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EDITORIALE Il vaccino dei costi di riferimento

Mensile di informazione politica e tecnica Pubblicazione dell’Associazione professionale di categoria Organo del Gruppo Federtrasporti

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Anno XXXIX - giugno 2020

Direttore responsabile Daniele Di Ubaldo (d.diubaldo@uominietrasporti.it Vice direttore Patrizia Amaducci (p.amaducci@uominietrasporti.it)

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EDITORIALE

IL VACCINO DEI COSTI DI RIFERIMENTO

giugno 2020 3 Tutti avrebbero voluto che il decreto Rilancio avesse dedicato a loro stessi una pagina di articoli ricolmi di euro. Ma non può essere così. Un po’ perché avere un debito pubblico ingombrante quanto un trasporto eccezionale crea vincoli rigorosi: chi non ce l’ha – come la Germania – riesce a mettere sul piatto in un mattino 550 miliardi di euro “veri”; chi ce l’ha – come noi – si deve accontentare di qualche decina di miliardi in garanzie e crediti di imposta. Un po’ perché non si può vivere nella convinzione che lo Stato sia una sanguisuga e che il commercialista si debba scegliere in base alla sua capacità di farci versare meno imposte possibili, e poi pretendere che lo Stato stesso restituisca quanto non ha incassato. Un po’ perché in questa fase tutti avremmo qualcosa da recriminare a qualcuno, il quale a sua volta potrebbe fare altrettanto nei confronti di qualcun altro e così di seguito lungo tutte le filiere. E se a ogni recriminazione apponessimo carte bollate congeleremmo il nostro fin troppo imbalsamato sistema giudiziario. Sarebbe tanto più sensato se ognuno si facesse carico del suo aggravio, nella speranza che gli altri facciano altrettanto, così da ottenere un’equilibrata redistribuzione del costo totale della pandemia. L’autotrasporto in questo meccanismo è un’eccezione. Seppure gravato da tante mancanze, infatti, non è stato il settore più penalizzato dal lockdown, anche perché al contrario di cantieri, alberghi e cinema, i cui fatturati sono rimasti a «zero» per mesi, di alcune tipologie di beni c’è sempre stato bisogno e, quindi, si è sempre chiesto a qualche camion di farsene carico. Il problema (fatta eccezione per quei segmenti legati a filiere bloccate) è venuto dopo, quando, portati a termine questi servizi di trasporto necessari, tante fatture sono rimaste non pagate. Per qualche committente sembra che il Covid abbia funzionato come una sorta di moratoria generalizzata rispetto a tutti i pagamenti. Ecco perché quando le associazioni di categoria del settore sono entrate nel cantiere del decreto Rilancio non hanno chiesto (come tutti) risorse finanziarie – tranne quelle già stanziate da tempo e ancora da erogare – quanto una norma in grado di tagliare le unghie proprio a chi non paga nei tempi dovuti. Al perché questa norma non abbia visto la luce (almeno nel decreto, seppure resti una speranza in fase di conversione), rispondiamo nelle pagine interne. Qui vorrei far notare che non è da oggi che il settore scopre di avere interlocutori poco solerti nei pagamenti. E non è da oggi che, rispetto ai possibili strumenti per educarli, individua come unica soluzione quella che passa da una tutela normativa. Sembra un assoluto, cioè, che senza un tale aiuto una piccola o media azienda di autotrasporto fatichi a ottenere soddisfazione a causa delle sue ridotte dimensioni e della sua debolezza contrattuale. Non è tutto. Perché mentre ci si preoccupa sul «quando» incassare, rischia di sfuggire di vista il «quanto». E invece alcuni processi in corso appaiono al riguardo preoccupanti. Basta aprire il nostro sito e verificare lo spettacolo che il quotidiano propone con puntualità: trasportatori da ultimo miglio, pagati a cottimo, stritolati dai meccanismi dell’e-commerce; aziende che utilizzano la manomissione del tachigrafo come strumento per salvaguardare la propria competitività; l’intero settore del trasporto container messo sotto ricatto da chi cerca in tutti i modi di tagliare le tariffe di trasporto; ma soprattutto tante imprese marginalizzate dal mercato a causa della concorrenza di altre, cresciute – come nel caso svelato dalla Finanza di Lodi – a colpi di sfruttamento degli autisti e di evasione fiscale. Nella fase attuale si rischia proprio questo: che dopo il virus si diffonda in tanti la voglia di recuperare il tempo perduto e i maggiori costi sofferti per rivalersi, in sfregio alla sicurezza, sulle parti deboli del mercato. Partendo, ovviamente, dalle tariffe di trasporto. Ecco perché sarebbe opportuno anche qui uno strumento normativo di salvaguarda. Ma non serve inventarlo: è stato concepito cinque anni fa e si chiama «costi di riferimento». E contro il contagio della tariffa selvaggia potrebbe funzionare meglio di un vaccino.

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EDITORIALE Il vaccino dei costi di riferimento INCHIESTA Quanto costano sicurezza e inefficienze create dalla pandemia. DPI: Difficili, Preziosi, Introvabili POLITICA Più ombre che luci per l’autotrasporto nelle misure del decreto Rilancio. L’eterno nodo dei tempi di pagamento POLITICA Le imprese sono in ginocchio, ma l’autorità con sospende il contributo 2020. Solo l’ART resiste al virus TRAFFICO Tra le cause ipotetiche della pandemia spuntano anche i camionisti. Il fakevirus corre sul tir ANCHE IO VOLEVO IL CAMION Intervista a Laura Mihaes. Dalla passione alla delusione

30 PRIME PESANTI DAF XF Unity Edition. Pronti, ripartenza… via!

32 TEST PESANTI Scania R540. L’inquilino più alto del piano inferiore

35 MONDO PESANTE Display a confronto per infotainment. Vietato distrarre!

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SPECIALE ALLESTIMENTI La scelta del trailer isotermico. Il freddo in viaggio TEST LEGGERI Fiat Professional Ducato Maxi 35 L2H2 180 CV Euro 6d-temp MY2020. Vado al massimo STRUMENTI ANTICONTAGIO Il sanificatore Air2San di Texa. Dall’ossigeno all’ozono e ritorno

NON DI SOLO TRASPORTO

49 Voci on the road. 10 domande a… Marco Curci

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LE RISPOSTE DEGLI ESPERTI

Ministeri & co

Legalmente parlando Sicuri e certifi cati

Parole diritte

L’importante è la salute

ALL'INTERNO L'AGENDA DEL MESE NOVITÀ NORMATIVE

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AREE DI SOSTA SICURE SECONDO GLI STANDARD UE: IN ITALIA SONO SOLO DUE

Ho una piccola azienda di autotrasporto e guido anche un mio camion. Dopo tanti anni la cosa che più mi stanca è trovare parcheggio nelle aree di sosta. Sembra una sciocchezza, ma quando termini le ore e non sai dove fermarti monta l’ansia e, di conseguenza, se anche accosti alla bene-e-meglio, fi nisci per riposare male. Normale che il giorno dopo si è più stanchi e si guida con meno sicurezza. Perché non ne parla nessuno? Giacomo M_Reggio Emilia Il problema della sicurezza delle aree di sosta per i veicoli pesanti meriterebbe maggiore attenzione da parte degli enti incaricati della gestione delle infrastrutture stradali. È un argomento affrontato dalla Commissione europea con il regolamento delegato 885/2013/UE, inerente i servizi di informazione sulle aree di parcheggio sicure destinate agli automezzi pesanti a norma della direttiva 2010/40/ UE (che li prevede espressamente) e, ancor prima, nella direttiva 2008/96/ CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali, dove si afferma che «la creazione di un numero sufficiente di parcheggi e di aree di sosta sicuri dovrebbe pertanto costituire parte integrante» di tale gestione. Secondo tale regolamento, affinché le aree di sosta possano essere ritenute sicure, devono consentire agli utenti di evitare lo stazionamento improprio e contribuire alla sicurezza di conducenti e merci; di contro, è definito «parcheggio inappropriato» lo stazionamento fuori dalle aree di sosta sicure lungo le autostrade, oltre che nelle corsie di emergenza o in aree di servizio sovraffollate. Tuttavia non si rinvengono specifici riferimenti o prescrizioni destinate alla realizzazione di parcheggi sicuri né nel decreto legislativo 35/2011 (che ha recepito la direttiva 2008/96), né in sede di attuazione del regolamento 885/2013. Infatti, a tutt’oggi, si può parlare di sostanziale inesistenza di aree di sosta sicure lungo la rete autostradale italiana: su 407 aree di servizio e 246 aree di parcheggio (dati AISCAT e riferiti al 31/12/2018), solo l’Autoparco di Brescia Est, situato all’uscita della A4, e l’Autoporto di Sadobre, in prossimità della barriera di Vipiteno, risultano in grado di garantire sicurezza, comfort e riposo agli autotrasportatori. Tutto ciò, mentre assistiamo a fenomeni di criminalità che si ripetono con inaccettabile frequenza e hanno come bersaglio mezzi pesanti e loro conducenti, allorché stazionano in aree o parcheggi non sicuri (dove si consuma il 70% dei furti, secondo rilevazioni TAPA - Transported Asset Protection Association). È allora meritoria la recente iniziativa del Comitato centrale per l’Albo degli autotrasportatori di partecipare al progetto UE per rendere sicure, protette, efficienti e certificate le aree di parcheggio sulle principali reti autostradali nazionali, tramite l’ottimizzazione di aree di sosta non certificate e non in linea con gli standard europei o la realizzazione di nuove aree rispondenti a tali standard. Peraltro, la dimenticanza nei confronti delle esigenze di sicurezza dell’autotrasporto merci potrebbe essere superata, qualora, in sede di revisione delle concessioni relative alla gestione delle infrastrutture autostradali, fosse previsto l’obbligo, per i concessionari, di adottare misure funzionali alla localizzazione e messa in sicurezza delle aree di sosta e dei servizi offerti, nonché all’ottimizzazione dei controlli, anche con l’utilizzo di applicativi informatici e digitalizzati. Si tratta, in sintesi, di organizzare attività di videosorveglianza H24 in grado di registrare ingressi e uscite di veicoli o persone nell’area di sosta, attivare segnalazioni di allarme per eventuali operazioni criminose, promuovere lo scambio di informazioni tra aree di parcheggio, imprese di autotrasporto, autorità stradali e forze di polizia. Ovviamente, non potendo eliminare in tempi ristretti il ritardo accumulato, occorrerebbe intervenire in via prioritaria sulle aree di sosta lungo le direttrici autostradali, partendo da quelle interessate da più frequenti episodi di criminalità nei confronti di veicoli merci: secondo recenti statistiche raccolte da associazioni di categoria dell’autotrasporto, fra le regioni in cui sono presenti le aree maggiormente interessate da tali episodi, figurano Lombardia, Puglia, Campania, Sicilia, Piemonte, Emilia Romagna e Lazio. Su 407 aree di servizio e 246 aree di parcheggio (dati AISCAT e riferiti al 31 dicembre 2018), solo l’Autoparco di Brescia

Est, sulla A4, e l’Autoporto di Sadobre, vicino alla barriera di Vipiteno, risultano in grado di garantire sicurezza, comfort e riposo agli autotrasportatori

avvocato specializzato in trasporti

IL DIVORZIO NON CONSENSUALE TRA VETTORE E COMMITTENTE

Cosa succede se un committente, dopo anni di rapporto consolidato, decide all’improvviso di ridurmi drasticamente i viaggi? Capisco che ognuno è libero di cambiare i propri fornitori, però se un vettore eff ettua le stesse tratte per più di dieci anni, credo gli sia dovuta per lo meno una preventiva comunicazione scritta. Chiarisco che il «divorzio commerciale» di cui parlo risale all’ottobre 2019. Con il Covid-19, quindi, non c’entra niente. Giovanni P_Salerno Il rapporto tra cliente e fornitore di servizi di trasporto è spesso caratterizzato da fidelizzazione. Tuttavia, al di là delle aspettative, non è detto che sia per sempre. Anche se, rispetto alla condotta descritta nel quesito, costante giurisprudenza sostiene che il diritto al recesso debba essere esercitato osservando i principi di correttezza e buona fede contrattuale (artt. 1175 e 1375 c.c.). La Cassazione parla, in tal senso, di «buona fede oggettiva», cioè della reciproca lealtà di condotta che deve accompagnare il contratto – dalla formazione all’esecuzione, fino alla cessazione – nell’ottica di un bilanciamento di interessi contrapposti. Laddove, in un caso specifico, la violazione di lealtà sia tale da costituire di per sé un inadempimento, allora potrebbe anche sorgere un obbligo di risarcire i danni procurati al fornitore “lasciato” (da ultimo Cass. civ. Sez. III, Sent., 18.09.2009, n. 20106 o anche S.U. 15.11.2007 n. 23726). La necessità di rispettare tali criteri esiste anche quando sia pattuita la facoltà per una delle parti di esercitare il recesso ad nutum, cioè all’improvviso. Per esempio, si è ritenuto illegittimo, pur se contrattualmente previsto, il recesso del contraente totalmente svincolato da una giusta causa (Cass. 9321/2000). Secondo la Cassazione le parti possono prevedere un’ipotesi di recesso senza giusta causa, ma tale recesso diventa illegittimo se assume connotati imprevisti e arbitrari, tali da contrastare con la ragionevole aspettativa di chi, in base ai comportamenti usualmente tenuti e alla normalità commerciale dei rapporti, abbia confidato di proseguire il rapporto. Tutto ciò vale a maggior ragione quando il rapporto contrattuale ha durata indeterminata e si protrae per anni, magari con volumi e fatturato crescenti e con conseguente obbligo del vettore di approntare adeguate risorse di personale, spazi e mezzi per svolgere i servizi richiesti. In tali casi, la parte che intende recedere dal rapporto deve formalizzare la decisione con congruo preavviso, da individuare in base alla durata pregressa e alla rilevanza del rapporto. Nel quesito sottoposto, quindi, si ritiene che il committente avrebbe dovuto comunicare la propria intenzione di cessare la collaborazione garantendo un preavviso di durata proporzionale alla durata del rapporto commerciale bruscamente interrotto. Alla luce di tali circostanze, a meno che il contratto stipulato in forma scritta non contempli tutele specifiche, il committente è sicuramente in condizione di conoscere i gravi danni che l’improvvisa cessazione del rapporto, senza preavviso, possa causare all’operatore prescelto fino ad allora in via pressoché esclusiva; la progressiva crescita del fatturato, infatti, può suscitare nell’operatore il legittimo affidamento nella continuazione del rapporto anche negli anni a venire e, in ogni caso, fa sorgere in capo al cliente il dovere di rispettare i criteri di buona fede e leale collaborazione, nell’ipotesi in cui decida di interrompere il rapporto. Sorge, così, il diritto (non codificato) del “congruo preavviso”, con cui l’operatore è messo in condizione di riorganizzare la propria attività, convertendo magari i viaggi in altre tratte (nel caso del vettore) o adattando gli spazi dei magazzini in base alle mutate esigenze o recedendo da contratti di locazione dei magazzini stessi (nel caso dell’operatore logistico). Il Covid-19, però, cambia la prospettiva e gli equilibri contrattuali vacillano a causa di eventi che possono costituire cause di forza maggiore e quindi escludere ipotesi di responsabilità (l’art. 91 del DL18/2020 Cura Italia, convertito in L. n. 27/2020, prevede che il rispetto delle misure di contenimento sia valutato ai sensi degli artt. 1218 e 1223 c.c., ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore). Pertanto, ogni richiesta risarcitoria, nella fase attuale, potrebbe risultare molto ridimensionata, ma solo se strettamente connessa (pure temporalmente) alla pandemia. Anche se ciò non legittima comunque distorsioni interpretative a uso e consumo di chi assuma condotte contrarie ai principi di correttezza. Il committente avrebbe dovuto comunicare la propria intenzione di cessare la collaborazione garantendo un preavviso di durata proporzionale alla durata del rapporto commerciale bruscamente interrotto

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PATENTE A PUNTI E CQC: RELAZIONI PERICOLOSE

Il riacquisto dei punti della CQC avviene con le stesse modalità rispetto alla patente di guida o ci sono alcune diff erenze? Giorgio L_Bitonto (BA) In Italia la patente a punti è stata introdotta il 1° luglio 2003 con l’introduzione nel codice della strada dell’art. 126 bis, mentre, per effetto della Direttiva 2003/59, recepita in Italia con D.Lgs 286/2005, è stato attribuito il medesimo punteggio anche alla CQC. La detrazione dei punti riguardava inizialmente 32 articoli del CdS, oggi sono divenuti 38. La comunicazione della detrazione va fatta al trasgressore e, in caso di mancata identificazione, spetta al proprietario del veicolo o ad altro obbligato in solido comunicare i dati all’organo accertatore entro 60 gg dalla notifica del verbale di contestazione. Obbligo da assolvere a prescindere dall’eventuale proposizione del ricorso e, pertanto, i 60 gg decorrono dalla notifica del verbale e non dalla conclusione del ricorso amministrativo. La mancata o tardiva comunicazione comporta una sanzione da 292 a 1.168 euro (art. 126 bis c. 2). Infine è punita per falso ideologico o per sostituzione di persona qualsiasi comunicazione non corrispondente a verità, come nel caso in cui si indichino i dati di un conducente estraneo alla violazione. In caso di accertamento contemporaneo di più violazioni, la detrazione massima è di 15 punti, applicabile anche ai neopatentati, salvo che non ci sia la sanzione accessoria della sospensione della patente. La comunicazione all’anagrafe nazionale è fatta entro 30 gg dalla «definizione dell’infrazione», che avviene dopo il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria (entro 5 gg, se ammesso, per usufruire della riduzione del 30% o entro 60 gg) oppure a conclusione del ricorso amministrativo presso gli organi preposti (prefetto o giudice di pace). Ogni titolo di guida ha 20 punti di base e, ogni 2 anni, in assenza di infrazioni con decurtazione punti, ne vengono accreditati 2 fino a un massimo di 30 (per i neopatentati 1 punto all’anno per 3 anni). Il riacquisto dei punti può avvenire in tre modi: 1. recupero totale del punteggio (20) se in 2 anni non si incorre in un’infrazione con decurtazione dei punti. Tale modalità si applica quando il punteggio è > di 0 e < di 20; 2. tramite partecipazione a corso di formazione di 18 ore con cui ottenere 6 punti o 9 per le patenti superiori quando il punteggio è < 20 ma > 0 punti; 3. tramite esame di revisione (art. 128

CdS) a cui si deve sottoporre il conducente che ha azzerato il punteggio o che, dopo la notifica della prima violazione di almeno 5 punti, commette, nell’arco di 12 mesi, altre 2 violazioni non contestuali sempre di almeno 5 punti. Tale esame deve essere svolto entro 30 gg dalla notifica del provvedimento di revisione, pena la sospensione della patente a tempo indeterminato fino al superamento dell’accertamento con esito favorevole. La circolazione con patente sospesa per mancata partecipazione all’esame è soggetta alla sanzione da 155 a 624 euro e a quella accessoria della revoca della patente. E qui arriviamo alla domanda: il mancato superamento dell’esame di revisione, comporta la revoca della patente di guida. Ma per i possessori di CQC la revoca del titolo principale comporta anche quella del titolo professionale (art. 23 D.Lgs 286/06). Perdita o riacquisto di punti sulla CQC funzionano con le stesse modalità previste per la patente, ma con alcune piccole differenze. Innanzitutto, i punti vanno sottratti dalla CQC quando la violazione è commessa alla guida di un veicolo che richiede il possesso di tale documento. Al contrario se è commessa alla guida di altro veicolo o utilizzato per finalità diverse (private o commerciali), la decurtazione avverrà dalla patente. Il conducente di un veicolo in conto proprio non inquadrato come autista avrà la sottrazione dal monte punti della patente anche se in possesso di CQC. Pertanto, in caso di azzeramento del punteggio o di 3 violazioni da almeno 5 punti non contestuali nell’arco di 12 mesi, il titolare dovrà sottoporsi entro 1 mese all’esame di revisione, incentrato sui temi relativi al trasporto in base al tipo di CQC posseduta. In caso di superamento verranno riaccreditati 20 punti, in caso di esito negativo verrà revocata la CQC perdendo così tutte le abilitazioni possedute senza nessuna influenza sulla patente di guida. Prima di arrivare all’esame di revisione, anche per la CQC sono previste altre modalità di recupero punti come la partecipazione a un corso di 20 ore e senza esame (che permette di recuperare fino a 9 punti) oppure l’assenza di infrazioni con decurtazione punti per 2 anni dall’ultima infrazione che ha comportato la sottrazione dei punti che permette di tornare a 20 punti. Occhio però a date e comunicazioni: in caso di infrazione, la data da cui calcolare la decorrenza dei 2 anni è quella in cui è stata commessa la violazione e non altre. Per esempio, se il conducente ha commesso un’infrazione con decurtazione il 1° settembre 2018 e il suo saldo è rimasto a + 10, tornerà a 20 il 1° settembre 2020, ma se il 31 agosto 2020 commette un’altra infrazione con decurtazione, magari non contestata immediatamente ma recapitata alla residenza entro 90 gg e con successiva risposta (entro 60 gg dal ricevimento) dal parte del proprietario del veicolo dei dati dell’effettivo conducente, il riaccredito non si compie.

In caso di infrazione, la data da cui calcolare la decorrenza dei 2 anni è quella in cui è stata commessa la violazione e non altre

QUANDO SI DICE…

RITENZIONE

Nel numero di maggio abbiamo affrontato il tema della prescrizione segnalando, fra l’altro, come i termini di prescrizione brevi applicabili al contratto di trasporto impongano al vettore di porre particolare attenzione alle tempistiche con cui viene gestito il recupero dei propri crediti. A fronte di una possibile criticità, rappresentata dal ristretto spazio temporale che il vettore ha a disposizione per esercitare i propri diritti prima che questi si considerino prescritti, il legislatore ha, tuttavia, riconosciuto alla categoria alcune modalità particolarmente efficaci di tutela del proprio credito. Si tratta di strumenti talvolta poco conosciuti e, comunque, in via generale scarsamente utilizzati anche se spesso molto efficaci: uno di tali strumenti è rappresentato dal diritto di ritenzione. I tempi (lunghi) del ricorso per decreto ingiuntivo Come è noto, il normale percorso per il recupero di un credito è rappresentato dal deposito di un ricorso per decreto ingiuntivo. Una volta ottenuto il provvedimento monitorio, occorre notificarlo e attendere quaranta giorni perché lo stesso (in mancanza di eventuali opposizioni del debitore) diventi esecutivo. Solo a quel punto sarà possibile notificare al debitore l’atto di precetto e, decorsi dieci giorni da tale notifica, avviare l’esecuzione forzata, ossia quel procedimento che consente di individuare e pignorare beni del debitore che, una volta venduti, consentiranno auspicabilmente di giungere alla soddisfazione del credito. Quella qui sommariamente descritta è una procedura che potrebbe durare molti mesi, se non addirittura anni nel caso di opposizione da parte del debitore. La via (breve) della ritenzione Il diritto di ritenzione, viceversa, consente un percorso molto più immediato ed efficace rispetto alla procedura ordinaria sopra descritta: si tratta, infatti, di una modalità di soddisfacimento del credito alternativa, che può essere esercitata a prescindere dal preventivo ottenimento di un titolo esecutivo. Il diritto di ritenzione che spetta al vettore, infatti, consente a questi di trattenere le merci che gli vengono affidate per il trasporto, con conseguente possibilità di soddisfare il proprio credito sulle stesse con preferenza rispetto agli altri eventuali creditori. Una volta esercitata la ritenzione sulle merci, il creditore può vendere quanto oggetto di ritenzione per soddisfare il proprio credito e gli interessi dovuti. Presupposti e modalità per esercitare il diritto alla ritenzione Dal punto di vista soggettivo, gli attori della filiera del trasporto ai quali la legge attribuisce la facoltà di esercitare il diritto di ritenzione sono il vettore, lo spedizioniere e il depositario delle merci. Il diritto di ritenzione può essere esercitato solo su quelle merci per le quali sia sorto il credito che si intende soddisfare. In proposito, tuttavia, si segnala che la giurisprudenza prevalente è da tempo pervenuta ad un’interpretazione piuttosto ampia di tale previsione: si afferma, infatti, che il requisito della correlazione fra merci oggetto di ritenzione e credito insoluto sia soddisfatto ogniqualvolta la ritenzione sia esercitata nell’ambito di un unitario rapporto contrattuale instauratosi fra creditore e debitore. Ne consegue che, nel caso di rapporti continuativi contrattualizzati, vettore, spedizioniere e depositario possono esercitare il diritto di ritenzione su qualunque partita di merci movimentata nell’ambito del contatto che ha generato il credito che si intende soddisfare. Dal punto di vista procedimentale, l’esercizio della ritenzione avviene mediante la notifica al debitore di un atto di intimazione con cui, da un lato, si individuano le merci sulle quali è esercitata la ritenzione e, dall’altro,

Il diritto di ritenzione consente al vettore di trattenere le merci affi dategli per il trasporto. Esercitata la ritenzione, il vettore può vendere i beni per soddisfare il proprio credito e gli interessi dovuti con preferenza rispetto ad altri eventuali creditori

viene intimato il pagamento del debito scaduto. Decorso un periodo di tempo variabile fra i cinque e i novanta giorni dalla notifica (a seconda che creditore e debitore abbiano domicilio o residenza nello stesso luogo o in luoghi diversi) senza che sia stata proposta opposizione, il creditore ha la possibilità di farsi nominare dal Tribunale territorialmente competente un commissionario che proceda alla vendita delle merci. Il procedimento sinteticamente descritto rende evidente come il vettore disponga di un efficace strumento per la tutela dei propri crediti con tempistiche assai più rapide rispetto a quelle ordinarie. Strumento che, come si diceva, è tuttavia utilizzato in modo assai sporadico in parte perché poco conosciuto, ma in parte anche forse a causa della frequente difficoltà della categoria a fare valere in modo deciso molti degli efficaci strumenti che il nostro ordinamento ha introdotto a sua tutela.