Fermitutti 26

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era di ritorno insieme al collega del Burundi Cyprien Ntaryamira da un colloquio di pace. Ancora oggi è ignoto chi fece partire quel missile. Il giorno dopo 7 aprile a Kigali e nelle zone controllate dalle forze governative (FAR, Forze Armate Ruandesi), con il pretesto della vendetta, iniziarono i massacri della popolazione Tutsi e di quella parte degli Hutu che era imparentata con questi o schierata su posizioni più moderate, ad opera della Guardia Presidenziale e dei gruppi paramilitari Interahamwe e Impuzamugambi, con il supporto dell'esercito governativo. Il segnale dell'inizio delle ostilità fu dato dall'unica radio non sabotata, l'estremista "RTLM" che invitava a seviziare e ad uccidere gli "scarafaggi" tutsi. Per 100 giorni si susseguirono massacri e barbarie di ogni tipo. Uno dei massacri più efferati fu compiuto a Gikongoro, l’allora sede dell’istituto tecnico di Murambi: oltre 27.000 persone vennero massacrate senza pietà e la notte dalle fosse comuni il sangue uscì andando ad inumidire il terreno. Per dare un’idea sommaria di quello che avvenne, basti pensare che in un giorno vennero uccise circa ottomila persone, circa 333 in un’ora, ovvero 5 vite al minuto. Il massacro non avvenne per mezzo di bombe o mitragliatrici, ma principalmente con il più rudimentale machete e con terribili bastoni chiodati, fatti importare per l’occasione dalla Cina. Il genocidio ruandese ebbe termine nel luglio 1994 con la vittoria del RPF nel suo scontro con le forze governative. Giunto a controllare l’intero paese l’RPF attuò una risposta al genocidio che aggravò ulteriormente la situazione umanitaria in quanto comportò la fuga di circa un milione di profughi Hutu verso i paesi confinanti Burundi, Zaire, Tanzania e Uganda. Le vittime di questa guerra civile furono dagli 800.000 a 1.071.000. Matteo Andreoli 32


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