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Noi sistemiamo con scopa e paletta, e tu come la sistemi?

di Silvia Zerbinati

È molto raro che io prenda posizioni nette quando si tratta di arte e di artisti. Tendo piuttosto ad accettare, anche sorridendo, manifestazioni più o meno estrose, provocazioni varie a sfondo politico o sessuale. Sostengo convintamente la libertà di espressione, a maggior ragione da parte di un artista.

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Ma c’è un limite ben preciso che, a mio avviso, non deve essere superato: è il limite del rispetto verso il prossimo. Nell’ultima edizione di Sanremo abbiamo assistito ad una scena di uno squallore inaudito, una scena che non può essere giustificata da concetti quali arte, libera espressione, gioventù né, peggio ancora, divertimento!

Costui si chiama Riccardo. Non utilizzo volutamente il nome d’arte perché non lo riconosco, attualmente, come artista. È nato il 10 febbraio 2003, ha appena compiuto 20 anni, e viene dalla provincia di Brescia. La sua prima canzone l’ha scritta a 14 anni (6 anni fa) per fare colpo su una ragazza, anzi su una “tipa”, come è lui stesso ad affermare. Da quel momento si è scoperto capace e felice di scrivere canzoni. Benissimo. Incide il primo disco a 20 anni (2 anni fa) e vince Sanremo l’anno scorso insieme a Mahmood. Stop.

Dall’alto di questa sua lunga carriera, - e bisogna comunque dargli il merito di aver raggiunto un enorme successo in pochissimo tempo, indice probabilmente di qualche qualità artistica non ancora da me identificata - sale quest’anno sul palco di Sanremo per presentare il suo nuovo singolo e decide, per ragioni non ben conosciute (problemi tecnici? non sentiva la sua voce e si è arrabbiato? forse era previsto perché nel video ufficiale del brano la scena è simile? si diverte così? non lo sappiamo…), di iniziare a distruggere fiori e vasi, mentre la band, guardandolo, continua a suonare come se niente stesse accadendo e, anzi, al termine della distruzione se la ridono, fieramente, insieme.

L’identica scena, trasferita nella “vita reale”, comporterebbe l’intervento delle forze dell’ordine e sarebbe penalmente perseguibile.

A proposito di “vita reale”, è curioso leggere una lunga intervista da lui rilasciata due anni fa, della quale riporto una sola piccola parte: «La cosa bella è che i miei amici se ne sbattono il cxxxx anche loro, facciamo le stesse cose che facevamo prima, ci ubriachiamo davanti alla chiesa e gridiamo in mezzo ai campi. Adesso ho lasciato la scuola semplicemente perché mi sono focalizzato su altro, ho un obiettivo. Ovviamente so che un minimo di cultura mi serve ma a un certo punto, nel mio caso, la vera scuola è stata quella fuori dalla scuola».

È certo che questo giovane ragazzo non è stato in grado di gestire una situazione che, per varie ragioni, gli è sfuggita di mano. Il Medico Psicoterapeuta Dr. Alberto Pellai ha scritto un articolo nel quale spiega che agiti di questo tipo succedono quando si vive una frustrazione, oppure una delusione, che non siamo in grado di regolare in altro modo se non “buttandolo fuori di noi” con modalità che vengono gestite in modo istintivo e pulsionale. Aggiunge che si tratta di una competenza che conquistiamo crescendo, grazie all’allenamento alla vita. È un po’ ciò che Gianluca Grignani ha sintetizzato in: “A 50 anni ho imparato, a 20 non sarei stato capace.”

Però, a volte dimentichiamo che quando ci si trova in posizioni così alte, a forte evidenza pubblica, in posizioni apicali, bisognerebbe essere in grado di comprendere che quello che fai e che dici vale doppio ed ha un impatto enorme su chi ti segue. È un concetto, questo, a me particolarmente caro e che mi piacerebbe fossimo in grado di agire anche noi Cooperatori Sociali, nella nostra missione quotidiana di prenderci cura del prossimo. Bisognerebbe anche non dimenticare mai del PRIVILEGIO che hai: di essere famoso, di cantare su quel palco, di indossare abiti firmati, di incidere dischi. Perché forse non lo sa, il povero Riccardo che si diverte a ubriacarsi sul Lago di Garda, che ci sono milioni di talenti pazzeschi, talenti veri intendo, che non possono nemmeno lontanamente immaginare di poter vivere di musica. E che magari nemmeno hanno un lavoro che consenta loro di arrivare alla fine del mese o di pagarsi delle lezioni di canto (a proposito, chissà se ne avrà mai prese…).

Ha mancato di rispetto a chi lavora per organizzare la più importante manifestazione italiana canora, ha mancato di rispetto al pubblico e ha mancato di rispetto, soprattutto, a chi ci sta provando davvero e non ce la fa, dimostrando di non essere all’altezza della popolarità acquisita.

Non sono nessuno io per dirlo, ci mancherebbe. Ma credo di rappresentare tutte quelle persone che, come Gianni Morandi, avrebbero preso in mano la scopa e la paletta e aiutato a sistemare quel disastro che il giovane povero artista si è concesso la libertà di fare in nome del divertimento e della libertà di espressione. A lui lasciamo l’onere di sistemare la ricaduta morale che questo gesto ha generato. Credo che la scopa e la paletta non siano sufficienti, caro Riccardo.

MONDO DEL LAVORO