RENDE NEL SEICENTO

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Preside. Mentre lo Spinelli, per sadico spirito di vendetta faceva arrestare a tradimento i maggiorenti di Rende, il Marchese Ferdinando fece inseguire ed arrestare tre messi dal popolo inviati al Duca d'Arcos, ma la petizione giunse a destinazione, e nel contempo, mentre tutti i paesi avevano ottenuto la pace, solo ai cittadini di Rende egli negava di applicare i benefici contemplati dall'indulto generale

di cui alla

Prammatica dell'8 aprile 1648. Ogni controversia economica venne appianata in data 13.4.1649 per atto del Notar Francesco Scavello di Cosenza. Relativamente alla famiglia Baronale, dai protocolli del Notar G. G. Conte si apprendono le seguenti notizie. Dopo l'indulto generale del 1648, il Marchese di Rende rientrò nei propri domini, ma più che a Rende, per l'inaggibilità del Castello, faceva dimora a Fiumefreddo e in San fili, dove trasferì la sede della Corte, e si troverà a Rende nel giugno del 1652. Anche se dominato di spirito di rivalsa, egli non ricorse agli efferati atti di rancore e di vendetta, come pur fecero invece il marchese D'Oriolo e il Preside Spinelli. Favorì tuttavia egli il formarsi nel suo stato di battaglioni a piedi dotati di scoppetta e di fiaschetta e di una compagnia di milizia a cavallo, cui l'Università forniva le armi, cioè spada, archibugi e fiasche. Nel 1652 il Marchese D. Ferdinando Alarcon y Mendozza, Marchio Vallis Sicilianae et Rende, nomina un procuratore perché gli erano pervenute "lettere incuitoriali" del Vescovo di Tropea per aver tenuto in carcere un sacerdote. Nel medesimo 1652 ci fu in Rende l'impiccaggione di un reo per ordine della Corte Marchionale, e due altri l'anno successivo con divisione de corpo e l'esposizione in luoghi 261


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