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Laboratorio a “cielo aperto” per la sperimentazione di politiche urbane innovative · Antonio Taccone

Laboratorio a “cielo aperto” per la sperimentazione di politiche urbane innovative

Antonio Taccone

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Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria) Dipartimento di Patrimonio, Architettura, Urbanistica (PAU) Email: ataccone@unirc.it

Abstract

Il paper intende illustrare gli esiti del progetto Care Abilities and Professions for an Aggregating City, presentato in partenariato dal Lastre (Laboratorio Integrato dell’Area dello Stretto per lo sviluppo del territorio) del PAU nell’ambito Call for Proposals of the Urban Innovative Actions (UIA) che, seguendo un principio di minimo intervento/massimo risultato, propone la nascita e la crescita di una serie di iniziative sociali ed economiche, che avranno come minimo comune denominatore la valorizzazione e promozione delle identità locali, al fine di innescare un complessivo percorso di riqualificazione ed integrazione urbana sostenibile. I temi compresi in questa esperienza riguardano, per vari aspetti, la progettualità verso il territorio e la città da parte di un Laboratorio di ricerca, quale occasione per misurarsi con sistemi territoriali complessi, sistemi urbani in affermazione alla continua ricerca di nuovi ruoli. L’ambito della proposta “fuori baricentro” è il quartiere Pellaro di Reggio Calabria, brano urbano semiperiferico, di bassa qualità e privo di servizi e infrastrutture, costituito da un’edilizia aggregata attorno al nucleo originario in maniera episodica che determina assetti disomogenei dove risulta complessa anche l’opera di ridisegno e di recupero finalizzata ad attribuire centralità e riconoscibilità. In questa esperienza il programma UIA ha rappresentato lo strumento capace di creare approcci sperimentali di ricerca tra i laboratori universitari, il mondo delle Amministrazioni e le comunità locali, effettive destinatarie dell’azione progettuale, tecnica e politica.

Parole chiave: urban regeneration, sustainability, landscape

Introduzione. La sperimentazione di politiche innovative

Le politiche di sviluppo dei territori marginali per contrastare l’abbandono progressivo del territorio mettono al centro il progetto urbanistico che deve porre alla base alcune considerazioni di carattere culturale. Infatti la sola rigenerazione sociale e la conservazione dei valori diffusi non riescono a sostenere un progetto di sviluppo portando allo spopolamento e al degrado in ambito economico ed ambientale. Tra le politiche di contrasto o adattamento, dove l’innovazione metodologica è considerata fondamentale per lo sviluppo dei territori, un nuovo corso è dato dalle esperienze dei laboratori universitari condotte nell’ambito della terza missione che contempla l’insieme delle attività (UE, Conferenza di Lisbona, 2000) con le quali le Università e i Laboratori di ricerca, entrano in interazione diretta con la società, affiancando le missioni tradizionali (formazione e ricerca). Infatti, bisogna agire anche su una molteplicità di attori in modo che alla proposta di riattivazione di un centro o quartiere, possa corrispondere un’adeguata e diffusa consapevolezza da parte di quanti, nel campo della pianificazione, sono chiamati ad operare su di esso. Si tratta dunque di ampliare le competenze, ormai non solo di natura tecnica ma piuttosto fare riferimento al livello nazionale politico delle decisioni, cui spetta il compito di definire e gestire le priorità e al livello della condivisione di queste scelte che devono vedere necessariamente coinvolte le comunità locali, effettive destinatarie dell’azione tecnica e politica. Una attenta sinergia tra livelli e destinatari degli interventi potrebbe colmare l’assenza di continuità territoriale che nel tempo si è creata in mancanza di una corretta pianificazione che ha generato bassa qualità dello spazio pubblico e povertà dei servizi, specie di trasporto pubblico locale e divisioni tra le aree urbane. Già è in atto un processo di sperimentazione che sta riuscendo a travalicare la tradizionale politica della gestione delle emergenze a favore della politica di prevenzione. La legge salva Borghi infatti, è riuscita, in alcune realtà territoriali, a dare un segnale concreto e a dimostrare una opportunità di cambiamento costituendo un punto di riferimento legislativo nazionale. Altra politica ancora non del tutto esplorata anche perché il fenomeno spesso contrasta con la strutturazione metropolitana, è rappresentata dalle sperimentazioni di strategie innovative per le città metropolitane che, in un’ottica di ricomposizione dell’Amministrazione Pubblica stanno già generando

nuove possibilità non solo di crescita economica e di organizzazione del territorio, ma soprattutto di sviluppo sociale. Alcune di queste sperimentazioni hanno creato indicazioni e scenari di intervento all’interno dei Piani Strategici Metropolitani, elaborando modelli innovativi di governo del territorio che tengono conto dei processi di sviluppo socio-economici e delle esigenze dei luoghi. In alcuni Statuti metropolitani poi, è previsto il coinvolgimento delle Università attraverso attività di terza missione dei laboratori di ricerca, per ricercare le modalità di adattamento dei processi progettuali verso i cambiamenti della società e intervenire efficacemente soprattutto in quei brani urbani (borghi in spopolamento, periferie e ambienti sensibili) che più di tutti hanno bisogno di interventi per ricostruire una centralità e qualità urbana. Le periferie coinvolte in un processo più ampio di costituzione di una realtà metropolitana, potranno essere parte attiva nella realizzazione di luoghi e spazi pubblici per trasmettere significati di appartenenza e formare una nuova identità collettiva, mentre i borghi del territorio metropolitano potranno costituire forme di sperimentazione dei Laboratori e della progettualità, dove il disegno urbano può rappresentare il mezzo per mettere in relazione e far funzionare spazi privi di identità e di servizi per la collettività. Altre politiche possibili che in alcune Regioni non sono state ancora del tutto sperimentata sono quelle che deriva dalla pianificazione ordinaria. Molti strumenti regionali pongono particolare attenzione al problema dello spopolamento ponendoli tra gli obiettivi di gestione sostenibile per contrastare questa tendenza e la debolezza del sistema economico delle aree interne agendo sull’integrazione fra attività tradizionali di carattere agricolo ed artigianale e nuove attività turistiche (turismo ambientale, culturale ed enogastronomico) che possono essere promosse valorizzando adeguatamente lo straordinario patrimonio paesaggistico - ambientale – culturale presente nei nostri territori utilizzando un modello di sviluppo sostenibile, capace di armonizzare il trinomio tutela- valorizzazione – potenziamento. Molti di questi piani offrono anche direttive ai comuni sulla valorizzazione delle risorse disponibili per ridurre generalmente il consumo di suolo ai fini edilizi-abitativi, nel rispetto delle identità dei carattere storico/culturali, identificazione, rispetto e valorizzazione delle identità strutturali, ovvero dei beni e i valori culturali, sociali, storici, architettonici, urbanistici, economici ed ambientali e paesaggistici esistenti, e nella filosofia della conservazione, del recupero, della riqualificazione, del riuso e della valorizzazione e specializzazione del patrimonio edilizio, architettonico urbano. 1 In questo contesto, l’esperienza del progetto Care Abilities and Professions for an Aggregating City , 2 presentato in partenariato dal Lastre (Laboratorio Integrato dell’Area dello Stretto per lo sviluppo del territorio), laboratorio di ricerca del Dipartimento PAU, nell’ambito Call for Proposals of the Urban Innovative Actions (UIA) ha rappresentato lo strumento capace di creare approcci sperimentali tra i laboratori universitari, il mondo delle Amministrazioni e le comunità locali cercando di promuovere la partecipazione e condivisione collettiva delle attività progettuali, ponendo l’accento sul principio della eco sostenibilità nel contesto periferico e più in generale territoriale metropolitano (Figura 1). Uno degli obiettivi è stato quello di allargare il dibattito dalle sedi ristrette a quelle di maggior divulgazione (Urban Innovative Action), quale è il campo europeo, ribadendo la necessità di una politica “urbana” nelle politiche dell’Unione Europea. Infatti, tali politiche prefigurano un orientamento verso una prospettiva urbana, auspicando che il riordino dei Fondi strutturali non limiti la prosecuzione di programmi considerati di successo a causa della riduzione degli obiettivi di intervento. La metodologia adottata, considerata innovativa in fase di valutazione del progetto, è stata quella di indurre un’accelerazione economica massima attraverso l’utilizzo di risorse naturali e produttive latenti o sottoutilizzate attraverso un minimo intervento in termini di trasformazione, materiale e immateriale, del territorio. Le attività, articolate secondo la collaborazione di tutti i partner, portatori ognuno di specifiche competenze, hanno avuto come obiettivo ultimo il coinvolgimento della comunità (amministratori pubblici, autoctoni, immigrati, operatori economici, ecc.) all’interno del processo di progettazione dello spazio urbano e del paesaggio, definendo principi, buone pratiche e linee guida per la riqualificazione fisica, economica e sociale. Con questa esperienza si è inteso insistere su una rivoluzione del pensiero e delle conoscenze della comunità come chiave di volta indispensabile per l’implementazione di un modello di economia circolare, autosufficiente e durevole, essenzialmente basato su azioni di inclusione non solo sociale ma anche conoscitive e occupazionali.

Quadro Territoriale Regionale a valenza paesaggistica (QTRP) della Calabria, approvato dal Consiglio Regionale con 1 deliberazione n. 134 del 01 agosto 2016. 2 Gruppo di lavoro dell’Università Mediterranea composto da Concetta Fallanca, Vincenzo Gioffrè, Giovanni Spampinato e Antonio Taccone con Chiara Corazziere, Carmelo Musarella ed Elvira Stagno.

Figura 1 | Masterplan Capacity (C. Fallanca, V. Gioffrè, G. Spampinato e A. Taccone, C. Corazziere, C.M. Musarella, E. Stagno. Elaborato grafico di E. Stagno, 2016)

Il progetto C.a.pa.City. Tra ricerca e pratica urbanistica

I temi compresi in questa esperienza riguardano, per vari aspetti, la progettualità verso il territorio e la città da parte di un Laboratorio di ricerca, quale occasione per misurarsi con sistemi territoriali complessi, sistemi urbani in affermazione alla continua ricerca di nuovi ruoli e al contempo interdipendenti in quanto elementi di una rete governata da fenomeni solidali, quelli cioè che assumono un preciso senso proprio dall’essenza e risonanza delle loro relazioni. Il metodo utilizzato è quello dei forum partecipativi e Atelier di progettazione, il loro proiettarsi in un futuro che lascia intendere desideri urbani variegati per meglio comprendere le istanze della città contemporanea con un filo conduttore unico, vale a dire la ricerca di azioni che rispondano alle istanze di una città ecosostenibile. Il bando Urban Innovative Actions Initiative prevedeva un processo di selezione in tre passaggi consecutivi: verifica dell'ammissibilità, valutazione strategica e valutazione operativa. La proposta è stata ritenuta idonea fino alla valutazione definitiva a cura di un gruppo di esperti valutatori esterni che ha successivamente elaborato una graduatoria per l’ammissione al finanziamento. In tale processo C.a.pa.city non è stato ammesso al finanziamento anche se ritenuto di grande interesse per il territorio. Il Lastre, con la proposta UIA sul quartiere Pellaro, ha comunque inteso sviluppare pratiche di ricercaazione (university engagment) abbracciando un ruolo attivo nei processi di sviluppo locale, con la possibilità di innovare intensificando le relazioni con il contesto di riferimento. Le sfide affrontate vanno dalla povertà urbana, all’inclusione di migranti e rifugiati in un processo di economia circolare e si sono sviluppate molteplici soluzioni innovative basate anche sulle buone pratiche esistenti che si sarebbero dovute implementare nel corso dei cinque anni previsti per l’attuazione del progetto. La filosofia dell’approccio ha portato alla convinzione che nessun progetto di rigenerazione urbana, quale quello immaginato a Pellaro, possa divenire sostenibile, duraturo e replicabile senza una crescita del pensiero ed un cambiamento sostanziale nei modi di agire della comunità e, più in particolare, del sistema produttivo locale.

Figura 2 | Il borgo rurale di Nocille. Foto A. Taccone, 2020.

L’ambito è il quartiere Pellaro di Reggio Calabria, brano urbano semi-periferico, di bassa qualità, che soffre della mancanza di servizi e infrastrutture. È costituito da un’edilizia aggregata attorno al nucleo originario in maniera episodica che ha determinato assetti disomogenei dove risulta complessa anche l’opera di ridisegno e di recupero finalizzata ad attribuire centralità e riconoscibilità. Infatti, la mancanza di un sano tessuto produttivo, il decrescente apporto all’economia delle attività agricole e numerosi altri fattori che le politiche urbane da sole non sono riuscite a fronteggiare hanno creato un fenomeno che ha favorito la formazione di queste aree periferiche ai margini della città, di bassa qualità, senza servizi e infrastrutture. Tutto questo contribuisce a conferire alle aree urbane minore vitalità con la comparsa di problemi, sempre più ricorrenti, di sicurezza, degrado e abbandono. La proposta prefigura la nascita e la crescita di una serie di iniziative sociali ed economiche, che attraverso la valorizzazione e promozione delle identità locali, tentano di innescare un complessivo percorso di riqualificazione ed integrazione urbana sostenibile. La proposta ha puntato alla creazione un sistema urbano integrato comprendente la fiumara, l’area del quartiere periferico di Pellaro con il piccolo borgo di Nocille (Figura 2) e la fascia costiera partendo dalle forme di economia già esistenti sul territorio legate all’agricoltura, alla piccola ricettività turistica e alle crescenti attività sportive (Figura 3) e legate al tempo libero che riescano a coinvolgere attivamente le fasce deboli e interessate dai processi di povertà urbana in un sistema sostenibile a più livelli - economico, urbano, energetico, culturale, identitario - strutturato secondo un criterio progettuale di minimo intervento/massimo profitto. Pellaro diviene, così, un luogo delle idee per la città metropolitana del futuro, un laboratorio sperimentale a cielo aperto in cui sperimentare un processo innovativo di messa a sistema delle risorse per contrastare i fenomeni di degrado e di spopolamento.

Figura 3 | Punta Pellaro, l’area individuata dal Masterplan Ca.pa.City per la realizzazione del “Parco del Vento” che sarà finanziato dal Patto per lo Sviluppo della Città Metropolitana. Foto di A. Taccone, 2020.

Un contesto geografico come la periferia di Reggio Calabria si è dunque confrontato con regole, procedure, norme, consuetudini che sono differenti al variare dei confini nazionali, consentendo così di avviare una riflessione sul senso del progetto urbanistico libero dagli schemi consolidati, dalle griglie normative inspessite, come nel nostro Paese, da un cinquantennio di dibattito. Ha consentito di riflettere sull’idea di città che si vuole conseguire, sulle identità da consolidare, sul ruolo che questa può tendere ad assumere in una società contrassegnata dai rapidi mutamenti economici e sociali di questo tempo. Tutto questo in considerazione del difficile equilibrio tra la ricerca della peculiarità come valore e lo sviluppo di forme partecipate di rete connettive, fisiche e virtuali, equilibrio che sorregge il futuro della sostenibilità urbana e territoriale di ogni contesto geografico, attraverso raffinati protocolli, patti, principi condivisibili e perseguibili. Il coinvolgimento del Lastre è stato totale nella fase di predisposizione di predisposizione del progetto, dalla interpretazione del contesto fisico-costitutivo, ambientale, urbano e paesaggistico, delle dinamiche e delle potenzialità ambientali, alla valutazione dello stato di conservazione degli habitat, al rilevamento delle condizioni di povertà urbana, degrado e abbandono. Si è poi definito un processo partecipativo attraverso incontri pubblici, interviste a rappresentanti della società civile e agli abitanti e sopralluoghi nell’area, fino all’elaborazione e alla definizione di un quadro strategico e di un masterplan programmatico dove vengono riportate le azioni di innovazione urbana da intraprendere basati su interventi finalizzati al restauro ambientale e paesaggistico.

In questa esperienza si sono ricercati e introdotti nuovi valori, nuove metodiche di indagine e soprattutto nuovi paradigmi concettuali in un processo di ridefinizione delle categorie di riferimento della disciplina ancora in atto. Tutto ciò ha richiesto un dialogo interdisciplinare per la formulazione di un nuovo quadro concettuale di riferimento nel quale tentare di riformulare categorie e codici in paradigmi concettuali. Ma ha anche dimostrato come i territori marginali hanno bisogno di supporto per riuscire ad intercettare e sistematizzare gli esiti delle numerose esperienze, sia di programmazione esistente ordinaria sia quelle informali che si stanno diffondendo nel panorama nazionale e che stanno prendendo piede anche a livello locale (Contratti di Fiume, Bandi Culturability, Social innovation, Attuazione Delrio, Bando Periferie, Legge piccoli comuni, Bando Borghi). Questo conferma anche come le politiche dell’Unione Europea, considerate innovative, costituiscono una grande ricchezza culturale per la formulazione di programmi tesi a proporre un modello di sviluppo in un processo di omologazione che lascia pochi spazi alla valorizzazione delle peculiarità.

Considerazioni conclusive

Il sapere universitario dunque deve poter offrire apporti scientifici per permettere ricadute positive sia sulla sfera didattica e formativa del pensiero di quanti si formano per la professione o la ricerca, sia nella sperimentazione e pratica per promuovere e attivare occasioni di affiancamento e sostegno delle attività di trasformazione della città. Tutto questo è possibile solo se si riesce a creare una virtuosa sinergia tra le risorse economiche, ambientali, sociali e culturali, per ricercare un nuovo modello di sviluppo che possa generare sostenibilità urbana, cultura delle comunità e coesione sociale. Uno dei metodi di lavoro del Laboratorio è quello della costituzione di Atelier di progettazione partecipata, intesi come strumento di comunicazione sulla città sostenibile ad uso di cittadini e istituzioni e più in generale di quanti, a diverso titolo concorrono a definirne l’identità, le potenzialità, gli usi e i bisogni. Un modo nuovo, coerente con le tendenze della nuova stagione della pianificazione urbana, non solo di informare ma soprattutto di condividere idee, esigenze e progetti sullo sviluppo della città e del territorio. L’apporto del LaStre nel progetto ha permesso di perseguire un modello concreto di progettazione urbana e territoriale ecologicamente orientata, dove la capacità di controllo tanto delle trasformazioni ambientali, tanto del processo partecipativo del progetto, quanto la valutazione critica dell’efficacia del funzionamento urbano in termini di servizi e accesso alla conoscenza, possano divenire patrimonio comune di quanti, nel campo della pianificazione, sono chiamati ad operare con responsabilità e consapevolezza. La sfida che si è intesa cogliere è stata quella di trasformare un quartiere periferico fortemente degradato in un laboratorio mettendo in rete tutte le risorse umane, economiche ed ambientali del territorio, per favorire la crescita dell’occupazione e l’utilizzo delle competenze dell’economia locale, coinvolgendo direttamente la popolazione per valorizzarne le specifiche capacità e facilitandone l’integrazione.

Riferimenti bibliografici

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