zoe
magazine 31
2d or not 2d
L’era tridimensionaLe per La pina bausch di wim wenders
cittadini d’italia
testimonianze opinioni auguri
Se la muSica incontra i Byte
rivoLuzione borromeo
Scopri la Zoe faShion factory dedicata agli StiliSti Siciliani
primavera/estate 2011
Innovazione
2€
zoe
m ag az ine
sommario p r i m av e r a 2 0 1 1
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In copertina: Enrica Spadafora indossa un tuta in seta arancio di Celine. In esclusiva da Torregrossa Libertà Palermo. Hair & Make Up: Giuseppe e Stefania Lepre per Poe Rava Foto: Fatos Vogli.
6 innovazione 8 cover story 10 zoe focus 14 zoe tricolore 18 zoe notes 20 zoe notes 22 zoe notes 23 zoe notes 24 scanner 26 scanner 28 scanner 30 labirinti 32 scanner 35 scanner 36 scanner 40 book stop 42 lettore cd 45 Moda 46 Moda 50 Moda 52 Moda 53 Moda 54 Moda 56 Moda 58 beauty 60 scenario 62 zoe city news
Cittadini d’Italia 2d or not 2d? Fai tu Dizionario della lingua che non vorrei dimenticare Homo facebooker? Se la musica incontra i byte L’uomo venuto dal futuro Steve Jobs Gabriele Picco: letteratura oggi Biffures: Nascite Città del futuro per dimenticare la guerra Nuovo si legge al femminile Finzioni contemporanee: Nico Vascellari
MODA: 52 Sandali Avec moderation
Jungle eyes Lost in Paradise Preppy time Avec moderation Pensieri per la testa On the road con Alessandra Marchi The color inside Sunny days
MODA: PAG 46
COVER STORY: PAG 8
Lost in Paradise
Handbags Celine 3
zoe
ma ga zin e
online p r i m av e r a 2 0 1 1
www.zoemagazine.net zoe magazine anche sull’i-pad e l’i-phone
guida allo shopping in città
Lo streetwear fotografato dai nostri lettori
cittadini d’italia guarda tutte le interviste su zoetv
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suL web il nuovo portale : www.zoe magazine.net 4
IL PRIMO OUTLET IN SICILIA SCONTI FINO AL SULLE COLL EZIONI PRIMAVERA ESTATE
70 %
INIZIA LA
STAGIONE DELLA
CACCIA.
Non lasciatevi sfuggire le collezioni primavera-estate del Sicilia Fashion Village, dove vi aspettano prezzi scontati fino al 70% in oltre 100 boutique delle migliori marche. Preparatevi a cattur are le miglior i occasioni della stagione con le proposte di abbigliamento pi첫 glamour, le calzature pi첫 trendy, gli accessori pi첫 chic e i prodotti per la casa pi첫 raffinati. Bastano pochi minuti per raggiungere il luogo dei vostri sogni, e un solo pomeriggio per realizzarli tutti. Sicilia Fashion Village. Venite a scopr ire la moda nel suo habitat natur ale .
A U T O S T R A D A PA L E R M O C ATA N I A , U S C I TA D I T TA I N O . W W W. S I C I L I A F A S H I O N V I L L A G E . I T
Innovazione
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nnovazione
le strade del futuro
l futuro viaggia su binari paralleli a quelli del reale, crea nuovi mondi e nuove leggi che ne determinano le strutture. John Searle nel suo ultimo saggio “Making the Social World” analizza le leggi che determinano la “costitutività” dei fenomeni della realtà sociale. Per spiegarla in breve il filosofo americano indaga i complessi meccanismi che portano un pezzo di carta a diventare il veicolo di un sistema monetario o il motivo per cui esistono le corporazioni, i presidenti della repubblica o le squadre di rugby. Studia insomma come l’intenzionalità sociale e gli atti linguistici determinano le strutture del nostro mondo attraverso “declaration” ovvero attribuzioni di valore. Paolo Di Lucia il filosofo del diritto che ha scritto la bella prefazione all’edizione italiana del testo
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di Searle riporta a questo proposito l’esempio in cui in una vignetta americana del XIX secolo si vede un bambino al quale viene teso un cartoncino con la scritta: «Questo è latte per decreto del Congresso». Intorno, altri cartelli dicono: «Questa è una vacca per decreto dell'artista», «Questo è denaro per decreto del Congresso», eccetera. Si tratta in breve delle attribuzioni di valore prima citate. Ma nel caso specifico della realtà sociale c’è un piccolo meccanismo che si viene ad inceppare in questo sistema: la causa è l’esistenza di un’“opinione prevalente”. Ovvero se è il “congresso a dire che questo liquido bianco è latte” si avrà un opinione prevalente rispetto all’equivalente dichiarazione di un singolo che dirà “questo liquido bianco è succo di cocco”. Ma come viene determina-
ta tale opinione prevalente all’interno di un tessuto sociale? Attraverso la veicolazione dei mezzi di informazione. E attraverso quale potere si possono veicolare tali mezzi? Chiaramente solo attraverso il potere economico. Quindi si potrebbe dire che avendo il potere economico la prima sceltà sulle “declaration” questo sarà detentore di un’opinione prevalente in grado di dare “costitutività” ad ogni forma di valore. Se a questo punto intendiamo la più evidente, nel senso stesso dell’attribuzione del termine, forma di valore il cerchio si chiude e si batte nuova moneta in tutti i sensi. è’ il potere economico stesso ad avere in a Social Word la possibilità autodeterminarsi.
Direttore editoriale 6
Caro Cavallo via Manin, 15. Palermo. vela Surf via e. albanese, 9. Palermo
Coverstory
Cover Story
enrica spadafora: “Non rinuncio a scattare foto con la reflex di mio padre”
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a puoi incontrare per strada mentre corre da un lato all’altro della città per raggiungere le sue amiche Costanza e Paola da cui è inseparabile. Non ha un film preferito ma le piacciono le commedie e le storie d'amore. La sua passione è la fotografia e quando può usa la reflex del padre per rubare qualche scatto nelle campagne di Virzì dove sorgono i bei vigneti dei suoi avi Principi di Spadafora da cui è venuto fuori il 24 marzo, giorno del suo compleanno, un grillo metodo classico che il papà le ha dedicato: si chiama Es e porta le sue iniziali. Bellezza algida ma intensa Enrica, che frequenta il liceo classico, ha ereditato in pieno il fascino nordico della mamma giornalista altoatesina. Ad oggi i suoi grandi amori sono Rudy il cane meticcio trovato per strada e il sushi a cui non rinuncia una volta a settimana. G.G.
Dall’alto: jeans Current, sneakers Comme des Garçons sciarpa Epice, ballerine Anna Baiguera. Current, Epice e Anna Baiguera in esclusiva da Torregrossa Libertà
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Zoefocus
Zoe focus
a cura di Gioia Gange
vademecum per il lettore di zoe magazine
Zoefocus Tutte le interviste e gli approfondimenti sui fenomeni di costume
Tutti gli appuntamenti internazionali dell’arte in mostra
La rubrica delle news dalla città di Palermo
Lo sguardo del filosofo sulla società
La bellezza dal punto di vista di zoe
archi zoe
storie di Sole
Nell’architettura e nel design scoprendone il lato nascosto
La rubrica “firmata” da una grande giornalista e viaggiatrice
Un approfondimento su tutte le novita dal mondo
Lo spazio di zoe dedicato all’arte , al cinema, al teatro e allo spettacolo
Zoecitynews
Il viaggio visto da una globetrotter
Stan-up Phoebe
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a regina delle passerelle parigine lancia una nuova moda. Phoepe Philo la protagonista delle ultime stagioni fortunatissime della maison francese Celine, ha conquistato il mondo con il suo look minimal ed adesso le Adidas Stan Smith da lei indossate a fine sfilata sono richiestissime in tutta Europa.
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Nel mondo del fashion senza perdere la testa
Consigli e accorgimenti per essere un padrone perfetto
In basso in senso orario: abiti collezione Conscious H&M; Acqua Allegoria al mandarino e basilico Guerlain; Acqua al bergamotto di Calabria Acqua di Parma, blusa e gonna tutti gli agrumi, Stella Mc Cartney, Gonna Mary Katrantzou, bikini Stella Mc Cartney
Zagara-Today
L’estate quest’anno è mediterranea
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l mare nostrum torna di grande tendenza come meta dell’immaginario comune. Messi da parte mari tropicali e destinazioni esotiche le coste dell’Italia e della Francia ritornano con i loro profumi di agrumi e gelsomino a far crescere le borse del turismo mondiale. Per quanto riguarda i mercati oltreoceano, fonte Enit, sono state ottime le previsioni per il mercato USA, come risulta dalle vendite in aumento (+15%) dei pacchetti dei TO per le vacanze pasquali e l’Italia mantiene un posizione privilegiata anche per la prossima estate con richieste che variano dal 10 al 30% in più rispetto agli anni precedenti. 11
Zoefocus
Pentax for lego
quando fare foto diventa un gioco rmai eravamo abituati alla personalizzazione di smarth phone e cellulari di vecchia generazione ma alle tascabili da fotografia ancora non aveva pensato nessuno. La trovata pazzesca è della Pentax che ti permette di far diventare la tua macchina fotografica un angolo della savana solo con un click, ma in questo caso di un pezzo lego. Per comprarle online basta entrare nella sezione home di colette.fr. www.colette.fr
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Noor Fares egni particolari creatività innata. La libanese Noor Fares è il nuovo astro nascente in fatto di jewels designer. Sembra che con i suoi bracciali in ebano e rame o oro e brillanti stia dando filo da torcere alla collega coetanea Delphina Delettrez info:www.noorfares.com
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opo il successo avuto a Parigi, Chanel dà vita a due nuove versioni della sua boutique effimera, una a Cannes e l’altra a Saint Tropez. Nella capitale francese al 336-340 di Rue SaintHonoré dal 1 al 10 marzo è stata aperta la prima boutique éphémère della maison francese in collaborazione con Colette, dove oltre agli abiti della collezione primavera estate 2011 della griffe, sono stati esposti capi di giovani designer, pezzi unici e vintage, il tutto arricchito da performance artistiche e musicali. Stessa filosofia per l’allestimento dei due nuovi temporary shop in Costa Azzurra. A Cannes, uno spazio di 300 mq dalle tinte oro e nero, colori principi della collezione di gioielli della primavera estate 2011, è stato annesso al negozio della città francese in occasione della kermesse cinematografica, che ogni anno attira
turisti e vip da tutte le parti del mondo. La boutique éphémère vanta un bar à ongles e un angolo dedicato agli abiti e ai tailleur sfoggiati dalle attrici simbolo della maison, come Keira Knightley, mentre al primo piano ecco un salotto arredato con i mobili di Mies van der Rohe e la vista sul Palazzo del Festival. A contrassegnare la boutique, come è avvenuto a Parigi, le camelie che Lemarié ha realizzato in limited edition per l’occasione, sui toni dell’oro e del bronzo in perfetta nuance con il design del negozio.
Sarà aperta invece per tutta l’estate, esattamente fino ad ottobre, la boutique éphémère di Chanel a Saint Tropez, all’interno del lussuoso Hôtel La Mistralée: sarà uno spazio dedicato alle collezioni, ma anche al relax, grazie al giardino e alla piscina “black”. Per festeggiare lo store un’interessante sorpresa: un’esclusiva bag in tela di iuta matelassé con manici di pelle e metallo argentato e l’immancabile doppia C intrecciata, perfetta per l’estate glamour in Costa Azzurra e non solo.
Innovazione ecologica nella collezione Conscious di H&M
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a sostenibilità è un trend a lungo termine da H&M. Nell’ambito del suo impegno in questo settore, H&M ha lanciato ad aprile la Conscious Collection, una collezione donna, uomo e bambino realizzata con materiali alternativi come il cotone organico, il TENCEL® e il poliestere riciclato. La principale fonte di ispirazione dei designer di H&M è rappresentata da uno dei colori di questa primavera: il bianco in tutte le sue sfumature, per un look minimalista e dal taglio sartoriale arricchito da tocchi romantici come pizzo, sangallo, volants e drappeggi. ”Il cotone organico non è più l’unico materiale che può essere utilizzato per realizzare collezioni total look, oggi con l’impiego di questi materiali le possibilità sono tante. Creando, periodicamente, queste collezioni potremo mostrare in vari modi tutto il potenziale dei tessuti più sostenibili”, spiega Ann-Sofie Johansson, Head of Design di H&M.
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Zoecittadinid’Italia
Cittadini d’Italia 150 testimonianze, opinioni, auguri per iL paese che verrà Ecco le prime su zoemagazine.net
auguro all’italia di ritrovare l’allegria, la gioia della vita.
ascoltare l’inno di mameli mi da un grande senso di orgoglio.
auguro all’italia di riscoprire la propria bellezza e di riappropiarsene.
grazie a tutti quegli eroi che hanno dato la propria vita in cambio della libertà.
auguro ai nostri rappresentanti di prendere le decisioni giuste per il nostro futuro.
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auguro all’italia di ritrovare lo spirito patriottico che ha animato i nostri carbonari.
auguro all’italia di ripercorrere gli errori fatti nel passato e di puntare sui giovani.
spero che nel panorama unitario non si perdano le peculiarità di ogni regione.
auguro agli italiani di ritornare ad essere come l’italia che è magnifica!
auguro all’italia una nuova classe dirigente che non guardi solo all’interesse personale.
cito goethe” L’italia senza la sicilia non lascia spazio all’immaginazione”.
auguro all’italia di ritrovare il gusto di essere un’unica nazione.
auguro al paese di avere la forza spero che questi 150 anni siano tra le sue mille differenze di dare un punto di partenza per ricordare la nostra appartenenza. vita ad una Grande Cuvée italia.
sono stufa di sentire dire che i soldi dell’italia sono spesi solo per il sud.
auguro all’italia di apprezzare sempre di più la diversità che arricchisce le persone..
mi ha molto colpito vedere ad enna una scolaresca manifestare in difesa della costituzione
auguro all’italia di ritrovare le origini del risorgimento.
oggi gli italiani devono guardare ad una nuova unità di popoli: l’europa.
io aspetto il riscatto della mia patria ma vorrei sapere chi l’ha rapita e quanto vuole per farcela riavere?
per troppo tempo ci siamo lascia- mi piacerebbe che i nostri ti chiamare “la gente” ma noi politici abbiano una nuova siamo cittadini e siamo italiani visione del sud.
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Zoecittadinid’Italia
sono emozionata nel vedere il tricolore appeso ai balconi delle case.
auguro all’italia di difendere i deboli, gli sfortunati ed i ceti più deboli.
auguro al mio paese di recuperare quei valori che l’hanno fatto grande!
senza parole...
“Povera patria, schiacchiata dagli abusi del potere...” canto franco battiato
auguro all’italia di essere europea, agli italiani di essere europei.
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condivido le parole del presidente napolitano: “Senza l’unità saremmo stati spazzati via”
auguro all’italia di ritrovare l’educazione, i modi gentili e un modo onesto di agire.
auguro all’italia di avere una classe politica degna di questo paese.
auguro al paese di generare la genuinità e l’allegria che in italia sembrano scomparse.
il popolo italiano dovrebbe essere più solidale con gli immigrati.
zoegreen
PanOrtus
contadini per un semestre: “Amare la natura imparando a coltivarne i prodotti”
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no spazio di terra dove crescono prodotti naturali da portare in tavola ogni giorno e poi ancora la possibilità di curare e raccogliere agrumi e frutti di stagione. Il tutto immerso in una natura ancora incontaminata che si rivolge a chi vorrebbe trasformarsi in un piccolo agricoltore, ma non ne ha il tempo o lo spazio. Nasce con questo obiettivo il progetto "PanOrtus", un modo nuovo di fare agricoltura nel rispetto dell'ambiente e a due passi dal centro città. L'azienda agricola apre le porte a chi ama la natura e a chi, da essa, vuole trarne prodotti naturali e di qualità. "PanOrtus" offre la possibilità di diventare proprietari "a tempo" di un appezzamento di terreno in cui sono coltivati ortaggi che saranno poi raccolti da chi aderirà al progetto stesso. L'intera produzione di tenerumi, pomodori, melanzane, lattughe e chi ne ha più ne metta potrà essere gustata in tavola nella sicurezza di prodotti sani e salutari. L'azienda si prenderà cura dei vostri ortaggi seguendo i metodi dell'agricoltura biologica e, quando ne avrete il tempo e la voglia, potrete venire a raccogliere i vostri prodotti o curarli direttamente,
innaffiandoli o curando il terreno da veri e propri contadini. Non resta quindi che provare..... I PRODOTTI Nell'orto saranno impiantate: lattughe, pomodori, melanzane, peperoni, tenerumi, zucche, cetrioli COME FUNZIONA Il progetto "PanOrtus" avrà durata semestrale (primavera-estate). L'azienda impianterà sufficienti quantitativi, calcolati in base al numero di partecipanti, il raccolto dei prodotti sarà equamente diviso fra i soci di PanOrtus secondo il principio del quanto basta e sotto la supervisione dell’azienda. I COSTI Il costo annuale è di 40 euro al mese. I LUOGHI: L'azienda agricola Lo Giudice si trova alle pendici del monte Grifone, luogo vicino al centro di Palermo ma ancora incontaminato. Gli orti sono impiantati tra alberi di ulivo e di limone in una terra che da sempre è curata senza concimi chimici di sintesi, nel rispetto delle rotazioni stagionali e secondo i metodi della agricoltura biologica. Info:panortus@gmail.com
Dall’alto: gli ortaggi coltivati da Panortus; perfette per il giardinaggio e facilissime da lavare le Crocs al femminile; la natura sempre nel cuore, camelia Chane;, per i pomeriggi di gioco ecocompatibili che non rinunciano al fashion, set di bocce Chanel.
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D or not
Hella Wenders
Berlin-her ’avvento del 3D rappresenta sicuramente la più grande innovazione nel cinema degli ultimi anni. I fratelli Lumière avevano del resto inaugurato il cinema stesso con una sperimentazione sulla tecnica 3D, nel cortometraggio del 1895 “L’arrivo di un treno alla Stazione di La Ciotat”, e dovettero aspettare solamente, si fa per dire, 27 anni prima di portare a compimento il loro primo lungometraggio con quella stessa tecnica, “La forza dell’amore”. Nel 1927 il pioniere francese Abel Gance inserì sequenze in 3D nel film muto “Napoléon”, mentre il primo film stereografico e sonoro fu l’italiano “Nozze vagabonde”, del 1936, prodotto dalla “Società Italiana Stereo-cinematografica”. Tralasciando la fortuna alterna degli anni successivi, è pur vero che solo con l’arrivo di Avatar, firmato James Cameron, è iniziata per noi una nuova era del cinema. Il 3D è rinato e con esso le tecniche e il linguaggio della settima arte. Lo spettatore indossa oggi occhiali futuristici, come se stesse assistendo ad un’eclisse totale di sole. La curiosità di toglierli per un attimo, comunque, non acceca lo spettatore: molto spesso, al contrario, gli procura un po’ di sollievo…La tecnologia che ruota attorno al 3D, infatti, è ancora tutt’altro che facile da maneggiare. I personaggi umani di Avatar, per esempio, sono decisamente poco definiti, sembrano sfarfallare continuamente, al contrario delle sequenze di animazione che offrono un risultato fantastico. Il 3D non perdona. Il più piccolo errore, una messa a fuoco incerta o un movimento di macchina poco stabile, non
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2 d?
è soltanto un errore doppio (per via delle due camere utilizzate in contemporanea per questa tecnica di ripresa), bensì quadruplo, a causa di un dettaglio tecnico non trascurabile. Le proiezioni in sala, infatti, secondo lo standard adottato universalmente a livello commerciale, “corrono” a 24 fotogrammi al secondo. Tutte le produzioni 2D adottano, ad oggi, questo formato anche in fase di ripresa, ottenendo risultati ottimali in tutti gli stadi di vita del loro film. La stessa cosa non vale per il 3D. Il formato ideale di ripresa e di proiezione è in questo caso il 50 fotogrammi al secondo: raddoppiando la scansione dell’immagine, esso permette, infatti, il quantitativo di informazioni al secondo sufficiente per una resa ottimale dell’immagine stereoscopica. Tradotto in termini di visione: naturalezza del movimento. James Cameron ha provato a far correre il suo film a 50fps, ma le commissioni incaricate degli standard in America non glielo hanno permesso. Quell’idea avrebbe messo fuori uso i proiettori delle sale cinematografiche di tutto il mondo. Da Avatar ad oggi, comunque, la tecnologia ha fatto passi da gigante. Molte incertezze di allora sono ormai facilmente superabili. La questione artistica però rimane: abbiamo realmente bisogno del 3D? Cosa aggiunge al nostro film? è davvero il futuro? Avremo sempre bisogno di occhiali speciali per la stereo-visione? E così via… Walter Murch, tre volte Oscar e uno dei più rispettati montatori e sound designer del cinema moderno, ha detto al riguardo: «Non funziona per il nostro cervello e non funzionerà mai. è come battere una mano sulla testa e, contemporaneamente, farne girare una sullo stomaco. Difficile. I film 3D ricordano continuamente allo spettatore di trovarsi in un certo rapporto “prospettivo” con l’immagine. Un trucco alla Brecht. D’altro canto, la trama di un film avvincente proietta di per sé lo spettatore “nell’immagine”, lo conduce immediatamente nello spazio-non spazio del sogno. Una buona storia ti offre tante dimensioni quante non è possibile, normalmente, nemmeno immaginare. Per concludere: buio, piccolo, stroboscopico, fa venire il mal di testa, alienante. E costoso. La domanda è: quanto ci vorrà prima di capirlo e di mettere il 3D finalmente da parte?» Nonostante le critiche di Walter Murch, sono sem-
pre di più i registi che credono profondamente nel 3D e che addirittura puntano su di esso come unica “possibilità di visione” del futuro. Wim Wenders ha dovuto aspettare 20 anni per trovare il mezzo visivo che gli avrebbe permesso di ritrarre le coreografie di Pina Bausch. Il 3D era l’unico linguaggio possibile. Per lungo tempo aveva dovuto rifiutare la proposta di Pina, perché non riteneva di avere accesso alla complessità della sua danza con la tecnologia cinematografica tradizionale. Quando vide il primo film digitale a Cannes, “U2 in 3D”, fu come trovare la soluzione al dilemma. Il 3D gli avrebbe permesso di avventurarsi nello spazio e nel reame dei danzatori, di essere “lì” a testimoniare il cuore e l’essenza del lavoro di Pina, in una maniera finalmente appropriata. Wim Wenders: «Penso che la danza e il 3D siano fatti l’uno per l’altra. Non soltanto vieni portato “quasi” fisicamente sul palco - cosa che una macchina da presa tradizionale riesce anche a fare - ma sei soprattutto introdotto alla reale presenza dei danzatori, condividi l’aura di ciascuno di esso: a quel punto perfino il semplice sollevarsi di un braccio diventa una esperienza completamente “altra” rispetto allo schermo 2D. Il coinvolgimento era, del resto, fondamentale per poter sviluppare narrativamente tutte le emozioni che ho provato ogni singola volta che ho assistito ad uno spettacolo di Pina. Non ho mai visto niente di più emozionale nella mia vita. Nessun film, nessuno spettacolo teatrale, niente ha mai raggiunto quello che io e tutti noi abbiamo provato assistendo
Foto: © Donata Wenders
ad un pezzo di Pina. Per questo era necessario poter disporre di questa nuova tecnologia: erano fatti l’uno per l’altra.» Nel giugno del 2009, poco prima di partire con la produzione del film, Pina Bausch muore improvvisamente, provocando un grande shock in tutti quanti. Wim Wenders non se la sente di andare avanti. Wim Wenders: «Soltanto settimane e settimane dopo, furono i danzatori a dirmi: Wim, eseguiremo tutti i pezzi che voi due avevate messo in programma, uno per uno, e sarà un dannato peccato se tu non li potrai filmare, perché lo sguardo di Pina è sempre su di noi. Tu le devi questo. Lei vorrebbe che tu facessi il film. Noi lo vogliamo. Così siamo tornati e abbiamo deciso di fare un altro film. Non un film su Pina, ma un film per Pina. Ed insieme con i suoi danzatori e danzatrici ci siamo immersi nella realizzazione di questo lavoro, che per forza di cose è adesso molto più di un omaggio, oltre che il nostro modo di superare quel grande trauma, per imparare
a convivere con il fatto di non essere riusciti a salutarla davvero. Il film è diventato il mezzo per ciascuno di noi di dirle arrivederci.» Wim Wenders ha dichiarato che, dopo questa esperienza, sarà difficile tornare al 2D: una volta che hai fatto a pezzi la barriera dello schermo è davvero complicato rimetterli tutti a posto. La danza di Pina Bausch è eternamente bella, coinvolgente, moderna, senza tempo. Se hai avuto la fortuna di assistere ad una sua piece, non puoi più dimenticarla. Con il film PINA, la sua magica arte è adesso accessibile a tutti coloro che non si sono mai recati a Wuppertal o dove finora è andata in scena. La sua danza è stata preservata per sempre. Citando Pina: “Danzate, danzate. Se no, siamo perduti.” Sarebbe il caso che Walter Murch desse un’occhiata a PINA (che arriva presto anche in Italia, distribuita da BIM)
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ai tu!
Alli Traina Surrealtà www.myspace.com/allitry
i sono delle dinamiche segrete, degli istinti indecifrabili nascosti dentro ogni donna in crisi. Qualcosa non va? Problemi sentimentali? Frustrazioni sul lavoro? Non c’è dubbio, bisogna ripartire da zero. Bisogna cambiare, crescere, diventare una persona più solida e saggia. Da dove iniziare? Forse un buon libro, magari un classico del pensiero filosofico. O forse nuove amicizie, un corso su qualcosa che avremmo sempre voluto imparare, uno sport. Ognuna reagirà in maniera differente e avrà priorità diverse. C’è però un aspetto che accomuna tutte: il parrucchiere. è un assioma, un dogma: inutile nasconderlo, non c’è donna che non si sia ritrovata biondo platino in un momento di crisi per poi scoprire che dopo due giorni i capelli nero corvino erano già in stadio di avanzato “problema ricrescita”. Perché la questione è che quando si è in crisi non si ha il pieno dominio di sé e si è disposti a tutto pur di cambiare, pur di sentirsi meglio. Non si vuole più essere come prima ma non si sa chi essere e quindi si è troppo esposte al terribile errore. Quello legato alla fatidica domanda: “Come li facciamo, questi capelli?”. Nel caso in cui si è in un momen-
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to di fragilità non bisogna mai – ricordarsi, mai- cedere alla debolezza dicendo: “Non so, fai tu”. Ci sarà un motivo se per anni siamo andate dal nostro parrucchiere di fiducia con una rivista in borsa che mostrava esattamente il taglio come lo volevamo (tranne poi scoprire che i capelli alla Demi Moore in Ghost o Julia Roberts in Pretty Woman non ci sarebbero mai stati come Demi Moore in “Ghost” o Julia Roberts in “Pretty Woman”). Ci sarà una ragione per cui ogni donna si ritrova almeno una volta all’anno a sfogliare pesanti e voluminosi faldoni con immagini di modelle super perfette per scegliere la propria capigliatura illudendosi per un istante che il nuovo taglio la farà diventare come la signorina dagli occhi da cerbiatto ritratta (mi chiedo come mai ancora scegliamo di sottostare a questa enorme presa in giro invece di pretendere foto con visi normali, con nasi importanti e sguardi banali). Non c’è rapporto di fiducia che tenga: se si risponde “fai tu” si rischierà sempre un taglio emo di quelli all’ultima moda giovane, con frangetta fin sotto gli occhi, cresta e il resto della capigliatura di un inquietante liscio piastrato. E non serve specificare che il “taglio a piacere” deve essere comunque adatto all’età, anche perché si rischia di essere doppiamente ferite da un sobrissimo taglio a casco di banane di quelli corti e tutti cotonati che portano le vecchie signore. Taglio che alla pettinatura in sé abbina un’offesa ancora più difficile da digerire: una sovrastima dell’età anagrafica che lascerebbe ogni donna, anche la più libera dalle logiche dell’apparenza, sgomenta. Peggio ancora, mai cedere alla vanità di rispondere: «Tu come mi vedresti?».
Perché potreste scoprire che sotto sotto il vostro amato parrucchiere vi vedrebbe con sadico piacere come Eddie Murphy in “Una poltrona per due”; potreste scoprire che gli farebbe un enorme piacere farsi due risate vedendovi con quei boccoli alla Shirley Temple che andavano tanto, secoli fa! E quando lo scoprirete, sarà troppo tardi. Se si è in un momento delicato in realtà non si dovrebbe mai andare dal parrucchiere. Ma visto che si tratta di un istinto più forte di ogni raziocinio, meglio almeno ricordare di mettere in borsa un bel cappello. Può sempre servire. Soprattutto quando si è appena uscite dal negozio e si cammina di fretta (anche se non si ha assolutamente fretta). Quando si procede a testa bassa fingendo di essere assorte in pensieri importantissimi (anche se in realtà non si sta pensando a niente se non agli sguardi di scherno di cui ci convinciamo essere oggetto). Quando insomma non possiamo fare a meno di specchiarci di sfuggita in ogni vetrina e vedendo il soufflé ammosciato che ci portiamo in testa, ci abbandoniamo a domande prive di senso: “Dove ho sbagliato?”, “Perché il mio parrucchiere mi odia?”. Almeno ci sarà il buon vecchio cappellino a proteggere dagli sguardi del mondo e poco male se sarà agosto e ci saranno quaranta gradi, s’inventerà sicuramente una giustificazione da dare all’interlocutore che chiede spiegazioni: perché è certo, statisticamente provato da anni di esperienze condivise, nel momento in cui vorreste scomparire, incontrerete sicuramente qualcuno e quel qualcuno vi attaccherà un bottone infinito o peggio ancora, sarà quello per cui avevate provato a innovare il vostro look!
La poLisportiva paLermo raddoppia
1+1 ama Lo sport : vieni a scoprire la nuova polisportiva palermo strasburgo
SocietĂ Polisportiva Palermo: Via Belgio, 2/A - 90146 Palermo - Tel. 091 6703078 - Fax. 091 517345 Viale Strasburgo, 540 - Tel. 0917541626 - Fax. 091 6890028
Luca Lucchesi dizionario della lingua che non vorrei dimenticare
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Nel vocabolario le parole si perdono, dei miei pensieri. E aspettano ciascuna il passaggio perduto della persona cara, che avrebbe connesso mondi altrimenti lontani, il ritorno ed invece l’avventura. Non mi resta che sfogliare l’allontanamento nel verso contrario, come gamberi siamo - della memoria, noi, lontani. Innovazione. Sostantivo al futuro. Inafferrabile. Scivoloso. Ipocrita. Bugiardo. Stantio. Paludoso. Melmoso. Impazzito. Riciclato ad ogni passata elettorale specie dove il sole picchia più forte. Mi sono ricordato che in siciliano non esiste il tempo futuro. E che anzi il passato da noi è arte e vizio. Definizione. Essere circondati da nuvole e pensare alla pioggia. Fraseologia. “Oggi ho visto che hanno installato finalmente le pale eoliche anche a verso di sci-
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torie e nomi della lontananza al tempo della globalizzazione
rocco. Questa è innovazione: che suda, cambia e come cambia resta. Intanto mi hanno confermato l’efficienza nel settore illuminazione-menti del vento di tramontana.” Che sta a dire, fuor di metafora, che l’energia è oggetto di dispute tra i metereologi della baddottola. Come a dire, dentro la metafora, che il vento lo bagna, ma è l’acqua che lo asciuga (dove per acqua si voglia questa volta intendersi il liquido contante e magari non sempre, e chissà per quanto, contabilizzato).
salutiamo nostalgici. Che niente è peggio del volare, se tutti già volano, e viene invece voglia di nuotare. Bis bald.
“Mi ha mandato una mail di condoglianze. Dico io, dove arriva la superficialità della gente! C’era scritto che si dispiace per i nostri recenti lutti e che spera nella insperata resurrezione.” Ecco questa è vera innovazione. Cordiali saluti. Note scritte a penna. Mai note furono più appropriate. Anche se ricordo a tutti che la penna ai tempi era innovazione. Altroché. Quando ancora se ne parlava di cose nuove. E non era come oggi, che già arrivate le
P.S. Foto ipocritamente scattata dal mio Iphone superinnovativo.
Marco Pernice psico-live
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marcopernice@live.it
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o you have a facebook? Se non sei un facebooker, non avrai l’iPhone 4 che con le sue ap accede ai social network più travolgenti del momento e ti permette di incontrare e conoscere i profili di moltitudini di persone delle più svariate età e culture. Oggi contempliamo una nuova era della tecnologia dominata dal principio dell’immediatezza, dell’ubiquità, istantaneità che congiunti ad un tempo reale promuovono la nascita di un società interattivo, di un universo globale. Vivere nel mondo quotidiano, equivale a vivere nel flusso copioso e incessante di immagini e suoni, stimolatori di sensazioni e piacere, fornitori di esperienze, agenti propulsori della velocizzazione dei ritmi della vita quotidiana, molto più che semplici canali di informazione o trasmettitori di messaggi. La rivoluzione digitale alla quale stiamo assistendo, fa convergere i tre sistemi di segni della comunicazione scrittura, immagine e suono in un bit, in grado di trasmettere testi, suoni, immagini alla velocità della luce. Dinanzi alla privazione del logos, la
omo facebooker?
globalizzazione mira a porre l’apparenza come realtà sostitutiva, l’immagine coincide con il suo soggetto, e tra l’una e l’altro non vi è più il minimo intervallo poiché il “senso sta nel visibile”. Muta, pertanto il senso di vivere in comunità, di una condivisione di spazi fisici e relazionali che consolidavano la percezione di appartenenza e di interdipendenza come conseguenza dello stare insieme lasciando il trono alla realtà del Social network. L’immersione negli strumenti tecnologici permette di amplificare il presente, regalarci la sensazione di connessione con gli altri attraverso la condivisione di un’esperienza, lasciando tracce nelle nostre menti, catturano la nostra attenzione senza restituircela. Noti sono ormai gli studi sugli effetti di questi mezzi tecnologici sulle funzioni neurofosiologiche, vale a dire attenzione, memoria e percezione. Queste funzioni basali dell’attività della corteccia cerebrale sono modificate dall’insieme di stimoli luminosi e di immagini che interferisce nella concettualizzazione e nel giudizio della realtà. Tutto questo è più pericoloso per i più piccoli frequentatori della tecnologia, poiché l’iperstimolazione dello schermo fissa l’attenzione, la satura ma non la sviluppa, al contrario la
esaurisce rendendoli passivi e incapaci di filtrare le informazioni che ricevono assimilando senza alcuna comprensione, bombardando il loro “aruosal” provocano irrequietezza, impulsività, effetti sul comportamento e rendimento scolastico. L’essenza dell’identità, di un “Io” autentico si perde all’interno di una cornice che rappresenta un nuovo modo di intendere la vita affettiva e relazionale sottraendola alla dimensione interna e privata e mostrarla allo sguardo curioso della popolazione di cybernauti. Dietro alle foto e ai profili di chi si presenta nel mondo digitale, si nasconde un mondo di personalità e di identità, reali e non, destrutturate o disagiate, o semplicemente che giocano a fantasticare una realtà desiderata ma non attuabile. In questa visione di comunità globalizzata si inseriscono le nuove patologie della dipendenza dalle tecnologie e i disturbi di personalità e del comportamento. Siamo curiosi, attratti e affascinati da tutto ciò che di nuovo fiorisce nell’universo tecnologico, forse per puro interesse o forse per nascondere dietro una realtà virtuale la nostra vera identità di uomini, con le nostre debolezze, i nostri limiti pur consapevoli, a volte, che “l’essenziale e invisibile agli occhi”.
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se La musica incontra i byte
Giulia Carcani
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uonano Beethoven, Ravel, Bartòk, Mozart, Shostakovich. Danno vita ai classici della musica classica e lo fanno così bene da aver guadagnato l’affermazione “simply the best there is” del Boston Globe. Ma l’esecuzione impeccabile e le raffinate qualità artistiche non sono le uniche prerogative del Borromeo String Quartet. Loro, in più, hanno saputo congiungere il classico alla tecnologia. Come? Eseguono i concerti seguendo lo spartito su quattro computer portatili Macintosh MacBook Pro posizionati su altrettanti leggii:
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l’innovazione si sposa alla più consolidata delle tradizioni. Una scelta che a prima vista potrebbe sembrare un ingegnoso escamotage pubblicitario, di quelli che gli esperti di marketing architettano per far parlare di sé e aumentare popolarità e riconoscibilità. Niente di più lontano: la decisione ha invece una motivazione profonda che affonda la propria ragion d’essere in una tensione verso l’autentico, quale strumento per rendere omaggio alla musica e celebrarla con ogni performance. «Il computer ci offre una ricchezza inestimabile: seguire l’intera partitura e non solo le note dedicate al singolo stru-
Rivoluzione Borromeo: il quartetto d’archi americano unisce musica classica e tecnologia. E il risultato è tutto da godere.
mento, come avviene con gli spartiti normali». A spiegarlo è Nicholas Kitchen, primo violino del quartetto. «Da musicista e da amante della musica dico che la conquista è epocale: suono la mia parte e contemporaneamente riesco ad avere una visione d’insieme del componimento, che posso seguire visivamente dall’inizio alla fine, anche quando la melodia non richiede l’intervento dello strumento che mi appartiene». Un unico spartito, quindi. E che spartito: la partitura che appare sugli schermi dei notebook non è una banale ristampa, ma la copia virtuale della creazione originale. In altre parole: i musicisti del Borromeo String Quartet suonano
Beethoven, Mozart e gli altri seguendo le note che gli stessi compositori hanno disegnato secoli fa. Così, i tratti autentici dei geni della musica guidano l’esecuzione e i musicisti interpretano note e melodia rivivendo le emozioni trasmesse dal compositore anche attraverso i segni grafici. Tratti di lapis più o meno nervosi o giocosi, leggeri o severi che hanno segnato la carta dello spartito originale e che si rinnovano sullo schermo del portatile. Con tutta l’emozione che ne consegue, per chi suona e per chi ascolta. è così che anche la tecnologia si colora di poesia.
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L’uomo daL futuro
gli interrogativi di steve Jobs che cambiano il mondo Andrea Trimarchi
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'innovazione è la capacità di vedere oltre, di immaginare futuri possibili, scenari non ancora esistenti. E' una visione, per la quale serve un visionario. Se dovessimo oggi cercare un avatar ad esempio di queste categorie, verrebbe facile trovarlo nella mente che ha inventato la Apple: Steve Jobs. La biografia che meglio illustra il genio di Mountain View è "Steve Jobs - L'uomo che ha inventato il futuro", volu-
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me pubblicato di recente da Hoepli (256pp., €19,90) a firma di Jay Elliot, ex Senior Vice President della Mela. Il libro sonda la vita lavorativa e creativa, a tratti avventurosa, di Jobs: non solo le innovazioni nei prodotti, ma anche nella ricerca tecnologica al servizio dell'utente e, ancora, una nuova visione nella gestione dell’impresa, del personale, dei dipendenti. L'esempio di Steve Jobs diventa un paradigma: essere innovatori è più che una questione tecni-
ca, è proprio un diverso approccio alla vita in generale. «Se c'è qualcuno nel settore tecnologico che ha dimostrato di essere un vero innovatore, quello è Steve», ci spiega Elliot, e continua: «Ciò che distingue i visionari dal resto dell'umanità è la loro tendenza a interrogarsi sulle possibilità, a domandarsi come potrebbero essere diversi i loro prodotti o la loro vita [...] I grandi innovatori sono mossi da un desiderio di cambiare le cose, di vive-
"Alcuni vedono il mondo com'è, e si chiedono: 'Perché?' Io invece sogno cose che non esistono ancora e mi chiedo: perché no?" robert Kennedy Foto - a sinistra: Steve Jobs durante la presentazione dell i-pad2 ; in basso: la copertina del libro
"In una società come la nostra, che tanto apprezza l'innovazione, troppe grandi idee vanno sprecate ogni giorno" Jay elliot re esperienze nuove, migliori e speciali». E' chiaro che il livello più superficiale delle applicazioni "innovative" sia legato alla ricerca scientifico-tecnologica, radicata in una società dei consumi che insegue - dall'offerta alla domanda - nuovi prodotti da vendere. «Siamo tutti drogati di novità afferma ancora Jay Elliot -, siamo tutti early adopter». Eppure il genio, il visionario, si discosta dall'idea del guadagno: non è il suo interesse primario. Il vero innovatore - Jobs ne è il tipico
esempio - si mette dalla parte dell'utente finale, basa la propria attenzione sul prodotto: il valore aggiunto, la semplicità d'uso, la definizione di nuove frontiere. L'innovatore, insomma, non cerca di cambiare (in meglio) qualcosa di già esistente: cerca di creare qualcosa che manca e che non esiste ancora. Steve Jobs, come raccontato nel libro, ha (avuto) dalla sua una carica inusuale, un carisma vulcanico, una forza di volontà ferrea, ma anche la luci-
dità per capire che «per innovare davvero, occorre creare una cultura che sostenga l'innovazione». Lui ha piegato tutta un'azienda alle sue visioni, trasformandola in un colosso, idea dopo idea: è possibile cambiare, sotto l'idea di "innovazione", anche altri luoghi, altri rami, altri contesti? Serve un visionario. Serve una visione. Serve qualcuno che ci creda. Poi, e Steve Jobs ne è il "marchio" esemplare, tutto sarebbe possibile. Già a partire dal nostro quotidiano.
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Dalle immagini alle parole e viceversa: l’artista Gabriele Picco pubblica “Cosa ti cade dagli occhi”
Letteratura oggi
gli interi universi nascosti nelle lacrime Silvia Zammitti
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’intreccio fra scrittura, letteratura e arte è un gioco delle parti. La parola e l’immagine, la creazione artistica, danzano insieme condizionando a vicenda l’una la genesi dell’altra. è cosi che come per gioco può nascere una storia, a partire da un disegno o da un’opera d’arte. Come nel caso di Cosa ti cade dagli occhi (Mondadori 2010), romanzo dell’artista-scrittore Gabriele Picco che ha visto la luce grazie alla realizzazione di una scultura in vetroresina, Le lacrime gemelle, diventata anche l’immagine di copertina, in cui un omino piange due lacrime giganti dentro le quali nuotano dei veri pesci rossi. Perché non soltanto quello 28
respiratorio, muscolare o digerente, ma fondamentale per la sopravvivenza di ogni essere umano è anche l’apparato lacrimale. Illustrato nei minimi particolari nel libro, contiene apposite sacche di ricordi: ci sono quelli dolorosi, quelli d’amore, quelli legati all’infanzia e alla scuola, quelli sessuali, quelli generati dalla rabbia, dalla solitudine, dalla vista di un paesaggio o di un fiore. Un mondo di emozioni universali, concrete e a volte dimenticate che prendono la forma miracolosa di una goccia trasparente, pronta a schiantarsi al suolo col suo carico di motivazioni più o meno represse, più o meno nascoste. Sullo sfondo di una New York da poco colpita dalla tragedia dell’attacco alle Torri Gemelle si snoda
un intreccio di vite solitarie, comuni e straordinarie al tempo stesso, accomunate da una ricerca della felicità che arriva soltanto facendo i conti con il passato e con i ricordi più segreti. Solo così Ennio Bernini, che è incapace di piangere e ama invece fotografare le lacrime altrui e scoprirne i mondi nascosti all’interno, impara a lasciar volare alti i propri sentimenti alla fine di un percorso di crescita che lo porterà a riacquistare fiducia in se stesso e negli altri. Da “Cosa ti cade dagli occhi” Picco ha recentemente tratto la sceneggiatura, mentre il libro sta per essere pubblicato in Spagna in edizione doppia (con traduzione in catalano e castigliano) e in Portogallo e continua ad avere grande successo, soprattutto di critica, sia in Italia che
Foto - a sinistra: Untitled 2005; in basso: la copertina del libro
“Le lacrime viste da vicino sono grandi come interi universi. Miliardi di stelle e pianeti che scivolano dagli occhi.” per vedere la videointervista a gabriele picco visita zoemagazine.net
all’estero. Classe ’74, bresciano trapiantato per un paio d’anni nella Grande Mela dove ha frequentato la New York Film Academy, consacrato all’opera di Alberto Burri alla cui arte dedica a vent’anni una vera e propria dichiarazione d’amore, vincitore l’anno scorso del Premio Alinovi dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, Gabriele Picco è al suo secondo romanzo, come ricorda eloquentemente il nome del suo blog “Non sono un esordiente”. La sua attività di artista attraversa la scrittura, la poesia, il disegno e la scultura – una sua opera, Untitled 2005, una fiat 500 in fibra di vetro su cui poggia una gigante nuvola di cemento è esposta in modo permanente nel Parco delle Madonie – la sceneggiatura, la foto-
grafia e il cinema. Sarà per questa profonda conoscenza e trasversalità di mezzi espressivi che è molto attento alla comunicazione e ne utilizza gli strumenti in modo creativo e strategico per instaurare un rapporto diretto col pubblico. Oltre al blog, infatti, e ovviamente a un nutrito gruppo su facebook che contiene le foto, i disegni e i pensieri degli iscritti che raccontano il significato delle proprie lacrime, Gabriele Picco ha due siti ufficiali ricchi di contenuti che ben raccontano vita e opere di questo eclettico personaggio per brevità chiamato artista. Quello personale www.gabrielepicco.com sulla sua attività artistica e quello ufficiale del libro www.cosaticadedagliocchi.it, dove si può anche leggere il primo capitolo gratuitamente e
curiosare fra i divertenti contenuti speciali, come i due booktrailer realizzati per il lancio su web del libro. In uno, girato nell’amata New York, altra grande fonte d’ispirazione per questa storia, ha intervistato i passanti per le strade di Manhattan sul significato che attribuiscono al pianto e alle loro lacrime. L’altro, assolutamente made in Italy, girato a tavola a casa dei nonni mentre leggono brani tratti dal libro davanti a un piatto di spaghetti, parla con dolcezza di un attaccamento profondo alle radici nostrane, di un passato da non rinnegare e da proteggere, dell’amore per le cose semplici. Di ciò che permette insomma anche ad un analfabeta delle emozioni di fidarsi ancora degli altri e aprire di nuovo il proprio cuore. 29
biffures: nascite
Definizioni maieutiche dal Teeteto di Platone alla Condizione Umana: Vita Activa di Hannah Arentd. Mimmo Quaranta a parola natura nella sua provenienza da nascor, reca in sé una proiezione nel futuro: la nascita intesa come passaggio da una condizione potenziale a una realtà che diviene nel tempo. Il venire al mondo non è una vera e propria azione, in quanto non si è ancora in presenza di un soggetto responsabile. Per rappresentarsi tale evento facciamo infatti uso degli impersonali: si nasce, si viene al mondo o del modo infinito del verbo. Si tratta di un processo che coinvolge in modo totale la madre e il figlio in una condizione di impersonalità e nello stesso tempo di assoluta singolarità . E’ infatti una vicenda che si ripete ad ogni atto di generazione e che tuttavia definisce l’ emergere di una unicità. Ripetendo un corso naturale iscritto da ere nel tempo della vita si traccia un carattere nuovo, come avviene la prima volta che scriviamo una parola, entrando in un universo simbolico di cui saremo partecipi fino alla morte. Nel suo romanzo Cima delle nobildonne, Stefano D’Arrigo descrive Il Fregio della vita e della morte, che si trova al British Museum, nel quale sono rappresentati: il dio Khnum, con testa di pecora, che modella corpi su un tornio da vasaio… mentre alle sue spalle il dio Toth, segna la data di morte di ogni bambino “svasato” con una “intacca” su un bastone di bambù. Il dio Thot,
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dalla testa di Ibis, iscrive il nuovo nato nel regno dei morti in cui lo rincontrerà all’atto della pesatura della sua anima, la psicostasia, allorché il dio della scrittura ne annoterà il peso, segnando così il destino ultraterreno del defunto. I genitori danno un nome alla loro creatura accogliendola nella comunità degli uomini, inserendola nella trama che intreccia il diverso e l’ identico in una combinazione inedita, recante in sé una promessa. Nel fare questo essi la definiscono entro limiti circoscritti dal punto di vista biologico e della scena storica, ne confermano la segreta appartenenza alla regione delle ombre. L’ iscrizione in un destino comune e dall’ esito preordinato, non pregiudica tuttavia la possibilità di inaugurare nuovi stati di cose, di creare il nuovo a partire da noi stessi/e. Se il lavoro del tempo implica una progressiva erosione, siamo in grado di mantenere la nostra identità ricomponendo per sostituzioni le parti che decadono. Le componenti nuove rinviano, non sono identiche alle originali. La nostra personalità è il frutto di questi rimpasti: il simile si rispecchia nel diverso per ritrovarsi, rinnovando una conferma, una prossimità frastagliata con noi stessi. L’ esistenza è soggetta dunque a una sottrazione e a una ricombinazione continue. Anche la conoscenza è sottoposta allo stesso fenomeno di ero-
sione. Le nozioni che si scordano vengono rimpiazzate dal lavoro riparatore della memoria. Essa costituisce dunque una forma di creazione, in quanto la nozione reintegrata ha dei tratti di novità, presenta una fisionomia rinnovata . La nozione originaria, cancellata dalla dimenticanza, lascia di sé un’ impronta negativa, su cui viene operata una re-iscrizione. La scrittura rappresenta, nel Fedro di Platone un supporto mnemonico, il mezzo adoperato per conservare l' insegnamento trasmesso dalla parola viva, la parola del confronto dialogico. Il dialogo costituisce l' ambito privilegiato della ricerca del vero, la scrittura ne costituisce solo un riflesso impoverito ma necessario per serbarne traccia. I germogli che crescono nel nostro animo, dimorano nell' immortalità. Essa è il frutto della fissazione del ricordo. Nel Simposio, dialogo platonico dedicato all' eros, Socrate pronuncia un discorso sull'amore ispirandosi all'insegnamento ricevuto da una donna, Diotima, sacerdotessa di Mantinea. L' orazione è tenuta riproducendo la conversazione tra il filosofo e la sacerdotessa. In questo confronto è Socrate a essere interrogato, secondo il metodo da lui reso famoso, acquisendo per gradi la conoscenza di cosa sia l' amore. Diotima asserisce che l’amore tende a possedere eternamente il bene, procreando nel bello. Tutti gli esseri umani sono
gravidi e a una certa età bramano di partorire. “L' unione dell'uomo e della donna comporta un parto. E questa cosa è divina. Nell'essere vivente mortale, vi è questo di immortale:la gravidanza e la generazione... la generazione è ciò che ci può essere di sempre nascente e di immortale in un mortale. ...L' immortalità si desidera insieme con il bene, se è vero che amore è amore di possedere il bene sempre”. Gli esseri umani, dunque mortali, possono procreare nella bellezza, ovvero concepire e generare pensieri immortali, congeneri alla parte più autentica della loro anima, solo se vengano assistiti. Nel Teeteto, il dialogo che Platone dedica alla conoscenza,si trova la celebre definizione della maieutica, l'arte socratica di assistere i suoi giovani interlocutori nella generazione del vero. Le ostetriche dell'antica Grecia erano protette dalla dea Artemide, la vergine guerriera. Come la dea esse erano impossibilitate a partorire, nel loro caso per avere oltrepassato il climaterio. L' umile lavoro di queste donne consentiva la generazione della vita. Solo esse erano in grado di comprendere se il nascituro avesse o no delle chances di sopravvivere e avevano il dovere, talvolta ingrato, di comunicarlo alla madre. Socrate, nato da una donna che esercitava questo mestiere, Fenarete, rivendica una continuità con l' operato della madre, nel suo impegno di orientare i giovani al vero: ...il dio mi costringe a fare da ostetrico, ma mi vietò di generare. Io sono dunque, in me, tutt’altro che sapiente, né da me è venuta fuori alcuna sapiente scoperta che sia generazione del mio animo; quelli invece che amano stare con me ...ne ricavano, purché il dio glielo permetta, straordinario profitto: Ed è chiaro che da me non hanno imparato nulla, bensí proprio e solo da se stessi molte cose e belle hanno trovato e generato; ma d’averli aiutati a generare, questo sí, il merito spetta al dio e a me. Un pensiero inedito, un atto creativo, una nuova vita, non possono aver luogo senza la partecipazione-accoglienza d' altri. L'identità di ciascuno/a di noi si definisce solo a partire da un processo di autocoscienza che si esprime nella facoltà di parlare e agire liberamente nel mondo, imprimendovi il segno della nostra presenza. Ma ciò è reso possibile solo dalla capacità del mondo di reinventarsi di plasmarsi a seguito dell'azione creatrice dei soggetti che assumano l' iniziativa di divenire dei “chi”, ossia delle individualità portatrici di
valori, stante la proposta teorica contenuta ne: La condizione umana. Vita activa, di Hannah Arendt. La filosofa considera il venire al mondo come un atto che rende possibile la definizione di uno spazio di individualità plurali, a condizione che si verifichi lo scambio tra passività e attività, che e iscritto nella trama della vita. Come asserisce Margarete Durst, studiosa della Arendt, ogni nuova nascita è un fatto che si trasforma in evento solo a condizione che si configuri una sfera di relazioni che favorisca l' affermazione dei “chi”. Esso comporta una: “ri-configurazione del mondo.da parte, della comunità umana che nel riconoscerlo se ne fa carico, quindi del/la nuovo/a venuto/a che se ne riappropria, allorché
con il discorso e l’azione mette al mondo se stesso manifestandosi come un nuovo "chi". Con questo termine Arendt indica l’emergenza dell’individualità plurale che ha saputo trarre forza dalla vita ricevuta da altri, per affermarsi sulla scena mondana. Ricevendo la vita abbiamo il compito di trasformare la nostra esistenza in un progetto che renda la nostra presenza al mondo significativa per gli altri e per noi stessi, attraverso il contributo della parola e dell'azione, la capacità di intervenire nello spazio pubblico. A sua volta il mondo accogliendo la nuova vita deve accettare la possibilità di ri-configurarsi, attraverso una definizione rinnovata dei suoi assetti, dei suoi valori.
Come asserisce Margarete Durst, studiosa della Arendt, ogni nuova nascita è un fatto che si trasforma in evento solo a condizione che si configuri una sfera di relazioni che favorisca l' affermazione dei “chi”.
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cittĂ deL futuro per dimenticare La guerra La fotografa olandese Anoek Steketee racconta tredici Luna Park in funzione nei luoghi di conflitto.
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Rossana Campisi
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ono tredici parchi di divertimento. Si trovano in America ma anche in Iraq, Rwanda e Afghanistan. Li ha “scovati” Anoek Steketee, una giovane fotografa olandese, durante uno dei suoi viaggi di lavoro. Si è fermata, li ha visitati e ha osservato la gente tra un ottovolante e un chiosco di caramelle. Ha deciso di fotografarli perché lì dentro, tra colori e musiche, si capisce meglio quello che accade fuori: la guerra e la povertà, le paure e le speranze. Il reportage, comprese le storie raccolte dai giornalisti Eefje Blankevoort e Arnold van Bruggen in viaggio con lei, si chiama Dream City: ha vinto l’edizione 2010 del Dutch Doc Award, il più prestigioso premio fotografico olandese ed è stato in mostra a Firenze, alla Tethys Gallery, fino al 15 aprile scorso, come evento speciale della seconda edizione della rassegna culturale sul Medio Oriente contemporaneo, “Middle East Now”, organizzata dall'associazione Map of Creation, dalla Toscana Film Commission e dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Firenze. Un singolare giro del mondo in tredici amusement park e dieci paesi, visti attraverso luoghi di osservazione davvero speciali. «La prima volta è stata una coincidenza» racconta Anoek. «Era il 2006 ed eravamo a Duhok nel Kurdistan iracheno. Ci ritrovammo in questo parco chiamato Dream City, tra kurdi e soldati americani, sciiti e sunniti, intere famiglie sfollate da Baghdad. Sembravano girare in cerca di una pausa, dalla guerra». Poi, per scoprire gli effetti della sospensione della realtà (e i frammenti di pace), si sono messi a girare il mondo: luoghi colpiti o sfiorati dalla guerra, al limite della democrazia. Ed è diventato un progetto vero e proprio dai mille volti. C'è il Dollywood americano: grande, ben organizzato e pieno soprattutto di gente adulta. Il Bambino Supercity in Rwanda, ben curato, molto caro e affollato più dagli impiegati del parco che dai visitatori. Il Superland israeliano è dieci volte più grande del Funland palestinese (a Ramallah), ed è anche ben curato e facilmente accessibile da tutto il paese. Il Funland invece, oltre ad essere piccolo, ha colori sbiaditi e attrazioni un po’ sorpassate (tranne il cinema in 4D!): la cosa peggiore in realtà è il viaggio che chiunque deve fare per raggiungerlo, anche chi vive a due passi. Per superare tutti i checkpoints lungo la strada non bastano meno di due ore. Nomi diversi, sorrisi diversi. Ogni luogo ha la sua guerra e il suo sogno. Ma tutti, proprio tutti, si impongono letteralmente come nuovi
mondi paralleli. Prendi il Dollywood che riporta ai vecchi tempi, vero tributo degli Usa al secolo scorso quando la città era ancora una città e non una catena di macchine lungo la superstrada: lì la gente, in abiti tradizionali, saluta, ringrazia, offre i cibi preparati con le ricette della nonna e osserva i valori trasmessi dalla Bibbia. Ma anche nel Turkmenbashi’s World of Fairy Tales del Turkmenistan tutto fa riferimento al tema dell’identità turkmena: la ruota panoramica è ornata di gioielli turkmeni, i racconti tradizionali fiabeschi sono riproposti dentro una grotta, e gli ottovolanti sorvolano una mappa del mar Caspio. «Eppure a prima vista, ad un’occhiata superficiale e veloce, sembrano somigliarsi» confessa Anoek. «Gli animali artificiali, le stradine, i giardini ben curati. Tutto sembra uguale. E uguale sembra anche la ragione per cui la gente sceglie di visitare un parco dei divertimenti: lo stesso desiderio di evasione e la stessa ricerca di ciò che un mondo perfetto dovrebbe essere per poter rifugiarsi dentro». Varcando ognuno di quei recinti, però, diventava per Anoek sempre più evidente come quei luoghi erano molto più che parchi dove trovare semplicemente il divertimento. «Sono proprio questi luoghi a giocare un altissimo ruolo simbolico: l’origine, la posizione e il tema scelto per ogni parco offrono significative chiavi di lettura della situazione socio-politia del paese. Dietro la superficiale spensieratezza c’è l’identità di un popolo, è questo ciò che in realtà tutti questi 13 parchi hanno in comune. Ogni persona cerca di realizzare da sempre il proprio sogno. E spesso ciò accade come forma di reazione ai nuovi sviluppi della società. Basta vedere il bisogno che oggi c‘è di una natura, vera o artificiale che sia. O la ricerca di tutto ciò che riporta al passato. Sotto tutte forme diverse di reazione alla modernità. Non c'è nuova forma di architettura oggi che non si ispiri ai palazzi storici e ai vecchi quartieri. Ecco perché credo che le città stanno diventando sempre di più una sorta di parco dei divertimenti loro stesse». Poi accade però che a Beirut, al Luna Park, una bomba esploda e tutto, sogni e giostre compresi, crolla come un birillo a strisce colorate. «Quella volta sono morte 11 persone, tra loro c’era anche un membro del Parlamento. In quel momento, anche il mondo protetto e colorato ha perso la sua innocenza e la sua caratteristica di inviolabilità. Due settimane dopo l’esplosione il parco è stato riaperto e la gente è ritornata. La vita continua, anche grazie alla speciale resistenza degli uomini di fronte alla violenza». Tra dentro e fuori i confini diventano netti e le speranze si trasformano in promesse. «Quando abbiamo visitato il Dream City iracheno la 33
guerra era al suo apice. I giornali erano pieni di morte, attacchi, conflitti. Ogni giorno. Nel frattempo però, nel parco, c’erano sempre bambini che mangiavano gelati, famiglie che ridevano sulle ruote panoramiche, e teenager che si scontravano sugli autoscontri. Kurdi, arabi e soldati americani, cristiani e musulmani, sciiti e sanniti: gente che sarebbe sempre pronta a scontrarsi fuori, lì dentro andava d'accordo amabilmente, si abbracciava e rideva. Cosa è un parco-giochi? Una zona controllata e sicura che offre alla gente distrazione. Questo attrae e mette in connessione apparentemente tutti quelli che vogliono fuggire e dimenticare la loro realtà quotidiana».
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La guerra, lì dentro, è per qualche minuto in standby. «Un concetto difficile forse per noi occidentali che, al massimo, associamo questi luoghi a qualcosa che ha a che fare col divertimento di massa, la società dei consumi: che disprezziamo con apparente snobbismo perché perfetto per gente di “bassa cultura” o bassa estrazione». E così mentre noi scegliamo musei, teatri o riserve naturali per dimenticare lo stress, altrove c’è chi cerca di rifugiarsi in altre evasioni. «Ma dopo questo viaggio, la nostra idea è cambiata».
nuovo si Legge aL femminiLe Rossana Campisi o pensiamo un po’ tutte e ovunque. Ma lì, in Africa, sembra essere verissimo: la storia di un popolo cammina sui piedi delle donne. Accade nel continente nero, forse più che in ogni altro luogo: un destino che oggi è diventato anche lo slogan di una particolare campagna internazionale, Noppaw, ovvero Nobel Peace Prize for African Women, promossa da Solidarietà e Cooperazione Cipsi e ChiAma l’Africa: partita a febbraio andrà avanti fino a ottobre tra eventi, raccolta firme (www.noppaw.org) e una carovana che dall’Africa arriverà a Oslo. E’ lì infatti che Noppaw guarda con la speciale candidatura per il premio Nobel di un personaggio bizzarro. Indefinito e collettivo: sono le donne africane, anonime ma non troppo. Soprattuto in questo periodo in cui è ancora drammaticamente presente il ricordo di tante madri partite dall Libia e morte con i loro bambini nel Canale di Sicilia o di alcune donne etiopi che hanno partorito durante la traversata per Lampedusa. Questa l'attualità ma poi ci sono le storie di chi rimane e lavora nel suo paese, assiduamente e nascosta. Di quelle che hanno un ruolo (per la pace, l’economia, la famiglia e la cura della salute) tanto importante da non poterle sottovalutare. In questo particolare soggetto simbolico candidato convergono storie, indirizzi di reti e associazioni, più di cento volti. Come fosse una spina dorsale dell’Africa fatta di tante costole. Warsan Shire è una di queste: poetessa di 22 anni, nata in Kenya: i suoi genitori fuggirono dalla Somalia negli anni ‘80 durante la guerra civile e si trasferirono in Inghilterra, a Londra, quando aveva sei mesi. La sua storia nasce dalla sua passione per la scrittura di poesie e racconti: canta delle donne somale che vivono in Inghilterra, delle donne della sua famiglia, della loro forza e saggezza.
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La lotta di Isoke Aikpitanyi, nigeriana, contro l’incubo della tratta delle donne
Ha vinto molti premi, è considerata una “spoken word artist”, perché è solita recitare i suoi versi con la “parola parlata” (quasi una comune conversazione), fa parte del movimento letterario dei “Black British Poets”, immigrati di diverse nazionalità e paesi e ha aperto un blog (http://warsanshire.blogspot.com): " perché la poesia può esprimere i sentimenti e le esperienze della condizione di ogni immigrato". Elisabeth Konan Lou Tra è invece la coordinatrice del progetto “La casa di Anna” che ha solo un obiettivo: far studiare le ragazze. Henriette è un'imprenditrice che ha promosso la formazione di un gruppo che produce burro di karitè in Burkina. Isoke Aikpitanyi, nigeriana di 31 anni, è un'ex vittima di tratta, una come tante arrivate in Italia per lo più clandestinamente: donne “trafficate”, destinate al mercato del sesso, gestito da reti mafiose legate a quelle dedite al traffico di droga, armi, bambini e organi. Isoke si è ribellata e oggi dedica la sua vita ad aiutare altre vittime in Italia. Rawya è una ceramista egiziana, la prima del suo villaggio che ha rifiutato un matrimonio perché voleva continuare a fare anche il suo lavoro: suo padre, per questo, le ha bruciato il volto con il kerosene. Ory Okolloh è invece una blogger keniana di 32 anni ma è anche avvocato e mamma, un simbolo della “generazione ghepardi”: un piccolo esercito di giovani africani che attraverso le nuove tecnologie lancia attivi-
tà imprenditoriali, diffonde software open source e promuove iniziative sociali e commerciali. Come Mzalendo (“patriota” in lingua swahili: www.mzalendo.com) con cui monitora i lavori del Parlamento keniano e raccoglie informazioni sulle attività dei deputati, i loro curriculum, elenca le proposte di legge e le analizza. E Ushahidi (“testimone”, in lingua swahili, www.ushahidi.com): una piattaforma internazionale che raccoglie le testimonianze via mail o via sms di chi si trova in un’area di guerra. Idee, rivoluzioni e passioni che ricordano il coraggio con cui le ragazze africane ballavano contro ogni divieto quel Pata Pata di Miriam Makeba. E proprio Mama Africa, ne siamo certi, oggi è in mezzo a queste donne Noppaw. Oggi più che mai.
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nnesimo grande successo per il Festival Finzioni-Videoracconti contemporanei, di scena al Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino di Palermo. Il festival, ideato da Paola Nicita e Rosario Perricone, si è ispirato al celebre racconto di Jorge Luis Borges, e ha puntato al recupero del legame tra immagine e parola, proponendo una sele36
zione dedicata ai nomi più interessanti del panorama della videoarte internazionale. Ospite speciale di questa seconda edizione è stato Nico Vascellari nome di punta della giovane arte contemporanea internazionale. La sua video istallazione Muovendosi rappresenta un’analisi sulla contemporaneità realizzata attraverso metodologie rituali, nelle quali il linguaggio della narrazione viene
continuamente rielaborato realizzando un forte dialogo con il pubblico-fruitore. Il focus sull’artista è stato l’occasione per una narrazione che tra parole e immagini ha restituito il senso della ricerca di nuove strutture espressive. Nico qual’è il carattere comune delle opere che hai presentato a Palermo? «Untitled Song (2004) - Nico & The Vascellaris (2005) - Untitled (81-94-11)», i tre video pre-
Finzioni contemporanee di
Nico Vascellari
sentati pur divergendo per i contenuti sono simili per le modalità di utilizzo della telecamera e per la forte componente sonora A cosa ti ispiri nella creazione dei tuoi lavori ? «Le ispirazioni cessano di essere tali nel momento in cui assumono un nome» Come è nato il tuo percorso di artista? « La memoria fatica ogni qual volta si pensa al termine inizio. Meticolosa scandaglia alla
ricerca di eventi precedenti al primo ricordo. L’invito alla prima mostra lo devo ad un’artista a cui per sbaglio avevo rovinato tre enormi tele alle quali stava lavorando. Le ho calpestate di notte nel buio del suo studio. Non avendo soldi e non essendo assicurato l’ho invitato nel mio studio per distruggere qualcosa di mio. I lavori che avevo realizzato e che tenevo in studio gli sono piaciuti e invece di distruggere tutto mi
ha invitato a partecipare ad una mostra.» Quali sono i tuoi maestri? «Preferisco parlare di compagni di viaggio. Tra questi sicuramente Carlos Casas, Jaime Hayon e Canedicoda.»
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zoe ama La moda e si pone come obiettivo di sostenere e promuovere con entusiasmo La nuova generazione di stiListi siciLiani. sei anche tu un “giovane” talento? hai disegnato e/o prodotto una collezione anche piccola di abiti o accessori (borse, calzature, gioielli, etc.)? allora entra a far parte del nostro laboratorio di moda virtuale iscrivendoti al casting di: trame siciLiane il marchio registrato di zoe magazine che ha già portato per 5 stagioni a parigi durante la fashion week i migliori stilisti e creativi provenienti da tutta la sicilia. ad ottobre la vi edizione di trame siciliane per la prima volta si svolgerà a palermo e avrà come protagonisti i giovani che in sicilia creano la moda, che la amano ed anche coloro che la indossano. un numero speciale di zoe sarà dedicato alla manifestazione. se vuoi partecipare o per saperne di più contattaci: zoemagazine.italy@gmail.com Tel: 091325206
book.stop (segnalibro)
A cura di Alli Traina
Mondi fantastici e mondi che sembrano fantastici ma sono reali, mondi dentro mondi e mondi lontani che si incontrano attraverso la parola scritta…alla ricerca del migliore dei mondi possibili
1- alessia fiorentino
“Sitael 2- l’ombra del principe”, Dario Flaccovio Editore
a giovane palermitana Alessia Fiorentino continua la trilogia “Sitael” con il suo secondo fantasy dal titolo “Sitael 2- l’ombra del principe”. Nel primo libro il protagonista Etenn - un ragazzo che da semplice scudiero scopre di avere una forza e dei poteri sconosciuti - intraprende un viaggio per raggiungere Oreah e salvarla dal buio in cui è immersa. Nel secondo, dopo aver sconfitto Qurash e salvato Oreah, il protagonista si trova alle prese con la battaglia tra il Sole, sovrano della Terra di Lycenell, e Stacra, suo fratello gemello creato da Qurasch. Stacra è nato per uccidere Etenn, così come Etenn è nato per uccidere Qurasch. Un altro viaggio dunque, in cui ad accompagnare il giovane protagonista si aggiungeranno dei nuovi amici a quelli di sempre. Ogni personaggio che l’immaginazione della Fiorentino crea, ha un volto e delle caratteristiche ben delineate. Probabilmente anche perché l’autrice, fin dalle prime volte in cui si è cimentata nella scrittura, ha deciso legare la propria passione per la pittura a quella per la scrittura disegnando tutti i personaggi che immagina, di modo che li possa vedere, averli chiari davanti mentre li racconta. I modi fantastici e le terre inesplorate e sconosciute oltre a essere protagonisti di una narrazione avvincente rappresentano anche le nuove esperienze che si fanno man mano che ci si avvicina all’età adulta.
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f. Scott fitzgerald
“Il Grande Gatsby”, Minimum Fax
on Fitzgerald, Minimum fax, prosegue nella ripubblicazione delle opere dei maestri del Novecento che riscopre attraverso un’idea molto interessante, quella di affidare la traduzione agli stessi narratori, contemporanei e italiani: un incontro tra presente e passato che arricchisce e dà vita nuova ai più grandi capolavori del “Secolo Breve”. La traduzione de “Il grande Gatsby” è firmata da Tommaso Pincio, autore dei romanzi come “La ragazza che non era lei” o “Lo spazio sfinito”.
maria adele cipolla, enzo di pasquale, rossella floridia, martino grasso, Beatrice monroy, gianfranco perriera, elena pistillo, marco pomar,
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“Un'estate a Palermo”, Ernesto Di Lorenzo editore
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alermo d’estate ha un volto del tutto particolare, con il caldo che diventa colore e ricopre ogni cosa di una patina gialla, con quel torpore, quell’immobilità che è cifra della città ma che durante “la bella stagione” si eleva alla massima potenza. Otto autori raccontano Palermo attraverso storie che scandiscono le prime due settimane estive, personaggi minori le cui vicende si intrecciano e si sovrappongono proprio come i vicoli a cui appartengono. In sottofondo l’odore di un mare, vicinissimo ma enormemente lontano.
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alek popov
“Mitologia del tempo che cambia”, :duepunti edizioni.
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ndici racconti, una scrittura tagliente, un’ironia sottile. Il bulgaro Alek Popov li ha scritti tra il 1990 e il 2007 riuscendo in una piccola magia: le situazioni più surreali, gli eventi tanto impossibili da diventare comici e le reazioni più grottesche, si trasformano incredibilmente in storie possibilissime, anzi, in realtà già esistite da qualche parte perché specchio di tutte le assurdità legate alla “mitologia del tempo che passa”, al tempo che cambia e diventa transizione in un mondo sempre più confuso. Dalla disgregazione dell’Unione Sovietica, all’incontro tra l’est europeo post-sovietico e il mondo occidentale. Un “realismo fantastico”, in cui l’immaginario, il fantastico, racconta il quotidiano, lo scardina e ne fa vedere la vera essenza. Come nel secondo racconto, “I Metabolici”, in cui i Paesi dell’Est Europa ricevono dall’occidente degli aiuti davvero particolari: i loro escrementi, di cui hanno scoperto l’altissimo valore nutritivo. Una vicenda paradossale, che grazie all’efficacia data da una scrittura leggera e divertente, svela i vizi e le storture del capitalismo e del consumismo. O come ne “Il caso Anjuta”, scritto un paio di settimane prima della disgregazione dell’Unione Sovietica. «Ricordo di essermi sentito gravemente defraudato» tiene a specificare l’autore nella nota aggiunta al racconto. «Che diavolo era mai successo! La sua esistenza era durata più di settant’anni, non poteva aspettare ancora almeno un paio di mesi?». Il caso Anjuta è la storia di un esperimento condotto sulla scia delle derive della Guerra Fredda: è possibile concepire un bambino nello spazio? Una russa e un americano devono dimostrarlo e consolidare così l’amicizia tra America e Russia. «Col passare del tempo mi convinsi che, a differenza di me, i miei personaggi si sentivano magnificamente in questo assurdo contesto storico. Da qualche parte continuava ancora la Guerra Fredda, le cose erano chiaramente regolamentate, la vita era radiosa. E allora mi saltò in mente che forse la letteratura è più potente della storia. Decisi che avrei dovuto assolutamente pubblicare il racconto prima che si fosse ricostruita l’Unione Sovietica».
viola di grado
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“Settanta acrilico trenta lana”, Edizioni e/o.
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efinita "dark come Amélie Nothomb e letteraria come Elena Ferrante", Viola Di Grado costruisce il suo romanzo sulla lingua, attraverso iperboli, sinestesie, allitterazioni, parole che dipingono una natura al neon, sezionando lo spazio ovattato di questa Leeds ( dove l’autrice ha realmente vissuto durante l’erasmus) letteraria come un bisturi. Vincitrice del Premio Campiello Opera Prima 2011 Viola di Grado ha scritto il suo romanzo appena ventunenne “ Settanta acrilico, trenta lana è la storia di Camelia giovane traduttrice dal cinese di istruzioni per elettrodomestici che vive con la madre muta e ossessionata dal fotografare i buchi di qualunque oggetto la circondi dai mobili al formaggio dopo la morte del marito in un incidente. Camelia ha un abitudine inusuale getta nella spazzatura i suoi abiti nuovi recuperandone in cambio gli scarti di un sarto che vive accanto alei. Abiti mancati che l’affascinano nell’inspiegabile bruttezza. Un viaggio nell’universo della post adolescenza dove l’elaborazione del dolore incontra la fantasia ironica della vita . G.G.
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lettore.cd (alta fedeltà)
A cura di Sergio Cataldi
all “we” need is now
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e qualcuno di voi ha visto, film Almost Famous, uscito nel 2000 e diretto da Cameron Crowe, forse potrà capire a pieno cosa significhi per un fan assottigliare la linea di confine che intercorre tra sé stesso e i propri miti. Nel film sopraccitato, per intenderci, un timido ragazzino adolescente che sogna di diventare un grande giornalista musicale, si trova in modo rocambolesco (bluffando sulla propria età anagrafica) a partire in tour con la propria rock band preferita come inviato della rivista Rolling Stone. Nel corso di questa incredibile esperienza, riesce a dare umanità a quelle che fino a pochi giorni prima erano soltanto le sagome raffigurate nel poster appeso nella sua cameretta, scoprendone i limiti, le debolezze e riuscendo, dal basso della sua giovane età, ad arricchirne la vita e la qualità della propria musica, seppur per un arco di tempo circoscritto, ma bastevole a lasciare un segno indelebile nelle loro vite. Tutto ciò avviene negli anni ’70, raffigurati magistralmente dalla finzione cinematografica del regista statunitense. Torniamo alla realtà dei nostri tempi. Mark Ronson, classe ’75, eclettico dj e produttore britannico, è sicuramente uno che, intendiamoci, di musica ne sa parlare con consapevolezza: musicofilo sin dall’infanzia, cresciuto esponenzialmente da semplice (ma acclamatissimo) dj nei club a produttore di talenti quali Amy Winehouse, Lily Allen, Christina Aguilera, vincitore nel 2008 dei British Awards come miglior artista maschile, con un curriculum che vanta una lista chilometrica di album a sua firma come Rudebox di Robbie Williams o il successone planetario Dutty Rock di Sean Paul, è un ragazzo che di soddisfazioni, insomma, se ne è prese… Ma la ciliegina sulla torta, il capolavoro della sua carriera, la sua Monna Lisa, la realizza oggi, nel 2011 con i Duran Duran, miti della sua infan-
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zia. Mark infatti, coetaneo di chi scrive, non ha dimenticato di aver sentito battere per la prima volta il cuore per una compagnetta delle scuole elementari sulle note di Save A Prayer, né tantomeno di aver ballato estasiato Notorious alle prime feste tra amici dove era incaricato di portare i 45 giri, e da duraniano sfegatato, non gli sono di certo mancate frecce al proprio arco per mettere a segno un incredibile ritorno in pompa magna dei “pretty boys” di Birmingham. Di certo negli anni ’80, quand’era un ragazzino brufoloso, non avrebbe neanche lontanamente
immaginato di poter lavorare ad un loro album, produrlo, suonare la chitarra in un brano e farlo schizzare in vetta a tutte le classifiche, ma è ciò che è avvenuto, ed il risultato è stato letteralmente strepitoso! All You Need Is Now, tredicesimo lavoro dei Duran Duran, esce prima in versione ridotta a nove tracce e acquistabile solo online su iTunes riuscendo a riscuotere subito un incredibile consenso in termini di vendite (in poche ore va primo in classifica in Italia, Germania, Canada, Spagna, Portogallo, Grecia, Finlandia e Belgio) e
successivamente approda nei negozi anche su supporto cd (ed ovviamente in vinile) nella sua versione evoluta e completa di quattordici brani. C’è da chiedersi cosa stia dietro a tutto questo rinnovato clamore a distanza di trent’anni, solo nostalgia? Non proprio. Piuttosto una perfetta sintonia tra due epoche che hanno trovato un punto d’incontro nel presente ad opera di un genio del mixer che sa guardare correttamente al futuro. Uno degli ingredienti della formula magica di Ronson (sorretta da un vero e proprio atto d’amore per la band) è stata l’imposizione di una marcia indietro radicale verso il sound delle loro origini. Fin qui sarebbe stato nulla di nuovo, considerato che negli ultimi dieci anni, in questa atmosfera di diffuso revival degli eighties a 360°, ci hanno provato in tanti a tornare sulle scene con reunion improbabili che nella stragrande maggioranza dei casi si sono rivelate flop colossali di una tristezza infinita! Perché è chiaro che, a riproporsi fedeli alle proprie origini musicali, il rischio di risultare copia di sé stessi è dietro l’angolo. Ma qua il caso è stato diverso. Qua Mark Ronson ha detto a Simon Le Bon e compagni: “ragazzi, andate subito in cantina a togliere la polvere dalle vecchie Roland e raccogliete tutti gli strumenti che dietro il banco regia mi metto io…”. è così che è avvenuto il miracolo. Tutti brani del disco hanno i piedi ben saldati nel terreno del pop più contemporaneo, e Ronson ha lavorato in modo ineccepibile per non discostare più di tanto le strofe dei brani dal sound punk-funk di artisti attuali come Franz Ferdinand, o The Killers. Ma quando arrivano i ritornelli, ecco che esplodono i Duran Duran dell’82, con una freschezza che li investe in ogni dove, soprattutto nel cantato, che sembra essere rimasto immutato dai tempi di Rio, e che, in vari momenti del nuovo album, sembra proprio di riascoltare con la stessa emozione. Il genio del produttore britannico si è rivelato, inoltre, nell’inserire elementi della migliore new-wave d’annata: Being Followed strizza l’occhio ad Atomic dei Blondie tanto quanto Safe lo fa a Rapture degli stessi, dove il ruolo di Deborah Harry nella sua performance rap è invece interpretato da Ana Matronic dei più moderni Scissor Sisters. Proprio a questi ultimi sembra ispirata la ritmica dance-pop di Blame The Machines o di Too Bad You’re So Beautiful, anche se ad ascoltarle sembrano i Duran di Seven And The Ragged Tiger, ma la più rappresentativa in tal senso rima-
ne Girl Panic!, dove ritroviamo i tutti gli elementi che facevano gridare e svenire durante i concerti le ragazze con i capelli super cotonati e i jeans a vita alta: le chitarre funky tanto care agli Chic, percussioni afro ed un portamento dance ’80 della migliore tradizione. Ma a mio parere l’apice del disco è stato raggiunto con The Man Who Stole A Leopard, che ospita nei cori un’altra partner d’eccezione: la pantera nera Kelis. Il brano, sin dalle prime note, riporta il calendario al 1980, anno d’esordio della band che vede l’uscita del loro primo album dal titolo omonimo, e qui le auto-citazioni nei suoni e nella ritmica si colgono a bizzeffe: incominciando dai synth di Tel Aviv e scivolando attraverso i tintinnii di The Chauffeur le emozioni si moltiplicano a dismisura, coinvolgendo chi ascolta in un atmosfera tra il noir e il new romantic che dà davvero i brividi alla schiena. Questo disco, in definitiva , è rivolto sia ai fan di vecchia guardia, che avranno modo di ritrovare i loro beniamini in forma smagliante, sia a chi ai tempi di Wild Boys non era ancora arrivato sul “pianeta terra”. Dal canto loro i Duran (e fanno bene) non sfoggiano più camice con i lustrini e pantaloni sgargianti. Da uomini di mezz’età quali sono diventati, c’è chi come Simon Le Bon ha fatto crescere la barba e chi i chili di troppo li ha nascosti sotto un abito elegante sciccosissimo, uomini di mezz’età che, ovviamente, non sarebbero più in grado di saltare da un lato all’altro del palco come animali impazziti come ai tempi di Arena. Eppure sotto quel palco, anche quei fan che sono cresciuti con loro, cambiando look ed età, continuano ad essere sempre presenti, cantando ed emozionandosi come trent’anni or sono, messi fianco a fianco ai tantissimi di nuova generazione. Ed è bene ricordare che è proprio grazie ad un loro fan di vecchia guardia che devono questo ritrovato successo, quel Mark Ronson che si è messo alla guida di un auto d’epoca accessoriandola di tutto punto. Parliamoci chiaro, non è da tutti mettere un Tom Tom su una Panda dell’82 e farle vincere un Gran Premio!
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Chloè Sevigny per Open Cerimony
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a cura di Gioia Gange
Jungle (eyes)
Intuizioni animali e forme botaniche il pop si ispira alla natura
Dall’alto in senso orario: pendenti Lidia Lucchese, tracolle fruit H&M, plateaux Marc by Marc Jacobs, collana in tessuto L’AB Microatelier, bracciali con teschio Vanities, ballerine in pitone Lanvin, collana e bracciale vegetale Lanvin, sandalo Marc by Marc Jacobs, sneakers Lacoste, sandali Tila March, trench Lanvin, tribu bracciali Roarke. Lanvin in esclusiva a Palermo da Torregrossa Libertà
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Lost in paradise... perdersi nel bosco ritrovarsi nella savana vestire il lungo avvolgersi tra ifiori a cura di gioia gange foto: fatos vogli illustrazioni: margot falzone
Tutti gli abiti e gli accessori sono in vendita da Biggi Via P.pe di Villafranca 40, Palermo Tel: 091-6118474
indossare le foglie non separarsi da una sciarpa mimetizzarsi nei colori del sole...
a cura di Gioia Gange
preppy time
La nautica incontra la strada e le righe lasciano il college è l’era del glamour sport 50
Dall’alto in senso orario: Portaprofumo Gautier, shopping Chanel, mocassini H&M, bracciale con cima nautica Miansai, occhiali Andrè e Annabelle per Illesteva, bracciale Roarke, tracolla Loewe, occhiali H&M, maccarons Ladurée in edizione limitata per colette.fr, orologio navy Swatch, packacing palette eyes Yves Saint Laurent, felpa H&M, t-shirt nazionale rugby francese Nike. Chanel, Céline, in esclusiva a Palermo da Torregrossa Libertà.
Total look CĂŠline In esclusiva a Palermo da Torregrossa LibertĂ
Avec moderation
quando iL fLat incontra iL fouLard
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’esperienza eccellente delle manifatture toscane e la ricerca di materiali di pregio fanno di Avec Modération un “Hand made in Italy” da manuale: non serve ostentare per essere perfetti, con moderazione tutto è possibile. Avec Modération nasce a Firenze nel 2010, una nuova idea di stile, una nuova eleganza, riassunta in Capsule Collection di forte identità estetica. Sandali che reinterpretano il genere classico con ironia, in due versioni: Flip Flop con una fascia dove infilare il piede e Open Toe per lasciare libera la punta, entrambi disponibili in 16 colori, riassunti nei variopinti foulard che avvolgono la caviglia, facendone l’ultraflat più in voga per questa stagione.
Avec Moderation in esclusiva a Palermo da Torregrossa Libertà, Palermo.
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Pensieri per la testa
riscoprire La passione per i cappeLLi
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opo l’enorme esposizione mediatica del matrimonio di William e Kate d’Inghilterra la nuova passione per i cappelli ha attraversato la manica rinsaldando la più mediterranea tradizione del borsalino. E allora spazio alla fantasia dalle multirighe di Missoni, alle fantasie provenzali proposte da Promod e Accessories ai più classici di Dorothy Perkins.
Dall’alto: Come la trama di un merletto, Dorothy Perkins; con fascia provenzale o con fiore applicato, Promod; multirighe o in spugna, Missoni; a bombetta, con foulard o millefiori, Accessories.
on the road con Alessandra Marchi Giulia Carcani
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lessandra Marchi è pura avanguardia. Inventa nuove soluzioni tessili, sperimenta linee e volumi, immagina capi ibridi chiamati a flirtare con il corpo che li indossa. E così facendo stupisce, coinvolge, seduce un pubblico sempre più nutrito e fedele, che prima di essere italiano è stato orientale e americano. Perché Alessandra, nella sua marcia alla conquista del mondo, è partita da lontano per arrivare alle passerelle italiane – difficili nel loro essere compiaciute e altere – con una cifra stilistica matura e un rassicurante bagaglio di riconoscimenti e consacrazioni internazionali. Il 26 febbraio Alessandra Marchi è sbarcata alla Milano Fashion Week e lo ha fatto all’insegna dell’innovazione, con un défilé che ha stupito su tutti i fronti. “The first fashion show on a metro train” è stata la tua sfilata. Come è andata? «Sono molto soddisfatta. La scelta di sfilare in metropolitana ha messo in risalto il mio stile dinamico e urbano e ha riscosso enorme successo di buyers e stampa.»
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Un défilé, ma anche una performance di danza, visto che le ragazze che hanno sfilato non erano modelle ma ballerine professioniste. «La sfilata si è svolta su un treno in viaggio e questo richiedeva esperienza e autonomia nel movimento che solo delle performer potevano avere. Inoltre, volevo che le ragazze rappresentassero un’umanità quotidiana e varia, la stessa che ogni giorno anima i treni di ogni grande città. Per questo, al posto dell’uniformità perfetta delle modelle, ho privilegiato la varietà di taglie ed età delle ballerine. Così, i miei abiti fin dalla prima apparizione sono stati vissuti da donne vere e comuni. Senza dimenticare il coreografo Roberto Castello, che ha curato la regia della sfilata, e il sound designer Andrea Cera: insieme hanno interpretato alla perfezione il mood della serata.» Il tuo assioma creativo potrebbe essere riassunto nella formula asimmetria + dinamismo. «Mi lascio guidare dalla plasticità dei materiali che scelgo, sui quali lavoro a lungo per creare un equilibrio fatto di contrasti e contrappesi.» I tuoi abiti violano la regolarità delle linee e la classificazione dei capi.
Cosa ti porta a cercare soluzioni così inusuali? «La ricerca di una nuova femminilità: attuale, in bilico fra maschile e femminile, fra tradizione e innovazione.» L’innovazione firmata Alessandra Marchi ha anche un cotè tessile: hai presentato cappotti in lana e fibra di carta, pelle accoppiata ad alpaca e doppiata con garza di cotone, lana modellata da fili di nylon, mohair che termina in garza di seta. I tessuti tradizionali ti stanno stretti? «Tutt’altro, cerco di trovare per i tessuti tradizionali nuove interpretazioni e inedite applicazioni. E in questo mio continuo sperimentare posso contare sulla collaborazione con alcune realtà tessili italiane d’eccellenza.» Parola d’ordine: adesivature e accoppiature. Di che si tratta? «Ho cercato di unire materie diverse “compenetrandole” fra loro per ottenere nuove superfici e nuove plasticità.» Il prossimo passo? «Continuerò la mia ricerca di dinamismo destrutturato e asimmetrico, inseguendo anche nuove cromie. Il colore può essere la nuova via.»
Foto: Hasse Nielsen
Winter news
chaneL Lancia boy : borse maschiLi soLo neLL’anima
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uone notizie per tutte le Chanel addicted, la griffe ha lanciato una nuova linea di borse che si chiamerà New Boy Bag collection e arriverà nei negozi a partire da settembre 2011, queste borse fanno parte della collezione autunno inverno 2011/2012.
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Collezione S/S 2011 Chanel. In esclusiva a Palermo da Torregrossa LibertĂ
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The color INSIDE L’intimo si veste dei colori della primavera. Addio al sexy nero o al classico bianco, la lingerie nasconde segreti colorati. Dall’alto in senso orario: reggiseno e coulotte in versione verde acqua o blu Chantelle, Regiseno e slip rosa pallido Chantelle, reggiseno e slip in versione arancio o con inserti in pizzo Aubade, reggiseno e coulotte Aubade; nella pagina accanto la nuova collezione primavera estate declinata nei soft color di Passionata. Tutta la lingerie di questo servizio è in vendita presso la Boutique des Corsets. Via M.se di Villabianca 106/112, Palermo
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Sunny Days a cura di Antonia De Capua
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Bronze Godness Il sole di Estéè Lauder E’ sempre ispirata alle atmosfere mediterranee la collezione Bronze goddess, il makeup estivo che Estée Lauder rinnova ogni stagione pensando alla pelle e al gusto. L’estate 2011 pone l’accento sullo sguardo, il cui fascino è affidato a un’intera palette di 6 ombretti e al mascara Sumptous waterproff, mentre le labbra luccicano con Gloss trasparenti e iridescenti, la pelle del viso domina con toni dorati di Blush e Bronser e la pelle del corpo odora di Eau fraiche , la fragranza pieno sole, senza alcool, perché la pelle non si macchi e non si irriti durante l’esposizione. Bronze goddess Soleil Eau fraiche è la luminosità del sole in bottiglia. Bronze goddess Soleil Eau fraiche, Estée Lauder € 70,00 Sea Star bronzing blush, Estée Lauder € 44,00
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Magdala: la nuova linea di Laura Tonatto Magdala è la prima linea di prodotti per il corpo e per l’ambiente che applica scientificamente i principi più innovativi dell’Aromacologia. La collezione realizzata da Laura Tonatto in collaborazione con 12 ricercatori italiani, è il frutto di uno studio durato più di due anni. I prodotti distribuiti esclusivamente in farmacia, sono realizzati con le migliori materie prime e con le più avanzate tecnologie produttive. Una nuova generazione di fragranze per il corpo e per l’ambiente, un detergente per il corpo, per i capelli e per le mani per ritrovare equilibrio e armonia, energia, stimoli ed euforia, concentrazione, memoria e facilità di comunicazione, per calmare l’ansia, per risollevare l’umore.
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Contro le macchie Melaperfect Darphin
Il problema delle discromie riguarda tutte le donne e tutti i tipi di pelle. Facendo tesoro dell’esperienza e della competenza di Pierre Darphin, che creò il suo primo siero nel 1958, i Laboratori Darphin hanno creato Melaperfect Trattamento Correttore Anti-Macchie, un innovativo prodotto anti-macchie per un incarnato perfetto e uniforme. Melaperfect è stato sviluppato per correggere in modo efficace le macchie scure e prevenirne la formazione grazie all’innovativa tecnologia Selectiv Mela-System™, in attesa di brevetto, che contiene l’estratto di Trametes Versicolor e che è in grado di micronizzare gli accumuli di melanina all’origine delle macchie scure. Combinando la piacevolezza della texture e l’efficacia comprovata della tecnologia, Melaperfect è il trattamento di bellezza quotidiano ideale per tutti i tipi di pelle. Melaperfect, Darphin- € 65,00
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Fiale effetto lifting istantaneo Collistar (Nuova formula) Perfette per un immediato risultato di luminosità e splendore. Ideali come intervento d’emergenza prima di una serata importante o quando il viso appare stanco e segnato. Ancora più efficaci, grazie alla nuova formula potenziata, distendono come per magia i lineamenti, attenuano le rughe, cancellano in un istante i segni e della stanchezza, mantengono il viso luminoso e ultra-levigato per ore. E nello stesso tempo idratano ed energizzano i tessuti cutanei per una più profonda azione di trattamento. Merito di un innovativo complesso tensore che, creando un impercettibile film elastico sulla superficie epidermica, ‘stira’ il viso con un istantaneo e naturalissimo effetto lifting lungadurata. Fiale effetto lifting Collistar: €
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LIBRI
Cerchi Zoe? V i s i t a n e l s i t o w w w. z o e m a g a z i n e . n e t , l’elenco degli indirizzi dove trovarlo in tutta Italia
Per tutte le mostre e altri eventi legati all’arte visita il sito www.zoemagazine.net
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a pittrice e scultrice di fama internazionale, Rabarama, a distanza di tre anni, torna in Sicilia e sceglie il Sicilia Fashion Village per esporre le sue magnifiche opere. “Bozzolo”, “Im-plosione” e “Tras-porto”, i nomi delle sculture dell’artista tra le più influenti del momento, che sono state svelate in occasione dell’evento - organizzato da Happening emilia per Sicilia Fashion Village, su gentile concessione della galleria Vecchiato di Padova. Rabarama, infatti, sperimenta un modo originale per descrivere la figura uman. La metamorfosi incarna l’ideale svolgimento di un’intera esistenza, per cui dalla condizione iniziale di soggetto vincolato, si arriva ad una condizione esistenziale di completa rigenerazione attraverso la libertà.
y itaL n i e ognato mad o Cod i di Mar A cura
2011 luglio 3 2 l a Fino Y LLER N GA 6 - Roma A I S GAGO co Crispi 1 ances Via Fr
n occasione dei 150 anni dall’Unità d’Italia, Gagosian Gallery è lieta di annunciare Made in Italy, un’importante mostra collettiva nel suo spazio romano di Via Francesco Crispi 16. Curata da Mario Codognato, la mostra intende tracciare un inedito percorso italiano attraverso l’opera di alcuni tra i maggiori artisti degli ultimi 60 anni: Georg Baselitz, Jea n Michel Basquiat, Joseph Beuys, Dike Blair, Marcel Duchamp, Alberto Giacometti, Douglas Gordon, Andreas Gursky, Keith Haring, Damien Hirst, Howard Hodgkin, Mike Kelley, Jeff Koons, Louise Lawler, Roy Lichtenstein, Richard Prince, Robert Rauschenberg, Gerhard Richter, Richard Serra, Cindy Sherman, David Smith, Thomas Struth, Cy Twombly, Andy Warhol, Lawrence Weiner.
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Mostre the n i art et e r t s
011 gosto2 ch a 8 ’ l l t Fino a Jeffrey Dei i d a cura MOCA es ngel Los A
Mirò Tate Modern - Londra fino al 11 settembre 2011 www.tate.org.uk
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rt in the Streets è la prima grande retrospettiva siglata da un musea U.S. per celebrare l’arte di strada. Curata dal direttore del MOCA Jeffrey Deitch e da Roger Gastman and Aaron Rose, la mostra vuole tracciare lo sviluppo del fenomeno dei graffiti e della street art dal 1970 al movimeto globale che si è attualmente creato, concentrandosi su città chiave come New York, Los Angeles, San Francisco, Londra, e San Paolo, dove il linguaggio visivo ha trovato i sui primordi sino a svilupparsi nelll’attuale forma d’arte. La mostra è composta da dipinti, sculture, e istallazioni interattive realizzate da più di 50 degli artisti più attivi sulla scena internazionale e vuole enfatizzare il ruolo di Los Angelesnell’evoluzione del graffitismo e della street art con una speciale sezione dedicata a due movimenti locali come il cholo graffiti e la Dogtown skateboard culture.
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ni o i z a n um i
2011 mb r e e v o n l 27 ’arte Fino a n a le D o i z a n er zia n e In t osizio nale , Vene p s E n 54 e i La B
i
n occasione della 54 Esposizione Internazionale d’Arte, La Biennale di Venezia, diretta da Bice Curiger, la Fondazione Sambuca di Palermo, grazie ad un accordo di collaborazione con l’Ente La Biennale di Venezia, ha scelto di sostenere insieme a la Casa di Cura di Alta Specialità La Maddalena (nell’ambito del programma “Arte per la vita”), e a Francesca Planeta e Chiara Planeta l’artista messicana Mariana Castillo Deball, l’artista britannico Martin Creed e l’artista francese di origini algerine Philippe Parreno. La mostra internazionale, quest’anno dal titolo ILLUMInazioni, allestita al Padiglione Centrale dei Giardini e all’Arsenale formando un unico percorso espositivo attraverso Venezia, si svolgerà dal 4 giugno al 27 novembre 2011.
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Zoecitynews
Zoe citynews
Palermo
a british afternoon henry cotton’s da veLa surf a paLermo
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n pomeriggio all’insegna della moda e del glamour dello storico brand Henry Cotton’s. Con un trunk show ispirato alla nuova campagna primavera/estate 2011 siglata dal fotografo Tim Walker ed ambientata nella campagna inglese si è festeggiato l’arrivo della bella stagione nell’esclusivo party organizzato per Vela Surf a Palermo da zoemagazine. Tra gli ospiti il conte Lucio Tasca d’Almerita, presente con una prestigiosa selezione di vini d’alta collina dalle tenute Regaleali.
Dall’alto in senso orario: Gabrieli, Manfredi, Marcella, Enrica e Flavia indossano abiti Henry Cotton’s in vendita da CARO CAVALLO in via Manin, 15 e VELASURF in via E. Albanese, 9. Hair: Giuseppe Lepre per Poe Rava Make up: Margot Falzone Foto: Fabio Sciacchitano 62
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ze sulle frequenut life dei Think abo
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Zoemagazine Zoe MAgAZINe n. 31- Anno X- 2011 Registrazione Tribunale di Palermo n. 14 del 10/07/2002 Direttore editoriale/ Director in chief: Gioia Gange Direttore responsabile/ Director: Rossana Campisi Coordinamento editoriale/ Editorial coordinator: Antonella de Rinaldi Testi/Words: Ludmilla Bianco, Giulia Carcani, Sergio Cataldi, Germano D’Acquisto, Marco De Masi, Michele Dotto, Cristina Galasso, Daniela Gambino, Luca Lucchesi, Marco Pernice, Mimmo Quaranta, Alli Traina,Andrea Trimarchi, Silvia Zammitti Fotografie/ Photography: Rhett Butler, Pauline Niks, Fabio Sciacchitano, Alli Traina, FatosVogli. Collaboratori internazionali/ International Contributors: Matthew Barker, Rhett Butler, Pascale De Baker, Pauline Niks, Claudia Rech, Hella Wenders. Illustratori/ Illustrators: Margot Falzone. Traduzioni/ Traslation: Nathalie Blanckaert, Michele Dotto. Direttore marketing/ Marketing management: Alberto Gange. Pubbliche relazioni/P.R.: Licia Guccione Grafica/ Graphic project: Camelia comunicazione Zoe magazine redazione e amministrazione: via P.pe di Villafranca 42/A - 90141 Palermo tel/fax +39 091-325206 e-mail: zoemagazine.italy@gmail.com Per la pubblicità su Zoe magazine: via P. pe di Villafranca, 42/a, tel: +39 091-325206 e-mail: zoemagazine.italy@gmail.com www.zoemagazine.net Stampa: Officine Grafiche Riunite Distribuzione: Ania
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