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A teatro per affrontare la follia

All’auditorium dell’Istituto Guetti è andata in scena la tragedia teatrale “L’Oreste: quando i morti uccidono i vivi”, a cura dell’”Accademia Perduta Romagna Teatri”; in particolare, uno spettacolo di Francesco Niccolini, con la regia di Giuseppe Marini. E’ stato quello che si dice un one-man-show, infatti l’unico personaggio in scena era Oreste, interpretato da Claudio Casadio, che ha interagito durante tutta la durata dello spettacolo con dei personaggi (sia reali che fittizi, perché inventati dalla mente di Oreste), illustrati da Andrea Bruno.

La compagnia teatrale ha deciso di portare in scena una nuova e originale interpretazione della tragedia greca di Euripide, per evidenziare gli effetti della Legge Basaglia del ‘78. La storia è ambientata nel manicomio dell’Osservan- za di Imola, in cui il nostro protagonista, Oreste, è stato internato e dove rivive la sua vita attraverso flashback e ricostruzioni (a volte anche fittizie), a partire dal trauma della morte della sorella, per arrivare a quella del padre e all’assassinio della madre (motivo per cui Oreste è ritenuto violento, nonostante in manicomio si dimostri molto tranquillo e positivo con tutti). La conclusione ha lasciato tutti spiazzati: dopo 40 anni di internamento, Oreste vede la possibilità di tornare nel mondo reale, ma si rende conto che non è così facile viverci, finendo col torna- re in manicomio dove successivamente si suiciderà.

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Lo spettacolo ha colpito tutti gli studenti che lo hanno seguito, suscitando in essi particolare attenzione e stupore. Un’interpretazione unica, non c’è che dire; Claudio Casadio, con la sua abilità, è riuscito a rappresentare al meglio i pensieri e le riflessioni di Oreste. L’attore, nonostante fosse da solo, è riuscito a coinvolgere tutti quanti, rendendo comprensibili anche tematiche complesse, come l’abbandono, il suicidio e la malattia mentale.

“Non c’è mai stato così tanto silenzio all’interno