Capitolo 12
Ogni
singola
giuntura,
ogni
enorme bullone dello scheletro metallico della stazione era stato
U
oliato con sangue e violenza. na
pioggia
compulsiva
battente,
Vetrate
bee-bop.
specchi e
altissime,
giochi
di
scene della bibbia,
Insegne al neon, fumo
uomini anziani e città in fiamme,
dalle finestre, minestra e gatti.In
colori che coloravano se stessi e la
lontananza l’arroganza di lettere in marmo.
notte senza luna di Maldonian. La città schiaccia i suoi abitanti e il tempo
BLUMEN.
non
aiuta.
Vento
fortissimo, raffiche di Dio. Le ante delle
finestre
sbattevano
Le enormi statue della stazione si
durissime, suoni violenti e urla
ergevano possenti sotto la volta di
dalla zona del porto, qui però solo
un cielo plumbeo, pesantissimo,
sospiri di uomini di fretta. Il
vecchio ed esotico. La stazione
fischio del capostazione, treni in
del treno era un colpo allo
arrivo, umanità che si accalca
stomaco, una struttura vittoriana,
lungo
metallica, sporca, circondata da
sigarette accese e bagnate, insegne
giardini di palme , foglie di caffè e
elettriche, vetrine e televisori. Mario sentiva girargli la testa.
cimiteri.
Un
pezzo
d’Europa
i
binari.
Linea
gialla,
d’inizio secolo industriale in un territorio
medio-
Di corsa aveva percorso la strada
orientale, un’unica strada senza
straniero,
che dalla barberia di Tzozius ( e
ritorno per la follia, per la
ambulatorio
dissoluzione delle percezioni e
ovviamente) andava diretta alla
delle sicurezze individuali, via
stazione,
diretta alla perdizione e santità,
attraversato però la zona vecchia,
lastricato
quartiere di “mezzo” e percorso
melmoso
marci, sentiero fermentazione.
di
datteri
zuccherino
in
79
non
prima
di
aver
obbligatorio per chi come lui, era di fretta. Dove stava andando? E perché
Acido.
oculistico
soprattutto
voleva
arrivarvi? Un treno per tornare a casa? Certo, perché sennò?!