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Quando il gioco si fa duro

Nel solco delle iniziative lanciate da «ArchitettiVerona» all’interno del contenitore di AV3, la giornata dello scorso venerdì 28 novembre ha visto ospiti gli architetti Luigi Greco per lo studio grriz e Nicola Gasperini in rappresentanza dell’Associazione Giochi Antichi di Verona, il sodalizio che ha ideato e organizza il festival Tocatì che giusto nei giorni dell’incontro festeggiava il riconoscimento come “buona pratica” per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. Ma cosa accumuna uno studio di architettura, design e arte con il festival internazionale dedicato ai giochi di strada?

Il primo ospite, lo studio grriz, composto da Luigi Greco e Mattia Paco Rizzi e diviso tra Italia e Francia, opera in spazi pubblici attraverso la creazione di siti di auto-costruzione grazie all’aiuto di studenti e cittadini. L’auto-costruzione di strutture temporanee è un modello di architettura che viene utilizzato per risolvere i problemi di comunità locali attraverso un approccio partecipativo, e che al giorno d’oggi si sposa alla perfezione con ciò che viene chiamato urbanismo tattico. Negli anni grriz è arrivato a realizzare in situ dispositivi e strutture effimere che fungono da catalizzatori sociali per interagire, giocare e animare o recuperare aree urbane dismesse. Questo loro metodo riunisce la cultura dell’architettura e dell’artigianato, offrendosi anche come una forma complementare di formazione, tramite delle summer school, per gli studenti di architettura. I cantieri sono infatti concepiti come spazi pedagogici per imparare e mettersi alla prova, sia per gli studenti che per Luigi e Mattia.

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Altro aspetto fondamentale dei loro progetti è sicuramente il genius loci , il quale si rifà al territorio e a costruire architetture temporanee. Architetture, installazioni, sculture, padiglioni site specific generati dalla mescolanza di uno spazio e di una comunità con le proprie abitudini. Il loro processo progettuale, la loro “ricetta” è infatti data dalla combinazione di ingredienti quali il rispetto della materia e dellle risorse locali presenti in una comunità sia materiali che immateriali, come ad esempio avviene nei loro progetti per festival musicali (vedi l’architettura per il Festivalle e l’installazione xXx per l’Electro festival, entrambi ad Agrigento). Ciò che però si evince dai loro lavori è sicuramente la ricerca di una connessione tra il progetto, il paesaggio e la creazione di spazi pubblici pensati per la comunità. Proprio per questo genere di approccio lo studio grriz rappresenta un esperimento interessante tra arte, design e architettura, i quali vanno sia a dialogare con la natura (vedi progetti quali Archibüse a Cuneo e Lumia a San Cataldo-Lecce), che a ridefinire il significato e l’uso degli spazi pubblici.

Lo spazio pubblico è per definizione uno spazio relazionale: l’ambiente urbano è seduttivo, aperto, carico di stimoli e proprio per queste sue caratteristiche si offre come palcoscenico progettuale dei rituali umani, rituali quali il gioco come nel caso del Tocatì, secondo ospite dell’incontro.

Giocare infatti diventa sinonimo di “sperimentare”, “immaginare” e “inventare”, creando un linguaggio comune sia tra bambino e bambino che tra bambino e adulto. Attraverso il gioco i bambini imparano a socializzare, ad esprimersi, a conoscere loro stessi e ciò che li circonda. Il gioco nello spazio pubblico della città può quindi, in un certo senso, diventare uno strumento di progettazione e di educazione, costruendo così le basi per una nuova comunità. In esso si crea uno stretto legame tra spazio, oggetti, corpi, immagini e costumi. Il gioco in quanto rituale collettivo crea coesione all’interno di un gruppo e risponde a determinate necessità della società.

Allo stesso modo però è la società stessa che si adatta agli spazi urbani. A tal riguardo Nicola Gasperini, responsabile dell’area progettazione e allestimenti del Tocatì, ha raccontato come nella scorsa edizione del festival, durante la collocazione di alcune panchine colorate in Piazza dei Signori, in men che non si dica le persone se ne sono appropriate per utilizzarle come luogo dello stare, di stallo, di riposo, ancora prima che avessero inizio le attività.

Il mondo del gioco, come quello della progettazione, è un mondo effimero e proprio per questo si presta per cambiare ed adattarsi continuamente. Lo spazio pubblico si fa simbolo di un qualcosa d’altro. Il termine nello specifico proviene dal greco syum-bàllo che significa mettere insieme sia nel senso di stipulare un accordo che di unire, ed è proprio ciò che fanno sia i grriz in qualità di progettisti, che il Tocatì. Si tratta di un’impresa fondamentale per vivere e guardare con fiducia a questa ritrovata centralità del riscoprire un senso del luogo e dell’abitare lo spazio pubblico. •

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