Il magazine del volontariato
Ottobre 2018
Insieme in OPBG | Ottobre2018
Il valore della collaborazione Pag. 5
La nuova vita dei volontari al Bambino Gesù Pag. 8
Il volontariato nel mondo: la storia degli Special Olympics Pag. 12
Indice
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www.ospedalebambinogesu.it
“Una casa per tutti i supereroi del Bambino Gesù” Pag. 6
La valigia dei giochi: Colpo di mano Pag. 10
La festività del mese: perché il 2 ottobre abbiamo festeggiato i nonni Pag. 14
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Magazine
Insieme in OPBG | Ottobre2018
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1 Il valore della collaborazione di Francesca Rebecchini
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a narrazione, il saper raccontare ed il saper ascoltare delle storie, è il modo attraverso il quale si instaurano le relazioni umane. Tutto ciò oggi vale anche nella relazione tra medico e paziente, tessere relazioni umane, “prendersi cura” del paziente in senso globale, comprenderne il vissuto e i bisogni, espressi e inespressi, entrando in empatia con la persona nel processo di cura. Partendo da questo presupposto, ci rendiamo conto che tutti gli operatori sanitari, medici e infermieri, con la collaborazione dei volontari sono chiamati a contribuire a questo processo con umiltà, disponibilità e attenzione.
Comunicare responsabilmente, per il benessere del paziente, con tutti i soggetti coinvolti nella sua assistenza, cercando di lavorare in rete per ottimizzare la cura e le prestazioni a lui dedicate. In pediatria, le relazioni che si vengono ad instaurare, devono tener conto del fatto che il paziente è generalmente un minore e che accanto a lui c’è la sua famiglia, i suoi genitori che vanno supportati tanto quanto i loro figli. Il volontario in OPBG ha un ruolo sempre più specifico: è colui che in ospedale rappresenta la normalità, la figura esterna che con le sue capacità di “facilitatore” rende l’impatto ospedaliero più morbido, è lo zio, il nonno, l’amico, il parente, la persona nella quale trovare un so-
stegno concreto anche nei momenti più difficili. Dal volontario ci si aspetta molto. L’indicazione per il reparto, la conoscenza delle procedure burocratiche, il nome dell’infermiere o del medico, la soluzione di piccoli problemi come un buono per la mensa o il tempo per un caffè dopo giorni di ospedalizzazione, la sostituzione per qualche ora di un genitore che si deve assentare o addirittura la compagnia ad un bambino che la mamma non ce l’ha, il regalino a sorpresa per il bambino proprio il giorno del suo compleanno, e poi… ancora tanto, tanto altro sempre con un sorriso e con un gesto gentile che ti fa sentire un po’ a “casa”, alleviando le sofferenze di tutti!
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2 “Una casa per tutti i supereroi del Bambino Gesù” di Silvia Ranocchiari
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Siamo stati all’inaugurazione della Casa del SuperEroe, realizzata per i pazienti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù dall’associazione “Un... due... tre... Alessio” Onlus
n pomeriggio di sole, di quelli che Roma è solita regalarci nelle sue giustamente famose ottobrate. L’ingresso della Stazione Ostiense ornato di palloncini rossi che ci guidano verso il luogo della festa. Infatti, è proprio questo che troviamo, una bellissima festa in un grazioso giardino, con palloncini, bambini che giocano, persone che sorridono, si abbracciano e che si commuovono… Tanta gioia e tanta commozione per l’inaugurazione di una nuova casa per l’accoglienza di pazienti e famiglie dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, realizzata dall’associazione “Un... due... tre... Alessio” Onlus. Tanta commozione perché sono presenti la mamma e il papà di Alessio, il fratellino, i suoi amici, il medico che lo ha curato, la maestra e le volontarie che lo hanno accudito nei lunghi periodi trascorsi in ospedale.
Negli ultimi anni della sua malattia, che si era manifestata a soli 14 mesi di età, Alessio è stato curato all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù affrontando tre trapianti di midollo osseo, donato sia dalla mamma che dal papà. Tanta gioia per il grande obiettivo raggiunto da questa Associazione che, con le sue attività, si pone l’obiettivo di sensibilizzare sul valore della donazione di midollo osseo e di offrire una casa e un sostegno economico a chi è costretto a trasferirsi per affrontare lunghi periodi di terapia. “Il nostro cuore è colmo di gioia quando pensiamo che la Casa del SuperEroe, da che era un progetto, un sogno: ora esiste.” Il cuore colmo di gioia è quello della mamma di Alessio, nonché presidente dell’associazione, Sonja Caputo, che ci dice: “L’intento dell’Associazione è continuare a lavorare con amore e impegno, in ricordo di Alessio, L’ASSOCIAZIONE “UN… per far sì che gli appartamenti possaDUE…TRE…ALESSIO” ONLUS no diventare sempre di più. Vogliamo L’associazione “Un...… due...… tre...… aiutare chi è costretto a stare lontano Alessio” Onlus è nata nel marzo 2015 dalla propria città a ritrovare quell’ined è dedicata appunto ad Alessio, un timità e quell’atmosfera di casa così bimbo che per nove lunghi anni ha importante per affrontare più serecombattuto con grinta la leucemia. namente la malattia di un figlio”.
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LA CASA DEL SUPEREROE Quello che visitiamo è un appartamento dalla cui ristrutturazione sono stati ricavati due bilocali indipendenti, dotati di camera, cucina e bagno, arredati con colori vivaci, che trasmettono allegria. Potranno ospitare due nuclei familiari per un totale complessivo di 8 posti letto. E c’è anche il giardino esterno per giocare! “Abbiamo scelto questo nome – continua Sonja – la Casa del SuperEroe, perché questa casa non è solo la casa del nostro Alessio, ma anche di tutti i supereroi che, come lui, hanno lottato e stanno lottando con coraggio contro la propria malattia”. Quindi non possiamo che ringraziare Sonja e l’associazione “Un...… due...… tre...… Alessio” Onlus, e unirci a loro nel ringraziare tutte le persone, le aziende e le istituzioni che sostenendo l’associazione hanno permesso la realizzazione di questo “primo” sogno.
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La Casa e o r E r e p u S del
L’appartamento è di 70 metri quadri e si trova nel complesso della Stazione Ostiense ed è stato concesso in comodato d’uso da RFI - Rete Ferroviaria Italiana
Ha due bilocali indipendenti che possono ospitare due nuclei familiari
Ha 8 posti letto in totale La ristrutturazione è stata resa possibile soprattutto dal finanziamento di Sorgenia, con i fondi raccolti dal progetto di solidarietà “Make it a better place” 7
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La nuova vita dei volontari al Bambino Gesù
di Anna Maria Ardini
di Giada Marchetti
Intervista doppia a Barbara Tarquini e Claudia Colloca, due delle volontarie formate dal percorso di formazione dello scorso anno
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ue storie diverse, un desiderio comune. Aiutare gli altri è un’esigenza che per Barbara Tarquini e Claudia Colloca viene da percorsi diversi. Le loro strade si sono incrociate durante il percorso di formazione per volontari organizzato lo scorso anno dal Bambino Gesù. Dopo la formazione, è iniziata la nuova vita in corsia per Barbara e Claudia. Le abbiamo intervistate per conoscere le loro impressioni.
è dar vita a progetti a sostegno del reparto di Oncoematologia del Bambino Gesù”. Barbara: “Mi chiamo Barbara Tarquini, ho 50 anni, e ora, con l’associazione OFFICIUM, presto servizio presso il reparto di Fibrosi Cistica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Nella vita, lavoro come contabile nel panificio di famiglia, sono sposata e ho due figlie di 15 e 24 anni”.
Barbara, Claudia, qual è la vostra storia?
Claudia: “Conoscendo il reparto, non ho avuto problemi ad ambientarmi. Quando ho cominciato a girare da sola, ho fatto tesoro delle parole e degli insegnamenti ricevuti dalle mie tutor Annamaria Ardini e Luciana Marinelli.”. Barbara: “Grazie al percorso di formazione e tutoring messo a disposizione dall’Ospedale, non ho avuto difficoltà a inserirmi nel reparto. Certo, c’è sempre un attimo
Claudia: “Il desiderio di fare la volontaria al Bambino Gesù è nato per mettere a disposizione degli altri la mia esperienza di vita e di fede. Nel 2015 ho perso mio figlio Emanuele e ho costituito con un gruppo di amiche importanti nel mio percorso, l’Associazione Infinito Amore da Emanuele Ciccozzi Onlus. Il nostro scopo primario
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Quale è stato il primo impatto entrando per la prima volta nel reparto da sole, senza la tutor?
di esitazione prima di entrare in una stanza. Il reparto di Fibrosi Cistica accoglie piccoli pazienti, ma anche adolescenti e adulti, per cui non c’è una modalità univoca di approccio al paziente o ai suoi familiari. All’inizio, il mio maggior timore era quello di poter disturbare, poi mi sono resa conto che offrire al prossimo un sorriso, un po’ del proprio tempo, sia per ascoltare un genitore che ha bisogno di fare due chiacchiere, che per giocare con un bimbo annoiato mentre la mamma va a fare una passeggiata, non può recare disturbo”.
Che difficoltà hai trovato?
Claudia: “Dopo aver superato il primo impatto emotivo, tutto è venuto naturale”. Barbara: “Sinceramente non ho incontrato difficoltà. Quando ho dubbi di varia natura sull’attività di reparto, non esito a confrontarmi con la mia tutor o con le colleghe dell’Associazione, che prontamente mi indirizzano verso i comportamenti più appropriati”.
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Le tue esperienze preparatorie sono state utili nel rapporto con il paziente?
Claudia: “La preparazione ricevuta dal percorso di formazione mi ha aiutato a fortificare la preparazione personale già acquisita, e soprattutto a fare miei i comportamenti più corretti, con il fine di prestare un servizio ottimale ai bimbi e alle loro mamme”. Barbara: “Senza il corso di formazione non avrei potuto intraprendere questa attività. Il corso ti prepara ad affrontare varie situazioni, sia dal punto di vista umano che pratico. Fondamentale, poi, il tirocinio successivo al corso, nel quale ho osservato la delicatezza con cui la mia tutor, Teresa, entrava in contatto ed in sintonia con i pazienti ed i loro familiari, rendendomi conto che ogni volta che entravamo in una stanza, lasciavamo una piccola traccia indelebile del nostro passaggio”.
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Sei riuscita a creare un contatto con il personale sanitario?
Claudia: “Ho vissuto il reparto per quasi sei anni, durante la malattia di mio figlio, ed è quindi un luogo in cui oltre ad avere rapporti cordiali e collaborativi col personale sanitario, ho anche dei legami affettivi”. Barbara: “Questo è stato un po’ più difficile, non per la mancanza di disponibilità del personale sanitario, ma per il mio carattere un po’ timoroso di intralciare le attività di reparto. In realtà, poi, quando il personale entra nella stanza del paziente dove mi trovo anche io, il clima è talmente disteso, rilassato e spesso giocoso, che mi sento, con molto piacere, parte integrante dell’intera struttura. Capita spesso, inoltre, che sia proprio il personale a informarmi di particolari esigenze nel reparto e che quindi mi coinvolga direttamente per aiutare una mamma o un paziente”.
Ti senti appoggiata o sostenuta dall’Associazione?
Claudia: “L’Associazione Infinito Amore da Emanuele Ciccozzi Onlus è giovane ma sta cercando di creare una rete di volontari a supporto dell’Ospedale. Questa attività è parte integrante e importante degli scopi della nostra Onlus”. Barbara: “L’Associazione è un punto di riferimento fondamentale. Ci scambiamo opinioni, informazioni, ci supportiamo e ci formiamo insieme. Far parte, inoltre di un’associazione come OFFICIUM che si occupa di ricerca e di progettualità, permette ai propri associati di svolgere l’attività di volontariato non solo in reparto, ma anche nell’organizzazione dei numerosi progetti presentati dall’Associazione a supporto della ricerca”.
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GIOCO ADATTO A ADOLESCENTI
Colpo di mano 3-8 giocatori
6-8 ANNI
di Annalisa Del Savio
9-12 ANNI TUTTI
Tavolo, mani o piedi
rubrica ludica, Eccoci a un nuovo appuntamento con la nostra senti pronta a soddisfare i pazienti grandi e piccoli pre all'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Questo mese vi propongo un gioco che ho deciso di chiamare “Colpo di mano” che si fa, ovviamente, con le sole mani. Ebbene sì, non necessita di alcun materia le, se non di un tavolo, concentrazione e mani. In alcune sue varianti, è possibile realizzarlo anche con i piedi
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Svolgimento del gioco Ci si mette seduti intorno a un tavolo e si invitano i componenti a mettere le mani sul tavolo, creando un “cerchio di mani”. È un'attività di coordinazione e concentrazione, quindi prima di entrare nel vivo del gioco, inizieremo ad allenarci un po’ battendo a turno una mano sul tavolo in senso orario. Sembra facile ma non lo è, ve lo assicuro. Fin qui, comunque, abbastanza semplice. A questo punto, introdurremo un elemento. Quando uno ne avrà voglia, invece di battere la mano una volta, potrà batterla due volte. Questo “segnale” invertirà il senso del giro. Se stavamo andando in senso orario, si dovrà tornare indietro e seguire un senso antiorario. E così via. Chi sbaglia, perde una mano. Chi perde entrambe le mani, è eliminato. Vincono gli ultimi due che rimangono in gara. Per i più capaci, si può introdurre un ulteriore elemento di difficoltà: il pugno. Sempre a piacimento, invece del singolo “colpo” o del doppio, potremmo decidere di dare un piccolo pugno sul tavolo. Questo “segnale” non cambierà il senso del giro (se andavamo in senso orario si continuerà così), ma farà “saltare una mano”. Ciò significa che se io uso il pugno, la mano successiva alla mia dovrà rimanere ferma e sarà il turno della successiva.
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Il volontariato nel mondo: la storia degli Special Olympics
di Giada Marchetti
Fondato da Eunice Kennedy Shriver, il movimento coinvolge più di 4 milioni di persone con disabilità intellettiva in 172 Paesi “Trent’anni fa dicevano che non eravate in grado di correre i 100 metri. Oggi, voi correte la maratona. Trent’anni fa, dicevano che dovevate rimanere chiusi negli istituti. Oggi, siete di fronte alle televisioni di tutto il mondo. Trent’anni fa, dicevano che non potevate dare un valido contributo all’umanità. Oggi, voi riunite sullo stesso terreno dello sport, nazioni che sono in guerra”. Queste le parole pronunciate da Eunice Kennedy Shriver, durante la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici Estivi Special Olympics, che si tennero nel giugno 1999 nello stadio di Raleigh nel North Carolina. Special Olympics nei primi anni fu finanziato attraverso la Fondazione Joseph P. Kennedy Jr. Gli obiettivi principali sono lo sviluppo, la ricer-
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ca e la prevenzione della disabilità intellettiva. Eunice Kennedy Shriver, agli inizi degli anni ’60, si accorse che le persone con disabilità intellettive venivano escluse dalla società e relegate negli istituti. Fu allora che ebbe un’intuizione molto importante. Pensò che lo sport poteva essere il terreno comune per unire persone diverse, ognuna con le sue caratteristiche. Così nel 1962 invitò molti giovani con disabilità intellettive a un campo estivo organizzato nel suo cortile (Camp Shriver). L’obiettivo era esplorare ciò che i bambini sapevano fare nelle varie attività fisiche e sportive. Da qui, nel luglio del 1968 si tennero i primi Giochi Internazionali Special Olympics a Chicago, Illinois.
Questo movimento è poi diventato negli anni globale e coinvolge più di 4,7 milioni di persone con disabilità intellettiva in 172 Paesi. Così anche in Italia Special Olympics è la voce che vuole sensibilizzare la società sulle capacità delle persone affette da disabilità intellettiva, attraverso lo sport. Quando ci si allena, e ci si sforza per raggiungere un obiettivo, si lotta insieme, si impara ad essere determinati. E non solo, perché lo sport aiuta a sognare. Tutto questo oggi è possibile con l’aiuto degli atleti, delle famiglie, degli allenatori e con il supporto di tanti volontari.
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Focus on
In un protocollo d’intesa firmato il 15 febbraio 1988, la Commissione Olimpica Internazionale ha ratificato una Convenzione nella quale riconosce ufficialmente Special Olympics e accetta di collaborare con esso come rappresentante degli interessi degli atleti con disabilità intellettiva. Il riconoscimento del C.I.O. comporta che le gare e gli allenamenti si conducano secondo i più alti ideali del Movimento Olimpico Internazionale, con l’obiettivo di proteggere e di vigilare sull’uso del termine “olimpico”, preservandolo da abusi.
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La festività del mese: perché il 2 ottobre abbiamo festeggiato i nonni
di Anna Maria Ardini
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al 1978, il 2 ottobre è ufficialmente la Festa dei nonni. Questa data ha un significato più profondo, che trova le sue radici nella celebrazione cristiana degli Angeli Custodi. Il nome “angelo” deriva dal greco e vuol dire “messaggero”. La data del 2 ottobre venne fissata da Papa Clemente X nel 1670 per festeggiare gli Angeli Custodi. Papa Pio X disse degli Angeli Custodi: “Si chiamano custodi gli Angeli che Dio ha destinato per custodirci e guidarci nella strada della salute, ci assistono con buone ispirazioni e con il ricordarci i nostri doveri ci guidano nel cammino del bene; offrono a Dio le nostre preghiere in cambio delle sue grazie”.
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COSA DICE LA BIBBIA SUGLI ANGELI? Ci sono specifici episodi nel Vecchio e Nuovo Testamento che indicano la presenza degli Angeli. Fra i tanti ricordiamo l’intervento dell’Angelo che ferma la mano di Abramo che sta per sacrificare Isacco o l’annuncio della nascita di Gesù ai pastori. O, infine, l’Angelo che annuncia alla Maddalena e alle altre donne la Resurrezione di Gesù. L’Angelo Custode è la protezione che ogni uomo ha dalla nascita fino alla morte, ha il compito di proteggerlo e guidarlo. Nella Sacra Scrittura troviamo altri compiti esercitati dagli Angeli, come quello di offrire a Dio le nostre preghiere e i nostri sacrifici, oltre quello di accompagnare l’uomo nella vita del bene.
Fin dai primi tempi del Cristianesimo la figura dell’Angelo appare come simbolo delle gerarchie celesti. Attraverso l’insegnamento del “De celesti hierarchia” essi sono distribuiti in tre gerarchie, ognuna delle quali si divide in tre cori. I più vicini a Dio sono i Serafini, di colore rosso, segno di amore ardente con tre paia di ali; poi vengono i Cherubini e le Potestà. Gli Arcangeli sono i celesti messaggeri, presenti nei momenti più importanti della Storia della Salvezza.
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