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Riforma Botta

La visione dell’architetto ticinese Mario Botta per i Magazzini generali di Verona trova forma compiuta con l’apertura della ex Stazione Frigorifera

Testo: Leopoldo Tinazzi

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Il recupero dell’ex-Stazione Frigorifera Specializzata dei Magazzini Generali è senza dubbio l’opera architettonica più significativa e controversa della recente storia urbana veronese. Il lungo percorso amministrativo, i passaggi di proprietà e il cambio in corsa della destinazione d’uso con relativo progetto di restauro hanno acceso un dibattito infuocato, che ha tenuta altissima l’attenzione dei media e della comunità degli addetti ai lavori negli ultimi vent’anni. Non di meno, l’edifico della Rotonda, rappresenta il gioiello dell’architettura produttiva scaligera e, in quanto tale, è visto come il simbolo dell’intera ZAI storica. Non c’è da stupirsi quindi se, analogamente, la vicenda e gli esiti del suo restauro hanno concentrato in sé prima le aspirazioni e poi le reazioni dell’opinione pubblica cittadina, riguardo alla più ampia questione dell’intero comparto agricoloindustriale e della conseguente trasformazione di Verona Sud.

Non è oggetto di questo articolo una valutazione della complicata faccenda politica e urbanistica di cui l’edificio è paradigma, ma lo è solamente una descrizione dell’intervento di recupero in quanto tale, nei suoi aspetti architettonici, partendo comunque da un necessario inquadramento storico-critico. La nascita della Stazione Frigorifera (anche chiamata Stabilimento Ortofrutticolo) risale al 1929, anno in cui, in pieno Ventennio, il governo cittadino decise di dotare il fiorente settore primario provinciale di una struttura all’avanguardia su disegno dell’ingegnere Pio Beccherle, che facilitasse gli scambi commerciali, ponendosi come crocevia della distribuzione della frutta tra l’Italia e il nord Europa.

La caratteristica conformazione planimetrica radiale è infatti dovuta a motivi logistici, poiché, in quanto stazione, prevedeva l’entrata, lo stazionamento e l’uscita di vagoni merci tramite le otto gallerie che lo attraversano, suddividendolo in altrettanti comparti, sede delle camere frigorifere di stoccaggio. Il cuore di questo edificio scambiatore era la piattaforma a binario girevole, finalizzata allo smistamento dei convogli, che si trovava nella sala centrale, sotto la grande cupola che caratterizza così indelebilmente il paesaggio urbano. La messa in moto dello stabilimento era supportata da enormi apparati impiantistici, che insieme alle imponenti nervature strutturali, costituivano l’organismo dell’avveniristico edificio-macchina.

02-03. Gli svuotamenti strutturali al piano primo per le gallerie dedicate alle mostre d’arte e la sala centrale portata al suo grado zero durante i lavori (foto di Alessandra Chemollo).

04. La cucina in struttura metallica che occupa lo spazio al centro dell’edificio.

Il complesso venne inaugurato nel 1930 e fino agli anni Sessanta operò al servizio del commercio ortofrutticolo, quando, date le mutate condizioni economiche ed infrastrutturali, iniziò via via ad essere trasformato in deposito di autoveicoli provenienti dalla Germania, venendo pesantemente modificato all’inizio della decade successiva al fine di agevolare questa nuova funzione. L’apertura e la crescente espansione del decentrato Quadrante Europa ne decretarono la dismissione, avvenuta ufficialmente nel 1982. Da allora lo stabile, entrato in possesso del Comune di Verona, rimase in stato di abbandono, fino all’inizio degli anni Novanta, quando vi si insediarono le attività dell’associazione culturale Interzona, facendolo tornare in vita principalmente come sito di spettacoli teatrali e installazioni artistiche. Il successo di questa iniziativa riportò la Rotonda sotto l’occhio dell’attenzione pubblica, fino all’apposizione nel 1999 del vincolo su tutto il compendio dei Magazzini Generali da parte della Soprintendenza, in qualità di archeologia industriale per i suoi aspetti materiali e immateriali. Da qui in poi si è avviato un periglioso intreccio politico-amministrativo che, dopo la sdemanializzazione dell’intera area a favore della Fondazione Cariverona nel 2002, ha visto il progressivo smantellamento del complesso e la modifica dell’assegnazione a polo della cultura, portando allo sviluppo dell’attuale progetto di recupero, il cui fiore all’occhiello è rappresentato dalla rimessa in pristino della Rotonda, recuperata e parecchio trasformata per essere portata alla funzione commerciale, come dimora del supermercato di eccellenza alimentare Eataly.

La progettazione è stata sviluppata a partire dal 2009 dagli studi dell’architetto Mario Botta e dell’ingegner Claudio Modena, dapprima con una proposta ancora legata alla destinazione culturale e successivamente con l’attuale configurazione.

La prima versione prevedeva la realizzazione di un teatro, il cui apice compositivo risiedeva nella creazione di una suggestiva platea semicircolare incassata sotto la cupola al centro dell’edificio. Questa trasformazione, seppur già mettesse in conto un radicale intervento sulle strutture e sui dispositivi macchinistici d’epoca, si riallacciava idealmente alla recente storia della costruzione, utilizzata come macchina per la messa in scena. In questo senso si sarebbe stabilita una continuità con quanto avvenuto dal 1993, dotando Verona di un nuovo auditorium all’avanguardia (se non altro per il brillante trapianto tipologico), così come lo era stata la stazione a suo tempo.

La storia ha però voluto deviare il suo corso e, con la caduta della destinazione culturale, nel

2014 la proprietà ha commissionato al gruppo di progettazione una variante che potesse recuperare l’immobile al fine di poterlo affittare commercialmente. I lavori si sono protratti fino al 2022, quando la nuova sede di Eataly Verona è stata finalmente inaugurata. Il progetto realizzato ha previsto sostanzialmente un ripristino della struttura che potesse portare ad un contenitore urbano il più possibile neutro e dall’alta flessibilità, anche in vista di future suddivisioni e cambi d’uso. Questo ha inevitabilmente comportato una serie di demolizioni selettive e innesti strutturali che hanno trasformato l’edificio. Se da un lato le strutture verticali principali sono state recuperate, ugualmente alla cupola e a molti paramenti esterni, dall’altro i solai e le coperture sono stati sostituiti. Molto è cambiato anche a livello di circolazione, con l’innesto di numerosi corpi scala per la salita tra i vari livelli (terra, mezzanino e primo). Il nuovo utilizzo come sede di Eataly prevede infatti un format che, oltre alla zona vendita, divisa per settori e assimilabile a quella di un mercato tradizionale, contiene anche un ristorante e, ai piani superiori, una galleria d’arte con annessi spazi per eventi.

COMMITTENTE

Fondazione Cariverona (fino a 2015)

Patrizia Real Estate Management

MASPERPLAN arch. Mario Botta

RECUPERO DELLA STAZIONE

FRIGORIFERA “LA ROTONDA”

E DEGLI EDIFICI ADIACENTI

PROGETTO ARCHITETTONICO

Mario Botta architetti

SM Ingegneria: ing. Claudio Modena

PROGETTO STRUTTURALE E SICUREZZA SM Ingegneria

PROGETTO IMPIANTI ELETTRICI E MECCANICI Manens-Tifs

IMPRESE

EcoDem (primo stralcio)

ATI Fedrigoli - Lonardi - SerpelloniMeneghini (secondo stralcio)

ICM (terzo stralcio fase A)

Arcas - Bouygues (terzo stralcio fasi B e C)

DATI DIMENSIONALI superficie Rotonda: 13.700 mq importo lavori: ca. 200 milioni € (intero comparto Magazzini Generali)

CRONOLOGIA

Fine lavori: 2022

Mario Botta E I Magazzini Generali

Risale al 2014 questa breve intervista in cui Mario Botta tratteggiava i caratteri del suo progetto per il recupero del grande recinto degli ex Magazzini Generali di Verona. La proposta al tempo prevedeva per il grande spazio aperto “un giardino con un roseto, per reintrodurre i profumi all’interno della città, il tutto delimitato dal muro di conta che verrà aperto con dei fornici ma resterà come perimetro più virtuale che reale”.

VIDEO https://architettiverona.it/video/ magazzini-generali-01/

Il layout della nuova sistemazione ha previsto quindi il seguente assetto: dall’entrata, in senso orario, si trovano il mercato, la grande black room museale (con i due compressori superstiti), il ristorante, l’enoteca e la libreria, disposti a raggiera all’interno dei settori trapezoidali che compongono il piano terra, a loro volta suddivisi in una parte sul lato esterno generalmente aperta al pubblico e una più interna dedicata ad aspetti più funzionali (depositi merce, uffici, servizi). A collegamento di questi macrocomparti, le ex-gallerie di preraffreddamento sono state adibite a spazi ibridi distributivo-espositivi. Da queste si raggiunge il centro della costruzione, dove l’ambiente a tutta altezza della cupola accoglie una grande cucina ottagonale, realizzata in struttura metallica. Questo nodo centrale è il nucleo dell’edificio e su di esso affaccia anche il piano primo, attraverso grandi portali, tagliati sul muro d’imposta del soprastante tamburo finestrato. A questo livello un corridoio circolare collega le varie stanze, di cui tre destinate alla galleria d’arte contemporanea Eataly Art House e le altre a sale per eventi.

L’aggiunta di queste funzioni ha lo scopo di rendere l’ex Stabilimento Ortofrutticolo un contenitore culturale, in aggiunta alla primaria vocazione di tempio dedicato all’enogastronomia.

Può essere considerato abbastanza, rispetto alle potenzialità del monumento post-industriale veronese per eccellenza? Tralasciando le questioni a monte, forse lo si potrà valutare in seguito alla risposta del pubblico, che ne potrebbe decretare un successo altrimenti difficile da conseguire. Sta di fatto che alla città è stato restituito un edificio, che, seppur non restaurato archeologicamente, è stato modernizzato e riprogettato con cura. Le scelte di finitura esterne come quelle interne ne hanno restituito un’immagine contemporanea, magari non del tutto filologica, ma sicuramente capace di dialogare con lo spirito del fabbricato. I pavimenti in cemento con colori diversi per ogni settore, gli intonaci ruvidi e grossolani, gli innesti strutturali e i corpi scala faccia a vista, le lamiere grecate dei soffitti con impianti pendinati, i controsoffitti in lamiera stirata che riprendono lo zigzag degli shed e gli infissi (interni ed esterni) dai profili essenziali, sono la dimostrazione di una sapiente capacità di progettare il contemporaneo all’interno di contesti ex-industriali, così come all’esterno l’ineccepibile dettaglio delle lattonerie di bordatura delle lastre metalliche di falda, fatte incrociare con i tamponamenti dei sopraelevati portali delle gallerie. Queste sono solo alcune delle scelte progettuali effettuate dallo studio Botta, all’interno di un lavoro di alto valore architettonico.

Al di là degli aspetti costruttivi, una critica, nell’opinione di chi scrive, può essere mossa invece a livello distributivo, riguardo alla decisione di posizionare al centro della Rotonda l’imponente cucina, che seppur di ottimo disegno, avrebbe più felicemente lasciato spazio a un grande vuoto. Così come, invece, sul piano dell’inserimento urbano, la realizzazione del prospiciente parcheggio a raso, rappresenta un’occasione persa per riallacciare più efficacemente l’area dei Magazzini Generali al quartiere di Borgo Roma.

Sicuramente con il passare del tempo raccoglieremo i frutti di quanto seminato, ma, come già detto, le perplessità sulla vicenda urbanistica e il rimpianto per la mancata preservazione archeologica, non possono ora che trasformarsi nella speranza che l’attuale formula goda del successo auspicato e riporti questo prezioso manufatto al centro della vita dei cittadini veronesi. •

10-11.

12 Una delle ex gallerie di preraffreddamento allestita a ristorante.

13. Sezioni di progetto.

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