Flos Stories issue number eight - IT

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Ottava edizione: Flussi – cose, luoghi e persone in movimento.

Philippe Malouin porta a passeggio Bilboquet, Black Flag di Konstantin

Grcic a Berlino, Taccia Matte White, il dietro le quinte di Céramique di Ronan Bouroullec e una celebrazione di My Circuit di Michael Anastassiades in sei atti.

In giro per l'East London con Philippe Malouin, Bilboquet e i loro amici

Philippe Malouin descrive Bilboquet come una lampada per i millennial e la generazione Z, uno strumento di illuminazione flessibile che si adatta all'approccio multilayer della casa che sta definendo la sua generazione (e quelle che seguiranno). Malouin ha testato la lampada da tavolo - la cui testa si collega al corpo tramite una lucida sfera magnetica che consente di utilizzarla in una gran varietà di configurazioni diverse - nel suo studio e con i suoi amici di tutto l’East London. Lo abbiamo seguito per le strade della città mentre, pedalando in sella alla sua bicicletta e con Bilboquet nello zaino, raggiungeva i suoi amici creativi, per vedere la lampada in azione nelle loro case. Con Malouin parliamo di flessibilità nel design domestico, di comunità creative e di come l'approccio sperimentale che ha promosso nel corso della sua carriera abbia portato alla progettazione di Bilboquet.

Intervista di Rosa Bertoli

Fotografia di Pablo Di Prima

ROSA BERTOLI Bilboquet è una lampada pensata per muoversi e adattarsi a molti ambienti. Come è nata l'idea?

PHILIPPE MALOUIN Volevo che la luce avesse più di una funzione; poichè oggi le persone possiedono meno oggetti e si spostano spesso, le esigenze cambiano all'interno della casa, ed è per questo che Bilboquet non è un oggetto statico. Sono ossessionato da Achille Castiglioni, tutte le sue lampade hanno sempre fatto più di una cosa: la mia lampada preferita e il primo prodotto di Flos che ho avuto è la Parentesi. Mi è sempre piaciuto il fatto che la Parentesi sia appesa a un filo e che si possa far riflettere la luce su una parete bianca o sul soffitto, oppure direttamente su ciò che ci interessa, creando tre atmosfere luminose completamente diverse. Per me questa è sempre stata la cosa più importante; così, quando ho realizzato una piccola lampada da tavolo, ho voluto utilizzare gli elementi che ammiravo del lavoro di Castiglioni.

ROSA BERTOLI Come la utilizzi nel tuo spazio?

PHILIPPE MALOUIN In questo momento sto vivendo in uno spazio temporaneo e ho appena iniziato a usare Bilboquet. Amo la luce indiretta che si riflette da una parete o dal soffitto, ma Bilboquet può anche essere usata come lampada da lavoro o come luce d’ambiente, con un risultato luminoso completamente opposto. È sufficiente ruotarla intorno alla sfera per ottenere un tipo di illuminazione che abbia il massimo senso per qualsiasi cosa si stia facendo.

ROSA BERTOLI Da dove nasce l'idea del progetto Bilboquet?

PHILIPPE MALOUIN Nasce dai miei esperimenti sui cuscinetti a sfera, su come ruotano all'interno dela loro sede. Inoltre dai miei esperimenti sui giunti, perché sono interessato al movimento e a come si muovono le cose. Mi sono quindi reso conto di come questa sfera all'interno di un tubo permettesse un movimento molto intrigante e soddisfacente. Con il supporto del team di ricerca e sviluppo di Flos, è stato poi aggiunto il magnete per risolvere il piccolo margine di errore nella rotazione e questo ha contribuito a migliorare il design.

ROSA BERTOLI Il risultato finale è molto intuitivo.

PHILIPPE MALOUIN La mia lampada non è affatto tecnologica: ha una lampadina, un interruttore, si può orientare e nient’altro. È così poco tecnologica che ci si potrebbe chiedere: è stata progettata ora? O è stata progettata 40 anni fa? Ed è esattamente quello che volevo: che tutto fosse super ovvio.

ROSA BERTOLI Come ti sei avvicinato al design della luce come parte della tua pratica creativa?

PHILIPPE MALOUIN Nel nostro studio siamo sempre stati dei maker, abbiamo sempre sperimentato nuovi materiali e processi, compresa la luce. Non si è mai trattato nello specifico solo di lighting design, ma come se l'illuminazione ne facesse parte. Era una parte naturale di tutta la sperimentazione e della trasformazione delle cose. A volte abbiamo scoperto cose davvero interessanti per caso, come

molto del mio lavoro avviene per caso. Come designer, confido molto nella sperimentazione. A volte è un supporto visivo, a volte è solo una forma. A volte si tratta di un processo o di una proprietà meccanica. E poi alcuni di questi esperimenti vengono interpretati come prodotti idustriali.

ROSA BERTOLI Come si è tradotto questo in Bilboquet?

PHILIPPE MALOUIN L'idea iniziale deriva da alcuni lavori che ho realizzato per Salon 94: giganteschi tavoli rotondi rotanti il cui piano poggiava su queste sfere di metallo. È da lì che è partito, ma poi c'è stata un'evoluzione in una direzione completamente diversa. Tutto il mio lavoro deriva da cose che ho fatto e che ho reinterpretato in maniera totalmente diversa.

ROSA BERTOLI Il fatto di risiedere a Londra ha avuto un ruolo importante nella tua carriera e la città fa da sfondo a una parte della nostra storia in queste pagine. Come ci sei arrivato?

PHILIPPE MALOUIN Mi sono trasferito a Londra [dopo la laurea alla Design Academy Eindhoven] perché ho trovato un lavoro part-time per Tom Dixon e mi sono detto: perché no? Ho sempre pensato che fosse più importante iniziare a lavorare per qualcun altro piuttosto che cercare di fare prima qualcosa di mio; e, visto che non avevo ancora le idee molto chiare, mi serviva per capire la giusta direzione da prendere.

ROSA BERTOLI Come è stato questo primo periodo a Londra?

PHILIPPE MALOUIN Quando sono arrivato a Londra, avevo pochi soldi. Sono stato super fortunato a trovare un magazzino dismesso per 400 sterline al mese a Stoke Newington dove poter vivere e lavorare. Ma non aveva nulla, quindi ho dovuto costruire tutto. Stavano demolendo un edificio dall'altra parte della strada e di notte recuperavo tra le macerie tutto quello che potevo riutilizzare perché non potevo permettermi di comprare cose nuove per quello spazio: un piatto doccia, piastrelle, un lavello da cucina; con tutti arredi recuperati dalla spazzatura, ho poi realizzato tutti gli ambienti interni che per la loro originalità si sono guadagnati sei pagine in una rivista. Era davvero bello.

ROSA BERTOLI E da lì, come hai sviluppato il tuo studio?

PHILIPPE MALOUIN Sono stato fortunato perché, appena uscito dalla scuola, ho avuto una certa visibilità grazie a Rossana Orlandi; poi ho avuto due pagine sul New York Times dopo di che le cose sono andate molto velocemente. Il mio primo lavoro è stato per Volkswagen e successivamente per una galleria; grazie a questi due progetti sono riuscito a farmi notare molto presto dopo di che ho iniziato a fare cose mie. All’inizio è stato un lavoro molto disordinato e fai-da-te ma poi, pian piano, grazie alla visibilità durante le “design week” e in alcune gallerie dove partecipavo a mostre collettive, sono stato contattato da brand di prestigio che hanno dato una svolta alla mia carriera. All'improvviso mi sono ritrovato con un intero gruppo di amici, una comunità di supporto molto importante e allora non aveva senso andarsene.

NEL SUO STUDIO, HACKNEY, ORE 8.00

Architetto e interior designer originario di Singapore, SACHA LEONG ha lavorato con Studioilse e Universal Design Studio prima di fondare il suo studio, Nice Projects, in collaborazione con Simone McEwan.

“Ho conosciuto Sacha al Dover Street Market; lui lavorava presso Casson Mann e io stavo facendo uno stage da Tom Dixon: lavoravamo nello stesso edificio e siamo diventati subito amici. Come architetto, mi ha davvero aiutato a capire cosa vuole la gente, cosa vogliono i clienti. Come product designer lavoro spesso fuori contesto e lui mi aiuta a capire cosa si aspettano le persone dai miei progetti".

IN VISITA DA SACHA, BETHNAL GREEN, ORE 10.

ROSA BERTOLI Com'è la comunità creativa di Londra e come ha contribuito a plasmare il tuo lavoro di designer?

PHILIPPE MALOUIN A Londra ho incontrato fin dall’inizio molte persone con cui ho collaborato ed è stata naturale la creazione di una mia comunità. Sam Ashby e Sacha Leong sono stati molto importanti per me durante il mio periodo di permanenza in città, ma c'è anche David Waddington della [destinazione gastronomica dell'East London] Bistrotheque: è sia un ristoratore che un promotore culturale, capisce perfettamente quello che faccio e mi dà anche molti consigli sul lavoro per gli spazi commerciali.

ROSA BERTOLI Puoi parlarmi del ruolo che la collaborazione ha avuto nella tua carriera? Ho notato che quando parli del tuo lavoro, usi spesso la parola "noi", invece di "io"...

PHILIPPE MALOUIN Ho avviato il mio studio con Will Yates Johnson e poi è arrivata Eva Feldkamp; insieme abbiamo deciso di far funzionare lo studio unendo tutti i nostri talenti come un transformer. Eva è sempre stata una grande motivatrice per il mio studio e prima che se ne andasse è arrivato Julian Komosa; non potrebbe esserci un 'noi' più grande di me e Julian: è un designer di talento mandato dal cielo, un raggio di sole.

È per questo che mi riferisco sempre a "noi", perché è sempre stata una collaborazione. E ora, per la prima volta, sono solo io, perché mi occupo solo di arredo, non più di progetti speciali. Mi piacerebbe avere uno studio più a livello mondiale, lavorando da luoghi diversi a seconda di quello che sto facendo.

ROSA BERTOLI Anche la creazione di Bilboquet con Flos è stato un lavoro di collaborazione. Quali sono, secondo te, le cose più importanti che hai imparato da questa collaborazione?

PHILIPPE MALOUIN Credo che mi abbia fatto crescere un po' come designer, anche se il progetto è super divertente. Perché quando si progettano arredi, quando si è giovani, il lavoro può essere molto contemplativo. All'inizio si vuole davvero essere notati e si fanno cose folli. Ma è necessario sapere come si producono le cose, come si realizzano e come si progetta per un pubblico specifico; tutte queste cose arrivano con l’esperienza.

Questa collaborazione è il progetto più importante di design più industriale che abbia mai realizzato. Sembra così semplice, ma in realtà è molto complicato e dettagliato sotto molti punti di vista: è il progetto più coinvolgente che io abbia mai fatto, e il team di ricerca e sviluppo di Flos mi ha davvero aiutato a capire come funzionano le cose. Sento che con la collaborazione con Fabio Calvi, Paolo Brambilla, Francesco Rodriquez e Andrea Gregis, abbiamo creato una magia.

SULLA VIA PER HACNEY, ORE 11,51

L'artista e regista SAM ASHBY è noto soprattutto per il suo lavoro di art director di iconiche locandine cinematografiche, tra cui quella di "Control" ed è anche il fondatore della rivista cinematografica Little Joe.

“Sam è un grafico di locandine cinematografiche di prim'ordine, ma è anche un artista e un regista. Elementi come il ritmo, le proporzioni e l’andatura di un oggetto tridimensionale possono essere applicati anche in forma grafica. Sam mi darà un feedback su qualsiasi cosa, dalla forma al colore, dal ritmo alla composizione".

DA SAM, HACKNEY, ore 11.55

ISSUE EIGHT: FLUSSI

In questo numero nulla è statico. Non lo è la lampada da tavolo di Philippe Malouin che, come afferma lui stesso, “fa molte cose”. Né la telescopica Black Flag di Konstantin Grcic, un’idea unica di lampada da parete che è allo stesso tempo funzionale e scultorea, in grado di occupare uno spazio. Non lo è neanche Céramique di Ronan Bouroullec, che segna il debutto di Flos nel mondo della ceramica ed è un esempio di una serie definita da variazioni sottili, dove la tradizione incontra la raffinatezza formale e la sensualità. E non Taccia, una delle meraviglie di Achille & Pier Giacomo Castiglioni che hanno definito la storia di Flos e che ritorna in una versione opaca e completamente bianca che eleva il design originale del 1962. Anche le persone in queste pagine sono in movimento: seguiamo Malouin attraverso la zona orientale di Londra, mentre va in bicicletta dal suo studio con Bilboquet nello zaino, per testarla a casa di amici, esplorandone il potenziale. Ispirata all’approccio di Achille Castiglioni alla funzionalità, Bilboquet funge da strumento di illuminazione funzionale e da luce d’ambiente nello stesso gesto, per “ottenere un progetto di illuminazione che abbia il massimo senso per qualsiasi cosa si stia facendo”.

A Berlino, l’architetto tedesco Sam Chermayeff apre le porte di Kufu 142, la sua comune moderna, dove creativi con mentalità affini hanno concepito, progettato e costruito una nuova idea di casa che rifugge dai confini tradizio-

nali e ispira nuovi modi di vivere. Abbiamo testato Black Flag negli ambienti unici di questo edificio; installata in tre appartamenti, ci ha permesso di esplorare le possibilità di ampio respiro del progetto nel contesto degli ambienti domestici.

Il movimento è anche al centro di Sei Atti, una performance guidata dal regista Fabio Cherstich per animare My Circuit, il sinuoso sistema a soffitto di Michael Anastassiades. Basata su principi di semplicità, equilibrio e flessibilità, la performance, durata una settimana, ha occupato gli spazi dello showroom Flos di Corso Monforte durante il Fuorisalone 2023, offrendo una pausa gradita dall’intensità della città. Le lampade e le persone che abbiamo immortalato in queste pagine incarnano un approccio contemporaneo - alla vita, agli oggetti, all’illuminazione. Le conversazioni di questa rivista rivelano che, per rimanere attuale, il design deve essere dinamico. “Questo è un elemento chiave del nostro lavoro, perché siamo una società dinamica e continuiamo a progettare oggetti per esigenze che cambiano” ci ha spiegato Grcic. “Gli oggetti che sopravvivono sono adattabili a queste dinamiche. Ma alcuni pezzi non funzionano più perché non si sono adattati al cambiamento degli stili di vita. E questo ci dà l’opportunità di colmare queste lacune e di trovare nuovi modi per progettare gli oggetti di cui abbiamo bisogno, per la vita che viviamo”.

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FLOS STORIES

In giro per l'East London con Philippe Malouin, Bilboquet e i loro amici ↓

90 Per illuminare la giornata 92 Questionario Guglielmo Poletti
Copertina
CONTENUTI 50 Come nasce Céramique ↑ 58 My Circuit in Sei Atti ↑
94 Collaboratori 95 Nuovi Prodotti 38
A casa con Ronan Bouroullec e Céramique ↓ 18 Black Flag by Konstantin Grcic a Kurfürstenstraße 142
82 Taccia Matte White ↓ 72 Ogni giorno Bilboquet ↓

BLACK FLAG BY KONSTANTIN GRCIC

Kurfürstenstraße 142 a Berlino è un concept di vita in comune che ridefinisce l’idea di casa del XXI secolo. Al suo interno gli spazi si fondono: ogni unità, a doppia altezza, ha dimensioni variabili ed è in relazione con le abitazioni adiacenti. In questo ecosistema di architettura domestica, abbiamo testato le possibili applicazioni di Black Flag, l’ultimo progetto di Konstantin Grcic per Flos. Black Flag di Konstantin Grcic è una lampada da parete estendibile che offre flessibilità di illuminazione grazie ai bracci in alluminio che si allungano fino a 3,5 metri a partire da una struttura a parete dello stesso materiale; un

esercizio del modo in cui il minimalismo, unito alla tecnologia, può reinventare la funzionalità. Una lampada da parete che è anche un pezzo centrale scultoreo, Black Flag incarna l’esperienza di Grcic nel settore del design industriale e dimostra le opportunità sperimentali del suo approccio, unito alla competenza tecnica di Flos. Con un significato culturale più profondo, Black Flag strizza l’occhio al punk rock americano e il potenziale narrativo della lampada va ben oltre quello di un prodotto tradizionale. Chiediamo a Grcic di spiegare il significato culturale della lampada e il suo concetto di design.

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A KURFÜRSTENSTRASSE 142

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ROSA BERTOLI Puoi raccontarmi la storia di Black Flag? Da dove è nata l’idea e come l’ha realizzata?

KONSTANTIN GRCIC Il progetto è iniziato con una serie di proposte di design che ho presentato a Flos come esperimento creativo. Abbiamo preso l’iniziativa e sottoposto diversi progetti, uno dei quali era una lampada da parete con un braccio molto lungo. L’idea iniziale era di realizzarla in un materiale molto leggero e resistente come la fibra di carbonio, in modo da avere una buona struttura che lo sostenesse. Poi il progetto ha preso forme diverse. Siamo quindi arrivati a Black Flag, che ha ancora una portata lunga ma ha anche un meccanismo e non è solo un braccio lungo che copre un raggio. Black Flag ha tre bracci orientabili, che consentono molte più configurazioni rispetto all’idea originale, in cui era previsto un solo braccio oscillante.

Grazie a Flos, abbiamo trasformato l’idea iniziale in un prodotto funzionale, realizzato con estrusioni di alluminio grazie alle quali, al loro interno, è stato possibile integrare tutta la tecnologia di cui è dotata la lampada.

ROSA BERTOLI Quali sono alcuni esempi di ciò che questa lampada può fare?

KONSTANTIN GRCIC L’illuminazione è diretta sia verso l’alto che verso il basso a seconda degli elementi che possono poi essere controllati in modo molto sofisticato, separatamente o insieme; è possibile regolare l’intensità della luce e modificarne la temperatura; è anche munita di sensori che rilevano la vicinanza, o meno, alla lampada. È molto tecnica, ma è diventata una macchina molto bella. E io amo le macchine.

ROSA BERTOLI Questo concetto è stato influenzato da qualche tuo lavoro precedente?

KONSTANTIN GRCIC Per Black Flag siamo partiti da zero. Quando un progetto prende tante pieghe come questo, si prende una strada secondaria e si passa da un luogo in cui si è già stati per un altro progetto. C’è stato un progetto molti anni fa, forse addirittura 20 anni fa, di una lampada da tavolo esageratamente grande che si estendeva per tutta la lunghezza di un grande tavolo. Ho anche realizzato altri progetti usando il colore nero, ed altri in cui non ho avuto paura di sperimentare con le macchine creando un oggetto che all’inizio fosse sorprendente. Direi che Black Flag ha un’aura. La lampada ha un impatto sullo spazio semplicemente per la presenza di questo grande oggetto. Non dà segni di confort, non dà nemmeno l’idea di essere una lampada. Quando la si vede può piacere o meno, si può dire “wow” o “cos'è questo?”. In entrambi i casi però credo che sareste guardinghi. Vi avvicinereste con cautela, cercando di comprendere come funziona. Questa psicologia ha fatto parte di alcuni progetti e mi piace, perché crea un rapporto intimo e diretto tra l’utente e l’oggetto. Vedo la cautela come qualcosa di interessante e questo tipo di relazione solitamente si trasforma in qualcosa di veramente buono.

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SAM CHERMAYEFF

“Tutti i confini interni della mia casa sono veramente flessibili", afferma Sam Chermayeff, che ha lavorato all'edificio come membro dello studio di architettura Meyer-Grohbrügge & Chermayeff. Concepito da un gruppo di persone che la pensano allo stesso modo, l'edificio è composto da sei torri asimmetriche con facciate in vetro. Le stanze non sono rettilinee, si ripiegano l'una nell'altra e sono in grado di accogliere situazioni diverse. Si inizia con uno spazio flessibile e poi lo si modifica nel tempo. La casa diventa un po' più grande quando all'improvviso arrivano dei vicini e questo permette di ampliare un po' il campo della casa. Mi piace che Black Flag possa espandersi al suo interno: all'inizio puoi illuminare solo una parete o un piccolo angolo, ma si può anche creare uno spazio più grande. Il modo in cui si espande funziona molto bene in questo caso".

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ROSA BERTOLI Ti ho sentito usare la parola “ribelle” per descrivere Black Flag. Non si sente spesso questa parola riferita a una lampada.

KONSTANTIN GRCIC Ribelle è una parola che ho usato perché la chiamiamo Black Flag. L’immagine della bandiera nera è nata quando il design della lampada è diventato quello che è adesso, ma i Black Flag erano anche un gruppo punk americano molto famoso della West Coast. Henry Rollins era il cantante e loro erano ‘straight edge’, così si definivano: niente droghe, niente alcol. Straight Edge è un movimento all'interno del punk in cui tutto è molto puro e diretto. Così è venuto fuori questo nome e mi è piaciuto molto.

ROSA BERTOLI Anche il suo utilizzo non è semplice, forse la definirei una lampada ibrida, la sua funzionalità è così sfaccettata. È una lampada che si attacca alla parete ma non è una lampada da parete, è una lampada d’effetto ma anche funzionale. È difficile da definire.

KONSTANTIN GRCIC È stata una svolta interessante per il prodotto: un oggetto che inizialmente avevo concepito come grezzo e un po’ brutale è diventato uno strumento di illuminazione molto sofisticato. Offre un’interessante tecnologia di illuminazione, diverse modalità, ma anche il meccanismo che consente a questa lampada di cambiare l’atmosfera in base alle esigenze all’interno di uno spazio.

E tornando al nome Black Flag, è stato davvero inaspettato che la lampada, nella posizione completamente chiusa, assomigli a una bandiera. La bandiera nera è uno strumento di protesta ed è sorprendente ed insolito che una lampada lo diventi. Per l’esposizione durante Euroluce abbiamo giocato con l’idea della bandiera di protesta nella mostra. C’era una lampada con la scritta “ACT NOW” (agisci adesso). In posizione chiusa, si scorge una delle parole (a seconda del lato da cui ci si avvicina) e, quando la lampada si apre, si compone il messaggio. Ho pensato che fosse interessante giocare con un oggetto domestico; non è una lampada politica, ma volevo vedere le conseguenze mettendo queste parole su un prodotto. Si tratta di un momento storico, ‘agisci adesso’ è qualcosa che potrebbe valere per gran parte della nostra attuale situazione mondiale, dobbiamo agire. Inoltre, questa è una lampada ma è necessario che l’utente entri in contatto con essa, perché non funziona se non si ha un’interazione fisica.

ROSA BERTOLI Come la immagini in uno spazio, hai pensato a come la gente la userà?

KONSTANTIN GRCIC Un’applicazione potrebbe essere in un luogo in cui accadono cose diverse durante la giornata. In questo modo la lampada si muove insieme a voi e alle vostre attività, da lampada sulla scrivania dove lavorate, a lampada sopra la cucina per cucinare, sopra il tavolo per mangiare e poi sul divano per rilassarvi. Tante attività diverse all’interno di uno spazio. Un altro scenario potrebbe essere semplicemente una grande sala, con solo pochi oggetti che ne detengono

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NOEMI SMOLIK

La critica d'arte Noemi Smolik stava cercando un loft a Berlino quando si è imbattuta nel progetto del gruppo e si è unita a loro. “Nel mio appartamento non ho molti oggetti: un tavolo per scrivere, un tavolo da pranzo in cucina dove ospito i miei amici e un posto dove sedermi a leggere. Ho chiesto a Sam di costruirmi un soppalco per il letto". Nel suo appartamento, Black Flag è in grado di illuminare l'intero spazio con pochi gesti, passando dal tavolo da pranzo alla libreria e all'angolo lettura.

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la forza. A volte gli spazi sono grandi e le lampade si perdono: Black Flag è abbastanza forte da tenere vivo qualsiasi ambiente. Che si tratti di spazi pubblici o domestici, non mi sono mai preoccupato di queste distinzioni, non esistono più, c’è una transizione morbida tra queste tipologie.

ROSA BERTOLI Black Flag è uno dei progetti che ci ha ispirato a intitolare questo numero ‘flowing’, per parlare di movimento e flessibilità nel design. Quanto del tuo lavoro è dinamico, sia nelle intenzioni d’uso sia nel design stesso?

KONSTANTIN GRCIC Molto presto ho iniziato a inserire maniglie nei miei mobili, sia che si trattasse di un foro in cui infilare la mano, sia che si trattasse, come nel caso di Mayday, di un gancio e di una maniglia per incoraggiare le persone a prendere gli oggetti e a trascinarli o trasportarli da un posto all’altro. Un altro livello di dinamica è il modo in cui si usa un oggetto, in un modo che non sia prestabilito. Voglio fornire all’utente il controllo di come usare i miei elementi e, per questo, l’oggetto deve dare degli indizi, non istruzioni precise ma un suggerimento di ciò che si può fare con esso. Mayday è un buon esempio di questo: il gancio è un indizio, il cavo lungo è un altro, la protezione a forma di cono un altro ancora; tutti forniscono idee su cosa fare con la lampada senza dare alcuna prescrizione. Questo è un elemento chiave del nostro lavoro, perché la nostra società e le persone, sono dinamiche, in continuo cambiamento, ed è questo il motivo per cui continuiamo a progettare cose, per soddisfare le esigenze che cambiano. Naturalmente possiamo vivere felicemente con gli oggetti vecchi e le cose vecchie che sopravvivono e che sono adattabili a queste dinamiche. Ma alcuni pezzi sono davvero antiquati e superati, non funzionano più perché non si sono adattati al cambiamento degli stili di vita. E questo ci dà l’opportunità di colmare queste lacune e di trovare nuovi modi per progettare ciò di cui abbiamo bisogno per la vita che viviamo.

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“Noi che abbiamo costruito la casa insieme come un "gruppo di costruttori" ci conosciamo da molto tempo, visto che la progettazione è iniziata nel 2012", racconta Oliver Helbig, che ha anche immortalato Black Flag nello spazio per creare le immagini di queste pagine. “La produzione con Flos e Black Flag è stata interessante perché l'ho fotografata nei tre appartamenti, tutti con una planimetria molto diversa. In particolare, sono interessanti le diverse altezze delle stanze e, a seconda di come si posiziona la lampada, si ottengono atmosfere molto diverse. Mi piace il fatto che possa far capolino da dietro l'angolo come un animale curioso”.

OLIVER
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A CASA DI RONAN BOUROULLEC CON CÉRAMIQUE

Fotografia di Angèle Châtenet

Intervista di Rosa Bertoli
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La passione di Ronan Bouroullec per la ceramica ha fatto da catalizzatore per Céramique. Prima assoluta per Flos, questa lampada è l’espressione pura di un materiale, l’unione delle mani di un designer che sa creare poesia visiva e del savoir fair di un’azienda che sa tradurla in un oggetto. Andiamo a trovarlo a casa sua, a Parigi, per vedere Céramique in questo spazio intimo e approfondire la sua passione per questo materiale e il suo potenziale evocativo.

ROSA BERTOLI La ceramica è stata un materiale fondamentale nel tuo lavoro degli ultimi anni, e l’hai utilizzata sia in modo bidimensionale per i tuoi bassorilievi sia per progetti tridimensionali, come i vasi. Da dove nasce la sua passione per la ceramica?

RONAN BOUROULLEC La ceramica è stata sempre presente nella mia vita. Sono cresciuto a Quimper, in Bretagna, che ancora oggi è un luogo importante per la produzione di ceramiche. Da bambino, un giorno all’anno la manifattura apriva al pubblico e io andavo a visitarla, rimanendo molto affascinato dai loro metodi e dai loro processi. Poi uno dei progetti più importanti che ho fatto, uno dei primi, è stato in ceramica. All’inizio della mia carriera, nel 1999, trascorrevo tutti i fine settimana a Vallauris, nel sud della Francia, dove lavoravo con un artigiano che trasformava l’argilla per creare la collezione Torique di oggetti e mobili. Volevo fare il designer industriale, ma fin dall’inizio ho iniziato a lavorare con gli artigiani e sono sempre stato affascinato da questa capacità di creare oggetti in ceramica. È un po’ come disegnare, puoi fare le cose al momento. Naturalmente bisogna cuocerla o disegnarla, ma in linea di principio è qualcosa che si manipola facilmente. Da quel periodo iniziale, ho realizzato oggetti in ceramica nello studio; ad esempio per Mutina abbiamo creato mattoni o piastrelle industriali e oggetti più artigianali in Giappone, con Tajimi Custom Tiles. Sono molto affascinato da questo materiale: è morbido, organico, dinamico e magicamente imprevedibile. Mi piace il modo in cui viene smaltato, il modo in cui appare il colore, il fatto che il colore non sia esattamente come lo si vuole, mai del tutto giusto, un po’ mutevole.

ROSA BERTOLI Quando hai presentato Céramique, hai affermato che “la ceramica parla di desiderio e di sensualità”: puoi dirmi qualcosa di più?

RONAN BOUROULLEC In questa epoca di produzione industriale sintetica in cui le forme sono perfette, le linee sono ben fatte e usiamo sistemi per riprodurre forme esatte, penso che la ceramica abbia qualcosa di più sensuale. Nel forno muta sempre un po’ e il modo in cui lo smalto si scioglie è spesso imprevedibile. Ciò che rende interessante la ceramica è la piccola variazione in ogni pezzo e, nella riproduzione perfetta del mondo industriale, mi interessa questa variazione, queste piccole differenze.

ROSA BERTOLI E ora hai preso questo materiale e lo hai portato in un’azienda che è molto attenta ai suoi processi industriali e al modo in cui produce le cose. Da dove è nata l’idea di utilizzare la ceramica per una lampada con Flos?

RONAN BOUROULLEC L'idea di Céramique viene da un periodo in cui lavoravo a sistemi enormi e complessi, progetti come Luce Orizzontale per la Bourse de Commerce, e sentivo che mancava qualcosa. Credo che negli ultimi 10 anni il design dell’illuminazione si sia mosso molto rapidamente verso sistemi tecnici intelligenti. Ma io volevo una bella lampada, qualcosa di simile ai progetti che Tobia Scarpa e Achille Castiglioni avevano creato per Flos: oggetti con geometrie interessanti che producono una luce semplice, in grado di soddisfare un’esigenza semplice come illuminare il capezzale del letto o un tavolo. Qualcosa di ben fatto, carico di piacere. Un oggetto che si ama. ROSA BERTOLI E come hai sviluppato questa idea

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RONAN BOUROULLEC Ho pensato che fosse interessante creare qualcosa che non fosse un nuovo sistema o un’estrusione complicata, ma qualcosa che tornasse al punto di partenza della luce. L’idea era di realizzare lampade fatte di un solo pezzo di ceramica e con semplici lampadine da avvitare. Non c’è un sistema complesso da smontare, si svita la lampadina e il gioco è fatto.

Céramique è un oggetto molto semplice che ha fascino, perché a volte abbiamo bisogno di una cosa semplice come questa. Naturalmente non risolverà tutti i problemi di illuminazione di uno spazio ma risolve molte delle esigenze di base in un appartamento o in una casa, quando si ha bisogno di una buona atmosfera e si vuole essere circondati da oggetti belli. Ho pensato che la ceramica fosse un materiale rilevante anche perché Flos si trova in Italia, un paese ricco di tecniche artigianali diverse, pieno di aziende di varie dimensioni, dagli atelier artigianali alle medie botteghe fino alle grandi aziende. E credo che faccia parte del ruolo di un designer trovare un modo per salvare queste piccole realtà produttive e incoraggiarle a continuare a produrre, in modo che non scompaiano. Credo che questo tipo di aziende italiane che producono oggetti belli in ceramica debbano essere protette e questo è stato un punto importante del progetto.

ROSA BERTOLI Il design di Céramique ricorda quello che consideriamo una lampada da tavolo tradizionale ma ha anche un carattere completamente diverso, che è in parte il risultato della sua realizzazione in questo materiale. Puoi dirmi come sei arrivato a questa forma?

RONAN BOUROULLEC È stato un processo molto lungo, credo di aver progettato 50 lampade prima di arrivare a questa (ride). Il punto di partenza è sia tecnico che poetico. Volevo che il design finale esprimesse un linguaggio poetico ma volevo anche raggiungere la semplicità, una lampada fatta di un unico pezzo di ceramica.

Ho esaminato diverse soluzioni, alcune intelligenti dal punto di vista tecnico o geometrico, ma forse non altrettanto intelligenti dal punto di vista della luce. Il punto di partenza per il design finale è stata la prima forma che mi ha soddisfatto: un pezzo di ceramica verticale che sembrava un bel vaso. E solo guardandolo, usandolo nel mio appartamento e capendo quale luce avrebbe prodotto, ho pensato che sarebbe stato interessante che la luce avesse diverse direzioni. Così, man mano che il progetto progrediva, mi sono reso conto che probabilmente sarebbe stato più efficace come collezione. Trovare forme e dimensioni che potessero funzionare in tre diversi orientamenti è stato un processo lungo, estremamente complesso, e Flos ha risolto diversi aspetti tecnici del progetto. In una cultura

del design in cui si taglia il metallo e si estrude la plastica, la ceramica non è qualcosa che si può catturare, è come un animale selvatico, ha bisogno di molta calma e di molto tempo. Céramique è grande e pesante, non è facile da mettere in forno - il primo tentativo è stato un disastro. Ho pensato: perché ho progettato qualcosa di così complesso? Ma lo abbiamo risolto e per me questa è l’Italia, questa qualità meravigliosa di ricerca e sviluppo di aziende come Flos.

ROSA BERTOLI Il design della lampada dà quasi l’illusione di una testa dinamica e ha le tre opzioni, ma è fissa. Come cambia la funzione di ogni modello?

RONAN BOUROULLEC La funzione è definita chiaramente da ogni versione del design. Quando la calotta è in alto verso il soffitto, genera un’illuminazione generale per uno spazio; quando è di lato, può illuminare una parete in modo indiretto, mentre la direzione verso il basso è più adatta a un tavolo o a una camera da letto.

ROSA BERTOLI È una lampada molto archetipica, ma inaspettata per il suo materiale.

RONAN BOUROULLEC Penso che sia inaspettata anche per le sue dimensioni. Le persone che l’hanno vista in foto pensano che sia una lampada piccola ma è molto grande; è come avere un bel vaso grande su una mensola e questo è un aspetto importante. Non è un gadget, ha una forte presenza in una stanza.

con Flos?
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COME NASCE CÉRAMIQUE

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Testo di Rosa Bertoli Fotografia di Anastasia Pavlova

Céramique di Ronan Bouroullec, il debutto di Flos nel settore della ceramica, è un trio di lampade scultoree che fondono l’approccio sensibile del designer francese verso i volumi e alle silhouette con la spinta dell’azienda verso l’innovazione.

Negli ultimi anni la ceramica è stata al centro del percorso creativo del designer, che si è avventurato in un’esplorazione personale del design astratto. Utilizzando la ceramica come mezzo pittorico, il materiale è diventato il soggetto di una serie di bassorilievi e vasi che sono tanto composizioni espressive quanto recipienti funzionali. ’Amo la ceramica, le fiamme che lambiscono la terra e lo smalto che scorre per avvolgere la forma‘ afferma. ’La ceramica parla di desiderio, di sensualità. Credo che il mio lavoro si stia muovendo sempre più in questa direzione: produrre oggetti che sono funzionali, certo, ma che cercano una sorta di eleganza, di piacere‘.

A testimonianza della novità del suo materiale già dal nome, Ceramique è una collezione completamente realizzata a mano con una finitura cristallina laccata senza piombo. I colori della collezione, Moss Green, Navy Blue e Rust Red, esaltano le superfici lisce, riflettendo la ricchezza del materiale.

Il punto di partenza del progetto è la composizione essenziale di una lampada: base, stelo e calotta, declinata in tre lampade da tavolo, che riportano lo stesso disegno con orientamenti sottilmente diversi, ciascuna caratterizzata da una configurazione che suggerisce delicatamente un’illuminazione specifica. Mentre la versione con la luce orientata verso il basso è una lampada ideale per la lettura e da tavolo, la lampada con orientamento laterale è immaginata per illuminare un angolo e la lampada con la luce diretta verso l’alto crea invece un’illuminazione d'ambiente ideale.

‘Flos è legata intimamente al panorama straordinario di competenze italiane, unico in Europa. È stato necessario studiare la ceramica italiana, una novità assoluta per l'azienda’ continua Ronan. ‘Ritengo che questa ricchezza di competenze e il rigore artigianale costituiscano un’esperienza che debba essere mantenuta viva e sviluppata, e sono molto felice di cercare di contribuire a tutto ciò.’

PROGETTATA PER LA SOSTENIBILITÀ

Il corpo iconico in ceramica della lampada è caratterizzato da una finitura cristallina laccata senza piombo che completa la sua superficie lavorata a mano.

DESIGN SENZA TEMPO

Il modo migliore per essere sostenibili è creare un prodotto che durerà per sempre, qualcosa che vorrete condividere per generazioni. Ogni elemento può essere smontato facilmente per qualsiasi riparazione o sostituzione.

Per saperne di più flos.com/en/sustainability

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Durante il Fuorisalone 2023, il direttore di teatro e opera Fabio Cherstich ha creato una performance che animasse My Circuit di Michael Anastassiades presso il Flos Project Space in Corso Monforte, lavorando a stretto contatto con il designer e Flos per dare vita all'illuminazione attraverso il movimento e il suono. Qui Cherstich ci racconta la sua esperienza nel concepire la performance, il cui connubio tra poesia e abilità tecnica è stato catturato dalla fotografia di Mattia Greghi.

My Circuit in Sei Atti

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Atto I

Ricordo ancora l’entusiasmo del mio primo incontro online per parlare con Michael Anastassiades del progetto di performance legato a My Circuit e alla sua messa in scena durante il Fuorisalone, nello spazio dello showroom Flos a Milano.

Conoscevo bene il lavoro di Michael ma non avevo mai lavorato con lui; quindi, mi è sembrato logico mettermi in ascolto e cercare di capire i principi sui quali si fondava la sua nuova creazione: semplicità, equilibrio, flessibilità sono le parole chiave che ho annotato nel mio quaderno. Il prodotto era molto bello e versatile e il progetto di animarlo con una performance teatrale una bellissima sfida.

Michael mi spiega che l’allestimento prevede sei scene in cui arredi, dal gusto minimale appositamente disegnati da lui, verranno composti nello spazio con altrettante composizioni di luci in variazioni capaci di trasformare completamente il display dei punti luminosi e con essi il racconto dell’ambiente domestico, mai realistico ma piuttosto 'solamente suggerito dal layout, ' come afferma lo stesso Michael.

Ogni atto rappresenta un diverso ambiente domestico: un grande tavolo circondato da sedie, la versione stilizzata di una zona giorno, la zona notte, mentre un atto vedrà installate nello spazio solo le lampade, senza arredi. Una poltrona, un divano, un tappeto stilizzato, un paravento. Volumi cilindrici a più altezze come tavolini. Oggetti essenziali e raffinati realizzati con il gusto che contraddistingue da sempre il lavoro di Michael Anastassiades.

Atto II

'Non voglio nulla di marcatamente teatrale, non dei testi, non delle scene, nulla di melodrammatico o eccessivo,' un’indicazione di ricerca molto chiara da parte sua e totalmente condivisibile. Penso da subito che possa essere interessante vedere come si possano rendere vivi i sei ambienti in una forma pura ed essenziale attraverso il lavoro di un gruppo di performers che abitino lo spazio. Pochi oggetti di scena e una sequenza di azioni concrete in cui la diversa posizione degli elementi di arredo e della luce nello spazio cambi le dinamiche dei performers e il senso delle azioni.

Per prima cosa mi sono domandato quale dovesse essere l’energia dello spazio, il tipo di atmosfera che doveva restituire al pubblico e la temperatura emotiva dei performers. Mi è stato subito chiaro che dovevo lavorare su una partitura di azioni dettate dallo scorrimento del tempo, su sequenze di gesti ripetuti in temi e variazioni a comporre un affresco visivo che potesse trasformarsi davanti agli occhi del pubblico in un lasso anche prolungato di tempo. Un tempo anti-quotidiano, dilatato e sospeso per trovare uno stacco netto tra esterno ed interno dell’allestimento, tra il caos delle strade di Milano invase di persone accalcate per i mille eventi del Fuorisalone e l’energia rarefatta, rituale che volevo restituire con la mia performance all’interno dello showroom Flos.

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Atto III

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Da qui l’idea di avere un metronomo a scandire il ritmo delle azioni, uno strumento semplicissimo che immediatamente poneva pubblico e performers in relazione scandendo il 'respiro' dell’intero spazio. Il suo oscillare quasi ipnotico e l’atmosfera dilatata delle azioni hanno messo il pubblico in uno stato di ascolto e concentrazione che mi interessava molto indagare.

Per poter costruire un materiale per certi versi anti-teatrale o, per meglio esprimersi, antinaturalistico, ho deciso che in scena non ci sarebbero stati dei personaggi, ma solamente delle persone vere: il corpo, l’energia e la verità scenica dei partecipanti. Non attori ma danzatori e danzatrici, performers che arrivassero tutti da esperienze legate al mondo dell’arte visiva o delle discipline orientali.

Per nostra scelta, non avrebbero dovuto esserci conflitti tra gli abitanti di questo spazio, nessuna tensione psicologica o predisposta a una lettura ambigua. Uno spazio utopico quindi, un unico grande ingranaggio umano, perfetto e armonioso.

Altro elemento centrale è stata la ricerca sulle regole performative: l’azione nella sua onestà, la parola espressa solo attraverso il canto, la ripetizione come strumento straniante, l’energia variata sempre da un elemento esterno che entra nello spazio cambiando la dinamica tra oggetti e persone, tra scena e pubblico.

Atto IV

Tutte le scelte sono state fatte in linea con i riferimenti artistici che avevo esposto a Michael fin dal nostro primo incontro e che avevano trovato un terreno di gusto comune: il teatro dell’immagine di Robert Wilson, le performance di Tino Sehgal e Meredith Monk oltre certi lavori sull’azione pura di Bruce Nauman. Con questi presupposti, ho affrontato i casting insieme a Riccardo Olivier, coreografo e mio collaboratore presente in scena per tutti i sei giorni di performance con il ruolo di maestro di cerimonia. 9 performers di formazione e provenienze disparate si sono alternati nelle 6 giornate del Salone andando a creare una comunità autonoma che viveva ed esisteva solo per la durata dell’azione, tre ore al giorno.

Ogni giorno i performers arrivavano nello spazio un’ora prima dell’inizio dell’atto e ricevevano una sequenza di azioni relative agli oggetti disponibili in quel giorno specifico. Queste alcune delle azioni: azionare il metronomo, cambiare il ritmo del metronomo. Giocare a scacchi, bere del latte, riposare, stendersi, misurare il tempo con una clessidra. Saltare, rilassarsi, ballare una canzone ascoltata con le cuffie. Registrare un sogno e riascoltarlo, guardare l’esterno attraverso le finestre dello spazio. Osservare il pubblico con un binocolo. Abbracciare un compagno, dormire, scattare delle polaroid per sé e per il pubblico.

Respirare le piante, indicare una costellazione immaginaria sul soffitto. Disegnare la linea di My Circuit su un quaderno, indicare la linea di My Circuit col dito. Disegnare lo spazio.

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Atto V

Descrivere le luci a bassa voce mentre le si guarda. Cantare una canzona legata alla propria infanzia. Queste sono solo alcune delle azioni in partitura: dalle più elementari a quelle più poetiche e stravaganti.

Il risultato è stato una lunghissima improvvisazione organizzata che ha generato una documentazione fotografica realizzata dall’interno: le polaroids venivano infatti esposte a fine giornata in una porzione dello spazio a loro dedicata, andando così a creare uno storytelling dei vari atti consultabile dagli spettatori con la funzione di memoria visiva delle giornate e dei layout precedenti.

Tale era la mia contentezza nel vedere la reazione di sorpresa e concentrazione del pubblico alla magia che si era creata attorno al nostro rito, che per la prima volta nella mia carriera di regista ho deciso di entrare anche io in gioco come performer, per una sola giornata e per circa un’ora, prima che la timidezza e la routine prendessero il sopravvento sull’entusiasmo. Volevo vivere dall’interno l’esperienza di abitare quegli spazi e quegli splendidi oggetti luminosi.

Attraverso i nostri Sei Atti, migliaia di persone hanno assistito a un rito domestico poetico e collettivo, essenziale ma ricco di sfumature e sorprese che ha offerto agli spettatori e alle spettatrici un’idea di agire e abitare lo spazio diversa dalla nostra routine, trasmettendo quella magia che il linguaggio della performance dal vivo mantiene ancora rispetto ad altri linguaggi.

Atto VI

'Nell’ipotesi di massima informatizzazione della società e di massima massificazione delle condizioni di vita degli uomini, si andrà a teatro perché là ci sono ancora degli esseri umani che semplicemente e veramente sudano, piangono, si tagliano, cadono, si disperano e sono felici. Si andrà a vedere questo evento come qualcosa di non manipolabile, di non bi-dimensionabile.'

Con in mente queste parole profetiche, scritte nel 1992 da Antonio Neiwiller, ho composto la performance di Sei Atti per Michael Anastassiades. Questa esperienza fortunata rimarrà nella mia memoria come un esempio unico, ma spero ripetibile, di lavoro di squadra in stato di grazia, dove designer, azienda, direzione progettuale - a cura di Barbara Corti, straordinaria compagna di viaggio - e performers creano un progetto capace di far perdere i confini dei linguaggi e di regalare al pubblico un nuovo modo di scoprire la bellezza formale e concettuale di My Circuit. Sarò sempre grato a Michael Anastassiades per la fiducia avuta da subito nei miei confronti e per la strada fatta insieme in questa creazione che spero possa ripetersi al più presto in nuove sfide comuni, in nuove ricerche e sperimentazioni, all’insegna della grande tradizione di Flos.

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OGNI GIORNO BILBOQUET

Il fotografo Leonardo Scotti e lo scenografo Alessandro Mensi esplorano le possibilità ludiche di Bilboquet di Philippe Malouin con una serie di vignette eclettiche e colorate.

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DESIGN SOSTENIBILE

La testa e il corpo sono in policarbonato sostenibile derivato da un sottoprodotto della produzione della carta anziché dal petrolio.

A PROVA DI FUTURO

La lampada è stata progettata per essere a prova di futuro. Tutte le parti possono possono essere sostituite facilmente in caso di necessità, per durare più a lungo.

Per saperne di più flos.com/en/sustainability

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TACCIA MATTE WHITE

Rivisitiamo il design di Achille & Pier Giacomo Castiglioni in una versione completamente matte white.

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DESIGNER

Achille & Pier Giacomo Castiglioni ANNO

CARATTERISTICHE

Lampada da tavolo a luce indiretta e riflessa, Taccia è caratterizzata da un diffusore direzionabile in vetro trasparente soffiato a bocca, che sorregge un riflettore in alluminio verniciato, bianco lucido all'esterno e bianco opaco all'interno. Il diffusore in vetro poggia su un base a forma di colonna che nasconde la fonte luminosa, tradizionalmente in nero, bronzo o alluminio anodizzato. Oggi Taccia è dotata di un LED luminoso che rende la luce dimmerabile.

LA STORIA

Taccia è stata originariamente concepita da Achille e Pier Giacomo Castiglioni nel 1958 e un anno dopo il primo prototipo è stato presentato all'Illinois Institute of Design di Chicago, durante una conferenza sul design italiano. Nei tre anni successivi, i progettisti hanno lavorato su diversi modelli sperimentali per arrivare alla soluzione progettuale e produttiva finale, inizialmente con la plastica per creare il diffusore direzionabile, cambiandolo poi in vetro. Nel marzo 1962,

Taccia
NOME
1962
Fotografia Ugo Mulas
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© Eredi Ugo Mulas. Tuttii diritti riservati

Flos si impegna a produrre il progetto, che viene presentato a Marcel Breuer nella sua versione definitiva nel giugno dello stesso anno. A novembre, Flos presenta la lampada come parte della serie inaugurale dell'azienda.

CURIOSITÀ

Il vetro di ogni lampada è soffiato a bocca e rifinito a mano, utilizzando una combinazione di metodi tradizionali e hi-tech. Per prima cosa, la sabbia entra in un forno di mattoni refrattari, trasformandosi in un magma incandescente a 1000/1600 gradi Celsius. Utilizzando un tubo di acciaio inossidabile lungo 2,5 metri, esperti soffiatori di vetro soffiano il vetro fuso in uno stampo scavato, lo stesso che veniva usato negli anni '60. Dopo essere stata staccata dal tubo con dell’acqua, la “coppa” viene poi depositata in un forno "Muffola" per 24 ore, raggiungendo lentamente la

temperatura ambiente. Questa “coppa” viene poi tagliata manualmente, ottenendo la forma finale del diffusore della la lampada.

COSA C'È DI NUOVO

Taccia matte white è l'ultima interpretazione di questo classico contemporaneo: la versione monocromatica e opaca della lampada ne esalta la silhouette e rende onore alla pura espressione della sua funzionalità.

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TACCIA SECONDO ACHILLE CASTIGLIONI

"La storia di questa lampada è piuttosto interessante, perché qualcuno l'ha scambiata per un oggetto postmoderno: è divertente perché è del 1962, e io e mio fratello non avevamo alcuna intenzione di creare una lampada postmoderna".

"Devo ammettere che questa lampada è stata concepita nel modo sbagliato: per realizzare questa ciotola è stato inizialmente utilizzato un materiale plastico trasparente. Quando abbiamo testato l'oggetto abbiamo avuto una bella sorpresa: riscaldandosi, la plastica… pfffffff, si è appiattita. Il nostro primo progetto era completamente sbagliato ed è per questo motivo

che l'abbiamo poi realizzata in vetro".

"Quella base a forma di colonna è come una camicia che aiuta a raffreddare quella specie di fornello di vetro: alla base dell'oggetto il calore è così intenso che aumentare il volume della superficie significa raffreddarlo in modo più efficiente. Come le alette di un motore".

Testo di ROSA BERTOLI

Fotografie di Flos archive (p. 83, 84, 87) e ADRIANNA GLAVIANO (p. 8081, 82, 85, 86)

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GIOCHI

PER ILLUMINARE LA GIORNATA

Qual è il modo migliore per aiutare la squadra B a vincere la partita?

4. Passare a un altro modello Céramique

3. Girare il campo da basket di 90º /

2. Fallo di gioco /

1. Un duro allenamento /

Illustrazioni di Sany
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Céramique di Ronan Bouroullec

Quante Bilboquet complete possono costruire Florian e Flavia con questi componenti?

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Bilboquet di Philippe Malouin

Guglielmo Poletti

L'essenziale linguaggio progettuale di Guglielmo Poletti è il risultato di un preciso studio dei contorni, delle tensioni e delle superfici che si intersecano, combinate in composizioni sapientemente minimali che suggeriscono una funzione pur essendo esteticamente essenziali. “Non mi interessa concettualizzare il mio lavoro, mi interessa che il lavoro sia autoesplicativo", dice Poletti. È il caso del suo progetto con Flos, To-Tie: un'esplorazione del potenziale dell'illuminazione come strumento per inquadrare lo spazio vuoto. In questo design intuitivo, un cilindro di vetro sostiene un'asta di alluminio anodizzato che nasconde una sorgente LED; il cavo funge da elemento strutturale che li tiene uniti. Qui ci racconta la sua vita quotidiana e ci illustra le cose che suscitano il suo interesse. Fotografia di Bea Di Giacomo.

QUESTIONARIO
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Disegna il tuo strumento preferito.

Qual è un oggetto che vorresti aver progettato?

Cosa c'è sul tuo comodino?

Se potessi vivere ovunque, dove andresti?

Come inizia la tua giornata?

Cosa collezioni?

Dicci qualcosa che non ha mai fatto.

Qual è stato il tuo ultimo pasto?

Cosa ti rende felice?

L’ultimo libro che hai letto.

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Collaboratori

A Parigi, Àngele Châtenet ha fotografato Ronan Bouroullec a casa sua con Céramique, il debutto di Flos nel campo della ceramica (p. 38)

Il regista di teatro e opera Fabio Cherstich ha scritto un testo sulla sua esperienza nell’animare My Circuit di Michael Anastassiades durante il Fuorisalone (p. 58)

Pablo Di Prima ha seguito Philippe Malouin mentre testava Bilboquet, il suo primo prodotto con Flos, attraverso l'East London fino alle case dei suoi amici (Cover)

La fotografa newyorkese Adrianna Glaviano ha creato una serie di immagini di Taccia, illustrando il geniale design di Achille & Pier Giacomo Castiglioni per il nostro Identikit (p. 82)

Durante la settimana di Fuorisalone, il fotografo Mattia Greghi ha documentato la performance di Fabio Cherstich, che ha elevato e celebrato My Circuit di Michael Anastassiades (p. 58)

Il fotografo Oliver Helbig ha immortalato Black Flag di Konstantin Grcic nella sua casa e in quella dei suoi vicini, Sam Chermayeff e Noemi Smolik, a Berlino (p. 18)

Il direttore creativo italiano Alessandro Mensi ha presentato l'ingegnoso design di Bilboquet in una serie di immagini che mostrano l'idea di illuminazione di Philippe Malouin (p. 72)

Anastasia Pavlova è andata dietro le quinte della fabbrica di ceramica di Flos per documentare la realizzazione di Céramique di Ronan Bouroullec (p. 50)

L'illustratore e artista di Stoccolma Sany, alias Samuel Nyholm, ha creato alcuni divertenti giochi per questo numero, ispirandosi a Céramique e Bilboquet (p. 90)

Il fotografo milanese Leonardo Scotti ha immortalato Bilboquet in una serie di immagini divertenti che ne celebrano la natura multifunzionale (p. 72)

Riconoscimenti

Michael Anastassiades

Sam Ashby

Ronan Bouroullec

Jason Brackenbury

Ángel Cánovas Celdrán

Achille Castiglioni Foundation

Py Cha

Sam Chermayeff

Konstantin Grcic

Elvio Grego

Ezio Grego

Kathrin Hasskamp

Sacha Leong

Philippe Malouin

Eredi Ugo Mulas

Noemi Smolik

Concetto e direzione creativa Apartamento Studios

Caporedattore

Rosa Bertoli

Graphic Design Apartamento Studios

Team Flos

Barbara Corti

Rosaria Bernardi

Elisa Bodei

Silvia Delaini

Donatella Matteoni

Francesco Funari

Diletta Dincao

Ambra Crociani

Sara Amatista

Paola Arici

Traduzioni

Team Agiliz@ tu gestion

Stampa

LOGO srl Borgoricco (PD)

Agosto 2023

CREDITI 94
NUOVI PRODOTTI Bilboquet .............................. Philippe Malouin .................... 2023 ........................................... p. 96 Black Flag .............................. Konstantin Grcic ..................... 2023 ........................................... p. 97 Céramique ............................. Ronan Bouroullec ................... 2023 ........................................... p. 96 My Sphere ..............................Michael Anastassiades............ 2023 ........................................... p. 98 My Dome ................................Michael Anastassiades ........... 2023 ........................................... p. 98 Taccia .................................... A. & P.G. Castiglioni ............... 1962 ........................................... p. 97 95

Bilboquet Philippe Malouin, 2023

Materiali: policarbonato, ferro

Potenza: 7.5W

Voltaggio: 220-240V

Fonte Luminosa: GU10 Led bulb - interruttore integrato sul cavo

Disponibile in: sage, linen, tomato

Céramique

Ronan Bouroullec, 2023

Materiali: ceramica, policarbonato

Potenza: 8W

Voltaggio: 220-240V

Fonte Luminosa: E27 LED bulb - interruttore integrato sul cavo Disponibile in: moss green, navy blue, rust red

F0995017 F0995035 F1632014 F1633014 F1634014 F1632035 F1633035 F1634035
F1632039 F1633039 F1634039 Céramique Up Céramique Side Céramique Down 104 mm / 4,09'' 59.5 mm / 2,34'' 203 mm / 7,99'' ø 56.5 mm / 2.22'' ø 104 mm / 4.09'' ø 205 mm / 8.07'' ø 205 mm / 8.07'' ø 205 mm / 8.07'' 503 mm/ 19.80'' 503 mm/ 19.80'' 488 mm/ 19.21'' 96
F0995039

Black Flag

Konstantin Grcic, 2023

Materiali: alluminio, policarbonato

Potenza: 75W (Black Flag) - 82W (Black Flag Pro)

Voltaggio: 220-240V

Fonte Luminosa: Power LED 2700K CRI 90 (Black Flag) - ( Tunable white 2700-5000K CRI 90 Black Flag Pro)

Disponibile in: matte black

Taccia

Black Flag

F1090031

Black Flag Pro

F1091031

Achille & Pier Giacomo Castiglioni, 1962

Materiali: vetro, alluminio

Potenza: 28W Taccia - 16W Taccia Small

Voltaggio: 100-240V/48V

Fonte Luminosa: 1 COB LED 28W 2700K CRI93

Nuova Finitura: matte white

Disponibile in: nero, argento, bronzo

Finiture
F6604009 nero argento bronzo Taccia Small F6602009 Taccia
485 mm / 19,09'' 645 mm / 25,39'' ø 142 mm / 5.59'' ø 190 mm / 3.54'' 1200 mm/ 47.24'' 3535 mm / 139.17'' 1200 mm / 47.24'' 97

F1905009

My Dome & My Sphere

Michael Anastassiades, 2023

Materiali:

alluminio , PMMA ( My Dome) -

vetro, alluminio ( My Sphere)

Potenza:

2x15W ( My Dome)20W ( My Sphere)

Voltaggio: 220-240V

Fonte Luminosa:

2xLed 15W 2700K CRI90 ( My Dome)

Led 20W 2700K CRI90 ( My Sphere)

My Disc & My Lines

Michael Anastassiades, 2023

Materiali:

alluminio, policarbonato, PMMA ( My Disc) -

alluminio, acciao, policarbonato, silicone platinico opale estruso ( My Sphere)

Potenza: 44W ( My Disc) -

2x52W ( My Lines)

Voltaggio: 48V

Fonte Luminosa: Led 44W 2700K CRI90 ( My Disc)

2x Led 52W 2700K CRI90 ( My Lines)

My Dome, My Sphere, My Lines e My Disc sono anche disponibili come parte della struttura My Circuit, progettata da Michael Anastassiades per offrire una vasta gamma di strumenti di illuminazione dedicati.

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My Spot ø 25
My Spot ø 35
Light Shadow Spot
Disc
My Circuit Lines My Circuit Sphere My Circuit Dome My Circuit
My Circuit
My Circuit
My Circuit
F1902009 F1920009 F1915009 3000 mm / 118.11'' 218mm / 8.58'' ø 600 mm / 23.62'' ø 152 mm / 5.94'' 73 mm / 2.87'' 3000 mm / 118.11'' 336,3mm / 13.24'' ø 504 mm / XX'' ø 130 mm / 5.11'' 40 mm / 1.57'' ø 450 mm / XX'' 3000 mm / 118.11'' ø 445.7 mm / XX'' ø 130 mm / 5.11'' 40 mm / 1.57'' ø 23 mm / 0.90'' 105 mm / 4.13'' 1672 mm / 65.82'' ø 152 mm / 5.94'' 73 mm / 2.87'' 98

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Céramique by Ronan Bouroullec
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