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LETTERA APERTA

Luigi Franchi direttore responsabile

La bellezza e l’integrazione

Ci sono città, troppe, in Italia che hanno lasciato trasformare le loro parti storiche, non i centri storici, in quartieri abbandonati, occupati solo da extracomunitari o da emigrati di altre parti d’Europa. Perché è accaduto questo? Perché non è possibile convivere oggi in questo Paese? Certo con altre culture, altre abitudini, altri linguaggi: solo in questo modo si potrà tornare a far rivivere ogni parte della città e a rendere questo Paese veramente moderno. Solo con la capacità di convivere si cancelleranno ‘i mostri’, le brutture, la sporcizia, riportando la città alla propria naturale bellezza. Se ci fate caso nelle piccole comunità queste differenze non ci sono, o sono limitatissime, la convivenza è un fatto reale e si vive tutti bene, ci si aiuta a vicenda, l’integrazione è stata realizzata. Lo sto pensando proprio ora, dopo aver letto una notizia terribile: l’altra notte una barca di pescatori è affondata perché è stata speronata da un’altra imbarcazione, che trasportava inerti. È accaduto al largo di Ravenn e sono in corso le indagini. I pescatori si sono salvati per miracolo ma il danno è ingentissimo. La barca era di un pescatore di origini tunisine, Khaled Khayat il suo nome, che si è perfettamente integrato nella comunità di Cesenatico, con la sua famiglia, con i suoi parenti, prendendo addirittura dei nomignoli tipici della Romagna. Questa integrazione gli salverà l’esistenza perché è già scattata una gara di solidarietà con quest’uomo che della solidarietà ha fatto una bandiera della sua vita aderendo, fin dal suo arrivo in Italia, all’associazione Tra cielo e mare fondata da Nevio Torrisi, un altro pescatore di Cesenatico che, ogni giorno, mette al centro della propria vita l’aiuto a chi ne ha più bisogno. Khaled e Nevio e tanti altri utilizzano il cibo per raccogliere i fondi che servono per queste azioni di sostegno. Ancora una volta il cibo! Quello che preparano Nevio e i componenti della sua associazione è pesce pescato nel loro mare, l’Adriatico, e servito nelle manifestazioni che organizzano a Cesenatico e ovunque li chiamano. Il loro è anche un progetto culturale che vuole portare l’attenzione sui problemi della pesca in Italia. Ed è il cibo il motore di tutto, un cibo buono, da pesca sostenibile veramente; sono piccole le loro barche, non fanno danni al mare. Se questa integrazione avviene nei paesi di provincia perché nelle città si sono preferiti dei ghetti lasciando in mano alle imprese immobiliari la struttura dei quartieri, perché le amministrazioni non si prendono a cuore tutta la città, non solo i bellissimi centri storici? Sono semplicemente domande che, però, necessitano di risposta altrimenti il degrado non si potrà arrestare mai. Un degrado che non è dato da chi abita in questi quartieri bensì da chi, proprietario di immobili, preferisce affittarli a poco costo anziché fare le opere necessarie, trasformando quei luoghi in ghetti. E quando le persone vivono in un ghetto cosa si può chiedere loro? Di starci bene? Di non sentirsi cittadini di serie B? Il cibo, i ristoranti, lo dice Tommaso Melilli in questo numero della rivista, hanno contribuito a cambiare il volto dei centri storici negli ultimi vent’anni. Questa strategia cominciamo ad applicarla anche nei quartieri ghetto delle città italiane!

luigifranchi@salaecucina.it

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