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VENDI CON SUCCESSO

Salt Bae e il marketing che manca

Si fa chiamare Salt Bae, che significa mettere sulla bistecca il sale (Salt) “prima di chiunque altro” (Before Anyone Else). Ma il suo vero nome è Nusret Gökçe, 39 anni, di origini turche, diventato famoso nel 2017 a seguito di una serie di video e meme virali incentrati su come condire e servire la carne. In Italia di “Salt Bae” si parlava già nel 2020, quando il ‘re della carne’, avvistato a Milano, sembrava intenzionato ad aprire un locale all’ombra della Madonnina, nel quadrilatero della moda, in Piazza San Babila. La pandemia lo ha costretto a rimandare, ma una data di massima ora c’è: il 2023. La conferma è arrivata un po’ sussurrata in un video su Instagram. Non entro nel merito del valore della proposta culinaria e del suo posizionamento (super luxury). Nessuno sa se avrà successo in Italia come ha avuto in altri paesi del mondo. Una riflessione però è giusto condividerla. Il Salt Bae evidenzia come il nostro mondo della ristorazione, escluso alcuni rari casi, non investa sul proprio brand. Molti studi hanno dimostrato che un marchio, al di là del settore, sia un magnete per il cervello. I consumatori comprano i marchi nello stesso modo in cui approcciano una fede religiosa. Ecco le principali analogie con cui i marchi costruiscono il loro potere attrattivo sul cervello dei clienti. 1. Senso di appartenenza. Se sei appassionato di un certo marchio ti senti parte di un club, di un gruppo, di una famiglia, esattamente come si sente parte della comunità cattolica chi crede in Cristo o della comunità mussulmana che crede in Allah. 2. Missione chiara. Apple vuole “aiutare le persone a pensare diversamente, l’uomo è creatore del cambiamento in questo mondo e come tale deve essere sopra i sistemi e mai subordinato ad essi”. Come tutti i credo religiosi hanno uno scopo sulla terra, hanno una missione legata a specifici valori. 3. Potere sopra gli avversari. Avere una fede significa spesso vedere le altre religioni come diverse. Basta guardare la cronaca della guerra di religione tra

Occidente e Islam per convincersi. Questa mentalità “noi contro loro” è ugualmente diffusa in tutto il mondo del consumo. Coca contro Pepsi. Visa contro

Mastercard. Apple contro Microsoft. 4. Fascino sensoriale. Quando entri in una chiesa sei immediatamente colpito attraverso tutti i sensi. L’incenso, le campane, l’organo, la luce che passa tra i vetri a mosaico. Tocchi l’acqua con cui ti fai il segno di croce prima di entrare. I brand cercano di fare la stessa cosa usando profumo, gusto, vista, olfatto e tatto, cercano di imprimere nel cervello la “firma della marca”. I negozi cercano di essere sensorialmente identificati come templi commerciali. 5. Storytelling. Torah, vangelo o Corano sono identificate con una forte impalcatura di storie e racconti.

Pensa a quello che i vangeli riportano su Gesù, la sua vita, i suoi miracoli, i suoi discepoli, la sua resurrezione. Anche i brand hanno le loro storie. Google, due amici da un garage arrivano a conquistare il mondo. Steve Jobs che rientra in Apple dopo essere stato cacciato dall’azienda che aveva lui stesso fondato è qualcosa di mistico. 6. Icone. I simboli sono presenti in tutte le religioni.

La croce, la colomba, gli angeli, la corona di spine riassumono in un’immagine l’essenza della religione cattolica. La mela della Apple, gli archi di McDonald, il baffo della Nike. Questi segni non sono solo immagini, si associano ad esperienze, valori e prodotti. 7. Diffusione. Le religioni si diffondono tra le persone e resistono nel tempo. Chi crede sente di aver ricevuto un dono, di essere cambiato (convertito). Il credo religioso consente di poter partecipare ai riti. La mail di Google inizialmente era solo su invito, American Express ha creato la Black card senza limiti di credito data non solo ai più ricchi, ma anche agli utilizzatori più fedeli. I brand utilizzano gli elementi propri delle religioni per creare un legame indissolubile con i propri consumatori. La domanda che ti pongo è: il tuo ristorante è solo un posto dove si mangia o un brand? Cosa stai facendo per creare senso di appartenenza, fascino, storie e diffonderlo? I brand possono permettersi di alzare i prezzi, gli altri solo di sopravvivere.

Lorenzo Dornetti ceo Neurovendita

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