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294 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

In Filippo Corridoni l'interventismo nacque dali''impulsÒ di difesa della latinità contro la tribù barbara dai piedi piatti, come diceva Blanqui, che ha tentato ancora una volta d i scendere daUe sue pianure nebbiose verso le spiagge solatie del nostro M editerraneo. .

In Filippo Corridoni l'interventismo prorompe dalla rivolta istintiva, spontanea, contrò l'oppressione e l 'ingiustizia a danno dei popoli deboli e ine rmi.

Ma l'interventismo di Filippo Corridoni non si spiega soltanto co1_1 questi ed altri motivi; e questi motivi ne suppongono un altro : i l temperamento, l'animo di Corridoni.

Egli era un nomade nella vita, u n pellegrino che portava nella sua bisaccia poco pane e moltissimi sogni, e camminava cosl, nella sua tempestosa giovinezza, combattendo e prodigandosi, senza chiedere nulla.·

Qualche volta un'ombra di malinconia gli oscurava la fronte. Qualche volta la stanchezza delle piccòle cose e dei piccoli uomini gli tremava nella voce. La g uerra fu sua, perché era una guerra di liberazione e di difesa; ma anche perché la gu erra chiede ed impone la tensione, lo sforzo, il sacrificio.

In questa guerra che deve decidece le sorti delrumanità per almeno un secolo, in questa guerra, eminentemente rivoluzionaria, non nel sènso politicante deIJa parola, ma per il fatto che tutto è in gioco, che tutto è in pericolo e molto andrà sommerso, e molto sarà rinnovato, i l posto di Filippo Corridoni rion poteva essere fra i n egatori solitari e infecondi in nome delle ideologie di ieri, o fra i pusillanimi che sono contrari alla guerra, perché la guerra interrompe o turba le loro abitudini, · o documenta la loro infinita vigliaccheria.

Filippo Corridoni fu l'anima dell'interventismo popolare. Convinse, commosse, trascinò.

Volle che alla predicazione seguisse l'azione, e ne p artl volontario. Volle deliberatamente entrare in combattimento. Era in lui, mentre correva alla prima trincea austriaca de l Carso, una disperata volontà di immolazione, e quando la trincea fu espugnata, egli balzò in piedi sul parapetto ,gridando neil'o~lio totale di se stesso: « Vittoria! Vittoria ! Viva l'Italia!». E cadde fulminato nella morte dolce che non corrompe le carni, e non Èa più soffrire....

Si vuole che nei primi. tempi del cristianesimo i fedeli del Nazza. rena disseminati in Roma si comunicassero non col pane ma col sangue.

Ògnuno si incideva le cami in direzione del cuore; e il sangue veniva raccolto in un calice solo, che passava poi da labbro a labbro. .

Anche noi , in nome dei nost ii inerti , vog liamo praticare la comunione del sangue.

Noi l'abbiamo raccolto il sangue che i nostri amici a mille a mille hanno versato senza paura e senza rimpianto; :B sangue delli. migliore g iovinezza d'ItaJia: sangue latino

Oh! poeta, la nostra Patria .non è più vile. Gli adolescenti vanno incontro alla morte come a splend ido convito

Che importa se accanto a questa gloria c'è un po' di fango, e vi ruffiànano dentro i più bassi e più turpi esemplari della politica?

Noi guardiamo in alto. Noi gua rdiamo a Filippo Conidoni.

Non lo sentimmo mai ·cosl vivo, cosl presente ·nella nostra ingrata ~atica. La sua effigie ci guarda in silen zio. Ma noi prendiamo quel cuore, noi dissuggelliamo quelle labbra, noi strappiamo l'anima alla corruzione delle materie; contendiamo all'oblio la perennità del ricordo; chiediamo alla morte il grido della vita, e lo scagliamo in f accia a _quelli che meditano il tradimento .

Non si getta il fardello prima di avere toccato la meta.

Non si tradiscono i morti * .

M.

• Ad Enrichetta Corridoni, madre dell'eroe, Mussolini invia, a nome de ·u P opolo d'I1alia, il seguente t elegramma: « N tl Jt condo ~ni11emtrio d ella m orte dell'ttroiw Pippo abbiatflli /',:11e11a:zione dtlla no11ra .dente timptUia • del 1IO!lrO vivo ri,ordo. MUSSOLINI » . (IL SIICONDO ANNIVERSARIO Dl!LLA MORTI! DI FILIPPO CoRRlDONI, da li Popolo d'll6li a, N. 296, 25 ottobre 19 17, IV)

La Formula

Anche quello dell'on. Orlando è stato un discorso parlamentare. Il grande successo si spiega anche e soprattutto per lo spirito del discorso. Un discorso che conclude con una esaltazione assolutamente iper bolica del Parlamento strappa applausi un animi ad una assemblea di parlamentari. [Censura].

Il Parlamento in genere, e questo nostro in ispecie, non è la bandiera del popolo. Noi , per esempio, ci rifiutiamo di raccoglierci sotto questa bandie ra . · '

Quèllo dell'on. O rlando è un finale giolittiano. Si comprende l'entusia5mo di quel centinaio di tartufi capitanati da Cocco Ortu, i quali si sono riuniti e contati appunto per Ja difesa delle così dette « prerogative parlamentari ».

Ma il Paese, e con esso le correnti interventiste, non si associa a quell'applauso. Non fosse altro perché il Parlamento ci appare terri· bilmente invecchiato, mentre il F<lese esprime forze giovanili e piene di avvenire. JJ Paese cammina, ·il Parlamento è podagroso. Dieci giorni di discussioni, dieci giorni di vane parole. Non una idea originale, non un fatto interessante all'in fuo ri delle rivelazioni di Arturo labriola, sulla pace separata chie sta, e in un certo momento ottenuta, da N icola del Montenegro.

Ma non.vogliamo continuare su questo argomento. [Cemura].

Quale è dunque l a formula che i(l;spira la politica di guerra, d el· l'on. Orlando ? ·

· Eccola : mantenere nello Stato la forza e l'autorità che occcirrono per combattere una guerra da cui dipendono la vita o la mQrte del Paese, e nello stesso tempo conservare integre all'interno tutte le libertà.

C'è in essa una affermazione che accettiamo:" da questa d ipendono la vita o la morte del Paese.

Secondo: per combattere e - aggiungiamo noi, e non è pleonastico - vincere in questa guerra, occorre mantenere Ja forza e l' autor ità dello Stato.

Indubbiamente, ma non basta. Occorre anche, accanto all'autorità e alta forza dello stato, la resistenza materiale e morale del popolo .

PuÒ conciliarsi questa necessità con l'esercizio integro di tutte le libertà?

Teoricamente sl, qualora i 38 milioni di italiani fossero tutti, dal primo all'ultimo, animati dallo stesso sentimento. Ma questo non è nemmeno 'fra i 508 del Parlamento. E allora il concetto di libertà si restringe l'integrità subisce una mut ilazione Le libertà non sono conservate tutte, ma qualcuna. La libertà di tradire, di sabotare, no, mai. Perché l'esercizio di queste libertà ucciderebbe la libertà, e ci consegnerebbe, schiavi, alla dominazione militarista del Kaiser.

La formula dell'on. Orlando è astrattamente accettabile. N oi, che pure passiamo per i fautori della dittatura militare, non abbiamo mai dòmandato la reazione, e ancora meno la persecuzione dèlle idee.

:e nella applicazione pratica a lle contingenze varie e d ifficili della vita che si rivela il valore intrinseco e la deficenza di una formu la Si tratta di stabi lire dove finisce l' esercizio integro di tutte le libertà; e dove comincia l'abuso di quest~ libertà, allo scopo di Javorare per il nemico.

Noi n on vogliamo -e l'abbiamo detto più volte - un regime politico d'eccezione_ per tutto il popolo italiano; appunto perché nella sua enorme maggioranza tiene, resiste -e dà al mondo uno spettacolo confortante di forza e di dig nità ; ma chiediamo che non si tema d i applica~e un regime di intransigenza verso uomini e gruppi che deliberatamente s i sono posti sopra un ·terreno di ecçe2ione, contro Io Stato, ma soprattuÌ-to contro l'Italia.

Voi non .applicherete il concetto dello eserc:izio integro d i tutte le libertà alla gente, p er esemj:,io, che fa professione di leninismo e predica, come accade in questj g io rni in varie ione agricole, ai contadin i di non seminare.

· 11 pericolo sta in ciò: che l'on. O rlando, o i suoi funzionari, i pref etti, considerino come esercizio integro di tutte le libertà, .e non come reato da prevenire e da reprimere, g li attentati materiali e morali alla resistenza della Nazione.

L'on. Orlando sarebbe stato molto p iù esplicito e rassicurante se avesse parlato brevemente, e se avesse detto alla Camera: « Mentre quattro mìlioni di italiani sono privi di· ogn i libertà, sottoposti ad una inflessibile e necessaria disciplina, a un Codice che comm ina anche la pena capitale, S:li altri milioni d i italia ni, che hanno Ja pelle al sicuro, e' che vivono tranquillamente, senza rischi, han no una sola l ibertà: quella di aiutare i combattent i, e non mai .quella di assassinarli alle spalle».

L'on. Orlando non h a avuto il coraggio di riprendere la frase d i

Leonida Bissolati, alla quale aveva dato, sotto la suggestione del mo. mento, la sua esplicita solidarietà,

Se è vero, come è vero, che il nemico spera in un rivolgimento interno, e se la offensiva che gli austriaci minacciano in questi giorni fa assegnamento soprattutto sugli aiuti che dalJ'interno possono essere dati alle truppe nemiche, l'on. Orlando doveva dire una _f>arola fiera di rampogna contro coloro che tentarono di aiutare Boroevic durante l'offensiva della Bainsizza e contro quelli che si ripromettono - e lo hanno dichiarato esplicitamente e ripetutamente - di rinnovare il loro tentati~o nefando.

In vece l'on. Orlando è stato nel suo discorso molto, troppo indulgente, troppo concordista.

AuguriamOCi che dopo aver promesso l'esercizio integro di tutte le libertà, non sia un giorno costretto, per la seconda volta, a farlo ]im itare con le mitragliat rici.

Noi ci compiacciamo infine che l'on. Orlando abbia rivendicato di essere stato uno fra i primi e più decisi fautori deHa guerra. Ma allora egli deve proteggere la guerra da tutti coloro che la insi~iano, la di f. famano, la prostituiscono. E pciché è precisamente alla Camera che più si insidia e più si diffama la guerra - vedi discorso Fer.ri ! - l'apologia del Parlamento fatta dall'on. Orlando è un, atto di cortigianeria polit ica

Enrico Ferri ha dimostrato fra l'altro, e immediatamente dopo, che l'invito dell'on. Orlando a disarmare fra interventisti e neutralisti è d e. stinato a rimanere puramente platonico e· non per colpa nostra.

L'on. Orlando ci ha dato una formula: la sua. Con questa formula egli arriva al p<>Sto agognato di Presidente del Consiglio.

Noi abbiamo fatto tutte le nostre riserve sulla bontà, l'estensione e la portata di questa formula; ma H nostro atteggiamento verso ìl nuovo Ministero, ·più ch e dalle formule è determinato dalla loro applicazione ai casi con creti della politica nazionale.

Da Il Popolo d'Italia, N. 296, 25 ottobre 1917, IV. Pubblicato anche sul: l'edizione di Roma, N. 29~, 2~ ottobre 1917, IV.

I « BOCHES » SULL' ISONZO

Li abbiamo di fronte.

Non più subdolamente, come in àltri momenti delJa nostra guerra, ma apertamente. Sappiamo il· numero delle divisioni tedesche schierate da Tol!nino al mare; conosciamo· il nome d el generale che le comanda.

L'entrata de i boches in campagna contro di noi, è il fatto nuovo della nostra situa:zione militare e politica. la Germania ha sempre e largamente 3iutato l'Austria-Ungher ia con mat eriale e truppe speci?,lizzatc: oggi porge all'alleata danubiana anche un aiuto di ùoinini. [Cemura].

La minacciata offensiva in grande stile cont ro l 'Italia, rientra nel piano generale della strategia. politica te desca: abbattere successivamente i nemici più deboli, o ritenuti tali.

Nell'autu:nno del 191' fu stritolata la Serbia; nell'autunno del 1916 la Rumania; nell'autunrio del 1917 è il turno dell'Italia, che in Austria, e soprattutto in Germania, è giudicata la Nazione più facilmente vulnerabile.

Sul fronte franco-ingl ese, gli eserciti- tedeschi non possono più tentare, dopo il grandioso fallimento dell'offensiva di Verdun, un colpo qualsiasi. Dal primo luglio 191 6 sul fronte occidentale i tedeschi sono stati, e sono regolarmente, metodicamente, matematicamente schiacciati.

Dal primo luglio 1916 i tedeschi in Francia e in Fiandra non conoscono che i successi delle ritirate, più o meno strategich e, p iù o meno precipitose.

Per ì tedeschi il nemico più debole, oggi, è l'Italia, Sul nostro fronte esistono, nelle previsioni e nelle speranze dei tedeschi, le ·maggiori probabiUtà di un g rande successo, che potrebbe da una parte mettere fuori di combattimento l'Italia, o illdebolirla considerevolmente; e dall'altra contribuire a mantenere la coesione morale e materiale fra le popolazioni della duplice monarchia, terrorinate dalla evenrualità ormai certa di un quarto inverno di guerra.

E, d'altra parte, è evidente che i tedeschi contano anche sulla nostra demoralizzazione, sulla nostra crisi interna, che essi, attraverso l'episodio di Torino e certe manovre parlamentari, reputano infinitamente più grave e profonda di ·quello che in realtà non sia, e che dov rebbe agevolare il loro trionfo militare.

Constatiamo che neJl'autunno del 1917 l'Austria ha bisogno di quel concorso germanico che rifiutò nel maggio 1916, all'epoca della famosa Stra/e E.'(pedition. Segno, dunque, che le disponibilità austriache di uomini e materiale non sono più sufficenti a scatenare una offensiva contro di noi. Constatiamo ancora che questa offensiva è il regalo, vorremmo quasi scrivere la ricompensa, che il SÒvièt bolscevico, che dissolve la Russia, offre all'Italia. ·

Le sole guardie doganali austro-tedesche bastano ormai a tenere il fronte orientale. I reggimenti di Galizia si riversano sull'Jsonzo.

Constatiamo .tncora che, finalmente, la nostra guerra asswne, anche negli aspetti e nelle ripercussioni militari, il suo carattere fondamentale di guerra anti-germanka.

A questo proposito noi rinnoviamo al Governo il nostro formale .invito di arrestare o internare, in un'isola remota del Tirreno, tutti i ·sudditi tedeschi, e procedere immediatamente alla confisca dei loro beni, per costituire un fondo a beneficio delle famiglie dei nostri combattenti.

Quanto a lla offensiva, il Paese l'attende con grande t ranquillità.

Il Generalissimo nel suo bollettino annuncia che l'esercito~ preparato e saldo. Sappiamo che il morale dci nostri fanti è ecceUente.

Le classi giovani, quella del '98 in ispecie, che hanno fatto prodigi nel13: nostra offensiva dell'agosto, attendono a piè fermo i hoche1.

Ebbero i tedeschi una prima lezione a quota 1030 in Macedonia. Avranno il resto nei prossimi giorni, e sarà decisivo. Il nostro· ministro delJa G ue rra ha gridato agli .italiani ed ai nemici d'It"alia che i nost ri confini sono inviolabili. Questo d isco rso alto e fiero, che avrà l'ono re della affissione all'albo degli ottomila ComWl i, deve rassicurare gli anll11i deg li italiani e dire a i boches che l'Ita lia di un teÌnpo, l'Italia divisa, discorde, debole militarmente, è tramontata, e che l'Itali a giovane, nuova, è capace non solo di resistere all'urto, ma di spezzarlo e di ricominciare....

Non è imp robabile che 9uesta offensiva nemica sia il ge:sto del disperato che arrischia il tutto per tuttO. ·

Quando l'Austria e la Germania si saranno convinte d ella fallacia delle loro speranze, anch e e soprattutto per ciò che riguarda l'interno del nostro Paese, verrà forse d~terminaadosi una nuova situazione.

Di qui. la necessità urgente di attendere calmi e fiduciosi gli eventi. L'esercito f in buone mani.

Ma occorre che la crisi ministe riale Si risolva rapidamente.

Quando il nemico addensa le sue forze ai confini, la Nazione deve avere un Governo!

Da ll Popolo d'JtaH11, N. 297, 26 ottobre 19 17, IV . Pubblk~to anche sul• l'edizione di Roma, N. 296, 26 ottobre 1917, IV.

Decesso

Le previsioni generali si sono avverate.

Il primo Ministero nazionale fu. Una proce e una lacrima. Ma l'elogio funebre si ferma alla _penna. Il Ministero nazionale, vissuto ingloriosamente, poteva riscattars i morendo, perché, secondo l'immagine del poeta, « un bel morir.... »; invece il Ministero presieduto dall'on, Bosclli non è morto come muoiono gli uomini nella piena validità degli anni, quando siano atterrati da . forze avverse superiori; ma è morto come muoiono i cronici, contendendo al fato crudele i giorni, le ore, i minuti.

E gli assistenti alla lunga agonia, e gli eredi stessi hanno lusingato cli applausi e di ronfortì ( con una unanimità che offre spunto fel ice all'i ronia) il povero cronico che se ne andava.

Sembra che l'on. Boselli abbia nutrito fino all'ultimo le sue illusion i. Non avevano forse avuto un grande successo i principali rappresentanti del Gabinetto?

Un successo l'on. Orlando; un altro · non meno grande l'on. Giard ino; uno indiscutibile l'on. Sonnino. Anche l 'on. Sacchi, che non h a fama di leone, aveva bravamente resistito alle contumelie volga ri e insincere dei socialisti e raccolto perciò vasta messe di applausi. Non meno fortunato il generale Al.6eri1 pur dovendo parlare su una materia difficile che non si presta a volate sviolinàte di eloquenza parlamentare....

Dunque ?

La Camera si è divertita forse nel determinare fa situazione paradossale di un successo dei singoli principali ministri, che si concluse n ell'insuccesso «globale» del Ministero.

Comunque, questa analisi retrospettiva del voto, conferma appieno le nostre previsioni.

Il Ministero è caduto sotto il fuoco incrociato degli elementi interventisti e neutralisti; nessuno dei quali poteva determinare da se stesso, colle proprie for2e, la crisi.

Ma rotto ciò ha ormai un valore retrospettivo.

Si tratta, ora, di esaminare la situazione nuova e di determinarne le direttive generali.

Anzitutto la crisi deve essere breve.

Se l'agonia è stata interminabile, non deve ·essere altrettanto interminabile la creazione del nuovo Governo.

Alle ragioni di ordine interno se ne aggiunge una di ordine militare e internazionale. Una crisi di Governo, che coincide esattamente con l'inizio dell'offensiva austro-tedesca, può essere considerata un segn~ di forza , al patto però che non si complichi troppo e non diventi, come in tempi nor~li, un gioco di corridoio o uò'ak himia sapiente per la soddisfazione di uomini e di gruppi.

la crisi ministeriale può essere risolta in un termine di tempo eccezionalmente breve. le indicazioni della Camera sono in linea di massima due: sfrondare il Ministero dei ram i superfluj, sostituire Boselli.

Fin qui niente da. eccepire.

Ma nella Camera e nel Paese si sono nettamente delineate altre correnti. Apertamente da taluni, subdolamente da altri, si conduce una campagna contro l'on. Sonnino allo scopo di scalzarlo dal posto di ministro degli Esteri.

Noi conosciamo la trama di questa manovra che ci ripromettiamo di sventare. 1n certi ambienti torna a circolare il nome dell'on. Titton i. Ma l'ex.ambasciatore italiano a Parigi ha nella sua storia diplomatica troppe pagine nere e grige perché sia possibile di vararlo a ministro degli Esteri d'Italia.

l 'on. Sonnino deve restare. Egli rappresenta la continuazione id eale della nostra politica estera. Egli sa conciliare armonicilmente, e lo ha dimostrato nel suo discorso di ieri, le ragioni obiettive nazionali della nostra guerra con le ragioni obiettive morali che sono comuni a t utti g li Alleati.

Una sostituzione dell'on. Sonnino equivarrebbe a un salto nel buio.

Non dobbiamo dare questa grande soddisfazio~e ai nostri nemki che od iano Sonnino, appu nto perché sanno che tutte le loro astute e false manovre sono destinate al fallim ento finché resta al potere que• st'uomo schietto e leale.

Un altro ministro che deve rimanere è l'on. Bissolati.

L'escluSione dell'on. Sonnino cost ituirebbe un trionfo · per i nemici esterni. L'esclusione dell'on. Bissolat i, per quelli interni, ·che egli ha avuto il coraggio di flagellare con una frase memorabile.

I boches dell'interno, socialisti; clericali e giolittiani, vogliono la . testa dell'on. Bissolati. Ma il nuovo Ministero nazionale nascerebbe sotto pessimi auspici, se ~i acconciasse a questa rinuncia e a questa umiliazione, che renderebbe, d 0 altra,parte, assai delicata la posizione dell'on . Orlando stesso, solidale con Bissolati nella frase incriminata dalla tribù dei disfat• tisti

Gli on. Sonnino e Bissolati costituiscono nel nuovo Ministero l'unica 'seria garanzia per gli interventisti italiani.

I tre ministri militari hanno fatto buona prova e possono continuare.

In fondo, il problema della nostra politica estera e militare, nei riguardi ministeriali, è dunque risolto. Gli uomini ci sono e restano.

Unico punto interrogativo · la politica interna con l'annunciato binomio Orlando-Nitti;· Dal punto di vista esclusivamente parb.rn.entare è ii" meno peggio, perché se questa Camera fosse sincera sino alla.... sincerità, noi avremmo Grosso-Campana agli Interni, Miglioli agli Esteri, Enrico Ferri alla..•, Giustizia....

Ma il Paese guarda con animo dubbioso e sospetto il Ministero Orlando che si annuncia all'orizzonte.

Da Il Popolo d'Italia, N. 298, 27 ottobre 19 17, IV Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N . 297, 27 ottobre 191 7, IV.