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POMEZIA-NOTIZIE

Gennaio 2016

Ripubblichiamo l’articolo già apparso nel numero scorso:

Un’originale lettura dei dipinti di

ORLANDO SORA NEL NUOVO LIBRO DI

GIOVANNA ROTONDO di Giuseppe Leone MAGGIO a Orlando Sora. Artista del Novecento è il titolo del volume che Giovanna Rotondo ha pubblicato in questi giorni con La vita felice, il secondo con la casa editrice milanese. Dopo Non è colpa di Pandora edito allo scadere del 2014, un racconto-saggio su un percorso di terapia di gruppo per i famigliari dei pazienti in trattamento per sostanze che creano dipendenze, la scrittrice lecchese torna a far parlare di sé, raccontandoci della sua attività di modella nello studio dell’artista Orlando Sora a Lecco. Si tratta di “un’affettuosa rievocazione” del pittore di origini marchigiane giunto nella cittadina lariana all’inizio degli anni Trenta, in 162 pagine, che raccolgono, seguite o precedute da un commento dell’autrice, un’ ot-

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tantina circa di dipinti fra nudi, studi, schizzi e disegni, opere giovanili, affreschi, composizioni, paesaggi, quasi tutti, ad eccezione di quelli dei suoi esordi, scelti “con l’ausilio della memoria e degli avvenimenti di quel periodo che va dalla fine degli anni Cinquanta all’inizio degli anni Settanta. Che cosa sia, o meglio, che cosa voglia essere questo libro, lo precisa la scrittrice stessa già nella premessa, affermando che non vuole essere un catalogo. E in effetti, il volume che, per le dimensioni e la prima di copertina recante una delle due composizioni della Fanciulla con l’ombrellino, sembrerebbe rimandare proprio alla forma di un catalogo, risulta essere tutt’altra cosa. Basta leggere in prefazione che il testo è una testimonianza preziosa che getta una nuova luce sull’opera di Sora, per intuire che il suo andamento muove nella direzione ora del racconto ora del saggio. Cosa che non è di poco conto a proposito di un’autrice che intende l’arte dello scrivere come percorso di conoscenza e di presa di coscienza progressiva. Come in questo libro, dove lei parla e scrive in nome della sua esperienza di modella e non come una storica dell’arte. Non può che avvantaggiarsene la sua scrittura sempre fresca e immediata e la sua ricerca, anch’essa spontanea e istintiva fino a rovesciare il tavolo della tradizione. Ne deriva che è lei, la modella, a ritrarre Orlando Sora. Lo descrive “magro tuttavia possente, con un viso che sembrava scolpito nella pietra, capelli ricci e neri con qualche filo grigio, occhi scuri e penetranti” (19-20); e non solo, lo ritrae anche mentre è all’opera: “Lui dipingeva assorto, indietreggiando spesso dalla tela per osservare con occhi socchiusi la composizione… continuava a mescolare i colori sulla tavolozza e a dipingere con i gesti di sempre, se qualcuno gli avesse parlato, l’ avrebbe guardato con occhi assenti” (19); per terminare, infine, con un profilo intorno alla sua moralità di artista onesto e sincero, oltre che di marito fedele e padre affettuoso. Omaggio a Orlando Sora è, allora, un


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