Vdg Libero Novembre 2017

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i viaggidelgustodi...

PAOLO COGNETTI stregato dalla montagna Milanese, classe 1978, il suo ultimo libro è stato uno dei più letti del 2017. Da ogni sua parola, detta o scritta, traspaiono amore e rispetto per la vita ad alta quota e per quel mondo ai più lontano

I

n treno in partenza dalla Valle d’Aosta per un viaggio in Nepal, lo scrittore milanese Paolo Cognetti, vincitore del Premio Strega con Le otto montagne, edito da Mondadori, risponde a qualche domanda su montagna, cibo, amore. E tutto “ai piedi del Monte Rosa”. Perché è lì, nella media Val d’Ayas, che il 39enne autore, ma anche matematico, documentarista, amante e grande conoscitore della letteratura americana (è curatore dell’antologia di racconti New York Stories di Einaudi), ha scelto di vivere. Fin da bambino, insieme con i suoi genitori, ha respirato l’aria del “4000 m” che domina tre vallate: prima a Gressoney, poi in Valsesia e ad Ayas. Ora per otto mesi all’anno vive in una baita di pietra a 1900 metri di altitudine, a Fontane sopra il villaggio di Estoul di Brusson. Pratica sci alpinismo, ma non di discesa. Ne Le otto montagne scrive: «Mio padre detestava gli sciatori, non voleva saperne di mischiarsi a loro: trovava qualcosa di offensivo nel gioco di scendere per la montagna senza la fatica di salirci, lungo

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un pendio spianato dalle ruspe e attrezzato con un cavo a motore». Paolo, oltre a scegliere poi di viverci, nelle vallate del Monte Rosa hai passato quasi tutte le estati della tua infanzia. Cosa rende così speciale questi posti e questa montagna? Direi che la presenza Walser è unica. Andando in giro per sentieri nei valloni di Cuneaz, Mascognaz e al villaggio di Alpenzu si vedono le case di questa civiltà molto antica e fiera. E poi la presenza del Monte

Rosa che è fortissima e incombente, tanto da condizionare gli edifici che hanno le finestre verso Nord, invece di essere aperte verso il consueto Sud. Per gli antichi abitanti del posto era più importante guardare la maestosa montagna che non la luce del giorno. I ghiacciai fanno del Rosa la montagna luminosa. Spesso l’ho descritta così nei miei libri. È una luminosità fondamentale. Un contadino, uno dei personaggi delle mie pagine, guardando in alto verso le vette, dice: “Finché laggiù splendono i ghiacciai qui avremo l’acqua”.


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