PrimoPianotecnologia

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INDICE INTRODUZIONE 1.

La scoperta del fuoco ....................................................................

2.

La lavorazione della pietra ............................................................

3.

Le tecniche agricole .......................................................................

4.

Le tecniche dell’abitare .................................................................

5.

La lavorazione della ceramica ......................................................

6.

La lavorazione del vetro ................................................................

7.

La tessitura ......................................................................................

8.

La metallurgia ..................................................................................

9.

La lavorazione dell’oro ..................................................................

10. Le tecniche di navigazione ........................................................... 11. La costruzione della rete viaria .................................................... 12. Le prime macchine .........................................................................


INTRODUZIONE Premessa La parola greca techne significa arte, artificio, abilità, destrezza, espediente: insomma le abilità con cui l’uomo modifica l’ambiente e i ritmi della natura a proprio vantaggio. Secondo lo storico dell’economia Paolo Malanima, la tecnica è un insieme di pratiche, un modo di operare, che si è rivelato efficace in qualche attività e che perciò è tramandato da un uomo all’altro, nella forma di gesti e di conoscenze, ma anche di attrezzi e di strumenti. Nei confronti della tecnica il mondo antico ha sempre mostrato un profondo disprezzo; nella stessa Grecia essa ha occupato un posto di sottordine di fronte alla scienza pura, tanto che era considerata compito dei meteci (stranieri) e degli schiavi; il cittadino libero si dedicava allo stato e doveva curare le sue virtù interiori; Platone scriveva appunto: “nessun cittadino o schiavo di cittadino dovrà occuparsi di lavori manuali”. Questa diffidenza nei confronti della tecnica e del lavoro manuale ha impiegato molto tempo a essere superata e forse non lo è ancora del tutto nella mentalità comune e negli stessi manuali di storia (i fatti politici e istituzionali a lungo hanno avuto la meglio su quelli economici, sociali, tecnici). Eppure la storia dell’umanità è la storia dei grandi mutamenti operati anche dalle abilità tecniche e dagli strumenti costruiti dall’uomo.

Obiettivi del fascicolo Attraverso le schede di questo fascicolo si vuol far avvicinare lo studente alla storia della tecnica con alcune avvertenze. Le invenzioni e le innovazioni tecniche: • nascono dai bisogni dell’uomo, diversi nei vari contesti e nei vari periodi, ma anche dalla sua creatività che “è sempre un atto di ribellione; senza la sua presenza noi tutti vivremmo ancora una vita sgradevole e di breve durata, fatta di sudore, fatica e sconforto” (J. Mokir); • sono esse stesse causa di ulteriori cambiamenti e innovazioni: “la tecnologia genera altra tecnologia e altri bisogni” (J. Diamond); • non sono creazioni ex novo: nascono dall’osservazione-imitazione della natura e dalla memoria di operazioni e di saperi acquisiti; la tecnologia progredisce

accumulando le esperienze di molti (spesso semplici lavoratori); • la loro evoluzione segue e condiziona l’evoluzione biologica e sociale, economica e culturale dell’uomo, perciò ha una storia come l’uomo e, come ogni storia, ha i suoi balzi in avanti, ma anche le sue permanenze; • conoscerle aiuta lo studente a comprendere la storia perché fa scoprire i cambiamenti nell’economia e nella società, nella demografia e nella cultura in genere; • dal loro grado di sviluppo, più che dalla ricchezza monetaria, dipende il grado di benessere di una civiltà o di uno stato; • la diversità del loro sviluppo è condizionata dalle aree geografiche (risorse e clima), dalla densità della popolazione (più popolazione, più competitività, più inventori), dalle barriere naturali (le conoscenze tecniche si diffondono e si apprendono), dalla capacità di accogliere e realizzare le novità.

Organizzazione delle schede Ogni scheda pur essendo flessibile segue una struttura di fondo. • Una breve introduzione che presenta l’aspetto teorico dell’argomento e ne enuncia alcune problematiche. • Una parte informativa che fornisce contenuti sull’evoluzione storica dell’argomento in questione. La trattazione è di solito più dettagliata per i periodi studiati nel biennio (antichità e alto medioevo), ma si è voluto anche dare uno sguardo d’insieme all’evoluzione successiva fino ai nostri giorni (certo in modo poco approfondito, ma l’insegnante potrebbe scegliere un argomento come pretesto per attraversare la storia dall’antichità a oggi). • A dei flash sulle conseguenze più significative nell’immediato e sull’evoluzione successiva, seguono alcuni suggerimenti per l’attualizzazione e la problematizzazione, suggestioni letterarie, linguistiche, mitologiche e dell’immaginario collettivo. • Le sezioni sono corredate da brevi indicazioni didattiche volte soprattutto a sollecitare la riflessione e a fornire imput di ricerca per gli studenti. • In chiusura si offrono alcuni riferimenti bibliografici.


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Primo piano sulla tecnologia

1. LA SCOPERTA DEL FUOCO 4,5 MILIARDI DI ANNI FA

3 MILIONI DI ANNI FA

600 000-300 000 ANNI FA

Si forma il pianeta Terra

Inizia il Paleolitico Compaiono i primi ominidi

Glaciazione di Mindel

Paleolitico

Neolitico

4 MILIONI DI ANNI FA

2 MILIONI DI ANNI FA

12 000 ANNI FA

Compaiono gli australopitechi

Compare l’homo habilis

Inizia il Neolitico

Di che si tratta? L’espressione “scoperta del fuoco” si riferisce alla capacità da parte dell’uomo di dominare un fenomeno naturale che ha accompagnato da sempre la sua vita e di cui egli ha conosciuto le impressionanti energie positive (luce e calore) e distruttive (grandi incendi e devastazioni di piante e di animali). L’uomo però non è riuscito subito a piegare al suo controllo e ai suoi bisogni questo fenomeno combustivo, così meraviglioso e allo stesso tempo così inquietante. A lungo egli ha assistito, affascinato e atterrito, alla sua potenza cogliendone passivamente i vantaggi finché non ha imparato le tecniche per impadronirsene, per conservarlo e riprodurlo, per usarlo in situazioni e in attività molteplici e sempre più complesse. Queste tecniche, che permettono di “trasformare l’energia chimica del legno in luce e calore” (Malanima), una volta sperimentate sono state tramandate. Il progresso tecnologico consiste appunto in questa

capacità di uitilizzare le conoscenze per ulteriori innovazioni. Come? L’uomo ha prodotto il fuoco prima con tecniche semplici, ma che richiedevano molto tempo e molta pazienza; poi con tecniche più rapide e sempre più sofisticate: dai fiammiferi (gli zolfanelli) e dagli accendini a gas, all’accensione automatica, piezoelettrica dei nostri fornelli. I nostri antenati facevano scoccare la scintilla all’inizio con lo sfregamento di due bastoncini secchi, poi col trapano da fuoco (un bastoncino di legno duro fatto ruotare rapidamente su un legno secco più tenero) quindi con la percussione di due minerali, “le pietre focaie” (selce e pirite, diaspro e quarzite): lo scoppio della scintilla su foglie secche che fungevano da esca…. ed ecco il fuoco! La mummia di Similau trovata nel 1991 in alta Val Senales (Bz), nota come Otzi, aveva nel suo corredo selce, pirite e un pezzo di fungo come esca per accendere il fuoco.


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Pietra focaia di pirite.

Pietra focaia di quarzite.

Pietra focaia di diaspro.

Pietra focaia ddi selce.

Quando e dove?

Perché una rivoluzione?

È l’Homo erectus il protagonista di questa svolta della civiltà le cui “prime tracce risalgono all’epoca della glaciazione di Mindel che durò da 600 000 a 300 000 anni fa. Resti di focolari sono stati scoperti in Francia, Ungheria, Spagna, Germania, Africa e Cina accanto a resti umani” (P. Malanima).

Una storia della tecnologia non può non soffermarsi su questa scoperta che ha trasformato sostanzialmente la qualità della vita dell’uomo non solo negli aspetti pratici e materiali, ma anche in quelli ideali e sociali. Lo storico Malanima ricorda che per alcuni addirittura “l’uomo si differenzia realmente dall’animale solo a partire dal giorno in cui diviene padrone del fuoco” e non da quando ha cominciato a creare i primi utensili. “Con il fuoco l’umanità passa dalle caverne alla civiltà” (L. Dolza). Questa del fuoco possiamo definirla la madre di tutte le scoperte tecnologiche perché “l’abbandono delle

1 Illustra l’importanza del fuoco per la vita

dei primi uomini. 2 Quali furono gli strumenti usati inizialmen-

te per accendere il fuoco?

Ricostruzione della mummia di Otzi. Impronte di Homo erectus lasciate sulle ceneri vulcaniche a Laetoli, in Tanzania, 3,5 milioni di anni fa.


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caverne, la lavorazione del legno e l’estrazione della pietra, l’agricoltura e l’allevamento, la navigazione e il commercio, la scrittura e il far di conto, la medicina e l’osservazione degli astri nel cielo originano dall’uso del fuoco, ovvero dall’uso dell’ingegno, dal quale scaturisce il cammino dell’umanità” (L. Dolza). Quasi tutte le attività tecniche e artigianali si avvarranno del fuoco.

dall’impiego di torce con le quali i cacciatori spingono le mandrie verso trabocchetti e trappole.

Quali i cambiamenti immediati?

Quali cambiamenti nel lungo periodo?

• La possibilità di scaldarsi.

• L’aumento demografico in seguito a un miglioramento della qualità della vita. • La nascita delle prime comunità: ritrovarsi attorno a un fuoco gestibile, sviluppa il senso di gruppo, facilita la comunicazione e la condivisione di sentimenti, emozioni, paure.

• La possibilità di illuminare gli ambienti.

• L’utilizzazione nella cottura della ceramica e dei mattoni.

• La possibilità di cuocere i cibi.

• L’estrazione del ferro e la sua forgiatura.

• La possibilità di una dieta alimentare non solo più gustosa, ma più sana, perché più digeribile e perché privata dei parassiti presenti nelle carni crude; più ricca, perché la cottura facilita l’assimilazione delle sostanze nutritive, l’assorbimento delle proteine e dei carboidrati. Questa trasformazione nell’alimentazione comporta trasformazioni anche nella struttura corporea perché si rafforzano le ossa e, nel lungo periodo, il cranio diventa sempre più grande mentre la mascella diventa sempre più piccola dal momento che la carne cotta è più tenera e deve essere masticata meno.

• La costruzione di armi in ferro.

• La possibilità di difesa e di offesa nei confronti di animali pericolosi.

• L’impiego come strumento di punizione e di tortura (vedi la purificazione delle eresie attraverso roghi).

• La possibilità di migliorare le tecniche di caccia; in particolare le battute di caccia vengono facilitate

• Le deforestazioni, quelle di oggi (vedi la foresta amazzonica), ma anche quelle operate dagli uomini antichi (“In alcuni giacimenti paleolitici in Algeria sono stati trovati i resti di focolari del paleolitico. Essi attestano un consumo di decine di milioni di metri cubi di legname. In un solo giacimento, a Relilai, furono bruciati 500 000 metri cubi di legname che equivalgono al consumo di 18 000 tonnellate di carbone” Malanima).

Scena di caccia.

• La fusione e in genere la realizzazione delle leghe metalliche. • L’impiego in guerra (frecce infuocate, assedi, il fuoco greco ecc.). • L’impiego in agricoltura (i campi vengono fertilizzati bruciando le stoppie). • L’impiego come fonte energetica (dalle terme alla macchina a vapore, da energia che produce calore e luce a energia che produce movimento).

• L’impiego in medicina (cauterizzazione) e in chimica. • L’impiego nella disinfestazione (per esempio durante le pesti). 3 Prova ora tu con i tuoi compagni a indi-

viduare altre situazioni positive o tragiche in cui il fuoco interviene nella storia dell’uomo in generale e in quella dello sviluppo tecnologico in particolare.


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Il Fuoco nell’immaginario collettivo (mitologico e letterario) L’uomo ebbe consapevolezza fin dall’inizio dell’importanza che il fuoco aveva avuto nella sua storia; infatti quasi tutti i popoli nei loro miti hanno assegnato un ruolo importante al racconto della sua origine. Valga per tutti l’esempio del mito greco di Prometeo, il figlio di uno dei Titani indicato dagli antichi come un benefattore dell’umanità. Egli soccorre gli uomini che Zeus ha punito privandoli del fuoco; sottrae semi di fuoco “alla ruota del sole” e li porta alla terra nascosti in un gambo di ferola. Prometeo è uno dei primi eroi dell’uomo occidentale, colui che libera l’uomo dai condizionamenti della natura, lo avvia alle arti tecniche e allo sviluppo, lo fa diventare potente, quasi come gli dei. Per questo, come ancora racconta il mito, egli viene crudamente punito da Zeus.

Sempre nella mitologia greca il fuoco ha un suo dio: Efesto, figlio di Zeus. Egli è il padrone dell’elemento igneo, regna sui vulcani che sono le sue officine nelle quali lavora con i Ciclopi, forgia armi per gli eroi greci e troni d’oro per Zeus: il fuoco è alla base di tutte le tecnologie. Il fuoco inoltre in tutte le religioni è un elemento rituale: celebra e onora gli dei, a Roma deve essere conservato dalle Vestali e non deve mai spegnersi, inaugura le Olimpiadi, è simbolo dello Spirito divino cristiano, purifica le anime del purgatorio e brucia quelle dell’inferno. 4 Sarebbe interessante rintracciare nelle co-

smogonie di altri popoli il ruolo assegnato al fuoco. Puoi provare a fare una ricerca sul ruolo del fuoco nei miti di altre civiltà.

Prometeo incatenato, marmo bianco di NicolasSébastien Adam, Parigi, Louvre. Efesto dona a Teti la corazza che ha forgiato per Achille (vaso del 490-480 a.C.).

Bibliografia F. Klemm, Storia della tecnica, Milano, Feltrinelli, 1966. P. Malanima, Energia e crescita nell’Europa preindustriale, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1996. L. Dolza, Storia della tecnologia, Bologna, Il Mulino, 2008.


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2. LA LAVORAZIONE DELLA PIETRA Paleolitico e Neolitico: perché età della Pietra? Una tecnica, ovvero il modo di lavorare la pietra, dà il nome alle età più antiche della storia dell’uomo: il Paleolitico (“Età della pietra antica”, dal greco palaiòs, antico, e litos, pietra) e il Neolitico (“Età della pietra nuova”, dal greco neòs, nuovo, e litos, pietra). Sono infatti utensili di pietra i primi attrezzi che l’uomo costruisce, differenziandosi così dagli altri esseri viventi: oggetti esterni al suo corpo, che ne amplificano la forza e la capacità di trasformare l’ambiente secondo i suoi bisogni; ma soprattutto arnesi utili per costruirne altri. Certo, l’uomo ha realizzato anche strumenti di legno e di osso, prima che di pietra, per scavare e raggiungere radici e tuberi o cacciare insetti o piccoli animali, ma di questi si sono perse le tracce. Sono proprio gli strumenti litici, quasi protesi fisiche degli arti, che testimoniano agli storici gli sforzi e le tecniche con cui i nostri antenati hanno prolungato e moltiplicato l’energia delle loro braccia e dei loro movimenti.

Come le pietre diventano strumenti Come la maggior parte delle invenzioni e delle tecnologie, anche la lavorazione della pietra si è sviluppata dalla necessità oltre che dalla casualità, ma soprattutto dall’osservazione della natura: l’uomo ha assistito a fenomeni di frantumazione e ha capito che, sotto i colpi, i massi litici assumono forme diverse a seconda del tipo di pietra e della forza della percussione. Allora ha cominciato deliberatamente a scegliere alcune pietre e a colpirle in modo diverso a seconda delle proprie esigenze: scavare, rompere, tagliare, spezzare, uccidere. La pietra scheggiata (nel Paleolitico) La prima tecnica di lavorazione della pietra dell’homo abilis è la scheggiatura: questa operazione consiste nel percuotere con una pietra un’altra ricavandone delle schegge e un nucleo. Con il “ritocco” dell’homo erectus, i margini vengono ulteriormente scheggiati e resi più taglienti. “La scheggia pulisce cortecce, sventra tuberi, taglia rami. Il nucleo trita semi, scava il suolo, tagliuzza radici,

rompe ossa. L’uso combinato di entrambi sostituisce a meraviglia zanne e unghie, il corredo degli animali che sopravvivono nella savana” (La Storia, vol. 1, Torino, Utet, 2004). Il materiale litico usato è costituito soprattutto da pietra calcarea, da pietra vulcanica, da quarzo e quarzite, da selce (roccia silicea di colore variabile che si trova lungo i fiumi o sulle spiagge sotto forma di ciottolo, oppure contenuta in formazioni calcaree da cui deve essere estratta; dura, ma di facile lavorazione e tagliente). La pietra levigata (nel Neolitico) La levigatura della pietra è un’operazione successiva, ma non alternativa alla prima. Consiste nell’applicare alla pietra una tecnica di lavorazione dell’osso già conosciuta nel Paleolitico: la superficie di un blocco di pietra viene lisciata fino a ottenerne asce taglienti che disboscano, tagliano erba, pelli, legno.

Gli strumenti prodotti e il contesto I più antichi strumenti ricavati da ciottoli basaltici sono stati trovati in Etiopia e risalgono a oltre 2,5 milioni di anni fa. A periodi successivi appartengono il chopper (ciottolo tagliente scheggiato su una sola faccia) e l’amigdala (pietra a forma di mandorla, bifacciale lavorata da entrambi i lati) rinvenuti sempre in Africa. Gli archeologi hanno trovato i resti di vere e proprie industrie litiche (famoso il sito dell’industria acheu-

Un’amigdala (a sinistra) e dei chopper (a destra).


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La cosiddetta “Venere di Willendorf” prende il nome dalla località austriaca in cui fu rinvenuta nel 1908.

Antico capitello ello greco in pietra.

liana, dal nome del luogo del ritrovamento in Francia) dove, in modo quasi standardizzato, venivano preparati in serie piccoli manufatti di pietra (amigdale soprattutto) e punte lavorate. Questi microliti hanno per lo più forma geometrica (triangoli, rombi, rettangoli, trapezi, semicerchi); essi sono opportunamente ammanicati su supporti di legno e osso e sono fissati con resine di betulla o conifere, con collanti (ottenuti con l’agrifoglio, il vischio o il cardo) o con bitume e diventano asce, frecce, coltelli o armi da getto. Sono stati reperiti “becchi”, cioè punteruoli o perforatori, “bulini”, per incidere pelli e pietre, “denticolati” e “geometrici”, asce a mano (sorta di mezzaluna per triturare vegetali). Durante il Paleolitico questi strumenti sono associati all’economia di caccia e di raccolta, durante il Neolitico invece all’agricoltura, che rappresenta la vera rivoluzione di questa età. Allora le pietre levigate diventano lame taglienti per falciare, mietere, arare, schiacciare, triturare e macinare semi.

Quali i cambiamenti immediati per la vita dell’uomo? • Miglioramento della qualità della vita (maggiori possibilità di difendersi, di procurarsi il cibo, di trasformare l’ambiente secondo le proprie necessità). • Aumento della scatola cranica (la costruzione di uno strumento richiede la scelta del materiale e della forma in funzione dell’uso, perciò sviluppa le capacità progettuali e intellettive quindi la materia cerebrale dell’uomo). • Sollecitazione del senso magico e del gusto estetico (basti pensare all’arte rupestre: i graffiti e le Veneri di pietra).

Quali i percorsi successivi della lavorazione della pietra? La pietra è uno dei materiali più presenti in natura e, sebbene tra i più rigidi e aspri, è stato tra i primi a essere manipolato dall’uomo. Nonostante la sua durezza, ha mostrato nel tempo una grande malleabilità e una grande versatilità; è stato usato infatti in tutti i settori; è diventato una risorsa fondamentale, una merce di scambio preziosa sia per la costruzione che per l’intaglio (basti pensare alle città mesopotamiche, come Ebla, o a Roma che, per abbellire i suoi edifici, non si accontentò dei materiali a sua disposizione, come il tufo di Nocera, il calcare del Samo o la pietra vulcanica, ma importò marmi e pietre pregiate da tutto l’impero, per esempio il marmo bianco dalle cave della Grecia e il “cipollino” rosso dall’Egitto). La presenza di cave è stata perciò spesso anche causa di guerre territoriali. Blocchi di pietra hanno viaggiato nel mondo antico attraverso fiumi e mari. La presenza di cave di pietra ha favorito il sorgere di centri urbani e commerciali e stimolato l’invenzione di tecniche di trasporto e macchinari per la sistemazione dei blocchi. Granito, marmo, ossidiana, arenaria, selce, porfido, tufo, basalto, alabastro… sono stati utilizzati per: • la difesa e l’offesa (armi, mura e torri) • le attività economiche (caccia, raccolta e agricoltura) • le abitazioni e la pavimentazione delle piazze (mescolata anche al mattone e al legno) • l’arte e la decorazione (dai graffiti ai capitelli greci, dalle Veneri preistoriche alle statue greche, dai pozzi alle fontane, dagli stemmi alle pavimentazioni preziose, dal rivestimento delle pareti interne ai fusti di colonna in marmi colorati)


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• le grandi costruzioni: quelle con funzione politica (palazzi e castelli), quelle con funzione religiosa (templi, cattedrali e chiostri) e funeraria (piramidi e necropoli), quelle di pubblica utilità e di pubblico svago (pilastri, archi e transetti, ponti e strade, acquedotti, teatri e anfiteatri) • l’informazione, l’educazione e la propaganda: lapidi, colonne (vedi la colonna di Traiano), busti, bassori-

lievi, pietre miliari, steli (vedi la stele di Hammurabi); vere e proprie storie in libri di pietra. 1 Effettua una ricerca per completare la se-

guente tabella che ti aiuterà a ripercorrere il lungo cammino fatto dall’uomo tra e con le pietre.

EVOLUZIONE DELLA LAVORAZIONE E DELL’USO DELLA PIETRA Periodo e civiltà Paleolitico

Tipo di pietra

Tecnica usata

Oggetti realizzati

selce, quarzo e quarzite, pietra lavica

scheggiatura …………………… ……………………

chopper, amigdale, …………………… ……………………

Neolitico

…………………… …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

Funzione produzione di strumenti per scheggiare, per cacciare, per …………………… per tagliare cereali, per schiacciare, per macinare semi, ……………………

Città sumeriche

…………………… …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

…………………… stele di Hammurabi ……………………

…………………… …………………… ……………………

Civiltà egizia

roccia granitica …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

sfingi, piramidi, lastre marmoree e parietali ……………………

per celebrare riti religiosi, funerari, gesta ……………………

Micene

…………………… …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

Atene

…………………… …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

Etruschi

tufo …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

Roma

porfido …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

…………………… sepolcri imperiali di Nerone, Costantino

…………………… …………………… ……………………

Civiltà medioevale …………………… …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………

bassorilievi, chiese romaniche …………………… ……………………

…………………… …………………… ……………………


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Il monumentale complesso litico di Stonehenge. Le latomie di Siracusa, antiche cave in pietra utilizzate come carceri per i prigionieri di guerra.

La pietra nell’immaginario collettivo e nella società L’importanza della pietra nella storia materiale dell’uomo è testimoniata dal significato, religioso, anche magico e addirittura spirituale, che le è stato attribuito nei secoli dalle varie civiltà. Basti pensare a Stonehenge (il misterioso circolo litico con valore sacro e astronomico) e alle pietre zodiacali (fin dall’antichità non solo gli uomini ne hanno fatto un uso ornamentale incastonandole in gioielli e monili, ma ne hanno anche individuato il valore terapeutico associandole agli astri e trovando corrispondenze tra il loro colore e gli effetti benefici diversi sul benessere fisico e mentale di chi le indossa). La sua presenza simbolica è forte anche nella letteratura. Basti pensare alla pietra filosofale capace di dare immortalità, onniscienza e mutazione dei metalli in oro (dagli antichi alchimisti alle novelle del Boccaccio fino a H. Potter). Non dimentichiamo il valore simbolico nella poesia: la pietra è universalmente la tomba (vedi In morte del fratello Giovanni di Foscolo). Nel lessico, nei modi di dire anche quotidiani usiamo espressioni come: “cuore di pietra”, “cavare sangue da una pietra”, “parole come pietre”, “pietra miliare”… Una menzione, infine, meritano quanti hanno legato la loro vita alla pietra: dagli schiavi delle cave (ricordi

le latomie di Siracusa dove furono condannati a lavorare e morire gli Ateniesi sconfitti durante la guerra del Peloponneso dal tiranno Gelone?) agli scalpellini (numerosissimi e altamente qualificati quelli medievali…). 2 Cerca nel linguaggio corrente i modi e i

significati molteplici anche metaforici in cui è usato il termine “pietra”. 3 Esegui una ricerca sul mestiere dello scal-

pellino, individuando le differenze del suo ruolo ieri e oggi e gli strumenti usati (dai bulini e martelli alle seghe diamantate e alle bocciarde ad aria). Sarebbe interessante scoprire dove sopravvive ancora la figura di questo artigiano, in quali settori e con quali tecniche esercita ancora la sua arte.

Bibliografia La Storia, Torino-Novara, Utet - De Agostini, vol. I, 2004. N. Frapiccini e N. Giustozzi, La Geografia dell’Arte, Milano, Hoepli, vol. I, 2004.


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3. LE TECNICHE AGRICOLE L’agricoltura come tecnologia produttiva del cibo Quando da raccoglitore e consumatore di beni naturali diventa produttore di beni alimentari, cioè agricoltore, l’uomo modifica l’ambiente utilizzando strategie efficaci e strumenti specifici suggeriti ancora una volta dall’osservazione della natura. Con lo storico Malanima possiamo quindi definire l’agricoltura “come l’insieme delle tecniche con cui si prelevano sistematicamente prodotti naturali e come l’insieme dei mezzi con cui si pongono le condizioni per una loro rinascita. Prelievo sistematico (raccolta) e reintegrazione sistematica (coltivazione) sono le due facce di ogni sistema agricolo”.

Le diverse tecniche di coltivazione

Dove, quando e perché le prime tecniche di coltivazione? Quando e perché l’uomo, dopo aver osservato e imparato il ciclo biologico dei vegetali (dispersione dei semi, germinazione e maturazione) diventa agricoltore? Gli studiosi affermano che ciò avviene nel 90008000 a.C., l’epoca della cosiddetta Rivoluzione agraria del Neolitico. Come dietro ogni scoperta e innovazione tecnica, anche dietro l’invenzione dell’agricoltura ci sono dei bisogni, dei problemi nuovi da affrontare. Ci riferiamo alla vera e propria “crisi energetica” causata dai cambiamenti climatici alla fine dell’ultima glaciazio-

LA MEZZALUNA FERTILE mar Caspio mar Nero Anatolia

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ne wurmiana. L’uomo, se non vuole spostarsi con gli animali verso le terre fredde, è costretto a proteggere e coltivare le specie vegetali con cui si alimenta: estirpa piante non commestibili, semina, interviene nella riproduzione selezionando i semi, cioè inventa l’agricoltura. È così quindi che affronta il cambiamento delle risorse disponibili. Attraverso un processo lunghissimo di sperimentazione e di trasformazione dei territori in aree coltivabili, le tecniche agricole, anche dietro la spinta dell’aumento demografico, si diffondono dal Medio Oriente e dalla cosiddetta Mezzaluna fertile (alla velocità di circa un chilometro all’anno) nel bacino del Mediterraneo e più tardi (quasi tremila anni dopo) nell’Europa continentale e settentrionale.

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“L’agricoltura è il regno della diversità” (Malanima); a seconda delle aree geografiche i campi hanno caratteristiche diverse e di conseguenza diverse sono le tecniche di coltivazione. Fin dall’antichità si possono distinguere perciò tre modi di ricostituire il ciclo della fertilità interrotto con la raccolta: • l’agricoltura discontinua o sistema del debbio: per poter seminare si bruciano erbe, sterpi o stoppie (dopo la raccolta) e si interrano le ceneri che costituiscono una prima elementare forma di concimazione. Questo sistema viene usato dai primi gruppi di agricoltori stanziali che realizzano il dissodamento con l’ascia di pietra e col fuoco; i terreni dopo alcuni anni debbono essere abbandonati perché esauriscono la loro fertilità (agricoltura itinerante). Tuttavia il debbio è reso possibile dalla grande disponibilità di terra e dalla scarsità di popolazione. È proprio con il debbio che l’agricoltura si diffonde in Europa a scapito di immense foreste. All’inizio del Medioevo, quando di terreni boscosi c’è di nuovo grande abbondanza, il debbio viene ancora largamente usato. Ma anche fino a pochi decenni fa è stata una delle tecniche di fertilizzazione delle nostre campagne e ancora oggi, in alcune parti del mondo (nelle regioni tropicali, in Africa, nelle montagne dell’Asia meridionale), viene largamente praticato. Si tratta di una forma arretrata di agricoltura, basata soprattutto su una bassa densità demografica e una


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utilizzato non solo per l’energia trainante, ma anche per il letame che restituisce azoto al terreno. In questo tipo di agricoltura la coltura che prevale è quella del grano; essa è in generale meno produttiva di quella irrigua e conta su una bassa densità di lavoro.

Gli strumenti agricoli e la loro evoluzione

Un canale di irrigazione.

grande disponibilità di terreni, su strumenti rudimentali, sulla quasi totale assenza di concime e quindi con bassa produttività sia della terra che del lavoro. • L’agricoltura idraulica: è fondata sull’irrigazione e perciò sulla costruzione di una complicata rete di canali e fossi, argini e cisterne. Per questo sistema è essenziale la presenza dei fiumi perché la loro acqua, più di quella piovana, è ricca di sali, di sostanze nutritive e permette di avere una coltivazione continua (anche più di un raccolto annuo in uno stesso terreno); l’agricoltura irrigua è pertanto più produttiva e consente di nutrire popolazioni molto dense. Fondamentale in questo sistema è il lavoro dell’uomo, mentre ancora scarso è l’uso di attrezzi agricoli sofisticati e del bestiame. Come è noto questo tipo di tecnica agricola con la quale soprattutto si producono cereali (orzo, grano e riso) fiorisce e si sviluppa nella Mezzaluna fertile; la sua capacità di produrre surplus, eccedenze, dà il via alle prime civiltà urbane. Oggi è diffuso in India e in Persia e in gran parte dell’Asia estremo-orientale. In Europa soprattutto nelle Fiandre e in Lombardia. • L’aridocultura o sistema del maggese: è presente soprattutto in Europa fin dall’età più antica. Qui il ciclo di fertilità, dopo la raccolta, viene ripristinato dalla pioggia, dalla concimazione e dalla tecnica del maggese: il contadino ogni anno coltiva il campo per metà lasciando l’altra a riposo. Questo sistema, noto come rotazione biennale, verrà praticato anche nel Medioevo; verranno adottate anche la rotazione triennale e quella quadriennale in modo che la terra a maggese, cioè non coltivata, sia più ridotta. Per ricostituire la fertilità non basta però il riposo della terra, è necessaria la concimazione; perciò in questo tipo di agricoltura è fondamentale il legame con il bestiame

I primi attrezzi I primi strumenti usati in agricoltura sono ovviamente di pietra e di legno oltre che di osso (vedi le corna dei cervi come primi attrezzi per dissodare la terra): si tratta di zappe, con una larga lama di legno, falci di legno con inseriti denti prima di selce poi di bronzo, asce in pietra verde levigata, falci o coltelli messori di selce (per mietere) dritti o leggermente ricurvi, con o senza impugnatura distinta, vessoie (per mondare i cereali) e poi forche, panieri, moggi e sili di fango essiccato in cui vengono conservati i chicchi mondati con le vessoie dopo che i covoni sono stati calpestati in tondo da asini e buoi; falcetti di argilla cotta che sostituiscono le precedenti falci in lamette di selce immanicate con bitume. Rulli e pietre piatte (da trainare sul frumento) per trebbiare o macine, (una fissa l’altra ruotante sopra) per frantumare il cereale sono tra i reperti agricoli più numerosi. Nei “campi lunghi”, determinati dallo scavo dei canali nelle terre alluvionali (per irrigare, per drenare o addirittura per rettificare i corsi d’acqua), viene usato per la prima volta l’aratro, lo strumento agricolo per eccellenza che dissoda e ara la terra. Diverso a seconda dei terreni e dei materiali usati, perfezionato, si diffonde in tutto il mondo fino ai nostri giorni: a trazione umana, poi con ruote e parti in legno, più Un antico aratro in legno e tre macine in pietra.


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Primo piano sulla tecnologia

tardi in bronzo e ferro, infine in acciaio. Già nel 3800 a.C. a Uruk si complica in aratro-seminatore dotato di imbuto e cannello che colloca il seme ben addentro nel solco sostituendo la seminatura a getto ed evitandone gli sprechi. All’aratro si aggiunge una slitta a trazione animale con denti in selce per la trebbiatura, mentre per l’immagazzinamento si passa dai pozzetti scavati e intonacati nel terreno a grandi giare di ceramica. Negli orti, nei giardini e nei frutteti della Mezzaluna fertile l’acqua è portata da canali, ma anche sollevata da shaduf (bilancieri a contrappeso).

e dotato di ruota, in grado di andare più in profondità e rivoltare la zolla. Poi una più efficace utilizzazione dell’energia animale con l’adozione di nuovi sistemi di aggiogamento, la bardatura: i buoi sono imbrigliati non più sotto la gola, ma col collare rigido a spalla, sistema che, non ostacolando la respirazione dell’animale, ne consente un impiego più efficiente; lo stesso avviene per il cavallo che viene utilizzato nel lavoro dei campi e che viene munito di ferri, basto e staffa. Infine mulini ad acqua e a vento oltre che la rotazione triennale rendono possibile un aumento della produzione, della produttività e delle rese.

Una lenta evoluzione Come si vede, si tratta di strumenti che troviamo in tutte le civiltà agricole e anche nelle nostre comunità contadine più recenti (vedi musei dell’agricoltura). Per secoli infatti sono poche le innovazioni applicate agli attrezzi agricoli perché gran parte del lavoro dei campi è fatto dall’uomo. Per questo un discorso a parte meritano gli schiavi: gli “strumenti parlanti” come li chiamavano gli antichi; è da loro che proviene la maggior parte dell’energia meccanica usata nel lavoro agricolo delle civiltà del passato, non solo nelle grandi proprietà e nei latifondi, ma anche nelle piccole proprietà dei contadini per lavori ripetitivi e pesanti come la macinazione del grano. Proprio la grande disponibilità di questi strumenti (bottino di guerra, mercato e allevamento di schiavi) rallenta nelle campagne l’uso degli animali e l’invenzione di macchine. Questo avviene non solo nella civiltà greca, ma anche in quella imperiale romana. È vero che durante l’ellenismo sono inventate macchine per sollevare l’acqua sfruttando la spinta della corrente, la molitura a forza animale e altre innovazioni che potrebbero migliorare il lavoro nei campi, ma il loro uso è scarso e disatteso proprio a causa dell’impiego più economico degli schiavi.

La meccanizzazione Ma per avere delle grandi novità dobbiamo arrivare alla rivoluzione industriale. Le macchine a vapore prima, quelle a motore a scoppio poi, fanno il loro ingresso in agricoltura anche se non tanto presto: la prima trebbiatrice a vapore è usata in Inghilterra nel 1798 e solo nel 1880 le macchine dominano la trebbiatura. In Europa, solo tra il 1930 e il 1950 il trattore per arare è adottato su larga scala e non sostituisce certamente ovunque gli animali (in Europa l’85% della forza motrice è costituita ancora da cavalli e buoi). Oggi macchine seminatrici, macchine contemporaneamente mietitrici, trebbiatrici e pressatrici di paglia e fieno sul campo, macchine con rovesciatori elicoidali con più vomeri e trattori, hanno aumentato la produzione e le rese (naturalmente nei Paesi industrializzati), hanno diminuito l’impiego di manodopera e trasformato radicalmente il paesaggio agrario.

Le innovazioni medievali Alcune innovazioni sono presenti a partire dall’VIII-IX secolo nell’Europa medievale dopo la stagnazione demografica e agricola seguita al crollo dell’impero romano. I primi segni di ripresa demografica sono causa e conseguenza di un aumento della produzione agricola; questa crescita è dovuta non solo al dissodamento e alla messa a coltura di nuove terre, ma anche a innovazioni tecnologiche. Innanzitutto l’introduzione dell’aratro pesante, a vomere asimmetrico, di ferro

Un moderno trattore utilizzato per arare i campi.


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1 Organizza una visita guidata a uno dei

tanti musei di cultura materiale presenti ormai in molti paesi; ce ne sono di bellissimi proprio sugli attrezzi agricoli usati dai nostri nonni e bisnonni.

Quali trasformazioni sono avvenute con l’uso delle tecniche agricole? • Mutamenti nell’alimentazione, non più prevalentemente carnea, ma basata su cereali (questa dieta meno proteica e più ricca di carboidrati avrebbe provocato cambiamenti nella struttura fisica dell’uomo riducendone l’altezza media). • Perfezionamento della tecnica di lavorazione e levigazione della pietra. • Incremento demografico. • Seminomadismo. • Sedentarietà, nascita di villaggi prima e di città poi. • Sviluppo dell’uso dei metalli per la costruzione di attrezzi agricoli. • Invenzione della ceramica per la conservazione dei cibi. • Costruzione di magazzini. • Nascita dei primi organismi statali per coordinare i lavori di irrigazione e canalizzazione. • Possibilità di sfamare anche chi non produce beni agricoli e i gruppi dirigenti (politici e religiosi). • Sviluppo di attività artigianali prima, industriali poi, che producono attrezzi agricoli. • Trasformazione dell’ambiente e del paesaggio.

L’Eden come perfezione agricola Non è un caso che in molte religioni il luogo della felicità perduta o della felicità da raggiungere, il Paradiso, sia raffigurato come un giardino ricco non solo di fiori, ma di messi, di alberi, di frutta. La parola paradiso significa appunto parco (latino) o giardino (iranico). Il paradiso terrestre nella Bibbia viene anche chiamato il giardino dell’Eden, luogo a oriente della Palestina da cui secondo le indicazioni bibliche uscirebbe un fiume con quattro rami tra cui il Tigri e l’Eufrate; la parola Eden significa campagna, ma anche delizia ed è stata coniata proprio in quella Mesopotamia dove con l’irrigazione l’uomo ha reso fertile e ricca la terra come un giardino. Anche il paradiso islamico nel Corano allude a una felicità che ha per sfondo fontane, frutti, palme e melograni.

Siamo riusciti a creare l’Eden? Il mondo contemporaneo mostra le sue contraddizioni anche nell’economia agricola. Da una parte un mondo opulento e dall’altra un mondo che muore di fame; da una parte una tecnologia agricola in grado di produrre riserve e di sfamare tutto il mondo, dall’altra un’agricoltura povera e tecnicamente arretrata. Da una parte una agricoltura che ha attuato la sua ennesima rivoluzione, la “rivoluzione verde” con una tecnologia che interviene nei fenomeni biologici e li corregge (seleziona, attua miglioramenti genetici, biotecnologie, potature, innesti e ibridazioni), che interviene nei fenomeni esterni alle piante per proteggerle (diserbo, fitoiatria nei confronti di funghi e batteri), che interviene sul clima (frangiventi, pacciamatura, irrigazione) e che utilizza i più sofisticati risultati della chimica, della fisica, della geologia e dall’altra una tecnologia agricola che ha a che fare con la carenza d’acqua e di pozzi, di attrezzature elementari e di semi. Ma le contraddizioni non finiscono qui: la meccanizzazione, l’uso generalizzato di prodotti chimici e veleni, la modificazione genetica delle specie vegetali se hanno allontanato (almeno nel nostro mondo industrializzato) lo spauracchio delle carestie e della fame, stanno però anche mettendo in pericolo la salute dell’ambiente oltre che quella dell’uomo. Altro che Eden! 2 Cerca nella Bibbia e nel Corano la descri-

zione del paradiso. Perché è stato rappresentato così? 3 Cerca informazioni sulla Rivoluzione verde. 4 Cerca il significato dei termini tecnici usati

in questo paragrafo. 5 Hai mai sentito parlare delle nuove tecniche di “agricoltura biologica”? Approfondisci. Bibliografia V. Castronovo, Storia dell’economia mondiale, Roma-Bari, Laterza, 1996-2001. P. Malanima, Economia Preindustriale. Mille anni dal IX al XVIII secolo, Milano, Mondadori, 1995. La Storia, Torino-Novara, Utet-De Agostini (La Biblioteca di Repubblica), vol. I, 2004. C. Singer-E.J. Holmyard-A.R. Hall-T.I. Williams, Storia della tecnologia, Torino, Boringhieri, vol. 2, 1956. F. Klemm, Storia della tecnica, Milano, Feltrinelli, 1996. P. Bevilacqua, La terra è finita. Breve storia dell’ambiente, Roma-Bari, Laterza, 2006.


Primo piano sulla Storia della Tecnologia di Rita Ricci Consulenza alla progettazione: Fabio Cioffi Coordinamento editoriale: Beatrice Loreti Art Director: Marco Mercatali Responsabile di produzione: Francesco Capitano Progetto grafico: ABC, Milano Impaginazione: ABC, Milano Illustrazioni: Michelangelo Miani Cartografia: Studio Lauti, Bologna Foto: Shutterstock, Getty, Marka, archivio la Spiga Copertina: Adami Design © 2011 Eli – La Spiga Via Soperga, 2 Milano Tel. 022157240 info@laspigaedizioni.it www.laspigaedizioni.it

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