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LE SOLUZIONI Le iniziative di governi, associazioni, sindacati, aziende

IMMAGINE, CONDIZIONI DI LAVORO,

di Umberto Cutolo GIOVANI

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Sono le tre direttrici indicate dall’IRU per affrontare la carenza di autisti in Europa. Ma la loro attuazione è difficile: in Italia gli incentivi del governo per abbattere i costi di patente C e CQC non sono stati mai attuati e la formazione sul territorio è una goccia nel mare

Lavorare sull’immagine è fondamentale. Prima non c’erano cuochi; adesso, grazie ai media vogliono fare tutti gli chef.Ci vorrebbe una fiction sui camionisti. Giuseppina Della Pepa, segretario generale Anita

Avoler essere cattivi, sembra di assistere all’esecuzione dell’ordine della marina borbonica: «Facite ammuina». E quindi, quelli che stanno a poppa devono correre a prua, quelli che stanno a dritta devono spostarsi a sinistra e viceversa, per fare letteralmente «confusione» (ammuina), dando però l’impressione di lavorare sodo. Che è un falso storico, ma ormai è diventato l’icona della mancanza di una strategia. Al di là dell’indiscutibile buona volontà dei protagonisti (governi, associazioni datoriali, sindacati, aziende), il problema sempre più drammatico della carenza di autisti nell’autotrasporto merci sembra venire affrontato da tutti separatamente, volontaristicamente, talvolta velleitariamente e, alla fine, senza una strategia coordinata. In sintesi: le soluzioni proposte sono tante, ma ognuno le persegue per conto proprio. È il contrario, per dirne una, di quello che auspica l’IRU, l’organizzazione mondiale delle imprese di autotrasporto. In un documento presentato nel 2019 ha chiesto una «maggiore collaborazione tra strutture pubbliche e imprese e incentivi per quelle che attuano programmi di formazione». L’IRU ha anche indicato una road map per contrastare il fenomeno della carenza di autisti, basandola su tre direttrici: ridisegnare l’immagine del trasporto e la sua percezione nel pubblico; migliorare le condizioni di lavoro; incrementare l’impiego di giovani e donne.

À FORMATIVE onidi categoria anato Trasporti ir ad Anita – ha edirettamente e, sia allo scopo ostidi accesso, care di favorire ovani e aziende niziative varie, efficaci, ma con ella mancanza di continuità.

L’ALBO INVESTE SULL’IMMAGINE DELL’AUTOTRASPORTO

L’Albo degli autotrasportatori, tramite il comitato centrale, ha deciso di investire in modo cospicuo per ridisegnare la figura del camionista nell’immaginario collettivo, rappresentandolo in modo più aderente alla realtà, attraverso un coinvolgimento dei media a 360 gradi, a cominciare dalla Rai-Tv. I dettagli saranno chiariti al più presto.

RIDISEGNARE L’IMMAGINE

Ma sono solo principi generali. Quando si passa – a livello nazionale – ai tentativi di metterle in atto ci si rende conto che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. «È una stratificazione di problemi», scuote la testa Giuseppina Della Pepa, segretario generale di Anita, «ma lavorare sull’immagine è fondamentale. Prima non c’erano cuochi; adesso, grazie ai media vogliono fare tutti gli chef. Ci vorrebbe una fiction sui camionisti». «È un problema di appeal», conviene Andrea Manfron, segretario generale di FAI-Conftrasporto, ricordando l’ultima iniziativa in questa direzione avviata dall’Albo degli autotrasportatori, che in una delle ultime riunioni del suo comitato centrale, ha deciso un cospicuo stanziamento per ridisegnare la figura del camionista nell’immaginario collettivo, rappresentandolo in modo più aderente alla realtà, attraverso un coinvolgimento dei media a 360 gradi, a cominciare dalla Rai-Tv.

Per affrontare il problema, anche in termini di infrastrutture, abbiamo fatto un buon lavoro di lobby a Bruxelles. E c’è la possibilità di ottenere finanziamenti anche dal piano nazionale di rinascita e resilienza.

Andrea Manfron,

segretario generale FAI-Conftrasporto

MIGLIORARE LE CONDIZIONI DI LAVORO

Quanto a migliorare le condizioni di lavoro, la legislazione europea sta facendo molti passi avanti, sia nell’introdurre, attraverso il Pacchetto Mobilità, regole più rigorose contro lo sfruttamento dei conducenti, stabilendo orari e regole rigorose: due periodi di riposo settimanali, obbligo di rientro a casa per i riposi lunghi mensili e – quando questo non sia possibile – ospitalità in aree provviste di tutti i servizi necessari. Ce ne saranno di più e migliori anche in Italia, entro il 2023, grazie il Progetto Pass4Code, cofinanziato da Bruxelles (vedi servizio a p.38),

nell’ambito di un programma comunitario che stanzia 60 milioni di euro per migliorare la rete dei parcheggi sicuri lungo le direttrici TEN-T. «Se vogliamo occuparci del problema della penuria di autisti e attirare nuovi talenti nel settore», ha commentato

Migliori condizioni di lavoro, vuol dire anche salari più alti? «E come si fa con le tariffe attuali a 1,39 euro/km (secondo le tariffe ministeriali), il costo dell’autista si mangia il 35%. Ma oggi in realtà si viaggia a 1,10 e il costo del conducente sale al 50%. Alessandro Peron, segretario generale Fiap

Se vogliamo occuparci del problema della penuria di autisti e attirare nuovi talenti nel settore allora è decisivo migliorare le condizioni di lavoro, comprese quelle inerenti alla sicurezza e alla protezione delle aree di parcheggio dei camion.

Matthias Maedge,

delegato generale IRU

Matthias Maedge, delegato generale dell’IRU, «allora è decisivo migliorare le condizioni di lavoro, comprese quelle inerenti alla sicurezza e alla protezione delle aree di parcheggio dei camion». E Manfron rivendica: «Abbiamo fatto un buon lavoro di lobby a Bruxelles. E c’è la possibilità di ottenere finanziamenti anche dal piano nazionale di rinascita e resilienza». Ma migliori condizioni di lavoro, vuol dire anche salari più alti. «E come si fa», si chiede Alessandro Peron, segretario generale di Fiap, «con le tariffe attuali. A 1,39 euro al chilometro (secondo le tariffe ministeriali), il costo dell’autista si mangia il 35%. Ma oggi in realtà si viaggia a 1,10 e il costo del conducente sale al 50%». E ricorda che quando andava alle elementari, alla fine degli anni Ottanta, un suo compagno di classe, figlio di un autista di camion viveva in un bell’appartamento, mentre lui abitava in una casa di un ente. «Oggi si riesce a stento a tirare alla fine del mese», aggiunge scuotendo la testa.

ATTIRARE GIOVANI E DONNE

Ma se queste sono le premesse, come attirare i giovani e le donne – terzo punto indicato dall’IRU – convincendoli a diventare autisti di camion? L’organizzazione ginevrina ha proposto di abbassare a 18 anni l’età per la patente C e la CQC, di ridurre i costi per l’ottenimento di questi documenti e di utilizzare i social media per avvicinare i giovani all’attività di autista di camion. Per la prima ci vorrà tempo e non sarà facile mettere d’accordo i 27 Stati membri, la terza è un’indicazione di massima. Non resta che la seconda: ridurre i costi di accesso alla professione che sono assai elevati, vale a dire tra i 4 e i 5 mila euro per patente C e CQC, per poter salire – praticamente senza nessuna esperienza – a bordo di un camion da 100 mila euro. Ovvio che le imprese abbiano qualche difficoltà e qualche diffidenza ad affidare mezzi di tanto valore a un neo patentato senza pratica. E infatti, basta scorrere su Internet gli elenchi (fitti) con le offerte di lavoro per conducenti di camion per rendersi conto che le inserzioni raramente sono generiche. Per la maggior parte precisano la necessità di esperienze specifiche (autospurgo, scarrabili, bilici, gru), la conoscenza del territorio, la guida in montagna, le opere di scavo, la movimentazione dei pallet, la conoscenza del lavoro di magazzino. Solo per citarne alcune. Non è un caso che i tentativi in tale direzione non abbiano dato i frutti sperati. Addirittura, l’unico intervento deciso dal governo nella legge di Bilancio 2019 non è stato mai attuato. Erano 40 milioni stanziati nel biennio 2019-2020 per rimborsare le imprese del 50% dei costi (fino a un massimo di 1.500 euro) per patente C e CQC dei giovani al di sotto dei 35 anni assunti come autisti di mezzi pesanti. Intanto con quel tetto le imprese avrebbero potuto assumere ciascuna un solo giovane a costi di abilitazione scontati e avrebbero dovuto pagare di tasca loro la differenza. In altre parole, per arrivare al massimo di assunzioni possibili – 26 mila nel biennio – le aziende avrebbero dovuto mettere di tasca propria il doppio dello stanziamento – 80 milioni – ipotizzando un costo medio dei documenti di guida di 4.500 euro. Ma non ce n’è stato bisogno: i decreti attuativi che avrebbero dovuto rendere operativa la misura non sono stati mai emanati e non se n’è più parlato, neppure per spostare lo stanziamento agli anni successivi. È stata solo «ammuina».

LA FORMAZIONE SUL TERRITORIO

E ha funzionato poco – una goccia nel mare – anche il tentativo di affrontare il problema gestendo più o meno direttamente la formazione, abbattendo contemporaneamente i costi di accesso. E non solo i corsi dell’Albo (vedi servizio a p. 62), ma anche quelli – in verità numerosi – avviati dalle associazioni di categoria sul territorio nella speranza di avvicinare i giovani alle imprese. Confartigianato Trasporti prima ha stretto a Treviso un accordo con l’associazione delle autoscuole, Unasca, che prevede il rimborso delle

Si potrebbe incentivare l’accompagnamento dei passaggi generazionali per trasmettere la professione dai padri alle seconde e, talvolta, terze generazioni, che erediterebbero un patrimonio inestimabile costituito da attività già avviate e consolidate sul mercato dei servizi. Sergio Lo Monte, segretario generale Confartigianato Trasporti

La scolarizzazione deve iniziare anche prima dei 18 anni, magari con lezioni sul primo soccorso, gestione infortuni, prevenzione incendi. Patrizio Ricci, presidente di CNA-Fita

spese per patente e la segnalazione dei candidati alle imprese associate, poi ha lanciato a Ravenna un’iniziativa analoga, infine ha aperto a Novara una vera e propria Academy che copre il Piemonte orientale, appoggiandosi all’Istituto tecnico industriale «Fauser», dove funzionari dell’associazione svolgono corsi di formazione, in modo che i ragazzi una volta usciti dalla scuola possano arrivare alle imprese attraverso un’agenzia interinale che ha aderito all’iniziativa. Ancora in Veneto – regione del resto cruciale per l’autotrasporto – Fiap ha partecipato a un bando della Regione, insieme all’agenzia per il lavoro Adecco, formando dieci autisti tra cui una donna, e sta studiando un’iniziativa analoga a Cesena, coinvolgendo anche immigrati africani. Assotir, invece, si sta muovendo in Toscana per avviare, d’intesa con la Regione, un progetto di formazione finanziata destinato ai giovani, ai disoccupati e agli inattivi interessati a conseguire patenti e CQC a costi contenuti per proporne quindi l’assunzione alle imprese associate. La chiave è sempre quella: abbattere o annullare i costi di accesso. Ma poi c’è il problema di far assumere i giovani che escono dai corsi. Perché se le imprese sono restie a mettere i propri veicoli nelle mani di un autista alle prime armi, dall’altra c’è anche poca volontà di entrare in un mestiere disagiato. «Anche Anita ha fatto qualcosa in Veneto», ricorda Della Pepa, «ma la gran parte dei candidati alla fine ha scelto di lavorare in logistica».

LA SCOLARIZZAZIONE

Per questo stanno destando interesse le ultime iniziative che anticipano i tempi della formazione e portano il problema direttamente nelle scuole, prima ancora che arrivi l’età della patente. A Bolzano la CNA-Fita ha avviato una collaborazione con l’istituto professionale per il Commercio, il Turismo e i Servizi «Luigi Einaudi», chiedendo alla Provincia – ha spiegato il presidente della CNA locale, Claudio Corratati – di istituire il profilo di «apprendista autotrasportatore» e di «avviare apposite classi della formazione professionale per il diploma, anche con corsi a tempo pieno». Anche Assotir sta lavorando su questo schema: «Bisogna coinvolgere le Regioni e gli istituti tecnici – afferma il segretario generale, Claudio Donati – basterebbero un paio d’ore di orientamento per chi frequenta l’ultimo anno e poi costruire, magari con un intervento più incisivo dello Stato, un percorso per portare i giovani direttamente in azienda». Patrizio Ricci, presidente di CNA-Fita, è d’accordo: «La scolarizzazione deve iniziare anche prima dei 18 anni, magari con lezioni sul primo soccorso, gestione infortuni, prevenzione incendi». Resta, però, il problema dell’incontro fra domanda e offerta. Come portare in azienda questi giovani e queste donne che escono dalla scuola e dalla formazione preparati nella teoria, ma con poca pratica? «L’esperienza», spiega Della Pepa, «te la fai sul campo». E aggiunge: «Del resto, ogni impresa ha un percorso di affiancamento». Le imprese più strutturate, infatti, si stanno organizzando con vere e proprie Academy per attirare i giovani da trasformare in autisti. Un’altra strada la suggerisce Sergio Lo Monte, segretario generale di Confartigianato Trasporti. «Si potrebbe incentivare l’accompagnamento dei passaggi generazionali per trasmettere la professione dai padri alle seconde e, talvolta terze generazioni, che erediterebbero un patrimonio inestimabile costituito da attività già avviate e consolidate sul mercato dei servizi. Perché vanno bene tutte le attività formative ed educative delle nuove leve che si devono favorire a partire dagli istituti professionali, ma la vera sfida è sulla valorizzazione della professione di autotrasportatore che non è più attrattiva: è necessario porre in essere tutte le condizioni per la redditività delle imprese del settore e il rispetto della dignità delle persone che sono al volante dei camion».

Bisogna coinvolgere le Regioni e gli istituti tecnici : basterebbero un paio d’ore di orientamento per chi frequenta l’ultimo anno e poi costruire, magari con un intervento più incisivo dello Stato, un percorso per portare i giovani direttamente in azienda. Claudio Donati, segretario generale Assotir

METTI UNA SERA L’AUTOTRASPORTO IN TV. ED È PURE DONNA

Fa bene Giuseppina Della Pepa, segretario Anita, a ricordare che, da quando la cucina occupa costantemente lo schermo televisivo, tutti vogliono fare gli chef. In Francia stanno provando a realizzare qualcosa di analogo con l’autotrasporto, ma per certi versi al quadrato, perché mirano a migliorare l’immagine del settore, rendendolo sia più spettacolare sia più attrattivo per le donne. Si chiama Les Reines de la Route («Le regine della strada») e dal punto di vista del genere è una docu-serie in cui, in ogni puntata, c’è una sfi da diversa da aff rontare e a raccoglierla ci sono non una, ma sette autiste di mezzi pesanti. Sette donne, sette autotrasportatrici che trascorrono la loro vita quotidiana sulle strade d’Europa con l’obiettivo di portare a destinazione il carico, in condizioni spesso avverse, a bordo dei loro mezzi pesanti. Ognuna ovviamente è connotata in modo diverso e soprattutto con un carattere diff erente: c’è l’audace fi glia d’arte che porta avanti con passione il mestiere del padre, c’è l’esaltata con due fi gli a casa; c’è la venere della strada, dotata di tutti gli attributi per fare a pezzi ogni stereotipo del camionista; c’è la batteria elettrica, una c onvinta femminista ormai alla soglia dei cinquanta; c’è l’ardente dal carattere forte; c’è l’avventurosa mai appagata dalle sfi de che la strada riserva; c’è l’ingenua intenzionata a conquistare il sud della Francia a bordo del suo camion. La serie, prodotta da Warner Bros, è composta da otto episodi in onda a partire dal 7 gennaio scorso sul canale francese 6ter del gruppo M6.