SPAZI RITRATTI
LUCA CAMPIGOTTO MASTERCLASS DI FOTOGRAFIA INDUSTRIALE
Questa Masterclass del progetto Zone a Traffico Culturale (ZTC) che si sta svolgendo in una parte del territorio del nostro Parco ha l’obiettivo di farci scoprire, o riscoprire, luoghi e scorci che l’uomo ha dedicato alla produzione di beni ed energia con l’aiuto dell'elemento fondamentale della vita che frate Francesco chiamò «sorella acqua». Ecco così che il nastro azzurro dell’Adda - dopo aver partorito, all’incile di Concesa, il canale della Martesana per servire e portare vita prima ai terreni agricoli di quell’area e poi il sistema dei canali interni alla metropoli milanese - presta la stessa acqua alle iniziative produttive dell’uomo per muovere turbine, filatoi e altri sistemi di macchine tra Trezzo, Crespi, Vaprio, Cassano d’Adda, di cui alcune tuttora in funzione ed altre ormai passate alla caratterizzazione di «archeologia industriale». Di fronte alle opere dei cultori ed artisti della fotografia qui raccolte, desideriamo complimentarci per la perizia e la creatività che hanno messo in questo progetto e ringraziare «sorella Adda», della cui salute tutti dobbiamo sentirci corresponsabili, per aver permesso all’ingegno umano di realizzare opere utili al benessere di tutti.
Benigno Calvi Presidente, Parco Adda Nord
A partire dal tardo ‘800 sulle rive dell’Adda sorgono opifici tessili e centrali idroelettriche che ne fanno il fiume della rivoluzione industriale italiana. Questi luoghi del patrimonio industriale sono un giacimento culturale tra i più significativi al mondo; hanno però subìto una perdita di senso, generalmente legata al venire meno della loro funzione originaria. È opportuno e necessario riflettere su una trasformazione d’uso che restituisca loro il genius loci: l'ambizione di ZTC è che l’arte e la cultura, insieme ad altre attività economiche, possano essere leve per un riutilizzo rispettoso, consapevole e sostenibile di questi luoghi. L’indagine fotografica autoriale di Luca Campigotto e degli allievi della Masterclass è uno stimolo potente per questa riflessione, non più procrastinabile.
Andrea Biffi Presidente, Coclea onlus
Resti di una Rivoluzione I primissimi incontri sulla archeologia industriale, in Italia si tennero in diverse città in occasione del tour di una mostra fotografica di un certo successo, realizzata dal British Council e intitolata “Remains of a Revolution”, come l’omonimo libro pure fotografico di Brian Bracegirdle, negli anni 1977-78. Gli stessi anni nei quali sono stati pubblicati i primi libri di autori italiani sul tema, organizzati convegni e avviate ricerche. La fotografia ha dunque accompagnato la nascita di questo “movimento” fin dalle sue origini e del resto questo era anche successo in Inghilterra e negli Stati Uniti dove di industrial heritage si sapeva e parlava già da tempo. Due sono le motivazioni fondamentali di questo fenomeno: la fotografia come strumento di documentazione sul campo del monumento industriale (come avviene in tutte le altre archeologie), e la fotografia d’autore come interpretazione dei luoghi e segno di un cambiamento di gusto e di sensibilità rispetto alla immagine negativa dei “resti di una Rivoluzione”, visti e vissuti come rovine inutili quando non inquietanti e pericolose. L’estetica post industriale ha dunque fatto le sue sintesi proponendoci, tra le tante esperienze, le formidabili immagini in bianco e nero dei coniugi Becher e di Gabriele Basilico, per citare gli autori che hanno traghettato la fotografia di archeologia industriale nel mondo dell’arte contemporanea internazionale. Ma entrambi questi casi erano culturalmente e generazionalmente radicati nella società industriale del XX secolo e con quegli occhi guardavano a cosa ne è rimasto in termini di architettura e paesaggi. I lavori qui presentati sono invece il risultato dello sguardo di una generazione completamente installata nel XXI secolo, per quanto esso sia cominciato da poco e si annunci come molto lungo. Si tratta quindi di un documento significativo di quanto è mutato e di quanto invece è in continuità con le percezioni emerse al nascere della idea stessa di monumento dell’industria. È anche un documento di cosa è cambiato in questi anni in una area geografica che da subito è apparsa come emblematica dell’impatto della industria nascente sul territorio, del divenire di un paesaggio culturale di tipo nuovo rispetto alla tradizionale lettura naturalistica o storico-artistica. Tanti elementi si incrociano in questo corpus di immagini, non ultima la loro tecnica di produzione digitale pure diversa rispetto agli antesignani, che vengono a costituire una vera e propria “traccia interpretativa” del patrimonio, una risorsa preziosa di comunicazione di luoghi testimoni di una storia davvero speciale.
Massimo Negri Docente universitario, esperto di archeologia industriale
L. Campigotto
CENTRALE IDROELETTRICA ALESSANDRO TACCANI (1906)
S. Fiorentino
M. Rietdijk
M. Rietdijk
L. Campigotto
D. Perbellini
G. Bruni
M. Dedaj G. Tamanza
S. Fiorentino
N. Cozzi
L. Campigotto
L. Campigotto
COTONIFICIO BENIGNO CRESPI (1878)
D. Perbellini
A. Crupi
D. Perbellini
A. Crupi
M. Rietdijk
M. Rietdijk
M. Dedaj
A. Crupi
S. Fiorentino
S. Fiorentino
N. Cozzi
A. Roncaglione
A. Morelli L. Campigotto
L. Campigotto
L. Campigotto
CARTIERA SOTTRICI BINDA (1748)
G. Bruni
L. Campigotto
A. Morelli M. Rietdijk
N. Cozzi
M. Dedaj
M. Dedaj A. Roncaglione
G. Tamanza
N. Cozzi A. Crupi
L. Campigotto
LINIFICIO CANAPIFICIO NAZIONALE (1840)
L. Campigotto
N. Cozzi
A. Morelli
L. Campigotto
A. Roncaglione
M. Dedaj
S. Fiorentino
M. Dedaj
G. Tamanza A. Crupi
A. Crupi L. Campigotto
N. Cozzi
L. Campigotto
M. Rietdijk
M. Rietdijk
Centrale idroelettrica Alessandro Taccani (1906)
Cotonificio Benigno Crespi (1878)
Trezzo sull'Adda (MI)
Crespi d'Adda, Capriate San Gervasio (BG)
Dopo tre anni di cantiere e quindici tra oscure burocrazie e chiarimenti tecnici, gli industriali Crespi inaugurano nel giugno 1906 la centrale idroelettrica oggi Enel di Trezzo, intitolata al direttore del cantiere: Alessandro Taccani. Gaetano Moretti veste di perfetta architettura la perfezione ingegneristica firmata da Adolfo Covi, ispirando le forme dell'impianto a quelle del sovrastante castello visconteo. Di stile eclettico, la centrale testimonia l’avanguardia idroelettrica dell’Italia al suo primo decollo industriale. Un tempo capace di dieci turbine Francis, cui succedono i sei gruppi attuali, l'edificio monumentale restituisce la profonda speranza di allora nel progresso tecnico. Aggiornata a oleomeccanica, una diga a panconcelli lignei serviva la centrale, dotata di sfioratore, scala di rimonta per i pesci e conca di navigazione.
Dal 1875 l'imprenditore bustocco Cristoforo Benigno Crespi acquista gli 85 ettari di terra disegnati nella Bergamasca al convergere del Brembo in Adda. Da qui deriva l'acqua per la centrale idromeccanica, idroelettrica dal 1909, che movimenti un cotonificio. Cristoforo scandisce alloggi e servizi attorno al cuore pulsante dello stabilimento, fondando nel 1878 il villaggio operaio di Crespi d'Adda. Convoca alla progettazione architetti e ingegneri di fama, quali Angelo Colla, Pietro Brunati, Ernesto Pirovano e Gaetano Moretti. La strada principale di Crespi d'Adda ne divide la parte residenziale da quella produttiva, sfiorando chiesa, scuole, ufficio postale, ambulatorio, bagni e caserma dei pompieri verso il campo santo. Ancora proprietà della famiglia fondatrice, il mausoleo si staglia sulle piccole morti degli operai, quasi stringendole a sé nell'abbraccio della cinta cimiteriale. L'attività cotoniera impegna un colmo di 3600 operai nel 1928, residenti e pendolari, passando poi tra gli altri alla proprietà STI. Nel 1995 l'Unesco dichiara il sito Patrimonio dell'Umanità. L'attuale proprietà Percassi sta curando il recupero degli stabilimenti, dismessi dal 2003.
Per approfondire: Cristian Bonomi, Mario Donadoni, Rino Tinelli, Fabbrica di Luce, Bellavite editore, Missaglia 2015.
Per approfondire: Luigi Cortesi, Crespi, Grafica Monti, Bergamo 2005; Giorgio Ravasio, Crespi d'Adda: Storia di un'Impresa, 2016.
Cartiera Sottrici Binda (1748) Vaprio d'Adda (MI) Dal 1748 l'allora proprietà Monti, tra Adda e naviglio Martesana, ospita a Vaprio la cartiera di Giuseppe Varese e Antonio Annoni, ceduta trent'anni dopo alla congregazione cistercense e quindi al demanio austriaco. Il canale navigabile garantisce il trasporto, la roggia Molinara la forza motrice, i contadini locali le maestranze. Già nel 1767 il visitatore regio Pietro De la Tour giudica eclettica la carta di Vaprio ma «non troppo bella». A governare la produzione è il maestro Gregorio Cedrone che, nell’ipotesi dello storico Vincenzo Sala, potrebbe essere erede di cartai migranti da Fabriano. Dagli stracci lavorati, l'impianto fornisce carta giudicata mediocre ma anche filigrane e bollate per lotto, dogane e privative oltre a imballaggi e stampati decorativi. Attorno al 1810, l’attività esegue ormai da decenni carte di varia dignità, impegnando circa cento operai. Meccanizzata nel 1838 e guarnita di motori a vapore entro il 1853, la cartiera perfeziona la propria efficienza sotto le gestioni di Pigna e Binda, fino alla chiusura del 2007 sotto le insegne dell’ultimo produttore: la finlandese Munksjö Paper. Per approfondire: Mario Chignoli, Vincenzo Sala, Fonti per la storia della Cartiera di Vaprio d’Adda, 1445-2007, Roccafranca 2013.
Linificio Canapificio Nazionale (1840) Cassano d'Adda (MI) Nel 1840 la Società Paolo Battaglia installa sull'Adda di Cassano un linificio, animato da ruota idraulica. La Ditta Cusani rileva l'attività, raddoppiandola in quella di canapa, e aderisce nel 1873 al Linificio Canapificio Nazionale: l'assetto societario in cui Andrea Ponti raduna le imprese altrimenti isolate di Fara, Crema e Cassano. Quest'impianto dedica agli operai scuole dapprima domenicali; convitti e iniziative previdenziali; luoghi di socialità, come il Dopolavoro «Senatore Borletti». Dal 1928 l'attività è sostenuta dalla centrale idroelettrica “Pietro Rusca”, durante la Seconda Guerra mondiale soffre la carestia di materie prime e lubrificanti, che affatica e usura la produzione, poi dismessa dal 1995. Per approfondire: AAVV, Ricordi dal Linificio, Barzago 2007.
ZONE A TRAFFICO CULTURALE Un progetto
Partner
Con il contributo di
Ringraziamenti
Staff
Per le riprese nei luoghi del patrimonio industriale
Andrea Biffi Project manager
Enel Green Power Giovanni Mura Mauro Seghezzi
Roberta Castoldi Direzione artistica
The Antonio Percassi Family Foundation Giorgio Ghilardi Federica Vismara Gestedil Marco Locatelli Ivan Di Maria Alauda Fausto Crippa Adda Energi Luca Gnali Daniele Lena Gualberto Seghezzi
Walter Carrera Visual designer Sara Vavassori Direzione generale Accounting Chiara Gandini Produzione esecutiva Cristian Bonomi Ricerca storica Redazione testi Susanna Riva Social media manager
Per gli spazi e il supporto operativo
Giulia Pagani Redazione social
CittĂ di Capriate San Gervasio Valeria Radaelli, sindaco Alvise De Sanctis, site manager
Si ringraziano la Direzione e i funzionari del Parco Adda Nord per il supporto operativo.
Associazione Crespi d'Adda Giorgio Ravasio Lucia Colombo Per le immagini storiche Raccolta Rino Tinelli Archivio Storico di Crespi d'Adda
Spazi ritratti Masterclass di Fotografia industriale in copertina Foto di Luca Campigotto a cura di Luca Campigotto, Walter Carrera, Andrea Biffi Stampato nel mese di giugno 2017 su carta patinata opaca da 170 g/m presso Modulimpianti, Grezzago (MI) Edizione: 1.000 copie
«Quanto a me, adoro le zone industriali: sono il mio terreno, mi ci sento a casa. L’asfalto crepato che brilla in controluce, alzandosi come una crosta quando incrocia le rotaie. Le sagome alte delle torri e dei carriponte, più nere del cielo fuori dei finestrini. Le gru che si levano come il collo dei sauri sullo sfondo dei fumi illuminati. Le luci irregolari: troppo violente o quasi assenti, che muoiono allungandosi sui muri di cinta.»
LUCA CAMPIGOTTO
GIUSEPPE BRUNI NICCOLÒ COZZI ANDREA CRUPI MARLIN DEDAJ SIMON FIORENTINO ALESSANDRO MORELLI DAVIDE PERBELLINI MANDY RIETDIJK ALESSANDRO RONCAGLIONE GIOVANNI TAMANZA