Vdg gen feb 2014

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dulcis in fundo

di Iginio Massari

Napoli, si comm' nu' babà Un excursus sentimental-letterario. Un itinerario tra ricordi e suggestioni, vicoli e sapori, da percorrere in compagnia di poeti, viaggiatori e filosofi. Un quadro romantico e goloso della città barocca vista con gli occhi innamorati del maestro della pasticceria italiana

Se non ci fossero, bisognerebbe inventarli; e inventarla. Mi riferisco ai napoletani e a Napoli. Una volta, di ritorno da un seminario di pasticceria, mi sono chiesto se è nata prima la città o prima i suoi abitanti. Ovvero: i napoletani sono fatti così perchè vivono su una “bomba”, qual è il Vesuvio, pronta a esplodere in ogni momento, o sono stati loro, geneticamente così esuberanti e focosi, a trasformare il suolo col loro temperamento? Napoli da sempre freme di vita. Sono convinto che, in un contesto come questo, si possa vivere gioiosamente, così come morire senza particolari nostalgie del proprio luogo d’origine. Ne sanno qualcosa Virgilio e Leopardi, che qui vollero essere sepolti, Boccaccio e Petrarca che da questi luoghi trassero ispirazione e fama, e il solito “nomade” Goethe che, nella sua lettera a Herder inviata da Napoli il 17 maggio 1787 scriveva che qui, prima volta per lui, l’Odissea era una parola vivente. Un’odissea, proprio, che si alternò tra fuoco e mare per due sorrentini veraci quali Giordano Bruno e Torquato Tasso: forse le due più genuine espressioni dello spirito campano; l’uno tutto fiamme, l’altro ondeggiante tra voluttuose fantasie e malinconiche riflessioni. Come il confronto fra (e mi si perdoni il paragone giocoso)... un babà e una zeppola! Entrambi dolci di antiche origini, nobile il primo, più popolare la seconda, entrambi soffici. Il babà è una sfida estrema dell’equilibrio: da queste parti si dice che una goccia di 104

gennaio-febbraio 2014

rum è poco e due sono troppe, c’è il rischio che “infiammi”. Con la zeppola, invece, non si corrono di questi rischi, ma si può soffrire di nostalgia: guarnita da un po’ di crema pasticcera e da una rossa amarena imbevuta di sciroppo, e gustata in un sol boccone come tradizione vuole, non si fa in tempo ad assaporarne la morbida sensualità che già si accusa la malinconia per la brevità del piacere. Del resto, non è effimera anche l’esistenza? Al di là di queste mie modeste riflessioni, ho sempre pensato comunque che visitare una città, viverla, comprenderla attraverso i suoi spazi, la sua gente, i suoi monumenti, sia il fine di un viaggio. Ma come si fa a

Non si fa in tempo ad assaporare la morbida sensualità della zeppola che già sale la malinconia per la brevità del piacere comprendere Napoli? Bisognerebbe disporre di una chiave, una possibilità di interpretazione per rendere omogenee tutte le diversità. Mi è successo, per la verità, una volta, complice una “piramide” di struffoli. In questo piatto sembrano rivivere l’inventiva e la gioiosità tutte napoletane: irregolari palline di pasta legate con zucchero, miele, frutta candita spezzettata e profumata con l’acqua di fior d’arancio e l’acqua di


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