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Disturbi alimentari, nuova pandemia

Dopo il Covid un aumento dei casi del 30-40%: in Piemonte sono cresciuti da 20 a 28mila

di Chiara Bagnalasta

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Sempre più persone soffrono di disturbi del comportamento alimentare (Dca). Il polo sanitario della Città della salute di Torino parla di uno «sciame pandemico del disagio psichico che continua a perdurare». La pandemia da Covid-19 ha infatti accelerato l’aumento dell’incidenza dei nuovi casi per anno già in atto da circa un decennio: si stima che questi siano aumentati del 30-40%, soprattutto nella fascia di età 10-20 anni. Per il Piemonte significa essere passati in pochi anni da circa 20mila casi a circa 28mila.

Uno studio del 2023 pubblicato dal Centro esperto regionale per la cura dei disturbi del comportamento alimentare (Cer dca) sul Journal of clinical medicine ha inoltre evidenziato un peggioramento dei sintomi. «Dopo la pandemia, i pazienti accusano un disagio corporeo molto più elevato e fanno più attività fisica», spiega Giovanni Abbate Daga, direttore del Centro. Lo scopo unico è dimagrire, anche in condizione di estrema emaciazione. Per fronteggiare la problematica la Città della salute di Torino ha annunciato alcune novità organizzative e terapeutiche.

Del resto, «il Piemonte ha ancora bisogno di adeguare le risorse alle richieste», spiega Federico Amianto, neuropsichiatra infantile-adolescenziale specializzato in Dca presso l’ospedale Regina Margherita. Nell’ultimo anno, «grazie anche all’apertura di quattro posti letto nell’unità di Verduno (Cuneo) nell’Asl Cn2, la situazione è leggermente migliorata», ma non abbastanza. Il problema è alla base: «Molto spesso tali disturbi presentano una sintomatologia complessa, per cui si associano a depressione, idee anticonservative e istinti autolesionisti, che le strutture ancora non accettano», spiega Amianto. Non riuscirebbero infatti a fornire una sorveglianza continua. Da qui «il forte bisogno di strutture intermedie in cui, dopo aver stabilizzato una situazione di sicurezza in ospedale, l’adolescente può ricevere un livello di intensità terapeutica diversa, magari più psicologica e meno medicalizzata». Attualmente, infatti, in Piemonte non esistono queste possibilità di cura per i pazienti di età infantile-adolescenziale. «Ci sono solo le comunità terapeutiche, che però sono un tipo di trattamento molto intensivo adatto solo ai casi molto gravi. Oltretutto sono molto costose e sempre piene, per cui purtroppo c’è ancora la necessità di adeguare le risorse alle richieste», aggiunge il neuropsichiatra.

I Trattamenti

In questo scenario travagliato si inseriscono due trattamenti innovativi proposti dalla Città della salute. Il primo è di tipo biologico e sperimentale e prevede la somministrazione per 2-4 settimane di sedute quotidiane di 40 minuti di stimolazioni magnetiche dell’area del cervello deputata

GIORNATA NAZIONALE Il 15 marzo si è tenuta la giornata dei disturbi del comportamento alimentare al controllo emotivo. Nella cura della depressione tale cura ha già dato buoni risultati e partirà dal 15 aprile per i soggetti ricoverati. Il secondo è di tipo psicologico e sfrutta il movimento degli occhi per rievocare ricordi traumatici, rendendoli più facilmente rielaborabili (Eye movement desensitization and reprocessing). Si tratta di una psicoterapia ambulatoriale che è stata attivata presso l’ospedale Molinette da ottobre 2022 e che si sviluppa ora a pieno regime. È infatti dimostrato come la pandemia abbia avuto un effetto traumatico sulle persone. Inoltre, un recente studio svolto presso il Cer dca e pubblicato sulla rivista European journal of psychotraumatology ha evidenziato che la maggior parte dei pazienti ha avuto uno o più eventi traumatici nel corso della propria vita e che un ragazzo/a su otto ha un disturbo post traumatico da stress associato al Dca. Sostegno arriverà anche da tutte le Asl del Piemonte: da maggio contrattualizzeranno personale dedicato alla cura di tali disturbi, grazie ai fondi ministeriali stanziati per il biennio 2023-2024 e all’impegno della Regione e dell’assessorato alla Sanità.

A Piancavallo si lavora su una cura sperimentale per riabilitare i pazienti

di Matteo Rossi

Ognuno di noi ha una concezione diversa del proprio corpo, sia in riferimento al modo in cui lo muove nello spazio sia per come lo percepisce. E chi ha una percezione negativa può essere più incline a sviluppare disturbi alimentari. Parte da questo presupposto lo studio condotto all’Auxologico di Piancavallo in provincia di Verbania da Maria Elena Navarra, psicologa al secondo anno di dottorato in neuroscienze.

«Attraverso il nostro progetto - racconta -, sotto la supervisione della psicologa e ricercatrice Federica Scarpina, cerchiamo di capire quale sia la rappresentazione che le persone affette da disturbi del comportamento alimentare hanno del loro corpo».

La psicologa Navarra si confronta soprattutto con pazienti con obesità e anoressia e lo fa grazie all’utilizzo di protocolli sperimentali e questionari psicologici. «L’obiettivo - sottolinea - è quello di ampliare la conoscenza che già abbiamo sull’argomento e potenziare il programma riabilitativo, raggiungendo così un miglioramento generale dello stato fisico e psicologico. Le persone con una rappresentazione corporea negativa possono essere più inclini a sviluppare disturbi alimentari, depressione e ansia. Pertanto è importante promuovere un’immagine corporea positiva e sana attraverso l’educazione, la

LA PSICOTERAPEUTA RACHELE

Ceschin

«Il problema nasce quando la mente, ma non il corpo, ti dice di mangiare»

Rachele Ceschin è psicologa psicoterapeuta e tra le fondatrici del Centro Libenter a Torino, che dal 2015 si occupa di disturbi del comportamento alimentare (Dca). La sua missione è offrire un sostegno a chi, pasto dopo pasto, si spoglia della propria autonomia, svelando corpi e menti sempre più debilitati. Le persone che soffrono di Dca hanno infatti «un’identità molto vaga» e «dipendono costantemente dal contesto», spiega Ceschin. Li strema una corsa senza fine verso standard sempre più orientati a un criterio di perfezionismo, guidati dalla necessità di sentirsi adeguati. «Sono pazienti che non hanno alcun contatto con il proprio corpo e non hanno alcuna verità a cui tornare», aggiunge l’esperta. Hanno infatti perso il senso di sazietà: «Non è il corpo ma la mente che dice loro di mangiare, in quanto è l’unica cosa che sentono di poter fare, o non mangiare, perché resistere alla fame attiva in loro un senso di grande potenza». Per loro «il controllo diventa la strategia per gestire l’inadeguatezza». Sono talmente sfiduciati verso sé stessi che finiscono per diventare la loro malattia. «L’approccio terapeutico-costruttivista si basa proprio sul provare a scardinare l’idea di un’identità di disturbo, cioè ‘io sono anoressica (o bulimica)’, per far vedere ai pazienti che agiscono un comportamento di tipo anoressico (o bulimico)’», spiega la psicoterapeuta. In questo modo, «possono dare un senso a quei comportamenti e recuperare quello che il disturbo dà loro attraverso strategie più virtuose, che consentano alla persona di crescere e di sentirsi adeguata nel mondo, indipendentemente dalla forma del suo corpo». Il vicolo infatti non è cieco. Guarire è possibile, ma per farlo bisogna «decidere di esplorare», spiega Ceschin.

C.B.

LA STRUTTURA L’Auxologico di Piancavallo in provincia di Verbania consapevolezza e la prevenzione. Parlare con i pazienti - concludenon è semplice. Bisogna ponderare ogni parola, con l’intento di creare un rapporto di fiducia reciproca.

Deve essere a loro chiaro che noi siamo lì per aiutarli».

L’Auxologico di Piancavallo è immerso nella natura, tra le Alpi e il lago Maggiore. È una struttura ospedaliera riconosciuta a livello nazionale come punto di riferimento e di eccellenza per la cura dell’obesità grave ed è specializzata anche in altri disturbi del comportamento alimentare come anores- sia e bulimia. Il trattamento di queste patologie prevede l’utilizzo di tecnologie diagnostiche e terapeutiche di ultima generazione, con l’attivazione di percorsi riabilitativi multidisciplinari. Ogni anno sono 1 milione e 300 mila le persone che vengono visitate in questo ospedale per un totale di 178.000 giornate di ricovero erogate. All’interno di questa realtà esiste anche un padiglione dedicato ai bambini e agli adolescenti, un luogo che oltre alla parte sanitaria comprende anche una scuola, spazi ricreativi e una palestra.