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EDITORIALE

Benhur Tondini presidente sala&cucina

Il cibo, il clima, lo spreco: è necessario diventare consapevoli

Parliamo di cibo, scriviamo di cibo, distribuiamo cibo ma è ancora troppo poca l’attenzione che mettiamo nel ruolo che il cibo ha sulla sostenibilità, sul clima, su tutto quello che impatta in maniera negativa sul futuro del nostro pianeta. Ben vengano, dunque, convegni come quello svoltosi a Roma poche settimane fa, a cura della Società Italiana delle Scienze per il clima: Cibo e clima, una sfida per

il pianeta.

Durante il convegno sono usciti dati molto interessanti che ci devono far riflettere; il primo di questi dati riguarda le emissioni di gas serra che, lungo tutta la filiera alimentare – il Farm to Fork di cui si sta occupando la Comunità Europea -, corrispondono a circa il 37% del totale. Il settore alimentare emette circa 15 miliardi di tonnellate di CO2, l’identica quantità del settore elettrico globale. Il secondo dato riguarda lo spreco alimentare: è enorme! Circa il 40% del cibo prodotto in Europa finisce nelle pattumiere delle case (per il 61%), poi nei servizi di ristorazione (per il 26%), infine nella grande distribuzione (per il 13%). Quest’ultimo è però un dato falsato se pensiamo che l 61% nelle case è proprio, in stragrande maggioranza, cibo che arriva proprio dagli acquisti in grande distribuzione. La prima cosa da fare sarebbe ridurre la spesa promozionale, i tre per due, gli acquisti d’impulso. Se si facesse pagare il cibo al prezzo giusto, anziché usarlo come prodotto civetta gran parte di questo spreco verrebbe ridimensionato. Così come se mangiassimo uno yogurt anche se scaduto da pochi giorni non starebbe male nessuno, e forse anche il pianeta ne trarrebbe qualche beneficio. Un altro tema che la ristorazione sta prendendo in seria considerazione riguarda la stagionalità dei prodotti, l’acquisto di cibo locale, o comunque che non necessita di grandi spostamenti per arrivare sulle tavole dei ristoranti; questa tendenza deve essere presa in considerazione da tutti, dai distributori, dai ristoratori, dalle aziende di produzione perché è un fenomeno che prenderà sempre più piede e non dobbiamo farci trovare impreparati. Il nostro Paese, lo sappiamo da sempre, non ha le risorse né gli spazi agricoli sufficienti per soddisfare il bisogno alimentare della sua popolazione, l’agricoltura ormai è ridotta a pochi punti del PIL, quindi il rapporto con altri paesi produttori è e sarà indispensabile ma occorre stabilire le regole di questo rapporto: la globalizzazione ci sarà ancora, questo è certo e utile, ma non potrà più essere incondizionata, senza regole, capace di creare dipendenza (come nel caso del gas). Sarà necessaria una politica che permetta al Paese di essere interlocutore autorevole sui mercati. Queste le riflessioni che anche quel convegno ha generato: le parole sono importanti, ancora e sempre, se contribuiscono a far riflettere, a prendere decisioni che forse non riguarderanno noi ma i nostri figli, i nostri nipoti, a cui non possiamo lasciare un pianeta distrutto. Tocca a noi, in questo presente, affrontare questioni che sembrano troppo grandi per noi piccoli uomini ma se ognuno farà una piccola parte cam-

bieremo davvero in meglio questo bellissimo pianeta.

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