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Il pomodoro, storia e fraintendimenti

Quando Hernan Cortés il giorno 8 novembre del 1519 arrivò a Tenochtitlan (l’odierna Città del Messico) non fece molto caso a come erano strutturate le abitazioni e gli orti che in modo geometrico ne facevano parte: le Chinampas che nella lingua nahuatl significa “recinto di canne”. Erano delle piantagioni galleggianti separate da canali, in laghi poco profondi sostenute da salici piantati nel terreno fangoso. Costruiti per l’autoconsumo locale, vi si coltivavano verdure come pomodori, zucchine, melanzane e altri vegetali sconosciuti in Europa. La notte del 30 giugno del 1520 gli spagnoli comandati da Cortés, di notte, abbandonarono in tutta fretta Tenochtitlan. La situazione politica era molto grave e gli spagnoli rischiavano la morte. La Noche Triste (la notte triste) fu un disastro; gli spagnoli carichi dei tesori della conquista e appesantiti dalle armature, mentre fuggivano, si impantanarono nei canali melmosi della città e la maggior parte morirono o annegati o preda delle frecce dei nativi. Si salvarono in pochi. Ma la conquista del Messico era iniziata e le “novità” del nuovo mondo presero la via dell’Europa. Fra queste c’era il pomodoro. Per moltissimo tempo il vegetale attualmente più consumato al mondo non ebbe molta fortuna. Non si capiva nemmeno quale fosse la parte da mangiare. Il fatto poi che fosse una solanacea imparentata con la Belladonna non lo favo- rì di certo. La Belladonna era usata dalle signore per dilatare le pupille e sembrare più fascinose, ma era anche il veleno più usato per eliminare tanti uomini illustri. Gli spagnoli ne riportarono anche una dizione errata perché i nativi lo chiamavano “tomato”, ma c’era anche un altro frutto il tomatillo (frutto rotondo) con caratteristiche differenti. In Italia passò la dizione toscana di pomo dorato, in Francia pommes d’amour e in Inghilterra apples of love. Ma erano in pochi quelli disposti ad assaggiarli perché le foglie erano amare e “puzzavano” e l’acidità della bacca rossa non era gradita. A complicare le cose la medicina imperante nel Rinascimento non si fondava su basi scientifiche ma faceva ancora riferimento per quello che riguardava il cibo alle teorie di Galeno: siamo quello che mangiamo. Gli alimenti potevano risultare caldi e secchi, freddi e umidi o freddi e secchi. E il pomodoro era freddo e umido: corrispondeva a pericoloso e nocivo. Per non parlare della Manduca quinquemaculata o verme del pomodoro che fino alla fine dell’ottocento si rite- neva fosse velenoso come un serpente, ma è assolutamente innocuo anche se a vederlo fra le foglie dei pomodori è abbastanza repellente. E’ chiaro che la fortuna del pomodoro in Europa era ancora di là da venire. Diversamente in America: una pandemia di colera che aveva colpito l’Europa e che era sbarcata da loro intorno al 1831 fece scattare la moda dell’alimentazione sana e un medico dell’Ohio promosse il pomodoro come “tonico garantito per tutti i mali”. Le ricette per le salamoie, gli stufati e le salse diventarono patrimonio di tutte le padrone di casa eleganti che “non volevano apparire fuori moda”. Fu propagandata anche la pillola al pomodoro, un estratto concentrato che “ha un peculiare effetto sugli organi epatici o biliari”. I due produttori di pillole Miles e Phelps finirono in tribunale, ma il pubblico finì per credere alle accuse reciproche di ciarlataneria e l’indebolimento dell’epidemia di colera fece si che le pillole miracolose scomparissero dal mercato intorno al 1840. La produzione di pomodori continuò a crescere per tutto l’ottocento, il New Jersey divenne la maggior zona di produzione di pomodori della nazione. Restava il problema principale della maturazione in un periodo dell’anno molto ristretto. La soluzione venne dalla Francia: Napoleone Bonaparte nel 1800 convinto che l’esercito “marcia insieme al suo stomaco”, offrì un premio di ben 12.000 franchi a chi forniva un metodo valido di conservazione degli alimenti. Un cuoco parigino nel 1806, Nicolas Appert propose il suo metodo di conservazione in bottiglie di vetro sigillate con sughero e cera e poi affondate in acqua bollente. Una decina di anni dopo un inglese Peter Durand sostituì il vetro con scatole di ferro stagnate per ridurre la ruggine. Ma il successo delle scatole di latta fu decretato nel 1855 dall’invenzione di un altro inglese Robert Yates : l’inventore dell’apriscatole. In America la guerra civile si combatté fornendo alle truppe dell’Unione cibo in scatola. Successivamente l’automazione portò all’invenzione del bollitore automatico, alla catena di montaggio e nel 1893 la Campbell lanciò la sua famosa zuppa di pomodoro, diventata iconica nel 1962 quando Andy Warhol espose le sue 32 serigrafie della zuppa Campbell (una per ogni tipo) dichiarando che era stato il “suo pranzo quotidiano per vent’anni”. Ma ritorniamo in Italia, bisogna aspettare il 1694 quando Antonio Latini maggiordomo di un nobile spagnolo pubblica “Lo scalco moderno” e cita tre ricette col pomodoro. E solo nel 1773 Vincenzo Corrado pubblica “Il cuoco galante” e ci viene offerta una visione completa di come e quanto si usava il pomodoro nella cucina italiana. Corrado, un monaco napoletano, rileva la presenza del pomodoro su ogni cibo che “camminasse, volasse o nuotasse”. L’industria dell’iscatolamento ha seguito in Italia lo stesso percorso di quello americano. Francesco Cirio aprì il suo primo impianto per la preservazione degli alimenti nel 1863. La differenza sostanziale è nella ricerca e nella documentazione delle varianti che come è intuibile hanno portato a caratteristiche organolettiche differenti rispetto ai cultivar del passato. L’eccellenza italiana è il Sammarzano : nasce alle falde del Vesuvio e quindi in un terreno vulcanico che si arresta in profondità su uno strato di argilla costantemente bagnato dalle acque del fiume Sarno. A queste caratteristiche si aggiunge la denominazione DOP certificata dal Consorzio dell’Agro Sarnese-Nocerino. E veniamo alla Pizza : un alimento globale che è conosciuto ovunque, in ogni lingua con lo stesso nome. Il rapporto fra Pizza e Pomodoro è simbiotico: non esiste l’uno senza l’altra. C’è la storia della pizza Margherita ma qualcuno ne mette in dubbio la storicità: la classica con pomodoro, mozzarella e basilico. Differente, molto differente la pizza delle catene americane Hut e Domino’s. Singolare la storia del Kectchup di Heinz che resiste e fa parte della cultura americana. Qual’è il futuro del pomodoro? Si sono succedute generazioni di sperimentatori perché nel corso degli anni si sono perse le caratteristiche organolettiche specie di dolcezza e di pastosità; Livingston , Shiffris, Oved e tanti altri hanno dedicato la loro vita alla ricerca del pomodoro per tutti come il famoso Big Boy. Le coltivazioni attuali privilegiano le culture idroponiche in serra: Paul Mastronardi in Canada gestisce serre lunghe chilometri dove tutto è controllato nel rispetto della qualità e della biodiversità. E per la prima volta le colture per crescere non hanno bisogno della benedizione di un terreno fertile e della clemenza del clima favorevole.

Per moltissimo tempo il vegetale attualmente più consumato al mondo non ebbe molta fortuna. Non si capiva nemmeno quale fosse la parte da mangiare.

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