliere il voto fatto cinque anni prima alla Madonna, quando partì per la battaglia di Lepanto.


La decorazione della Sala Grande di Palazzo Colonna, a Roma, celebra il ruolo di Marco Antonio nella battaglia di Lepanto. Affresco di Giovanni Coli e Filippo Gherardi, 1675-1678.


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La vittoria fu ottenuta mediante il visibile patrocinio della Vergine Loretana. L’invocazione “Aiuto dei Cristiani” venne aggiunta alle Litanie Lauretane dopo questa vittoria. Anche San Pio V attribuì la vittoria alla Vergine di Loreto. “Perciò il Papa – dice lo Zucchi – veramente pio, diedesi con private e pubbliche orazioni a conciliarsi il grande Iddio e principalmente ordinò che nella santissima Cella di Loreto continuamente si porgessero caldi prieghi alla Madonna ch’Ella si degnasse di prestar il favore suo ai Cristiani, nel maggior pericolo e bisogno. Né vana fu la speranza del Pontefice Pio e delle altre pie persone” (Martorelli, vol. I, p.531). Come ricordo e come riconoscenza nei medaglioni degli “Agnus Dei” fece porre l’immagine di Loreto con sopra le magnifiche parole: “Vera Domus florida quae fuit in Nazareth”112. Sotto volle che si scrivesse: “Sub tuum praesidium” per far comprendere a tutti a chi si doveva attribuire il merito della vittoria. Altro fatto che ci fa vedere l’intervento della Vergine Loretana nelle sorti della battaglia. Mentre Marcantonio Colonna, comandante dell’armata papale, partiva per l’Oriente, la moglie Donna Felice Orsini con altre dame si portò a Loreto a pregare per lo sposo e per la vittoria. Passò giorni e notti in devotissima preghiera. Un giovane ebreo vedendo il suo fervore e la sua fede si convertì e ricevette il Battesimo in Santa Casa. Donna Orsini gli fece da madrina e se lo prese come paggio. Roma preparò un ingresso trionfale al condottiero dell’armata papale, ma il Duce cristiano, riconoscendo che il merito della vittoria non era suo ma della Vergine di Loreto, differì il ritorno alla Capitale e venne a Loreto a ringraziare la Madonna. Tutta l’armata papale approdò a Porto Recanati. Il comandante, gli ufficiali e i cristiani liberati dai Turchi, a piedi, 112 “La vera, splendida Casa che fu a Nazareth”.


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con il capo scoperto, cantando inni di gioia e di ringraziamento, salirono al colle loretano” (Ivi, Vol. I, pp.430-431). Nel 1576 venne a Loreto Don Giovanni d’Austria. Egli veniva a sciogliere il voto fatto cinque anni prima alla Madonna, quando partì per la battaglia di Lepanto. Fino allora ne era stato sempre impedito da pressanti affari politici e militari. Nel cuore dell’inverno, a cavallo, venne a Loreto da Napoli. Appena vide da lontano il Santuario, si fermò, s’inchinò e si scoprì il capo in segno di riverenza. “Poiché alla benedetta Cella pervenne, fatta una generale confessione, alla Madonna grazie infinite rendette; né di ciò appagato, aggiunse allora al voto già adempiuto un ricco dono di danari. Come ebbe soddisfatto al voto ed alla pietà, a Napoli ritornò, seco portando un gran desiderio di quella amabilissima Signora di Loreto” (Ivi, vol. I, pp.433-434). Circa 40.000 erano i rematori dell’armata turca a Lepanto. Moltissimi di essi erano cristiani. Quindicimila furono liberati nella grande battaglia e riportati in Europa sulle navi cristiane. “È assai noto che nella medesima giornata, prima che al fatto si desse principio, gli schiavi cristiani dai Turchi posti alle catene per vogare, si votarono a Santa Maria di Loreto per la libertà loro” (Ivi, vol. I, p.431). Tutti poi o in gruppo o alla spicciolata vollero venire a Loreto a sciogliere il loro voto. “E vollero che quivi restasse di tanto celeste beneficio qualche memoria: lasciarono alla loro Liberatrice le catene che ai remi gli tenevano legati” (Ivi, vol. I, 431). Queste catene servirono per fabbricare le cancellate dei dodici altari della navata centrale della Basilica, dove rimasero a perenne ricordo per quasi due secoli. Infine “essendosi poste alle dette Cappelle li balaustri di marmo, furono levati quei cancelli, e quel ferro commisto indistintamente con altro fu impiegato in occorrenze di varie fab-


Dei 40.000 rematori dell’armata turca a Lepanto moltissimi erano cristiani. Circa 15.000 furono liberati nella grande battaglia e riportati in Europa sulle navi cristiane. Nella medesima giornata, prima che al fatto si desse principio, gli schiavi cristiani dai Turchi posti alle catene per vogare, si votarono a Santa Maria di Loreto per la libertà loro. Con le catene degli schiavi venuti a Loreto furono fatti, oltre le cancellate delle Cappelle, i quattro cancelli della Santa Casa.

briche spettanti all’istesso Santuario” (Ivi, vol. II, p.134). Con le catene degli schiavi venuti a Loreto furono fatti, oltre le cancellate delle Cappelle, i quattro cancelli della Santa Casa che ancora si conservano al loro posto per ricordo. Con le grandi lance fu fatto un recinto alla fontana del Maderno e con le frecce una caratteristica cancellata a una Cappella della Basilica. Furono infine asportati tutti, perché corrosi dalla ruggine e soprattutto perché un’altra linea s’imponeva nelle Cappelle per armonizzare con i nuovi altari. Al Sacconi però non piacevano queste balaustre di marmo simili ai ripari dei palchetti dei teatri (Cfr. Vogel, Index Hist. 10-5-75). Dove furono portati? Alcuni nei sotterranei, altri usati per altri scopi, altri al tirassegno comunale. Fu davvero simpatico il gesto di questi schiavi che vollero donare le loro catene alla loro Liberatrice come segno di riconoscenza e di amore. I quattro cancelli della Santa Casa, anche se semplici e rozzi, stanno lì a cantare le glorie


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e le vittorie della Vergine e a ricordare a tutti coloro che sono schiavi delle passioni a spezzare le loro catene ai piedi di Maria e a risollevarsi liberi e puri. […] Il Moroni113 nel suo dizionario di erudizione storico-ecclesiastica sotto la voce “Ancona” afferma categoricamente che il Papa san Pio V si portò nella città dorica nel 1566 per ordinare le fortificazioni contro i Turchi. Forse in quell’occasione si recò a visitare la Santa Casa verso la quale aveva mostrato devozione fin da quando era Cardinale. Anche l’archivista della Santa Casa, Pietro Giannuizzi, […] dice che il Papa visitò Loreto nel 1566 per implorare dalla Vergine aiuto e assistenza per la Chiesa minacciata dai Turchi. Solo il P. Diego Calcagni, nelle memorie della città di Recanati afferma che il Papa visitò Loreto dopo la vittoria navale e si portò processionalmente in Santa Casa. Per mezzo del Card. Michele Monelli, che si recava a Loreto per ringraziare la Madonna che gli aveva ottenuto la guarigione, inviò alla Basilica un pallio e una magnifica pianeta. (Martorelli, vol. I, 425).

5.2 La battaglia di Vienna (1683) Un secolo dopo Lepanto, nel 1683, la Cristianità si trovò nuovamente in pericolo. L’espansionismo turco stava dilagando in Europa e così, ancora una volta, fu il Romano Pontefice, all’epoca Innocenzo XI, ad esortare gli Stati cattolici a prendere le armi per difendere la Chiesa e la stessa civiltà europea. La battaglia decisiva si svolse a Vienna e anche in questo caso la vittoria fu ottenuta per intercessione della Madre di Dio, venerata con il titolo di Vergine Lauretana, la cui immagine venne portata dall’esercito cristiano vittorio113 Gaetano Moroni (1802-1883), erudito e dignitario pontificio, fu autore, tra l’altro, del Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica.


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so entrando nella capitale austriaca, liberata dal pericolo. I protagonisti indiscussi della grande Crociata contro l’Islam furono il re di Polonia Giovanni Sobieski e il cappuccino padre Marco d’Aviano. Nella sua già citata opera “I papi e la Santa Casa”114, p. Arsenio d’Ascoli, già direttore della Congregazione Universale, in maniera avvincente così ricordò l’avvenimento: «Dopo un secolo dalla disfatta di Lepanto (1571) i turchi tentavano per terra di sommergere l’Europa e la cristianità. Maometto IV al principio del 1683 consegna a Kara Mustafà lo Stendardo di Maometto facendogli giurare di difenderlo fino alla morte. Il Gran Visir, orgoglioso della sua armata di 300.000 soldati, promette di abbattere Belgrado, Buda, Vienna, straripare in Italia, giungere fino a Roma e collocare sull’altare di San Pietro il trogolo del suo cavallo. Nell’agosto del 1683 il Cappuccino P. Marco d’Aviano è nominato Cappellano Capo di tutte le armate cristiane. Egli rianima il popolo atterrito, convince Giovanni Sobieski ad accorrere con la sua armata di 40.000 uomini. L’immagine della Madonna è su ogni bandiera: Vienna aveva fiducia solo nel soccorso della Madonna. La città era assediata dal 14 luglio e la sua resa era questione di ore. Sul Kahlemberg, montagna che protegge la città dalla parte del nord, in una cappella, il P. Marco celebrò la Messa servita dal Sobieski dinanzi a tutta l’armata cristiana disposta a semicerchio. P. Marco promise la più strepitosa vittoria. Alla fine della Messa, come estatico, invece di dire: “Ite Missa est”, gridò: “Joannes vinces”, cioè: “Giovanni vincerai”. La battaglia iniziò all’alba dell’11 settembre. Un sole splendido illuminava le due armate che stavano per decidere le sorti d’Europa. Le campane della città fin dal mattino suonavano a stormo, le donne e i bambini erano in chiesa a implorare aiuto da Maria. Prima di sera l’armata turca era in rotta, lo stendar114 A. D’ASCOLI, I Papi e la Santa Casa, Loreto, 1969, pp. 54 e ss.


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do di Maometto nelle mani di Sobieski, la tenda del Gran Visir occupata. Il popolo era impaziente di contemplare il volto dell’eroe. Sobieski, preceduto dal grande Stendardo di Maometto, vestito di azzurro e di oro, montato sul cavallo del Gran Visir, il giorno seguente fece il suo ingresso solenne in città fra un delirio di popolo. Per ordine di Sobieski il corteo si diresse verso la chiesa della Madonna di Loreto in cui si venerava una celebre immagine della SS. Vergine. A Lei era dovuta la vittoria e ai suoi piedi tutto il popolo si prostrò riconoscente. Fu celebrata una S. Messa e Sobieski rimase sempre in ginocchio come assorto. Il predicatore salì il pulpito e fece un grande discorso di circostanza, applicando a Giovanni Sobieski il testo evangelico: “Fuit homo missus a Deo cui nomen erat Joannes” (“Vene un uomo inviato da Dio, il cui nome era Giovanni”). La cerimonia proseguì grandiosa e solenne nella sua semplicità con particolari gustosi che mettono in rilievo la fede e la bonomia di Sobieski. L’assedio aveva disorganizzato molte cose e la Chiesa di Loreto non aveva più cantori. “Non importa” disse Sobieski, e con la sua voce potente intonò ai piedi dell’altare il “Te Deum”, che il popolo proseguì ad una sola voce. L’organo e la musica non erano necessari: il coro della folla vi supplì con pietà, commozione, entusiasmo. Il clero sconcertato non sapeva come concludere, e sfogliava messali e rituali per cercare un versetto. Sobieski lo trasse d’imbarazzo: senza troppo badare alle rubriche, ne improvvisò uno e la sua voce sonora si innalzò ancora potente su la folla: “Non nobis, Domine, non nobis!” (“Non a noi, Signore, non a noi!”). I sacerdoti risposero piangendo: “Sed nomini tuo da gloriam” (“Ma al tuo nome dà gloria”). Sobieski inviò subito un messaggio al Beato Innocenzo XI per annunziargli la vittoria. I termini della missiva mostrano l’umiltà e la fede dell’eroe: “Venimus, vidimus, et Deus vicit” (“Siamo venuti, abbiamo veduto, e Dio ha vinto”). Una solenne ambasciata portava al Papa il grande stendardo di Maometto IV, la tenda del Gran


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Visir e una bandiera cristiana riconquistata ai Turchi. Il Beato Innocenzo XI, riconoscente alla Madonna di Loreto per la grande vittoria, inviò al Santuario la bandiera ritolta ai Turchi e la tenda. La bandiera si conserva ancora nella Sala del Tesoro. La tenda fu portata personalmente da Clementina, figlia di Sobieski, sposa a Giacomo II Re d’Inghilterra. Con la tenda fu confezionato un prezioso baldacchino che si usa solo nelle grandi solennità; una parte servì per un “apparato in quarto per pontificali”. Anche il Papa, come Sobieski, attribuiva la vittoria alla Vergine Loretana. Il suo ex voto fu l’istituzione di una festa in onore del SS.mo Nome di Maria. Il 25 novembre 1683 un atto della Congregazione dei Riti la estendeva a tutta la Chiesa e la fissava nella domenica fra l’ottava della Natività di Maria e San Pio X l’ha fissata per il 12 settembre, giorno anniversario della vittoria. Dopo la grande battaglia di Vienna, sotto le macerie fu trovata una bella immagine della Madonna di Loreto, nei cui lati era scritto: “In hac imagine Mariae victor eris Joannes; In hac imagine Mariae vinces Joannes” (“In questa immagine di Maria sarai vincitore, o Giovanni; in questa immagine di Maria vincerai, o Giovanni”). Era certo un’immagine portata lì da San Giovanni da Capistrano, più di due secoli prima, nelle lotte contro i Turchi in Ungheria e a Belgrado. Sobieski volle che P. Marco la portasse nell’ingresso trionfale a Vienna il giorno dopo la vittoria. La portò con sé inseguendo il nemico e con essa riportò splendide vittorie contro i Turchi. La fece poi collocare nella sua Cappella e ogni giorno faceva celebrare dinanzi a Lei la S. Messa e cantare le Litanie Lauretane. Nella Cappella Polacca a Loreto il prof. Gatti ha voluto ricordare questo episodio collocando nel quadro della parete di destra il P. Marco d’Aviano con il quadro della Madonna di Loreto in mano. Il Beato Innocenzo XI mise l’impronta della S. Casa con l’iscrizione: “Santa Maria di Loreto, pregate per noi”, negli “Agnus Dei” del primo e settimo anno del suo Pontificato».


Un secolo dopo Lepanto, nel 1683, la Cristianità si trovò nuovamente in pericolo. L’espansionismo turco stava dilagando in Europa. I protagonisti indiscussi della grande Crociata contro l’Islam furono il re di Polonia Giovanni Sobieski e il cappuccino padre Marco d’Aviano. L’immagine della Madonna è su ogni bandiera. (Arturo Gatti, 1912-1939. Cappella polacca, Santuario di Loreto)

Davvero in questi, come in tanti altri casi della storia, la Madonna è apparsa “terribile come esercito schierato a battaglia” (Ct 6,10). Al di fuori della Cappella Polacca del santuario c’è ancora una targa la cui iscrizione spiega come, dopo la battaglia, Sobieski donò il bottino sottratto ai turchi al santuario lauretano.

5.3 La difesa eroica dello Stato Pontificio Due secoli dopo, un’altra crociata si combatté alle porte di Loreto, questa volta non più contro i turchi, ma contro la rivoluzione liberale e massonica guidata da casa Savoia contro gli antichi regni italiani, tra cui lo Stato Pontificio.


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Il generale dell’esercito papalino, Christophe LèonLouis Lamoriciére si batté valorosamente a difesa della Chiesa a Castelfidardo, il 18 settembre 1860: sotto gli occhi, potremmo dire, della Madonna. In quel contesto, alla testa degli Zuavi pontifici, trovò eroicamente la morte il colonnello George de Pimodan, dopo aver gettato uno sguardo al santuario lauretano. “Durante il combattimento – avrebbe scritto più tardi uno dei volontari superstiti – io non perdevo di vista la Casa di Loreto”. “È dolce pensare, o buona Madre – diceva un altro rivolgendosi alla Santissima Vergine –, che una pallottola magari mi porterà presso di Voi in cinque minuti”. I testimoni raccontano che tutti i soldati del Papa, da veri martiri, «hanno abbracciato la sofferenza e la morte con la gioia dei predestinati: si sono adagiati sul loro sangue come nel letto nuziale della vita immortale, cantando i cantici dell’amore eterno. È stato ai piedi della Santissima Vergine che hanno trovato il santo eroismo che li ha animati durante la lotta; è stato all’ombra della Santa Casa che sono venuti a offrire a Dio, per mezzo di Maria, le primizie delle loro sofferenze, alcuni il loro ultimo sospiro»115. Mons. Dupanloup, nell’orazione funebre dedicata ai caduti per la Chiesa ed il Papato, esclamò, tra l’altro: «Santuario di Loreto, essi ti vedevano combattendo! Tu apparivi ad essi come il rifugio aperto alla loro anima ed i loro occhi morenti guardavano a te. Questi giovani usciti da Loreto pieni di vita vi tornavano la sera, su barelle, le membra mutilate e tra grida d’angoscia. Pregavano i portaferiti di deporli il più vicino possibile alla divina magione, e coloro che ancora ne avevano la forza, si trascinavano sulle mani e sulle ginocchia per avvicinarsi e baciare le sante Mura»116. 115 A. GRILLOT, La Sainte Maison de Lorette, Alfred Mame et Fils Editeurs, Tours, 18767, Cap. XIII - I martiri di Castelfidardo, pag. 169. 116 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 168.


Dove i grandi si fecero pellegrini 119

Capitolo VI

Dove i grandi si fecero pellegrini Accanto ai santi, anche innumerevoli personalità di spicco della storia hanno visitato come pellegrini il santuario di Loreto. Pure in questo caso, un elenco esaustivo richiederebbe una trattazione a parte117. Torniamo pertanto a limitarci solo ad alcuni esempi. 1) Innanzi tutto si deve partire dalla Francia, che sempre ha avuto un legame particolare con la Santa Casa. Il santuario, come è noto, accoglie varie cappelle nazionali (la spagnola, la polacca, la svizzera, la tedesca, la slava, etc.), ma quella francese, dedicata al re San Luigi IX (1214-1270), riveste un significato particolare. Il grande sovrano, infatti, si recò pellegrino nella santa dimora quando questa era ancora a Nazareth, la vigilia dell’Annunciazione del 1251, dopo essere stato liberato dalla prigionia del sultano d’Egitto. La cappella, con i suoi dipinti, ricorda l’episodio e la crociata condotta contro i musulmani. Il 25 marzo ricevette la Santa Comunione proprio nella Santa Casa. Così racconta quel giorno Guglielmo de Nangis: «Appena vide la città, discese da cavallo e adorò Nostro Signore e Nostra Signora… In quel giorno digiunò a pane e acqua nonostante le sue fatiche. Con quanta devozione si comportò, con quale solennità e con quale splendore egli fece celebrare i vespri, il mattutino, la messa e gli altri uffici di tale festività, tutti i numerosi presenti lo possono raccontare, e più d’uno proclamerà e attesterà che veramente dal giorno nel quale il Figlio di Dio prese un corpo dalla Vergine Maria in questo stesso 117 A tal proposito, si consiglia la consultazione di G. SANTARELLI, Personaggi d’Autorità a Loreto, Edizioni Santa Casa, Loreto 2010.


Finestra dell’Annunciazione

Due delle cinque croci di stoffa rossa, insegne dei pellegrini crociati, rinvenute tra la pietre delle Santa Casa, scoperte sotto la finestra durante gli scavi archeologici degli anni Sessanta e conservate nell’Archivio Storico del Santuario.

Nazareth. Litografia del diario di David Roberts, 1842


Uovo di struzzo trovato sotto le pietre della Santa Casa.

Monete di Guido II de la Roche, duca di Atene (1287-1308), trovate nel sottosuolo della Santa Casa.


San Luigi IX riceve la Comunione nella Santa Casa di Nazareth. Carlos Lameire, 1896, Cappella francese.

San Luigi IX (1214-1270), re di Francia, si recò pellegrino nella santa dimora quando questa era ancora a Nazareth, la vigilia dell’Annunciazione del 1251, dopo essere stato liberato dalla prigionia del sultano d’Egitto. A ricordo di questo fatto e in segno di ringraziamento e devozione, il re venne raffigurato sul muro della Santa Casa, in preghiera, davanti all’immagine della Madonna, rivestito con il manto regale e tenendo nella destra i ceppi della sua prigionia e a sinistra lo scettro.

luogo, giammai officio era stato celebrato con tanta solennità e tanta devozione. Quindi il pio re fece cantare la messa “sul posto dove l’angelo Gabriele salutò Nostra Signora”. Al termine della messa ricevette il vero pane degli angeli che è il vero Corpo di Nostro Signore Gesù Cristo, con grande devozione e con grande umiltà. E poi ritornò a Giaffa»118. A ricordo di questo fatto e in segno di ringraziamento e devozione, il re venne raffigurato sul muro della Santa Casa, in preghiera, davanti all’immagine della Madonna, rivestito con il manto regale e tenendo nella destra i ceppi della sua prigionia e a sinistra lo scettro. Secondo alcuni119, quando le tre sante pareti giunsero a Tersatto, le mura erano già affrescate così. L’aureola evidentemente fu aggiunta in seguito, perché Luigi IX venne canonizzato 118 Cit. in G. GOREL, La santa Casa, cit., p. 34. 119 Cfr. G.M. PACE, Miracolosa traslazione a Loreto della dimora della Santissima Annunziata, cit., pp. 25-26.


da Bonifacio VIII nel 1297. Altri sostengono si tratti di un affresco più tardivo120. Il re Enrico III di Francia (1551-1589), che non riusciva ad avere figli, si appellò alla Virgo Lauretana inviando alla basilica una coppa di zaffiro con piede di smeraldo incastonato d’oro. Il coperchio, in cristallo di rocca, sosteneva un angelo d’oro massiccio con in mano un giglio di diamanti121. Anche Luigi XIII (1601-1643), dopo 23 anni di sterilità della moglie Anna d’Austria, per grazia della Santissima Vergine Lauretana riuscì finalmente a generare il futuro Luigi XIV (1638-1715) e in segno di ringraziamento donò un angelo in argento massiccio di 150 chili 120 Cfr. G. SANTARELLI, La Santa Casa di Loreto, cit., p. 266; G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 35. 121 Cfr. G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 157.


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Il Miracolo della Santa Casa di Loreto

in atto di presentare a Maria la figura in oro del bambino a dimensioni reali, del peso di 24 libbre. In seguito, il Re Sole chiese ed ottenne che la festa di San Luigi IX fosse celebrata in perpetuo e solennemente nella basilica ogni 25 agosto. E in una lettera del 23 dicembre 1655 chiese al Papa di estendere alla Chiesa universale la festa della miracolosa traslazione della Santa Casa, il 10 dicembre122. Per questo nel santuario da secoli è presente un cappellano francese. Principi, principesse, re e imperatori si fecero pellegrini a Loreto. L’imperatore Carlo IV, Giovanni Paleologo di Costantinopoli, Federico III, Alfonso d’Aragona re di Napoli, molti sovrani polacchi, l’imperatore Carlo V, Cristiano re di Svezia, gli arciduchi Leopoldo, Ferdinando e Massimiliano d’Austria, Carlo IV re di Spagna, la regina Beatrice di Ungheria, i duchi di Savoia, di Toscana, di Parma, di Modena, di Mantova, solo per citare alcuni nomi. In particolare, l’arciduca Ferdinando, poi divenuto l’imperatore Ferdinando II, si recò pellegrino a Loreto da giovane, nel 1598, facendo voto davanti alla Vergine Santissima di annientare, anche a costo della vita, l’eresia serpeggiante in Austria: e così fu, perché divenne un campione della Controriforma. Straordinaria fu anche l’assistenza che la Madonna diede all’ungherese Stefano V Báthory, una delle glorie militari di quel Paese, nella battaglia del Campo del Pane contro i Turchi il 13 ottobre 1479: riuscì a vincere in condizioni disperate, dopo aver invocato la Santissima Vergine di Loreto e in segno di riconoscimento donò al santuario un’enorme statua d’oro della Madonna col Bambino. 2) Il Sommo Poeta Dante Alighieri nella sua Commedia si riferì di passaggio a Loreto: “In quel loco fu’ io Pier Damiano/ E Pietro Pescator fu nella Casa/ Di nostra 122 Cfr. G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 211.


Cappella tedesca


Pedro de Villa adempie il voto nella Santa Casa in nome dell’equipaggio di Cristoforo Colombo. Cesare Maccari, cupola della Basilica di Loreto.

Donna in sul lito adriano” [adriatico nda] (cfr. Paradiso, XXI), alludendo a san Pier Damiani, che si trovò nelle Marche ben prima della traslazione e a san Pietro, che invece celebrò messa nella Santa Casa a Nazareth. 3) Cristoforo Colombo, come si può leggere nel suo “Giornale di bordo”, conosceva molto bene il santuario lauretano e non è escluso che vi si possa esser recato da giovane marinaio, attraversando l’Adriatico tra il 1465 e il 1475. Il 13 febbraio 1493, mentre era di ritorno in Spagna dallo storico viaggio che gli fece scoprire il nuovo continente americano, la sua flotta venne colpita da una violentissima burrasca. Il mare si fece tanto minaccioso che le onde, accavallandosi, tormentavano le due navi superstiti, la “Niña” e la “Pinta”. La notte del 14 febbraio il vento s’intensificò ulteriormente e le onde divennero spaventose. La “Pinta” fu in balia del vento, scomparve dalla vista e fu portata fuori rotta. Di fronte al pericolo, Colombo e i suoi marinai si affidarono all’intercessione della Madonna, a cui fecero tre voti collettivi. E così furono messi in un berretto tanti ceci quanti erano i marinai nella “Niña”. Uno


Navata centrale della Basilica di Loreto. Sul lato sud del rivestimento della Santa Casa c’è l’altare maggiore, con la finestra dell’Annunciazione al centro.

dei ceci era segnato con una croce e chi lo avesse estratto sarebbe dovuto andare in pellegrinaggio a tre santuari mariani. Il primo e il terzo sorteggio caddero sullo stesso Colombo, che si impegnò a recarsi al santuario spagnolo di Santa Maria de Guadalupe, in Estremadura, offrendo un cero di 5 libbre e a quello di Santa Clara di Moguer. Nella seconda venne estratto un marinaio, Pedro de Villa, al qua-


Patrona dell’aviazione. Benedizione degli aerei e processione.

Affresco della cappella americana, con la Madonna patrona dell’aviazione e la conquista dello spazio.


Dove i grandi si fecero pellegrini 129 le Colombo promise i denari per la spesa del viaggio «a Santa Maria di Loreto, che si trova nella Marca di Ancona, nello Stato del Papa, che è la Casa dove la Santissima Vergine ha fatto e fa ancora molti e grandi miracoli». Dopo i tre voti, la tempesta a poco a poco si placò e l’equipaggio poté finalmente approdare sulla costa spagnola. Il pittore Cesare Maccari ha raffigurato l’assolvimento del voto fatto da Cristoforo Colombo nella cupola della basilica di Loreto123. 123 Cfr. Il voto di Cristoforo Colombo alla Madonna di Loreto, in http://www. vivereosimo.it/2007/12/10/il-voto-di-cristoforo-colombo-alla-madonna-diloreto/150119/. Nel pendio che scende verso la pianura, in direzione del mare, si trova il cimitero militare polacco del 2°Corpo d’Armata, con i corpi dei soldati che diedero eroicamente la propria vita nella presa di Loreto, durante la Seconda Guerra Mondiale.


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4) Torquato Tasso dedicò alcuni versi alla Santa Casa che poi sono stati ripresi dall’attuale Liturgia delle Ore per il giorno della festa. Recatosi pellegrino al santuario il 31 ottobre 1587, volle affidare alla Madonna le sue pene e i suoi tormenti. In quegli anni lavorò alla canzone A la Beatissima Vergine di Loreto. Eccone alcuni versi: Qui gli Angeli innalzaro il santo albergo, Che già Maria co ‘l santo figlio accolse, E ‘l portar sovra i nembi e sovra l’acque: Miracol grande, a cui sollevo ed ergo La mente, ch’altro obietto a terra volse, Mentre da suoi pensieri oppressa giacque. Questo è quel Monte ch’onorar ti piacque De le tue sante mura, Vergine, casta e pura, Anzi il tuo parto, e poscia, e quando ei nacque; Perch’Atlante gl’invidii, avendo a scorno Suoi favolosi pregi Del Re de’ regi e tuo l’umil soggiorno. 5) A Loreto poi riposa uno dei principali protagonisti dell’insurrezione antigiacobina marchigiana durante l’epoca dell’invasione napoleonica, il generale Giuseppe La Hoz. La Hoz, milanese di origini spagnole, in un primo momento appoggiò Bonaparte e fu un convinto sostenitore del giacobinismo. Poi cambiò idea e decise di passare dalla parte degli insorgenti italiani, guidando la rivolta nelle Marche a partire dal 17 giugno 1799 e morendo sotto le mura di Ancona a fine settembre 1799. Il 4 agosto dello stesso anno entrò a Loreto e i francesi abbandonarono definitivamente la città mariana che fu sottoposta alla Reggenza imperiale-reale pontificia, costituita già l’11 luglio precedente per la Marca di Ancona e di Fermo. Sebbene Monaldo Leopardi nella sua Autobiografia scriva di ritenere «per certo che La Hoz aveva il genio e i


Dove i grandi si fecero pellegrini 131 pensieri del Bonaparte e che solo le circostanze li hanno resi dissimili», sta di fatto che il giorno dopo la morte il corpo del generale fu trasportato nella basilica di Loreto e seppellito con grandi onori nella cripta cimiteriale, ora Cripta del Crocifisso. Le due ricognizioni fatte nel 1941 e nel 1995 hanno trovato il suo corpo ancora ben conservato124. 6) Il grande giornalista controrivoluzionario Louis Veuillot nella sua opera Roma e Loreto (1841) confermò la propria devozione per la Santa Casa, scrivendo: «Non ci potrà mai venire in mente che Dio voglia ingannare la nostra pietà e il nostro amore. Se Egli non avesse ordinato ai suoi angeli di portare nel cuore del mondo cattolico questa casa che fu teatro del primo mistero della nostra salvezza, certamente avrebbe saputo farne scomparire le fallaci sembianze; e come gli sarebbe facile annientare un vano simulacro, così gli è stato facile offrire alla nostra venerazione queste pietre sante che, secondo i suoi augusti disegni, voleva strappare alle mani degli infedeli […] Dove Dio interviene con gesti clamorosi e che sanno di miracolo in appoggio di quello che vuol far conoscere con certezza, là non c’è posto per l’errore. Tutti sanno essere una verità incontestabile che ripugna alla Provvidenza sommamente saggia servirsi delle testimonianze soprannaturali della sua potenza per indurre gli uomini in errore. Ora tali testimonianze soprannaturali, altrimenti dette miracoli, sono innumerevoli»125.

124 Cfr. Il Messaggio della Santa Casa, n. 8, settembre-ottobre 2015. 125 Cit. in G. GOREL, La santa Casa di Loreto, cit., p. 136.



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Appendice

Loreto, il santuario dei “princìpi non negoziabili” Quello di Loreto è un santuario che può fungere da polmone spirituale particolarmente per quanti lottano a difesa dei princìpi non negoziabili (diritto alla vita, difesa della famiglia naturale, diritto dei genitori a educare i figli)126. I fatti avvenuti nella Santa Casa, di importanza davvero somma per la storia dell’umanità e tanto più per chi si professa cristiano, non lasciano spazio a dubbi. • La difesa del diritto alla vita sin dal concepimento… In quelle Sacre Pareti è avvenuto l’inizio della nostra Redenzione. Lì infatti è stato concepito Nostro Signore Gesù Cristo. Non solo. È stato anche il luogo dell’immacolato concepimento di Maria Santissima e della sua nascita. Tra quelle mura il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo agli uomini. Come non pensare allora all’intrinseca dignità dell’essere umano sin dal momento del concepimento? Gesù stesso, il Salvatore, ha assunto la condizione umana proprio a partire dal suo inizio. Nostro Signore è stato un embrione e un feto ed è vissuto per nove mesi nel grembo verginale di Maria Santissima. Loreto pertanto dovrebbe divenire il punto di riferimento spirituale di tutti coloro che si adoperano per difendere il diritto alla vita dei nascituri. Perché non c’è alcuna differen126 Cfr. BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti al convegno promosso dal Partito Popolare Europeo, 30 marzo 2006, in https://w2.vatican.va/content/ benedict-xvi/it/speeches/2006/march/documents/hf_ben-xvi_spe_20060330_euparliamentarians.html.


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za in dignità e sacralità tra una persona non ancora nata ed una nata, così come non ce n’è tra un giovane ed un anziano, tra un maschio o una femmina. In ogni fase dell’esistenza l’essere umano è sempre tale. Per questo motivo l’opposizione alle manipolazioni genetiche, alla produzione artificiale di bambini e al crimine dell’aborto deve essere netta e radicale. Ogni legge che ammette l’omicidio dei bambini o la loro riduzione ad oggetti è intrinsecamente iniqua, va disattesa ed abrogata. Lo stesso discorso ovviamente vale per la mercificazione che si sviluppa con la barbara pratica dell’utero in affitto, che alcuni in maniera blasfema associano all’Annunciazione avvenuta proprio in Santa Casa. Ma chiaramente il paragone non ha alcun senso, anche perché la Madonna non ha chiesto di divenire Madre di Dio, semplicemente l’ha accettato con il suo “Sì” alla volontà divina. Un sì aperto alla vita, che oggi troppi rifiutano con la contraccezione e un edonismo senza freni. • …sino alla morte naturale Non possiamo dimenticare che, secondo la tradizione, nella Santa Casa di Nazareth morì, assistito da Maria Santissima e da Nostro Signore, san Giuseppe. Per questo motivo il glorioso patriarca è divenuto il patrono degli agonizzanti: nessuno al mondo infatti ebbe una grazia così grande, ovvero passare da questa vita all’altra tra le braccia della Madonna e di Gesù. Quella di San Giuseppe fu una morte beata, coronamento di una vita tutta spesa a servizio di Dio, di cui si era fatto volontariamente docile strumento. Ebbene, per un cattolico, Loreto potrebbe diventare il punto di riferimento spirituale per la lotta contro ogni legislazione che miri a introdurre l’eutanasia, spesso mascherata – in nome di una falsa pietà – con i termini di suicidio assistito o testamento biologico. Gli attacchi alla vita nella sua fase terminale sono assai pericolosi, perché vogliono limitare la dignità umana solo alle vite efficienti e sane. Ma


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in ogni condizione e in ogni situazione, per quanto dolorosa e tragica possa essere, l’essere umano conserva sempre la propria nobiltà. Quello di cui i malati hanno bisogno non è essere uccisi, ma l’assistenza dei propri cari e cure che allevino le sofferenze. Proprio come accadde a san Giuseppe. Eliminare i malati non è un gesto d’amore, ma di egoismo, dietro il quale si celano molte volte veri e propri interessi economici. • La difesa della famiglia naturale, fondata sul matrimonio La Santa Casa di Nazareth è il luogo in cui è vissuta la Santa Famiglia, modello di tutte le famiglie. Pertanto, Loreto è il luogo privilegiato per pregare per l’istituzione familiare, oggi minacciata dentro e fuori la Chiesa. Lottare nella sfera pubblica oltre che spirituale per la difesa dell’indissolubilità del matrimonio e dell’unica vera identità della famiglia, composta da un uomo e una donna, oggi è una battaglia e una sfida decisiva. Di fronte ai cedimenti alle mode dominanti, la Santa Casa di Loreto deve diventare il centro da cui attingere forze per riaffermare un netto “No” al divorzio, alle convivenze more uxorio, al femminismo e alle unioni omosessuali, peccati che distruggono la società della quale la famiglia, stabile e unita, è la cellula fondamentale. E considerando che la Santa Casa era di proprietà della Santa Famiglia, occorre anche lottare per una vera giustizia sociale ed un’economia a misura di famiglia, che passa anche dal riconoscimento e dalla tutela del diritto di proprietà e dal sostegno alla natalità. • Il prioritario diritto dei genitori all’educazione Nella Santa Casa Nostro Signore è cresciuto ed è stato educato da sua Madre e da San Giuseppe. Gesù è vissuto con i suoi fino all’età di trent’anni, trascorrendo un’esistenza fatta di preghiera e lavoro, obbedienza e sacrificio, sobrietà e purezza. Tra quelle pareti la Madonna stessa è stata alle-


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vata ed educata dai suoi genitori, Gioacchino ed Anna. Loreto è quindi il punto di riferimento anche su questo tema, oggi così conculcato. Di fonte a scuole pubbliche e paritarie controllate dallo Stato, che ormai instilla l’indifferentismo religioso e veri e propri valori anticristiani, e di fronte alla dilagante ideologia gender, imposta a tutti e che mira a dissolvere la stessa natura umana, è quanto mai necessario ribadire il prioritario diritto dei genitori di educare i loro figli in base ai princìpi in cui credono. Di qui anche la necessità di creare scuole parentali, libere dai vincoli statali ed autenticamente cattoliche. Nessun potere può strappare i figli dalle loro famiglie e indottrinarli contro la volontà dei genitori. • La lotta per la purezza e la castità La Santa Casa ha accolto una famiglia particolare e tutta santa, caratterizzata dalla perpetua verginità. Gesù, Maria e Giuseppe hanno conservato la purezza e la castità per tutta la vita, integralmente, nel corpo e nello spirito. Vivere in continenza prima del matrimonio, durante il matrimonio o tutta la vita oggi per molti, anche cattolici, sembra un’impresa impossibile. E nel frattempo la pornografia dilaga, senza freni, così come la contraccezione. Il senso del sacrificio e della purezza si sono persi, tanto che ogni capriccio e ogni piacere sembra debbano diventare un diritto, legalmente riconosciuto, tutelato e anche imposto. La Santa Famiglia invece ha saputo vivere come un’unica grande offerta a Dio, divenendo così davvero un esempio per tutti, dai bambini, ai giovani, agli adulti agli anziani, oggi sempre più schiacciati dal sesso-centrismo che imperversa ovunque.


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