Ekaterina Josifova
La pioggia fuori
PREMIO CIAMPI “VALIGIE ROSSE” 2013
Valigie Rosse Poesia Collana diretta da Paolo Maccari e Valerio Nardoni
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© Ekaterina Josifova © Valigie Rosse, 2013 In copertina: “La pioggia fuori” di Riccardo Bargellini Progetto grafico: Lisa Cigolini Produzione: Il Cane di Zorro via della Fontanella, 145 - 57128 Livorno valigierosse.net
Ekaterina Josifova
La pioggia fuori
a cura di
Juan Antonio Bernier prefazione di
Mitko Novkov traduzione di
Alessandra Bertuccelli con la collaborazione dei poeti
Andrea Inglese e Giacomo Trinci
PREMIO CIAMPI “VALIGIE ROSSE” 2013
Prefazione EKATERINA JOSIFOVA – IL CLASSICO VIVENTE
Nel suo decimo libro di poesie Su e giù, pubblicato nel 2004, Ekaterina Josifova appone la seguente considerazione: “Ringrazio Boris Minkov, il quale ha notato che i miei libri devono tanto all’ordine in cui sono disposti i pezzi. Mi sono sentita una furba colta in flagrante. / Non mi presto più a questo gioco. / L’assetto dei vari foglietti, che si sono andati accumulando dopo la raccolta precedente, lo affido all’alfabeto cirillico. I foglietti che hanno i titoli già in caratteri latini, invece, li lascio alle loro collocazioni in base fonetica”. Da quel momento in poi è così che Ekaterina Josifova dispone le poesie nei suoi libri – in ordine alfabetico. E non si tratta affatto di un semplice dettaglio curioso del suo ritratto creativo, ma di un elemento essenziale del suo estro poetico. Ekaterina Josifova è nata il 4 giugno 1941 nella città di Kjustendil, ai piedi del monte Osogovo, a pochi chilometri dalla triplice frontiera Bulgaria-Serbia-Macedonia. Kjustendil è un’antica città della Tracia famosa per le sue sorgenti termali spesso frequentate dai romani. All’epoca la città portava il nome di Pautalia; si crede che sia un nome di etimo tracio dal significato di ‘sorgenti zampillanti’. A Kjustendil si legano molti personaggi di rilievo nella cultura bulgara: i pittori Kiril Tsonev, Moriz Benzionov, Boris Eliseev, Vladimir Dimitrov-Majstora (che lavorava nel vicino paese di Šiškovci), l’esponente del cosiddetto “secondo futurismo” Nikolaj Djulgerov, torinese d’adozione; il compositore Marin Goleminov, il poeta simbolista Emanuil Popdimitrov. È di Kjustendil anche Dimităr Pešev – il vicepresidente dell’Assemblea nazionale che promuove l’azione della salvezza degli ebrei bulgari provenienti dai territori del Regno di Bulgaria nel 1943. Infatti fu grazie ad alcuni suoi 9
concittadini indignati che lui venne a sapere dell’imminente deportazione, quindi l’operazione del salvataggio partì proprio da Kjustendil. Poi, negli anni del periodo socialista, ci abita Binio Ivanov, uno dei massimi poeti bulgari della seconda metà del Novecento. Insieme alla sua si impone anche la fresca voce poetica di Ekaterina Josifova. Fresca, è proprio il caso di dirlo: le scelte lessicali contenute in questa presentazione non sono affatto casuali. Ekaterina Josifova si annovera fra i poeti bulgari che seguono attentamente le vicende nel campo letterario, le condividono e imprimono addirittura il loro indirizzo. Il fatto non stupisce, dal momento che lei è una delle colonne della poesia bulgara; una figura dalla quale i giovani non smettono di imparare e perfino di imitare. Lei ha inoltre operato anche un altro ribaltamento nel canone letterario bulgaro, generalmente assai poco generoso nei confronti delle donne. Un fatto a titolo informativo: nei programmi scolastici di letteratura, obbligatori per le scuole medie, compare il nome di una sola donna, la poetessa Elisaveta Bagrjana. Con le sue capacità poetiche e con il suo impatto sulla poesia bulgara contemporanea Ekaterina Josifova ha decisamente invertito questa tendenza, elevando la letteratura scritta da donne a una componente importante della letteratura bulgara contemporanea. Ciò non significa però che la potremmo inquadrare in quella che negli ultimi tempi si usa chiamare écriture féminine. Al contrario, benché il femminile (il tratto gender) si possa percepire nei suoi versi, essi seguono tutta un’altra logica – quella di una scrittura sfumata, che con un solo abbozzo sommario, con un colpo del pennello-parola riesce a trasfor10
mare ed elevare il verso a dimensioni universali. Ekaterina Josifova fa parte di una corrente nella produzione poetica bulgara della seconda metà del Novecento che si prefigge lo scopo di essere al massimo parca di parole. Una tendenza inaugurata da Aleksandar Gerov (“Dolore. / Doloooreee! / Doloretto caro…”), ripresa da Ivan Tsanev (“Parla meno, parla meno e, se puoi, di’ solo cose vere!”), Yanaki Petrov (“Scrivi con parsimonia. / Puoi fare di meglio! / Togli via le parole dalla poesia”), Ekaterina Josifova (“IL PASSATO // Deve ancora venire”). Seguono questo indirizzo Silvia Čoleva e Marin Bodakov, e tra i più giovani – Maria Kalinova, Beloslava Dimitrova e Aleksandăr Bajtošev. Sono impressionanti, le sorti poetiche di Ekaterina Josifova – un po’ lasciata in disparte all’epoca del socialismo, direi perfino snobbata dai poeti ufficiali, è percepita oggi come uno dei pilastri e delle autorità riconosciute dai giovani volti della poesia bulgara. La potremmo considerare, insieme a Ivan Teofilov e Ivan Tsanev, un classico vivente della letteratura bulgara. Nonostante questo riconoscimento però, e nonostante l’affetto dei giovani colleghi, lei non smette di poetare e non rinuncia a sorprendere con versi meravigliosi. Le poesie che si leggono oggi si leggeranno sempre… Mitko Novkov
(Traduzione di Giuseppe Dell’Agata)
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La pioggia fuori
МОЯТА ДЪЩЕРЯ ТАНЦУВА танцува на едно мъничко късче пролетна земя малко трева, малко бели листенца от сливата, две-три глухарчета. Но и момиченцето е съвсем мъничко и затова то може би танцува сред цъфнали ливади, сред белите облаци на много сливи, хоро от цъфнали дървета... Моята малка дъщеря танцува. Аз не зная какъв е този танц това не е нито валс, нито ча-ча нито някакъв друг танц с име. Гледам я - и не зная дали да се смея от радост, че дъщеря ми танцува, или да плача, че вече съм забравила името на този танц, в който и аз съм се въртяла една пролет.
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MIA FIGLIA DANZA danza su di un angolino di terra primaverile – un po’ d’erba, un po’ di bianche foglioline di susino, due, tre soffioni. Anche la bambina è proprio piccola e per questo forse danza tra prati in fiore, tra le nuvole bianche di tanti susini, girotondo di alberi in fiore… La mia piccola figlia danza. Non so che danza sia questa – non è un valzer, né un cha-cha, né qualche altra danza con un nome. La guardo: e non so se ridere dalla felicità di mia figlia che danza o piangere perché già ho scordato il nome di questa danza in cui ho volteggiato io stessa una primavera.
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ЖЕНИ На баба Мария, с благодарност
Три жени отиват на последна среща майката, сестрата, тъжната, невеста. Селото е горе, пътят дълго слиза. Старата завива везаната риза: мината е близо, вятърът е черен, а синът не бива кусур да намери. (покривите - черни, черни и стените. “Лошо за децата” - казаха жените.) Той е мераклия, чистото обича. (Рошави главички от праха надничат.) “Как е карал...” - тихо промълви сестрата. Булката въздъхна: “Лошо за децата...” На затвор вратите бавно се отварят. Не поглежда, рови и реди стражарят: клин, сако, фланела... смачкана бележка: “Мале, направете на децата дрешки.” Побеля снахата, охна и се свлече. “Живи са децата” - старата изрече. ...Пътят е нагорен, като клетва тегне: “От децата нищо няма да убегне. Никой от децата няма да се скрие.” Чист е вече пътят, през гора се вие.
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Sono impressionanti le sorti poetiche di Ekaterina Josifova – un po’ lasciata in disparte all’epoca del socialismo, direi perfino snobbata dai poeti ufficiali, è percepita oggi come uno dei pilastri e delle autorità riconosciute dai giovani volti della poesia bulgara. La potremmo considerare, insieme a Ivan Teofilov e Ivan Tsanev, un classico vivente della letteratura bulgara. Mitko Novkov
ISBN 978-88-906226-9-4
9 788890 622694