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SALIERI CIRCUS AWARD UN

FESTIVAL-CONCERTO “IMMAGINIFICO”

È fin troppo facile cadere nella semplificazione se provo a descrivere cosa i festival abbiano rappresentato per me in oltre quarant’anni di frequentazione poi ché, su questo fenomeno, si è costruita una vera e pro pria complessa mitologia.

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Nel mio caso ho convissuto con i festival circensi com petitivi dalla fine degli anni Ottanta, non certo per necessità creative ma per una richiesta del mondo televisivo che allora si era fatta pressante. La prima proposta arrivò nel 1989 poco dopo la nascita dell’Accademia d’Arte Circense a Verona, da Cino Tortorella (il famoso Mago Zurlì dello Zecchino d’Oro), che aveva ideato due format allora molto appetibili per la televisione: il Premio Mozart, dedicato ai giovani musicisti internazionali e Bimbo Circo, dedicato appunto a giovani talenti circensi provenienti da tutto il mondo. Ovviamente il format prevedeva una giuria, ma soprattutto un ufficio organizzativo con uno o più talent scout capaci di intercettare gli artisti richiesti. Allora non esisteva internet né i social e dunque era necessario viaggiare per visitare le principali scuole di circo in tutto il mondo. Ecco, con una grande passione e per quanto giovanissimo, io assunsi quel ruolo. Ben presto chiesi la collaborazione di Eduardo Murillo, un ex artista in forza al Circo Americano di Enis Togni, che per anni aveva lavorato come consulente del Festival di Monte-Carlo e decidemmo insieme, dopo due edizioni di Bimbocirco, di creare una società specializzata (non a caso si chiamava Festivals Italia), vista la richiesta di Fininvest e della Rai. Fu subito un crescendo di attività con Giovani Stelle del Circo nel 1991 e poi, nei tre anni successivi con il Festival Internazionale del Circo “Città di Verona”. La televisione ci permetteva un budget davvero im- portante per l’epoca, che comportava l’ingaggio di artisti dello stesso livello del Festival di Monte-Carlo, considerato il punto di riferimento qualitativo per la produzione. Il tutto, pur in parallelo con un’altra produzione “concorrente” a Genova curata da Walter Nones con il supporto dell’Ente Nazionale Circhi, è proseguito sino a quando, nel 1995 le televisioni pubbliche e private, per motivi politici, non furono più interessate a produrre un format di questo tipo. Dunque, stop repentino per i due festival neonati ma va ricordato che con la consulenza di Murillo, sono poi nati in quel periodo il Festival di Mosca e di Budapest. Per completare il quadro e non entrando in merito ai vari festival consolidati in Europa e Cina, va segnalato che nello stesso periodo a Roma operava il Golden Circus di Liana Orfei (primo a nascere in Italia nel 1985 e poi ultratrenten- nale), e più tardi, nel 1999 ad opera della famiglia Montico è nato a Latina un piccolo festival, che seppur poco strutturato nelle sue prime edizioni, negli anni successivi, con l’intervento dell’Ente Nazionale Circhi nella figura di Egidio Palmiri, e la mia direzione artistica sino alla sua decima edizione, si è ben presto consolidato divenendo tra le realtà più importanti di questo settore in rapporto al circo tradizionale.

Questa lunga premessa è stata necessaria per far capire, oltre alla grande passione, la contestualizzazione che ha portato alla nascita, con il supporto del Ministero della Cultura, del Salieri Circus Award. Un festival che nelle proprie intenzioni vorrebbe essere un progetto artistico originale non solo dal punto di vista del titolo, quasi pa- radossale, che coniuga il nome di un celebre musicista con il circo, quanto per il fatto di valorizzare il numero circense in un ambito inconsueto e accompagnandolo dal vivo con una orchestra sinfonica.

Provo a fare qualche esempio per meglio chiarire il concetto. Nei miei primi festival erano presenti per lo più numeri tradizionali e importanti (nel gergo si dice “forti”), dal punto di vista tecnico, ma già allora cercavamo di avere qualche esclusiva. Nella prima edizione del 1992 portammo, fuori concorso, la mitica troupe caucasica di Djighiti a cavallo di Tamerlan Nougzarov, considerata allora la più importante troupe di acrobati a cavallo esistente al mondo. Ma era già stata al festival di Monte-Carlo vincendo l’oro, perciò ci mettemmo a cercare delle novità assolute. Ricordo in particolare l’ingaggio della troupe Borzovi al secondo festival Città di Verona nel 1993, dove presentammo per la prima volta fuori dalla Russia, un capolavoro di tecnologia e arte creato nella Scuola del Circo di Stato da Piotr Maestrenko e dove i trapezisti erano si “volanti” ma anche acrobati alla barra russa e danzatori. Un numero inedito, adattato appositamente al nostro grande chapiteau e con una qualità artistica tale da far convergere a Verona tutti i più importanti direttori che aspiravano ad averlo nelle loro produzioni. E poi l’anno successivo l’invito con una specifica serata d’onore, dello spettacolo completo del CNAC (Centre National des Arts du Cirque) di Chalon sur Marne, che per la prima volta si esibiva all’estero. Mi piace ricordare questo evento, un intero spettacolo sperimentale che oggi definiremmo di circo contemporaneo, per dare misura della mia volontà di mostrare l’arte del circo nei suoi molteplici aspetti e senza nessun tipo di preclusione. che nel nostro caso vengono avvalorati da un’orchestra sinfonica dal vivo. E da parte nostra aiutandoli a trovare il repertorio musicale adatto e talvolta dando loro un supporto reale nella creazione di coreografie individuali, con la consapevolezza dei limiti dovuti alle dimensioni ridotte del teatro.

Nel nostro caso è evidente che le scelte artistiche non possono prescindere dalla necessità di escludere per motivi di spazio act con grandi attrezzi a terra o aerei, troupe acrobatiche numerose o animali. In passato, come direttore artistico, avevo sempre puntato alla qualità dei numeri dal punto di vista tecnico (con tutti i limiti in merito alla loro differente tipologia). Ora sono alla ricerca di una simbiosi tra le arti che possa valorizzare il grande patrimonio artistico e culturale del circo allo scopo di presentare una contemporaneità che ha radici profonde; allo stesso tempo cercando di non rimanere ingabbiato nelle discusse etichette di “circo classico” o “contemporaneo”. A tutto il nostro entusiastico staff piace pensare semplicemente ad un nuovo “circo d’Arte”. Dunque, nes-

In tutto ciò vi sono le radici del Salieri Circus che ci hanno stimolato a cercare una nuova identità che mettesse al centro l’artista con la “A” maiuscola, stimolandolo dove possibile a creare qualcosa di nuovo e allo stesso tempo adatto al nostro format. Artisti alla continua ricerca di una propria crescita professionale, anche attraverso la preparazione di nuovi act con accompagnamenti musicali “classici”, suna rincorsa o imitazione degli altri festival, salvo la presenza di una vera giuria tecnica composta da direttori di strutture internazionali e compagnie in grado di dare lavoro agli artisti in gara. Allo stesso tempo il Salieri Circus vorrebbe intercettare, oltre a tanti addetti ai lavori alla ricerca di nuove creazioni, un pubblico locale ed internazionale con un profilo diverso dalla consuetudine e piuttosto propenso a farsi ammaliare da una sorta di “concerto immaginifico” come a noi piace chiamare questa kermesse, che nel 2023 giunge alla sua terza edizione.